Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Adunanza generale dell'Unione politica Popolare

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

La nuova legge elettorale chiama alle urne ogni cittadino austriaco che abbia compiuto 24 anni di età e dimori da almeno un anno nel comune in cui vota. Almeno ogni comune avrà la propria commissione elettorale, ove si voterà direttamente per il deputato parlamentare. Il Trentino venne diviso in nove collegi. Questa distrettuazione risale ai rappresentanti liberali che seppero indurre il governo a rompere la continuità territoriale, come era prevista dal barone Gautsch, per due collegi privilegiati, ove il partito liberale avesse l’esito assicurato, a danno dei cosiddetti collegi rurali. Noi abbiamo protestato contro l’incoerenza, l’ipocrisia politica dei liberali e la «commedia del suffragio universale» non si cancellerà così presto dalla memoria. Ma i liberali furono più potenti di noi e non ci resta che adattarci ai fatti compiuti, confidando in tempi in cui i progressi della democrazia e della sincerità politica daranno alla nostra protesta maggior efficacia pratica. La riforma elettorale porterà anche da noi queste conseguenze: aumentando il numero degli elettori e venendo stabilita l’eguaglianza del loro diritto, diminuisce l’influsso personale di pochi, l’autorità perde della sua forza, mentre ne guadagna la convinzione. Crescendo la cerchia della partecipazione e della responsabilità politica aumenta la forza d’attrazione di idee generali, mentre indebolisce il punto di vista locale. Così il programma viene a valere più che la personalità di un candidato e all’influsso individuale viene a sostituirsi la forza collettiva dell’organizzazione. Chi vuole dunque affrontare con fiducia la lotta deve avere un programma chiaro ed un’organizzazione forte. Riassumiamo brevemente come stiamo noi riguardo a quello e a questa. Il partito fu nel concetto di molti ed è altrove forse ancora sinonimo di fazione, discordia, pregiudizio. La vita politica moderna lo ha però reso necessario, le costituzioni più avanzate ne tengono già conto come di un ente giuridico-sociale nell’organismo dello Stato: il ministro della giustizia del Belgio appoggiando la nota legge del suffragio proporzionale che espressamente presuppone i partiti, respinse tutti i rimproveri dell’individualismo liberale sentenziando: «les partis sont nécessaires dans la vie politique et parlamentaire». L’oratore poi passa a parlare dell’organizzazione nostra: «L’organizzazione di partito è l’Unione popolare politica trentina. Venute su le associazioni di coltura, le società operaie, i circoli e le associazioni economiche, le quali sono fuori della politica, ma che ne possono informare i principii, si doveva pensare ad una organizzazione generale politica. Lasciate cadere tutte le altre denominazioni, abbiamo scelto quella di popolare, nome che fissa il carattere della società. Popolare perché vuol essere organizzazione di popolo e di politica democratica, popolare, perché pur volendo propugnare gli interessi di tutte le classi, non si lega più specialmente ad alcuna, ma chiama alla rappresentanza ed alla vita politica tutto il popolo Trentino nella sua fede cristiana, nell’italianità della sua famiglia, nella varietà delle sue energie economiche. Il partito popolare doveva essere una lega generale per l’educazione politica, doveva diffondersi in tutti i nostri comuni in modo che in ogni luogo elettorale si raccogliesse un nucleo di soci addestrati, i quali, anche in tempo di elezioni, divenissero l’organo vivo in contatto con la direzione centrale. Era nostro ideale di diffondere ed organizzare l’Unione in modo che i suoi soci potessero dappertutto essere contemporaneamente i fiduciari di parte nostra, sì che le decisioni e il lavoro per l’elezione si facessero entro le nostre mura senza bisogno di estranei soccorsi. Quest’ideale è ancora ben lontano! Grande è il campo e pochi sono i lavoratori, ma un passo importante l’abbiamo fatto: in ogni collegio vi è ormai un buon numero di soci. Durante la prossima campagna elettorale si presentano ottime occasioni per diffondere l’Unione e guadagnare soci al partito. Converrebbe che in ogni comune almeno i componenti il comitato elettorale s’inscrivessero nella nostra organizzazione politica». Il dr. Degasperi, passando poi alle proposte concrete, dopo brevi motivazioni mette alla discussione prima l’ordine del giorno programmatico e poi le proposte di tattica che, con le modificazioni derivate dalla discussione, riportiamo qui letteralmente. «Noi, membri del Partito Popolare Trentino, raccolti in Trento nell’adunanza generale dell’Unione politica popolare al 6 febbraio 1907, riaffermando in generale i postulati dell’Unione politica popolare trentina: Condanniamo il' tentativo, manifestatosi recentemente, d’inaugurare anche in Austria, sull’esempio della Francia una politica antireligiosa combattendo il cristianesimo nella famiglia, nella scuola, nelle pubbliche istituzioni; Facciamo voti che il futuro Parlamento, lasciando lotte perniciose ed infeconde, promuova la riforma sociale cristiana con una legislazione moderna, a favore dei lavoratori, del ceto medio ed ad elevamento delle classi agricole; Chiediamo che la legislazione venga modificata secondo i bisogni dei nostri tempi, riformando in senso popolare la legge sulle riunioni e quella sulla stampa, riducendo la ferma militare a due anni, allargando il diritto di voto alle classi popolari anche per le Diete e per i Comuni; Noi vogliamo l’integrità nazionale del Trentino, vogliamo conservato non solo il patrimonio linguistico ma rafforzato anche lo spirito nazionale del popolo, creando in lui una coscienza nazionale positiva, ed aumentandone i beni nazionali; Noi chiediamo per il' nostro paese autonomia amministrativa, il risanamento delle finanze comunali con contributi dello Stato e della Provincia, lo sviluppo della viabilità trascurata e della rete ferroviaria, il promuovimento dell’agricoltura e dell’industria, la regolarizzazione dell’emigrazione e la tutela dell’emigrante. All’attuazione di questi postulati e del nostro programma integrale, ci auguriamo vengano eletti uomini indipendenti, attivi, buoni cristiani, bravi italiani, sinceri democratici. Proposte di tattica 1) La Direzione dell’Unione politica popolare trentina agisce in base allo statuto come comitato elettorale generale per tutto il Trentino. 2) Almeno in ogni luogo elettorale è da costituirsi un comitato locale, il quale deve annunziare entro il 15 marzo 1907 la sua costituzione alla direzione dell’Unione politica popolare. 3) Per stabilire le candidature del partito popolare trentino la Direzione dell’Unione politica popolare deve accordarsi coi fiduciari del collegio; la proclamazione definitiva è riservata alla Direzione dell’Unione politica popolare trentina 4) Preferibilmente il candidato sarà persona pertinente al collegio dove viene proposto. Criterio decisivo però dev’essere che egli sia uomo che per i suoi principii e per le sue attitudini dia seria garanzia di propugnare fedelmente ed energicamente il programma del partito e di promuovere gli interessi del suo collegio. 5) Il candidato dovrà presentarsi personalmente nel suo collegio per esporre il suo programma e in caso della sua elezione, gli è raccomandato fin d’ora di mantenere frequente contatto con gli elettori. 6) In eventuali ballottaggi decide circa la posizione del partito la Direzione dell’Unione politica popolare. 7) L’assemblea decide che il Partito Popolare proclami candidati in tutti i sette collegi delle vallate. Per i collegi di Trento e della città e borgate meridionali si rimette la decisione alla Direzione dell’Unione politica popolare trentina, la quale è incaricata di sentire sul da farsi il parere dei fiduciari. 8) Le spese elettorali per conferenze, eventuali stampati, viaggi sono a carico della Direzione dell’Unione politica popolare trentina, eventuali piccole spese che fa i comitato locale per scopi puramente locali sono a carico del comitato locale».

L'evoluzione della cultura e la stampa quotidiana

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Dico, accenno soltanto perché non voglio ripetermi, che un anno fa avevo l’onore di parlare diffusamente e con molta ampiezza della stampa e dei suoi compiti alla quale conferenza giacché io mi sento anzitutto propagandista mi rimetto oggi per tutto quello che non abbia oggi valore di effetto immediato.

La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi

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Murri, Romolo 24 occorrenze
  • 1907
  • Murri, La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi, Roma, Società Nazionale di Cultura, 1907, 1-297.
  • Politica
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Noi cattolici riconosciamo che, sostanzialmente, la fede è pur sempre la stessa che ai primi giorni, per quanti progressi il nostro pensiero abbia fatto in essa; ma ciò non può in nessun modo condurci a negare la storia di questi dommi o di queste dottrine, la quale oggi, per opera di cattolici e di protestanti, si è arricchita di una luce vivissima, ed a trascurare gli insegnamenti che possono venirci dall'esame della vita seguita da questo svolgimento del pensiero cattolico e dalle leggi che lo hanno regolato e diretto.

Pagina 102

La filosofia vera e più seria, non esclusa la nostra filosofia teologica, si dibatte oggi in una crisi profonda, e non molti son quelli che le riconoscono il dritto di indagare realtà spirituali e di occuparsene; sicché metafisica e fede sono oggi, piuttosto che avverse, solidali in una medesima crisi; ed è infatti singolarmente notevole che l'ultima più recente moda in filosofia, il prammatismo, abbia ridotto questa scienza a non esser quasi più altro che una filosofia delle credenze e della fede. Noi non pensiamo certo di aver rimosso, con queste brevi osservazioni, le difficoltà filosofiche più gravi contro la fede religiosa. Sappiamo che l'idealismo critico contemporaneo, una larghissima e vigorosa corrente filosofica che ha, diremmo quasi, raccolto ed incanalato tutte le acque vive della critica della conoscenza compiuta nei tre ultimi secoli, sostiene non esser la fede se non una conoscenza imperfetta e provvisoria, per miti e per leggende.Ma non essendo nostra intenzione entrar qui in dispute filosofiche, ci pare che la conclusione dell'impossibilità della filosofia a risolvere i problemi dei quali si occupa la fede 1. risulti da quel che siamo venuti dicendo, per chi dall'una parte conceda all'idealismo critico che la filosofia è la sintesi e la sistemazione dell'esperienza positiva e, dall'altra, ammetta la profonda distanza che separa la vita dello spirito dalla realtà fenomenica; 2. possa essere argomentata anche dalla enorme importanza che il prammatismo, nelle sue varie forme, è venuto acquistando negli ultimi tempi e della quantità enorme di difficoltà e di oscurità della vita di coscienza e dell'attività storica umana sulle quali esso va facendo la luce; una luce che si sarebbe invano sperata dall'indirizzo monistico e positivista.E possiamo anche aggiungere che le più importanti conclusioni morali che noi ci preoccupiamo di trarre qui dalle credenze cristiane non hanno in sé nulla che l'idealismo critico non possa o non debba accettare od almeno trovare altamente umane e meravigliosamente feconde di bene. Anche se la fede fosse solo — e non è — una virtù od energia spirituale atta a tradurre nella pratica della vita le più elevate conclusioni morali della speculazione filosofica, essa meriterebbe tutto il rispetto di idealisti sereni e positivi. E dobbiamo aggiungere che questo rispetto essa va oggi rapidamente conquistando.

Pagina 107

E pure la fede è questa: devozioni ardenti come il fervore del martire, pazienza vigile e lunga come quella dell'anacoreta, purezza di fanciulle che pur l'ombra del male non abbia sfiorato, entusiasmo di apostoli che affrontano come Paolo tutti i dolori e tutti i pericoli, santità di vite consumatesi silenziosamente nel compimento del dovere e nel sacrificio di sé: il cielo nell'anima dell'uomo, o, meglio, la conquista lenta faticosa gelosa del cielo e di Dio.

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E col dovere di agire, come norma nella scelta, si affaccia alla coscienza un criterio morale, che ci porta a distinguere il bene dal male, ciò che moralmente conviene da ciò che moralmente ripugna; criterio inevitabile in ogni uomo che abbia salito anche solo di pochi gradini il piano nel quale si svolge la vita puramente animale. Voi potete ribellarvi ad alcune esigenze morali che vi paiono ingiustificate o eccessive, potete scegliere fra varie morali, dichiararvi anche un amoralista:ma, solo che ci riflettiate, potrete certo indicarmi numerose categorie di atti che non vorreste compiere, o non sapreste compiere senza disapprovare voi stesso, senza sentirvi umiliato e spiritualmente più povero di quel che foste prima; e nella vostra vita passata vi sono assai probabilmente degli atti sui quali il pensiero torna con un senso di restringimento del flusso della vita e di rammarico, degli altri ai quali pensate volentieri, sentendo quasi rifluirne il ricordo nel moto più intenso della vita.

Pagina 125

Come il male abbia nell'anima nostra questo carattere di cosa estranea, di altrui, di servitù, mentre il bene è cosa nostra, è il dominio e il possesso di quest'anima medesima, voi potete già intenderlo, dopo quel che io vi ho detto. Io vi ho detto già che la personalità apparisce in noi insieme con la coscienza morale; insieme, cioè, con la consapevolezza d'un nostro proprio essere, distinto dalle cose e dal mondo esterno, autonomo nell'azione sua, capace di scelta, padrone dei suoi atti e quindi anche dei suoi fini e del suo essere, diremo così, definitivo. Ma questa autonomia dello spirito il cui senso dà alla nostra psiche il sigillo della personalità, o d'una certa maniera di avere il proprio essere che dice distinzione da tutti gli altri esseri, va intesa con prudenza: poiché fu moda lungamente esagerarne il significato e la portata. Questo essere spirituale che è nostro, e carattere della cui azione è la conoscenza del fine e, fra i varii fini, la scelta, non ci apparisce come sciolto da ogni solidarietà con l'universo e con l'essere universale: il rapporto rimane, ma di necessario e determinato si converte in rapporto di fini e di volontà, cioè in rapporto etico. Quindi possedere il nostro essere, l'anima nostra, vuol dire porre l'azione volontaria e libera che affermi e cerchi consapevolmente, insieme con il proprio essere, i fini e i rapporti nei quali deve svolgersi ed arricchirsi e trovare la sua definitiva posizione.

Pagina 136

Né importa ora ricercare se la religione sia rappresentazione intellettuale o sentimento o volere: noi avremo largo campo di vedere come queste varie cose v'entrino e vi influiscano: al presente ci basta sapere che essa è un atteggiamento dell'anima, di tutta 1'anima, dinanzi al divino, alla vita, al reale: o che, se ogni anima emerge più o meno dall'illusione dell'esteriorità che la circonda e del fenomeno che fugge, ed è quindi più o meno religiosa, non ve ne è forse alcuna, che abbia il normale possesso di sé stessa, cui questa valutazione religiosa dell'essere e dell'universo, e questa direzione della propria vita interiore non sia apparsa, in un qualche momento, come la più piena e luminosa spiegazione del mistero dell'universo e come la più intima e sicura ragione di vivere."È pensiero di molti, oggi, che la religiosità sia come una speciale attitudine sentimentale della psiche, la quale si ha o non si ha, e che quindi ci sieno degli uomini religiosi e degli uomini non religiosi, come ci sono uomini che hanno l'orecchio musicale ed uomini stonati. Certo, come tutta la nostra vita morale, così anche la vita religiosa è in stretta relazione con le condizioni psico-fisiche di ciascuno di noi, ed i pensieri, i sentimenti e gli atti religiosi non sono che un aspetto e un momento dell'indivisibile processo interiore che è la nostra vita spirituale" ma la religiosità non apparisce in nessun modo come una speciale facoltà dello spirito, né teoretica né pratica, si come un complesso di idee ispirateci dalla visione della vita e delle cose, e di aspirazioni morali corrispondenti.VII. Ed ora una prima conclusione pratica di qualche importanza; ed è questa: che dall'essere il cattolicismo una particolare religione, anzi la più perfetta e, diremmo quasi, 1'assoluto delle religioni, non segue che essa non debba essere per noi una religione: anzi segue piuttosto che questa maggiore perfezione di dottrine, di gerarchia, di riti, le quali cose sono pur sempre mezzi esterni, rivolti ad alimentare la vita interiore, deve tanto maggiormente spronarci a cercare in esso ciò che è la sostanza e il nocciuolo della religione, e d'ogni religione la quale possa aspirare a questo nome; così che non avvenga di noi come avviene di molti i quali, essendo cattolici, non potrebbero tuttavia esser detti animi veramente ed intimamente religiosi.

Pagina 14

E la figura storica di Gesù è stata ed è oggetto di studii infiniti: e tutta una società che, se non fosse opera divina, sarebbe senza dubbio la più meravigliosa creazione dello spirito sociale dell'uomo, dichiara di non avere altro scopo che quello di essere intermediaria fra Cristo e l'umanità tutta quanta; e nessuno è il quale, se abbia considerato da vicino il Cristo, non dichiari che a lui è necessario assegnare un posto speciale nella storia dell'umanità, troppo lontani da lui sembrando anche quelli la cui anima grande parve avere una più larga impronta del divino.

Pagina 153

Come io vi dissi già che la morale cristiana non è una eteronomia, la quale abbia bisogno quasi di giustificarsi dinanzi alla coscienza, così il piano provvidenziale, che si incentra e compendia in Cristo, non è nella storia una eteronomia. Alcuni vollero faticosamente ricostruire lo svolgersi parallelo delle due città e tracciare il piano della storia universale, muovendo dal Cristo e collocandosi quasi nel punto di vista di Dio; tentativi geniali, ma difettosi, perché la storia non potrà essere abbracciata d'uno sguardo, nel suo interno processo e nell'ampia lentezza del suo svolgimento, che alla fine, quando i decennii di migliaia di anni che precedettero l'avvento di Gesù non saranno che un lontano preambolo della storia umana, e la parola evangelica, profondatasi lentamente nella coscienza umana, l'avrà tutta penetrata e riplasmata. I nostri schemi difettosi non riflettono che in piccola parte la realtà della storia e la vita delle anime, e poco vi discerne chi vuole curiosamente ficcar lo viso a fondo.

Pagina 160

Noi abbiamo veduto già a lungo che cosa è il cristianesimo nella vita delle anime; soppresso il Gesù storico e il Gesù vivente, tutta questa esperienza di anime e di società rimane, ed a noi resta ancora il dovere di spiegarla: questa fede in Gesù, converrà pure che essa abbia le sue radici in una realtà profonda misteriosa infinita, poiché da quelle radici viene tanta vita e tanta forza di azione e di ideali alle anime; dire che quelle radici, così ricche di possenti succhi, alimentanti frutti così meravigliosi, si profondino nel vuoto dell'ombra e del sogno, è dire la cosa più vana e più irrazionale che sia stata mai detta. Nei fatti dello spirito e della vita religiosa molti, anche di quelli che hanno superato il materialismo volgare, amano ancora non vedere altro che una serie di manifestazioni, irreducibili bensì alla materia, ma non aventi alcun contenuto, alcuna realtà profonda corrispondente. Lo spirito non è per essi una res ma una attualità, una sintesi, un attimo. Molto meno, quindi, è per essi realtà ciò di che queste anime vivono, ciò che dà ad esse l'energia viva che si spiega nell'azione. Il cristianesimo non lo si può intendere, invece, se non come affermazione delle realtà spirituali che sono le coscienze umane, da noi conosciute solo nelle manifestazioni fenomeniche, e di realtà ancora più profonde con le quali queste coscienze sono in contatto. Gesù vivente e presente nelle anime è appunto questo contatto con la realtà spirituale ed eterna, nella quale è rientrato per la morte, ma dalla quale emerge quasi, tramite vivo fra essa e le anime nelle quali vive; Egli è questa forza di abnegazione di amore di sacrificio che le anime ne attingono e della quale vivono: veracemente Gesù è la vite e noi siamo i tralci ed i grappoli; la vite è invisibile, ma senza di essa i tralci ed i grappoli divengono meno che nulla, ombre del sogno; e chi sente e palpa questi frutti deve ammettere il tronco nodoso che porta le radici nel terreno pingue, nel terreno della realtà infinita e perenne.

Pagina 165

Alcuni, preoccupati del carattere escatologico della predicazione di Gesù e dell'aspettazione d'un ritorno imminente di lui che essa aveva, senza dubbio, alimentato nell'anima dei primi credenti, dubitano che Egli vivente abbia, con espressa parola, organizzato i suoi fedeli in forma di chiesa. Ma la questione, pel compito {{180}}nostro presente, diviene quasi superflua, quando questi medesimi ammettono e sostengono che la società religiosa nacque come fatto spontaneo agli inizii stessi della verificazione storica della buona novella e che questa, creandosi negli animi le condizioni del suo sviluppo storico, li organizzò sin dal principio così vigorosamente in società di credenti. Altrove abbiamo anche esaminato un'altra prova della necessità di vivere collettivamente una dottrina ed una morale religiosa le quali siano credute provenire veramente dalla divinità, dall'assoluto. Tutte le manifestazioni esteriori e le documentazioni storiche di questa dottrina e di questa morale sono, nella loro fenomenologia, la quale fa parte in varia maniera di tutto il più vasto processo storico, soggette a critica ed a revisione; ma d'altra parte questa critica non può essere abbandonata ai singoli e deve avere un controllo, essere criticata a sua volta da un principio autorevole. Ora questo non può essere altro, nella realtà, che una comunione di credenti, alla quale i credenti singoli rimettano con deferenza il deliberare sulla fede comune; in altre parole, una Chiesa. V., in Cattolicismo e il pensiero moderno, il capitolo il cattolicismo e la critica.

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Che una società, fondata sul libero consentimento dei soci, abbia un rito speciale per l'iscrizione dei suoi è semplice ed ovvio; ma che questa società prenda come suoi dei bambini appena nati, e che essa si faccia promettere da altri, per essi, fedeltà ed obbedienza, e che su questi inconsapevoli soci eserciti poi la sua autorità, pare oggi a molti irrispettoso per la libertà della coscienza umana e quasi tirannico; ed alcuni genitori cominciano a non volere che i loro bambini siano battezzati, ed anche ad impegnarsi a questo con un vincolo sociale, col pretesto che questi medesimi, divenuti uomini, sceglieranno il loro Dio e la loro fede.

Pagina 188

E “l'irreligione dell'avvenire” è una fede la quale ha oggi molti credenti, benché essa non abbia ancora degli altari e dei riti. I poeti e gli scienziati poeti hanno già del resto consacrato per loro conto degli altari alla Vita e alla onnipossente Natura e fiori alla Morte, che è circolo perenne di vita, ed adombrati i riti futuri.

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Ma solo quando questo amore, lungi dal levarsi contro il dritto altrui e dall'essere quindi ingiustizia, è imposto come un dovere; solo quando esso non è passione violenta e capricciosa di un'ora, ma è posto a base d'un rapporto che impegna tutta la vita, e l'unione sessuale è fatta, dalla convivenza e dalla paternità, unione di animi e di uffici, solo allora il rispetto umano e il consenso divino lo circondano e lo proteggono: ed esso diviene fonte dei più forti e soavi affetti che abbia la vita umana, e della società prima e più santa di questa: la famiglia.

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Pagina 248

Voi sapete quale significato ed effetto abbia avuto questa fede nella comunione dei santi nella esperienza religiosa delle anime cristiane. Dio, padre comune, da cui solo ci viene ogni energia di vita soprannaturale, Dio, presente in ciascuno di noi, più intimo alla coscienza di ciascuno di noi di quel che sia il nostro essere stesso, è come l'atmosfera e la luce comune, perdonate alla povera imagine, di questo mondo di realtà spirituali; Gesù Cristo, il primo di molti fratelli, rivelazione lucida del divino in coscienza d'uomo, Verbo di Dio fatto carne, è insieme, secondo le parole di S. Paolo, splendore e figura della sostanza divina e veste e vita delle anime santificate; i più vicini a Dio ed al Cristo derivano da essi energie spirituali per i fratelli più deboli, esercitati ancora nella prova; il volere buono ed intenso degli uni, rivolto a Dio, si comunica per vie misteriose ad altre anime, suscita altri voleri buoni; esseri a noi già cari in questa vita, o da noi invocati con più affetto, ci sono presenti, ci parlano misteriosamente, ci penetrano l'anima di una luce blanda, d'un calore soave di bene. Noi stessi possiamo disporre delle nostre forze spirituali che a noi derivano da Dio, e comunicarle ad altri per via di misteriosi contatti: a coloro della salute dei quali ci preoccupiamo, alle anime che, di là, attendono di essere introdotte nel possesso del bene, alla famiglia, alla città, alla patria nostra. È la comunione di preghiere, di suffragii, di riti, di favori spirituali; sono le anime presenti le une alle altre, operanti le une sulle altre di là dai confini dello spazio, anche quando esse vivono ancora negli organismi che appartengono allo spazio.

Pagina 274

Questa reazione della coscienza alle vicende in cui essa vede violate le sue idee ed aspirazioni etiche non fa in fondo che applicare parzialmente e difettosamente ai fatti della storia un criterio di valutazione etica che supera e rinnega il determinismo delle cause naturali ed il successo apparente della volontà di male fra gli uomini; perché abbia valore di ideale e di norma religiosa ed inizii e promuova la liberazione della coscienza dal male e dall'ingiustizia e l'iniziazione di essa alla vita di libertà e di bene, è necessario che la storia umana sia concepita, nei suoi particolari e nel suo insieme, come posta e dominata da una finalità superiore, che lascia svolgersi le cause seconde sapendo di condurle al raggiungimento di un termine che le trascende, che le associa, anche nolenti e ripugnanti, in un grande processo di redenzione ed elevazione spirituale dell'umanità. Questa redenzione che si avvia, questo sciogliersi delle anime dal giogo del peccato e raggregarsi insieme in una lotta contro la colpa, la violenza e l'ingiustizia, lotta che agli occhi del mondo finisce spesso con la sconfitta dei buoni, deve essere inteso dalle anime religiose come la preparazione di un altro ordine di cose, di una crisi risolutiva in cui il Bene trionferà definitivamente sul male.

Pagina 285

Quantunque il problema della sorte che attende il nostro essere spirituale dopo la morte, la quale è il momento in cui l'organismo nostro cessa di servire alle funzioni superiori della vita, occupi sempre grandemente gli animi, non può tuttavia negarsi che esso abbia oggi fra noi minore posto, nelle preoccupazioni umane, di quello che ha avuto innanzi per molti secoli. E tale fatto perdura, anche nell'attenuarsi di quel pregiudizio materialistico del quale abbiamo spesso parlato e che ottuse così fortemente il senso delle cose spirituali; mostrando con ciò di aver delle cause più profonde e più durature.

Pagina 289

Di quel che il loro spirito sia ed abbia, di questo limbo di anime rimaste fanciulle, noi sappiamo, per argomentazione, assai poco.

Pagina 294

Questo errore è specialmente facile nelle verità religiose; perché esse dall'una parte son più elevate e difficili a intendersi, e dall'altra hanno il più stretto rapporto che possa immaginarsi con tutta la nostra vita di volere: sicché può dirsi che non c'è quasi atto o pensiero, di quelli dei quali si alimenta la nostra vita morale, che non abbia le sue ripercussioni immediate ed importanti nelle nostre idee religiose, le quali si assommano tutte nel concetto che ci facciamo di Dio, dei suoi modi di agire e dei nostri rapporti con Lui.

Pagina 39

Per essa Dio, il quale è così il termine di tutto il nostro essere interiore in moto, è anche al principio di questo moto religioso medesimo; Egli, presente al nostro spirito, ed operando con la sua azione invisibile nel più profondo di questo, si associa alla nostra attività ed, ottenuto che abbia il consenso di questa, necessario appunto perché la nostra vita spirituale è tutta vita di volontà, va compiendo quel processo di coincidenza ed uniformità di volere nel quale abbiamo detto consistere il nostro amore con Dio.

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Ora io so che tutto ciò non è vero e vorrei mostrarvelo, presentandovi il cristianesimo nella sua vera luce: e mostrandovi nel fatto come ciò che voi disapprovate non in esso, ma nel costume di molti di coloro che lo professano, abbia il diritto od il dovere di disapprovarlo anche io nel nome stesso del Cristo: il quale è assai più vicino alla coscienza moderna di quello che da molti si creda.

Pagina 5

dice così, insieme, e le più orrende forme di violenza e i più ingenui idillii di non resistenza che il pensiero umano abbia mai fantasticato. Noi cattolici ammiriamo coloro i quali di questa rinuncia a tutto e non resistenza al male, della dedizione piena ed assoluta di sé agli altri, hanno fatto la legge della loro vita, e riconosciamo con la Chiesa che essi, quando abbiano fatto ciò per sola forza di amore, sono i più vicini al Cristo e al suo spirito e meritano il nostro culto. Ma la vita sociale è troppo ricca di multiformi elementi e complessa; l'essersi alcuni sottratti con un sacrificio eroico a talune delle norme che ne regolano lo svolgimento e l'attività non vuol dire né che queste norme abbiamo cessato di esistere, né che esse sieno divenute ingiuste, anche se sono ancora troppo lontane da una più alta giustizia. Il precetto dell'amore è rinnovazione che procede dall'interno, non rivoluzione: esso dichiarò, in S. Paolo, fratelli lo schiavo e il padrone, ma lasciò sussistere il rapporto giuridico che li legava: e molti altri rapporti simili esso lascia sussistere, almeno sinché lo spirito dall'interno non abbia spezzato le vecchie forme giuridiche, quando le nuove sono mature. Nelle società cristiane, levatrice del diritto nuovo non è la forza, ma la carità. Noi vedremo più innanzi come il precetto religioso dell'amore moderi e limiti queste società particolari, il cui oggetto sono beni esistenti in quantità finita e non capaci d'essere comunemente posseduti da molti: la Chiesa, di suoi, ha altri beni, e questi son tali che il possesso non li esaurisce ma li moltiplica, beni dei quali l'umanità ha bisogno assai più che non degli altri, e di cui manca tanto più quanto più giacciono inerti, senza che alcuno li cerchi. Il rispetto reciproco, la pietà provvida, la simpatia amorevole e buona, la cultura, l'educazione morale, la solidarietà tradotta nella pratica della vita sempre più largamente, tali sono i beni dell'amore fraterno: e di essi specialmente la società nostra manca ed abbisogna. Perché dir tanto male del cristianesimo, se ciò che esso ci impone come il supremo dei nostri doveri è appunto ciò che nella vita civile caratterizza l'opera e i progressi della civiltà, della cultura, della pace?

Pagina 53

Non c'è passione umana che non abbia sempre avuto e non abbia anche oggi le sue vittime umane. Il démone della voluttà non si sazia di ciò che gli offre di carni venali o perverse il suo mondo: esso raccoglie le sue vittime fra le minorenni, usa l'inganno e la frode, moltiplica il numero delle madri senza mariti e dei figli di nessuno, votati alla miseria ed all'ignominia; dovunque esso passa, la pace, la serenità, le virtù domestiche e sociali non fioriranno mai più. L'avarizia, favorita dalle lacune delle quali la rivoluzione francese sparse la compagine sociale, tenne schiavi ⸺ schiavi dell'orario eccessivo, delle sale malsane, dei salarii bassi, del regolamento intimano — un numero enorme d'uomini, considerati come semplici strumenti di lavoro, dei quali, per giunta, non si paga l'ammortizzamento. I rapporti fra le classi sono dominati anche essi dall'egoismo. Il proprietario di terre, vampiro talora enorme che succhia senza render nulla e consuma a Palermo o a Roma o a Parigi il lavoro di folle di agricoltori dell'infelice agro romano o del centro della Sicilia, assottiglia nei patti colonici il compenso degli agricoltori, che si rifanno, dove possono, sottraendo; le nostre padrone trattano la servitù come cose venali, la umiliano in mille modi, ne trascurano interamente la vita interiore.

Pagina 66

Voi potrete seguir cautamente lo svegliarsi di questi addormentati da lungo tempo, l'esplodere di queste forze per lungo abbandono selvaggie, e discutere sulle forme nelle quali esse debbono spiegarsi, sulla parte che convenga fare al popolo dei lavoratori nella vita pubblica, per l'interesse comune e pel loro stesso; ma il desiderio che il popolo rimanga nella sua abiezione antica, che esso non sappia e che serva, di qualunque pretesto si ammanti, è desiderio incivile e che chiunque abbia inteso le parole del Cristo deve condannare.

Pagina 77

La nostra politica

401091
Sturzo, Luigi 2 occorrenze
  • 1907
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974, pp. 315-321.
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La domanda non è ingenua; ed escludo che abbia una punta anche leggera di ironia: è una semplice costatazione di fatto.

Pagina 316

Quell'epoca sotto certi aspetti non ha nessun rapporto oggi con la nostra politica,più di quello che ne abbia per esempio la lotta dei curialisti contro i giurisdizionalisti del sec. XVIII.

Pagina 316

Sedici mesi di amministrazione

401687
Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1907
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974, pp. 306-314.
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Dirvi quanti dolori essa ci abbia procurato; come per 16 mesi non si abbia avuto un'ora tranquilla, come si abbia lavorato, è fare il panegirico di noi stessi, e lo sappiamo.

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Il Parlamentarismo in Italia e la funzione del partito socialista

402544
Murri, Romolo 3 occorrenze
  • 1907
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 166-191.
  • Politica
  • UNIOR
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Non è quindi meraviglia che un partito capace di commettere errori cosi gravi e che ha rivelato una tale assenza di intuito politico abbia in breve tempo perduto talmente importanza ed autorità.

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Il partito, così costituito, vincola il deputato; questi conosce gli uomini coli i quali gli è fatto dovere di intendersi ed agire di concerto nella vita pubblica; sa che la condanna del partito significherebbe la rovina del suo mandato, e che d'altra parte la fiducia di esso è, in gran parte, la fi ducia degli elettori, non ha bisogno di comprar questi con i grandi o piccoli servigi, non è in rapporti diretti e segreti col ministero, al quale possa di proprio arbitrio offrire o negare il suo voto, non si stacca dalla direttiva comune del partito se non quando abbia buone e certe ragioni da addurre, o quando si tratta di questioni di interesse secondario, in cui sia libero a ciascuno regolarsi come egli crede.

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Chi abbia presenti le osservazioni da noi svolte in questo breve studio dovrà convenire che quei giovani erano nel giusto.

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