Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Per il 1° anniversario della sezione operai S. Giuseppe e per l’inaugurazione della compagnia del ven. n. Suplrizio in Caltagirone.

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Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1896
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974, pp. 17-29.
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E quand'anche il popolo non abbia istruzione soda della religione, ne ha il sentimento e lo spirito; che può per lo spesso offuscarsi; che dalle passioni può farsi tacere; ma che nei momenti supremi ritorna vivo nel cuore. Se oggi io dicessi che un pastore protestante sia venuto in Caltagirone a disseminare errori, il professionista, il borghese, il cattolico indifferente si stringerebbero le spalle, e direbbero fra' denti: troppo zelo! Ma se lo dicessi al popolo, o Signori, potrebbe forse eccedere.

Pagina 21

Per la solenne inaugurazione della cassa rurale di prestiti S. Giacomo

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Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1897
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974, pp. 30-45.
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Se tutto quanto ci circonda non è che leggi, limiti, costrizioni morali a ben fare (per usar questo termine), parrà strano che un istituto di credito abbia anch'esso la missione di costringer moralmente al bene? Voi dite che così d'ogni uomo ne facciamo un bigotto; peggio per chi s'infinge, o Signori, ma la finzione non dura a lungo; dai frutti si capisce l'albero. Pur, questi sono i casi rari: il nostro popolano sarà scaduto dall'avita bontà ma tuttavia è credente. Ma se alcuno che frequentava la bettola o la bisca, che lavorava la domenica o che bestemmiava, per usufruire della Cassa Rurale, si corregge e si emenda, noi avremo fatto un gran bene all'individuo e alla società. Leggevo in un giornale, non è molto, che un gabellotto si trovava nella brutta condizione di doversi ridurre alla miseria; il padrone gli aveva detto chiaro, o paghi o ti mando via. Soleva costui ubbriacarsi spesso, onde non era stato ammesso alla Cassa rurale del villaggio: in quelle strette andò dal Parroco, pregandolo di intercedere per lui presso la Presidenza. Il parroco rispose: se per tre mesi non andrai alla bettola, né ti ubbriacherai, io ti farò iscrivere socio alla Cassa; ma frattanto, se lo prometti da vero, pregherò il padrone a lasciarti ancora per tre mesi la gabella del fondo. Il contadino tenne la promessa, ebbe i danari dalla Cassa, restò ai servigi di quel signore, né più si ubbriacò mai; e tutta la sua famiglia con lui benedice alla istituzione che ha per base la così detta costrizione morale.Via adunque le lustre di argomenti falsi, coi quali si vorrebbe tirar noi cattolici dalla parte viziata, e sfruttarci e gettarci via come limoni spremuti.

Pagina 43

Crisi economica e crisi politica

399336
Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1920
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 132-161.
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Che Corradetti abbia in mano i porti e Giulietti le navi mercantili, anche offerti a titolo di regalo dal ministero della industria? Che meraviglia che le officine d'armi di stato, i cantieri e gli stabilimenti della guerra e della marina, le acciaierie e gli opifici appartenenti allo stato si cedano a organizzazioni socialiste favorendone in modo palese e occulto il finanziamento? Che meraviglia che ad esse si faccia il privilegio di monopoli nelle rappresentanze organiche dello stato, nei lavori pubblici, nei consigli e nelle commissioni, siano o no paritetiche, nominate per decreto reale o ministeriale?

Pagina 150

La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi

400832
Murri, Romolo 16 occorrenze
  • 1907
  • Murri, La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi, Roma, Società Nazionale di Cultura, 1907, 1-297.
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Noi cattolici riconosciamo che, sostanzialmente, la fede è pur sempre la stessa che ai primi giorni, per quanti progressi il nostro pensiero abbia fatto in essa; ma ciò non può in nessun modo condurci a negare la storia di questi dommi o di queste dottrine, la quale oggi, per opera di cattolici e di protestanti, si è arricchita di una luce vivissima, ed a trascurare gli insegnamenti che possono venirci dall'esame della vita seguita da questo svolgimento del pensiero cattolico e dalle leggi che lo hanno regolato e diretto.

Pagina 102

La filosofia vera e più seria, non esclusa la nostra filosofia teologica, si dibatte oggi in una crisi profonda, e non molti son quelli che le riconoscono il dritto di indagare realtà spirituali e di occuparsene; sicché metafisica e fede sono oggi, piuttosto che avverse, solidali in una medesima crisi; ed è infatti singolarmente notevole che l'ultima più recente moda in filosofia, il prammatismo, abbia ridotto questa scienza a non esser quasi più altro che una filosofia delle credenze e della fede. Noi non pensiamo certo di aver rimosso, con queste brevi osservazioni, le difficoltà filosofiche più gravi contro la fede religiosa. Sappiamo che l'idealismo critico contemporaneo, una larghissima e vigorosa corrente filosofica che ha, diremmo quasi, raccolto ed incanalato tutte le acque vive della critica della conoscenza compiuta nei tre ultimi secoli, sostiene non esser la fede se non una conoscenza imperfetta e provvisoria, per miti e per leggende.Ma non essendo nostra intenzione entrar qui in dispute filosofiche, ci pare che la conclusione dell'impossibilità della filosofia a risolvere i problemi dei quali si occupa la fede 1. risulti da quel che siamo venuti dicendo, per chi dall'una parte conceda all'idealismo critico che la filosofia è la sintesi e la sistemazione dell'esperienza positiva e, dall'altra, ammetta la profonda distanza che separa la vita dello spirito dalla realtà fenomenica; 2. possa essere argomentata anche dalla enorme importanza che il prammatismo, nelle sue varie forme, è venuto acquistando negli ultimi tempi e della quantità enorme di difficoltà e di oscurità della vita di coscienza e dell'attività storica umana sulle quali esso va facendo la luce; una luce che si sarebbe invano sperata dall'indirizzo monistico e positivista.E possiamo anche aggiungere che le più importanti conclusioni morali che noi ci preoccupiamo di trarre qui dalle credenze cristiane non hanno in sé nulla che l'idealismo critico non possa o non debba accettare od almeno trovare altamente umane e meravigliosamente feconde di bene. Anche se la fede fosse solo — e non è — una virtù od energia spirituale atta a tradurre nella pratica della vita le più elevate conclusioni morali della speculazione filosofica, essa meriterebbe tutto il rispetto di idealisti sereni e positivi. E dobbiamo aggiungere che questo rispetto essa va oggi rapidamente conquistando.

Pagina 107

E col dovere di agire, come norma nella scelta, si affaccia alla coscienza un criterio morale, che ci porta a distinguere il bene dal male, ciò che moralmente conviene da ciò che moralmente ripugna; criterio inevitabile in ogni uomo che abbia salito anche solo di pochi gradini il piano nel quale si svolge la vita puramente animale. Voi potete ribellarvi ad alcune esigenze morali che vi paiono ingiustificate o eccessive, potete scegliere fra varie morali, dichiararvi anche un amoralista:ma, solo che ci riflettiate, potrete certo indicarmi numerose categorie di atti che non vorreste compiere, o non sapreste compiere senza disapprovare voi stesso, senza sentirvi umiliato e spiritualmente più povero di quel che foste prima; e nella vostra vita passata vi sono assai probabilmente degli atti sui quali il pensiero torna con un senso di restringimento del flusso della vita e di rammarico, degli altri ai quali pensate volentieri, sentendo quasi rifluirne il ricordo nel moto più intenso della vita.

Pagina 125

Come il male abbia nell'anima nostra questo carattere di cosa estranea, di altrui, di servitù, mentre il bene è cosa nostra, è il dominio e il possesso di quest'anima medesima, voi potete già intenderlo, dopo quel che io vi ho detto. Io vi ho detto già che la personalità apparisce in noi insieme con la coscienza morale; insieme, cioè, con la consapevolezza d'un nostro proprio essere, distinto dalle cose e dal mondo esterno, autonomo nell'azione sua, capace di scelta, padrone dei suoi atti e quindi anche dei suoi fini e del suo essere, diremo così, definitivo. Ma questa autonomia dello spirito il cui senso dà alla nostra psiche il sigillo della personalità, o d'una certa maniera di avere il proprio essere che dice distinzione da tutti gli altri esseri, va intesa con prudenza: poiché fu moda lungamente esagerarne il significato e la portata. Questo essere spirituale che è nostro, e carattere della cui azione è la conoscenza del fine e, fra i varii fini, la scelta, non ci apparisce come sciolto da ogni solidarietà con l'universo e con l'essere universale: il rapporto rimane, ma di necessario e determinato si converte in rapporto di fini e di volontà, cioè in rapporto etico. Quindi possedere il nostro essere, l'anima nostra, vuol dire porre l'azione volontaria e libera che affermi e cerchi consapevolmente, insieme con il proprio essere, i fini e i rapporti nei quali deve svolgersi ed arricchirsi e trovare la sua definitiva posizione.

Pagina 136

Né importa ora ricercare se la religione sia rappresentazione intellettuale o sentimento o volere: noi avremo largo campo di vedere come queste varie cose v'entrino e vi influiscano: al presente ci basta sapere che essa è un atteggiamento dell'anima, di tutta 1'anima, dinanzi al divino, alla vita, al reale: o che, se ogni anima emerge più o meno dall'illusione dell'esteriorità che la circonda e del fenomeno che fugge, ed è quindi più o meno religiosa, non ve ne è forse alcuna, che abbia il normale possesso di sé stessa, cui questa valutazione religiosa dell'essere e dell'universo, e questa direzione della propria vita interiore non sia apparsa, in un qualche momento, come la più piena e luminosa spiegazione del mistero dell'universo e come la più intima e sicura ragione di vivere."È pensiero di molti, oggi, che la religiosità sia come una speciale attitudine sentimentale della psiche, la quale si ha o non si ha, e che quindi ci sieno degli uomini religiosi e degli uomini non religiosi, come ci sono uomini che hanno l'orecchio musicale ed uomini stonati. Certo, come tutta la nostra vita morale, così anche la vita religiosa è in stretta relazione con le condizioni psico-fisiche di ciascuno di noi, ed i pensieri, i sentimenti e gli atti religiosi non sono che un aspetto e un momento dell'indivisibile processo interiore che è la nostra vita spirituale" ma la religiosità non apparisce in nessun modo come una speciale facoltà dello spirito, né teoretica né pratica, si come un complesso di idee ispirateci dalla visione della vita e delle cose, e di aspirazioni morali corrispondenti.VII. Ed ora una prima conclusione pratica di qualche importanza; ed è questa: che dall'essere il cattolicismo una particolare religione, anzi la più perfetta e, diremmo quasi, 1'assoluto delle religioni, non segue che essa non debba essere per noi una religione: anzi segue piuttosto che questa maggiore perfezione di dottrine, di gerarchia, di riti, le quali cose sono pur sempre mezzi esterni, rivolti ad alimentare la vita interiore, deve tanto maggiormente spronarci a cercare in esso ciò che è la sostanza e il nocciuolo della religione, e d'ogni religione la quale possa aspirare a questo nome; così che non avvenga di noi come avviene di molti i quali, essendo cattolici, non potrebbero tuttavia esser detti animi veramente ed intimamente religiosi.

Pagina 14

E la figura storica di Gesù è stata ed è oggetto di studii infiniti: e tutta una società che, se non fosse opera divina, sarebbe senza dubbio la più meravigliosa creazione dello spirito sociale dell'uomo, dichiara di non avere altro scopo che quello di essere intermediaria fra Cristo e l'umanità tutta quanta; e nessuno è il quale, se abbia considerato da vicino il Cristo, non dichiari che a lui è necessario assegnare un posto speciale nella storia dell'umanità, troppo lontani da lui sembrando anche quelli la cui anima grande parve avere una più larga impronta del divino.

Pagina 153

Noi abbiamo veduto già a lungo che cosa è il cristianesimo nella vita delle anime; soppresso il Gesù storico e il Gesù vivente, tutta questa esperienza di anime e di società rimane, ed a noi resta ancora il dovere di spiegarla: questa fede in Gesù, converrà pure che essa abbia le sue radici in una realtà profonda misteriosa infinita, poiché da quelle radici viene tanta vita e tanta forza di azione e di ideali alle anime; dire che quelle radici, così ricche di possenti succhi, alimentanti frutti così meravigliosi, si profondino nel vuoto dell'ombra e del sogno, è dire la cosa più vana e più irrazionale che sia stata mai detta. Nei fatti dello spirito e della vita religiosa molti, anche di quelli che hanno superato il materialismo volgare, amano ancora non vedere altro che una serie di manifestazioni, irreducibili bensì alla materia, ma non aventi alcun contenuto, alcuna realtà profonda corrispondente. Lo spirito non è per essi una res ma una attualità, una sintesi, un attimo. Molto meno, quindi, è per essi realtà ciò di che queste anime vivono, ciò che dà ad esse l'energia viva che si spiega nell'azione. Il cristianesimo non lo si può intendere, invece, se non come affermazione delle realtà spirituali che sono le coscienze umane, da noi conosciute solo nelle manifestazioni fenomeniche, e di realtà ancora più profonde con le quali queste coscienze sono in contatto. Gesù vivente e presente nelle anime è appunto questo contatto con la realtà spirituale ed eterna, nella quale è rientrato per la morte, ma dalla quale emerge quasi, tramite vivo fra essa e le anime nelle quali vive; Egli è questa forza di abnegazione di amore di sacrificio che le anime ne attingono e della quale vivono: veracemente Gesù è la vite e noi siamo i tralci ed i grappoli; la vite è invisibile, ma senza di essa i tralci ed i grappoli divengono meno che nulla, ombre del sogno; e chi sente e palpa questi frutti deve ammettere il tronco nodoso che porta le radici nel terreno pingue, nel terreno della realtà infinita e perenne.

Pagina 165

Alcuni, preoccupati del carattere escatologico della predicazione di Gesù e dell'aspettazione d'un ritorno imminente di lui che essa aveva, senza dubbio, alimentato nell'anima dei primi credenti, dubitano che Egli vivente abbia, con espressa parola, organizzato i suoi fedeli in forma di chiesa. Ma la questione, pel compito {{180}}nostro presente, diviene quasi superflua, quando questi medesimi ammettono e sostengono che la società religiosa nacque come fatto spontaneo agli inizii stessi della verificazione storica della buona novella e che questa, creandosi negli animi le condizioni del suo sviluppo storico, li organizzò sin dal principio così vigorosamente in società di credenti. Altrove abbiamo anche esaminato un'altra prova della necessità di vivere collettivamente una dottrina ed una morale religiosa le quali siano credute provenire veramente dalla divinità, dall'assoluto. Tutte le manifestazioni esteriori e le documentazioni storiche di questa dottrina e di questa morale sono, nella loro fenomenologia, la quale fa parte in varia maniera di tutto il più vasto processo storico, soggette a critica ed a revisione; ma d'altra parte questa critica non può essere abbandonata ai singoli e deve avere un controllo, essere criticata a sua volta da un principio autorevole. Ora questo non può essere altro, nella realtà, che una comunione di credenti, alla quale i credenti singoli rimettano con deferenza il deliberare sulla fede comune; in altre parole, una Chiesa. V., in Cattolicismo e il pensiero moderno, il capitolo il cattolicismo e la critica.

Pagina 178

Ma solo quando questo amore, lungi dal levarsi contro il dritto altrui e dall'essere quindi ingiustizia, è imposto come un dovere; solo quando esso non è passione violenta e capricciosa di un'ora, ma è posto a base d'un rapporto che impegna tutta la vita, e l'unione sessuale è fatta, dalla convivenza e dalla paternità, unione di animi e di uffici, solo allora il rispetto umano e il consenso divino lo circondano e lo proteggono: ed esso diviene fonte dei più forti e soavi affetti che abbia la vita umana, e della società prima e più santa di questa: la famiglia.

Pagina 236

Pagina 248

Voi sapete quale significato ed effetto abbia avuto questa fede nella comunione dei santi nella esperienza religiosa delle anime cristiane. Dio, padre comune, da cui solo ci viene ogni energia di vita soprannaturale, Dio, presente in ciascuno di noi, più intimo alla coscienza di ciascuno di noi di quel che sia il nostro essere stesso, è come l'atmosfera e la luce comune, perdonate alla povera imagine, di questo mondo di realtà spirituali; Gesù Cristo, il primo di molti fratelli, rivelazione lucida del divino in coscienza d'uomo, Verbo di Dio fatto carne, è insieme, secondo le parole di S. Paolo, splendore e figura della sostanza divina e veste e vita delle anime santificate; i più vicini a Dio ed al Cristo derivano da essi energie spirituali per i fratelli più deboli, esercitati ancora nella prova; il volere buono ed intenso degli uni, rivolto a Dio, si comunica per vie misteriose ad altre anime, suscita altri voleri buoni; esseri a noi già cari in questa vita, o da noi invocati con più affetto, ci sono presenti, ci parlano misteriosamente, ci penetrano l'anima di una luce blanda, d'un calore soave di bene. Noi stessi possiamo disporre delle nostre forze spirituali che a noi derivano da Dio, e comunicarle ad altri per via di misteriosi contatti: a coloro della salute dei quali ci preoccupiamo, alle anime che, di là, attendono di essere introdotte nel possesso del bene, alla famiglia, alla città, alla patria nostra. È la comunione di preghiere, di suffragii, di riti, di favori spirituali; sono le anime presenti le une alle altre, operanti le une sulle altre di là dai confini dello spazio, anche quando esse vivono ancora negli organismi che appartengono allo spazio.

Pagina 274

Questa reazione della coscienza alle vicende in cui essa vede violate le sue idee ed aspirazioni etiche non fa in fondo che applicare parzialmente e difettosamente ai fatti della storia un criterio di valutazione etica che supera e rinnega il determinismo delle cause naturali ed il successo apparente della volontà di male fra gli uomini; perché abbia valore di ideale e di norma religiosa ed inizii e promuova la liberazione della coscienza dal male e dall'ingiustizia e l'iniziazione di essa alla vita di libertà e di bene, è necessario che la storia umana sia concepita, nei suoi particolari e nel suo insieme, come posta e dominata da una finalità superiore, che lascia svolgersi le cause seconde sapendo di condurle al raggiungimento di un termine che le trascende, che le associa, anche nolenti e ripugnanti, in un grande processo di redenzione ed elevazione spirituale dell'umanità. Questa redenzione che si avvia, questo sciogliersi delle anime dal giogo del peccato e raggregarsi insieme in una lotta contro la colpa, la violenza e l'ingiustizia, lotta che agli occhi del mondo finisce spesso con la sconfitta dei buoni, deve essere inteso dalle anime religiose come la preparazione di un altro ordine di cose, di una crisi risolutiva in cui il Bene trionferà definitivamente sul male.

Pagina 285

Questo errore è specialmente facile nelle verità religiose; perché esse dall'una parte son più elevate e difficili a intendersi, e dall'altra hanno il più stretto rapporto che possa immaginarsi con tutta la nostra vita di volere: sicché può dirsi che non c'è quasi atto o pensiero, di quelli dei quali si alimenta la nostra vita morale, che non abbia le sue ripercussioni immediate ed importanti nelle nostre idee religiose, le quali si assommano tutte nel concetto che ci facciamo di Dio, dei suoi modi di agire e dei nostri rapporti con Lui.

Pagina 39

Per essa Dio, il quale è così il termine di tutto il nostro essere interiore in moto, è anche al principio di questo moto religioso medesimo; Egli, presente al nostro spirito, ed operando con la sua azione invisibile nel più profondo di questo, si associa alla nostra attività ed, ottenuto che abbia il consenso di questa, necessario appunto perché la nostra vita spirituale è tutta vita di volontà, va compiendo quel processo di coincidenza ed uniformità di volere nel quale abbiamo detto consistere il nostro amore con Dio.

Pagina 41

dice così, insieme, e le più orrende forme di violenza e i più ingenui idillii di non resistenza che il pensiero umano abbia mai fantasticato. Noi cattolici ammiriamo coloro i quali di questa rinuncia a tutto e non resistenza al male, della dedizione piena ed assoluta di sé agli altri, hanno fatto la legge della loro vita, e riconosciamo con la Chiesa che essi, quando abbiano fatto ciò per sola forza di amore, sono i più vicini al Cristo e al suo spirito e meritano il nostro culto. Ma la vita sociale è troppo ricca di multiformi elementi e complessa; l'essersi alcuni sottratti con un sacrificio eroico a talune delle norme che ne regolano lo svolgimento e l'attività non vuol dire né che queste norme abbiamo cessato di esistere, né che esse sieno divenute ingiuste, anche se sono ancora troppo lontane da una più alta giustizia. Il precetto dell'amore è rinnovazione che procede dall'interno, non rivoluzione: esso dichiarò, in S. Paolo, fratelli lo schiavo e il padrone, ma lasciò sussistere il rapporto giuridico che li legava: e molti altri rapporti simili esso lascia sussistere, almeno sinché lo spirito dall'interno non abbia spezzato le vecchie forme giuridiche, quando le nuove sono mature. Nelle società cristiane, levatrice del diritto nuovo non è la forza, ma la carità. Noi vedremo più innanzi come il precetto religioso dell'amore moderi e limiti queste società particolari, il cui oggetto sono beni esistenti in quantità finita e non capaci d'essere comunemente posseduti da molti: la Chiesa, di suoi, ha altri beni, e questi son tali che il possesso non li esaurisce ma li moltiplica, beni dei quali l'umanità ha bisogno assai più che non degli altri, e di cui manca tanto più quanto più giacciono inerti, senza che alcuno li cerchi. Il rispetto reciproco, la pietà provvida, la simpatia amorevole e buona, la cultura, l'educazione morale, la solidarietà tradotta nella pratica della vita sempre più largamente, tali sono i beni dell'amore fraterno: e di essi specialmente la società nostra manca ed abbisogna. Perché dir tanto male del cristianesimo, se ciò che esso ci impone come il supremo dei nostri doveri è appunto ciò che nella vita civile caratterizza l'opera e i progressi della civiltà, della cultura, della pace?

Pagina 53

Voi potrete seguir cautamente lo svegliarsi di questi addormentati da lungo tempo, l'esplodere di queste forze per lungo abbandono selvaggie, e discutere sulle forme nelle quali esse debbono spiegarsi, sulla parte che convenga fare al popolo dei lavoratori nella vita pubblica, per l'interesse comune e pel loro stesso; ma il desiderio che il popolo rimanga nella sua abiezione antica, che esso non sappia e che serva, di qualunque pretesto si ammanti, è desiderio incivile e che chiunque abbia inteso le parole del Cristo deve condannare.

Pagina 77

Considerazioni sul potere temporale dei papi

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Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1895
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974.
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In quest'ultimo si parla di una provocazione francese: il fatto è smentito; ma posto che fosse vero che un francese abbia scritto nell'albo dei nomi del Panteon Wil Papa Re,se ciò era offesa di lesa maestà dovevano catturare il mal capitato francese e non destare sì violenta cacciata. Ad ogni modo torto o ragione sono sempre incompatibili due autorità supreme in una città sola. Ma pure infine supposto che tra la nazione in cui il Papa si trova e il Papa corressero buone relazioni, non dovrebbero le altre nazioni temere di parzialità, di pressioni in vie amichevoli, non diffiderebbero del Papa non in ciò che è dommatico, perché in tale materia è infallibile, ma in ciò che è disciplinare e politico? Supponete un momento che il Papa se ne andasse in Parigi (e già lo ha detto nel concistoro segretissimo del '92, che se durassero le cose in tal modo lascerà Roma) e che il Papa fosse non nemico della Francia, ma amico: dite avrete tutta quella fiducia agli atti suoi, non dommatici, ma politici, civili e disciplinari? Non temete la preponderanza per via di pressione e di amicizia che avrebbe la Francia nella Cristianità, come nei settant'anni d'Avignone?

Pagina 9

Il Mezzogiorno e la politica italiana

401456
Sturzo, Luigi 3 occorrenze
  • 1923
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 309-353.
  • Politica
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La lotta insinuata fra nord e sud non è, né può essere guardata come una lotta di egemonia politica ed economica; anche perché il sud non può dirsi che abbia lottato; ha mormorato, ha protestato, ha scritto libri ed opuscoli, ha fatto discorsi; manca in tutto ciò la sostanza e il terreno della lotta. C'è stato invece un naturale assorbimento di forze; dico «naturale», perché non saprei altrimenti definire questa azione di flusso economico verso il nord. Infatti, tutto lo sviluppo della economia europea, dall'epoca napoleonica in poi — sotto l'influenza della trasformazione della industria piccola e domestica in grande industria manifatturiera, dopo l'apertura di grandi traffici e la invenzione di mezzi rapidi e potenti di comunicazione — prima nella concezione liberista di marca inglese, e poi nel regime protezionista — superato il periodo di assestamento europeo con l'unificazione italiana e la costituzione dell'impero germanico, nella pace che seguì la guerra del ʼ70, lo sviluppo economico industriale e l'attività commerciale erano di fatto centro-europei. L'Italia, con il suo porto di Genova e l'hinterland lombardo, con le nuove comunicazioni rapide con la Francia, la Svizzera e la Germania; l'Austria-Ungheria con Trieste e Fiume e il vasto hinterland commerciale dell'ex-impero, formavano i campi di attrazione e trasformazione industriale e commerciale, verso cui doveva gravitare gran parte della economia del nostro paese. Era quindi naturale che in alta Italia si intensificassero i trasporti, che la rete ferroviaria fosse più densa, che le industrie fiorissero e che la popolazione, già favorita dalle migliori condizioni del suolo e dell'abitato, in un ritmo più accelerato del giro del danaro, potesse con minori difficoltà (che del resto non furono poche) superare la crisi del nuovo regno — nell'abbattimento di vecchie barriere e nella trasformazione dell'antico artigianato — conquistare una competenza tecnica, vincere nella lotta e divenire i forti industriali, i commercianti audaci, i finanzieri coraggiosi della nuova Italia. Sventura volle che alle iniziative sane si unissero quelle non sane, le parassite, e che queste divenissero centro di speculazioni politiche attorno al governo che mancava di una visione complessiva esatta, sia nella valutazione delle nostre materie prime, sia nel coordinamento di una politica economica nostrana con la politica estera. Qui sta il perno della crisi meridionale. Nel rigoglio di queste nuove forze e nel bisogno di protezione e di danaro, l'economia del nord, cioè tutta l'economia industriale dell'Italia, non poteva che rivolgersi al governo e alle banche, e, a mezzo di queste, esercitare la funzione (naturale anch'essa) di assorbire le energie minori, di utilizzare a proprio vantaggio altre forze, di orientare a sé il resto del proprio mondo; e come si comprava con i migliori salari la «connivenza» (non sempre nel senso buono) delle classi lavoratrici, orientate verso il socialismo, così si conquistava con i «premi politici» (dico così per pudico eufemismo) il consenso di «sfruttamento» (senza fini cattivi, anzi spesso senza averne la coscienza), dico, di sfruttamento delle energie e delle condizioni del mezzogiorno. Non vi fu perciò lotta egemonica, ma lento assorbimento, depauperamento, disintegrazione, irrigidimento nel campo dell'amministrazione locale e della ripercussione politico-parlamentare, nel campo dello sviluppo industriale ed agricolo. Le forze del mezzogiorno perdettero o meglio non acquistarono mai l'iniziativa politica — non ostante avessero avuto uomini validi al governo da Bonghi a Gianturco — e non ostante che per alcun tempo meridionali fossero a capo del governo, sopra tutti Crispi, che, pure tra grandi difetti {{323}}e avversioni, ebbe almeno una concezione meridionale che fu insieme italiana. Infatti voi avete il diritto di domandarmi: c'era una concezione economico-politica meridionale che potesse coesistere con lo sviluppo industriale dell'alta Italia, sviluppo naturale, e perciò non sopprimibile ne coercibile, al quale opportunamente, logicamente, si volsero le altre forze politiche e finanziarie del paese?

Pagina 321

Il sistema proporzionale e non progressivo dei tributi sui terreni ha evidentemente danneggiato l'agricoltura meno ricca, come quella del mezzogiorno; per giunta i nostri terreni sono quasi tutti gravati da oneri ipotecari, sì da potersi affermare che la proprietà meridionale rurale abbia due padroni; però nel fatto e il padrone primo — quello che coltiva e che nella maggior parte dei casi ha fatto tali debiti per coltivare e trasformare la sua terra — che è anche colpito dalla ricchezza mobile del mutuo; e senza speranza della presunta rivalsa. Ed è strano il fatto che mentre all'industria si deduce il passivo del debito, all'agricoltura non si deduce. Tutta la storia dell'imposta e della sovrimposta, col vecchio e col nuovo catasto, in rapporto al mezzogiorno, è intessuta di errori e di danni, non riparati nemmeno oggi, anzi aggravati da una campagna furiosa, fatta dagli industriali a mezzo dei loro giornali per colpire di ricchezza mobile l'industria agricola diretta, che era stata esentata, allo scopo di sviluppare sempre meglio le energie agricole responsabili e trasformatrici in confronto alle altre. I recenti provvedimenti De Stefani possono avere una giustificazione nelle condizioni dell'erario, per quanto ci sia da dubitare assai di una possibilità organizzativa del contributo senza gravi sperequazioni e di una reale utilità della imposta stessa; certo che, così come viene costruita, va a colpire ancora di più la nostra agricoltura meridionale.

Pagina 333

Ebbene, questa politica sarà la nostra, insieme a quella mediterranea: politica puramente economica, di lavoro, di scambi, di cooperazione, di pace, di dignità verso l'estero (affrettiamoci a chiudere la vertenza di Rapallo e Santa Margherita con la Jugoslavia); in cui le due parti dell'Italia, nord e sud, abbiano due centri di sviluppo e di convergenza, come un insieme economico, che spunta più chiaro dalle rovine della guerra; la quale, insieme alla sicurezza dei nostri confini e al completamento della nostra unità, speriamo ci abbia dato la coscienza della nuova posizione politica. Non certo quella di essere l'ancella o il terzo incomodo dell'Intesa (che nulla seppe dare a noi del bottino di guerra, cosa che oggi ci giova nella valutazione morale degli altri popoli); non certo quella di puro equilibrio nel gioco delle grandi forze internazionali in contrasto, come avviene oggi nell'urto dell'Inghilterra con la Francia; ma quella posizione centrale, che possa farci fare una politica di pacifica espansione mediterranea e adriatica, che valga a valorizzare la nostra economia e gli sforzi produttivi delle nostre industrie e dell'agricoltura. Così il sud un'altra volta, dopo l'unità morale e politica conquistata nel 1860, si ricongiunge al nord nella unità economica, intravista, iniziata e voluta nel tormento del dopo guerra.

Pagina 348

I problemi del dopoguerra

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Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1918
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 32-58.
  • Politica
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È troppo evidente l'argomento, per non poter rimproverare a questi stessi liberali, governanti di ieri e di oggi, dalla legge Casati in poi, di essersi asserviti alla sètta in materia di insegnamento e di avere voluto creare un monopolio intollerabile e assurdo, dalle scuole elementari semistatalizzate, alle secondarie assoluto dominio governativo, alle universitarie, ove perfino l'istituto della libera docenza è ridotto a una larva di libertà, mentre non è dato a nessuno che non abbia la marca governativa di potere insegnare, si chiami Socrate o sia un novello Platone.

Pagina 46

Crisi e rinnovamento dello Stato

401915
Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1922
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 232-263.
  • Politica
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L'obiezione è grave e merita un esame ponderato e sicuro, tale da sgombrare l'impressione che il partito popolare italiano non abbia l'intiera visione di un così immenso problema. La ricostruzione economica dell'Italia è insieme un problema di politica interna e di politica estera, quanto mai oggi connesso e inscindibile. Non è possibile riaprire all'estero le larghe correnti di fiducia sul terreno economico, senza la tranquillità interna; gli scioperi generali del luglio 1919 e del gennaio 1920, le occupazioni delle fabbriche e delle terre nel settembre-ottobre 1920; le violenze comuniste e le spedizioni punitive fasciste del 1921 sono stati elementi di forte arresto alla ripresa economica del paese. La crisi si è aggravata con le leggi finanziarie e politiche demagogiche e non utili all'erario dello stato, quali le leggi giolittiane sulla nominatività dei titoli e per l'inchiesta sulla guerra, che è divenuta campo di lotta dei capitalisti e degli industriali, senza che l'erario dello stato venga a beneficiarne. La caduta dell'Ilva, dell'Ansaldo, della Banca di Sconto, e di altri minori nuclei industriali e capitalistici sono non una conseguenza di questi fatti, ma indici di una politica economica turbata e alterata dalla politica interna, che soverchia e sconvolge la nostra economia e il nostro credito.

Pagina 255

La stampa quotidiana e la cultura generale

402039
Averri, Paolo 1 occorrenze
  • 1900
  • Averri, La stampa quotidiana e la cultura generale, Roma, Società Italiana Cattolica di Cultura, 1900, IV-70.
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Se paragonate l'Italia di un mezzo secolo addietro ⸺ senza risalire molto più addietro — a quella di oggi, e vi chiedete quale meravigliosa forza nuova abbia potuto far sparire così completamente tante barriere d'ogni genere che avevano per secoli profondamente divisa l'Italia in comuni ed in stati così estranei l'uno all'altro, e che erano sopravvissute a tante vicende storiche: quale forza meravigliosa abbia potuto a questa indefinita varietà di tipi e dì forme sociali, così ricca talora di contrasti violenti, sostituire l'elaborazione rapidissima d'una notevole unità nazionale, voi troverete la spiegazione nella stampa quotidiana, innanzi tutto. Così, per ricorrere ancora ad un altro esempio, se voi cercate in che modo il partito socialista italiano, in soli sette anni, sia riescito ad organizzarsi cosi potentemente in tutta Italia, a far conoscere e discutere per tutto il suo programma, a ottenere vittorie come quelle delle elezioni municipali di Torino e Milano del giugno corrente, a dare una così larga risonanza nel paese alla sua politica parlamentare, voi dovete riconoscere che molte delle forze le quali hanno condotto a questo mirabile risultato preesistevano, che le forze nuove spiegherebbero ben poco senza la stampa, e che solo questa ha potuto in pochi anni creare in moltissimi la coscienza del programma socialista, mettere in rilievo e far quindi agire con intensità raddoppiata le cause di un simile movimento sociale, unire, assimilare, {{7}}dirigere le diverse forze a uno scopo comune, creare, infine, un partito e un tale partito.

Pagina 5

Il Parlamentarismo in Italia e la funzione del partito socialista

402498
Murri, Romolo 2 occorrenze
  • 1907
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 166-191.
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Non è quindi meraviglia che un partito capace di commettere errori cosi gravi e che ha rivelato una tale assenza di intuito politico abbia in breve tempo perduto talmente importanza ed autorità.

Pagina 175

Il partito, così costituito, vincola il deputato; questi conosce gli uomini coli i quali gli è fatto dovere di intendersi ed agire di concerto nella vita pubblica; sa che la condanna del partito significherebbe la rovina del suo mandato, e che d'altra parte la fiducia di esso è, in gran parte, la fi ducia degli elettori, non ha bisogno di comprar questi con i grandi o piccoli servigi, non è in rapporti diretti e segreti col ministero, al quale possa di proprio arbitrio offrire o negare il suo voto, non si stacca dalla direttiva comune del partito se non quando abbia buone e certe ragioni da addurre, o quando si tratta di questioni di interesse secondario, in cui sia libero a ciascuno regolarsi come egli crede.

Pagina 181

Gesù contemporaneo

402645
Murri, Romolo 2 occorrenze
  • 1920
  • Murri, Dalla Democrazia Cristiana al Partito Popolare Italiano, Firenze, Battistelli, 1920, 179-211.
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Ma, se forse il signor L. ed io non possiamo intenderci in questa concezione di Cristo e del suo messaggio, non parmi che egli abbia il diritto di dire che il messaggio del Cristo è quello che egli intende e quello che egli deduce da una interpretazione critica dei Vangeli — nella quale certo sarebbe assai più forte di me —; ciò avviene perché qui entrano davvero in campo due diverse filosofie. Le quali tuttavia non sono così diverse e delle quali l'una non è così moderna che non trovi il suo posto nell'ambito stesso dei quattro Vangeli; perché il Cristo del IV non è il Cristo dei primi tre, non il Cristo storico, mail logo, cioè lo spirito come parola e rivelazione, cioè l'eterna autorivelazione di Dio nelle coscienze o nel tempo. In Lui non c'è già più nulla di ebreo; Egli vive e si muove non fra persone vive ma fra simboli, vivi anche essi, ma di un'altra vita, extra¬temporale; in Lui anche la teologia di Paolo è già superata e risolta. Ma il cristianesimo che è venuto dopo, quello dei padri e della Chiesa romana e delle varie ortodossie protestanti è ancora, a parer mio, anteriore al IV Vangelo: e tutta la filosofia precritica è anteriore al IV Vangelo, con il suo ingenuo oggettivismo dommatico, nel quale l'unità nel Logo e nello spirito rivelantesi come pensiero e creante come parola immanente, unità divina nella sua opera, è ancora inintelligibile.

Pagina 191

Io dubito che Gesù abbia mai potuto pensare ad alcuno dei suoi comandamenti come soltanto morale. Egli pensa all'uomo come ad un essere che è in rapporto con due mondi: con una società in¬visibile e con una visibile. Ogni sua azione deve essere quindi determinata dalle condizioni di questi due ambienti, dal motivo religioso quanto da quello morale. La morale, strettamente chiamata così, riguarda solo le condizioni terrene e i rapporti che ha l'uomo nell'umana società». Siamo quasi intieramente d'accordo. Anche noi neghiamo ogni distinzione fra morale e religione, che non sia solo desunta da una astratta distinzione di momenti logici. La morale è per i simili e la società; la religione è per Dio. Ma siccome non ci sono simili né società se non per il nostro atto spirituale che accetta e pone questi suoi rapporti, e i valori assoluti sono il pregio di ogni atto umano, anche di quello con cui l'uomo pone i suoi simili e lo Stato e il diritto, così tutta la vita dell'uomo è religiosa.

Pagina 202

Di un partito e un programma radicali in Italia

402682
Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1908
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 192-206.
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Ritti dice aperto che il partito radicale italiano è oggi «men che niente»; aggiunge che il programma da lui abbozzato e la critica la quale apre ad esso la via vogliono ispirarsi ad una veduta «realista» della vita pubblica italiana e caldeggiare una politica «realista»; dice e mostra che la politica radicale la quale a lui piace potrebbe anche facilmente essere quella dei migliori uomini parlamentari delle varie gradazioni. L'on. Sonnno, osserva il Nitti, «ha una concezione dello Stato quasi socialista»; l'on. di Rudinì «è un sincero spirito radicale. Pochi uomini nel parlamento hanno così larga concezione della politica». L'on. Giolitti, che è la natura politica più completa, il temperamento più notevole della Camera» «ha più di tutti gli altri il desiderio di essere il capo di una democrazia radicale; egli vorrebbe chiudere la sua carriera in tal guisa». Radicalismo, adunque, nelle idee e nei propositi delle più solide persone politiche della Camera; ma l'on. Nitti non si chiede poi perché questo radicalismo, che dovrebbe perciò essere il programma ovvio e spontaneo della politica del nostro paese, rimanga tuttavia in potenza: e come si abbia invece una politica opposta, di quietismo, di clericalismo, di cattive leggi e cattive riforme.

Pagina 192

Il modernismo che non muore

402809
Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1920
  • Murri, Dalla Democrazia Cristiana al Partito Popolare Italiano, Firenze, Battistelli, 1920, 37-59.
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Pagina 58

Per l'autonomia politica dei cattolici. Democratici e Cristiani

402892
Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1906
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 56-72.
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Clericale non è l'uomo che abbia una fede o che regoli secondo essa la sua vita; perché in tal caso tutti saremmo clericali, regolando ognuno su principii accettati più o meno per autorità e incapaci di controllo e di rigorosa dimostrazione scientifica la propria vita morale: né è clericale colui che di questa sua fede, con la parola o con il render servigii di vario genere a quelli dei quali intenda guadagnarsi la simpatia e la fiducia, cerca indurre in altri il convinci¬mento sincero: ma clericali, a qualunque o scuola o partito o confessione appartengano, chiamiamo quelli che la fede, la quale è oggetto di accettazione libera e volontaria e quindi di pacifica persuazione, ed ispiratrice di quegli interni movimenti del volere dei quali l'uomo non deve render conto che a Dio, convertono in strumento di dominio, e vogliono insinuare od imporre con mezzi estranei ad essa e con coazione morale o fisica di vario genere, ricorrendo od aspirando, per imporre questa fede medesima, al potere politico ed all'alleanza con esso; mediante la quale alleanza, in cambio di certi servigi resi, si pretendono altri servigi, diretti appunto ad isolare od a coartare le coscienze, per uno scopo non di salute spirituale ma, comunque, di dominio. (Esigere dallo Stato il rispetto della libertà, e dell'attività religiosa, e patteggiare con esso per questo, è ufficio della Chiesa e diritto suo). Noi chiamiamo quindi clericale colui che dai suoi dipendenti in economia esige una condotta religiosa conforme ai suoi interessi o alle sueopinioni, colui che con mezzi violenti ed astuti perturba l'opinione altrui religiosa, o chi per imporre determinati sistemi e determinate credenze si serve, o vuol servirsi, dell'autorità dello Stato, facendo violenza alle coscienze, o chi limita. contraddicendo all'evangelo, il proprio interessamento a quei della sua stessa fede, considerando gli altri come nemici e trattandoli senza. amore; chiunque, in una parola, non avvertendo che la fede è volontaria accettazione interiore di certe verità religiose e morali, intende sostituirsi a questa spontaneità interiore, traendo altri, con mezzi violenti e coattivi, a quell'accettazione medesima, per scopi che non possono quindi essere spirituali ed ispirati dall'amore cristiano. Il quale proposito apparisce poi essere assurdo; sicché l'ovvio effetto del clericalismo non può essere se non quello di provocare una più vivace reazione dagli animi liberi e di condurre invece gli animi timidi e vili a mentire con l'atto esterno la fede del più forte ed a rinunziare ad ogni spontanea attività dello spirito, ponendosi passivamente nelle mani dell'interessato patrono di una fede, il quale muta così il ministero spirituale in un vero e proprio dominio.

Pagina 69

Introduzione alla sez. "Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922)

403625
Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1923
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 101-131.
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Per quanto il popolarismo, come sintesi politica abbia in Italia solo quattro anni di vita; e come concezione democratica cristiana sia apparso, nella forma di un tentativo democratico cristiano, nel 1896; pure come movimento cristiano-sociale in Europa ha più di cinquant'anni; e come tradizione guelfa ha la sua origine nel pensiero dei cattolici del risorgimento. Il partito popolare italiano, come espressione e realizzazione di questo pensiero, è agli inizi; gli avvenimenti politici non si svolgeranno più al di fuori di questa concezione e di questa forza. È vero, ieri ed oggi è solo la voce di una minoranza; il fascismo trionfante non potrà né sopprimere, né negare la voce delle minoranze, che hanno una funzione naturale nella vita collettiva. Ma v'ha di più; il fascismo, nel tentativo di realizzazione, per quanto affrettata e tumultuaria, non essendo un sistema, ma un metodo, riassume parte dell'esperienza politica, che proietta secondo il proprio modo di sentire e di sintetizzare. Così alcuni degli indirizzi politici dei popolari oggi sono inclusi nel febbrile lavorìo fascista, anche quando ieri erano implicitamente o esplicitamente negati dagli stessi esponenti fascisti. Cito l'esame di stato e la libertà della scuola; la fine della lotta anticlericale alla chiesa e al suo insegnamento; il riconoscimento delle associazioni sindacali, i consigli superiori tecnici, la circoscrizione regionale scolastica, la libertà economica, l'abolizione degli enti fittizi e simili.

Pagina 129

I primi cattolici in Parlamento

403699
Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1908
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari– Società Naz. di Cultura, 1908, 86-107.
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Questa preferenza spontanea dei cattolici per l'attività locale è mostrata anche dalla posizione che essi conquistarono in breve nell'associazione dei comuni italiani, che è ora in mano loro e di moderati molto affini.Sembra però che il successo dei clericali abbia mortificato questa giovane e promettente associazione. In verità, i pochi cattolici intelligenti che, entrati in essa, vi hanno conquistato una posizione di preminenza, non vi portavano contributo di forze sociali vive e mature a nuove riforme e conquiste. Il successo fu di poche persone, non di un partito.

Pagina 100

La crisi religiosa in Francia (Lettere al "Corriere della Sera")

403978
Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1908
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 207-245.
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Comunque, questo aspetto più profondo ed importante della questione è stato velato dal primo; e la Chiesa cattolica paga in Francia il fio di una condotta politica alla quale i suoi interessi sostanziali erano estranei ed anche contrari, e che una classe di uomini, reclamanti un dominio politico perduto oramai per sempre, è riescita, purtroppo, a far accettare da molti del clero secolare e regolare, ed a presentare al pubblico come la politica stessa del cattolicismo. E per questo è anche vana la speranza di quelli che, sul ricordo di quel che avvenne in Germania, sperano che anche la Repubblica francese vada a Canossa. Quello che un governo imperiale poté fare, per ragioni di politica interna, allo scopo di avere nei cattolici un valido e durevole appoggio, la republica francese non potrà farlo, almeno per molti anni, senza mettere in pericolo la sua propria esistenza. E si direbbe che appunto per rendere la separazione più definitiva, essa ha proceduto, nella legge e nella applicazione di essa, con uno spirito di liberalità e di sincerità, almeno esteriore, che non è spiegato dalle esigenze parlamentari, le quali anzi avrebbero permesso una più violenta condotta. Può darsi che, dal punto di vista parlamentare, l'innegabile abilità di Briand l'abbia avuta vinta, e che la questione religiosa non si ripresenti per qualche tempo alla Camera, con una certa gravità. Se dovesse risorgere, ciò creerebbe certamente al Governo la necessità di fare un passo innanzi in senso anticlericale, mirando alla soppressione od almeno alla limitazione dell'insegnamento libero. E se Briand e Clemenceau non si sentissero di farlo, Combes si è messo di nuovo, per l'eventualità, a disposizione degli anticlericali.

Pagina 213

Introduzione

404535
Murri, Romolo 2 occorrenze
  • 1908
  • Murri, R. La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari– Società Naz. di Cultura, 1908, 16-29.
  • Politica
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Né è da sperare che questa vastissima clientela politica, organizzata intorno a una gerarchia diciotto volte secolare, tenuta insieme dalle abitudini che divengono nell'uomo le più profonde e tenaci, debba sciogliersi e sparire nel giro di pochi anni. Certo la propaganda antireligiosa e la scuola laica le infliggono ogni giorno delle perdite non leggere e il popolo italiano si va scristianizzando; ma il processo è assai meno rapido di quel che si creda; e chi, per avere la più grande Italia che egli desidera, attende che il cattolicismo abbia cessato di essere, dovrà ancora attendere molto; e forse intanto la lotta apertamente anticattolica non farà che risvegliare il cattolicismo militante o clericale. In un certo senso, l'Italia è ancora assai lontano dall'essere la Francia.

Pagina 20

Quindi il cattolicismo è, innanzi tutto, e dovrebbe essere in ognuno che lo segue, una filosofia della vita; della quale certo, considerata nelle sue fonti originarie ed autentiche, nessuno oserà dire che non sia una pura e nobile ed altamente spirituale filosofia della vita, una dottrina di vita interiore di purezza di libertà di altruismo di sacrificio, anche se alcuni ne contestano oggi — ingiustamente, come mostriamo altrove — le basi teoricheMostriamo altrove in La filosofia nuova e l'enciclica contro il modernismo, come il cattolicismo abbia una base filosofica (realismo dualistico) solidissima; nei discorsi sulla vita religiosa nel cristianesimo abbiamo cercato di presentare questo appunto come una filosofia pratica della vita.. Oltre di che, questa dottrina si è raccolta intorno, per la virtù originaria che la ha assistita nel suo sviluppo, elementi meravigliosi di successo, così dapoter essere, ed essere in verità, per l'ampiezza e la coesione della sua gerarchia per la bellezza espressiva del suo rituale, per l'efficacia della sua attività sacramentaria, per la umana soavità dei suoi simboli, adatta meravigliosamente ad essere la filosofia della vita, pratica e viva, non di pochi solitarii asceti, ma di un popolo intiero e di tutta una vasta consociazione di genti.

Pagina 26

Da un Papa all'altro

404621
Murri, Romolo 2 occorrenze
  • 1905
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 30-55.
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Ma era intima necessità di quel quel titolo, o cambiarsi di nuovo in fatto, o esaurirsi e venir meno anch'esso: riconosciuto, come si è fatto ora, che era inutile sperare che i cattolici potessero direttamente agire per il ritorno di un reale ed effettivo dominio politico del papato, non c'era che da abbandonare l'astensione e incominciare a tener conto, nella vita, delle necessità d'una revisione della condotta politica che si appoggiava su di esso; ricominciare da capo Mostreremo più innanzi come spirito antico della politica vaticana per rispetto all'Italia, e allo Stato in genere, abbia mutato tattica, ma non sia sparito..

Pagina 40

E per questo è anche impossibile quell'altra forma di accordo che sarebbe la libertà piena della Chiesa ed il suo disinteressarsi d'ogni questione direttamente politica: il diritto comune è una norma sufficiente là dove la libertà religiosa costituisce una vigorosa tradizione, superiore ai dissensi religiosi, e dove il cattolicismo è in minoranza: in Italia, dove esso è religione comune ed ha una gerarchia solida e popolarissima e mezzi di azione e di influenza potenti, parlare d'una libertà all'americana come possibile oggi, e senza che una profonda trasformazione d'animi si sia prima prodotta fra i cattolici e abbia posto la religione fuori della politica dei partiti, è un ignorare i termini storici e concreti della questione. La libertà religiosa piena e sincera sarebbe un privilegio «di fatto» pel partito politico clericale.

Pagina 49