Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Trattato di economia sociale: introduzione all’economia sociale

388122
Toniolo, Giuseppe 1 occorrenze
  • 1906
  • Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, voll. I-II 1949
  • Economia
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La scienza dell'economia sociale trapassa oggi un momento di sistemazione,se la parola infelice ma ormai accettata dai più significa il lavorio per dare ordine razionale sintetico all'insieme dei veri già acquisiti ad un determinato ramo del sapere; quasi hiatusche intercede fra i risultati di ieri e le promesse dell'indomani. Lo attestano anche fra noi i trattati, manuali, principi di economia,che dopo il Cassa, il Lampertico, il Nazzani comparvero coi nomi rispettati di Pantaleoni, Pareto, Graziani, Supino, Valenti, — oltre a quelli stranieri (posteriori al Roscher, Wagner, Schönberg) dello Schmoller, del Philippovich, del Sax fra i tedeschi, dei francesi Leroy-Beaulieu e Gide, dell'olandese Pierson e del Marshall inglese, forse più originale fra tutti; senza dire di altri per data o per scuola più recenti, quali Brants, Antoine, Pesch.

Pagina 1.3

Rivoluzione e ricostruzione

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Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1922
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 264-308.
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L'accusa di estremismo che alcuni, anche ingenui, del campo nostro, ci fanno, e il rimprovero di avere prima combattuto il socialismo e poi tentato (essi dicono) la collaborazione; prima avversato il fascismo e poi accettata la collaborazione; è l'accusa di coloro che non han vissuto intimamente il terribile dopoguerra italiano, e non comprendono che il nostro gruppo parlamentare ha dovuto inserire nella vita politica italiana una nuova concezione e una nuova azione direttiva, attraverso la penetrazione pacifica; e, senza l'arma del potere dei partiti demoliberali, partecipare al potere; senza l'arma del monopolio socialista, romperne il monopolio; senza l'arma della violenza fascista, resistere all'offensiva, pur mirando alla trasformazione politica del paese.

Pagina 305

La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi

400325
Murri, Romolo 7 occorrenze
  • 1907
  • Murri, La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi, Roma, Società Nazionale di Cultura, 1907, 1-297.
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Ora c'è fra tutte queste credenze, ridotte alla loro più semplice espressione ed al loro valore sostanziale, una credenza la quale e per l'antichità sua nella storia religiosa dell'umanità e per il numero di anime che l'hanno accettata e seguita e per le esperienze collettive che ne hanno provato l'efficacia storica, e per l'elevatezza insuperata dei precetti morali nei quali si traduce e per la intensa vita interiore che essa ha saputo destare ed alimentare nelle anime che la accettarono sinceramente, si impone in particolar modo all'attenzione nostra. Essa è, inoltre, la fede nella quale siamo nati, che noi professiamo e che in noi e nella società nostra ha lasciato tracce meravigliose e non facilmente cancellabili del suo passaggio.

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Per giungere a possedere veramente tutta la fede, nelle sue complesse manifestazioni vitali, conviene incominciare dal sentire il bisogno di una fede, rudimentale forse anche ma sinceramente accettata, e dall'adattar questa alla vita. Il progresso della nostra vita psichica è nel divenir di inconscia consapevole, nell'acquistar notizia piena dei suoi atti, dello scopo pel quale son posti e di tutti i probabili risultati di essi, nel fare che le azioni nostre sieno sempre più intimamente nostre, procedano cioè con avvertenza piena dal nostro io interiore, e che la scelta, la quale siamo chiamati a fare ad ogni momento della vita, avvenga con serena riflessione e con fermo e virile volere. Così, e non già assoggettandolo ad un meccanismo esteriore di atti e di riti, si crea l'uomo nell'uomo e si accende il lume della coscienza morale. Sorprende, a rifletterci, il pochissimo uso che si fa, nell'educazione dei fanciulli, di concetti filosofici fondamentali, che pure sarebbe assai facile far penetrare in essi; ad es., dei concetti della limitatezza del nostro fragile e fugace essere terreno e della secondaria e subordinata importanza delle cose esteriori per rapporto alla vita interiore. Una maggior conoscenza della psicologia infantile mostrerebbe che spesso, per educare il senso religioso, basta secondare alcune spontanee curiosità del fanciullo.

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La vita che noi abbiamo è quindi accettata dal credente come provenientegli da un Volere superiore, divino, non fatale né insito nelle cose, ma personale, pienamente consapevole, Volere divino al quale il credente aderisce con umile fiducia, per il raggiungimento degli scopi da Esso proposti alle cose.

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E noi abbiamo avuto anche, in uno di questi nostri discorsi sulla carità, occasione di vedere come l'unione doverosa nel cristianesimo non può esaurire l'intima forza di associazione che è nella carità: ma via via che gli animi sono maggiormente penetrati di questa, essi sentono il bisogno di più intime associazioni, sino a porre tutto in comune quel che essi hanno, a negarsi il diritto di proprietà individuale, a mettere tutta la loro vita a disposizione di un volere collettivo e d'una autorità liberamente costituita e accettata.

Pagina 178

Oggi, signori, in tanto frazionarsi e disperdersi di pensieri e di aspirazioni, vigoreggia sulle anime questa grande autorità spirituale che è il cattolicismo; autorità la quale è, in qualche senso, la sola accettabile pienamente e senza riserve; poiché, apparendoci come testimonianza esterna e garante dell'opera di Dio nella storia dell'umanità, essa tutela le più profonde aspirazioni del nostro essere alla verità ed al bene; e chiedendo d'essere volontariamente e consapevolmente accettata ci si offre a rinvigorire la nostra personalità, alla quale deriva alimento da fonti divine di luce e di energia spirituale. Ma questa autorità spirituale della Chiesa, se voi la osservate bene addentro, non è che il consenso cordiale delle coscienze cristiane in un'opera fraterna e comune di pace e di amore: consenso il quale è solo possibile là dove queste coscienze superano i limiti e le incertezze e le divisioni dell'essere contingente e fugace che è l'uomo, per raccogliere e far proprie le vedute, le direzioni, le volizioni che vengono da Dio e divenire in esse un'anima e un corpo, divenire la società dei fedeli. Nella Chiesa si è, quindi, e si rimane per questa comunione di vita e di coscienze nella quale si rivela la presenza e l'assistenza divina: e quanto più ciascuno vive ed opera secondo questa comunione di doni e di forze spirituali, tanto più egli è della Chiesa e realizza i fini e lo spirito soprannaturale di questa.

Pagina 249

Ed accettando la Chiesa così, come essa chiede di essere accettata, nello spirito di Colui che la fondò, cadrebbero molte preoccupazioni che oggi, di qua come di là dai confini di essa, ne intorbidano nelle coscienze il concetto e l'azione. Fra queste, le più delicate e importanti sono forse quelle che riguardano i rapporti fra la Chiesa e la società civile. È noto oggi a tutti come, caduto, con gli antichi regimi, il privilegio politico del quale godevano gli istituti ecclesiastici, (foro speciale, mano morta, esenzione militare, autorità civile unita sovente alla ecclesiastica, ecc.) e sostituite per legge agli antichi rapporti disposizioni che coartano in molte cose la libertà ecclesiastica, né lo Stato, sul quale premono potentemente correnti laiche ed atee, vuole arrestarsi dove è, geloso della potenza del clero e desideroso di togliere radicalmente alla vita civile ogni impronta di cristianesimo; né la Chiesa o cede alla persecuzione o si rassegna a godere del solo diritto civile; posizione, quest'ultima, ripugnante ed assurda, dove essa Chiesa è tale robusta organizzazione ed esige sì vasti e complessi mezzi di azione — scuole, benefizi, monasteri, chiese, atti solenni di culto pubblico, matrimonio religioso ecc. — da non poter intendersi né che il dritto comune basti a sì possente associazione né che lo Stato si disinteressi interamente della vita di essa. Dunque, né l'ingiustizia della persecuzione né l'ipocrisia del dritto comune; e poiché oggi, nelle condizioni a noi note di civiltà e di cultura, è vano pensare ad un amichevole accordo delle due società, non ci è possibile attenderci che la lotta fra di esse. E questa lotta avrà, del resto, numerosi vantaggi; terrà deste ed alacri le forze e gli animi dei contendenti e li porterà a svolgere, nella maniera più conforme alle esigenze degli spiriti, le attitudini e l'opera propria. Solo, la lotta sia gara serena, senza fanatismi ed intolleranze: gara di educazione, di servigii resi ai progressi della cultura e della vita morale dei popoli, di perfezionamento nei mezzi di giovare agli umili ed ai dolorosi, di organizzare gli sforzi e gli animi umani, di promuovere la vita intensa e l'incremento della persona e della coscienza umana.

Pagina 250

La religione, tuttavia, una volta riconosciuta ed accettata, pervade e domina tutti gli altri atti e rapporti, e più particolarmente gli atti morali, in quanto per essi la coscienza e la volontà umana si pongono in un atteggiamento più o meno favorevole od opposto al raggiungimento del fine ultimo ed adeguato di ogni particolare volizione, che è appunto il bene assoluto; il quale è l'oggetto proprio della vita religiosa..

Pagina 42

Considerazioni sul potere temporale dei papi

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Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1895
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974.
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II. a) Tralascio la questione sotto il lato storico, perché vi è molto da disputare, solo è d'uopo che conveniate meco: 1° che da Costantino, cioè da quando la religione di G[esù] C[risto] fu anche accettata dalle nazioni come religione civile, il Papa fu solo in Roma, con sovranità indipendente e assoluta nelle cose spirituali e nelle attribuzioni temporali, tranne quella del fisco, rappresentato dal duca greco in Roma o dall'esarca di Ravenna. E quando i Greci o gli Eruli o i Goti o i Longobardi vollero dettar leggi in Roma, il Papa fu ostacolato nel suo ministero spirituale, incarcerato, ucciso; valga a conferma di quanto dico l'esempio di Giovanni I, e gli aiuti domandati ai Franchi da Gregorio e da Zaccaria; se non avevano autorità temporale, non erano in diritto di domandare aiuto ai re cattolici, contro gli invasori.

Pagina 6

Il legittimismo in Italia

401482
Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1903
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974, pp. 245-249.
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Dico questo per ridurre al suo vero carattere la portata dell'espressione da me scritta e accettata da più di trenta

Pagina 245

Per l'autonomia politica dei cattolici. Democratici e Cristiani

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Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1906
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 56-72.
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Ne segue perciò che, in quanto fanno opera di cristiani e mirano a un risultato di «cristianesimo vissuto» essi agiscono come membri d'una società religiosa, liberamente accettata e seguita; e, con la stessa volontà con la quale accettano questa, aderiscono alle norme varie che di essa definiscono lo spirito e la direzione. Ora questa società, e in nome di essa l'autorità, può riguardare in due modi l'azione esterna, politica e sociale, de' suoi membri; e prima in quante stabilisce, per l'azione di essi singoli, delle norme che il fedele non può violare, senza venir meno ai doveri sociali ed al vincolo collettivo, norme le quali debbono essere, conformemente alla natura della società da cui emanano, d'indole morale e religiosa: e con ciò essa pone dei criterii dei quali questi debbono tener conto nella loro azione, pur essendo poi liberi di disporre questa come loro meglio aggrada in ordine ai particolari fini che vogliono ottenere. Tale sarebbe, ad es. il caso della Società dei padroni del nord in Francia. Cattolici dichiarati e professanti, essi debbono astenersi: nella loro azione collettiva di padroni, da atti e da misure che violassero le interpretazioni ufficiali e stabilite dei doveri di giustizia sociale e di carità: ma sono poi intieramente liberi, di fronte alla Chiesa, nel regolare l'andamento delle loro officine, la misura dei salari, le opere di assistenza, l'azione sui poteri locali e sulla politica generale, ecc. L'essere e il chiamarsi cattolici li obbliga: solo a rispettare le disposizioni positive della autorità religiosa per quella parte dei loro atti che involge l'adempimento di un dovere religioso.

Pagina 61

Appendice

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Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1907
  • Murri, R. La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 246-263.
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Ma perché tali condizioni possano verificarsi, è necessario che la nostra associazione, la Lega Democratica Nazionale, sia riconosciuta ed accettata come la legittima rappresentanza della frazione sinistra dei cattolici aperta allo spirito ed alle tendenze della democrazia, sollecita di rappresentare, presso i proprii e presso il paese, gli interessi veri delle classi lavoratrici. Perché un centro possa veramente costituirsi, questa nostra tendenza deve essere accolta, ad equilibrare tendenze opposte di destra. Il nuovo partito ci avrà, secondo che esso ci voglia, cooperatori o nemici; clienti, battuti ed umili, non noi sappiamo essere.

Pagina 260

La crisi religiosa in Francia (Lettere al "Corriere della Sera")

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Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1908
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 207-245.
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I protestanti hanno accettata la legge di separazione: le loro comunità avevano già, del resto, delle associazioni cultuali, e la sola differenza consiste, per essi, nel controllo finanziario dello Stato, controllo del quale alcuni si lamentano, come di un peso grave, altri invece sono contenti, poiché ciò forzerà, dicono, i loro fedeli ad una maggiore regolarità amministrativa.

Pagina 221

La Democrazia Cristiana in Italia

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Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1920
  • Murri, Dalla Democrazia Cristiana al Partito Popolare Italiano, Firenze, Battistelli, 1920, 62-90.
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Da principio, adunque, la democrazia è accettata dai d.c. con tutto il fervore di un cattolicismo ingenuo e precritico. Essi credono di non far con ciò che accogliere docilmente il programma stesso del papa, di Leone XIII; di attuarne le direttive e svolgere le conseguenze di queste. Quando le cose si complicano, e l'autorità piega a una interpretazione e a una pratica nelle quali si rispecchiano interessi economici e politici ostili alla ascensione delle masse, contro questo programma restrittivo e mortificante l'accordo è cercato e affermato fra democrazia e cristianesimo; e, per persuadersi di esso e dimostrarlo agli altri, si impone una critica più penetrante e severa dell'una e dell'altro. E la critica è poi sollecitata e provocata anche dalla polemica con i socialisti. Contro di questi, i d.c. ripigliano la posizione di Mazzini; e cercano del moto rivoluzionario — borghesia contro le classi privilegiate — e del socialismo — proletariato contro borghesia — l'intima sostanza e il valore, che deve essere ed è, per essi, di natura essenzialmente religiosa. Trovare nella -democrazia e nel socialismo stesso, come moto di una classe nuova assetata dì libertà e di giustizia, una derivazione diretta dello spirito cristiano, contro le degenerazioni di una società ecclesiastica alleata al vecchio regime, interpretare e rivivere l'una e l'altro come moti intimamente ed essenzialmente religiosi, è oramai l'assunto dei d.c. Con che essi appartengono già alla storia ed al processo di autocritica dei moti e delle dottrine sociali contemporanee. E la loro posizione viene ad essere di primissima importanza nella storia dello sviluppo di queste in seno alla civiltà latina.

Pagina 79

Un solitario

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Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1920
  • Murri, Dalla Democrazia Cristiana al Partito Popolare Italiano, Firenze, Battistelli, 1920, 128-144.
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E furono le preoccupazioni destate in questi dai primi moti della democrazia cristiana e dal fervore di quelli che la avevano sinceramente accettata che condussero dalla Rerum novarum alla Graves de communi; un documento senza più slancio e fede. pieno di se e di ma, in cui si cercava di tarpar le ali al movimento senza sconfessare i principi già posti. Era la sorte che era sempre toccata, nella Chiesa, ai movimenti mistici spontanei e profondi; la Curia vaticana ha delle ragioni che non sono le ragioni del cristianesimo originario ed evangelico.

Pagina 141