Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abolizione

Numero di risultati: 21 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

La costituzione del partito (1. Appello al Paese, 2. Programma)

398901
Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1919
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 66-71.
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. - Società delle nazioni con i corollari derivanti da una organizzazione giuridica della vita internazionale: arbitrato, abolizione dei trattati segreti e della coscrizione obbligatoria, disarmo universale.

Pagina 71

La regione

399741
Sturzo, Luigi 6 occorrenze
  • 1921
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 194-231.
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1) abolizione del controllo preventivo di vigilanza, e intervento dell'autorità politica nel caso di reclami per violazione di legge;

Pagina 223

2) compartecipazione delle provincie al gettito dell'imposta complementare di stato e abolizione delle tasse comunali o focatico, valore locativo e vani goduti;

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4) istituzione di un'imposta comunale con sovrimposizione a favore delle provincie sui redditi delle industrie, commerci e professioni; abolizione della tassa di esercizio e rivendita;

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6) istituzione a favore dei comuni di un'imposta ad alta aliquota sul consumo delle bevande alcooliche e abolizione della corrispondente tassa di licenza;

Pagina 224

istituzione di contributi di miglioria obbligatori a favore dei comuni e delle provincie per devolvere a loro vantaggio il plus valore di beni stabili dipendenti dalla esecuzione di opere pubbliche e abolizione dell'imposta comunale sulle aree edificabili;

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3) istituzione a favore dei comuni di un'imposta generale sulla spesa con carattere indiziario ed a larga base e abolizione delle imposte speciali che ora colpiscono indici di agiatezza, cioè: valore locativo dell'abitazione, vetture e domestici, cavalli da sella e da tiro, pianoforti, bigliardi e simili;

Pagina 224

La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi

400143
Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1907
  • Murri, La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi, Roma, Società Nazionale di Cultura, 1907, 1-297.
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Pagina 72

Considerazioni sul potere temporale dei papi

401293
Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1895
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974.
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Le relazioni tra Papa e re non dipendono dalla volontà di ambidue, ma dalle passioni del parlamento e dalla politica del ministero. Bonghi parlò a favore delle guarentigie, ma Petroni all'81 volle che si abolissero le guarentigie. Mancini caldeggiò nel '77 e fece votare dal parlamento, respinta dal Senato, la legge contro i preti. Tutti ricordiamo le celebri circolari Nicotera al '76 per la proibizione delle processioni, giudicate dalla Cassazione di Torino illegali, le circolari del Prefetto di Roma contro i frati e le monache, la legge Mancini per l'abolizione dell'insegnamento religioso nelle scuole liceali, ginnasiali, tecniche e normali, la circolare Nicotera contro i pellegrinaggi per festeggiare il giubileo di Pio IX, il codice penale Zanardelli. Pio IX pronunciò un'allocuzione ai cardinali contro gli usurpatori della S[anta] S[ede] e il progetto di legge contro gli abusi del clero e Mancini il '77 emana una scandalosa circolare, comandando di non ubbidire ai precetti del Papa, e permette fin che si parodiasse l'allocuzione predetta con invereconde illustrazioni. Tutti ricordate la circolare Mezzacapo sul matrimonio religioso, piena di errori contro la nostra fede, il progetto di legge Villa sulla precedenza del matrimonio civile, il decreto di Pelloux o di altro che non ricordo, firmato dal re, che dichiarava concubinato il solo matrimonio religioso dei militari.

Pagina 13

Il Mezzogiorno e la politica italiana

401446
Sturzo, Luigi 2 occorrenze
  • 1923
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 309-353.
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I centri urbani erano il campo dei professionisti, e questi fecero la politica; i centri rurali, per lo più agglomerati, vissero del loro campanile e della loro terra. Il linguaggio delle due Italie non si fuse nell'anima delle diverse popolazioni. I «piemontesi» (così erano chiamati tutti i burocrati mandati a «colonizzare» il mezzogiorno) ebbero l'aria di conquistatori a buon mercato; non conobbero, compatirono e oppressero. L'elemento nostrano s'irrigidì; un solo merito ebbe: superò il particolarismo regionale per sacrificarne anche i buoni effetti all'idea nazionale unitaria, e il concetto di patria prevalse sopra tutte le ragioni e i risentimenti locali; anzi, per timore che si potesse dubitare di questo lealismo politico, non si tentò mai di far prevalere interessi speciali del mezzogiorno, come se potessero essere guardati come antitetici agli interessi nazionali. Nobile il sentimento che univa la nostra gente alla patria una; ma errore pratico quel, timore che non ebbero altre regioni più sicure e più forti, dove non si prospettò mai il particolarismo come un pericolo o come un torto verso la nazione. Il nuovo regime aderì più facilmente al nord che al sud, non per maggiore o minore sentimento patrio, ma per la maggiore convergenza di interessi, la più facile solidarietà morale, il più rapido ritmo di vita, che si orientava in gran parte verso il settentrione.

Pagina 315

Ma bisogna aggiungere che né la politica generale, né la cultura scolastica, né l'avviamento professionale hanno contribuito assai a questa radicale trasformazione, che è tanto più difficile nel mezzogiorno, quanto minore è il capitale circolante e quanto più avverse sono le condizioni della natura, che non possono essere vinte senza grande sforzo. Però questo sforzo è, e deve essere, veramente nostro: poggiato su basi tecniche, solide, di attività e di intelletto. Dico «intelletto», perché la nostra cultura scientifica e ideologica, deve mirare, nella sua generalità, a formare una base realistica ai nostri problemi economici, tecnici e politici; perché le idee sono la prima forza, sono quelle che determinano la volontà, che creano le energie, che formano la grande sintesi dell'attività umana.

Pagina 344

Crisi e rinnovamento dello Stato

401874
Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1922
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 232-263.
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Sul terreno economico è ormai un dato fermo; il socialismo economico di stato per i democratici doveva essere la concessione limite ai socialisti per immunizzarsi dai violenti assalti dati al potere politico; e per i socialisti doveva essere la prima conquista per arrivare al potere o meglio alla dittatura politica. Si è così costituito uno stato nello stato, che ha acquistato il diritto alla intangibilità; i sindacati dei trasporti marittimi e terrestri, locali e statali, sono la rete rossa che lega lo stato e la economia pubblica e privata; il sindacato metallurgico crea il legame fra industrie parassitarie e banche sovventrici, unendo nel medesimo interesse, contro lo stato s'intende, capitale e lavoro, finanza, imprese e lavoratori; le cooperative rosse, che hanno conquistato lavori pubblici ed istituti sovventori creati e finanziati dallo stato, formano la loro economia, rivoluzionaria a parole e collaborazionista nei fatti. E qui sta il grottesco e la tragedia insieme. Alle masse han predicato l'abolizione della proprietà, il comunismo più o meno larvato, il sindacato come mezzo di lotta permanente per arrivare alla dittatura economica e politica, quale fine ultimo. Al contrario, hanno fermato le conquiste immediate sulle seconde e sulle terze trincee; l'avvento diviene lontano e bisogna fare il cammino a ritroso; bastano le cooperative fornite dallo stato, bastano i sindacati come ragione economica ed elemento permanente e organizzato della lotta di classe; basta la libertà nell'attuale ordinamento politico; bastano alcune riforme del consiglio del lavoro e a carattere semiborghese. Per questa via si arriverà un giorno alla collaborazione parlamentare che negherà trenta anni di lotta. Anche questa volta la tattica prende la mano al programma; le ideologie scompaiono nella realtà; i contrasti teorici perdono la loro violenza e la visione della ricostruzione statale non ha più la linea logica e forte del rinnovatore, del rivoluzionario, che sa aspettare purché sa vincere.

Pagina 246

Di un partito e un programma radicali in Italia

402735
Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1908
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 192-206.
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Noi vorremmo, se lo spazio ce lo permettesse, mostrare quale profonda oppressione sia, per la. coscienza dei paesi latini, il non aver ancora risolto questo problema dei rapporti fra le due società, e quanto intralcio ne venga a tutta la loro attività spirituale: la Francia è vissuta un secolo dello sforzo enorme fatto- nella rivoluzione e protratto sino alla recente abolizione del Conconcordato; l'Italia giunse con fatica alla soppressione delle congregazioni ed a toglier Roma al Vaticano e, dopo lo sforzo, ha lasciato tacere ogni questione religiosa, sinché i suoi uomini politici son venuti ad essere effettualmente d'accordo con una politica vaticana la quale, pur avendo cambiato nei particolari, è identica nella sostanza a quella del Card. Antonelli, come alcuno ha osservato di questi giorni V. l'Azione democratica, organo della Lega democratica nazionale, (Via Garibaldi 33, Torino) N. 6, 1907, nella quale è un vigoroso appello ai giovani contro la politica clericale.. Con questo esame, ci si offrirebbe anche luogo a mostrare come un rinvigorimento della fiacca ed incerta e discorde coscienza nazionale in Italia non si possa forse averlo se non affrontando questo problema; e come tuttavia esso sia condizione prerequisita di una politica vigorosamente radicale. Il radicalismo religioso (il cattolicismo è stato sempre radicale nei periodi di conquista vera) ci darà forse il radicalismo politico: Della quale politica, per riassumere e chiudere questo nostro breve studio, le condizioni od i caratteri dovrebbero essere specialmente questi:

Pagina 204

Un grido di dolore

402904
Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1920
  • Murri, Dalla Democrazia Cristiana al Partito Popolare Italiano, Firenze, Battistelli, 1920, 155-166.
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Appendice

403099
Murri, Romolo 3 occorrenze
  • 1907
  • Murri, R. La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 246-263.
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Abolizione dell'insegnamento religioso nelle scuole elementari. Scuole paterne o confessionali di religione e di morale.

Pagina 261

Pagina 261

Abolizione del Fondo culto e del R. Placet o Exequatur, dei Regii Patronati. Consegna dei beni della Chiesa, convertiti in titoli mobiliari, alle associazioni di culto, e libera amministrazione di essi da parte di queste. I beni della Chiesa cattolica non potranno essere assegnati (cessato che sia ogni rapporto ufficiale e diretto fra lo Stato e la gerarchia ecclesiastica) che ad associazioni di culto cattoliche, aventi così insieme esistenza legale e canonica.

Pagina 262

Il Partito Popolare Italiano

403420
Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1920
  • Murri, Dalla Democrazia Cristiana al Partito Popolare Italiano, Firenze, Battistelli, 1920, 92-127.
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. — Società delle Nazioni con i corollari derivanti da una organizzazione giuridica della vita internazionale; arbitrato, abolizione dei trattati segreti e della coscrizione obbligatoria. Disarmo universale».

Pagina 121

Introduzione alla sez. "Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922)

403625
Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1923
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 101-131.
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Per quanto il popolarismo, come sintesi politica abbia in Italia solo quattro anni di vita; e come concezione democratica cristiana sia apparso, nella forma di un tentativo democratico cristiano, nel 1896; pure come movimento cristiano-sociale in Europa ha più di cinquant'anni; e come tradizione guelfa ha la sua origine nel pensiero dei cattolici del risorgimento. Il partito popolare italiano, come espressione e realizzazione di questo pensiero, è agli inizi; gli avvenimenti politici non si svolgeranno più al di fuori di questa concezione e di questa forza. È vero, ieri ed oggi è solo la voce di una minoranza; il fascismo trionfante non potrà né sopprimere, né negare la voce delle minoranze, che hanno una funzione naturale nella vita collettiva. Ma v'ha di più; il fascismo, nel tentativo di realizzazione, per quanto affrettata e tumultuaria, non essendo un sistema, ma un metodo, riassume parte dell'esperienza politica, che proietta secondo il proprio modo di sentire e di sintetizzare. Così alcuni degli indirizzi politici dei popolari oggi sono inclusi nel febbrile lavorìo fascista, anche quando ieri erano implicitamente o esplicitamente negati dagli stessi esponenti fascisti. Cito l'esame di stato e la libertà della scuola; la fine della lotta anticlericale alla chiesa e al suo insegnamento; il riconoscimento delle associazioni sindacali, i consigli superiori tecnici, la circoscrizione regionale scolastica, la libertà economica, l'abolizione degli enti fittizi e simili.

Pagina 129

I primi cattolici in Parlamento

403682
Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1908
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari– Società Naz. di Cultura, 1908, 86-107.
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Dato il prevalere dell'economia rurale nei tre quarti d'Italia e date le condizioni di cultura e di religiosità del popolo, una politica anticlericale, nell'un senso o nell'altro, avrebbe ostile il Senato, pressoché unanime, ed ostile la maggioranza della Camera, anche come essa è presentemente costituita. Dopo il grande sforzo fatto per abolire il potere temporale dei papi, 1'Italia moderna, sistemati in maniera abbastanza abile i suoi rapporti col pontificato e con la Chiesa, non aspira certamente a nuovi passi in avanti: molto più che, se nella sua precedente politica ebbe consenzienti molte coscienze religiose, questa volta le avrebbe tutte contro. Inoltre l'anticlericalismo di governo condurrebbe a una lotta immediata con la Santa Sede; il prestigio e l'influenza di questa nella vita internazionale, se vanno rapidamente diminuendo, sono forse ancora tali da poter creare seri imbarazzi all'Italia, qualora fosse fra i due lotta decisa e aperta. Si può dire dunque che, da questa parte, i cattolici che vanno in parlamento sfondano una porta aperta; c'è pericolo, anzi, che la loro presenza nuoccia piuttosto chegiovare, poiché quella che nei nostri governi fu sinora considerata come abilità politica e buon senso italiano, rischierebbe d'essere considerata come condiscendenza a un partito clericale, e può quindi provocare più forti e immediate reazioni anticlericali. Per questo, forse, il Vaticano ha mostrato di comprendere, prima e dopo l'abolizione del nonexpedit,cheun partito cattolico in parlamento potrebbe essere d'impaccio e non di vantaggio, e lo teme anche oggi, mentre non può oramai più impedire che esso si costituisca.

Pagina 96

Da un Papa all'altro

404581
Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1905
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 30-55.
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Né ci si dica che la protesta della Santa Sede contro le condizioni fatte ad essa da colui che detiene Roma, e la non avvenuta abolizione del non expedit conservino immutato, per essi, quel titolo storico; noi possiamo bene spiegarci, dato lo stato d'animo della Curia romana per rispetto ai problemi generali di cultura e di vita sociale, il fatto e il significato che hanno queste riserve, riserve di un passato che non può sparire d'un tratto, e su di un avvenire che non è possibile prevedere oggi nei suoi minimi particolari: ma è evidente oramai che esse riserve hanno cessato di essere il pernio e la norma d'una politica astensionista; e questo a noi importa di constatare. La Santa Sede non suo diritto «storico; » ma non è meno vero che essa ha visto con tacito ed operoso silenzio le forze dei cattolici volgersi a consolidare la posizione e la fora di coloro contro i quali quelle riserve sono mantenute; e ciò senza l'illusione, recente ancora fra cattolici laici e colti, Era poi una illusione? O una poco abile manovra? che ad una Italia e ad una monarchia forti fosse più facile venire ad accordi col papato, e definire amichevolmente la questione del possesso della città setticolle. Così la Santa Sede mantiene il non expedit: ma vedremo innanzi in qual modo e con quale scopo.

Pagina 41