Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abitudini

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La dimostrazione di ieri per la zona devastata ed i nostri diritti politici

388024
Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Noi vogliamo fare anzi di molti istituti politici e sociali delle nuove terre, e fra questi in ispecie delle autonomie comunali provinciali, utile studio per le riforme nel Regno; noi vogliamo risparmiare ogni turbamento nelle abitudini e negli interessi e le popolazioni tanto provate saranno nel loro paese, com’è naturale, preferite in ogni campo della vita nei consigli e negli uffici. Non vogliamo ripetere oggi - le conseguenze ne sarebbero più gravi per le condizioni nazionali e politiche - gli errori del 1866. Evitiamo energicamente le invasioni burocratiche pertinacemente assimilatrici e calmiamo il furore di assimilazione e decomposizione con cui anche ora come allora per opera di piccoli irresponsabili si tenta di invadere le nuove provincie».

Parlamento e politica

388116
Luigi Sturzo 2 occorrenze

Inve¬terate abitudini, inveterati pregiudizi, interessi particolari han¬no impedito finora qualsiasi seria riforma, quantunque la opi¬nione pubblica e gli insegnanti più competenti ne abbiano proclamato l’urgenza in tutti gli ordini di scuole, ma specialmente nelle scuole medie, in stridente contrasto con i bisogni della vita moderna. Per singolare fenomeno, uomini che in ogni altro campo invocano la libertà, nella scuola la combattono. Lo stato deve avere l’alta direzione dell’insegnamento e controllarlo con l’esame di stato, ma non deve sopprimere ogni legittima attività che nell’insegnamento apporti sicuri elementi di progresso. Il problema della scuola non fu mai seriamente affrontato dal parlamento. Auguriamo che il corpo elettorale ne imponga il serio studio alla nuova rappresentanza nazionale». La battaglia data dal partito popolare italiano sull’esame di stato resterà a ricordo dei nostri fasti, e fu battaglia santa. Qualcuno non comprende tanto il nostro fervore per una riforma soltanto tecnica e a portata limitata, quale è l’esame di stato. Per noi è l’inizio di una ben più alta rivendicazione, la libertà di insegnamento. L’Italia in questa materia è alla coda delle nazioni civili; ha negato le sue stesse origini per il vieto pregiu¬dizio anticlericale; per questo asservì la scuola di stato alle influenze massoniche e ne volle creare un monopolio. Sottopose la scienza ufficiale all’influenza protestantica della Germania. Tollerò nelle scuole secondarie che fosse falsata la storia per deprimere l’istituto del romano pontificato, e credette accorgimento politico creare la scuola neutra e bandire dalle scuole elementari l’insegnamento del catechismo con formalismi ostruzionistici. È storia dolorosa di un traviamento spirituale, sostenuto in nome della patria, ai cui danni invece preparò il terreno atto alle teorie materialistiche ed al pervertimento comunistico del nostro popolo. Noi vogliamo la scuola libera per lasciare il diritto alla famiglia di salvaguardare la fede, la coscienza, l’educazione delle tenere generazioni italiane, non solo nel culto del bello, nel sentimento verso la patria, ma anche nella virtù e nella bontà quali le concepiamo noi, nella libertà della nostra coscienza, nella tradizione delle nostre famiglie, nella storia della nostra Italia, che è tradizione e storia viva del cattolicismo. Ma pensiamo che la scuola di stato debba anch’essa modificarsi e migliorare, e pensiamo che la libertà interna della scuola, il contatto maggiore con le famiglie, il decentramento scolastico, l’autonomia delle scuole superiori e dei programmi gioveranno a ridarle il contatto con la realtà, per essere vivificata come il gigante Anteo che risorgeva in forze appena toccava la terra. Anche il monopolio della scuola deve essere spezzato; e noi che siamo contro il monopolio in materia economica, in materia organizzativa, lo siamo ancora di più in materia scolastica. La vecchia struttura dello stato era o doveva essere basata sulla libertà; però cominciò con opprimere la scuola creando il monopolio delle scuole di stato, asservito alle correnti delle sètte segrete, che fecero il loro nido presso la Minerva; quindi procedette a opprimere le organizzazioni libere, sottoponendole al monopolio socialista, annidatosi presso i ministeri economici; infine è arrivato col monopolio economico a combattere l’economia libera, sottoposta alla burocrazia statale; triplice catena che noi dobbiamo spezzare per il risanamento morale, organico ed economico del popolo italiano.

Risorge ora la regione da secolare sonno, ingigantita nella sua figura, rifatta nella sua funzione, non negatrice dell’unità della patria, ma integratrice delle sue forze e delle sue attività, ampliata con il crescere del ritmo della vita economica e civile del nostro paese: non solo essa risorge come organo rappresentativo di interessi economici e sindacali e locali nel triplice nome di industria, agricoltura e commercio, non solo nella nuova sintesi con cui si concepisce il lavoro, oggi elevato a ragione morale dal cristianesimo e a ragione politica da un concetto di sana democrazia, ma anche risorge la regione come organo amministrativo di quel che è specifico carattere naturale per ogni circoscrizione territoriale, in una unità storica, che è anche sintesi di abitudini, di bisogni e di energie; mentre la amministrazione statale si sfronda del superfluo e tornerà ad essere una realtà vissuta. Il nostro consiglio nazionale, nella seduta del 10 marzo di quest’anno, affrontava il problema della regione con queste parole: «Ritenuto che una vera rinascita del nostro paese non può basarsi che sul rinvigorimento delle forze locali e sulle libertà organiche degli enti che rappresentano tali forze e le sintetizzano nel campo amministrativo ed economico; affermando quel centralismo statale dannoso alla stessa, compagine della vita na¬zionale ed al più completo ristabilimento dell’autorità statale, crede matura, ormai, la costituzione dell’ente regione autarchica e rappresentativa di interessi locali specialmente nel campo del¬l’agricoltura, dei lavori pubblici, dell’industria, del commercio, del lavoro e della scuola...». È un’affermazione che oggi diviene anche un impegno elettorale, ma e un logico corollario del nostro programma ove così si legge al capo terzo e al capo sesto: «riconoscimento giuridico e libertà di organizzazione di classe sindacale, rappresentanza di classe senza esclusione di parte negli organi pubblici del lavoro presso il comune, la provincia e lo stato» (capo terzo); «libertà e autonomia degli enti pubblici locali, riconoscimento delle funzioni proprie del comune, della provincia e della regione in relazione alle tradizioni della nazione ed alle necessità di sviluppo della vita locale. Largo decentramento amministra¬tivo, ottenuto anche a mezzo della collaborazione degli organismi industriali, agricoli e commerciali del capitale e del lavoro» (capo sesto). Oggi, alla vigilia della battaglia elettorale, riaffermiamo i due caposaldi del nostro programma nella sintesi delle libertà organiche e delle libertà economiche; riforme ormai mature per la vita nazionale.

Trattato di economia sociale: introduzione all’economia sociale

392105
Toniolo, Giuseppe 5 occorrenze
  • 1906
  • Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, voll. I-II 1949
  • Economia
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Ma passano talora secoli e millenni in cui questi bisogni e rispettivi costumi rimangono inalterati: come la vita delle tribù germaniche descritte da Tacito, confermate dagli storici odierni (Lamprecht) o come le abitudini semplici ed uniformi delle famiglie pastorali dell'Asia centrale, dipinte dalla Bibbia. Ma questa stessa media di bisogni può sempre discendere; nè solo ai costumi sontuosi e corrotti dei romani succedette la rozzezza vergine e feroce dei barbari, ma anco nell'Europa moderna i bisogni e le consuetudini elevate delle cittadinanze francesi, di cui gloriava Enrico IV, poterono scadere a quello stato di deiezione, per cui si disse che ai prodromi della rivoluzione francese il lavoratore dei campi mal serbava la figura di uomo (vedi Taine).

Pagina 1.386

L'alimentazione p. e. per noi varia di continuo per qualità, quantità, ordine dei pasti, a seconda dei nostri redditi, delle nostre conoscenze di sostanze nutritive, dei gusti personali, della sobrietà o della ghiottoneria o delle abitudini sociali; seguendo le mutevoli norme igieniche, le nostre virtù, le leggi civili, morali, religiose; e per mezzo della alimentazione noi, fino ad un certo punto, diveniamo autori del nostro benessere o malessere, della salute o delle malattie, della vita longeva o della morte precoce. Per quanta parte le leggi della mortalità di un popolo non dipendono dai suoi costumi corretti o guasti, dagli esercizi di lavoro o dall'ozio, dalla agiatezza o dalla miseria, da cure terapeutiche, da istituzioni civili e militari, ecc., riflettendosi sulla società con curve le più diverse dall'uno all'altro momento storico? Vi ha nulla di simile fra gli animali inferiori?

Pagina 1.392

Ma anche nella rinascenza comunale, dopo Gregorio VII (secolo XI), in onta alle rinnovatrici abitudini cristiane, della cura ai bambini, del culto della vecchiaia, della stima delle forze lavoratrici, della beneficenza verso i poveri, combinate colla meravigliosa ripresa della ricchezza, — le cause di mortalità ordinarie e straordinarie non gravavano ancor terribilmente su quei nuclei cittadini, esuberanti di vita? Fra queste cause: l'addensamento delle famiglie in anguste abitazioni, in vie ottuse, fra ristrette mura cittadine; infelicissima l'igiene privata e pubblica; mediocre e spesso insalubre la alimentazione; soprattutto la carestia e la peste a breve termine ricorrenti e collegate, alla loro volta, collo stato delle campagne, colle fazioni militari, coi pellegrinaggi, col vagabondaggio, colle imprese mercantili e con guerre o crociate in levante (Cibrario). Condizioni letali che si accomunarono più tardi in gran parte ai Comuni d'altre nazioni, e che si protrassero, forse aggravandosi, a gran parte dell'evo moderno. Della sola storica peste nera in tutta Europa, dalla Russia all'Inghilterra e Italia, fra il 1345-50 morirono da 8 a 12 milioni di persone; e d'allora fino a tutto il secolo XVII le popolazioni europee si rassegnarono ad essere, al minimo ogni venti anni, «spazzate da grosse morie» precedute alla loro volta da guerre devastatrici fino alle ultime dei turchi nel 1711, e da carestie desolatrici fino all'ultima generale europea del 1816 (Cunningham, Rogers, Schmoller).

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Momento decisivo per ogni popolo è quello in cui di mezzo alla distesa campagnola viene a sorgere e torreggiare la città,cioè una conglomerazione di genti e di rispettive dimore in un punto del territorio, nella quale per la contiguità stessa del soggiorno vengono a insinuarsi abitudini e coscienza di una distinta e più elevata funzione di civiltà. Duplice elemento materiale e psicologico, in cui quest'ultimo è preponderante; sicché nell'India, Cina, Russia, nel nostro Napoletano, vi hanno grossi addensamenti di abitazioni e di uomini, che tuttavia serbano tipo ed abito di campagna; e invece minori centri come quelli di Toscana e d'Italia del nord, che hanno spiccata impronta e spirito di città.

Pagina 2.129

. — La tecnica rudimentale, propria della vita fortunosa e randagia di genti cacciatrici nel bosco, in cui lo stromento di acquisto è quello stesso di difesa e di offesa, insinua abitudini guerriere e feroci. — L'arte dei re pastori custodi e guide di numerosi greggi vaganti, in mezzo a cui solo nesso durevole fra gli umani sono i grossi nuclei familiari, educa alla vita onesta e pacifica. — La tecnica agraria, specialmente dopo il suo passaggio dalla marra all'aratro,coi bovini addomesticati, colla lavorazione più continuata ed intensa, coi dispendi di stalle, d'ingrassi, di stromenti, rassoda il concetto giuridico di proprietà (collettiva e poi individuale), e legando stabilmente le popolazioni al suolo, favorisce l'affetto della patria e dell'ordine pubblico; sicché Cerere è salutata dea delle messi e dello Stato insieme. — E se la tecnica manuale dei nostri Comuni suscitò ivi lo spirito di associazione e di classe fra il popolo, la tecnica capitalistica moderna alimentò, insieme alla intraprendenza, il cupido spirito di predominio sociale e politico fra la borghesia procacciante; mentre il sistema meraviglioso dei trasporti ferroviari e navali in tutto il mondo, non solo unificò il mercato universale, ma poté talora contrapporre il sentimento di un ibrido cosmopolitismo e umanitarismo all'amor del luogo natio. Ma v'ha di più: alla rivoluzione tecnica presente venne seguace non solo la questione sociale, ma insieme una mutazione profonda, non ancor bene definita, intorno ai concetti ed agli ideali di un futuro incivilimento.

Pagina 2.34

Trattato di economia sociale: La produzione della ricchezza

397136
Toniolo, Giuseppe 4 occorrenze
  • 1909
  • Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, vol. III 1951
  • Economia
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. — Infine proporzionate virtù economiche, morali sociali.Una classe non si improvvisa e men che mai questa di piccoli proprietari; occorrono abitudini d'arte e di vita rurale, onestà di robuste famiglie, spirito di solidarietà fra conterranei, virtù tradizionali, le quali vennero meno nell'età contemporanea. L'abolizione della servitù in Russia del 1860 mirava ancora alla creazione legale di un ceto di proprietari contadini; ma mancò in questi la energia di libere e virtuose iniziative e il disinganno alimentò l'irrequietudine e l'anarchia. La prosperità della piccola proprietà della Provenza è oggi scossa nella famiglia colla teoria dei due figli e col divorzio (Joly). E in Italia, in luogo della solidarietà, spesso l'egoismo e il litigio logorano e divorano i minuti patrimoni dei nostri alpigiani.

Pagina 377

.); — che siano muniti di copioso capitale, di scienza, di esperienza, di abitudini agrarie; — e che perciò stesso soggiornino stabilmente e attivamente in seno ai rispettivi patrimoni, assumendone personalmente la gestione tecnico-amministrativa o affidandola ad ufficiali direttori sotto la propria immediata responsabilità, caratteristica più frequente quella della media, questa della grande proprietà coltivatrice.

Pagina 385

Ma questi stessi progressi produttivi sono quivi ogni dì più profondamente compromessi dall'impiego di un lavoro di braccianti ignari e grossolani («unskilled labour»), e da abitudini loro miserabili e turbolente (gli scioperi agrari), in flagrante contrasto colle esigenze di una agricoltura illuminata e di investimenti capitalistici copiosi e continuati. Provvedervi è dunque esigenza sociale di giustizia e di interesse insieme.

Pagina 408

E per contrario entro le zone temperate la natura, sotto quelle influenze climateriche non essendo né troppo liberale per dispensare l'uomo dall'operosità e nutrirlo gratuitamente, né troppo avara e resistente per non cedere ad un lavoro intelligente, sospinge e tien desta di continuo l'attività umana, che poi trapassa nelle abitudini dei popoli. Così si scorge che il lavoro umano si mantiene storicamente costante e progressivo entro la zona temperata. Tutto ciò comprova che l'uomo si trova legato al cosmo (come lo spirito al corpo) e che la natura è, non meno del lavoro, un fattore integrante della produzione.

Pagina 79

Giornalismo ed educazione nei seminari

398418
Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1902
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974, pp. 217-233.
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Il giovane così intravede il suo campo di lavoro e di azione, pregusta il piacere della fatica e del sacrifizio, modifica le abitudini dell'animo, si spoglia delle piccole meschinità del collegiale chiuso e ristretto, e sveste l'abito di quella forma societatis,che per dieci o dodici anni di vita comune necessariamente gli si deve imprimere nella mente.

Pagina 228

Introduzione. La società cristiana

398542
Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1907
  • Murri, La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi, Roma, Società Nazionale di Cultura, 1907, X-XVI.
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., il significato è in gran parte storico e formale, e significa che la nostra società ha un certo numero di usi di abitudini di formazioni concrete, di carattere religioso, che risalgono al cristianesimo e che complessivamente si chiamano cristianesimo. Ciò, quindi, non ci dice nulla, per sé, sulla profondità, sull'efficacia, sul valore normativo e direttivo di quei concetti e vedute spirituali e religiose che sono proprie del cristianesimo. Il popolo russo, l'inglese, lo spagnuolo, il tedesco, l'italiano sono egualmente popoli cristiani, benché la vita religiosa di ciascuno di questi paesi ci presenti nell'insieme e nei particolari differenze profonde e notevolissime, allato a simiglianze ed identità egualmente notevoli. Essi convengono tutti in questo che nel complesso di istituzioni sociali, di nozioni, di costumi morali e sociali, di riti e di usi i quali costituiscono la speciale psicologia e il patrimonio spirituale di un popolo, molto di tali cose risalgono al cristianesimo; cioè a quella particolare religione che fu fondata dal Cristo e fa risalire al Cristo storico i suoi insegnamenti ed i suoi riti.

Pagina XII

La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi

400859
Murri, Romolo 8 occorrenze
  • 1907
  • Murri, La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi, Roma, Società Nazionale di Cultura, 1907, 1-297.
  • Politica
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Ma la grazia, il desiderio permanente di elevazione, avvalorato ed impresso della forza e della soavità della presenza divina, è in noi e ci aiuta: ci aiuta a snodare lentamente questo groviglio di tendenze e di abitudini, a discernere un noi più profondo, e quanto più profondo tanto più puro, nelle acque mutevoli del nostro spirito, ad imprimere al corso di questo una direzione costante.

Pagina 138

Ed è vana pretesa, ispirata ad un ingenuo razionalismo, quella di presumere che al bambino fatto uomo rimanga libero scegliere il suo Dio; egli non sceglierà da sé il suo Dio come non sceglierà le sue idee, le sue abitudini sociali, la sua posizione nel mondo, la sua classe. Ciò che egli vorrà a 21 anni è quello stesso che egli sarà spiritualmente a quella medesima età: ed egli sarà appunto quello che una serie non interrotta di volizioni altrui al suo proposito e di atti altrui lo avrà fatto, dalle prime associazioni suggeritegli dalla madre sino ai professori d'università, ai compagni, ai padroni che egli avrà al momento della supposta scelta: ognuno che ha influito in quel processo di vita interiore, a un certo momento della vita, ha modificato più o meno sensibilmente tutto il suo ulteriore sviluppo.

Pagina 188

Questa educazione è anzi, nella vita religiosa, tanto più necessaria in quanto la religione tende a introdurre nel corso spontaneo dei sentimenti e delle abitudini umane una norma più alta ed una spirituale unità. Ma ciò stesso ci apre la via ad una più radicale risposta all'obiezione precedente. È desiderabile, è giusto che al bambino e al fanciullo non si impongano, abusando dell'autorità che la maggiore esperienza della vita e l'ufficio ci danno su di essi, vincoli ed impacci alla loro libertà spirituale futura, alla piena sincerità della loro vita interiore ed esterna. Ma la religione cristiana è, come abbiamo veduto, o deve essere appunto l'educazione dell'uomo alla piena consapevolezza e quindi al pieno dominio di sé e dei suoi atti; l'educazione cristiana, se ispirata a un giusto e vero concetto del cristianesimo, è dunque educazione alla libertà ed alla personalità piena. Solo dando al cristianesimo un significato e un valore quasi di superstizione e di convenzione umana, solo confondendolo con posizioni storiche in cui la libertà individuale fu, in misura più o meno grande, per condizioni inevitabili dei tempi o per colpa d'uomini, minacciata da una religione politica o da una politica giuseppina e autocratica, solo pensando che il cattolicismo possa essere effetto od oggetto di una coercizione esteriore e violenta si può ancora insistere in simili prevenzioni contro il battesimo dei bambini; uso che noi crediamo anzi, per le ragioni suindicate e per l'esempio perenne ed universale della società cristiana, esprimere quasi più pienamente che il battesimo degli adulti la posizione vera del nuovo cristiano nella società e innanzi al suo Dio.

Pagina 189

Noi dobbiamo, signori, ribellarci un poco contro queste abitudini ingiuste e dannose, far tacere in noi questi rumori vani del tempo, intendere l'orecchio a una musica più tenue e più dolce, cercare, secondo una antica parola ancora ricca di significato, l'anima della Chiesa, o, meglio, la Chiesa vera e vivente dentro ciò che è l''apparato storico e terreno della sua vita esteriore. Io conto, per suscitare in voi quest'idea, su ciò che sino ad ora vi ho detto della vita religiosa nel cristianesimo; e penso che voi siate ora alquanto più familiari con gli elementi nativi e perenni di questa vita e luce delle coscienze che, distendendosi variamente nella comunione di queste e figurando, al di fuori, mista a tutte le altre forme e manifestazioni dell'attività umana nella storia, cerca tuttavia nell'essere umano non ciò che è corporeo ed esterno e caduco, ma l'intima vita di pensiero e di volontà che il tempo registra, in parte, con i suoi poveri istrumenti, ma che svolge la pienezza dei suoi motivi e dei suoi atti nell'interno della storia e della vita, di là dallo spazio e di là dalla successione, dove risiede il divino e dove entra e si affina e si espande, immersa e temprata in questo divino, la coscienza cristiana.

Pagina 244

E la libertà, che sentiamo essere in noi come carattere proprio della vita della volontà, non è già, come alcuni credono, l'irrazionale e il senza motivo, né è data solo dalla sproporzione fra l'atto nostro deliberato ed i motivi di esso presenti alla nostra attenzione, i quali non sono né tutti i precedenti che influiscono sull'atto né forse i più notevoli; libertà è questo rifluire e rispecchiarsi di tutta la nostra precedente attività morale, di tutti i moti e gli impulsi e le abitudini accumulate, in ogni singola mossa in avanti del nostro volere; così che quello che noi vediamo e facciamo reca, quando la reca, quando cioè procede davvero dalla nostra attività interiore desta e operante senza ostacoli, tutta l'impronta della nostra personalità morale e della direzione spirituale che caratterizza lo spirito nostro.

Pagina 271

Le nostre abitudini morali sono l'effetto di sforzi secolari di inibizione, di adattamento, di iniziativa. Le istituzioni sociali, che noi, per la forza del linguaggio e del simbolo esterno, siamo soliti ad oggettivare e concepire come enti a sé, non sono in fondo che stati d'animo ripetentisi quasi uguali in un numero più o meno grande di individui appartenenti ad dato gruppo; spesso questi stati d'animo uguali giacciono nel profondo della coscienza; quando una occasione li risveglia essi provocano quella che è azione collettiva, lo slancio nazionale di una guerra per la difesa del paese, la commozione profonda dinanzi a un disastro improvviso, un senso di legittima fierezza dinanzi a successi ed a trionfi che ciascuno di noi sente e vive come suoi proprii. O vivendo le cose esteriori, o vivendo i beni della cultura e dello spirito, i quali tanto più si avvicinano all'unità quanto più sono alti, noi ci trasformiamo continuamente: e queste forme del nostro essere spirituale, benché vissute da ciascuno di noi, sono tali da associarci e da farci uguali a molti altri che le vivono e se le appropriano ugualmente; di dove appunto una profonda comunione di anime, una circolazione di vita spirituale che unisce i passati e i presenti, coloro che vivono ancora nel campo dell'apparenza e del divenire sensibile e coloro che si sono oramai raccolti di là dalle apparenze, nel mondo degli spiriti e di Dio.

Pagina 273

Ed in ciò che noi saremo spiritualmente nell'attimo della nostra liberazione dalla vita del tempo, nelle accumulazioni di tendenze di vedute di abitudini di atteggiamenti di volere che costituiranno allora nella sua pienezza la nostra coscienza morale, tutto il passato rivivrà;innanzi a noi, e noi ci rivedremo chiaramente, dal giorno in cui la nostra psiche fu solcata dalle prime impressioni del mondo esterno e mossa dal soffio dei primi impulsi, giù giù per tutta la serie di atti nostri ed altrui, di conoscenze, di moti spontanei, di volizioni; e seguiremo la traccia oscillante della nostra consapevolezza del bene e del male, del nostro volere, della spontaneità interiore di quel profondo moto della coscienza che, riflettendo in ogni nuovo atto tutto il nostro passato morale, si apriva la via dominando e dirigendo le conoscenze le emozioni i sentimenti. E nella nostra psiche, rivelata così pienamente a sé stessa, noi vedremo come palpitare un brano della società alla quale appartenemmo; e questa società medesima, con i suoi usi, i suoi istituti, le sue leggi, la sua cultura, ci riapparirà dinanzi, trasfusa nel nostro essere spirituale.

Pagina 282

Essi hanno anzi, assai spesso, favoriti in ciò dallo stesso costume circostante, volto ad una via opposta lo sforzo del loro animo; ad adattare cioè la loro fede ad una coscienza morale, cresciuta in gran parte fuori dell'influenza di essa, ad abitudini già fatte, talora anche ripugnanti ad uno spirito vivo di religione. Sicché molti si dicono oggi e si credono cattolici ai quali forse manca persino ciò che in ogni vita religiosa è elementare, vale a dire la religiosità: 1'attitudine, spontanea o formata, a considerare le cose della vita ed il mondo, gli atti e le finalità umane, da un punto di vista religioso. Esaminate ciò che essi amano, desiderano e temono, ciò che essi cercano nella vita, studiate i moventi della loro condotta, l'indole dei loro rapporti con Dio e col prossimo, e voi vedrete nessun vivente principio religioso manifestarsi in ciò: la religione apparisce, al più, quando c'è il mistero da scrutare temerariamente, un giudizio pubblico da affrontare, un piccolo o grande favore terreno da ottenere, un pericolo da scongiurare con mezzi superstiziosi e talora magici. Di tale forma di cristianesimo, così diffusa oggi e così nociva allo sviluppo ed all'influenza della vita cristiana, nel mondo, noi faremo liberamente la critica nei nostri discorsi.

Pagina 5

Parlamento e politica

401998
Luigi Sturzo 2 occorrenze

Inve¬terate abitudini, inveterati pregiudizi, interessi particolari han¬no impedito finora qualsiasi seria riforma, quantunque la opi¬nione pubblica e gli insegnanti più competenti ne abbiano proclamato l’urgenza in tutti gli ordini di scuole, ma specialmente nelle scuole medie, in stridente contrasto con i bisogni della vita moderna. Per singolare fenomeno, uomini che in ogni altro campo invocano la libertà, nella scuola la combattono. Lo stato deve avere l’alta direzione dell’insegnamento e controllarlo con l’esame di stato, ma non deve sopprimere ogni legittima attività che nell’insegnamento apporti sicuri elementi di progresso. Il problema della scuola non fu mai seriamente affrontato dal parlamento. Auguriamo che il corpo elettorale ne imponga il serio studio alla nuova rappresentanza nazionale». La battaglia data dal partito popolare italiano sull’esame di stato resterà a ricordo dei nostri fasti, e fu battaglia santa. Qualcuno non comprende tanto il nostro fervore per una riforma soltanto tecnica e a portata limitata, quale è l’esame di stato. Per noi è l’inizio di una ben più alta rivendicazione, la libertà di insegnamento. L’Italia in questa materia è alla coda delle nazioni civili; ha negato le sue stesse origini per il vieto pregiu¬dizio anticlericale; per questo asservì la scuola di stato alle influenze massoniche e ne volle creare un monopolio. Sottopose la scienza ufficiale all’influenza protestantica della Germania. Tollerò nelle scuole secondarie che fosse falsata la storia per deprimere l’istituto del romano pontificato, e credette accorgimento politico creare la scuola neutra e bandire dalle scuole elementari l’insegnamento del catechismo con formalismi ostruzionistici. È storia dolorosa di un traviamento spirituale, sostenuto in nome della patria, ai cui danni invece preparò il terreno atto alle teorie materialistiche ed al pervertimento comunistico del nostro popolo. Noi vogliamo la scuola libera per lasciare il diritto alla famiglia di salvaguardare la fede, la coscienza, l’educazione delle tenere generazioni italiane, non solo nel culto del bello, nel sentimento verso la patria, ma anche nella virtù e nella bontà quali le concepiamo noi, nella libertà della nostra coscienza, nella tradizione delle nostre famiglie, nella storia della nostra Italia, che è tradizione e storia viva del cattolicismo. Ma pensiamo che la scuola di stato debba anch’essa modificarsi e migliorare, e pensiamo che la libertà interna della scuola, il contatto maggiore con le famiglie, il decentramento scolastico, l’autonomia delle scuole superiori e dei programmi gioveranno a ridarle il contatto con la realtà, per essere vivificata come il gigante Anteo che risorgeva in forze appena toccava la terra. Anche il monopolio della scuola deve essere spezzato; e noi che siamo contro il monopolio in materia economica, in materia organizzativa, lo siamo ancora di più in materia scolastica. La vecchia struttura dello stato era o doveva essere basata sulla libertà; però cominciò con opprimere la scuola creando il monopolio delle scuole di stato, asservito alle correnti delle sètte segrete, che fecero il loro nido presso la Minerva; quindi procedette a opprimere le organizzazioni libere, sottoponendole al monopolio socialista, annidatosi presso i ministeri economici; infine è arrivato col monopolio economico a combattere l’economia libera, sottoposta alla burocrazia statale; triplice catena che noi dobbiamo spezzare per il risanamento morale, organico ed economico del popolo italiano.

Risorge ora la regione da secolare sonno, ingigantita nella sua figura, rifatta nella sua funzione, non negatrice dell’unità della patria, ma integratrice delle sue forze e delle sue attività, ampliata con il crescere del ritmo della vita economica e civile del nostro paese: non solo essa risorge come organo rappresentativo di interessi economici e sindacali e locali nel triplice nome di industria, agricoltura e commercio, non solo nella nuova sintesi con cui si concepisce il lavoro, oggi elevato a ragione morale dal cristianesimo e a ragione politica da un concetto di sana democrazia, ma anche risorge la regione come organo amministrativo di quel che è specifico carattere naturale per ogni circoscrizione territoriale, in una unità storica, che è anche sintesi di abitudini, di bisogni e di energie; mentre la amministrazione statale si sfronda del superfluo e tornerà ad essere una realtà vissuta. Il nostro consiglio nazionale, nella seduta del 10 marzo di quest’anno, affrontava il problema della regione con queste parole: «Ritenuto che una vera rinascita del nostro paese non può basarsi che sul rinvigorimento delle forze locali e sulle libertà organiche degli enti che rappresentano tali forze e le sintetizzano nel campo amministrativo ed economico; affermando quel centralismo statale dannoso alla stessa, compagine della vita na¬zionale ed al più completo ristabilimento dell’autorità statale, crede matura, ormai, la costituzione dell’ente regione autarchica e rappresentativa di interessi locali specialmente nel campo del¬l’agricoltura, dei lavori pubblici, dell’industria, del commercio, del lavoro e della scuola...». È un’affermazione che oggi diviene anche un impegno elettorale, ma e un logico corollario del nostro programma ove così si legge al capo terzo e al capo sesto: «riconoscimento giuridico e libertà di organizzazione di classe sindacale, rappresentanza di classe senza esclusione di parte negli organi pubblici del lavoro presso il comune, la provincia e lo stato» (capo terzo); «libertà e autonomia degli enti pubblici locali, riconoscimento delle funzioni proprie del comune, della provincia e della regione in relazione alle tradizioni della nazione ed alle necessità di sviluppo della vita locale. Largo decentramento amministra¬tivo, ottenuto anche a mezzo della collaborazione degli organismi industriali, agricoli e commerciali del capitale e del lavoro» (capo sesto). Oggi, alla vigilia della battaglia elettorale, riaffermiamo i due caposaldi del nostro programma nella sintesi delle libertà organiche e delle libertà economiche; riforme ormai mature per la vita nazionale.

La stampa quotidiana e la cultura generale

402332
Averri, Paolo 1 occorrenze
  • 1900
  • Averri, La stampa quotidiana e la cultura generale, Roma, Società Italiana Cattolica di Cultura, 1900, IV-70.
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Se l'indole d'una trattazione cosi generale e sommaria ci permettesse di soffermarci in un argomento determinato, noi vorremmo indicar qui largamente come tutti i problemi si sommino oggi per noi cattolici italiani in questo: la nostra stampa; come l'incuria che tanti dei nostri dimostrano per ogni questione d'interesse vitale, il disprezzo, che ci siamo tirati indosso e che ci nuoce tanto, degli avversari, l'impossibilità dolorosa di richiamare su noi e sulla nostra causa l'attenzione del popolo, e tanti altri mali simili, dipendano innanzi tutto dai difetti dei nostri giornali, che si trascinano il più spesso in una dolorosa routine intellettuale; perché non vogliono — e in questo la colpa e il danno è in parte loro, mentre è anche in gran parte miseria di tempi e di anime — mettersi arditamente e a qualunque costo nella via aspra, ma certa, dell'avvenire: rompere i vincoli col passato e con le classi, gl'interessi, le abitudini che lo rappresentano e, assicurato bene il patrimonio della fede e della disciplina cattolica, temprarsi in un bagno vivificante di cultura sana e moderna, aprire le porte e le fenestre ai giovani, alle idee, alle speranze, ai propositi nuovi, cercare la vita nel risorgere rigoglioso dell'anima popolare, ridestata dal divino soffio animatore della Chiesa.

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Il Parlamentarismo in Italia e la funzione del partito socialista

402462
Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1907
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 166-191.
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La maggioranza, sodisfatta di sé e della propria ricostituzione, si lasciò guidare docilissimamente, in un periodo di intensa e ordinata attività parlamentare, sino alle vacanze estive; come se lo sforzo fatto per mettere al riparo le più care e viziose abitudini del nostro parlamentarismo le avesse quasi automaticamente restituito un certo vigore, e la coscienza del reato compiuto volesse riscattarsi con un periodo di severa laboriosità.

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Per l'autonomia politica dei cattolici. Democratici e Cristiani

402869
Murri, Romolo 2 occorrenze
  • 1906
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 56-72.
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Condizioni di cultura, abitudini mentali e morali, rapporti di clientela politico-ecclesiastica determinarono invece quella condotta: i cui comuni caratteri furono: l'acquiescenza passiva e supina al potere, anche quando esso dai sovrani spodestati passò al nuovo regno costituzionale, la ripugnanza per i movimenti popolari e democratici, la servitù docile alla classe dei padroni, la tendenza, clericale, a volere che il potere politico e l'ecclesiastico si associassero strettamente insieme per la difesa del comune possesso, contro i movimenti democratici e di cultura che, minacciavano, di dentro, l'equilibrio statistico ottenuto dopo il concilio di Trento e l'egemonia politica della proprietà terriera della nuova borghesia. Finché la Santa Sede mantenne apertamente le sue rivendicazioni temporali, e con esse il nonexpedit, questa politica non poté dare tutti i suoi frutti alla luce del giorno; oggi che, cadute effettualmente — se non nell'attività «diplomatica» della Santa Sede, certo per quel che riguarda i rapporti fra Vaticano e Quirinale o Palazzo Bracchi — quelle rivendicazioni, il non expedit, di ostacolo che era alla politica clerico-moderata si è trasformato in sussidio e presidio di essa e concorda benissimo con l'azione elettorale dei ministri dell'interno,Nel breve passaggio dell'on. Sonnino al ministero dell'interno, quando egli poté per un momento sperare di far le elezioni, si noto anche nella condotta del Giornale d'Italia una specie di deviazione dalle linee maestre di politica ecclesiastica seguite sino allora" e il motivo è facile a indovinare. noi possiamo vedere quella politica, covata e maturata da trent'anni, nella pienezza dei suoi frutti visibili. Che cosa gioverà all'Italia il nutrirsi di questi frutti vedremo nei prossimi anni, venuta che sia pel paese l'ora della digestione.

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Anche oggi, quindi, essi sono contro questa politica, non in quanto pensino di poter impedire che gli uomini e i gruppi clericali vadano verso dove li chiamano i loro vincoli d'interessi e di abitudini politiche, ma in quanto cercano di svincolare il cattolicismo da una antica e vergognosa e dannosissima servitù politica. In Italia, fu già notato — assai diversamente che in Francia, dove il clericalismo è contro la repubblica — questo è invece monarchico e la monarchia, o meglio, i governi della monarchia, che hanno assai bene inteso questo si sono rigorosamente astenuti da qualsiasi passo atto a riaccendere la lotta religiosa, e se ne asterranno ancora, sino a che una crisi, che non par vicina. verrà a maturazione nella coscienza stessa del paese. E poiché la crisi della coscienza religiosa è — in qualunque modo essa ai manifesti o nel seno dei cattolici (come crisi della teologia, della casuistica, dell'esegesi biblica, della religione esteriore, dell'autorità, e via dicendo), o nella borghesia laica e nelle classi inferiori, — per necessità, rinnovatrice e quindi modificatrice di istituti e di rapporti, così l'intento concorde dell'alleanza clerico-moderata di soffocare per quanto è possibile quella crisi di svellerne le tenere manifestazioni, di comprimerne gli indizi: con che però acuiscono la crisi interiore e preparano più gravi e violente dilacerazioni; ma vivono, intanto. giorno per giorno Coloro che hanno una qualche conoscenza dei salotti dell'aristocrazia e dell'alta borghesia di Roma hanno potuto notare in questi ultimi anni che essa segue assai poco, e con preoccupazioni conservatrici, il movimento religioso contemporaneo..

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Il bivio della politica ecclesiastica in Italia (colloquio con un giornalista)

403764
Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1907
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 138-148.
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Ella vede quindi perché parecchi miei amici ed io, pur affrontando con dolore tante opposizioni, ma con la coscienza sicura di giovare al cattolicismo e di prevenire i disastri che esso ha subìto in Francia, ci sforziamo di andare incontro a queste anime religiose di entrare in contatto con esse, il cui numero cresce ogni giorno, e di persuaderle che ciò che le allontana dal cattolicismo non sono già gli elementi perenni ed essenziali di questo, ma sono forme storiche e passeggere di sistemi e di abitudini mentali e pratiche delle quali possiamo assegnare l'origine, intieramente distinta dalle origini del cristianesimo, e prevedere la fine. Di queste vecchie abitudini, una è appunto l'opinione, così radicata in certi animi, che la Chiesa non possa vivere ed agire se non sotto la tutela e col consenso del potere civile; e che valga la pena di accettare questo concorso, anche quando, come fu quasi sempre, dalla conversione ufficiale dell'impero romano, e come è oggi, esso dato non per sin¬ cero spirito religioso, ma per ottenere un corrispettivo di servizi politici che la Chiesa sconterà poi con l'avversione profonda di quanti sono sinceri democratici.

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Teogonie clericali

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Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1908
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 108-137.
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Una più «religiosa» concezione della vita religiosa, una più netta distinzione fra quel che è ecclesiastico e quello che è civile, una condotta del clero diversa dalla presente, e una sua assai più larga cultura, la liberazione da quello che di fanciullesco e di stantio hanno ancora le nostre abitudini umane, tutto questo i progressi della democrazia sembra debbano suggerire alle società religiose. Ma alcuni temono tali trasformazioni. Ciò solo spiega la diffidenza per la democrazia, la quale è nel fondo della presente alleanza clerico-moderata. La politica clericale persegue dunque a suo modo, nella presente condotta, degli scopi religiosi, come era da attendersi; ma questi scopi religiosi, o, per meglio dire, ecclesiastici, sappiamo ora quali sieno.

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Introduzione

404509
Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1908
  • Murri, R. La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari– Società Naz. di Cultura, 1908, 16-29.
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Né è da sperare che questa vastissima clientela politica, organizzata intorno a una gerarchia diciotto volte secolare, tenuta insieme dalle abitudini che divengono nell'uomo le più profonde e tenaci, debba sciogliersi e sparire nel giro di pochi anni. Certo la propaganda antireligiosa e la scuola laica le infliggono ogni giorno delle perdite non leggere e il popolo italiano si va scristianizzando; ma il processo è assai meno rapido di quel che si creda; e chi, per avere la più grande Italia che egli desidera, attende che il cattolicismo abbia cessato di essere, dovrà ancora attendere molto; e forse intanto la lotta apertamente anticattolica non farà che risvegliare il cattolicismo militante o clericale. In un certo senso, l'Italia è ancora assai lontano dall'essere la Francia.

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Da un Papa all'altro

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Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1905
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 30-55.
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Ciò richiede da parte dei cattolici e della loro azione politica una abitudine di libertà, una maturità di senno civile, una larghezza d'animo che è dubbio se i cattolici italiani abbiano ancora acquistato, ma che, nella pratica della vita correggendo le antiche tendenze di intolleranza clericale, e negli studi positivi le abitudini d'un pigro dogmatismo logico e formale, essi potrebbero rapidamente acquistare.

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Clericalismo

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Murri, Romolo 2 occorrenze
  • 1906
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 73-85.
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Gli uni sostengono e promuovono, nella vita pubblica, dei principii di diritto pubblico ecclesiastico ed una posizione di privilegio o di libertà privilegiata, per la Chiesa, che questa ha eredito dal passato; è vogliono certe speciali forme di accordo e di alleanza fra i due poteri per un'azione combinata a tutela artificiosa di certe abitudini e costumi i quali giovano egualmente al conservatorismo religioso ed al consolidamento del potere politico in certe classi e gruppi sociali e dentro certe forme politiche determinate. Gli altri, applicando alle forme di rapporti politici e sociali, che ci sono note dal passato, il criterio della relatività storica, cercano di trovare le formule e i termini nuovi di questi rapporti in un ritorno della coscienza religiosa su sé stessa, sulle origini e sulle vocazioni native ed immanenti del cattolicismo, in una revisione critica dell'eredità morale e giuridica del passato, in un esame accurato della nuova condizione di cose creata dalla società democratica, dallo sviluppo della scienza ed anche in parte dalla innegabile decadenza del cattolicismo nei paesi latini.

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Differenza caratteristica dicevamo essere invece questa che i clericali si preoccupano di mantenere una posizione pubblica del cattolicismo e dei suoi varii istituti, la quale è eredità di un lungo passato storico, senza chiedersi se e per quanta parte essa sia in relazione diretta con il valore effettivo e pratico di vita, privata e sociale, che ha oggi lo spirito e la dottrina del Vangelo nella società contempora¬nea; e siccome questa posizione non è quindi data da un puro interesse religioso, ma coinvolge interessi politici e sociali di vario genere, essi difendono, nel nome stesso e pel fatto del clericalismo, abitudini, passioni interessi politici ed economici di vario genere, a sostenere i quali sia quindi necessaria una tacita alleanza ed una azione combinata e della Chiesa e dello Stato, dove i due poteri procedono d'accordo, ovvero della Chiesa e di partiti politici in lotta con lo Stato, dove è lotta fra i due. Le vicende del clericalismo in Francia sono una illustrazione veramente tipica e meravigliosamente chiara del secondo di questi due fatti. In Italia invece, ed in altri luoghi, il clericalismo è monarchico; e tale si è rivelato clamorosamente, appena si abbassò la barriera del non expedit, così che si potesse almeno…saltarla.

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