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PRIN 2012 – Accademia della crusca
TORINO, 1880
F. CASANOVA, EDITORE
Via Accademia delle Scienze
(Piazza Carignano)
(Proprietà Letteraria).
ALTRE PUBBLICAZIONI AGRARIE
DELLO STESSO AUTORE
vendibili presso la Libreria F. CASANOVA — Torino
La coltivazione della vite in Italia. Un vol. in-12° L. 1
Sul miglior modo di fare i vini comuni. Memoria premiata
con medaglia d'oro. 2ª edizione . . . . . 0 55
Il buon coltivatore. Libro per le scuole rurali e per la
gente di campagna, premiato con medaglia d'argento dal
Congresso Pedagogico di Napoli. 12ª edizione . . . 0 80
Lezioni popolari di economia rurale, dette nelle Conferenze
magistrali agrarie di Torino. Un vol. in-12° . . . 1
Manuale di viticoltura e di vinificazione per gli agricoltori
italiani. Un vol. in-12°, con 25 figure. 3ª edizione 3 50
Il giovinetto campagnuolo. Prime nozioni di morale e
di igiene per le scuole primarie rurali. Un vol. in-12° 0 60
Il giovinetto campagnuolo. Prime nozioni d'agricoltura
per le scuole primarie rurali. Un vol. in-12° con figure 0 60
TORINO — VINCENZO BONA, TIPOGRAFO DI S. M.
ALLE MAESTRE
DELLE SCUOLE PRIMARIE RURALI
Da tempo, e instantemente, s'invoca per
le scuole femminili rurali un'istruzione più
conforme ai bisogni della donna campagnuola,
e quindi praticamente più utile per
la vita di essa.
Dappoichè la sua educazione comincia, e
finisce nella scuola, è ragionevole il chiedere
che la scuola miri ad istruire ed educare
nella fanciulla simultaneamente la madre di
famiglia, e la buona massaia: chè, altrimenti,
la scuola non dà quei frutti ch'essa
promette, e la nazione domanda.
A queste idee s'informa il libro che presento
a voi, signore Maestre.
Esso svolge, con semplicità di linguaggio,
con evidenza di aforismi e proverbi, le prime
nozioni di morale, di igiene, e di economia
domestica, le quali costituiscono appunto il
complesso delle cose più necessarie a sapersi
dalle ragazze che frequentano le scuole
rurali.
Questo libricciuolo nelle mani di Maestre
operose e zelanti, quali voi siete, raggiungerà
il suo intento, che è quello di fare del bene;
di crescere l'amore alla virtù; di correggere
qualche difetto; di fornire cognizioni utili
al benessere, fisico e morale, delle famiglie
campagnuole.
Voi ne renderete profittevole alle vostre
alunne la lettura, e lo studio, aggiungendo
osservazioni opportune a chiarire le cose
meno facili, e interrogazioni dirette ad eccitare
la virtù della riflessione.
Perciò appunto la materia fu disposta in
brevi articoli, ognun dei quali si può leggere
in una lezione, e mandare anche a memoria
per la lezione susseguente.
Tutta la materia può svolgersi in uno o
due anni di scuola ad alunne che sappiano
leggere correntemente.
Se malgrado ogni mio studio nella scelta
della materia, e nella trattazione di essa,
non sono riuscito a fare un libro utile e
buono, quale l'ho vivamente desiderato, voi,
signore Maestre, tenetemi conto del buon
volere, e con l'esperienza vostra correggete
i difetti dell'opera mia.
Roma, marzo 1880.
FELICE GARELLI.
1.La voce della coscienza.
Dimmi, cara giovinetta, quando hai adempito
con diligenza i tuoi doveri, o fatta una buona
azione, non provi tu una contentezza nel cuore?
E quando hai fatto qualche cosa che è male,
non senti dentro di te un rimprovero, un rimorso?
Oh sì! Prima che i genitori, o la maestra, ti
lodino, se ti regolasti bene, oppure ti sgridino, se
fosti cattiva, c'è dentro di te stessa chi ti avverte
del bene, e del male che hai fatto.
E chi è? - La coscienza?
Ascolta, giovinetta, questa voce interna: essa
viene da Dio che vede tutto, e sa tutto. Abbi sempre
la coscienza per guida delle tue azioni: essa
ti fa conoscere ciò che è bene o male; ciò che è
2.Iddio creatore.
Nella nostra coscienza è scritto a grandi caratteri
il santo nome di Dio. E perchè?
Perchè a Dio siamo debitori della vita, e di
tutto; perchè ogni cosa parla di Dio ai nostri occhi,
al nostro spirito, al nostro cuore.
Alza gli occhi al cielo: vedi il sole, la luna, le
stelle. Qual magnificenza!
Volgi gli occhi intorno a te: ecco montagne,
vallate, acque, pianure; ecco alberi, erbe, fiori;
ecco animali d'ogni specie sulla terra, nell'acqua,
nell'aria. Quanta varietà! quanta bellezza!
Tutte queste cose sì belle, sì grandi, sì buone,
le ha create Iddio che è onnipotente, che può tutto
quello che vuole. Dio è il creatore, e il padrone
del mondo: e noi siamo le sue predilette creature.
Il Signore Iddio, infinitamente buono, ci
ama, e ci fa del bene ogni giorno, ogni ora, ogni
istante della nostra vita.
Giovanetta, adora il Creatore; ringràzialo dei
3.La preghiera.
Tutto ci viene da Dio. Da noi soli, senza lo
aiuto suo, si può far nulla di bene. Chi vuol far
bene deve cominciare da Dio.
Prega dunque il buon Dio che ti assista, e ti
aiuti a far bene. A lui rivolgi i primo pensiero del
mattino, e l'ultimo della sera; comincia i tuoi lavori
col nome di Dio, e finiscili ancora col suo
nome.
La preghiera sia pur breve, ma divota, fervorosa,
fatta proprio col cuore. Pregando pensa
che parli con Dio che legge dentro l'anima tua.
Molte ragazze pregano solamente con la bocca:
con la mente pensano a tutt'altro; con le mani
si trastullano; con gli occhi guardano di qua e di
là. Le preghiere fatte in tal modo, senza unirvi
la mente ed il cuore, sono peggio che inutili: Dio
non le ascolta.
Meglio pregar poco, ma bene: meglio il cuore
senza le parole, che le parole senza il cuore.
4.La casa di Dio.
Dio si onora, e si prega in ogni luogo, e in ogni
tempo.
È preghiera il lavoro; è preghiera ogni opera
buona; è preghiera l'adempimento d'ogni nostro
dovere.
Ma il luogo specialmente destinato per onorare
e pregar Dio è la chiesa. Quella è la sua casa,
luogo di pio raccoglimento, e immagine del paradiso.
Nella chiesa ci sembra di essere più vicini a
Dio; la nostra fede in lui è più viva, e più fervorosa
è la preghiera.
Là sentiamo proprio d'essere tutti fratelli, tutti
figlioli dell'istesso Padre che è ne' cieli. Poveri
e ricchi, servi e padroni, giovani e vecchi, tutti
uniti in un solo affetto, si prega insieme, e si invoca
la benedizione del Signore sulle nostre famiglie,
su tutto il paese, su tutti gli uomini della
terra.
Dimmi, o giovanetta, perchè uscendo dalla casa
di Dio ti senti consolata, e più contenta? Perchè
ti sembra di essere migliore di prima.
5.La domenica.
La domenica è giorno del Signore; e il Signore
vuole che si consacri al riposo, e alla preghiera.
Come è desiderato questo giorno!
Fin dalle prime ore del mattino, uomini, donne,
ragazzi, tutti sono in moto. Chi ripulisce e mette
a posto gli arnesi campestri; chi spazza l'aia, e la
stalla; chi dà ordine alla casa.
Il cuore fa festa, e vuole che tutto abbia un
aspetto più gaio. Si vestono gli abiti più belli per
andare a messa ed a vespro: per via, e sul piazzale
della chiesa, è un ricambiarsi continuo di saluti
amichevoli.
Sembra che in questo giorno tutti si voglian
più bene; si rammentano i cari lontani, e anche
i trapassati; si scrive al figliolo, o al fratello che
andò soldato; si legge qualche pagina di un libro
istruttivo, o morale, e vi si ragiona sopra.
Così le ore fuggono, come fossero minuti. Ma
la giornata non finisce senza una qualche opera
buona: si ricorda qualche vecchia ammalata priva
di tutto, e le si porta anche solo un po' di pane;
ma le si reca insieme una parola di conforto, che
le giova più del pane.
6.I genitori.
Se ti domando, o giovinetta: quali persone ami
di più al mondo? Io già indovino la pronta risposta
del tuo cuore, e della tua coscienza: tu ami
sovra tutti il padre tuo, e la madre tua.
E hai ben ragione di amarli tanto, di amarli
più d'ogni cosa al mondo. A loro, dopo Dio, tu
devi la vita, la salute, tutto quello che hai. Còntali,
se puoi, i benefizi che hai ricevuti da essi, e
quelli che tuttodì ne ricevi!
I genitori vivono per i figlioli; pensano continuamente
ad essi, lavorano senza posa, per provvedere
ai loro bisogni; per essi son pronti a dare
anche la vita.
Quante notti vegliò la buona mamma presso
la tua culla, e quante cure affettuose si prende
ogni giorno per te!
Quante fatiche sostiene il tuo buon padre, per
procurarti il necessario alla vita! Quanti risparmi,
quante privazioni non fa egli per te?
E in compenso di tante cure, e di tante fatiche,
non desiderano altro che di vederti crescere sana,
costumata, obbediente, giudiziosa.
7.Onora il padre tuo e la madre tua.
I genitori sono l'immagine di Dio sulla terra;
noi dobbiamo amarli, onorarli, obbedirli. Chi
onora i genitori, onora Dio; chi li ama, ama Dio;
chi gli obbedisce, obbedisce Dio.
Il Signore fece a tutti questo comandamento:
«Onora il padre, e la madre, se vuoi vivere lungamente
sopra la terra».
Guai a chi trasgredisce il comando di Dio!
Guai alla figliola che dà dispiacere ai genitori,
e non li rispetta come deve!
Guai a chi fa piangere la sua madre! Dio
conta quelle lagrime, e la cattiva figliola piangerà
poi per tutta la vita.
8.Obbedienza.
Se vuoi proprio bene ai genitori, devi cercare
di far sempre quello che ti dicono; devi ricordare
i loro avvertimenti, devi eseguire con diligenza
i lavori che ti assegnano.
9.Fratelli e parenti.
Claudio e Maria sono fratello e sorella, e si
vogliono bene, come debbono volersi bene tra
loro i fratelli; si aiutano nei lavori, e nelle faccende
di casa: non avviene mai che si bisticcino
fra loro, o si guardino storto.
Ma io ne conosco altri che non vanno guari
d'accordo, che si fan dei dispetti, che si tengono
il broncio per un nonnulla. Costoro, a vederli, non
si direbbero fratelli, cresciuti nelle braccia della
stessa madre, allevati insieme, vissuti della medesima
vita, come rami di una stessa pianta.
Quanto sta male il farsi brutta ciera tra fratelli!
l'essere come cane e gatto! È un vero supplizio!
A volersi male, non si guadagna altro che
male.
Sii dunque compiacente, amorevole coi fratelli.
Se sono maggiori di te, devi obbedirli, e ascoltare
i consigli che ti danno pel tuo bene.
Se son più giovani, devi con affettuose cure
aiutarne l'allevamento, e l'educazione.
Il nonno, e la nonna ti amano più che se fossi
10.Ama il prossimo come te stessa.
Il tuo affetto non si deve limitare alla famiglia.
Fuori di essa tu hai altri fratelli.
Le compagne di scuola, i vicini, i conoscenti,
tutti gli uomini della terra sono prossimo tuo,
sono tuoi fratelli.
Tutti gli uomini devono amar te, e tu devi
amare tutti gli uomini, e fare ad essi il maggior
bene che puoi. Così vuole il Signore.
Dio disse a tutti gli uomini:Amatevi l'un
l'altro come buoni fratelli, come foste una
sola famiglia. Ognuno faccia agli altri quello
che vorrebbe fosse fatto a lui, e non faccia
agli altri ciò che non vorrebbe a lui venisse
fatto.
Il Signore vuole da noi anche più: Gesù Cristo
disse a tutti gli uomini: Amate i vostri nemici,
fate bene a coloro che vi odiano, pregate per
coloro che vi perseguitano. Io terrò come
fatto a me stesso quello che farete a pro degli
altri, e ve ne compenserò, chiamandovi a possedere
il regno de' cieli.
Perchè noi potessimo eseguire il suo comando,
Iddio ci ha fatto il cuore capace di un amore infinito:
Egli infuse nell'anima nostra la virtù della
carità.
È questa la più bella, la più santa, la più divina
delle virtù. Essa ci insegna ad amare, a
compatire, a perdonare, a beneficare.
Felice chi ascolta i consigli della carità! Egli
cammina dritto nella via del bene, e si rende caro
agli uomini, e a Dio.
Giovinetta, accogli nel tuo cuore la carità: ama
il prossimo come te stessa. Questo amore ti darà
le più dolci consolazioni nella vita presente, e ti
prepara il premio nella vita futura.
11.Le opere della carità.
Si hanno mille modi, e mille occasioni di esercitare
la virtù della carità.
Un povero sfinito dalla fame, intirizzito dal
freddo, chiede un tozzo di pane, e un ricovero per
la notte. Tu dividi con lui la polenta, e lo ricoveri
nella stalla.
egoista chi non ama che sè, e la sua famiglia.
Volendo bene a tutti gli uomini, come comanda la
carità, si ama ancora più vivamente la famiglia,
i parenti, gli amici.
È mancanza di carità lo sparlare dei fatti altrui,
il rifare il verso al balbuziente, al gobbo,
allo sciancato. Anche il farlo per celia, sta male
quel che dà dispiacere ad altri.
È d'animo cattivo chi sente invidia del benessere
altrui, chi si rallegra del male.
Chi non ha carità, non ha cuore. E chi non
ha cuore è un disgraziato, fosse anche carico
d'oro.
12.Parla poco.
È un difetto comune alle giovinette quello di
chiacchierare un po' troppo: ed è un brutto difetto,
del quale molte volte si hanno a pentire.
Chi troppo ciarla, spesso falla, o dice sciocchezze.
Parlare è facile, ma parlare bene e a proposito,
è difficile. Parla poco; e sbaglierai meno.
Per parlar bene quando devi parlare, sappi
tacere quando devi tacere.
Parlare poco, e a tempo, è da persona savia.
Perchè Dio t'ha dato due occhi, due orecchi,
e una lingua sola? Hai due occhi per veder
molto, due orecchi per ascoltar molto, e una sola
lingua per parlar poco.
Dunque ascolta molto, e parla poco. Chi parla,
semina; chi tace, raccoglie.
Sopra tutto guardati dal brutto vizio di metter
bocca nelle cose che non ti spettano; di sentenziare
sui fatti altrui; di ridire tutto quello che
vedi, o senti, e che può recar danno, o molestia
altrui: ti guadagneresti i nomi di ciarlona;
dottoressa; maldicente; pettegola; maligna.
Ti piacerebbe di essere battezzata così? Bada
dunque a te, e non ti avanzerà più tempo ad
occuparti degli altri. Tieni a mente il proverbio:
Dei fatti altrui, men se ne sa, meglio
si sta.
Compatisci gli altrui difetti, se vuoi che gli
altri compatiscano i tuoi.
Il tuo parlare sia sempre schietto, verace, e
prudente.
Se ti si confida un secreto importante, guàrdati
bene che non ti esca di bocca.
Non confidare ad amiche quello che non vuoi
che si sappia. Vedi quello che accade, quando tu
fai una confidenza ad un'amica, a patto che non
la dica a nessun'altra. Questa la ripete solamente
a una sua amica fidata, e le impone la
stessa condizione del silenzio. La seconda amica
la ripete a una terza. Così d'amica fidata, in
amica fidata, il secreto gira, e gira tanto che arriva,
e assai presto, alla persona cui tu intendevi
di non lasciarlo arrivare mai.
Se dunque vuoi che un secreto non si divulghi,
sappilo custodir bene.
Ma ricòrdati che pel babbo, e per la mamma
non ci hanno da essere secreti.
13.Le bugie han le gambe corte.
Molte fanciulle hanno il vizio di dir le bugie;
le dicono per nascondere qualche loro mancanza,
per evitarsi un rimprovero, o un castigo.
la bugia ha le gambe corte; appena detta
è scoperta; la si legge sul volto, e negli occhi;
corre su pel naso di chi la dice.
Un bugiardo si conosce più presto che
uno zoppo; la verità, come l'olio, viene a
galla.
Ma poi, anche non si venisse a scoprire la
bugia, forse che Dio non vede nel cuore? Non lo
sa la coscienza?
La bugia è un vizio brutto, e schifoso, che
fa nell'anima una macchia più nera dell'inchiostro.
La bugia è il primo passo al mal fare. Per ciò
i bugiardi, e gli impostori sono disprezzati da tutti.
A chi è conosciuto bugiardo non si crede più nulla,
neanche se dice la verità.
Peppina ha commesso un piccolo fallo; lo confessò
subito, e le fu perdonato. Peppina è una
ragazza sincera; non dice mai quel che non è, e
tutti le vogliono bene.
Quando si manca, bisogna confessare la propria
mancanza, come ha fatto Peppina. Bisogna dir
sempre la verità, anche se, a dirla, ce ne vien
danno. È brutta cosa aver due lingue. Non si
deve mai dire il falso; anche quando, a dire il
falso, può venirne vantaggio.
14.Una ragazza che non sa farsi amare.
Agnese è una fanciulla stizzosa, e superba; vuol
sempre aver ragione, perfino quando manca; non
sa adattarsi mai al genio degli altri, pretende
che tutti facciano a modo suo; è prepotente coi
fratelli, con le sorelle, con le compagne.
Tutti vedono in lei questi difetti; ella sola non
li vede; anzi, a sentir lei, tutti le fanno dispetti,
tutti le vogliono male.
Ma come si fa a volerle bene?
Le ragazze ostinate, seccanti, permalose, somigliano
alle mosche. Chi può amare le mosche?
Chi le vuole intorno? Tutti le cacciano, perchè
sono noiose, perchè molestano sempre.
Le ragazze puntigliose, e maligne sono anche
peggio delle mosche; somigliano alle vespe; e
tutti cacciano via le vespe, perchè la puntura di
esse fa male.
Se Agnese non si corregge di questi suoi difetti,
15.Bontà e bellezza.
Geltrude è una ragazza piuttosto belloccia;
ma ha un gran difetto. Sa di esser bella, e se ne
tiene. Crede che il maggior pregio d'una fanciulla
consista nella bellezza del corpo, e trascura
la bellezza dell'anima, che è molto, ma
molto più importante.
Caterina, sua compagna, non è tanto bella;
ma è altrettanto più modesta, e virtuosa. E tutta
la gente loda la buona Caterina, e la porta ad
esempio delle buone figliole.
La sola bellezza, scompagnata da virtù, non
fa merito. Ognuno è bello, o brutto, come Dio l'ha
creato. Fa merito e onore l'essere buoni. Chi è
brutto, ma è buono, val meglio di chi è solamente
bello.
Il proverbio dice bene: «Bellezza, senza
bontà, è come vino svanito. Beltà passa,
bontà rimane».
La bellezza del corpo è come quella di un fiore:
oggi fresco, domani appassito. Guarda la rosa:
16.La violetta.
Tu conosci la violetta mammola. Essa è l'immagine
della modestia: col suo colore non dà
nell'occhio, ed anche si sta nascosta sotto le
foglie.
La violetta non grandeggia sullo stelo; non
risplende per sfoggio e pompa di colori; ma è là
umile umile, e per vederla, bisogna andarla a
cercare.
Ma a chi la cerca, e la trova, dà bella vista, e
odore soave; e però le mammolette sono pregiate
e cercate, e avute care più assai di certi
fioracci prosontuosi che brillano di vivi colori,
levano su la testa sopra tutti gli altri, e poi, in
vece di odore, fanno puzzo.
17.Chi è pronto all'ira è facile al male.
Maddalena ha cuore, e in fondo è una buona
ragazza; ma ha un difetto che guasta tutte le sue
buone qualità.
Maddalena si lascia prendere facilmente dalla
rabbia, e allora non ragiona più; non sa più quel
che si fa; batte i piedi, stringe i pugni, mette la
spuma alla bocca, la faccia rossa di fuoco.
Come è brutta allora Maddalena! Se si vedesse
in uno specchio, n'avrebbe paura!
18.Le buone e le cattive compagne.
Chi trova un buon compagno, un buon amico,
trova un tesoro.
È buon amico chi ti vuol bene, e ti consiglia
al bene; chi gode delle tue contentezze, e si affligge
delle tue disgrazie, e soccorre alle tue necessità.
Specialmente nei bisogni, e nelle sventure si
conoscono i veri, e i falsi amici; questi fuggono
quando fa cattivo tempo; gli altri rimangono, ti
aiutano quanto più possono. E questi tienli preziosi,
e ricambiali di vivo affetto.
Del resto è meglio esser soli, che male accompagnati.
Se pratichi ragazze cattive, anche
Il cane, se va col lupo, impara ad urlare;
chi pratica lo zoppo impara a zoppicare.
Dimmi con chi vai, ti dirò chi sei.
Scegliti dunque a compagne delle fanciulle
buone, giudiziose; e come tu avrai sempre a lodarti
di loro, fa che esse abbiano sempre a lodarsi
di te.
19.Sii contenta della tua condizione.
A molte contadine sembra di toccare il cielo
col dito, se possono andare in città, come operaie,
o serve di casa.
A loro giudizio la città è una cuccagna, dove
si guadagnano di molti danari, si veste da signori,
e si mena vita allegra, e senza fastidi.
cambia gli occhi con la coda.
In città non è più la vita quieta, e modesta del
villaggio: là non si respira, si soffoca.
Non è più il lavoro alla pien'aria, sotto la
vôlta del cielo, e cantando allegre canzoni: là si
sta all'opra tutto il dì in luoghi chiusi, poveri
d'aria, e di luce.
Non avresti più la tua casetta in mezzo al
verde prato, nè la stalla, dove s'accolgono i
vicini alle veglie d'inverno: abiteresti una soffitta
freddissima d'inverno, e infuocata nella
state.
Non fa invidia l'operaia di città: essa non è
più felice di te; essa conosce più da vicino che
cosa è la miseria; il salario troppo spesso non
basta per lei, e per la sua famiglia.
Tutto il mondo è paese: in città, come in
campagna, per vivere bisogna faticare. Il lavoro
bell'e fatto, e il pane a ufo non si trovano in
nessun luogo.
Ogni stato, mia cara, ha le sue spine: forse il
tuo ne ha meno degli altri.
Quindi non hai ragione di invidiare la condizione
altrui, neppur quella del ricco, che a te
pare il più felice degli uomini, sol perchè ricco.
Non è tutt'oro quel che luce; nè basta la ricchezza
a dare la felicità.
È felice chi si contenta del suo stato, e col
proprio lavoro si studia di migliorarlo. E tu
questa felicità te la puoi procurare nel tuo paese,
e nella tua famiglia.
Resta dunque dove sei; e sarà pel tuo meglio.
Nella tua casa non sei di troppo: c'è lavoro
anche per te; e ci sono consolazioni, e gioie che
la città non ti può dare.
20.Il dovere del lavoro.
Tutto viene dal lavoro. La casa che ci ricovera,
gli abiti che ci vestono, i cibi che ci alimentano,
sono frutto del lavoro.
È il lavoro che fa vivere il mondo: perciò Dio
lo impose agli uomini come un dovere, e come
una necessità.
Giovani e vecchi, uomini e donne, fanciulle e
ragazzi, ognuno è obbligato a lavorare secondo
la propria forza.
Il tuo dovere, o giovinetta, è ora quello di
attendere alla scuola, di aiutare in casa, e di
compiere i più semplici lavori che convengono
alla tua età.
L'arte del coltivatore dà lavoro a tutti, anche
ai ragazzi.
21.Le gioie del lavoro.
Per una brava giovinetta il lavorare non è
fatica; è un dovere, ma è anche un piacere.
Dopo una giornata bene spesa nel lavoro,
come si è di buon umore! Con che appetito si
mangia! Come si dorme bene!
Questa gioia del lavoro cresce ogni giorno, ci
fa contenti del nostro stato, e ci anima a continuare
nella stessa vita attiva e laboriosa.
Napoleone I, mentre passava a cavallo per una
foresta, vide un boscaiuolo che lavorava, e cantava
allegramente, ed esclamò: «Vedi quell'uomo;
si guadagna il pane con tanta fatica,
eppure sembra felice!» E accostatosi a lui, senza
essere conosciuto, gli domandò:
22.Il premio del lavoro.
Dio ci obbliga tutti al lavoro; ma ci fa trovare
in esso una sorgente di felicità, e di benessere per
noi, e per le nostre famiglie.
Il lavoro ti dà come premio la robustezza del
corpo, la pace dell'anima, la sicurezza contro la
miseria, la stima della gente onesta.
Dacchè mondo è mondo, s'è sempre visto l'agiatezza
tener dietro al lavoro; e s'è pur sempre
visto la miseria tener dietro all'ozio.
l'attività è madre della
prosperità, e si verifica tutto dì, e in ogni luogo.
L'essere agiati e contenti, o poveri ed infelici,
dipende in gran parte da noi, cioè dalla nostra
attività, o poltroneria.
Passa in rassegna quante famiglie conosci, e
dimmi: dove trovi tu l'agiatezza, e la buona armonia?
Nelle famiglie laboriose.
Dove trovi la discordia, e la miseria? Nelle famiglie
date all'ozio.
La famiglia di Carlambrogio è la più ricca, e la
più stimata del paese. Ma non fu sempre ricca
così. Il lavoro fu il secreto della sua fortuna.
Al contrario la famiglia di Tonio, già benestante,
è ora ridotta alla miseria. E perchè?
Perchè a cominciare da Tonio, tutti in quella famiglia,
a lavorare si stancano presto, e stanno
volentieri con le mani in mano.
23.Consigli d'oro.
Carlambrogio insegna l'attività ai suoi figlioli
con l'esempio, e coi consigli: spesso ricorda loro
queste sentenze:
Le gambe sono fatte per camminare, e le
braccia per lavorare. Chi lavora, guadagna
la propria vita; chi non lavora, la ruba. Chi
lavora, non teme miseria; anche povero, è
sulla via della fortuna. La pigrizia trova
tutto difficile; il lavoro rende tutto facile. La
pigrizia cammina adagio, e la povertà fa
presto a raggiungerla. La chiave che sempre
si adopera è lucente; quella che non si usa si
copre di ruggine: così il corpo col lavoro si
fortifica, nell'ozio si logora.
L'acqua, se corre, si mantiene limpida, e
buona; se ristagna, si fa torbida, e limacciosa;
così l'anima col lavoro si conserva
bella, e pura, e con l'ozio si empie di vizi,
come l'acqua stagnante di insetti schifosi.
L'ozio fa al corpo, ed all'anima, ancora
peggio che il riposo all'acqua, e la ruggine
al ferro. L'ozio è il padre d'ogni brutto
vizio: il lavoro è guida alla virtù. L'ozio
avvilisce l'uomo: il lavoro lo fa stimato
da tutti.
Ascolta, giovinetta, i buoni consigli di Carlambrogio:
e anche tu proverai che il lavoro è gioia,
è salute, è ricchezza.
24.Il buon uso del tempo.
Il tempo è un tesoro che non costa un soldo;
ma se lo perdi, non lo puoi comprare, neppure
a pagarlo un milione.
Un buon oggi, dice il proverbio, vale due
domani: e molte volte il domani non è più a
tempo.
25.La costanza riesce a tutto.
Sì, giovinetta: con la pazienza, e la volontà, si
viene a capo di tutto; senza costanza tutto va
male, e non s'arriva a far nulla.
Per riuscire in un lavoro, bisogna farlo con
calma, e perseveranza, e non sgomentarsi delle
prime difficoltà che s'incontrano.
Se il lavoro che hai da fare è lungo, e pesante,
non potrai finirlo nè in un giorno, nè in due;
ma vi arriverai al fine, se tutti i giorni, senza
perder tempo, ne farai un po'.
Il mondo non fu fatto in un giorno; — un
albero non cade al primo colpo di scure.
Se è un lavoro difficile, mèttivi tutta l'attenzione
che puoi. Se non ti vien fatto subito a modo,
non devi perderti d'animo, e dire: «È inutile,
tanto non mi riesce»; continua, e riuscirai. Si
sa che nessuno nasce maestro. Anche qui ricorda
i proverbi: Chi fa falla; — provando e
riprovando si impara; — col vedere quel che
non va, si capisce quel che va.
Tutte le cose sono difficili, prima di diventar
facili. Quando si guarda una montagna dal piede,
sembra impossibile di salirne la cima: è così
alta! così erta! Pròvati a salire, e trovi ombre,
chi
vuole, può. Sii dunque ferma, e perseverante
nei buoni propositi, se vuoi che ti riesca bene
quanto imprendi a fare.
26.Impara dalla formica e dall'ape.
Sii previdente; fin da giovane pensa all'avvenire.
Chi lavorando non pensa al domani, confida
troppo nel tempo, e bene spesso se ne pente. Oggi
è nell'abbondanza; domani può trovarsi nella
miseria.
Impara dalla formica ad essere previdente, e
prudente. Essa non perde un minuto; va, viene;
trova qualche granello, e lo porta nel suo buco;
poi ritorna sollecita al lavoro.
il sole del mattino non
dura sempre fino a sera; e chi spende in
gioventù, digiuna nella vecchiaia.
27.La creanza.
Alle virtù, che ti ho fin qui raccomandate,
aggiungi ancora la creanza, che è una virtù
molto pregevole.
Anche senza galateo puoi essere una brava
fanciulla. Ma un po' di buona creanza è necessaria
il bel tratto trova tutte le
porte aperte — La creanza costa niente, e
compra tutto.
Ma ricòrdati ancora che la gentilezza delle
maniere vuole avere a compagna la bontà del
cuore.
28.L'istruzione.
Ai tempi d'una volta l'istruzione era privilegio
di pochi; gli artigiani, i coltivatori, la
poveraglia non sapeva far l'O con un bicchiere;
e i conti si facevano con le dita. Le donne di
campagna poi non si sognava nemmeno che fosse
necessario istruirle.
Allora così andava il mondo. Ma oggi si
nasce con gli occhi aperti. Oggi tutti si va a
scuola, poveri e ricchi. E più si è poveri, più
si ha bisogno della scuola: e ai contadini fa
mestieri, quanto a ogni altro.
Alla scuola s'impara a scrivere, se occorre,
quattro parole ad un lontano; a fare una ricevuta;
a tenere i conti; a far calze, a cucire
di bianco, a rammendare. E s'imparano altresì
la pulitezza, l'ordine, l'abitudine al lavoro, i
doveri del proprio stato. Forse che tutto ciò è
inutile?
L'ignoranza a che giova? Lascia la gente
nell'impotenza, e con la testa piena di pregiudizi,
il che è anche peggio. Perciò fu detto
con ragione, che l'ignoranza è la peggiore
delle miserie.
La donna che sa, fa bene i fatti suoi. Chi
si affatica per sapere, lavora per avere, e si
fa strada alla fortuna.
Un tempo le scuole erano pochissime, e ad
istruirsi c'erano grandi difficoltà per la povera
gente. Ma ora l'istruzione è a tutti obbligatoria
per legge; in ogni villaggio vi hanno scuole
per maschi, per femmine, per fanciulli, e per
adulti, con buoni maestri, e bene ordinate. Non
si ha che la fatica di andarvi. Epperò oggidì
chi rimane ignorante, colpa sua.
29.L'angelo della casa.
Una giovinetta è l'angelo della casa, se teme
Iddio, e osserva i suoi comandamenti;
Se venera, ed obbedisce i genitori; ama i fratelli,
e i parenti; e si adopera volonterosa in loro
servizio;
Se ama eziandio il suo prossimo, e fa ad esso
il maggior bene che può, e sempre che può;
Se ha il cuore buono, ed umile;
Se dimentica quel che dà, e ricorda quel che
riceve;
Se gode del benessere altrui, come del proprio;
Se usa buone maniere con tutti;
Se è contenta della sua condizione;
Se lavora con lieto animo, e più per gli altri,
che per sè;
30.Il diavolo della casa.
Una ragazza non è più l'angelo della casa,
ma ne diventa il diavolo, se è bugiarda e maligna;
Se non sa che cosa fare delle proprie mani;
Se lascia la casa, per correre dalle comari del
vicinato a menar con esse la lingua sul conto del
prossimo;
Se si mangia di nascosto i buoni bocconi, e
prepara una cattiva cena per gli altri;
Se spesso si guarda allo specchio, e vorrebbe
mutar vestito ogni domenica, come si cambia la
camicia;
Se non ha cura dei vecchi, compassione degli
infelici, e amore dei bambini;
Se è ignorante, e non vuole istruirsi;
Se non ama l'ordine, e la nettezza;
Se non è contenta del proprio stato, e invidia
l'altrui;
Se fa consistere la religione nella bigotteria;
e per essa trascura i suoi doveri.
31.Proverbi morali.
I doveri morali che ti ho esposti, e i consigli
che ti ho dati, sono espressi in molti proverbi
assai comuni fra il popolo. Eccone alcuni di saggio,
che raccomando alla tua memoria:
1.Le buone azioni sono la benedizione della
nostra vita.
2.Il corpo è sostenuto dagli alimenti; e l'anima
dalle buone azioni.
3.Le radici della virtù sono amare, ma i
frutti dolci.
4.Non si comincia bene, se non dal cielo.
5.Chi comincia male, finisce peggio.
6.Fa il dovere, e non temere.
7.Chi ben vive, ben muore; chi vive male,
muore peggio.
8.Ogni tempo è buono al ben fare.
9.Il buon dì si conosce dal mattino.
10.Chi ben fa, ben trova.
11.Chi mal fa, mal pensa.
12.La botte dà del vin che ha.
13.Fuggi l'occasione, se vuoi fuggire il peccato.
1.La salute è un tesoro.
Si fa gran conto del danaro, della roba, e
si cura poco la salute: eppure essa vale assai
più.
La salute è il più prezioso dei beni che possediamo.
Se ci manca questo dono di Dio, a
che giovano tutte le altre ricchezze? La vita
stessa a che cosa serve a chi non è robusto, e
sano?
Quale tesoro sia la salute, si aspetta a conoscerlo
dopo che si è perduta: quando una malattia
ci fa impotenti al lavoro, inutili a noi,
e di peso agli altri, allora si comprende quanto
vale.
igiene, ossia lo studio
della conservazione della salute, è una virtù,
e insieme un dovere impostoci da Dio.
2.L'aria è un bisogno della vita.
Bada bene, ragazza mia, a quel che ti dico
dell'aria e della luce: esse sono i due primi
bisogni della vita.
Senz'aria non possono vivere nè gli animali,
nè le piante.
Noi respiriamo l'aria per mezzo dei polmoni.
Le piante la respirano per mezzo delle foglie.
Se tu strappi ad una pianta le foglie due o tre
volte di seguito nell'estate, la fai morire, perchè
la privi dei suoi polmoni.
Lo stesso è degli animali. Se metti un topo,
od altro animaletto sotto una campana di vetro,
in cui l'aria non si rinnovi, lo vedrai morire,
appena consumata l'aria buona.
Il lume, la legna, il carbone, mentre ardono,
consumano pure l'aria buona; e sotto una campana
si spengono anch'essi.
Quindi capisci il perchè, a rimanere lungo
tempo nei luoghi chiusi, dove c'è molta gente, e
nelle stalle dove son troppi animali, ti senti oppressa,
e ti sembra quasi di soffocare. La ragione
è che l'aria di questi luoghi in breve tempo si
guasta. Se allora esci all'aperto, provi subito
come, e quanto fa bene l'aria pura.
in ogni stanza dove, o si mangia, o
si dorme, o si lavora, bisognerebbe che vi
fosse sempre un vetro rotto
. E perchè? Per
cambiare l'aria.
Persuàditi che un'abitazione non ventilata non
può essere sana; e la mancanza di aria pura fa
più danno, che la mancanza di cibo.
3.Luce viva.
Ama la luce; lascia che entri a pieno sbocco
nella tua casa, e nella stalla: essa, non meno
che l'aria, è indispensabile alla vita, e alla salute.
Alla luce del sole, e all'aria pura tu devi il
colorito delle guancie, e la robustezza delle membra.
dove non c'entra
raggio di luce, entra spesso il medico.
Ama dunque la luce; sia la ben venuta nella
tua casa, e nella stalla: essa porta salute, forza
ed allegria.
4.Le case campagnuole.
La casa è il luogo di riposo dalle fatiche,
e il nido della famiglia. Deve quindi essere
un luogo sano, arioso, allegro, dove si sta volentieri.
Ma al contrario, molte case campagnuole son
tuguri che fanno pietà.
Per lo più un'intera famiglia vive in una, o
due stanzacce, basse, umide, non ammattonate,
fumose, nere come la notte, dove l'aria, e la luce
entrano di straforo per un buco che tien luogo
di finestra. Più che un'abitazione di cristiani,
queste case si direbbero canili!
E a farle più malsane, quasi non lo fossero
già abbastanza, si aggiunge il letamaio. Questo
lo si mette proprio sull'uscio di casa; e non si
bada a raccoglierne il sugo, che in neri rigagnoli
solca l'aia, e qua e là si spande in laghetti. Bisogna
proprio essere senza naso, per non sentire
la puzza ammorbante che ne esala!
Per quanto si abbia una tempra robusta, come
si può vivere sani in luoghi sì fatti?
A dormire in camere umide, scure, c'è, pei
ragazzi specialmente, da perdere la salute per
sempre.
5.Le stalle.
Come le case, così le stalle: le bestie non hanno
miglior ricovero dei cristiani.
Le stalle ordinariamente sono basse, ristrette,
e quasi prive d'aria, e di luce. Il bestiame vi
è stipato; l'aria vi è guasta dalle esalazioni degli
animali, e dei loro escrementi, e non si rinnova;
anzi si fa uno studio di turare ogni apertura,
donde potrebbe venire un po' d'aria fresca, e
buona.
Il pavimento non è ammattonato; non c'è canaletto
per raccogliere le orine; la lettiera non
si cambia, se non è ben macerata; la umidità dell'aria
6.La stalla e la casa di Carlambrogio.
Carlambrogio sa quanto giovi un'abitazione
sana, e l'ha procurata a sè e agli animali.
La sua casetta guarda al bel mezzodì; da varie
finestre riceve abbondanza di luce; ha dinanzi
7.Nettezza della pelle.
La pulizia del corpo è la prima condizione di
salute.
Il tenersi puliti è anche un dovere per tutti,
pelle, che ti
avviluppa, entrano, ed escono le malattie.
Vuoi sapere che cos'è, e che cosa fa la pelle?
La pelle, osservata ben da vicino, è come un
crivello a minutissimi forellini, ed ha, nel suo
spessore, migliaia e migliaia di piccolissimi sacchetti.
Da questi sacchettini la pelle versa il sudore:
dai forellini respira, e traspira, ossia esala nell'aria
delle sostanze cattive, che il corpo ha bisogno
di cacciar via, per mantenersi sano.
Il sudore è sempre accompagnato da una sostanza
grassa, e vischiosa; questa, se non viene
tolta, forma, alla lunga, una crosta sulla pelle,
chiude i forellini, da cui esce il sudore, e ferma
la traspirazione, che è indispensabile alla vita.
Di più, questo strato di sozzura irrita la pelle,
genera delle pustole, ed è causa di malattie schifose,
ributtanti, come ad esempio la rogna, le
erpeti, ecc.
Vedi dunque se la pulizia del corpo è necessaria
a mantenere la salute.
8.Le ragazze sucide.
Guarda Filomena come è sucida! Nella faccia
e nelle mani sembra uno spazzacamino; ha la
testa arruffata; i piedi scalzi, e così sporchi, che
mette schifo.
Forse che in casa di Filomena non c'è acqua
per lavarsi? non c'è un pettine per ravviarsi i
capelli?
Io conosco altre ragazze che somigliano a Filomena;
che hanno paura, come lei, dell'acqua
fredda. Ne conosco di quelle che si lavano solamente
alla domenica. Ne conosco delle altre che
si lavano con la punta delle dita, con una sola
mano, come fa la gatta.
Ma fossero pulite come la gatta!
La gatta ama la nettezza: tutti i giorni si lava
il muso con lo zampino; si lecca ora qua, ora là;
si liscia il pelo. Se la arruffi, le fai dispiacere;
se la insudici, si impermalisce, e ti graffia, perchè
vuol essere sempre pulita.
Le ragazze sporche, come Filomena, dovrebbero
imparare la pulizia dalla gatta.
9.Gli abiti.
Vesti semplicemente, come si conviene alla tua
condizione: gli abiti grossolani, rattoppati, non
fan torto a nessuno.
Ciò che fa vergogna, sono gli abiti pieni di
lordure, e scuciti. Un po' di sapone per pulirli
dalle macchie, un po' di refe, e un ago, per rimendarli,
non costano un occhio: più s'indugia,
più il guasto si allarga, e non si potrà più riparare.
La camicia è un abito di prima ed assoluta
necessità.
10.Pulizia degli animali.
La pulizia è necessaria agli animali, non meno
che all'uomo. La loro pelle traspira molto; e,
pelosa com'è, raccoglie più facilmente la polvere,
parassiti,
e di malattie.
Perchè li vedi talora avvoltolarsi per terra,
fregarsi agli alberi, ai muri? Per liberarsi dalle
lordure, e far cessare il prurito che da esse deriva.
Se fai scorrere sul loro dorso la mano contropelo,
vedrai sollevarsi una polvere biancastra,
grassa, e molto malsana.
Dunque, si deve por mano alla striglia; e,
ogni giorno, far pulizia, se si vuole conservare
il bestiame in buono stato.
Da noi la stregghiatura si fa appena ai cavalli
e ai puledri. In Francia, e nella Svizzera, si
strigliano anche i buoi, le vacche, e le giovenche.
E come se ne trovan bene!
Entra in una stalla, dove ogni giorno si
stregghia: tu vedi animali pieni di salute, e di
vigore. Le vacche stanno meglio, e dan più
latte; i buoi da lavoro guadagnano di forza, e di
energia; e quelli da impinguamento ingrassano
più presto.
È una grande sciocchezza il credere che le
croste di letame, attaccate alla pelle, giovino
a ingrassare i buoi, i maiali, e a crescere il
latte alle vacche.
Bisogna dunque stregghiare regolarmente ogni
giorno le bestie.
governarle, si usino
queste avvertenze:
Si passa prima la striglia, con agilità e destrezza,
su tutto il corpo, risparmiando le parti
più sensibili, come la spina dorsale, le mammelle,
ecc. Si scorre leggermente sulle parti delicate,
il ventre, e le gambe. Si avverta di battere,
a quando a quando, la striglia in terra per cacciarne
la polvere. Si prende poscia la spazzetta
di radici, e la si passa da per tutto, specialmente
sulle parti non toccate, o poco, dalla striglia.
Si ripassa la terza volta tutto il corpo con
la scopetta, o spazzetta di crini, tenendo nell'altra
mano la striglia per nettare la scopetta.
Infine con la spugna, bagnata in acqua pura, si
lavano gli occhi, la bocca, l'ano, ecc.; e da ultimo,
con uno straccio inumidito, si liscia il pelo.
Non dimenticare il maiale. Tu lo vedi avvoltolarsi
nelle pozzanghere, e credi che esso ami le
sozzure. Sei in grande errore. Il porco si avvolta
nel pantano, perchè soffre il caldo, e cerca
la frescura.
Se vuoi allevare bei maiali, e ingrassarli presto,
lavali spesso con acqua, e tienli puliti.
11.Pulizia della casa e della stalla.
Non tutti i contadini possono avere casa e
stalla, come le ha Carlambrogio, e quali sarebbe
a desiderare l'avessero tutti, ampie, comode, e
belle.
Ma, comunque siano le abitazioni, tutti possono
mantenerle pulite: e questa pulizia rigorosa
è tanto più necessaria per quelle che non sono
troppo sane.
Il sucidume nella casa, e nella stalla, oltre che
un danno, è una vergogna per la gente che vi ha
fatto l'abitudine.
Come mai si può pensar bene delle donne di
una casa, dove trovi il pavimento coperto di sozzure;
le tele di ragno che pendono dai muri; la
polvere sui mobili; i vetri rotti; i letti non rifatti
da più giorni; odor di muffa e di rinchiuso
in ogni parte; il letamaio accanto al pozzo; e
altre simili porcherie?
Sei ora convinta che la pulizia del corpo, degli
abiti, della casa, è un dovere, ed anche una virtù.
Ebbene, non risparmia nè l'acqua, nè la scopa;
lava, e togli via ogni lordura; snida via i ragni,
i sorci, e le cimici.
In ogni angolo della tua casa, e nell'aia che
12.Perchè si mangia?
Perchè si mangia? Per vivere.
Tu mangi, e con quale appetito! perchè alla
tua età si ha bisogno di crescere, e invigorire le
forze. Gli adulti mangiano per conservare il vigor
del corpo, e la salute.
Oziosi, e lavoratori, mangiano tutti. Ma chi
lavora ha il diritto di mangiare, perchè mangia
per vivere, e lavorare. Egli non vive per
mangiare, come il fannullone. Chi non vuole
lavorare, non dovrebbe nemanco mangiare, perchè
egli vive inutilmente per gli altri, e per sè.
I contadini faticano molto; hanno dunque bisogno
di un nutrimento abbondante, e sostanzioso.
Più lavorano, più hanno bisogno di mangiare.
Perchè lavorino bene, bisogna che mangino
anche bene. Chi mangia bene è più forte, e fa
maggior lavoro.
Ma il mangiar bene non vuol dire mangiare a
crepapelle. Tutt'altro. Gli eccessi, e le indigestioni,
non fan bene a nessuno. Il mangione si
scava la fossa coi denti.
Mangiar bene vuol dire mangiare cibi sani e
quanto basta, non di più, e non di meno. In ciò
consiste la virtù della sobrietà, o temperanza.
Chi pratica questa virtù, unita a quella del lavoro,
vive bene, e lungamente.
13.Quel che si mangia e quel che si beve.
Il corpo si nutrisce con cibi, e con bevande. I
cibi levano la fame, e le bevande la sete.
L'uomo mangia di tutto. Egli ricava sostanze
alimentari dai tre regni della natura.
Prende carni, pesci, uova, latte, burro e cacio
dal regno degli animali; pane, polenta, riso,
regno dei vegetali; l'acqua,
e il sale dal regno minerale.
Tutti questi cibi non sono ugualmente nutritivi.
Il pane, specialmente quel di frumento puro
o misto a segala, nutrisce molto.
La polenta, il riso, le patate gonfiano lo stomaco,
e nutriscono poco.
Un cibo sostanzioso si ha nel latte, nelle uova,
e più ancora nella carne.
Il miglior nutrimento è dato dalla carne di bue,
di vitello, di vacca, e di maiale.
A molti fa schifo la carne di cavallo, e di asino;
e hanno torto. Questa carne è buonissima, più
che quella di pecora, di capra, di coniglio.
Il contadino, che di rado può regalarsi un pasto
di carne, ricorre ai legumi. I fagiuoli, i ceci,
i piselli, ecc. son la carne del povero; e infatti
nutriscono più del pane; ma vogliono esser cotti
bene, perchè si digeriscano facilmente.
Pel montanaro, che non ha pane, son pane le
castagne; e anch'esse, specialmente col latte, nutriscono
bene.
Alla varietà dei cibi corrisponde la varietà
delle bevande: acqua, vino, birra, sidro, caffè,
liquori, ecc.
L'acqua si beve a pasto, e fuor di pasto, per
spegnere la sete.
potabili, ossia
buone a bersi. Sono insalubri le acque di neve;
malsane le stagnanti. L'acqua veramente buona,
e salubre si distingue a questi caratteri: è limpida,
non ha odore, cuoce bene i legumi,
scioglie bene il sapone.
14.Mangia bene, e bevi poco.
Fra tanti cibi, passati in rassegna, c'è da scegliere
quanto si vuole, e mangiar bene.
Ma fa la scelta chi può; e tu non puoi: sulla
tua tavola non abbondano i cibi. Pure con quello
che è in casa, e si ricava dalla terra, si può vivere
bene; senza golosità; senza spreco; e con
vero guadagno di forza, di salute, e di lavoro.
Ascolta dunque, o giovinetta, i miei consigli.
Con sola polenta, solo riso, o sole patate, non si
è nutriti abbastanza: questi cibi rimpinzano lo
stomaco, ma un'ora dopo il pasto si è vuoti, e sfiniti
come prima.
latticini, o una minestra di
legumi, castagne, o pane, e, una o due volte la
settimana, un po' di carne.
Non è quel che si mangia che fa bene, ma quel
che si digerisce. Per digerire facilmente i cibi,
bisogna prima di tutto masticarli bene.
Dunque non mangiare in fretta e in furia;
non è buona creanza, e ti fa male.
Mangia con moderazione d'ogni sorta di frutta.
Bada, se vuoi schivar le coliche, e le indigestioni,
di non mangiare pane ammuffito, carne
che puzza, frutta acerba o mezza, legumi mal
cotti, patate o rape colpite dal gelo, o in via di
germinazione, castagne crude, o infortite, vino
torbido o guasto, funghi sospetti.
Bevi poco. Un po' di vino fa bene, specialmente
agli adulti, e ai vecchi; dà vigore al corpo,
rallegra il cuore, e lo spirito.
Ma alla tua età se ne deve bere poco, annacquato,
e ben di rado puro.
Crescendo negli anni, e fino alla più tarda età,
devi ancora berne poco, ma buono.
15.Bada ai funghi.
Ti darei subito il consiglio di non mangiare
mai funghi: e sai perchè? Perchè sono indigesti,
e quindi non giovano alla nutrizione; e poi a
mangiarli, si corre pericolo di esserne avvelenati.
E quante volte ciò accade!
Cercando funghi, o per mangiarli, o per venderli,
impara almeno a distinguere con sicurezza
i buoni, o mangerecci, che sono pochi, dai cattivi,
o velenosi, i quali sono moltissimi, e dai
sospetti, ossia da quelli che or sì, or no fan male,
secondo che hanno o poco, o tanto di veleno. La
tua ignoranza nel distinguerli farebbe pagare
crudelmente a te stesso, o ad altri, il peccato di
gola.
Se nella scuola, sovra una carta murale, fossero
disegnate, o colorate al vero, tutte le specie
e varietà di funghi, tu impareresti subito a scernere
i buoni dai cattivi.
In ogni caso rammenta questi consigli
6.Avvertenze sull'uso dei funghi.
Ad evitare funeste conseguenze dall'uso dei
funghi, segui queste norme:
1°«Non mangiar funghi, della cui bontà
non sei ben sicura.
2°«Neppure i funghi di buona specie non
mangiarli, se sono tarlati, guasti in qualsiasi
modo, raccolti troppo tardi, o troppo presto, e
non ancora bene sviluppati.
3°«Per quanto siano scelti, e cotti bene,
mangiane pochi, raramente, e mai di sera.
4°«Tienti ai soli funghi ceppatello, coccobenigno,
e spugnola, che tutti conoscono.
5°«Non comprare funghi secchi sui mercati,
e da gente in cui non hai fiducia, come in te
stessa.
6°«È falso che con un oggetto di ferro,
d'argento, o con un pizzico di prezzemolo si possano
riconoscere i funghi velenosi. È un pregiudizio
grossolano il credere che un ferro rovente,
immerso nell'acqua, dove i funghi stanno cuocendo,
distrugga il veleno di questi.
7°«Il miglior modo di preparare i funghi
è il seguente:
«Nettati, e tagliati a piccole fette, si lasciano
17.Prime cure agli avvelenati dai funghi.
I segni di avvelenamento prodotti dai funghi
sono: nausee, bruciori o peso al ventricolo;
indi sforzi di vomito, spasimi e dolori atroci
al ventricolo; poscia dolori di ventre, qualche
volta diarrea, tremori, freddo alle estremità;
contrattura dei lineamenti, angoscia indescrivibile;
finalmente sudori freddi, convulsioni,
deliquii, delirio, svotamento di intestini,
sfinimento, torpore generale, morte.
I primi sintomi appariscono di solito alcune
ore dopo il pasto. Bisogna ricorrere tosto ai rimedi.
Innanzi tutto si cerca di provocare il vomito,
vellicando l'ugola, e le fauci, colla barba di una
penna, o con un fuscellino di paglia; premendo,
colla punta del dito indice e del medio, sulla base
della lingua; ingollando bevande tepide, per esempio,
l'infuso di camomilla.
Rigettate col vomito le materie contenute nel
ventricolo, si prendono generosi sorsi di acquavite,
rhum, caffè caldo, buon vino, per impedire,
e paralizzare gli effetti del veleno già assorbito.
Gli stessi liquori stimolanti si prendono in
larga dose, quando già fosse trascorso molto
tempo dal pasto, e dalla comparsa dei primi sintomi,
e già grave si manifestasse il pericolo della
vita.
Nel frattempo che si dànno questi primi soccorsi
all'infermo, si mandi sollecitamente pel
medico.
18.Sta in guardia col vasellame di cucina.
Le famiglie campagnuole povere usano per la
cucina stoviglie di terra cotta: e fanno benissimo.
Al contrario le famiglie agiate hanno tutte
l'ambizione di possedere in quantità paiuoli, caldaie,
pentole, padelle, e casseruole di rame; e
fanno male.
19.Perchè gli animali mangiano?
Gli animali mangiano anch'essi per crescere,
per mantenere le forze, e per produrre.
I vitelli, perchè sono sul crescere, mangiano
con molto appetito. Un bue che lavora, mangia
più di un altro che resti alla stalla. La vacca
che dà molto latte mangia più di quella che ne
dà poco, o nulla.
Da ciò comprendi che l'aumento delle forze,
il lavoro, il latte, dipendono dalla nutrizione.
L'erba e il fieno, nel corpo degli animali, si
cambiano in latte, in carne, in forza, in concime.
Gli alimenti formano il miele delle api, la
seta del baco, l'uovo delle galline, la lana delle
pecore, il lardo del maiale, il grasso degli animali
da impinguamento.
Dunque gli animali bisogna nutrirli bene, se
li vogliamo buoni, ed utili. Il proverbio dice che
«la buona greppia fa la buona bestia».
Impara dunque, o giovanetta, a governar
bene il bestiame, e vedrai quanto ne profitta
la borsa.
20.Allevamento dei vitelli.
Ti parlerò più specialmente degli animali bovini,
che sono tanta parte della tua industria.
E comincio dai vitelli.
Dal modo con cui questi si allevano, dipende
la salute, la forza, che avranno gli animali adulti,
e dipende la qualità, e la quantità dei prodotti
che si richiedono da essi.
Se vuoi ottenere vitelli sani e vigorosi, fa quel
che ti dico:
Nella prima settimana della loro vita làsciali
colla madre; ma bada che non poppino fino a
sazietà. Ingordi come sono, e ancora deboli di
stomaco, possono farne indigestione da morire.
Quando li avrai separati dalla madre, a questa
li condurrai solamente al mattino, al mezzodì, e
alla sera.
Dopo cinque o sei settimane li spoppi, se li hai
destinati al macello.
Se vuoi allevarli, cominci a sostituire, al latte
del mezzodì, un pasto di buon fieno, e il beverone
bianco, ossia la farina di frumento, o di segala,
spappolata nell'acqua.
Poi raddoppi il pasto del fieno, e li lasci poppare
una volta al giorno; poi soltanto ogni due
giorni, fin che li spoppi del tutto.
21.La razione degli animali adulti.
Si dice razione la quantità del nutrimento
giornaliero che si dà al bestiame.
La razione, perchè sia buona e sufficiente,
mantenere,
ossia a conservare la vita, e quanto serve a
produrre, ossia a dare quel prodotto di latte, o
di carne, o di lavoro, ecc., che si vuole dagli
animali domestici.
La quantità, e la qualità della razione, dipende
dunque dai bisogni degli animali, e dai prodotti
che ne vuoi ottenere.
Un bue non resisterà al lavoro, una vacca
non produrrà latte, se loro dài solamente quanto
fieno basta a tenerli vivi.
Non conosce il mestiere chi ha foraggi per tre
bestie, e ne tien cinque. Su tre sole ci guadagnerebbe:
al contrario, a farne digiunare cinque,
perde su tutte cinque.
Neppure conosce il mestiere chi, invece di
belle e robuste bovine, compra vacche magre
e sciancate. Per costoro il bestiame non sarà
mai un guadagno, ma una perdita. Essi ignorano
che «il primo guadagno sulle bestie
si fa il dì della compra, con lo spendere
bene; e il secondo si fa nella stalla, col
nutrirle anche bene».
L'alimentazione del bestiame varia con la
stagione. D'inverno si fa in gran parte con foraggi
secchi. In primavera si passa ai foraggi
verdi, i quali si continuano poi nell'estate.
Ma bada che il passaggio dal regime secco
medica, potrebbe cagionare al
bestiame il gonfiamento del ventre, o meteorismo,
e quindi la morte quasi immediata, se
non si fa in tempo a combatterlo e dissiparlo con
opportuni rimedi.
22.Uso del sale.
Il sale è ricercatissimo dal bestiame; gli fortifica
lo stomaco e la fibra; favorisce la secrezione
del latte; rende più saporite le carni; migliora e
cresce il vello degli animali lanuti.
I foraggi spruzzati di sale in polvere, o disciolto
nell'acqua, diventano migliori, e più appetitosi.
Si adopera pel bestiame il sale pastorizio, che
si vende a meno prezzo del sale di cucina. Esso
è amaro; perchè vi è mescolata, per lo più, radice
di genziana, la quale, come sai, è amara.
Ma la genziana non dispiace al bestiame; favorisce
la digestione, e caccia via, se ve ne sono, i
vermi dagli intestini.
Abbi dunque caro il sale. Sospendine una formella,
o mettilo, se è in polvere, in un sacchetto,
23.L'acqua.
Il bestiame, dopo il pasto, ha bisogno di bere
molt'acqua: e la vuole buona, potabile.
Gli servono di buona bevanda le acque chiare,
correnti; quelle di pioggia, raccolte in cisterne
aperte; quelle di fonti, e di pozzi.
Son malsane le acque stagnanti; nocivissime
quelle, in cui s'è macerata la canapa.
Ai vitelli giovani, e agli animali che ingrassi,
prepara, specialmente d'inverno, tepidi beveroni,
mescolati agli alimenti. Per gli altri animali
rattiepidisci un po' l'acqua, lasciandola, per
qualche tempo, in mastelli entro la stalla.
Nella buona stagione lascia che il bestiame,
dopo il pasto, od il pascolo, si disseti all'abbeveratoio.
Ma bada che questo non riceva i colaticci
del letamaio, o le sozzure dell'aia.
Non abbeverare mai gli animali in stagni di
acqua impura, torbida, o guasta. Tu esporresti
il bestiame al pericolo di gravi e micidiali malattie.
Quando vedi un animale preferire l'acqua
24.Governo giornaliero del bestiame.
Non mi resta più che a dirti come devi regolare
i pasti, e la pulizia del bestiame.
D'inverno darai al bestiame solamente due
pasti, al mattino, e alla sera. D'estate ne aggiungi
un altro al mezzogiorno.
Ogni pasto lo dividerai in tre porzioni, somministrate
l'una dopo l'altra.
Se la razione è composta di tre qualità diverse
di foraggio, comincierai dal più scadente, e passerai
al mezzano, indi al migliore.
Ogni mattina, per tempo, visiti le tue bestie,
pulisci le mangiatoie; poi somministri la prima
porzione di foraggio e, terminata questa, la seconda,
e la terza.
escrementi; distendi la lettiera, e ne aggiungi
dell'altra.
Governato con queste cure, il bestiame cresce,
produce, e diviene una sorgente di guadagno.
25.Il moto.
Il muoversi è un bisogno come quello del nutrirsi.
L'ozio del corpo genera malattie, come
l'ozio dell'anima genera vizi.
È proverbio comune: nel moto sta la vita.
Esso infatti eccita l'appetito, aiuta la digestione,
fa buon sangue, e conserva la salute.
Le
ore del mattino han l'oro in bocca.
Riposa la domenica. Dopo una settimana di
continue fatiche, il riposo della domenica è necessario.
Il corpo ritempra le forze, e si prepara
a nuovi lavori. Anche l'anima gode di raccogliersi
in Dio, e si conforta di oneste distrazioni.
L'uomo non vive di solo pane.
27.La ginnastica degli animali.
Gli animali abbisognano di esercizio, di moto,
e di riposo, come l'uomo. Tenuti continuamente
alla stalla diventano fiacchi, pigri, e deperiscono.
La dimora alla stalla, o stabulazione, deve
quindi alternarsi col movimento all'aria libera.
Ciò è specialmente necessario agli animali giovani.
L'esercizio dei muscoli ne favorisce il crescimento,
e fortifica la salute. Un vitello, appena
è messo in libertà, salta e corre all'impazzata,
come fai tu quando esci dalla scuola.
Le vacche lattaie trovano anch'esse giovamento
nell'uscita giornaliera.
Vedi come guadagnano di robustezza, e di vigore
le vacche, e i vitelli, che d'estate si mandano
alpe.
Ai primi apparecchi son tutte in attenzione,
e col muso alto fiutano il vento. Quando
poi si attacca a una d'esse la campanella, indizio
di prossima partenza, è un caracollare, un muggire,
un cozzarsi, finchè la conduttrice si avvia.
Allorchè a settembre scendono al piano, le trovi
cresciute di tanto!
Gli animali da lavoro compiono, con le ordinarie
fatiche, un esercizio sufficiente. Queste
fatiche riescono salutari, se moderate, e seguite
da un riposo proporzionato alla intensità, e alla
durata del lavoro.
Il bestiame, mentre riposa, vuol essere tranquillo;
ama la quiete intorno a sè. Non si deve
quindi inutilmente disturbare. Anche per questa
ragione è cattiva usanza quella di tenere volatili
nelle stalle.
28.Trattamento delle bestie.
Gli animali domestici non sono per natura viziosi
e cattivi; sono anzi dotati di sentimento, e
capaci di affezione.
29.La buona guardia del bestiame.
Chi non ha amore alle bestie, non ne ha
nemanco ai cristiani: lo dice il proverbio, ed
è vero. Ma a trattar male le bestie, si fa danno
anche alla borsa. Gli animali malmenati dimagriscono,
e quindi scemano di prezzo; oltre a ciò
contraggono vizi, e difetti, che, nei contratti di
compra o vendita, sono causa frequente di litigi
e di spese.
Vedi dunque che il tornaconto, non meno che
30.Fa che si lascino vivere i piccoli uccelli.
Sì, anche questa raccomandazione ti voglio
fare: «Fa che si smetta la caccia ai nidi; e si
lascino vivere gli uccelli».
Facendo guerra ai piccoli uccelli, senza saperlo
si fa guerra alle raccolte della terra. E
vedi come.
Le piante coltivate hanno un'infinità di nemici
negli insetti, i quali ne rodono le gemme, le
foglie, i frutti, le radici, il legno. Questi parassiti
si moltiplicano a milioni; escono dalle uova
in primavera, e sotto forma di bruchi, e poi di
insetti, fanno guasti incredibili.
Essi in pochi giorni distruggerebbero affatto le
raccolte, se la Provvidenza, accanto al male,
non avesse posto il rimedio.
E sai in che consiste il rimedio? Nei tanti
piccoli uccelli che loro dànno la caccia, e se ne
cibano.
Le rondini, le cingallegre, i rondoni, le
lodole, i pettirossi sono i più abili cacciatori di
insetti. Fanno anche bene la loro parte i passeri,
fringuelli, i rampichini, gli usignuoli, i reattini,
ecc.
A mantenere la propria nidiata, ciascuno di
questi uccelli distrugge, in pochi giorni, migliaia
di bruchi, larve, e insetti. Figùrati
che la sola rondine, per vivere, caccia più di
mille insetti al giorno!
Senza questi uccelli, chi salverebbe le messi, i
frutteti, le vigne, gli orti, dagli insetti distruggitori?
Giova più la loro caccia, incessante e attivissima,
alla conservazione delle raccolte, che
la sorveglianza dei coltivatori, e tutte le polveri
insetticide, inventate e da inventare.
È un fatto certo che, più vi sono uccelli in un
paese, più le raccolte riescono abbondanti, e meglio
si conservano le piante dai guasti dei bruchi
e degli insetti. Un giorno l'Inghilterra concepì
la funesta idea di sterminare tutti i piccoli uccelli
credendoli causa delle scarse raccolte,
perchè essi bèccano qualche grano per le vie,
sull'aia e nelle terre seminate; ma l'Inghilterra
non tardò guari a pentirsene. Gli insetti
si moltiplicarono spaventosamente, distrussero
le raccolte, e avrebbero ridotto il paese alla
fame, se non si fosse tosto cessata la guerra
agli uccelli.
Malgrado ciò, da per tutto si continua a cacciarli
spietatamente con schioppo, reti, lacciuoli,
si lascino vivere gli uccelli: il buon
Dio li ha posti a guardia delle raccolte.
Oggi i paesi civili tutelano, con leggi speciali,
la conservazione degli uccelli utili, e puniscono
con multe chi dà la caccia ai loro nidi.
CONCLUSIONE.
La salute è la tua prima ricchezza. Quella
degli animali è altresì una ricchezza, per l'utile
che ne ricavi.
L'igiene ti ha insegnato come questo tesoro si
accresca, e si conservi.
L'osservanza delle regole ch'essa prescrive non
è punto difficile, nè incomoda, e reca, insieme al
benessere, un vero guadagno.
la nettezza— applicata
al corpo, agli abiti, alla casa, alla cucina,
alla stalla, ecc.
Ma se vuoi, ragazza mia, che questa virtù ti
dia sempre appetito, e sonni tranquilli; se vuoi
diventare quella buona massaia, che io mi proposi
di farti, scrivendo per te questo libro, aggiungi
alla nettezza del corpo la nettezza dell'anima.
Tu vivrai sana e felice, se ogni sera potrai
ricordare a te stessa, senza rimorsi, che «il miglior
capezzale è una buona coscienza».
1.I lavori della massaia.
Nelle famiglie campagnuole la donna, mentre
alleva i figlioli, governa la casa, la stalla, il pollaio,
e l'orto.
La casa è specialmente il regno della donna:
e nel governo di essa si rivela la buona massaia.
Si conosce la buona massaia dall'ordine e dalla
pulizia che mantiene in casa e fuori; dal mangiare
buono, sufficiente, ed economico che allestisce
alla famiglia; dalla biancheria, e dalle stoffe
che sa comprare, cucire, e rammendare; dai vari
prodotti che sa ricavare dalla stalla, dal pollaio,
dai bachi da seta, e dall'orto.
In queste varie faccende la donna intelligente
La donna savia rifà la casa; la
matta la disfà.
Giovinetta, tu vuoi diventare una buona massaia:
ebbene, comincia fin d'ora a renderti utile
nelle piccole cose; aiuta la tua buona mamma in
tutte le faccende di casa; e metti in pratica i consigli
che ti dà questo libro.
2.L'economia.
Il proverbio dice: l'uomo conduce la roba fin
sull'uscio di casa, ma la donna la tira dentro.
Il danaro entra in casa zoppicando, ed
esce di galoppo: bisogna che la donna lo
fermi. E lo ferma, ponendo a guardia della casa
la virtù dell'economia.
L'economia, utile a tutti, è per la povera gente
altrettanto necessaria che il lavoro. Vedi quanto
si suda a far piccoli guadagni! Pensa quanti pericoli
Trista quella cà, che mangia
quanto ha».
Con la virtù dell'economia, la miseria potrà
far capolino all'uscio, ma non vi entra. «La
roba sta con chi la sa tenere». Senza economia,
si lavora tutto l'anno, e si è sempre al verde.
«Saccoccia forata non tiene il miglio».
3.Le piccole economie.
Sovra tutto ti raccomando le piccole economie.
Le minute spese sono più a temersi, che le
grosse: queste si fanno di rado, e sono prevedute;
al contrario le spese piccole occorrono tutti
i giorni, e non ci si bada.
L'altrieri la zia, dandoti un soldo, ti raccomandò
di metterlo nel salvadanaio.
Tu invece l'hai speso, dicendo a te stessa:
Chi non sa tener conto
d'un soldo, non vale un soldo».
Un altro proverbio, giustissimo anch'esso,
dice: «Non è un acquazzone che bagna, ma
la pioggerella minuta e continua». Così è
delle piccole spese. Un soldo sprecato ogni giorno
fa nell'anno 18 lire. Con questa somma c'è da
comprare un maiale, o una pecora, che in pochi
mesi ti può duplicare il danaro.
Prima dunque di spendere malamente anche
un soldo solo, rifletti che quel soldo non ritorna
più, mentre può venire un'occasione, in cui ti
farebbero buon pro anche i centesimi.
Ama l'ordine in tutto. Metti ogni cosa a suo
posto. Tieni in buon assetto le masserizie. Abbi
cura degli abiti e della biancheria; e fa a tempo
le rammendature necessarie. Avverti che nulla
si sperda di ciò che può essere utile alla casa, al
bestiame, alle terre. Con queste avvertenze risparmierai
molte spese, le quali a tutta prima
paiono inezie, e non lo sono.
Ricòrdati che col poco si fa molto, e che
quindi per avere il molto, bisogna curare il
poco.
4.Il risparmio.
Tutti i risparmi sono fatti di piccole cose.
Molti granelli di sabbia fanno un mucchio.
I centesimi fanno i soldi, ed i soldi le lire, come
i piccoli ruscelli fanno i grossi fiumi.
Tutto sta a mettere da parte il primo soldo.
La difficoltà più grossa è nel cominciare. Il primo
soldo che entra nel salvadanaio, fa come la semente;
si moltiplica, ne tira dietro molti altri.
Così la virtù del risparmio diventa un'abitudine,
che poi non costa nè privazioni, nè sacrifizi.
Ma quest'abitudine va presa fin da giovane. È
alla tua età che si deve imparare a spendere con
giudizio, e a risparmiare quel che è superfluo.
Per custodire, e far fruttare i piccoli risparmi,
si sono istituite le
5.L'economia e l'avarizia.
L'economia non vuol dire soltanto spender
poco, e risparmiare ciò che è superfluo; essa consiste
più specialmente nello spendere con giudizio,
e nel saper conservare quel che si ha, e quel che
si guadagna.
La vera economia vuole che si spenda il necessario;
non più, e non meno del necessario.
Lo spendere più del necessario è spensieratezza;
lo spendere di meno, per risparmiare, è
spilorceria ed avarizia.
Giovinetta, impara a distinguere l'economia,
che è una bella virtù, dall'avarizia che è una
brutta passione.
La donna economa provvede ai bisogni della
il danaro è un buon servitore, e un cattivo
padrone.
6.I debiti.
La buona massaia non compera mai a credito.
Occorre biancheria per la casa? Abbisogna un
abito per lei, o per altri della famiglia? Ne fa la
compra, se ha il danaro che ci vuole; altrimenti
la ritarda, fino a che abbia il mezzo di pagarla.
Essa sa che col danaro contante si provvede roba
migliore, e a meno prezzo.
Eppoi: è mille volte meglio aver poca roba,
ma tutta nostra, che averne molta, pagata col
danaro altrui.
fa il passo più
lungo della gamba, e limita le spese secondo le
entrate.
Se poi la necessità vuole che essa faccia un debito,
pensa continuamente al modo di pagarlo; e
ogni giorno, vendendo uova, galline, legumi,
mette a parte qualche cosa, per levarsi quel peso
dalle spalle il più presto possibile.
7.I conti delle entrate e delle spese.
Il saper fare di conto importa alla buona massaia
non meno, che il saper leggere e scrivere.
Essa deve tenere un registro speciale, tutto suo,
per la contabilità domestica.
Il notare le entrate, e le spese, è necessario a
tutte le famiglie, e più ancora a quelle che ne
hanno pochi da spendere. Quando le entrate sono
poche, è tanto più necessario l'averle sempre
sott'occhio, e il regolarle bene.
La tenuta dei conti d'una famiglia campagnuola
non è cosa dell'altro mondo; la si può fare
alla sera d'ogni giorno, in due minuti; e sono
i minuti meglio spesi della giornata.
Còmprati un quaderno rigato: e in esso, ogni
sera, registra, con la sua data, il danaro che
passa per le tue mani, cioè lo speso, e il ricevuto.
Scrivi in una facciata le spese, in colonna,
verso il margine del foglio; e similmente, nella
facciata di fronte, scrivi le entrate. Quando arrivi
a pie' di pagina, tira le due somme, e le riporti
nelle pagine susseguenti.
Al fin d'ogni mese, e poi al fine dell'anno,
riunisci tutte le somme; e conoscerai la spesa totale
fatta, e l'entrata totale avuta.
spese piccole, ti persuadi che, quantunque piccole,
arrivano, in fin d'anno, ad una bella somma.
Infine da te stessa ti convinci che i conti son la
chiave della fortuna; e che, a non tenerli, si va
alla cieca per una via che non si sa dove mena.
8.La casa.
Giovinetta, ama la casa. Per quanto povera e
piccina, essa è per te quasi un mondo: e in questo
piccolo mondo, come in uno specchio, si riflettono
le tue virtù, e i tuoi difetti.
Nella casa trovi moltissime cose da fare. Dall'alba
alla sera hai le ore contate: sii dunque
sollecita. Regola le tue occupazioni in modo di
trovar tempo a tutto, e di far ogni cosa a suo
tempo.
Rammenta che l'ordine nel lavoro è già un
mezzo lavoro. La fanciulla disordinata gira di
qua, gira di là, si affanna, e non ha mai nulla di
fatto; e non impara nulla.
Se vuoi diventare una buona massaia, avvèzzati
a tenere ogni cosa ordinata; e osserva questo
precetto: «
9.Mobili ed utensili.
La tua casa non abbonda di arredi: tutt'altro.
Ma, pochi o molti, è tuo dovere il conservarli lucenti,
e puliti. Eccoti perciò alcune ricette di
poco costo.
Renderai lucenti, come nuovi, gli oggetti in
rame, o in ferro, fregandoli con una manata di
erba acetosa, o, in mancanza di questa, con argilla,
o, meglio, con un po' di cenere passata allo
staccio, alla quale avrai aggiunto un po' d'aceto.
Per gli utensili di latta, preparerai una specie
di ranno chiaro, con cenere passata allo staccio,
polvere di carbone, e un po' d'olio d'oliva. Spalmerai
con questo liquido gli oggetti, e, quando saranno
quasi asciutti, li fregherai con un pannolino.
Netterai i mobili di noce, canterani, lettiere,
tavole, sedie, e darai loro una vernice, per poveri
che siano, fregandoli bene con della cera
gialla fusa in acqua di cenere.
Toglierai le macchie di grasso sul focolare, e
10.L'arte di cucinare.
Un buon pasto dà buonumore, salute, forza e
volontà di lavorare. E dico buon pasto una qualunque
vivanda, anche semplicissima, ma ben
fatta: patate ben lessate, polenta un po' condita,
minestrone ben cotto, ecc.
Poche massaie sanno l'arte di cucinare. Perchè
vedono che l'appetito non manca, esse credono
che qualunque cibo sia buono a saziarlo; e
non studiano il modo di trarre buon partito dalle
vivande che hanno in casa, rendendole saporite,
e di facile digestione.
L'ora dei pasti è l'ora del riposo pei lavoratori,
e dev'essere anche l'ora dell'allegria, non
mai del malumore, come spesso accade. Ricòrdati,
giovinetta, che val più un desinare di legumi
condito dall'amorevolezza, che non un
bue grasso il quale abbia odio per condimento.
Bada ancora che i pasti non si facciano aspettare
11.Provviste alimentari.
Il podere ti fornisce di che fare una cucina
non ghiotta, ma sufficiente al bisogno.
Il campo ti dà la farina pel pane, la polenta, e
le paste; l'orto ti dà i legumi, ed erbe per condimento;
il porco ti fornisce il lardo, e il grasso;
la vacca il latte, il burro, e il cacio; la gallina le
fagiuoli, ceci,
lenticchie, ecc.; carote e rape, infossate e coperte
di paglia, e di terra; cavoli e porri, interrati,
e coperti di uno strato di foglie di quercia;
aglio e cipolle, a mazzi, su pertiche nel granaio;
patate e zucche in luogo sano, e riparato
dal gelo.
Neppure ti mancheranno alcune erbe per condimento,
prezzemolo, maggiorana, timo, basilico,
rosmarino: cose da nulla, ma che hanno
il pregio di rendere i cibi più gustosi, e saporiti.
La massaia spensierata, che non prevede, e
non provvede, ha i suoi crucci, nell'inverno, a
preparare i pasti.
Al contrario la massaia attiva, e previdente,
12.Conserve.
Se, nel tempo dell'abbondanza dei frutti estivi
ed autunnali, pensi alla scarsità che poi vi sussegue,
non trascuri la provvista di frutti secchi,
e di conserve in umido, che ti costano un nulla,
e ti giovano tanto nell'inverno.
Farai quindi seccare al sole sopra tavole, o
cannicci, o al forno le prune, intere, o spaccate;
le pere, le mele, le pesche affettate; i funghi
puliti ed affettati; i fichi, prima bagnati d'acqua
bollente; i pomi d'oro tagliati in mezzo e spolverati
di sale e pepe.
Preparerai entro vasi di terra conserve di
bietole da erbucce, di barbabietole, di peperoni,
di pomi d'oro, ecc.
Le coste di bietole le fai bollire un quarto
d'ora; asciugate, le disponi a strati, in un recipiente,
e spargi sale su ogni strato. Riempito il
vaso, aggiungi vinello acido, metti un coperchio,
e lo premi con un peso.
Le barbabietole, da sole, o con rape, le fai
bollire, le affetti, e disponi in vaso a strati, con
13.Pane casalingo.
Ti parlai del companatico: ma c'è a dire anche
del pane, che in generale non si fa bene.
Sia di pura farina di frumento, o vi si mescoli
cruschello, o farina di segala, di formentone, di
castagne, o di patate, bisogna impastarlo bene —
poi lasciar fermentare la pasta a un grado conveniente —
lievitata la pasta, prima di metterla in
forno.
Avverti poi che il forno non sia eccessivamente
caldo. Il pane è più saporito, se non cuoce
tanto in fretta.
Non farne troppo in una volta: l'indurire sarebbe
il meno danno; ma il pane piglia la muffa,
e fa male alla salute.
14.Latte e burro.
Poche massaie usano la diligenza necessaria
per aver buon latte, buona crema o fiore, e buon
burro. Perciò non tornano inutili i seguenti consigli.
Conserverai il latte in luogo sano, quieto, poco
illuminato, e di calore sempre uguale.
Esso richiede la massima pulizia del locale,
delle persone, e degli utensili che adoperi per
esso. Quindi le secchie in cui mungi il latte, i
15.Provvista di medicinali senza spesa.
La buona madre di famiglia pensa anche alle
malattie, e ai rimedi che può preparare da sè,
con foglie, fiori, semi, ecc., di piante dotate di
virtù medicinali.
Essa raccoglie i fiori della camomilla, del tiglio,
del sambuco, dell'arnica, le foglie di
noce, della salvia, e del rosmarino; i fiori, e le
foglie della malva, dell'assenzio, ecc.; e fàttili
seccare, li ripone in luogo asciutto, entro scatole
di legno, o in sacchi di tela fitta.
Quando abbisogna, con essi prepara infusi, e
decotti, pataplasmi od impiastri.
Prepara gli infusi, mettendo un pizzichino di
fiori, ad esempio, di camomilla, entro un recipiente
che si possa chiudere con coperchio; e vi
versa sopra una tazza d'acqua bollente. Dopo un
quarto d'ora, o venti minuti, cola il liquido, e,
se occorre, lo dolcifica con zuccaro, o con miele.
Prepara i decotti, facendo bollire, per dieci a
16.Un po' di medicina domestica.
Ora ti farò conoscere le virtù medicinali delle
erbe, e delle piante che hai raccolte.
L'infuso di fiori di camomilla giova nelle indigestioni,
nei dolori di ventre, e nei disturbi
nervosi.
L'infuso di fiori di tiglio, e quello di fiori di
sambuco, promuove il sudore.
La camomilla, ed il sambuco, adoperati per
impiastri, calmano le infiammazioni.
L'infuso di fiori di malva è una buona bevanda
ammollitiva. Il decotto di foglie serve per clisteri,
e, adoperato per uso esterno, calma prontamente
le infiammazioni.
17.Rimedi semplici a mali leggeri.
Bruciatura. Mèttivi su dei pannilini inzuppati
d'acqua e aceto, e càmbiali spesso. Se il
bruciore continua, mèttivi polpa di patate crude,
o un po' d'olio d'oliva.
Se fa vescica, pungila con uno spillo, perchè si
vuoti, poi la medichi con burro fresco.
Se la bruciatura è gravissima, coprila bene di
cotone cardato, e manda subito pel medico.
Ammaccatura. Se non è grave, la guariscono
Storcimento di piede, o di mano. Non stiracchiare
la parte offesa, non comprimerla. Sta
in perfetto riposo, e mèttivi pannilini bagnati,
come ti dissi per le ammaccature.
Puntura di api, vespe, calabroni, ragni,
ecc. Farai uscire dalla ferita, se vi è confitto,
il pungiglione, premendo con forza sui contorni
della ferita, per mezzo d'una chiave, od
altro oggetto; così ne spremi fuori, il più delle
volte, anche l'umore lasciatovi dall'animale che
ti ha ferito. Poi fai cadere sulla ferita qualche
goccia d'ammoniaca; quindi bagni ripetutamente
d'acqua salata, o acetata.
Se il dolore continua forte, o le punture son
molte, vi metterai un impiastro di pane e latte,
di malva, o di linosa.
Perdita di sangue dal naso. Poco sangue
dal naso non fa punto male. Se la perdita è
troppo abbondante, la arresti alzando, per alcuni
minuti, le due braccia in aria; immergendo
le mani in acqua freddissima, e poi stropicciandole
con forza; applicando sul fronte
pannilini inzuppati d'acqua pura, od acetata.
18.Primi rimedi a mali gravi.
Svenimento. Metti la persona svenuta in
posizione orizzontale; sprùzzane con forza la
faccia d'acqua fredda; slega, e sbottona gli abiti;
fa frizioni con panni caldi, senza scuotere il
malato con violenza.
Morsicatura di vipera. Poni subito subito
una stretta e forte legatura al disopra della
parte morsicata, fa sanguinare la ferita, lavandola,
premendola all'intorno. Poi brùciala
con ferro rovente, o cauterizzala coll'ammoniaca;
sovrapponvi pezzuole inzuppate di acqua
ammoniacale (due cucchiai d'acqua e uno di
ammoniaca).
Alla cura esterna aggiungi subito l'interna,
con bevanda ammoniacale (cinque o dieci goccie
d'ammoniaca in un cucchiaio d'acqua ogni ora,
e soprabevendovi abbondante infuso caldo di camomilla);
acquavite, vino generoso, ecc.
Morsicatura di cane rabbioso. Lega, come
ti dissi or ora, e fa sanguinare la ferita; brùciala
con ferro rovente, senza paura, per entro alle
più piccole e più profonde sinuosità di essa.
In mancanza di ferro e di fuoco, prendi un
gomitolo di bambagia, lo inzuppi d'olio, lo metti
Asfissia. Per rianimare un asfissiato da vapori
di fermentazione del vino, o di carboni accesi,
si espone tosto all'aria aperta; si sveste;
si frega su tutta la superficie del corpo; s'involge
in coperte di lana ben calde; si applica
sul petto, sul ventre, e sul dorso, pezzuole di
flanella ben calde; e tratto tratto si asperge di
acqua fredda la faccia, e il petto.
Se la respirazione non si ridesta, si spinge
artificialmente l'aria nei polmoni con un soffietto,
oppure chiudendogli il naso e ponendogli
bocca contro a bocca, si soffia dentro aria; si
fregano le narici con le barbe d'una penna;
s'introduce in bocca qualche goccia d'acquavite,
o di vino generoso; si fa passare rapidamente,
e a più riprese, dell'ammoniaca sotto le narici,
ecc.
Annegamento. Si sveste subito l'annegato;
si asciuga con panni caldi; si avvolge in una
coperta calda; si corica su un fianco, con la
testa un po' rialzata, ed inclinata da un lato,
perchè possa facilmente vomitare. Si guardi
bene dal metterlo boccone, o con la testa in
giù, perchè lo si ammazzerebbe davvero. Si frega
Morte apparente per freddo. Guai a scaldare
improvvisamente una persona assiderata dal
freddo, e a trasportarla in letti riscaldati, o nel
letame caldo, come talvolta fanno i contadini!
È farla morire. Al contrario bisogna stropicciarne
tutto il corpo con neve, o con pezzuole
bagnate d'acqua fredda. Solo dopo mezz'ora
almeno di frizioni fredde, si può por mano alle
calde.
Si procura il ritorno della respirazione coi
mezzi che già ti ho indicati; e più tardi si ristora
19.Acqua; dieta, e medico.
Osservando le regole d'igiene, chiudi la porta
alle malattie.
Tuttavia sempre sani non si riesce di stare.
Ricòrdati allora che «il male viene a libbre,
e se ne va a oncie;» perciò se tu, o altri cade
ammalato, ricorra a quei due gran medici, che
sono l'acqua e la dieta: e il più delle volte guarirà
tosto.
Se poi il male cresce, allora, senza por tempo
in mezzo, chiama il medico, e segui esattamente
le prescrizioni di lui.
Non fare come la più parte dei campagnuoli,
che mandano solleciti pel veterinario, se una bestia
si ammala; e del loro male, o di quello dei
suoi, si curano tanto poco, che aspettano a mandare
specifici per guarire le malattie.
Non prestar fede ai ciarlatani che sulle piazze,
nei giorni di fiera, vendono boccette, unguenti,
e cerotti per guarire ogni sorta di mali. Bada
che essi sono cavadenti di mestiere, veri scrocconi,
che girano il mondo in carrozza, e vivono
da gran signori, alle spalle degli ignoranti, e dei
babbei che s'affollano a comprarne gli specifici.
20.Biancherie e stoffe.
La biancheria è l'ambizione della massaia. Ed
è una giusta ambizione, perchè da essa dipende
la pulitezza.
Già te l'ho detto: i lenzuoli, le camicie, i farsetti,
ecc., siano pure grossolani, ruvidi, e rattoppati;
ma debbono essere sempre puliti.
Abbine dunque da cambiarli spesso. Fa che
non si venda tutta la canapa coltivata nel podere.
21.Bucato e rammendi.
È una cattiva abitudine di certe massaie quella
di fare il bucato due volte sole, o tre all'anno;
ed è anche una malintesa economia.
La biancheria sporca, lasciata lungo tempo
nei cassoni, o su corde nel granaio, ingiallisce e
deteriora; le macchie e il sudore vi fanno presa;
onde riesce poi difficile il rimbiancarle bene.
Non voglio insegnare a te come si faccia il
bucato. Solo ti raccomando di condurre questa
operazione con molta diligenza, perchè da essa
in gran parte dipende la buona conservazione
della biancheria.
Il bucato poi ti dà occasione a ripassare minutamente
ogni roba, per rimendarla e rattopparla.
In ciò si mostra la tua abilità.
Qui manca un bottone, o una fettuccia; là un
occhiello va rifatto. Siano pochi, o molti, i rammendi
a farsi, non dire: «Li riparerò poi».
Oggi è soltanto un forellino in un lenzuolo, una
scucitura in un giubbetto, uno strappo in una
camicia: e con due punti, o una toppa, rendi
quella roba come nuova.
Al contrario, se non la rammendi subito, in
22.Lavatura di stoffe e smacchiatura.
Avverti di non mettere nel bucato le stoffe colorate
di lana, di cotone (indiane, percalli, ecc.);
perchè esse facilmente stingono, e quindi macchiano
la biancheria.
Queste laverai a parte nel ranno, strofinandole
col sapone.
Meglio ancora, le laverai con la radice di saponaria.
Metti questa in molle, il dì innanzi,
in quantità bastevole d'acqua. Il giorno appresso
la fai bollire alcuni minuti; la coli; poi la lasci
rattiepidire, prima di lavar con essa le stoffe.
Se i colori di queste sono poco resistenti, all'acqua
di saponaria aggiungi un po' di spirito
di vino, il quale impedisce ai colori di stingere,
e smontare. Con quest'acqua laverai prima le
macchie, indi il resto.
A levare le macchie d'olio, o di grasso, puoi
adoperare la saponaria, come ti ho detto, o il
tuorlo d'uovo ben sbattuto, o il fiele di bue stemperato
benzina. Vi intingi un cencino
di tela bianca, e con esso soffreghi la macchia.
Spesso ti fanno arrabbiare le macchie di vino,
cui il bucato non leva di pianta. Le torrai, immergendo
la parte macchiata nel latte, quando
bolle. Lasciandovela pochi minuti, vedi scomparire
la macchia.
23.Fattura degli abiti in casa.
Io conosco una giovanetta proprio ammodo.
Giuseppina (così ha nome) governa la sua casa,
come la più attenta e premurosa madre di famiglia
non saprebbe far meglio. Spazza, rifà i letti,
cucina, ripulisce piatti e stoviglie, lava, stira,
bada ai bambini, e trova ancora il tempo a fare,
con le proprie mani, i vestiti per sè, e per i suoi,
grandi e piccini.
Apprese da ragazzina i lavori di calza e di
maglia; e a dodici anni, impiegandovi le lunghe
sere invernali, già provvedeva quante calze,
sottanine, e giubbettini abbisognavano alla famiglia.
Dappoi si applicò all'arte del cucire. Prima
Una delle prime qualità
della donna è l'uso intelligente delle mani e
delle dita. In esse consiste, si può dire, la
metà della sua educazione. Sulla punta delle
dita stanno la virtù e la sapienza.
24.Buon governo degli animali.
Il governo della stalla è pur una delle principali
tue cure.
Dalla stalla escono bei guadagni per chi li sa
ricavare: e li ricava chi conosce l'arte di nutrire
il bestiame.
Ma quest'arte pochi la sanno, e niuno cerca
di impararla bene.
Si dà al bestiame quanto basta a mantenerlo
vivo, e con ciò si crede di aver fatto tutto il da
farsi. Non si capisce che lo scarso nutrimento finisce
per essere una malintesa economia, che va
a danno della borsa.
Malgrado la scarsità dei foraggi, il bestiame
potrebbe nutrirsi assai meglio, con ciò che fornisce
il podere, se si curasse un po' più quel che
ora si perde, come roba inutile, o quasi.
Impara, giovinetta, la buona economia del foraggio:
segui i consigli che ora ti dò.
25.Quanto foraggio si perde!
Scarseggiano i prati nei luoghi asciutti. Non
abbondano nemanco nelle terre irrigue, le più
adatte alla produzione dei foraggi.
in terra, e si trascurano i
prati in aria, cioè le foglie di alberi e di arbusti,
che crescono lungo i fossi, le vie, attorno
ai campi.
Son buone per foraggio, verde o secco, le
foglie d'olmo, di vite, del gelso, del pero, del
melo, del nespolo, del ciliegio, del fico, del tiglio,
dell'acero, del pioppo, del nocciòlo, del
rovo, del castagno, del salcio, del frassino,
dell'acacia, del lùppolo, del viburno, del fico
d'india.
Aggiungi a queste le foglie del mais (granoturco),
della barbabietola, della carota, del carcioffo,
della rapa, del navone, del cavolfiore,
che il buon coltivatore raccoglie con diligenza
pel suo bestiame.
Di tutto questo ben di Dio, quanto ne va
sciupato per ignoranza, o trascuratezza! Quanto
26.Le vinacce e i panelli.
Nei nostri paesi viticoli, poverissimi di foraggi,
non si sa che farne delle vinacce, ossia
i residui della fabbricazione del vino, e si gettano
al letamaio. Altrove si apprezzano molto,
e, prima che vadano a concimare la terra, si
dànno per nutrimento invernale al bestiame,
sole, o mescolate con altri foraggi. Perciò le
raccolgono in tini, o entro apposite fosse, dove
si comprimono, e si chiudono.
Il bestiame mangia volentieri le vinacce, e ne
profittano specialmente i buoi da ingrasso, i cavalli,
e i maiali.
Anche i semi delle vinacce, vagliati e seccati,
si dànno d'inverno al pollame.
Servono ugualmente bene, alla nutrizione del
bestiame, la polpa delle barbabietole, dopo estrattone
lo zuccaro; il residuo delle patata, da cui
s'è ricavato lo spirito; i resti dei grani di segala
e d'orzo, che han servito alla fabbricazione
dell'amido; i panelli delle ulive, delle noci, e
del lino, da cui s'è ricavato l'olio; la polpa
sidro; gli avanzi delle fabbriche di
birra, ecc.
Tutte queste polpe, sia sole, sia mischiate, od
alternate con altri foraggi, favoriscono la produzione
del latte, e del grasso. Giovano quindi
alle vacche, e particolarmente agli animali che
si vogliono ingrassare.
27.La economia del foraggio.
Chi sa il mestiere, va in fin dell'anno con
profitto della borsa e degli animali. Chi non
lo sa, spreca: oggi, perchè ha il fienile ben
provvisto, getta il foraggio nella greppia a
larghe braccia: più tardi fa mangiare paglia
asciutta.
Vuoi fare economia del foraggio, e nutrir
bene le tue bestie? Taglia e sminuzza il foraggio,
come si fa nei paesi, che la sanno più lunga di
noi nel buon governo del bestiame.
Per tagliare i foraggi, si adopera uno strumento,
fatto apposta, che si chiama trincia-
paglia, o trincia-foraggi. Ve n'ha di grossi,
a ruota, che valgono cento e più lire, e servono
per le grandi stalle. Ve n'ha di piccoli, a basso
prezzo, specie di coltelli, uniti ad un tagliere,
trinciarli, rendi più facile a digerirsi le
paglie, e i fieni di qualità scadente, i foraggi legnosi
e grossolani.
Prova, tieni conto di tutto, e vedrai l'economia
che ti risulta. Col risparmio che fai nel
foraggio, in poco tempo tu paghi la spesa del tagliafieno,
e te ne avanza.
28.Preparazione degli alimenti: mescolanze.
Tutto è buono, a chi sa usarne: e con poco si
contenta il bestiame.
Con minima spesa, e con lieve disturbo, gli
alimenti ordinari si rendono più piacevoli al
gusto, più salubri e nutritivi. Anche gli alimenti
mediocri si possono convertire in buoni cibi.
Gli alimenti del bestiame si migliorano con le
mescolanze, la fermentazione, la macerazione,
e la cottura.
miscugli fatti con brodi, od infusi di semi,
di farine, di crusca, di tuberi cotti, di frutti
carnosi e di foglie, giovano specialmente alle
vacche lattaie, e agli animali destinati all'ingrassamento.
29.Fermentazione.
La fermentazione ammollisce i foraggi, e li
migliora, li rende odorosi, saporiti, di facile digestione.
Si mette il foraggio in tinelli, od altro recipiente,
vi si versa acqua salata e calda; si rimescola
e si copre. Dopo ventiquattro ore il foraggio
ha fermentato, e si dà al bestiame.
Con la fermentazione si conservano, per la
stagione invernale, sempre scarsa di foraggi, le
foglie di alberi, e specialmente quelle della vite.
Queste si mettono in tini, o in fosse entro terra:
si spruzzano d'acqua salata; si comprimono bene,
quindi si coprono con terra battuta, o con tavole
cariche di grosse pietre, come hai già veduto
farsi per le vinacce. Così si conservano bene, e
bruno, ossia lasciato fermentare,
come è uso in molti luoghi, diventa più
saporito, nutritivo, di facile digestione, sia per
le vacche lattaie, e pei buoi destinati all'impinguamento,
sia pei cavalli.
30.Macerazione e cottura.
In maniera più semplice e spedita, con la macerazione,
e la cottura, si migliorano gli alimenti
del bestiame.
Con la macerazione, ossia ammollimento nell'acqua,
si preparano eccellenti beveroni, o
zuppe, e si utilizzano ortiche, tritumi di paglia,
e erbacce, che altrimenti si trascurano. E ciò si
fa anche meglio con la cottura, la quale rende
mangiabili erbe acri, come i ranuncoli, o legnose
e dure come i giunchi ed i carici, piante
dei luoghi palustri.
La cottura dei foraggi è un'operazione usuale
nei poderi estesi, ricchi di bestiame; e si riconosce
molto vantaggiosa, ed economica. Il foraggio
trinciato, e mescolato con radici di barbabietole,
patate, farina, ecc., si mette in grossi
tini di legno coperchiati. In questi tini si introduce
lavoro non ammazza il coltivatore. Il vantaggio
che se ne ricava è manifesto.
Dunque metti in pratica i consigli che ti ho
dati: Chi ha cura del bestiame, ha cura della
borsa. Arricchisce, chi lo tien bene; va in malora,
chi lo nutre male.
31.Il pollaio.
Le galline, salvo che tu le allevi in gran numero,
e con le debite cure, non dànno guari
profitto.
Se conti bene i guasti dell'orto che saccheggiano,
e del letame che sparpagliano; se conti
le spese di mantenimento nell'inverno, nel tempo
delle messi e delle vendemmie, in cui bisogna
tenerle chiuse, vedrai che non c'è gran guadagno
da fare.
Tuttavia di galline, poche o tante, ogni famiglia
campagnuola ne ha. Dal pollaio cava di
che provvedere certe spesuccie, anche non necessarie.
32.I bachi da seta.
Anni addietro ad allevare i bachi da seta si
aveva un guadagno sicuro.
Col seme attuale, debole e malaticcio, son poche
bachi
radi; — aria pura; — letto secco; — calore
moderato.
Quindi io a te pure li raccomando, o giovinetta,
e tralascio di dirti molte altre cose che la
pratica ti insegna circa lo schiudimento, la qualità
della foglia, la distribuzione dei pasti, ecc.
Bachi radi. È un errore grave, e purtroppo
comune, quello di tenere una quantità di bachi
superiore alla capacità dei locali disponibili.
Con troppi bachi in una stanza, e troppo
fitti sui cannicci, o sulle tavole, si può presagire
una morte quasi certa.
Aria pura. Occorre rinnovare l'aria, sia per
dissipare quella viziata dalla respirazione dei
bachi, e disperdere l'umidità e i miasmi provenienti
dalla fermentazione dei letti, sia per
temperare il soverchio calore.
Quando poi, con le finestre aperte, l'aria è
tuttavia soffocante, si ricorre ai suffumigi, e
alle fiammate.
Letto secco. Preserva i bachi dall'umidità.
Essa è dannosa in tutte le età, particolarmente
ruggine dei bozzoli.
Perciò esponi al sole i cannicci, le tavole, e
la carta che vuoi adoperare; tieni la stanza e i
letti sempre puliti, dà aria, e fa delle frequenti
fiammate.
Calore moderato. Abbi un termometro:
con pochi soldi lo compri. In esso trovi notato
il calore necessario allo schiudimento e alle singole
età.
Tienti a queste norme. Il calore più conveniente
al baco è, per la nascita, tra i 16 e 18
gradi; nella prima età, da 17 a 18; nella seconda,
di 17; e nelle età successive, di 16; e
guarda che non scenda mai sotto i 14.
Con queste cure sarai anche tu fortunata; le
tue fatiche troveranno un discreto compenso.
33.L'orto.
Ogni famiglia campagnuola ha vicino alla
casa un piccolo orto: ed è una necessità lo
averlo.
Il granaio non dà che la farina, e il pane:
l'orto fornisce quasi tutto il resto dei viveri;
insalata, cipolle, aglio, lattughe, cavoli, rape,
34.Lavori dell'orto.
Si deve vangar l'orto in autunno perchè, la
terra, durante l'inverno, si maturi. Si rivanga
in primavera; e si lascia riposare qualche tempo
la terra lavorata, prima di seminarvi; perchè
i semi attecchiscono male, se li affidi a un terreno
lavorato di fresco.
Ti giova seminare, e piantare tutto in file:
così risparmi tempo, e fatica a nettare l'orto
dalle malerbe.
Per far bene il lavoro, tendi una funicella,
e con la punta del foraterra segna il solco nel
terreno lungo la corda. Vi metti quindi i semi;
copri i più piccoli con un dito di terra, e con
due o tre dita i più grossi.
Con la coltivazione a linee sbrighi, da sola,
tutto il da farsi nell'orto, lavorandovi tutt'al
più un'ora al giorno per cinque o sei mesi dell'anno.
Seminando a getto o alla rinfusa, non bastano
le tue braccia a nettare il terreno. Devi
aspettare che le malerbe siano un po' alte, dovendole
estirpare a mano: ed è tanto nutrimento
rubato alle buone piante. Eppoi questi
zappino e una rastia.
Con questa tagli le malerbe, appena escono da
terra. Ripeti l'operazione ogni otto, o dieci
giorni, in tempo secco, avvertendo di estirpare
a mano le malerbe nelle file. Col zappino mantieni
la terra smossa tra le file.
Le sementi procura di fartele nell'orto stesso;
altrimenti bada a provvederle di buona qualità,
e di sicura riuscita.
Finisco con un consiglio.
In giro alle aiuole coltiva alcuni fiori. Essi
dànno la vita, rallegrano l'occhio, profumano
l'aria, abbelliscono l'orto.
Alle rose di varia fioritura aggiungi garofani,
reseda, gerani, ecc. Non dimentica tra essi il
gelsomino, il giglio, e la viola màmmola: e questi
ti ricordino sempre le virtù che fanno di te,
giovinetta, il fiore più bello, e più caro della
famiglia.
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