Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbandonato

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Votare con sincerità di spirito

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Egli ha abbandonato da tempo il posto di segretario del partito, non ha parlato in pubblico per tutta questa campagna elettorale, non ha nessuna ingerenza nella amministrazione dello Stato; perché tanto accanimento da parte di coloro che hanno tutti i poteri? Perché l’insulto e il dileggio che abbiamo visto disegnato in questi giorni sulle nostre vie? Il popolo sente istintivamente che l’avversione è più insistente e più acre, appunto perché si tratta di un prete. Anche per questo il Partito popolare in questa campagna non ha voluto confondere le sue sorti con quelle del partito dominante. Noi non neghiamo i provvedimenti buoni del governo, né abbiamo ragione di non ammettere che molti fascisti siano religiosi, ma sentiamo che nella vasta corrente si sono convogliati elementi, dei quali dobbiamo diffidare. Può darsi che, Dio non voglia, questi elementi cerchino di preparare la lotta anticlericale in Italia. Perciò il Partito popolare deve stare in riserva. Si dice che il Partito popolare intralci con ciò l'esperimento fascista e perciò ci s‘invita a spezzare il nostro bastone ed a seguire la corrente. Ma il governo ha già assicurata, in forza del meccanismo elettorale, un’enorme maggioranza, ha la milizia; perché questa corsa sfrenata al sistema totalitario, perché negare la funzione storica e sincera dei partiti? E se l’esperimento fascista non riuscisse? Se cioè esso portasse sì a buone o non cattive novelle di legge, ma non risolvesse coi metodi il compito principale che è quello della pacificazione e della concordia nel paese? Finora questa auspicata meta non è raggiunta e crediamo che colla forza non si raggiungerà. Certi metodi la trasferiscono sempre più lontana. E allora che cosa ci riserva l'avvenire? Non è bene che vi sia un partito d’ordine, il quale distingua nettamente le responsabilità e riaffermi la legge d’amore e la giustizia sociale del cristianesimo? Parlando a quattr‘occhi, i più dicono, crollando il capo, che le cose in tal modo non possono continuare. Per ragioni d’ingenuità, d’opportunità, di debolezza finiscono tuttavia coll’approvare ed incoraggiare proprio ciò che vorrebbero biasimare. È così che il voto diventa per costoro un atto d’ipocrisia ed una menzogna convenzionale. Bisogna invece reagire alla seduzione dei tempi. Bisogna non disertare la propria coscienza, bisogna votare con sincerità di spirito e libertà di mente. (Vivissimi applausi).

Il nuovo governo civile e le nostre autonomie

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Credaro avrà abbandonato il nostro paese, avrà guarito o la fama dell’uomo, se i suoi amici hanno torto, o l’uomo stesso, se i suoi avversari hanno ragione. Ma l’accusa che ci si fa di perdere di mira gli interessi generali del paese, per il nostro punto di vista particolare è affatto infondata.

Una conferenza dell'on. Degasperi a Merano. Il contraddittorio coi socialisti

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Ammettiamo che, essendosi abbandonato il criterio assoluto dell’autodecisione e del principio nazionale, l’Italia, seguendo l’esempio delle nostre nazioni, si è adattata ad una soluzione di compromesso, in cui è commisto anche il criterio della difesa strategica. Noi trentini, che abbiamo invocato alla Camera austriaca il principio dell’autodecisione, non lo smentiamo di fronte a nessuno, per quanto converrà pur ammettere che una sua rigida applicazione per ogni lembo di territorio, per ogni città, per ogni villaggio, senza tener conto d’altri punti di vista, potrebbe condurre in pratica all’assurdo. Ma dovevamo noi nel momento in cui si rivelava che tutte le nazioni nel consesso di Parigi ricorrevano in misura ben maggiore a questo criterio di difesa strategica, con l’animo ancora atterrito per il pericolo corso esigere - anche se fosse stato in nostro potere - che proprio l’Italia, la quale si atteneva ad esso in una misura ben più trascurabile, vi rinunziasse? Proprio l’Italia che per secoli fu teatro delle invasioni dei popoli nordici, in causa anche della debolezza dei propri confini? Dal nostro punto di vista, quando alcuni di noi furono richiesti del loro parere personale, era doveroso ci limitassimo a dire che la questione della frontiera settentrionale era questione che andava risolta dai rappresentanti gl’interessi di tutta la nazione e dal punto di vista di questo legittimo interesse generale, non con riguardo alle nostre esperienze locali, le quali ci hanno permesso tuttavia di aggiungere: in ogni caso meno tedeschi ch’è possibile. Siamo qui dunque sul terreno delle relatività umane e ci basti a dire che l’Italia è più vicina alla soluzione ideale di qualsiasi altro Stato europeo. Confrontino del resto i tedeschi il loro atteggiamento col nostro. L’oratore ricorda qui, per non andar più indietro, i postulati del congresso di Sterzing del maggio 1918. A questo congresso i rappresentanti dei partiti tirolesi domandarono ad unanimità l’annessione all’Austria dell’altipiano dei 7 e 13 comuni, della valle superiore dell’Adda e dell’Oglio, di gran parte della provincia di Venezia e di Udine. Essi proclamavano l’indissolubilità e l’unità del Tirolo da Kufstein fino alla chiusa di Verona, ed il reciso diniego di ogni autonomia «del terzo meridionale della provincia, il cosiddetto Tirolo meridionale»; incameramento delle sostanze dei fuorusciti; vescovo e seminario tedesco e «completa trasformazione della scuola nel Tirolo italiano introducendo il tedesco, come oggetto obbligatorio». L’oratore vuol ricordare questo non per consigliare rappresaglie, ma appunto per dimostrare che la stampa tedesca avrebbe oggi il dovere di essere più modesta. Quando i tedeschi hanno chiesto l’autonomia, la maggioranza dei trentini ha risposto che non intende opporsi a che i tedeschi sul terreno delle autonomie locali, che i trentini reclamano anche per sé, abbiano un’amministrazione separata. I trentini non hanno mai consigliato una politica repressiva e mentre durante la guerra i tirolesi inveirono contro i nostri deputati confinati - basti ricordare l’on. Conci tenuto lontano dalla Giunta e costretto ad abbandonare perfino il convegno d’Innsbruck ove si dovevano discutere provvedimenti contro la fame — questi stessi deputati non ebbero difficoltà ad intervenire in favore di un deputato dietale, tirolese. Questo il contegno nostro, conclude l’oratore, che ci dà diritto di deplorare il contegno di certa stampa. Certo che noi non potremo mai permettere che agl’italiani dell’Alto Adige venga ostacolato il loro libero sviluppo, in nome di una dottrina di Monroe che si vuole applicata a tutto il territorio sopra Salorno. Infine un’enorme differenza — rileva il dr. Degasperi — esiste ancora in favore dei tedeschi al confronto di quella ch’era la situazione nostra rispetto allo Stato. Noi eravamo in Austria sudditi, essi in Italia sono cittadini. Sopra noi regnava l’inquisizione del pensiero, ché non ci era lecito esprimere nemmeno la nostra simpatia verso la nostra nazione e ci si educava all’ipocrisia, esigendo da noi dichiarazioni di patriottismo. I tedeschi, invece, hanno potuto liberamente proclamarsi repubblicani, criticare nei loro giornali il trattato di S. Germain, proclamare le loro riserve e proteste di diritto statale. Ai tedeschi resta libero di usare di tutte le armi della libertà politica e della democrazia; e se quest’uso non è pieno in questo periodo di transizione, come non è nemmeno per i trentini, presto verrà il tempo in cui potranno eleggere i loro rappresentanti. Si mettano francamente e apertamente su questo terreno, lascino le diatribe infeconde e nel pieno esercizio delle libertà politiche impareranno ad apprezzare le garanzie civiche che offre lo Stato italiano e ad amare l’Italia, che non conoscono ancora. Questo in sunto quanto espose in forma piana e senza pretese nella prima parte della sua conferenza l’on. Degasperi.

Trattato di economia sociale: La produzione della ricchezza

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Toniolo, Giuseppe 1 occorrenze
  • 1909
  • Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, vol. III 1951
  • Economia
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La storia dirà che il problema della giusta mercede del lavoratore, cui sono comminate divine sanzioni nella bibbia e nel vangelo, e che preoccupava dottori e filosofi nell'evo medio, nel secolo dell'operaio per eccellenza e in tanto rifiorire di leggi rimase fino ad oggi pressoché abbandonato all'anarchia e alla prepotenza. — Da ultimo si prepararono alcuni elementi di soluzione. In taluni paesi e Stati il regolamento di fabbrica si estende alle condizioni per la cessazione del lavoro,cioè a comprendere i preavvisi da ambo le parti. Il Belgio (1887) e la Francia (1900) introdussero in ogni stabilimento i «conseils d'usine ou d'atelier», eletti dagli operai con facoltà consultiva presso il padrone nelle questioni inerenti al regolamento. Oggi nuove e vive discussioni fra dottrinari e legislatori intorno all'obbligo di adire commissioni di conciliazione (dei «prudhommes»; probiviri) o anche di arbitrato,all'occasione di conditti per il salario, commissioni in forma libera già adottate in Gran Bretagna e Francia. E molto si parla e scrive oggi sul contratto collettivo di salario e sui modi di comporlo e guarentirne l'osservanza. Ma mentre i fatti precipitano in proposito, ancora timide e lente procedono le leggi. — Le quali piuttosto si volsero ad imporre altre provvidenze di Stato, che riguardano la organizzazione, la tutela, e la elevazione delle classi operaie, p. e. le unioni professionali, gli infortuni, gli istituti di previdenza, («le relèvement de l'ouvrier»), giovando al futuro contratto di lavoro,che frattanto rimane poco più che un voto. Ma della legislazione sociale, la quale si riferisce a tutti i rami della produzione e che si svolge parallela al crescere della crisi sociale-civile, non si può formare adeguato giudizio che nei temi finali dell'economia.

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La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi

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Murri, Romolo 4 occorrenze
  • 1907
  • Murri, La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi, Roma, Società Nazionale di Cultura, 1907, 1-297.
  • Politica
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I cattolici, per la prima volta forse dacché il regime costituzionale fu stabilito in Italia, fecero sentire la loro voce, nella vita pubblica del paese, nettamente contraria al progetto, e questo fu, per allora, abbandonato. Tuttavia non conviene illudersi molto; l'introduzione del divorzio sembra essere quasi fatalmente sulla via di quella che chiamano laicizzazione dello Stato; precisa dal campo dei fini di civiltà e di cultura che esso persegue ogni considerazione e finalità religiosa, questo sente venirsi meno la forza di imporre ai coniugi, dei quali la legge civile riconosce l'unione maritale, l'onere di rimaner vincolati l'uno all'altro per tutta la vita; mentre quest'onere sembra, d'altra parte, nella costituzione presente della famiglia, divenire sempre più grave e più difficile a portarsi ad un grande numero di contraenti.

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L'uno è quello che dichiara morta la fede senza lo opere: ora la fede è appunto conoscenza; ed una conoscenza è morta quando essa rimane come una semplice concezione od affermazione astratta senza valore pratico nella vita, come uno strumento di attività spirituale messo da parte ed abbandonato. L'altro passo, di profondo significato, ci dice che noi dobbiamo fare la verità, per andare alla vita: non specularla, non apprenderla a memoria, non curarne i concatenamenti ideali, ma farla: e cioè cercarla nel bene, raccogliere su di essa lo sforzo di tutta quanta la nostra attività interiore, per tradurla in volizioni buone, e così sentirla via via crescere, divenire più intensa, rampollar misteriosamente dalle più profonde radici del nostro essere spirituale, avvalorate dalla grazia, e così vedere il suo raggio estendersi ed illuminare sempre più chiaramente le vie della nostra vita.

Pagina 40

Da principio furono povere comunità d'uomini che avevano abbandonato tutto e fuggivano nel deserto, più che l'odio dei persecutori, le seduzioni della vita pagana; poi furono monaci, legatisi a vita comune nel seno della società stessa, e pei quali il monastero fu scuola chiesa patria, e contenne in germe e svolse e propagò la cultura l'arte la civiltà di un mondo nuovo sorto dalle società barbariche. Più tardi, quando quel mondo cominciava a disciogliersi e la corruzione del clero e la sete di dominio e le passioni di parte selvagge e violente minacciavano la cultura e la civiltà latina, furono torme di umili fraticelli lanciate pel mondo a dare esempio di povertà e di rinunzia, predicare agli uomini la semplicità, le gioie pure della vita, le gioie divine della pace, del perdono, dell'amor fraterno. E poi ancora, in questa stessa società medioevale, con una fecondità meravigliosa, il cristianesimo e la Chiesa sono stimolo motivo segnacolo presidio ad ogni forma di associazione economica o politica o più largamente umana e sociale; la Chiesa, sinché non le sorga accanto la casa del popolo, ricopre della sua ombra e assemblee civili, municipio, tribunale, parlamento; e nelle campagne, quando la tirannide del signore feudale infuria e quando poi essa rallenta, attorno alla pieve e al convento la piccola comunità politica si costituisce e sorge il villaggio.

Pagina 72

Io ho pietà del marito che ha un salario insufficiente, perché percuoterà la sua donna, trascurerà i figli e passerà le sere all'osteria; ho pietà della fanciulla di genitori miseri, perché so che essa è quasi sicuramente votata al disonore ed all'infermità; ho pietà del bambino che cresce abbandonato sulla via, perché so che egli sarà un pessimo uomo; ed ho pietà del cencioso, dell'affamato, del derelitto, perché so che in tali stati alla miseria esterna si accompagna la depressione dello spirito e quindi l'abbrutimento. La pietà cristiana non può arrestarsi a lenire i mali fisici; per essere realmente pietà cristiana essa deve sempre mirare alla rigenerazione morale e spirituale del beneficato; l'elemosina gettata passando a un ignoto è solo scusabile quando altre e più adatte forme di beneficenza non appariscano possibili. Con ciò essa mostrerà anche di vedere nel beneficato un uguale, un essere che essa aiuta a riconquistare il suo posto nella società, e farà grato il dono che, altrimenti, provocherebbe dispetto ed odio.

Pagina 84

Il Mezzogiorno e la politica italiana

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Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1923
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 309-353.
  • Politica
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Agricoltura del latifondo abbandonato dal proprietario, agricoltura di rapina del gabellotto o del subaffittuario, agricoltura afflitta dal brigantaggio di campagna, dalla mafia, dall'abigeato, dalla malaria e dal disboscamento. Chi avrebbe affidato i capitali a un tale mezzogiorno senza istruzione e senza volontà, i cui mezzi finanziari non potevano rispondere al ritmo rigoglioso e orgoglioso della economia moderna? Intervenga lo stato e faccia quel che può; faccia strade, faccia scuole, faccia acquedotti, porti un po' di civiltà; e poi il mondo finanziario accorrerà in aiuto del mezzogiorno.

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La stampa quotidiana e la cultura generale

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Averri, Paolo 1 occorrenze
  • 1900
  • Averri, La stampa quotidiana e la cultura generale, Roma, Società Italiana Cattolica di Cultura, 1900, IV-70.
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E per questo il giornalismo richiama ogni giorno più l'attenzione dei sociologi e degli uomini pubblici: e mentre esso era abbandonato sinora liberamente all'esercizio di chiunque volesse improvvisarsi giornalista, oggi s'incomincia a riconoscere ed a predicare che questa importantissima funzione pubblica richiede attitudini e studi preparatori determinati: sicché, per esempio, proprio di questi giorni a Parigi si è decisa la fondazione di una facoltà universitaria speciale per i giornalisti.

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Il Parlamentarismo in Italia e la funzione del partito socialista

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Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1907
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 166-191.
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La politica corrente non è nel suo insieme, oggetto di scienza; il trattar di essa è quasi abbandonato ai giornalisti, dei quali appena uno su cento porta al suo mestiere una seria o solo non risibile preparazione: e, dai giornali, l'equivoco, l'incertezza, le confusioni dilagano anche spesso nelle menti degli studiosi.

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