Per quanto riguarda il rapporto tra arte e gusto e quindi tra critica impostata sul problema del gusto o meno, la faccenda non cessa di complicarsi man mano che ci si discosta da quelle regole istintive che permettevano, ancora alcuni anni fa, di fare una distinzione abbastanza netta tra buono e cattivo gusto, tra arte e Kitsch.
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La ragione di richiedere la massima intensità nei colori da porsi sulla tavolozza si spiega abbastanza riflettendo come dai colori intensi col sussidio del bianco possa discendere un’infinita gradazione di tinte più chiare, mentre da colori chiari sia impossibile risalire a più intensi quando non si avesse che il nero per modificarne il tono.
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Da un impiego di sostanze mai abbastanza conosciute e dall’essersi sempre le vernici per l’uso dei pittori fabbricate alla spicciola secondo criteri personali piuttosto che dietro un tipo riconosciuto preferibile, sulle vernici adoperate per molti secoli dalle scuole italiane ed estere non si ebbero che farragini di ricette l’una più diversa dall’altra.
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Seppure con sfumature diverse, queste sono le basi della cosiddetta «teoria istituzionale dell’arte», secondo la quale i valori sarebbero appunto determinati da una comunità che è abbastanza elastica per cambiare sovente idea -, la quale nel suo insieme forma un’istituzione.
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Si copra tutto il dipinto con un foglio di carta sostenuta, nel quale si avrà intagliato un foro grande abbastanza da lasciar vedere tutta la macchia inopportuna. Poi, colla spugna bagnata d’acqua calda, si strofinerà, senza paura, la parte esposta, fin tanto che, col colore, si leverà anche la macchia.
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Qualora la prima tinta di ocra gialla non vi risultasse abbastanza luminosa, aggiungetevi del cadmio; mentre la porzione rossastra dell’aria, può essere rinforzata con una velatura di garanza rosa; e se volete dare al rosso ancora maggior profondità di tono, velatelo allora colla garanza porpora.
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Gli alberi d’esecuzione larga, si dipingono così: Colla tinta locale abbastanza liquida, coprite tutto l’albero; lasciando però fuori i numerosi lumi fra le frondi — in ispecie quelli esterni — e, a preferenza, un po’ più grandi del bisogno, potendoli in seguito rimpiccolire facilmente con dei toni brillantissimi, d’effetto molto naturale.
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Per alberi e arbusti decisi d’intonazione cupa nel primo piano, è vantaggioso seguire il metodo seguente: disegnate i contorni a tratti abbastanza decisi; poi, con una tinta neutra, disponete le ombre più profonde. Passate sul tutto la tinta locale, sulla quale metterete le mezzetinte; per poi cercare le finezze nel modo sopradetto.
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Ma è da guardarsi di non peccare nel contrario, perchè se la pennellessa è troppo scarsa di vernice, essa non ne lascia abbastanza; le setole si aprono e lasciano degli spazi ove la vernice non ha preso.
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E per convincersi meglio di ciò 16, giunge perfettamente opportuno l'esame dell'opera acutamente avvicinata dal Voss alla Coronazione di spine * di Vienna, l'Andata al Calvario** (n. 476) dello stesso Museo; soltanto, per non conoscere alcuna produzione intermedia dell'artista, non abbastanza distanziata da quella, anzi tanto avvicinata da supporla dubbiosamente un pendant.
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Figuriamoci se non ci fu abbastanza perché i soliti irreducibili ciuchi potessero satollarsi continuando a rivoltarsi per bocca quei quattro o cinque nomi, che noi non ripeteremo qui per far loro dispetto, di quei quattro o cinque artisti sommi nei quali, a detta loro, l'espressione artistica è perfetta perché riassuntiva ecc. di un'epoca intera.
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Abbastanza note al pubblico sono le opere dell'ultimo periodo Veneziano del Lys, e cioè la Toilette di Venere ag1i Uffìzi, il San Girolamo ai Tolentini di Venezia e il Sacrificio di Abramo (Uffizi, Casa Giovanelli a Venezia, e collezione Roumiantzoff a Mosca).
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Ma siccome, d’altro canto, ci sono alcune figure abbastanza significative che non possono venir incluse nelle altre categorie, ritengo abbastanza lecito parlare di informale (o di tachisme), a proposito di artisti come Soulages, Schneider, Beynon, Riopelle, Ruth Franken, Hosiasson, Noël, Jenkins, Oscar Gauthier, Ossorio, degli italiani Vedova, Moreni, Chighine, Carena, Parisot, Bionda, Bendini, Corpora, Santomaso (e in certo senso dello stesso "naturalista" Morlotti), dei giapponesi Imai, Yoshigahara, Motonaga, Kanayama, dei tedeschi Bernard Schultze, Otto Goetz, Heinz Trokes, Peter Briining, Hans Platschek, K. H. Wiener, Rolf Cavael e, in parte, della massima pittrice portoghese Vieira da Silva, che, tuttavia, rimase sempre legata a precedenti memorie postcubiste.
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Fate soffriggere il pesto in una casseruola abbastanza grande per contenere la zuppa unendovi insieme una cipolla trita, poi mettete giù la trippa e fatela soffriggere sempre girandola con un mestolo per farla insaporire; aggiungete in ultimo una cucchiaiata di sugo di pomodori, ed infine bagnate con il brodo della trippa (mettendone quella quantità che occorre, perchè questa zuppa non dev'essere tanto liquida).
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Per maggior facilità è preferibile farne due; a tal uopo o preparate due piccoli sacchetti di velato o mussolo, oppure due pezze abbastanza grandi per avvolgere le due metà del composto.
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Porrete poi in una catinella abbastanza grande la farina e nel mezzo di questa la pasta cruda, aggiungete il sale, e sciogliete man mano con l'acqua tiepida impastando con la destra ed unendo bene la pasta alla farina.
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Ungete interamente di burro ed infarinate uno stampo liscio od in mancanza una casseruola abbastanza grande perchè il composto non superi tre quarti della sua altezza, mettete in esso la ricotta e fatelo cuocere in forno per 20 o 25 minuti ed anche 30, a seconda della forza del forno.
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Quando le uova sono abbastanza sode (ma non troppo veh!) fatele scivolare in un sol pezzo fino presso il bordo del davanti della padella ed allora — fuori del fuoco — spalmare nel mezzo una buona cucchiaiata di marmellata, piuttosto soda, di albicocche o di altro frutto.
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Mettete il latte in una casseruola abbastanza ampia in modo che il liquido non sorpassi la metà del recipiente; aggiungete mezzo cucchiaio scarso di sale e mentre attendete che alzi il bollore rimuovete il latte di quando in quando con un mestolo di legno in modo da impedirgli di attaccarsi al fondo.
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Farcite questi con un composto a plum kake (vedi Indice) spennellate il bordo con uova e chiudeteli a foggia di rizzole (la stessa forma dei tortellini di Bologna) e collocateli colla giuntura all'insù su placche, per cuocerli così naturali in forno abbastanza forte.
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Dunque spianate questa, sottilissima, e col taglia-paste rotondo scannellato tagliate tanti dischi abbastanza grandi.
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Se la crema non riescisse abbastanza densa, vi aggiungerete a poco a poco del semolino.
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Quando il brodo è abbastanza ristretto si prova, ossia se ne fa raffreddare un pochino e si mette sul ghiaccio; se non si rassoda bene vi si aggiunge qualche foglio di colla tenuta dieci minuti prima in acqua fresca.
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Finite con un po’ di pepe, ed in caso non fosse abbastanza salata la correggerete. Mettete al fuoco una padella con olio o strutto e quando è bollente fatevi cadere con un cucchiaio il composto già fatto, in modo da farne tante frittelle. Badate di non metterne tante alla volta.
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Intanto avrete preparato un tegame abbastanza ampio da contenerle, in esso porrete un pisto composto di aglio, alici, prezzemolo, mentuccia selvatica ed un pezzetto di peperoncino e qualche cucchiaiata d’olio fino. Fate rosolare un po’ il pisto e dopo aggiungetegli una discreta quantità di pomodori in pezzetti senza pellicole e senza semenze.
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Si fa una pasta di acqua e farina, abbastanza consistente per essere spianata col materello, ad uno spessore quasi di ostia, e dopo averne stesa la metà vi si collocano su tutte le foglie preparate, si dora e si ricopre tutto con l’altra metà, si tagliano le foglie con un coltellino e si friggono. Quest’ultimo modo è preferibile.
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E’ un’operazione abbastanza complicata, ma, se si trattasse di un giorno di festa, anche una semplice operaia, cui la buona sorte concede un certo largo, non deve rifuggire dal lavoro quando ciò serve al suo tornaconto e a soddisfazione della famiglia.
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. — Il cacao è una bevanda sana e anche abbastanza economica per bambini, vecchi e convalescenti. Calcolate per ogni chicchera di latte un cucchiaio giusto di zucchero e un cucchiaio scarso di cacao, sciogliete lo zucchero e il cacao con un po’ d’acqua in una tazzina, poi versateli nel latte bollente lasciandoveli cuocere un minuto prima di portare in tavola.
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Tuttavia, se entro l’estate non aveste un luogo abbastanza fresco per riporlo, vi mescolerete per ogni litro una presina di acido salicilico (si trova nelle drogherie).
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Non ti pentirai di avermi preso, perchè chi mi ha compilato è un Gastronomo dei più famosi, che ha cercato di unire il buono all'economia, cosa abbastanza difficile, che non riesce a tutti. Trassi i miei natali dai fornelli i più accreditati, e fui creato a poco a poco dopo aver molto esperimentato quanto t'insegno.
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Se la crema non fosse abbastanza densa, vi aggiungerete a poco a poco del semolino.
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Semai il forno non fosse caldo abbastanza lasciate aperta la bocca ed accendete una fascinetta alla destra del forno, così la fiamma farà prendere il colore alla superficie della pasta. — Questi biscottini, ammollandoli nel liquido non si spezzano facilmente.
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Se gli avanzi sono abbastanza larghi per consentirvelo, tagliateli a quadretti e sopra ciascuno mettete un mucchietto di ripieno d'avanzi a vostro gusto, arrotolateli, bagnateli nell' uovo sbattuto, involgeteli nel pangrattato, assicurateli con uno stecchino perchè non si aprano, e friggeteli, servendoli alternati con fritti analoghi.
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Se il pezzo rimasto è abbastanza grande per comportarlo, tagliatene tanti piccoli tondi della misura, circa, di quelli per tortellini, riscaldateli in un po' di brodo, disponeteli sul vassoio alternandoli o sovrapponendoli a crostini fritti e versateci sopra una salsa a vostro gusto, preferibilmente che contenga funghi.
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Friggete fino a color d'oro e servite caldo, spolverizzando con poco sale finissimo se non credeste il formaggio salato e saporito abbastanza.
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Ponete questo battuto in una salsiera con molto pepe e molto olio, aggiungendovi aceto o agro di limone se la salsa non riuscisse abbastanza acida; e servitela col pesce lesso.
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Manipolata la pasta, e dopo che l'avrete ridotta abbastanza dura, la gratterete leggermente, servendovi d'una grattugia; poscia la farete cuocere per 12 minuti in buon brodo ristretto.
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Prendete un quarto di cipolla, uno spicchio d'aglio, un po' di prezzemolo e un grosso pezzo di sedano tenero; tritate questi odori e metteteli al fuoco con abbastanza olio e molto pepe. Quando il soffritto sarà colorito, unitevi del cavolo nero già lessato, un poco di sugo di pomodoro o conserva, e 2 ramaioli della broda dei fagiuoli.
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Stendete sul fondo di una cazzaruola alcune fette di lardo sottili; accomodate sopra a queste il cappone, già pulito a dovere e fasciato con larghe fette di prosciutto grasso e magro; aggiungete 60 grammi di burro, un poco di sedano, una carota tagliata a pezzi, sale abbastanza, mezzo bicchier di vino di Malaga ed una tazza di brodo.
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A mezza cottura versateci 400 grammi di riso e abbastanza brodo per cuocerlo insieme colle quaglie, con le quali lo servirete cospargendolo di parmigiano.
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Se la crema non riescisse abbastanza densa, vi aggiungerete a poco a poco del semolino.
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Se non riuscisse acida abbastanza aggiungete aceto o agro di limone, e servitela col pesce lesso.
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Diluito questo composto con brodo buono, dopo una lunga bollitura, passate il liquido dal colabrodo e, se non fosse spesso abbastanza, aggiungetevi un leggero roux (2 cucchiai di farina mescolati con un pezzo di burro al fuoco, rosolati e diluiti con un po' di consommé). Servitequindi coi filetti. Se non vi piacessero i filetti potete fare dei gnocchetti (vedi pag. 78 N. 73).
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Se il composto non fosse molle abbastanza unitevi un po' di brodo.
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È fungo abbastanza buono che si prepara in umido e che dev'essere freschissimo altrimenti tramanda un odore ripulsivo.
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Forno abbastanza ardito. Lamiera, come sempre, unta e infarinata.
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Purché possiate disporre di una pignatta di eccellente brodo (cioè fatto bollendo un bel pezzo di carne) vi consiglio di preparare la minestra che porta il nome di mariconda, e alla quale non difettano i tre famosi pregi, d’essere squisita, abbastanza lesta a fare, e di spesa non affatto rilevante.
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Niente di straordinario, niente di eccezionale, nel piattino che oggi voglio insegnarvi; ma quando, seguendo il mio consiglio, lo avrete preparato, anche voi potrete vedere e constatare com’esso sia un piatto... dal bell’aspetto, dal profumo molto promettente, assai appetitoso, abbastanza nuovo, lesto a fare e, per di più, poco costoso!
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Poiché è probabile che almeno una, fra tutte voi, non conosca questa maniera di preparare un’anitra, così a quella ora l’insegno, giacchè il piatto è sapido, appetitoso, abbastanza lesto a fare e... ( ciò che più conta per noi massaie) poco costoso.
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Se, dunque, voleste dare un certo saporino allettatore ad una abbastanza costosa fetta di filetto; o ad una economica fetta di polpa; o ad un po’ di polpa passata per il trita-carne, (qualora, chi deve far la cura, non avesse i denti ben saldi) eccovene una delle varie maniere :
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