Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Numero di risultati: 378 in 8 pagine

  • Pagina 2 di 8

La fatica

169128
Mosso, Angelo 1 occorrenze
  • 1892
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
  • Paraletteratura - Divulgazione
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I colombi viaggiatori pare che abbiano una certa avversione per le Alpi. In alcuni viaggi fatti da Torino verso il Belgio furono così notevoli le perdite dei colombi, che si crede siansi smarriti nelle gole delle Alpi, e che siano stati preda degli uccelli rapaci, o che, girando le Alpi fino presso il mare, per la valle del Rodano, possano essere ritornati nel Belgio. Abbiamo detto pare che essi abbiano avversione alle Alpi, perchè in realtà sul Cenisio e a Fenestrelle abbiamo delle stazioni militari di colombi viaggiatori, e dalle informazioni pubblicate dal capitano Malagoli non risulta che le perdite di essi, nei loro viaggi, siano maggiori di quelle che sogliono essere per i colombi del piano.

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Come devo comportarmi?

172520
Anna Vertua Gentile 4 occorrenze
  • 1901
  • Ulrico Hoepli
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Pagina 201

Lo schianto del distacdo di una persona amata, tutti, che abbiano raggiunto una certa età, l'hanno sofferto. E sanno che cosa sia assistere negli ultimi momenti una creatura che lascia la terra portandosi seco la parte più vitale di not stessi; sanno che ore di strazio sieno quelle che seguono la morte di chi ci lascia in un disperato senso di abbandono e di solitudine. Quando, con pietà e tenerezze di pianto, la cara salma è vestita dell'ultimo abbigliamento terreno e si è trasformata la camera in cappella ardente, ci invade un dolore violento e muto insieme con un'opprimente stanchezza morale e fisica. Si vorrebbe essere soli, al tu per tu con il proprio cuore; si vorrebbe essere soli a rendere l'ultimo tributo di dolore al taro perduto; si soffre crudamente, acerbamente e si desidera di persistere nel dolore, che è un omaggio al morto. Ogni sentimento, ogni pensiero che sia estraneo a lui che ci ha detto addio per sempre, ci pare una profanazione, quasi un insulto allo stato dell'animo nostro. Che cosa è il mondo per noi in quel momento? che cosa sono i doveri, le convenienze sociali ?... Ci pub essere ancora qualche cosa che ci preoccupi, che ci interessi Ed è con ripugnanza penosa che ci si adatta ai costumi e alle convenienze esteriori.

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Abbiano dunque il pregio della brevità; poche parole garbate e gentili, senza la solita sinfonia quasi sempre stonata, di voti e benedizioni e invocazioni di ricompense terrestri e celesti, e auguri di vita lunga come quella di Matusalemme. Le lettere d'augurio mancano quasi sempre di semplicità, e di naturalezza; sono tutto uno sfoggio di cornplimenti e soventi volte di insulsaggini. La signora di spirito le dovrebbe sopprimere, sostituendo ad esse un biglietto con due sole parole cortesi. Accompagnando un dono, conviene scrivere con la massima delicatezza, quasi chiedendo scusa dell'ardimento che si prende, e ringraziando del piacere e dell'onore che altri recano, ricevendo. Quando si scrive per ringraziare, si deve lasciare libero sfogo al sentimento che vuol esprimere riconoscenza e tenerezza per la gentile prova di affettuoso ricordo.

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I genitori che non sanno parlare italiano e pure ne capiscono e comprendono l'utilità per i figli, se possono, si prendano in casa delle bambinaie, toscane o romane che si voglia; e se non possono, abbiano lo spirito di adottare il loro dialetto, che il buon senso insegnerà loro a ingentilire e correggere. È sempre meglio non saper nulla d'una cosa,che saperla male. È sempre meglio insegnare a un fanciullo affatto ignorante, che non ad uno che abbia il cervello rimpinzato di cognizioni sbagliate e storte. E debito di patriotta quello di far onore alla propria lingua. E chi la strapazza la disonora.

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Il successo nella vita. Galateo moderno.

174795
Brelich dall'Asta, Mario 6 occorrenze
  • 1931
  • Palladis
  • Milano
  • Paraletteratura - Galatei
  • UNICT
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Entrando in un salotto, non si tiene in tasca una pipa o un bocchino che abbiano un forte odore. Come invitati si fuma soltanto se si è stati invitati a farlo. Se l'ospite non è fumatore, è meglio di tralasciare il fumare per il tempo della visita. Anche in una visita d'affari, si attende finchè si è invitati ad accendere una sigaretta. Se l'ospite vi offre da fumare, non fate complimenti, accettate o rifiutate cortesemente. Ma in nessun caso tirate fuori la vostra busta di sigarette: questo sarebbe una risposta molto scortese. Soltanto se per ragioni sanitarie fumate una qualità speciale, potete chiedere cortesemente il permesso di poter fumare le vostre proprie sigarette. Altrimenti l'ospite potrebbe sospettare che dubitiate della bontà della qualità ch'egli vi offre.

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» o altra, e contemporaneamente leva una carta dal suo mazzo, enunciandola ad alta voce, per evitare che i miopi abbiano a stancarsi, o che gli sbadati non sentano o che si debba prestare troppa attenzione alla cosa. Chi ha la carta enunciata, è la persona che... è la più bella od ha l'appuntamento ecc. a seconda della domanda posta. Da parte sua poi questa persona può porre una nuova domanda. L'organizzatore scopre un'altra carta del suo mazzo e la enuncia ad alta voce e chiaramente. Chi la possiede è colui che... e da parte sua può porre una nuova domanda, e così via finchè si arriva all'ultima carta distribuita. Questa ultima persona può essere il bersaglio di qualche domanda più feroce, oppure un « Chi offre?... » oppure obbligata a consegnare un pegno che verrà poi riscattato più tardi. Certo che in tutti questi giochi di domande e risposte i partecipanti devono essere affiatati e sopratutto è buona norma di non porre domande imbarazzanti o comunque che possano essere male interpretate.

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Non vi è forse altro gioco più di questo che con un po' di abilità e di spirito si possano raggiungere effetti strabilianti da meravigliare tutti gli astanti che non ne conoscono il segreto ed è appunto necessario che pochi lo abbiano a conoscere o meglio nessuno. L'organizzatore sceglie - apparentemente a caso - una persona con la quale però egli si era messo d'accordo prima e gli impone di fare da folletto, oppure egli fa un grande discorso sulla trasmissione del pensiero o sulle anime gemelle e poi sceglie la persona che - secondo lui gli sembra più adatta a comprendere la sua volontà senza esprimerla in parole. Anzi per dimostrare che non c'è trucco nè inganno prega due altri partecipanti a sorvegliare il « folletto » che deve appartarsi un momento finchè verrà chiamato per indicare la persona scelta dall'organizzatore. L'organizzatore terrà in discorso la compagnia, poi improvvisamente toccherà una delle persone chiamando il « folletto » ad indovinare chi sia stato toccato. Il folletto indovinerà con sicurezza diabolica sempre la persona ed i partecipanti si meraviglieranno, non senza voler affermare che l'organizzatore fa dei segni od indica altrimenti la persona designata. Le prove si susseguono con i più rigorosi controlli, anche bendando gli occhi all'organizzatore prima che entri il « folletto », ma non c'è trucco, non c'è inganno! affermerà con tutta dignità l'organizzatore. Ma il trucco c'è ed è molto semplice, poichè l'organizzatore tocca con la mano o comunque designa sempre l'ultima persona che ha parlato prima che egli chiami dentro il folletto. Con un po' d'abilità il gioco non viene facilmente scoperto ed è molto suggestivo.

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Simile al gioco precedente anche qui è necessario che l'organizzatore si accordi con la persona che deve indovinare, naturalmente prima di annunciare il gioco e senza che gli altri abbiano ad accorgersi. Si dispongono in fila alcune sedie, 4, 5 o 6, dando ad esse un numero progressivo. Mentre chi ha da indovinare si assenta, uno dei presenti, indifferente chi, si siede su una delle sedie. L'assente deve indovinare su quale sedia sia stata seduta la persona. Come? Semplicemente. L'organizzatore si è accordato sul modo di chiamare con chi deve indovinare. Ad esempio: Roberto, mio caro vieni avanti! (5 parole): Roberto, prima sedia; mio, seconda sedia e così via. Sicchè se l'organizzatore avrà chiamato ad esempio: Vieni avanti, Roberto mio! egli ha indicato così la quarta sedia e con precisione matematica l'indovino la indica dopo averla ben fiutata. Per preparare i partecipanti a lasciarsi meglio gabbare in questo gioco l'organizzatore prima di iniziarlo farà cadere il discorso sugli animali i cui sensi sono sviluppatissimi: la vista e l'udito del gatto, il senso d'orientamento degli uccelli viaggiatori e specialmente dei colombi, il fiuto del cane. Tali sensi sotto ancora sviluppati anche negli uomini in stato selvaggio o semi-selvaggio ad esempio gli indiani che, mettendo un orecchio a terra sentono a grandissime distanze il galoppare di un cavallo e da qui passerà a dire che noi siamo inferiori agli animali ed ai selvaggi e che perciò l'esperimento che sta per fare non può raggiungere il risultato del cane poliziotto che indica non solo la sedia che fu occupata ma anche la persona che la occupò. Ma certamente anche il solo indicare l'ultima sedia occupata dimostra che l'amico che funge da indovino ha il senso del fiuto molto sviluppato di fronte a tutti gli altri presenti.

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L'aiutante infilerà sulle braccia un paio di pantaloni, tenendo le mani infilate in un enorme paio di scarpe vecchie, avendo sempre cura che i pantaloni non abbiano a rimboccarsi e svelare così il mistero del... nano. Abbracciando il conferenziere ai fianchi, l'aiutante allungherà le sue braccia sul tavolo, ottenendo così l'impressione che il nano sia seduto sul tavolo. Meglio se il conferenziere infilerà una giacca grande od una mantellina in modo da coprire meglio i fianchi ed ottener così l'illusione più perfetta che le gambe sul tavolo siano le sue. Allo scopo di far sembrare la persona seduta proprio in mezzo al tavolo, si potrà mettere sul piano del tavolo sotto al tappeto due assicelle che si prolunghino lungo i fianchi del conferenziere in modo da rendere il tavolo più profondo. Il conferenziere potrà truccarsi con un cappellaccio, grandi occhiali, barba finta e qualche truccatura sulla faccia. Quando tutto è preparato in una stanza attigua, si chiuderà la porta e si disporrà il tavolo davanti alla porta in modo che il conferenziere che sta dietro alla tavola sia rivolto verso le persone della sala. Allora si potrà aprire la porta ed il nano si presenterà tenendo il più strampalato discorso possibile e gestendo con mani e piedi, sollevando la sicura ilarità degli astanti.

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La merce più a buon mercato non è sempre la migliore, per quanto i prezzi bassi abbiano molto grande importanza per il compratore. Chi vuol fare i suoi acquisti con calma e comodità, scelga preferentemente a tale scopo le prime ore del mattino o del pomeriggio. Entrando ed uscendo da un negozio si deve salutare; va fatta eccezione per i grandi magazzini, dove una singola persona scompare nella grande folla e non può venire avvertita dal personale. Il proprietario del negozio o il commesso cercherà certamente di precedere nel saluto il compratore, ma non si attende ch'essi salutino prima. In negozi più fini i signori si levano il cappello e lo devono fare specialmente se vi si trattengono per più tempo, o se parlano col proprietario o coll'amministratore. ln negozi più piccoli, in spacci di tabacco, o in botteghe di frutta o verdura, meglio tenere il cappello in capo, anche per non insudiciarlo. L'ombrello bagnato si pone da parte. Non è distinto fumare in un negozio: e vi si entra senza sigaretta o, entrati, si smette di fumare. Le seggiole che si trovano nel magazzino si può usarle senz'altro: non occorre aspettare che ci si offra il posto. Se tutti i commessi sono occupati, si attende pazientemente. Persone venute prima hanno in ogni caso il privilegio di

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Per essere felici

179436
Maria Rina Pierazzi 4 occorrenze
  • 1922
  • Linicio Cappelli - Editore
  • Rocca San Casciano - Torino
  • paraletteratura-galateo
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Dico "per debito di lealtà„ giacchè è purtroppo accaduto che certi padri, all'atto di firmare l'istrumento dotale, abbiano perduto per la strada qualche cifra... Non parlo poi di doti favolose, le quali, durante il fidanzamento si sono assottigliate in modo inverosimile mentre il matrimonio non si poteva rompere per non suscitare incidenti spiacevoli e chiacchiere senza fine. Lealtà, dunque, e franchezza. Le situazioni, qualunque esse sieno, è bene risolverle con energia e chiarezza; e per ottener questo è dovere che in una domanda matrimoniale si parli apertamente, per non dover poi incorrere in posizioni ambigue, difficili a sostenersi.

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Non si permetterà quindi che, all'infuori di casi speciali, essi rivolgano per i primi la parola, e designino altrimenti i componenti la famiglia, che con l'appellativo di "signore, signora, signorini„ a meno che questi abbiano un titolo nobiliare; in tal caso sarà con questo titolo che essi si rivolgeranno ai superiori. In talune provincie — specialmente nel ceto borghese — le persone di servizio usano ancora l'appellativo di "padrone„ e "padrona„. Ma quest'uso è ormai quasi intieramente scomparso e con tale uso è purtroppo scomparsa quella forma di rispetto che era la dote migliore dei servi del buon tempo che fu. Qualunque sia la condizione sociale e finanziaria della famiglia padronale, occorre che sia mantenuta sempre la necessaria distanza tra serviti e servitori senza venir meno per questo a quella benevolenza cordiale ed umana imposta alle persone civili verso coloro che il destino ha collocato in una condizione inferiore. Non si tollererà mai che anche l'unica servetta di casa porti in mano tutto ciò che deve essere presentato sopra un vassoio; corrispondenza, rinfreschi, lavori, etc. Il vassoio che in una ricca famiglia sarà d'argento, di rame, può, anche, trasformarsi in un vassoio di giunchi; ma il gesto rispettoso deve essere sempre quello, si tratti di un domestico in livrea o di una semplice donna in grembiule bianco. Tanto meno si ammetterà che la servitù intervenga nei discorsi dei padroni senza esserne richiesta; non v'è nulla di più spiacevole che le persone di servizio ragionino coi signori mentre li servono a tavola, e mettano bocca nei fatti loro. Una signora può fare eccezione per la propria cameriera allorquando costei la pettina e la veste; ma anche tali conversazioni non devono prendere un'intonazione di eccessività intimità, nè la padrona deve abbandonarsi a confidenze inopportune e imprudenti. Non si sbaglia mai parlando poco specialmente coi dipendenti salariati, i quali non danno mai la sicurezza d'un'affezione disinteressata in modo assoluto.

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Ma se proprio per la loro felicità terrena e per la condiscenza materna sentono di non poter rinunciare a quei cinque minuti di fumo, abbiano almeno il buon senso di non esagerare nell'esibizione di questa loro piacevole consuetudine. E specialmente non si aggirino pei salotti ostentando una disinvoltura americana che è bene lasciare alle femministe dell'altro emisfero. E consiglio anche alle mamme di non permettere che i loro figliuoli, inferiori di età ai diciotto anni, prendano la mania del fumare. A volte s'incontrano per la strada certi mocciosetti in calzon corti con la loro brava sigaretta in bocca o magari con un sigaro più lungo di loro. E si danno un'importanza tale da far venir la cristianissima voglia di prenderti per un'orecchio e mandarli a riscuotere una buona razione di sculacciate familiari. Perchè, in generale, fumano di nascosto e il fumo eccessivo non è un precetto d'igiene per la salute dell'adolescenza. E non mi si venga a dire che chi comincia non ne può più fare a meno; le persone che asseriscono queste banalità devono avere una ben meschina padronanza di sè stessi se non sanno imporre ai propri nervi la propria volontà. L'organismo umano può piegarsi a ogni constrizione dell'individuo. Tranne il pane e l'aria e l'acqua nulla è indispensabile: si vive benone anche senza fumare e, specialmente, senza abusare del fumo. A coloro che asseriscono il contrario, adducendo il pretesto che una volta preso le abitudini non è più possibile lasciarle, rispondo con due parole: — Non prendetele. E forse è questo uno dei segreti della felicità: non aver abitudini... Chiudo la parentesi.

Pagina 240

Ma non pretenderà di trattenervi le amiche prima che queste abbiano salutato la mamma e le parenti più anziane. Se la signorina si trova nell'unica sala ove saranno raccolte le visitatrici della madre e le sue giovani conoscenze non tralascierà di muovere incontro a ogni nuova signora che entra, accompagnandola al posto più vicino alla padrona di casa, oppure facendoglielo cedere, con bel garbo, da qualche sua amica qualora questa l'occupasse in precedenza. Nello stesso modo accompagnerà le visitatrici che si accommiatano fino al limitare della sala e non mai per nessuna ragione in anticamera e molto meno sul pianerottolo, uso, purtroppo, che vige in molte famiglie le quali credono con tale eccesso di cortesia di mostrarsi educate alla perfezione. Invece non è che un brutto uso provinciale incompatibile con le esigenze della moderna educazione. Tocca al servitore o alla cameriera accompagnare le signore nel vestibolo e alla porta senza però permettersi alcun saluto e aspettando a chiudere l'uscio ch'esse abbiano sceso alcuni gradini. Ma se alla signorina spetta l'obbligo di accompagnare tanto nell'entrata che nell'escita le visitatrici, Ia padrona di casa, invece, si alza dal suo posto soltanto per accogliere o salutare una signora o un uomo purchè vecchio e d'autorità, mai una signorina... Anche per gli uomini non si può fare eccezioni che per gli illustri; la vecchiaia e l'ingegno hanno diritto a molti privilegi cui una donna, soprattutto se giovane, è tenuta a inchinarsi. Una volta, su questo punto, c'era molto meno etichetta. La principessa d'Eck mülh, per esempio, si alzava sempre quando il sindaco di Savigny entrava nel suo salotto; e la vezzosa marescialla si prendeva anche il disturbo di accompagnarlo perfino nel vestibolo. ll sindaco di Savigny, nonostante il suo grado, era uomo di ruvide e burbere maniere, e avrebbe giudicato molte male questa bella dama del primo Impero se l'avesse ricevuto senza alzarsi dal suo seggiolone e se l'avesse lasciato escir solo dal salotto. La marescialla Davont, principessa di Ekmülh pensava probabilmente che con il cerimoniale, come col cielo, c'è sempre mezzo di accomodarsi.

Pagina 50

Si fa non si fa. Le regole del galateo 2.0

180404
Barbara Ronchi della Rocca 2 occorrenze
  • 2013
  • Vallardi
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Invece vanno ponderati con attenzione gli oggetti «spiritosi», dal momento che non è detto che tutti abbiano il senso dell'umorismo, o ce l'abbiano uguale. Validissimi e (quasi) sempre graditi anche i regali «mangerecci»: ma per farli bene bisogna evitare ogni pigrizia e improvvisazione e superare il concetto (un po' volgare, ammettiamolo) che «più ce n'è, meglio è»: non si tratta di rifornire la dispensa per l'inverno, ma di suggerire l'assaggio di un cibo o bevanda di grandissima qualità, artigianale, integrale, insomma particolare. E se risponde a queste caratteristiche, anche una pagnotta potrà essere un regalo originale, gradito, apprezzato. Si pongono gradevolmente a metà strada tra semplicità e raffinatezza le specialità regionali, o addirittura locali, soprattutto se fanno parte di un percorso «pensato»: l'ottimo cioccolato fondente di un grande artigiano torinese, in abbinamento con l'altrettanto squisito barolo chinato... Agli amici trasferiti lontano regaliamo cibi che riportino alla mente i sapori di casa, o addirittura d'infanzia; se abitano all'estero, poi, la scelta è molto più facile: gradiranno senz'altro qualunque «ricordo d'Italia» da leggere, da mangiare, da bere.

Pagina 201

Per quanto riguarda i cani, anche piccolissimi e buonissimi, non solo il galateo, ma anche la legge impone: -che abbiano museruola e guinzaglio per strada, nei giardini pubblici, nelle piazzole autostradali e nei negozi; -che non abbaino di notte e nelle ore del riposo; -che non entrino nei supermercati e dovunque vi siano generi alimentari; -che non sporchino i marciapiedi (e pertanto saremo sempre provvisti di paletta e sacchetto per raccogliere i loro «ricordini»); -che entrino in casa d'altri (o sulla loro auto) solo se invitati espressamente, e nel caso forniti del loro «corredo»: cibo, ciotola per l'acqua e copertina per non riempire di peli i tappeti dell'ospite. Da parte nostra, non chiediamo il permesso di entrare con il cane nei luoghi in cui è proibito, per non porre al titolare il dilemma tra infrangere la legge e contrariare un cliente. Anche dove il regolamento comunale lo permette, liberiamo il cane dal guinzaglio solo se siamo certi che non spaventerà bambini e anziani, cercando di saltare loro addosso per giocare o per fare le feste: intenzioni senz'altro amichevoli, che però possono inquietare lo stesso. Non è mai facile comprendere chi non condivide le nostre passioni. E ci pare impossibile che ci siano persone che non amano gli animali, non ne sopportino la vicinanza, o ne abbiano paura, o semplicemente siano schizzinosi nei loro confronti. E perciò spesso cerchiamo di «convertirli», di forzarli a un'intimità che non gradiscono. Invece la prima regola di educazione verso i non-zoofili è di esimersi dal criticarli e dal lasciarsi andare a battute tipo «Chi non ama gli animali è senza cuore» e altre piacevolezze del genere (con il rischio che ci venga ricordato che Adolf Hitler era un cinofilo appassionato, e pure vegetariano). In caso di convivenza (anche temporanea) provvediamo a delineare delle zone della casa in cui i quattro zampe non possono entrare. Quando invitiamo qualcuno e non ne conosciamo i gusti (e le paure, e le allergie) chiudiamo gli animali di casa sul balcone, o in una stanza isolata, per tutto il tempo necessario. Anche se l'ospite si dichiara zoofilo, non permetteremo che il cane o il gatto siano aggressivi con lui, ma neppure che si dimostrino troppo espansivi, gli salgano in braccio (riempiendolo di peli), lo infastidiscano con leccate e zampate (date per amicizia, ma tant'è). È lecito e doveroso chiedere ai nostri ospiti di non elargirgli «bocconcini» dalla tavola comune e di non lasciarlo salire sul letto o sul divano se normalmente gli è proibito. In caso di incidente, anche minimo (il collant smagliato, il libro o la scarpa rosicchiati) vale la regola aurea «il padrone paga»: da rispettare anche tra amici strettissimi. E «il padrone pulisce» nel caso di disastri sulle scale e nelle parti comuni del condominio, che non sono di competenza del custode dello stabile.

Pagina 64

Il Galateo

180987
Brunella Gasperini 1 occorrenze
  • 1912
  • Baldini e Castoldi s.r.l.
  • Milano
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In genere comunque gli invitati dovrebbero capire, in base al buonsenso che si spera abbiano, quando è il momento di andarsene, e in che modo. Guai a chi dice frasi tipo «tolgo il disturbo», «non voglio tediarvi oltre», «la compagnia è bella, ma...». Guai! Dite semplicemente: «S'è fatto tardi, devo andare». I commiati non devono essere precipitosi, ma neanche devono essere tirati a lungo. Un tipo di nostra conoscenza mise in anticamera un quadro con la scritta Saluti brevi: non imitatelo (se è una battuta è fiacca, se è un ordine è scortese) ma ricordatevene.

Pagina 56

Il tesoro

182090
Vanna Piccini 1 occorrenze
  • 1951
  • Cavallotti editori
  • Milano
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Il viaggio del resto riesce piacevole e le Compagnie hanno cura che i passeggeri abbiano ogni comfort; in ogni apparecchio presta servizio una distinta signorina o signora che s'intrattiene con questo o con quel viaggiatore o viaggiatrice, dando indicazioni sul paesaggio, sul percorso, facendo un po' « gli onori di casa », per chi chiede cordiali o bibite o desidera soltanto conversare, disperdendo ogni preoccupazione sul tragitto. È vietato di fumare. La calma e la serenità subentrano alla tensione nervosa ben presto nell'aereo che divora senza scosse lo spazio, e se un respiro di sollievo si ha involontariamente allorchè il viaggio è felicemente compiuto, ognuno pensa tuttavia che davvero non c'era motivo di stare in apprensione.E lo dirà, al più prossimo percorso, al vicino, di temperamento impressionabile.

Pagina 667

Il codice della cortesia italiana

184478
Giuseppe Bortone 1 occorrenze
  • 1947
  • Società Editrice Internazionale
  • Torino
  • verismo
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C'è, frattanto, da augurarsi che tutte le nostre biblioteche abbiano un catalogo per materie. Attendere i volumi chiesti senza impazienze e rispettando il turno. Avuti i libri, tenerli con cura piú che se fossero propri; se si prendono a prestito, non trattenerli piú del necessario, né alterarne in qualsiasi modo le condizioni in cui si sono ricevuti.

Pagina 191

Il saper vivere

186940
Donna Letizia 2 occorrenze
  • 1960
  • Arnoldo Mondadori Editore
  • Milano
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Se si desidera che i rapporti d'amicizia con i colleghi abbiano un seguito anche fuori dall'ufficio, si tasti, prima, il terreno: potrebbe darsi che il rag. Bianchi, se pure così cortese, non desideri presentare la moglie né ricevere a casa. Corteggiare una collega è per lo meno imprudente: la quotidiana vicinanza prima o poi porta a uno svolta non sempre auspicata. E se il corteggiatore, messo con le spalle al muro, decide a un tratto di fare dietro-front, si troverà, poi, a dover quotidianamente fronteggiare la più imbarazzante delle situazioni. Un sorriso, una parola gentile saranno più utili, nei rapporti con il capo ufficio, il collega, le segretarie, il fattorino, di quanto possa esserlo il cipiglio autoritario di chi "sa quello che vuole" e "non dà confidenza ad alcuno", illudendosi così di essere più rispettato. Tuttavia anche la confidenza va controllata: la segretaria, l'impiegata in genere, non eccede in cameratismo; non racconta barzellette spinte, non fraternizza troppo con i colleghi, non diventa, man mano che passano le ore, più spettinata, sciatta e sgraziata. In America dove "tutte" le donne, giovani e vecchie, lavorano, una commessa in disordine, un'impiegata con le unghie sporche, una segretaria che non usi il deodorante di cui avrebbe bisogno, viene licenziata su due piedi. Di conseguenza in qualsiasi ufficio, o Ditta, il cliente è accolto da una atmosfera incoraggiante e gentile che da noi spesso è esclusiva dei negozi di abbigliamento o di articoli di lusso.

Pagina 173

Pare impossibile che queste cose abbiano a esser dette, eppure in nessun Paese quanto in questo nostro (che si vanta di esser depositario delle più antiche tradizioni di civiltà) abbondano i segni, piccoli e grandi, di un sistematico, gratuito vandalismo. Chi prende possesso di un appartamento non è tenuto a presentarsi ai vicini, e tanto meno ad aspettarsi che sian loro a presentarsi. I migliori "condomini" son quelli dove ogni inquilino ignora, normalmente, il proprio vicino. Ho scritto "normalmente" perché può darsi che la signora della porta accanto abbia il telefono guasto e venga a chiedere il permesso di usare quello nostro: sarà subito accontentata e si spera che abbia il buon gusto di esser breve e di non allungare il collo, mentre telefona, verso una porta semiaperta, né di sfogliare il libretto dei numeri telefonici, sul tavolino. Se accade che annaffiando il terrazzo si inondi l'inquilino del piano di sotto, non ci si ritira precipitosamente, ma ci si profonda, invece, in scuse mortificatissime che smonteranno subito il suo malumore. Una mancia mensile al portiere, anche modesta, è sempre consigliabile e, passando davanti alla guardiòla, non si dimenticherà un cortese saluto: i portieri sono delle Divinità potenti e vendicative di cui conviene garantirsi la benevolenza, anche se vi consegnano un telegramma con due giorni di ritardo e alle vostre obiezioni rispondono (come è accaduto a chi scrive): "Non vedo proprio perché se la prende tanto... Dopo tutto era solo un telegramma di auguri!"

Pagina 205

La gente per bene

191815
Marchesa Colombi 1 occorrenze
  • 2007
  • Interlinea
  • Novara
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Se una signora invita delle signorine a passar qualche tempo in casa sua, dovrà esercitare su di loro la stessa sorveglianza che esercita sulle sue figlie: assistere alle loro lezioni, accompagnarle; e se ha dei figli grandi, vigilarne iI contegno rigorosamente, in modo che le ospiti non abbiano a trovarsi, neppur un momento, in una falsa situazione. La regola più sicura e migliore è di non offrire ospitalità a signorine quando si hanno in casa giovinotti, e di non offrire ospitalità a giovinotti quando si hanno in casa signorine. Se poi è sua figlia che accetta l'ospitalità in casa altrui, la mamma deve provvederla di denaro, perchè possa largheggiare di mance colle persone di servizio. Su questo punto, nessuna economia. Non dimenticherà mai un signore molto ricco, il quale venne a passare dieci giorni in una villa dove ero ospite anch'io. Nel partire avvertì pomposamente la cameriera, in modo che tutti potessero udire, che aveva lasciato in camera qualche cosa per lei. Ed infatti trovò venti centesimi accuratamente avvolti in una carta. La padrona di casa era una persona educatissima, che non si sarebbe mai immischiata di certi particolari. Ma quella volta non seppe resistere. Quando la cameriera, sicura del successo, osò venire nel salotto, dove stavamo lavorando, a dirci quella novella, vi fu uno scoppio d'ilarità spontanea e generale, in barba alle convenienze. Quell'ospite aveva fatto il primo passo, e le sconvenienze sono come le ciliege, una tira l'altra, e non si sa più dove si va a finire.

Pagina 194

La giovinetta educata alla morale ed istruita nei lavori femminili, nella economia domestica e nelle cose più convenienti al suo stato

191993
Tonar, Gozzi, Taterna, Carrer, Lambruschini, ecc. ecc. 1 occorrenze
  • 1888
  • Libreria G. B. Petrini
  • Torino
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Amare ed onorare i genitori non si può senza amare insieme i fratelli che sono sangue del loro sangue, e la cosa più cara che essi abbiano al mondo. I fratelli sono come le dita d'una stessa mano, ed i rami d'uno stesso tronco: hanno fra loro comuni gli affetti, gli interessi , le gioie , i dolori , quasi ogni atto della vita: come potrebbero non amarsi gli uni cogli altri ? Molto più che tutti insieme rappresentano i genitori, i quali non vivono che per l'affetto dei loro figli. L'amor fraterno si cita come tipo del perfetto amore. Quei che sono nati del medesimo sangue devono cospirare concordi al bene vicendevole e della famiglia, amarsi di specialissimo affetto, ed aiutarsi in ogni necessità col consiglio , coll'opera ,coll'esempio. Che brutto spettacolo dà una famiglia, quando i fratelli si astiano e si fanno la guerra! Per contrario nulla é più dolce e consolante a vedersi d'una figliuolanza numerosa concorde nell'opere e nell'amore. Cresce allora in ciascuno la forza e la confidenza, e nella pace non turbata prospera la fortuna dell'intera famiglia. Di ciò persuase, figliuole, siate compiacenti, amorose e buone coi vostri fratelli. Compatiteli nei loro difetti, correggeteli, se fallano, con bella maniera, procurate di precedere loro nel buon esempio. Nulla contesa o invidia sia tra voi che sedete alla stessa mensa e dormite sotto il medesimo tetto. Amate che i fratelli vostri seno innocenti e senza vizio, ornati di vera virtù: amate che temano Dio e Lui conoscano e Lui onorino ; e si ricordino che l'ombra e la figura di questo mondo tosto passa via. Amate che fuggano le vaghezze mondane, le male compagnie, i luoghi e le persone, dove e colle quali s'offende Iddio senza rispetto. Amate che fuggano le parole disoneste, ogni costume ed atto reo che stacca il cuore dal timore di Dio e lo trascina in brutali affetti.

Pagina 32

Le buone usanze

195704
Gina Sobrero 1 occorrenze
  • 1912
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Gli uomini si permettono in questo senso molta più libertà; abbiano però riguardo alla vernice che adoperano per la loro calzatura: alle volte è assai poco profumata ed essi debbono sapere che inferiori forse a loro in molte cose, noi donne abbiamo però il senso dell'odorato assai più sviluppato. Per casa è raffinato tenere scarpe speciali; chi non ha la vettura non può trovar piacevole di tenere indosso oggetti che hanno raccolto la polvere della strada, e calpestato i detriti della vita cittadina. Le inglesi, che nella strada vediamo così mostruosamente calzate, in casa portano minuscole scarpette dette slippers, che le fanno parere graziose ed eleganti. Le pantofole sono incompatibili fuori dalla stanza da letto; nè un uomo, nè una donna fine si fanno vedere, nemmeno dalla famiglia, in questa troppo comoda calzatura. Le galoches, o scarpe di gomma per ripararsi dall'umido, sono tollerate, ma niente di più; si lasciano in anticamera e si rimettono all'uscita: sarebbe sconveniente fare con esse una visita.

Pagina 143

Galateo morale

196913
Giacinto Gallenga 12 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino-Napoli
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  • UNICT
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E io non so capire, parlando delle stampe oscene, come certi industriali abbiano il triste ardire di sfidare così apertamente la decenza e il buon costume sciorinando sui banchi, nelle bacheche delle incisioni, delle litografie, delle fotografie in ispecie, sulle quali stanno disegnati tutti i misteri della lussuria e sono un così aperto invito alla corruzione dei giovanetti. «Se le immondizie delle case, scrive il Tommaseo, ammontassersi nel bel mezzo delle vie più frequenti e ammorbassero con la vista e con gli aliti, non si attenderebbe il cenno dell'autorità per accorgersene e l'opera sua per isbrattarsene. Delle buccie che sono pericolo di caduta i passanti si lagnano e di coteste reti vilmente tese all'innocenza non si sdegneranno?». In Londra esiste da gran tempo una società che ha per suo scopo di far guerra al mal costume col citare dinanzi ai tribunali i negozianti di libri, stampe, e ogni sorta di pubblicazioni immorali. Nel solo 1869 ben cinquanta di quei trafficanti vennero condannati, e distrutte per sentenza dei giudici un immenso numero d'incisioni, di fotografie, non che di canzoni oscene. Che mèsse abbondante non si raccoglierebbe di questa vergognosa merce in Italia, quando la polizia, secondata dai cittadini onesti, si mettesse per davvero a far guerra a queste turpitudini! e facesse insieme scomparire dai luoghi pubblici quelle certe suonatrici ambulanti che accompagnano le graffiature e gli strappi delle loro stuonate chitarre con certe laide canzoni, eruttate dalle fauci affaticate dall'acquarzente!

Pagina 105

«Quando gli operai, scrive lo Smiles, colla loro industria e moralità abbiano conquistata l'indipendenza, cesseranno di guardare lo spettacolo dell'agiatezza altrui come un affronto, un'ingiustizia verso di loro e non sarà più possibile agli intriganti di farsi un capitale politico delle sventure immaginarie del povero popolo».

Pagina 177

Ah pur troppo, questi uomini che hanno fatto divorzio pertinacemente dal dovere è difficile, per non dire impossibile, che abbiano il coraggio della riabilitazione: nei solchi tracciati dal violento torso delle passioni rado è che germoglino ancora il sorriso e la speranza; il tedio, lo sconforto sono i seguaci inesorabili del vizio allorché presto ha stampate le sue traccie profonde nel cuore! Ma la moglie! Avvien talvolta che un invincible sentimento di desolazione penetri alfine nel cuore di colei che, stanca di dispiaceri, di stenti e di lacrime, stanca di un continuo sacrifizio corrisposto con durezze, con violenze, con percosse dice a se stessa con disperato consiglio: che a nulla valgono la fede, la rassegnazione, l'amore con un uomo brutale e crudele; da questo punto incomincia la vendetta di questa moglie fino allora così mansueta, così amorosa, così fedele; vendetta che colpisce tutta la società, che legherà d'infamia alla famiglia dell'operaio, peggiore della passata miseria; infamia cui non valgono a coprire e a mitigare né i cessati bisogni, né le splendide vesti, né le ignobili protezioni. E quel che dissi della moglie, dicasi pure delle sorelle, delle figlie dell'operaio: la corruzione di tante povere anime non ha così frequente la sua origine nel predominio dei sensi e dell'ambizione, quanto nell'assoluta miseria derivante dall'ozio e dalla intemperanza, i due vizi capitali di molti operai e delle loro famiglie.

Pagina 180

E sempre più mi convinco che il difetto della virtù civili e morali non può essere in costoro supplito nemmeno dall'ingegno e dallo spirito quando e'li abbiano, e che gli impieghi non possono, al dire dell'arguto Swift, venir confidati a più pericolose mani che a quelle degli uomini, quantunque grandi, privi di virtù e di cortesia.

Pagina 209

Per quanto la libertà, per quanto le vicende dei tempi abbiano sottratto alla potenza, all'autorità delle persone religiose, il loro concorso nelle faccende civili, il loro predominio negli affari spirituali e quindi il loro contatto colla grande maggioranza delle popolazioni, è tuttavia così esteso che è sommamente a desiderarsi che nel disimpegno dei medesimi i loro modi sieno improntati alle norme dei riguardi sociali; come è egualmente a desiderarsi che quanti si trovano in relazione colle medesime non si scostino mai, trattando e conversando, da ciò che è dovere di ogni bennato cittadino di osservare verso ogni ceto di persone, vo' dire l'urbanità, la gentilezza. La massima parte degli urti che avvengono fra le autorità ecclesiastiche e laiche, fra i sacerdoti e gli altri cittadini, più che dalla incompatibilità degli interessi hanno origine dalla mancanza in una od in ambe le parti di quella trattabilità la quale, senza nulla detrarre ai rispettivi diritti, serve moltissimo a mitigare l'asprezza delle reciproche esigenze. Ai partigiani arrabbiati, ai settari d'ogni colore lasciamo il tristo privilegio della brutalità, e della intolleranza. «Contentiamoci di schivare, come bene osserva il D'Azeglio, i fanatici di ogni razza; schiviamo chi usa la religione come mezzo, ma accettiamo chiunque la professa come fine e con onesti intendimenti».

Pagina 356

Ora come potrebbe, a cagion d'esempio, raccomandare dal pergamo la soavità del perdono chi la trasformasse in bigoncia da trivio, col suo concitato accento, col suo gesticolare furibondo, con allusioni maligne, con ingiurie, fino a costringere talvolta, pel debito che essi hanno di tutelar la sicurezza pubblica, minacciata da quell'eloquenza energumena, gli ufficiali del Governo ad ammonirli e ad intervenire perchè non abbiano luogo e scandali e tumulti? «Io ho stimato sempre, scrive Tommaseo, pericolosa ed inutile quella rabbia, quella malinconia imitativa con cui da certi predicatori s'intuonano le verità generose; giacché serve questo piuttosto ad intristire, ad uggire che ad ammaestrare ed a commuovere. Credete voi d'ispirare grande reverenza ed affetto recitando periodi e versi canori con voce sepolcrale, coi capelli irti, con le mani aggranchiate a mo' d'artigli? Le più innocue verità pronunziate a questa modo diventano sospette». Ah si lascino agli oratori profani, si lascino agli artisti da scena questi artifizi; il prete, per quanto riesca a perfezionarsi in simili esercizi, non arriverà mai a distogliere dalla mente degli uditori il pensiero degli sforzi che ei deve aver fatto per giungere ad imitare con esattezza le pose, l'accento, lo slancio di un tragico consumato nell'arte sua; e questo pensiero basta a neutralizzare quell'effetto religioso che dev'esser il fine del sacro oratore, sostituendo allo spiro della divina parola una semplice sensazione di piacere più o men viva, e simile a quella che si prova a udir declamare le tragedie di Shakspeare o di Alfieri, quando non serva a destare nel sacro tempio una ilarità o ad eccitare furibonde passioni che mal si confanno alla grandezza e santità del luogo, non che alla dignità di colui che da modesto banditore del Vangelo si è trasformato in una parodia di attore da scena.

Pagina 358

Angelo di pace, spirito gentile vorrei fosse ognora il sacerdote al capezzale di chi soffre; e, se fosse ciò possibile alla sua natura generalmente indurita dalla frequenza degli spettacoli di umani dolori a cui esso assiste, vorrei che il suo pianto talor si mescesse a quel delle madri, delle figlie, delle spose, che circondano il caro oggetto delle loro affezioni; la durezza, l'indifferenza che dimostrano alcuni preti accanto al letto di chi muore, quelle parole stereotipate di conforto ai gemiti dei congiunti, agli spasimi del morente, quelle preghiere recitate con monotono accento, colle quali accompagnano le agonìe di un loro fratello sono indizio di quell'assoluta mancanza di sensibilità e di gentilezza che offende profondamente colui che vi assiste collo strazio nell'anima, e darebbero quasi a credere che, indossando la veste del prete, essi abbiano dismessa quella dell'uomo. Cristo pianse sulla tomba di Lazzaro amico suo!

Pagina 363

E tuttavia la civiltà avrebbe vasto campo a spiegarsi su quegli stessi campi di battaglia dove sembra che gli uomini non abbiano altro scopo che quello di uccidersi. Un militare, per quanto sia valoroso, anzi appunto perché valoroso, non dove aver chiuso l'animo a un sentimento di commiserazione per quegli stessi nemici che il dovere gli impone di non risparmiare combattendo». E questo valore dee in lui cedere alla pietà allorché trovasi in presenza di un inerme, di un vecchio, di una donna, di un fanciullo, dello stesso suo nemico ferito e giacente. Le guerre al dì d'oggi dovrebbero aver perduto quel carattere bestiale ed atroce per cui eran lecite un giorno le sevizie contro i prigionieri; né può un generale, senza incontrar la taccia di selvaggio, lasciar abbandonati sul campo in preda alle malattie, alla fame, agli spasimi delle ferite i militari della parte nemica, tralasciando di porgere loro quelle cure istesse, quegli stessi conforti che è in dovere di prestare ai soldati proprii; o peggio opponendosi a che queste cure, questi conforti vengano porti loro dai commilitoni, rifiutando, anche a costo di promuovere stragi epidemiche, qei brevi armistizi che sono indispensabili per dar sepoltura agli estinti. Si, la civiltà presente dovrebbe arrossire pensando agli esempi di pietà in guerra di cui ci danno argomento le storie antiche di Grecia, di Macedonia, di Roma. Citeremo un Alessandro, un Scipione che rispettavano nell'ebbrezza delle loro vittorie le madri, le mogli, le sorelle dei loro più fieri nemici; un Epaminonda che non si macchiò mai d'una crudeltà verso i crudelissimi Spartani da lui umiliati e vinti; un Coriolano che rinunciava alla sua vendetta davanti alle lagrime della supplice Veturia; un Scipione Nasica che si opponeva alla fiera ostinatezza di Catone nel volere Cartagine distrutta.

Pagina 378

Ben può darsi tuttavia che le visite si abbiano in certi casi a prolungare, quando la persona visitata sia nella nostra massima intimità, o un infermo a cui sia grata la tua compagnia, o un uomo colpito da sventura che si mostri bisognevole del tuo conforto; la durata di queste visite speciali è suggerita dalla natura delle circostanze e non ha altro limite fuorché quello che può essere segnato dalla carità e dall'affetto. Nei casi ordinarii i migliori consiglieri sono l'usanza... e l'oriuolo. Vuolsi ognora avere riguardo al grado e alle occupazioni della persona visitata; e scegliere le ore in modo da recarle il massimo piacere e il minor disturbo possibile. Evitare sopratutto l'ora del pranzo onde non costringere il visitato ad invitarvi ad assistervi, ovvero ad interrompere in refezione e passare in altre camere a ricevervi. In un modo o nell'altro sareste causa d'incomodi; ad un umile desco sopratutto non può giungere caro un visitatore improvviso. E quando siete ad accorgervi di essere capitati inopportuni, affrettatevi a prendere congedo, prima che qualche segno d'impazienza, prima che alcuno di quei moti involontari che indicano irritazione in colui che è costretto (forse anco assediato da affare premuroso) a subirsi la vostra compagnia, non ve ne renda più chiaramente avvisati. Né, congedandovi, vi sarebbe lecito mostrare dispetto; anzi vi converrà meglio dar a vedere di esser costretti a partire, onde non obbligare l'altrui cortesia a farvi delle istanze per rimanere; a chiedervi scuse di dovervi dopo alcun tempo lasciare; lo stesso dicasi se il visitato era in procinto di uscire, quand'anche ei vi sollecitasse a fermarvi.

Pagina 427

E qui cadono in acconcio alcuni saggi detti del nostro giovane di anni e oramai vecchio di gloria, Leopoldo Marenco: «L'essere, o per lo meno il parer scettici e corrotti a vent'anni è oggigiorno una moda che si vergognerebbe di non seguire ogni più innocuo a cui quattro peli sul mento abbiano dato il diritto di fuggir di mano al pedagogo o dalla provvida affettuosa vigilanza dell'occhio materno. Giovani che non fecero mai esperimento di uno di quegli infortunii che radono talvolta dal cuore e dalla mente dell'uomo sentimenti e credenze quasi uragano che abbatte, sterpa, inaridisce ai campi le verdi speranze, tu li vedi a vent'anni fiaccati dall'ozio, abbrutiti dal vizio parlar della vita disperatamente, non credere né a virtu, né a felicità, quindi a libidine di sensualità e di guadagno ridurre tutto quanto lo scopo della umana esistenza. «In fondo in fondo sono della pasta di cui è formato ogni citrullo..... e in realtà né scettici né disperati. Oh guarda, guarda dove va a cacciarsi l'ambizione!..... Nel voler passare a qualunque costo per fina schiuma di roués, essi appena giunti alle soglie della vita; onde fa d'uopo per tutto ciò che ha profumo d'onesto forzar le labbra a sbadiglio o armarle d'un sogghigno derisore e satanico.— Povere labbra! e appena le premi, stillano ancora il latte della balia».

Pagina 448

Prima d'invitar persone a pranzo, consulta il cuoco dapprima e poi le dimensioni della tua tavola e la capacità della tua sala; onde gli ospiti non abbiano ad uscire di casa tua in compagnia della fame, né siano costretti a starsene pigiati l'uno addosso all'altro, né i servitori sieno impediti di poter circolare liberamente attorno. Dà aria alla tua sala da pranzo se d'estate; tienla ben calda in inverno; l'eccessivo calore però oltre all'esser sfavorevole all'appetito ecciterebbe, misto ai vapori delle vivande, la nausea de' tuoi commensali; tornerebbe poi vano qualunque apparecchio gastronomico, qualunque sforzo per tener desta l'allegria, quando i convitati si sentissero irrigidire le membra e fossero costretti a soffiarsi sulle dita. Anche la luce vuol essere temperata onde le persone non restino abbacinate mangiando; se di sera, non risparmiare le candele, il gas, il petrolio; giacché l'oscurità soverchia nuoce all'effusione; i convitati non devono rimanere nella penombra, ma potersi vedere distintamente da un capo all'altro della tavola. Le sedie sieno ben solide e comode per non dar occasione a capitomboli, né alcuno sia costretto a far della ginnastica per tenervisi in equilibrio o sentirsi le membra a indolenzire.

Pagina 482

I racconti, gli esempi si traggano dalla vita ordinaria degli uomini industri, operosi ed onesti, come dei Francklin, degli Stephenson, dei Mosca, dei Micca, di quegli uomini insomma che lasciarono piè e gloriose memorie nelle città e nelle famiglie; onde la emulazione dei giovanetti sia tratta piuttosto verso quelle soavi, medeste ed eroiche virtù domestiche e di patria, che non verso le straordinarie e favolose gesta dei paladini: aspirino a divenir galantuomini piuttosto che conquistatori; o se pur volete intrattenerli di conquiste e di eroi, insegnate loro come le prime si abbiano ad ottenere, perché dir sì possano veramente utili e gloriose, nel campo dell'industria, della scienza, della morale, non essendo ordinariamente le altre che azioni vane e compiute da uomini ambiziosi con danno della civiltà e dell'umanità: «se volete poi far loro intendere, eroe che sia, dite pur loro con Massimo D'Azeglio, eroi sono quelli che non gli altri a sé ma agli altri sacrificano se stessi - Dite loro che le nazioni possono stare e prosperare senza genii: ma viver non possono a lungo senza galantuomini».

Pagina 58

Signorilità

198506
Contessa Elena Morozzo Della Rocca nata Muzzati 3 occorrenze
  • 1933
  • Lanciano
  • Giuseppe Carabba Editore
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Essi sieno sempre ben lucidi, abbiano le maniglie intatte, abbiano le mensole coperte da belle tovagliette candide con ricamo o merletto, il cui «motivo» sia ripreso nelle tendine, nel paralume, nei tappetini da tavolino. Ma se, poi, signora e signorine, vogliono dare un aspetto più moderno alla comune stanza da pranzo formata da credenza, contro-credenza, tavolo e sofà, tolgano tutto il bianco e lo sostituiscano, per esempio, con un bell'azzurro Savoja. La carta da parato, il grosso cordone che regge il lume, il paralume o la frangia intorno al lume, le tendine, la stoffa che copre le mensole, i tavolini e l'interno della cristalliera sieno di poche gradazioni di azzurro; la tovaglia che sostituirà il vecchio tappeto in velluto, sia in tela greggia, ricamata con cotone color pavone. Nella cristalliera sieno tolti gli astucci colle posate e sia disposto qualche bell'oggetto d'argento, di porcellana, di cristallo. Sulle pareti vengano appesi dei piatti di ceramica con fondo azzurro. La signora o le signorine ricoprano anche il sofà con stoffa intonata e l'adornino di bei cuscini nelle varie e molte gradazioni della tinta. Vi facciano piovere bene la luce da un'apposita lampada, affinchè il babbo, che vuole passare una lieta ora, leggendo o chiaccherando, nell'intimità della sua onesta e modesta famiglia dabbene e lavoratrice, abbia tutte le comodità a cui ha diritto... E qui viene opportuno il dire alla moglie e alle figliole di un signore «alla vecchia», cioè poco abituato ai salotti, e che preferisce rimanere in camera da pranzo, dopo avervi mangiato, che è per esse doveroso sacrificare al benessere e al desiderio di lui, le loro nuove e pur legittime esigenze di passare in altro ambiente... ma che, però, possono conciliare con un po' di furberia l'una e l'altra cosa. Per esempio: se il padre troverà il salotto caldo, la poltrona morbida, il tavolino per il giornale ed il portacenere a portata di mano, la luce proprio spiovente sul comodo tavolo da gioco, lascerà senza brontolare la stanza da pranzo... così come, in campagna, se troverà pronta nel suo spogliatoio, o sul suo letto, o sull'attaccapanni dello studio una giacca scura, se troverà un paio di scarpe pulite, prenderà l'abitudine di lasciare, per l'ora di pranzo, la giacca da cacciatore e gli scarponi infangati... Nelle famiglie della modesta borghesia, uomini, donne e ragazzi vengano a tavola almeno ripettinati e con le mani lavate con sapone bianco, per motivi d'igiene; nelle famiglie più signorili è bene si diffonda l'abitudine di mutar vestito pel pranzo, abitudine che proviene dall'educata e civile Inghilterra, dove i sudditi di Re Giorgio, anche senza appartenere ad un'alta classe sociale, indossano rispettivamente smoking e vestito scollato. (Anni or sono, quando lo smoking era di moda anche per le donne, questo avverbio «rispettivamente» non avrebbe avuto motivo di esistere...).

Pagina 165

L'ambiente della classica biblioteca sia severo, tappezzato in colori scuri; le pareti abbiano qualche albero genealogico, qualche documento raro, incorniciato in ebano o in noce, qualche quadro di valore. Gli scaffali chiusi (biblioteche) sieno tutte in uno stile con qualche mensola, dove possa trovar posto una fotografia, un gran vaso da fiori... Particolarmente indicato, per questi scaffali, è lo stile 500, con i suoi cancelli di ferro battuto. Per famiglie solo modestamente abbienti, la stanza adibita a studio abbia pochi mobili, ma buoni, qualche tappeto, un sofà con poltrone analoghe in cuoio o in bella stoffa. Se non si possono comperare degli scaffali chiusi, si facciano fabbricare aperti, in noce, tutti eguali, di bella linea. E sul loro piano superiore si posino vasi di Murano o vecchie ceramiche con molti fiori, fotografie ecc. Nello studio bene illuminato, (magari con quei moderni diffusori di luce a sfera e a goccia, che aumentano molto la potenzialità delle lampadine), non manchi mai di essere in vista il nuovo insuperabile Atlante del Touring, un orario ferroviario, un calendario, e, per chi vive in grandi città o in paesi di escursioni, uno specchietto con l'elenco dei monumenti artistici, musei ecc., che oggi si possono visitare gratuitamente. Mediante l'aspiratore elettrico, la padrona di casa faccia una accurata pulizia giornaliera dappertutto e specie nei libri che la polvere, accumulandosi, facilmente deteriora...

Pagina 167

La balaustra della terrazza abbia geranii ricadenti; i grossi vasi abbiano, se il clima lo permette, aranci e mandarini; le cassette poste a terra abbiano fresie, giacinti, tulipani, e, in estate, petunie, margherite, zinnie, astri, salvie. Qua e là vi sieno prese di corrente, che potranno servire a fare il thè colla thejera elettrica, o ad azionare ventilatori, o a illuminare la terrazza con lampade portatili, dai bizzarri paralumi colorati che, nella notte profumata, fra i rosai, parranno altri bizzarri fiori multicolori.

Pagina 219

Come presentarmi in società

200088
Erminia Vescovi 1 occorrenze
  • 1954
  • Brescia
  • Vannini
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Paolo chiamò rationabile obsequium; sapranno dunque benissimo quali ragioni e quale importanza abbiano anche certe dimostrazioni esterne di culto o di convenienza che giustamente sono prescritte. Ma posso anche supporre che vi sian delle anime, perfettamente e sinceramente credenti, che non abbiano potuto acquistare la cognizione o la pratica di tali norme, posso supporre altresì che alcuni, pur non aderendo alla fede comune, abbiano il nobile e lodevole desiderio di comportarsi in modo che nulla possa offendere o disgustare i credenti con cui si trovino insieme. Le mie avvertenze, dunque, potranno far del bene a tutti, e non faranno male a nessuno. In chiesa si va per le funzioni religiose consuete; si va per alcune cerimonie solenni; si va, infine, per ammirare bellezze d'arte. E comincio subito da questo caso. La nostra Italia è così ricca di meraviglie architettoniche, di quadri, di sculture, di mosaici, intagli, cesellature e oggetti preziosi d'ogni sorta, che non vi è, si può dire, nessuna modesta città di provincia, e forse anche nessuno sperduto paesello che non veda entrar i visitatori nelle sue chiese. Nelle città principali poi, in quelle che la rinomanza ormai mondiale ha classificato tra le artistiche per eccellenza, è un flusso e riflusso perenne: tanto che saggiamente in alcuni luoghi sono state fissate alcune norme riguardo al tempo. E' evidente che non si sceglierà mai volentieri l'ora delle sacre funzioni e specialmente quella della Messa cantata. Chi ha senso di religiosità e riguardo gentile a quella degli altri, sa quanto sia molesto quello scalpiccio, quel mormorio, quel trapassar di luogo in luogo di un gruppo talvolta numeroso di persone, mentre tutto intorno spira e impone il mistico silenzio del raccoglimento. Ma quando fosse assolutamente inevitabile entrare in tali ore, la persona bene educata attenua il rumore dei passi, tien sommessa la voce, e se vi è un «cicerone» sta vicino a lui più che sia possibile, al fine di non costringerlo a parlar troppo forte. Non si creda però che, anche a chiesa vuota e silenziosa, sia lecito dipartirsi molto da queste norme. Vi può esser sempre, in un canto, qualche silenzioso orante che, proprio in quel momento, espande i dolori del suo cuore e chiede soccorso alla bontà suprema: rispetto a lui. E rispetto, sempre, in ogni caso, al luogo sacro. Non tutti sanno, ma tutti dovrebbero sapere che passando davanti all'altare del S.S. Sacramento è obbligo piegare il ginocchio a terra, e che se vi fosse esposizione solenne o per le Quarant'ore o per altra funzione, è prescritto piegarle ambedue. Così si deve fare anche nel momento dell'elevazione, nel caso che durante la visita si stesse celebrando qualche Messa: bisogna allora aver la pazienza di attendere che siano cessati gli squilli del campanello, e proseguir poi, più tacitamente e riguardosamente ancora, il pellegrinaggio d'arte. Le donne dovrebbero entrare in chiesa solamente col capo coperto e modestamente vestite... Ma ahimè! non tocchiamo un doloroso argomento. Basti, a nostra vergogna, ricordare i cartelli ammonitori che sono appesi alle porte d'ogni chiesa: basti dire che alle grandi basiliche, ormai, è stato necessario metter di guardia un vigile, il quale ha l'incarico, non credo gradito certamente, di ammonir le visitatrici (meno male che la maggior parte sono straniere) di coprirsi le braccia e le spalle di cui fino allora avevan fatto esposizione sul listone di Piazza S. Marco o nelle vie e ai caffè circostanti a S. Maria del Fiore, o sotto la Galleria Vittorio Emanuele presso al Duomo di Milano. C'è poi anche l'altro cartello: vietato sputare. E il divieto è espresso ora in questo, ora in quel modo, ma la sua insistenza prova che non siamo riusciti ancora a vincerla su questo importantissimo punto di igiene e di decoro. La persona sana e pulita non sente mai il bisogno di sputare: tuttavia, se circostanze e ragioni specialissime la obbligassero a farlo, non dimentichi che tale atto così schifoso a vedersi, deve essere compiuto con la massima secretezza, in un apposito fazzoletto. Veniamo ora al contegno da tenersi durante le sacre funzioni. Occorrerà dire che non si deve stare sdraiati sul sedile, né accavallar le gambe? Le nostre signore, così avvezze adesso a tale libertà di modi e alla gioia ineffabile di mostrar i polpacci e perfino le loro ginocchia, non sanno talvolta privarsene nemmeno nel luogo più sacro. Quando si deve stare in ginocchio e quando a sedere e quando in piedi è prescritto dalla liturgia. Alle persone deboli e vecchie è naturalmente concessa maggiore libertà; basta per loro che stiano genuflesse nei momenti più solenni, quando lo squillo del campanello li annunzia reiteratamente. Ma chi non può stare in ginocchio non si creda lecito però, se è fra i banchi, di stare in piedi mentre gli altri siedono o stanno genuflessi: è grave scortesia verso quelli che sono dietro toglier loro la vista dell'altare e delle cerimonie che vi si svolgono, per mostrar loro quella del proprio dorso, spesse volte massiccio ed esorbitante. Durante le prediche è prescritto un rispettoso e assoluto silenzio. Nel passato, era invalsa la strana usanza di testimoniar al predicatore la propria ammirazione con un concerto di tossi e raschiature di gola, che si alzava unanime quand'egli faceva punto per la prima pausa, e più ancora alla fine.

Il galateo del contadino

202989
Miles Agricola 1 occorrenze
  • 1912
  • Casalmonferrato
  • Casa agricola F.lli Ottavi
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I giovani prima di porsi a sedere debbono aspettare che i maggiori abbiano preso i loro posti. Nel mangiare bisogna restare composti, senza muoversi di soverchio, senza poggiare i gomiti sul desco, senza promuovere eccessivo rumore coi piatti e colle posate. Nè si debbono arrotare i denti o battere le labbra, nè, bevendo, rumoreggiare colla bocca. Col tovagliolo, di cui ciascuno sarà provvisto, ci si deve pulire spesso la bocca delicatamente senza farne troppa mostra coi vicini. Nel servirsi bisogna dare sempre la precedenza ai più anziani ed alle donne, ed evitare di sorpassare la tavola colle mani, offrendo il piatto altrui. Durante il pasto è lecita una piacevole conversazione, ma essa dev'essere moderata e non schiamazzosa e sempre subordinata e diretta dal capo o dai capi-famiglia. È sconveniente fare apprezzamenti sulla bontà o meno delle vivande, o rifiutarne qualcuna allegando per motivi di non essere aggradevole, poichè è buona civiltà mangiare tutto quello che ci si presenta. Nel levarsi da tavola bisogna aspettare che la mossa parta dal capo di famiglia o dal padrone o dalla padrona di casa, se siamo invitati in casa altrui. Un proverbio dice: «dimmi come mangi e ti dirò chi sei». Ricordiamocene!

Pagina 21

Eva Regina

203456
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 4 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
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I MARITI GIUDICATI DALLE MOGLI Mettete insieme tre donne che abbiano un po' di confidenza fra loro, e troverete che fra una discussione sulla forma dei cappellini e un' altra sul taglio degli abiti, entrano in campo i mariti. E allora, Dio liberi ! sono geremiadi interminabili, sono requisitorie feroci, sono sfoghi drammatici, propositi tragici. Veduti attraverso a simili lenti, questi mariti sembrano mostri d' efferatezza tali che Ezzelino e Barbablù sono agnelli al confronto. Eppure hanno trovato delle donne che acconsentirono a divider con loro la vita, non solo, ma che in un certo periodo ii vagheggiarono come l' ideale, li riguardarono come semidei al confronto degli altri uomini. Perchè? Perchè — rispondono le mogli — allora erano innamorati, fidanzati, ed ora sono mariti. Appena l' uomo diventa marito, entra in una categoria speciale; può essere il più grande scienziato, il poeta più celebre, l' uomo politico più eminente; può compiere atti magnanimi e opere buone; può destare entusiasmi e simpatie, ma non potrà mai e poi mai liberarsi da quelle mende, da quei difetti speciali, inerenti al suo stato di marito, e che ne fanno agli occhi della moglie un essere diverso da quello che appare al mondo. Un marito è sempre impaziente, sempre egoista, sempre avaro : spesso brontolone, prepotente, irragionevole : novantanove volte su cento infedele,più o meno impunemente, e non di rado sospettoso senza motivo, strambo, lunatico, violento. La moglie conosce inoltre le sue piccole fissazioni, le sue piccole debolezze, e quel lato comico, che presta esca al ridicolo che ogni carattere reca in sè. E sovente questo lato è spoetizzante e si è rivelato solo — questo è il peggio ! —all'indomani delle nozze. Così la moglie quando sente tessere l' elogio del marito da chi non lo conosce come lei, e vantarne l' uguaglianza di carattere, la finezza dei modi, la generosità, la bonomia, sorride e tace; e quel sorriso e quel silenzio sono, per chi se ne intende, un commento eloquentissimo. Una mano sulla coscienza, mie care signore. Siete voi ben sicure di essere impeccabili ? Siete proprio certe che quell' impazienza, quell' avarizia, quell'incontentabilità, l'infedeltà stessa, non abbiano in voi, appunto in voi, la lora remota ma sicura origine ? Se fate troppo i vostri santi comodi, se spendete più del possibile, se non vi date briga di uniformarvi ai gusti del vostro compagno d'esistenza, se, infine, non siete più tenera verso di lui come nei primi tempi e con la trascuratezza del vestire o un contegno rilasciato favorite le mancanze di riguardo e gli strappi alla poesia — parliamoci chiaro di chi la colpa? — Almeno almeno metà peruno ! Sebbene in generale si creda il contrario, io ho l' opinione che è la moglie che fa il buono o il cattivo marito. Non è sempre per mala volontà che non vi riesce : qualche volta è per inesperienza, per debolezza, per mancanza di superiorità o d' intuizione, ma tant'è, il principio della disgregazione, dello squilibrio coniugale risiede in lei. Il rimedio? C' è ed è infallibile: si faccia amare ! Il suo ingegno, il suo cuore, il suo fisico, tutto impieghi per questo. E il marito guarirà come per incanto da tutti i suoi difetti.

Se ricchi, i vostri figliuoli abbiano un salvadenaro per i loro piccoli protetti, e le bimbe imparino a confezionare le calze e gli abitini per essi: siano ascritti a qualche opera di patronato per i fanciulli poveri della quale spiegherete loro l' intento e l'utilità. Se in condizione modesta, fate che i bambini si privino qualche volta d'un giocattolo, d'un indumento per darlo al bisognoso, fate che lo dia da sè, a costo del sacrificio, combattendo con ingegnosa cautela ogni possibile spunto di egoismo o d'indifferenza : due cattivi germi non infrequenti di cui vediamo purtroppo fra gli uomini lo sviluppo rovinoso. Sarebbe così bello e così proficuo che ogni mamma dedicasse un' ora alla settimana a qualche visita di carità fatta coi suoi figliuoli ! Che li avvezzasse a veder da vicino miserie che neppur sospettano e senza troppa paura della loro tristezza! I piccoli cuori, puri ancora e impressionabili, si stringerebbero, sì; le tenere menti aperte istintivamente alla giustizia avrebbero, forse, un senso di ribellione contro le leggi supreme ed incomprensibili; ma dalla pietà e dallo sdegno non germinerebbe uno zelo di compensare, di riparare, che porterebbe il suo frutto nelle età mature? « Quando un bambino fa l'elemosina, — dice il gran poeta dei fanciulli, il De Amicis — è come se dalla sua mano cadesse insieme un obolo e un fiore ». È una gentilezza infatti, una visione così pia, così pura, così spirante tenerezza e bontà, che invita a inginocchiarsi per pregare.

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Infine procuri che i figliuoletti anche in campagna abbiano le loro ore di riposo e di esercizio intellettuale; che alla mensa si presentino sempre in modo conveniente onde la vita rurale non li faccia diventar rozzi, sgarbati e trasandati.

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I collegi, per quanto abbiano procurato di evolversi, d' uniformarsi alle necessità dei nostri tempi, sono sempre il prodotto pedagogico di un' età passata, quindi inferiori a quanto oggi si richiede e si può ottenere per la formazione dell'uomo e della donna avvenire.

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La giovinetta campagnuola

207552
Garelli, Felice 1 occorrenze
  • 1880
  • F. Casanova
  • Torino
  • Paraletteratura - Ragazzi
  • UNICT
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Scegliti dunque a compagne delle fanciulle buone, giudiziose; e come tu avrai sempre a lodarti di loro, fa che esse abbiano sempre a lodarsi di te.

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Sempronio e Sempronella

214796
Ambrosini, Luigi 1 occorrenze
  • 1922
  • G. B. Paravia e C.
  • Torino - Milano - Padova - Firenze - Roma - Napoli - Palermo
  • Paraletteratura - Ragazzi
  • UNICT
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E benché essi non abbiano dimenticato nè il babbo nè la mamma, pure sentono per maestro Saverio una riconoscenza che, quasi quasi, nel cuor loro non ha l'eguale.

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Il giovinetto campagnuolo I - Morale e igiene

215159
Garelli, Felice 1 occorrenze
  • 1880
  • F. Casanova
  • Torino
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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Fuggi dunque la compagnia dei giovanetti cattivi; scegliti a compagni dei fanciulli buoni, giudiziosi; e come tu avrai sempre a lodarti di loro, fa che essi abbiano sempre a lodarsi di te.

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Il ritorno del figlio. La bambina rubata.

245261
Grazia Deledda 1 occorrenze
  • 1919
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
  • Verismo
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Osservandolo bene gli pare che non sia ancora in eta di parlare, sebbene i suoi occhi abbiano qualche cosa di strano, fissi e coscienti; sembrano quelli di un santo o almeno di un uomo saggio. Antiche superstizioni sfiorano la mente, se non il cuore, del nostro Davide. Egli ricorda di aver letto o sentito raccontare certe leggende nelle quali si afferma che Gesù ama spesso tornare nel mondo a vagabondare sotto spoglia umana per provare il cuore degli uomini. Perchè vi sono cuori abbandonati a sè stessi come terre incolte: basta smuoverli e seminarli perchè diano frutto. Ma Davide pensa che il suo cuore è duro perchè deve essere duro: e se il bambino misterioso è Colui che tutto vede ne sa il perchè: inutile quindi fingere un turbamento che non si sente. Infine, poi, l'uomo veramente frustato dalla sventura non può più amare neppure lo stesso Dio.

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