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Marchesa Plattis
Maiocchi
JOLANDA
Eva Regina
IL LIBRO DELLE
SIGNORE
JOLANDA
EVA REGINA
OPERE DI JOLANDA
R O M A N Z I
Iride, scene fam., 3a ed. L. 2.— II crisantemo rosa, 2 a ed. L.2.50
Le tre Marie, 3' ediz. » 4.— Accanto all'amore . . » 3.—
La Maggiorana, 2" ed. » 2.— Le ultime vestali . . » 3.—
Le indimenticabili, 2" ed.» 3.— Alle soglie d' eternità » 3.—
Dopo il sogno, 2a ediz. » 3.— Prato fiorito, esaurito
RACCONTI E NOVELLE
Suor Immacolata, racconto, 3" edizione . . . . L. 2.—
Sotto il paralume color di rosa, racr., 2' ed., esaurito
" Cor ultimum moriens „ racconto, 2' ed., esaurito
Le spose mistiche, novelle > 2.—
Sulla via degli incanti, novelle, esaurito
Amor silenzioso, novelle » 2.50
Fiori secchi, bozzetti » 2.—
Studi letterari e artistici, opere morali, ecc.
Nel paese delle chimère, fantasie, 2"- edizione . . L. 2.50
Il rosario d' ametiste, poemetti in prosa, 2a ediz. . » 1.50
Le Ignote, medaglioni femminili, 2a ed., esaurito
Dal mio Verziere, saggi critici, 2" edizione . . . » 2.50
Miniature Francescane, 2a edizione » 2.—
Fiori e sogni x x II libro delle ore, esaurito
Il libro dei Miraggi, esaurito
Donne che avete intelletto d'amore, conversaz. femm. 3.50
Le donne dei poemi di Wagner, 2' edizione . . , » 2.50
Fiori del pensiero, sentenze e massime . , . , . » 2.50
Spedizione franco di porto mediante invio Cartolina-Vaglia, estero Cent. 50 in più per ogni volume.
JOLANDA (Marchesa Plattis Majocchi)
EVA REGINA
IL LIBRO
DELLE
SIGNORE
(IL MODERNO GALATEO)
CONSIGLI E NORME DI VITA FEMMINILE CONTEMPORANEA
ELEGANZA - BELLEZZA - AMORE - USI SOCIALI
MORALE - EDUCAZIONE - IGIENE - COLTURA, ecc. ecc.
5' edizione (51-61 migliaio) - Riveduta ed ampliata
Premiato con dipl. e med. d'oro all'Esposiz. Femmin. Villa Reale 1910 Milano
MILANO
LUIGI PERRELLA - Editore
Via Manzoni, 20
1912
PROPRIETÀ LETTERARIA
dell' Editore LUIGI PERRELLA
Riservati tutti i diritti
Como — Stabilimento Tipo-Litografico ROMEO LONGATTI
PREFAZIONE
Eva Regina non è
un galateo, non è un libro di morale o di educazione, non è
un manuale d'igiene e d' economia domestica,
nè una guida d'eleganza o un trattatello di
psicologia : ma è forse un po' di tutto questo,
giacchè appartengono a tali materie gli elementi
che concorsero a formarlo e che,
coordinati, alternati e armoniosamente fusi
insieme, dovrebbero aver creato, nella mia
intenzione e nel mio desiderio, una specie di
modesta guida, pratica ed ideale ad un tempo,
della vita femminile, quale le esigenze dei
tempi nostri la richiedono nella sua molteplice
missione famigliare e civile : mentre
ne viene seguito in rapida sintesi lo svolgersi
attraverso l'età, le circostanze, le classi sociali.
Alternai con qualche divagazione sulle
cose che hanno speciale attinenza con la vita
o il pensiero muliebre, per rendere più dilettevole
questo volume che si offre a tutte
le donne indistintamente, di qualunque età e
condizione, giacchè tutte potranno trovarvi
un riflesso della propria vita e del proprio
sentimento.
Libri di questa specie non mancano nè
in Italia nè altrove: e non ho la pretesa di
aver fatto opera nuova; tuttavia mi sembra
che in Eva Regina le lettrici possano trovare
un compagno più loquace e più vario che
nei volumi già noti del genere, poichè non
mirai a specializzare ma a comprendere,
superficialmente e per sommi capi, tutto
quanto mi era possibile di utile e di interessante
per noi.
E ch'io non mi sono ingannata sulla
missione tutta intima e confidenziale, ed
anche sotto un certo punto di vista rianimatrice
e confortatrice, di questo libro della
donna, lo attesta il grande, unanime, insperato
successo già ottenuto in Italia e fuori,
tanto che in cinque amni si moltiplicarono
le ristampe e si ebbero due traduzioni in
francese ed in spagnuolo. Anzi le richieste
continue che di Eva Regina venivano fatte
ai librai d'ogni città italiana adescarono alcuni
vilissimi speculatori, usi a trarre guadagno
a spese altrui, veri pirati del libro, i quali
ne falsificarono prontamente l'edizione vendendo
le copie sulle banchine a prezzo umiliante.
Così l'editore Luigi Perrella, che con
slancio generoso e abilità rara aveva saputo
dare al volume una larga diffusione determinandone
l'esito felice, si vide costretto
sebbene a malincuore ad arrestarne lo sviluppo
e l'autrice dovette provvedere alla
tutela dei suoi diritti per le vie dei Tribunali,
che le diedero ampiamente ragione.
Ora Eva Regina risorge, e dopo l'affronto
e la schiavitù ricinge il suo rilucente
diadema di sovrana. Risorge e si ripresenta
al pubblico in veste più elegante, completamente
riveduta e corretta nel testo e con
l'aggiunta d'un intero capitolo: Le regine in esilio,
di modo che sarà impossibile d'ora
innanzi confondere l'edizione vera, l'unica
autorizzata dall'editore e dall'autrice, con
l'edizione clandestina, molte copie della quale,
purtroppo, trovasi tuttavia in circolazione.
Di tutto questo era utile e doveroso
avvertire le lettrici che, ne nono sicura,
vorranno compensare il povero libro ad esse
dedicato, cui nocque, come a qualche donna,
la troppo rapida fortuna, vorranno, dico,
compensarlo offrendogli di nuovo il tepido
e sicuro rifugio delle pareti famigliari e il
premio dolce della loro fiducia.
Aprile 1912.
JOLANDA.
Eva Regina 1
Veli candidi — I gigli — Fiore che sboccia — Le
prime curve e i primi misteri - I maestri —
Le amiche — I cugini — La luce — Il primo
sogno — Dopo il sogno — L'educazione - com'è
— L'educazione - come dovrebbe essere — Un
punto delicato — L'istruzione — Maschi e
femmine — Verginità — Sua altezza l'Amore
— Nuove ebbrezze — L 'anima sulle labbra —
La caccia al marito — La fidanzata — Matrimonio
d'amore — Matrimonio di convenienza
— Matrimonio di necessità — Matrimonio di
riparazione — La parola data — Il corredo
— La canestra di nozze — Cerimonia nuziale
— Viaggio di nozze — L' attesa — Davanti al
mistero — Ansie e paure — Enfin seuls! —
Cadono i fiori d' arancio ... - La coppa avvelenata.
VELI CANDIDI
Jeune fille, jeune fleur!
CHATEUBRIAND.
La vita femminile nel suo primo periodo si
svolge tutta fra due veli candidi : il velo della prima
comunione, il velo nuziale. La comunicanda e la
fidanzata, l'alba e il tramonto della verginità, nel
simbolico abbigliamento delle ore solenni, che le
fa apparire quasi immateriali come la parvenza d'un
puro sogno, hanno entrambe il cuore commosso,
si sentono entrambe alla soglia di un mistero.
Ogni fanciulla intorno ai dodici anni attende con
impazienza ansiosa il giorno della sua prima comunione,
il giorno che segna per lei un passo nella
vita, che le reca l'abito più lungo, che la separa
dai fratellini e dalle sorelline ancora nell'infanzia
e l'avvicina di più alla mamma o alle sorelle maggiori :
che le schiude le porte dell' adolescenza con
le sue timide grazie, i suoi primi sogni, fragili come
fiori di biancospino.
Ogni signorina intorno ai vent'anni, nel suo segreto,
vagheggia il gran giorno che la vedrà sposa;
il gran giorno in cui proverà più emozioni e più
turbamenti che non ne abbia provati in tutto il
suo ancor breve passato d'esistenza. Ed entrambi
i giorni — il giorno mistico ed il giorno tumultuoso
— restano fissi nella nostra memoria e inalterabili,
come i due poli della nostra primavera, come la
prima e l'ultima nota del preludio alla sinfonia,
appassionata o dolce, drammatica o pastorale, della
nostra vera vita muliebre. E la corona dei fiori
d'arancio va a riposare accanto a quella dei gigli; e i
veli bianchi, confusi nello stipo, si susurrano i loro segreti,
e i due libri di preghiere, d'avorio semplice l' uno,
di ricca madreperla l' altro, vengono
custoditi con la cura stessa, con la medesima religiosità.
Fede e amore — le due forze più possenti
dell'anima, le fonti di tutta la vita morale della
donna e della sua luce intellettuale — sono riassunte
in queste allegoriche reliquie dei suoi giorni
passati: e come amuleti ideali io vorrei che ogni
madre potesse passarle alle figliuole con serenità
invitta, con fronte altera.
I GIGLI
Il giorno della prima comunione non è proprio,
forse, il più bello della vita, come retoricamente si
è detto e ripetuto fin qui. A quell'età la vita è ancora
molto rudimentale, è in formazione: le vere
gioie, provate con piena coscienza del valore della
vita e che ci daranno, se non un intero giorno, ma
ore di completa esultanza, verranno più tardi, quando
la nostra personalità si sarà plasmata e affermata.
Il giorno della prima comunione è il più mistico
della nostra esistenza: il giorno in cui l'anima giovinetta
si sente più in contatto con la Divinità; il
giorno in cui si piange di emozione nelle fresche
chiese odorose di gigli e d'incenso, fra le armonie
gravi e soavi dell'organo e i canti di gloria e gl'inni
d'adorazione che alla fanciulla fanno sognare le
schiere diafane degli angeli. Ed è pure il giorno,
come ho detto, che una pia e gentile tradizione destina
per l'ingresso nell'adolescenza, dove altri doveri,
altre occupazioni, altre abitudini sostituiranno
quelle della bambina. Presso i Romani l'indossare
la toga pretexta, ossia l'abito degli adulti, costituiva
una specie di rito: le ragazzine greche offrivano in
un certo giorno della loro puerizia la bambola a
Diana o a Venere per significare che l'età dei giuochi
era finita, così presso di noi popoli moderni la cerimonia
della prima comunione ha un' importanza
anche civile.
Pure non bisogna dimenticare che la sua base è,
e rimane, religiosa. Quindi, sebbene solenne, dev'essere
un giorno di raccoglimento. Non passeggiate,
non teatri, non ricevimenti, non abiti fastosi e capricciosi.
Fiori, oh questo sì, a profusione ; rose
candide, gelsomini, lillà bianco, mughetti, gigli —
tutto quello che può celebrare con una parola di
profumo e di poesia l'innocenza della fanciulla.
Visite di amiche, un pranzo di parenti, qualche pio
pellegrinaggio su una tomba cara, se la fanciulla
ha il dolore di non aver accanto a lei tutti i suoi,
o qualche visita a un santuario della città o dei
dintorni verso cui abbia speciale devozione ; un'elemosina
abbondante, se è ricca ; qualche buon atto
di carità, se è di condizione modesta ; qualche coraggioso
atto di riparazione, o con una visita o con
una lettera, se la sua coscienza le rimproverasse
torti o rancori; e l' inaugurazione, con la data solenne
di quel giorno, dell'album dove amiche e conoscenti
scriveranno un loro pensiero, e dell'intimo
Diario dove la giovinetta imprenderà a notare sera
per sera gli avvenimenti della giornata, i progressi
dei suoi studi, le impressioni di lettura, le sue riflessioni
sulla vita che le si apre dinnanzi sempre
più multiforme. Fiori e sorrisi e benedizioni e teneri
baci, non di più. E l' abito sia bianco completamente
e semplicissimo. Di lana, a molli pieghe,
un po' più lungo degli altri, senza guarnizioni. Non
nastri nei capelli sciolti trattenuti dal lungo vaporoso
velo e dai fiori : o due gigli, o una ghirlandetta
di rose bianche, o mazzolini di gelsomino. Un giglio
o un mazzo di fiori, ma senza nastro, sia pure
fra le manine guantate di fini guanti di pelle bianca,
della piccola sposa mistica. Nessun gioiello, all' infuori
d'una crocetta d'oro al collo o d'una medaglia
sacra, od anche un ritratto del babbo o della mamma
morti, se la sua vita ha già questo dolore. Anche
le scarpine devono essere bianche e le calze, di
seta.
Il babbo e la mamma avranno regalato alla loro
bambina il libro da messa, semplice ma grazioso,
tutto bianco. Potrà avere le sue cifre d'argento,
piccine, in un angolo ; un bel segnalibro ricamato
o dipinto, con motti ed emblemi opportuni, e dovrà
sempre poi recare sulla prima pagina alcune parole
scritte dai genitori che la fanciulla, fatta donna,
rileggerà commossa e, più tardi ancora, bacierà come
una reliquia.
Gli altri parenti dovranno tutti, a seconda del grado
e della posizione sociale, far qualche regaluccio
alla comunicanda: un ventaglio, un ombrellino,
un fazzoletto ricamato, un astuccio da lavoro,
qualche libro, una cartella da scrivere, un semplice
gioiello. Il giorno della prima comunione, la signorina
riceve o dai genitori o da qualche parente il
primo orologio, che sarà d'argento, piccolo e modesto,
giacchè più che come ornamento dovrà servirle
per regolare le sue ore d'occupazione e di studio.
A tavola, per quel giorno, la mamma le cede il posto
d'onore e si mette alla sua destra, per dimostrare
che la investe di un'autorità, ed è servita per la
prima, anche se vi fossero alla mensa persone di
riguardo.
Nel ricevere le amiche, i parenti, e a pranzo, la
fanciulla avrà conservato il suo abito bianco, non
togliendone che il velo.
FIORE CHE SBOCCIA
I dodici anni sono diventati quindici. Il bocciuolo
si schiude. Giunge per la giovinetta quell'età delicata
e difficile in cui non è più bambina e non è
ancora donna. Un'età di passaggio, ingrata e penosa
come tutti gli stadi di formazione.
La fanciulla è cresciuta, è alta quasi come la
mamma, ma le forme della sua persona sono gracili,
angolose, senza grazia : i lineamenti le si sono
accentuati nel volto che ha perduto le rotondità
infantili: le mani e i piedi troppo grandi, le braccia
e le gambe troppo magre, escono sempre troppo
dalle maniche o dalla balza della gonnellina che
non si allungano mai abbastanza. Soffre di strani
languori, di stanchezze, di malinconie. I giochi non
la distraggono più e lo studio non la interessa vivamente
ancora. Odia tutti i lavori d'ago : dal ricamo
al cucito; adora la lettura — oh questo sì — non
farebbe che leggere : è un'avidità intellettuale quasi
morbosa, come l'altra avidità che le fa preferire certi
cibi : l'insalata, la frutta, di cui senza la sorveglianza
materna abuserebbe. Qualche volta piange e si sente
infelice senza motivo; qualche altra ride e salta
ed è espansiva con tutti senza un perchè. C'è un
fermento nella sua piccola anima candida, un'impazienza
che ha cause ignote, che la sospinge sempre
verso il nuovo, l' impreveduto : coltiva nuove
amicizie, inizia con entusiasmo nuove occupazioni,
desidera di far dei viaggi, si cambia pettinatura,
si adorna con un nastro, con un fiore, con una collana,
con una cintura : un cappello, un abito nuovo
le danno l'insonnia : i suoi sentimenti si slanciano
tutti in alto, rapidi, luminosi, arditi e scapigliati
come i razzi di un fuoco d'artificio...
LE PRIME CURVE E I PRIMI MISTERI
.... Che cos'è? La mamma ha parlato a lungo alla
sua bambina, l'ha baciata, l'ha accarezzata, l'ha rimandata
contenta. Un gran peso le si è tolto dal
cuore. Aveva creduto di essere malata di qualche
malattia vergognosa e grave, ma dopo le spiegazioni
della mamma non lo crede più e sorride dei suoi
terrori. Ma ritorna alle sue occupazioni, ai suoi studi,
ai suoi svaghi, con una serietà nuova negli occhi,
una compostezza insolita. Non vuol più giocare a
certi giochi sgarbati e chiassosi col fratellino, non
si lascia più sorprendere svestita, gira la chiave
nell'uscio prima di far toilette, si vergogna se l'abito
è troppo corto o troppo attillato.
Ma già le foggie dei suoi vestiti non sono più le
stesse: non porta più come un anno addietro la blusa
alla marinara uguale a quella del fratellino, ed il berretto
di panno rotondo o il cappello di paglia cinto
di un nastro; i paltoncini sciolti o le camicette a
sacco sul suo torso senza rilievi, da efèbo.
Le gracili rigidità del suo corpo si sono ammorbidite :
uno spesso strato di carne liscia, soda, ricca
di succhi vitali e di sano sangue giovanile ha rivestita
la sua magrezza : le curve femminili del seno,
delle anche, delle spalle, si accentuano come quelle
d'una forma di creta molle sotto le dita dello scultore
la vita le si è assottigliata, ed ora porta una
leggera fascetta elastica che ne rivela la snellezza
senza costringerla. La biancheria è fatta come quella
della mamma : gli abiti, pur essendo semplici, le disegnano
la figura, le scendono fino alla caviglia :
i suoi cappellini sono un soffio, una poesia, una primavera
ideale. Si fa sboffare i capelli sulla fronte
e non porta più la treccia cadente, ma la ripiega
a metà o stringe i bei capelli abbondanti in un nastro
nero sul collo.
Va ai concerti, a qualche teatro di musica, a qualche
commedia. Ha una bibliotechina di libri a sua
disposizione; serve il thè nel salotto della mamma,
l'accompagna quasi sempre adesso, nelle passeggiate,
nelle visite. Ha fatto un viaggetto sola col babbo
e sogna il suo primo ballo...
I MAESTRI
Non ha messo da parte del tutto lo studio, però.
Terminate le cinque classi e il corso complementare,
se la fanciulla non ha l'intenzione di studiare per
professione o non è tratta a farlo da un gusto e da
un ingegno speciali, avrà qualche insegnante di lingue
straniere, di musica, di disegno, di letteratura
che la perfezionno nelle cognizioni rudimentalmente
apprese o le rinnovi nella sua memoria. Io
credo che non vi sarà una mamma così poco avveduta
da dare alla propria figliuola giovinetta un
maestro giovine, anche se le lezioni sono prese sotto
la direzione di lei: ma conosco molte madri, ingenue
o imprudenti, le quali con tutta tranquillità di coscienza
e buona fede affidano le loro figliuole sedicenni
o diciottenni a professori in piena virilità ma
ammogliati ; come se lo stato civile potesse essere
una difesa e un freno contro gli istinti naturali e le
sorprese del sentimento!
Non bisogna dimenticare che la fanciulla, e segnatamente
nell'arcano e arduo periodo della sua
formazione fisica, morale, intellettuale, è come una
molle cera che cede e accoglie ogni impronta, come
un'acqua limpida che il primo soffio increspa; facilissima
quindi a subire le impressioni, le influenze
del sesso opposto al suo e che natura già le destina
per complemento di sè. Una gradevole voce d'uomo,
un lampeggiar d'occhi, l'aroma d'una sigaretta, un
bel sorriso, la distinzione della persona, i modi insinuanti,
possono rendere pericolosa ad una giovinetta
la vicinanza quotidiana di un uomo, anche se
ha i capelli grigi e possedesse tutte le mogli del
Sultano...
Il primo amore segreto e inconfessato di molte
fanciulle adolescenti fu il professore che dava loro
lezione dalla cattedra di scuola: ora, il professore
ammesso nell'intimità della camera da studio sarà
ancor più pericoloso. Si noti che la comunione delle
idee nello scambio assiduo del dare e del ricevere,
le arti, l'ammirazione del bello, la poesia, sono,
per dirla con una frase scientifica, buoni conduttori
dell'amore che s'accende prima negli strati superiori
dell'anima per scendere poi fino ai sensi e pur
troppo prima di lasciar tempo di difesa...
Niente dunque maestri per le nostre figliuole.
Maestre, e meglio se giovani perchè sapranno meglio
intenderle e si farà più pronta fra di esse quell'affinità
elettiva che giova tanto all'energia mentale,
al progresso, all'entusiasmo e alla fede nell'inseguimento
d'un ideale.
LE AMICHE
L'età in cui si sente più forte il sentimento
dell'amicizia è la prima giovinezza. Un po' perchè
a quell'età i sentimenti sono più vivi e più freschi,
un po' perchè la fede è più candida, un po' per quel
bisogno di espandersi, di confidarsi, di sostenersi
l'un l'altro, proprio dell'adolescenza incerta ancora
e debole di fronte alla vita. Poi l'amicizia è come
il preludio dell'amore ; infatti certe amicizie fra educande,
fra condiscepole, rivestono appunto i caratteri
della passione. Tutte noi ne troviamo alcuna in fondo
al nostro passato fra le più care memori della
puerizia. Quanti rosei sogni insieme sognati! Quante
speranze che ci davano le ali ! Quante ore di innocenti
trepidazioni, di pure emozioni, vissute insieme !
Ed anche molte tristezze si provano in comune e
si versano lagrime di sconforto ai primi disinganni
che ci colpirono, fra noi sole in qualche angolo di
stanza o di giardino. E se fummo separate, che lunghe
lettere, calde di tenerezza, piene di confidenze, di descrizioni,
di richiami alla vita comune! E uno scambio
di fiori schiacciati, di immaginette sacre per i
libri di preghiera, di fotografie, di piccoli doni...
Care amicizie dell' adolescenza, che profumate i
margini del nostro cammino quando è ancora piano
e facile : mite alba immacolata, foriera dell' aurora
degli affetti, nessuno di noi che vi ha provate saprà
dimenticarvi ! Ed è con un'emozione dolce e mesta
che fermo qui a volo la vostra imagine, come appendendo
un voto all'altare del mio passato, la tua,
Maria, ora placida madre di numerosa famiglia, e
quella d'un'altra Maria a me diletta, che ora riposa
per sempre dopo una breve e triste vita; e voi Giulia,
Elvira, Adele, lontane, perdute. Oh i diversi destini,
di tutte noi che sbocciammo insieme, che crescemmo
nello stesso vivaio finchè la vita non ci trapiantò
e ci disperse !
Alcune rimangono vicine, delle amiche d'infanzia,
ma è sempre difficile conservare inalterati gli stessi
rapporti. Lo sviluppo della personalità morale e intellettuale,
i matrimoni, le circostanze, possono determinare
delle disuguaglianze, delle disarmonie che
fanno a poco a poco allentare i vincoli antichi. Qualche
volta è la rivalità, la gelosia, ed — ahimè —
il tradimento, che recidono al vertice della giovinezza
queste catene delicate che parvero così salde,
che mille volte proclamammo indissolubili ed eterne
nel nostro verde aprile.
I CUGINI
Non rammento più il nome di chi disse che i
cugini sono naturalmente la prima imagine personificata
dell' amore. C' è del vero. Anzitutto i cugini
sono quasi sempre coetanei, o quasi, delle cugine:
sono molte volte i soli giovani che frequentano
la loro dimora, che vivono molte ore con esse fuori
dalle rigide leggi dell'etichetta ; poi c'e il tu che
li affratella, che dà ad ogni discorso, anche il più comune,
un certo tono di dolcezza confidenziale, di
tenero ardire. Vi sono gli stessi ricordi d'infanzia,
le tradizioni famigliari stesse : tante volte lo stesso
tetto accoglie, in villa, intorno a una nonna, che
vizia entrambi nello stesso modo, a una zia che carezza
entrambi cou carezze materne. I parenti non
se ne accorgono, ma gli anni passano e i bambini
sono diventati un giovinetto ed una signorina; egli
è studente di Liceo, declama con enfasi Orazio e
Carducci e fa il verso ai professori; lei non va più
a scuola, non ha più gli abiti corti nè la treccia
sciolta sulle spalle; sa a memoria qualche poesia di
Musset e suona con molto sentimento un pezzo di
musica intitolato, per esempio: Rêves dorés. Ella parla
a lui dei libri che legge, delle sue amiche, dei suoi
desideri : una bicicletta, un pianoforte, un viaggio:
delle sue speranze per il prossimo carnevale; — egli
le parla de suoi studi, dei suoi amici, di romanzi,
di ritrovi mondani, dei teatri — cose che ella ignora,
caricando le tinte, sfoggiando innanzi a lei la sua
superiorità nella scienza della vita. Non si amano, o
non lo sanno : per un delicatissimo senso evitano,
quando parlano insieme, perfino ogni allusione all'amore;
ma quando sono disgiunti pensano l'uno
all'altro con una soavità strana, rammentano ogni
minimo particolare dei loro abiti e dei loro atteggiamenti
e si mandano con un sospiro, mentalmente,
un fervido augurio di bene per la loro vita avvenire:
« Povero Rirì è tanto buono ! Cara Titì, tanto
affettuosa! Almeno fosse felice! ».
Qualche volta però, Rirì è uno scavezzacollo : la
cugina ha veduto la zia piangere per lui che non
ha voglia di studiare, che fa debiti, che va a zonzo
la notte, che... che... che... Ma purtroppo il fascino
virile è appunto più forte per l'anima impressionabile
dell'altra ; perchè Rirì è quasi sempre un bel
giovinetto, facile parlatore, di spirito pronto, che
fuma sigarette con disinvoltura da viveur, che le
lancia occhiate che le fanno battere forte il cuore...
Oppure è Titì che ha disposizioni civettuole assai
inquietanti, ed ha appreso molto per tempo l'arte di
attirarsi gli omaggi virili. E il cugino, un po' timido,
un po' goffo, tanto buon ragazzo, è il primo passerotto
che casca nella rete, e pur maledicendo alla seduzione
femminea in stile Leopardiano, o sfogando il suo
martirio in elegie alla Jacopo Ortis, crede fermamente
per un pezzo che al mondo non possa esistere
una donna più irresistibile di quella Messalina
di quindici anni...
LA LUCE
Ma un bel giorno le tenebre si rischiarano d'un
vivido raggio d'oro che penetra dritto come mi dardo
nel caos nebuloso della coscienza, del pensiero, del
cuore. Si sa il perchè di quel palpito, il perchè di
quel turbamento, il perchè di quella felicità. Tutto
in noi e fuori di noi acquista un significato nuovo
e più profondo, una bellezza nuova. Si prova una
spontanea e piena gioia di vivere, d'agire; si ha
un ritorno alle spensieratezze infantili, si ripete in
noi il bisogno d'espandersi, di sciogliere inni e canti.
Che cosa accade? Un penetrante poeta spagnuolo :
Becquer, ve lo dirà meglio di me :
Or gli atomi invisibili dell'aria
Palpitano e s'infiammano da torno:
E il ciel par si disfaccia in raggi d'oro:
In segreto piacer trema la terra;
In onde d'armonia giungermi ascolto
Battiti d'ali e murmuri di baci,
Si schiudon le mie palpebre: Che avvenne ?
— E l'amore che passa!
IL PRIMO SOGNO
Il primo sogno d'amore avvolge nelle sue spire
di profumo e di pulviscoli d'oro l'anima appena
schiusa al caldo sole della vita. « Spesso il primo
amore è un idillio fuggitivo - scrive Matilde Serao -
ma niuna tragedia spirituale degli anni più forti
e meno lieti arriva a vincerne la soavità e la delicatezza
del ricordo. » Ed è vero. Così se anche il
primo amore ci è costato affanni o delusioni : se anche
svanì lieve come un fantasma vano all'ardore
dell'anima nostra, chi lo provò nella sua divina poesia
deve benedirlo, come le prime amicizie. Il giovinetto
pallido e bruno dai dolci occhi neri ch'era per
noi la personificazione dell'ideale, che ci scrisse la
prima lettera d'amore — banale, comune, ridicola
forse — ma che ci fece passare la prima notte insonne
con quella lettera sotto il guanciale : il giovinetto
pallido che intravedevamo sempre al solito
posto, in chiesa o alla passeggiata, con sempre rinnovata
emozione; e ci diede le prime innocenti ebbrezze
d'una parola audace e tenera susurrata fra
i capelli in un giro di waltzer, che ci rivelò il suo
amore fedele e invincibile, nelle pause d'una quadriglia,
o d'un cotillon, è ora un uomo maturo, fuori
dell'orbita della nostra esistenza. È un onesto padre
di famiglia, un buon impiegato, un placido campagnolo,
un decoroso capitano dell'esercito, un deputato,
un professore d'Università : non l' abbiamo
più incontrato, e se lo incontrassimo il nostro volto
non muterebbe di colore e il nostro cuore non
avrebbe un battito di più, poichè non è più nulla
per la nostra vita sentimentale, egli che fu tutto.
Il giovinetto pallido è morto, e come a un caro
estinto noi pensiamo a lui di quando in quando, raramente,
ma con una tenerezza dolce che avvolge
noi e lui ad un tempo, le nostre morte primavere,
coi profumi di allora...
Sono rare le donne che sposano il loro primo
amore, appunto perchè è un sentimento che non
ha radici nella verità. La vita con le sue esigenze
è ben diversa dal sogno. Ma non è male che il primo
amore rimanga quello che è, nel ricordo, senza trasportarsi
in una concreta realtà: che rimanga in
fondo all'anima come la memoria di un sogno troppo
bello perchè potesse durare.
« Il primo amore — dice ancora Matilde Serao
facendone la psicologia con la sua profonda conoscenza
del cuore umano —: il primo amore è fresco,
ingenuo, candido : è il vago balbettio di un fanciullo
che comincia a parlare; è un'alba tremolante di raggi,
è un'incipienza deliziosa. Gioie piccine, ma in quei
momenti ti soffocano con la loro esuberanza. Le impressioni
sono profonde ed intanto conservano la delicatezza;
il profumo è sottile, ma capace d'inebriarti;
senti l' anima crescere, svolgersi, aprirsi come un
fiore, e ti senti soddisfatto, e ti senti in possesso di
un tesoro, pensando di poter essere per te solo, per
lei sola, felice o infelicissimo. »
Alla nostra anima del presente quelle sensazioni
non basterebbero più, o la medesima creatura, giudicata
con altri criteri, veduta sotto altra luce, non saprebbe
più suscitarle in noi. Meglio dunque non
sposare il primo uomo che abbiamo vagheggiato,
per non correre il rischio di accorgersi troppo tardi
che non era lui che amavamo ma il nostro sogno.
DOPO IL SOGNO
La fine del primo amore è però quasi sempre triste, come ogni risveglio.
« Il n'est rien de plus triste qu'un songe heureux »
scrive Alphonse Karr acutamente. Sì, perchè più il sogno è stato dolce, promettente, lusingatore;
più ci ha dato l'illusione della felicità perfetta, e più il destarci, che è la rinunzia, che è la caduta d'Icaro, ci riesce amaro.
Sia la riflessione che subentra alla spensieratezza dell'adolescenza ; sia l' incostanza virile, il traviamento dei sensi,
che strappa l'uomo alle pure idealità per la torbida passione: sia la volontà di coloro a cui il giovane e la fanciulla
devono obbedienza, ma il risveglio è sempre crudele.
Avete mai veduto in primavera, quando gli alberi sono già tutti fioriti di bianco e rosa per la festa della rinascita,
una tardiva neve scendere dal cielo ancor freddo in qualche notte burrascosa e assiderare e distruggere le piccole
fragili corolle bisognose di sole ?
Così accade all'anima giovinetta per la sua prima delusione, al suo primo risveglio. Perde tutti i fiorì che l'abbellivano
per la festa della vita. Ed ella che non sa che quelle corolle possono rinnovarsi con altre più durevoli che daranno
il dolce frutto — ella che si crede inaridita per sempre, talvolta si smarrisce, si dispera, trova inutile vivere ancora e
si slancia nel buio della morte. Quasi tutti i suicidi per amore sono per un primo disinganno, per un primo dolore.
La leggenda di Giulietta e Romeo si ripete attraverso i secoli, e su queste tombe immature il delicato poeta dell'amor
dolente, Alfredo de Musset sospira :
Ouvrez vous jeunes fleurs. Si la mort vous enlève La vie est un sommeil, la mort en est le rêve Et vous aurez vecu si vous avez aimé.
Ma no! La nostra anima di madri si ribella, freme d'orrore, alla visione della mèsse violenta dei
poveri fiori di primavera. Noi dobbiamo instillare nel pensiero, nel cuore, degli adolescenti, che se la caducità
quaggiù è fatale e inevitabile, vi è pure per contrapposto la consolante, sovrana legge della rinnovazione :
« Sarà domani quel che non fu ieri » noi risponderemo al Musset con Gabriele d'Annunzio.
L'EDUCAZIONE - COME È
Purtroppo l'educazione come preparazione morale e pratica alla vita è, coi nostri sistemi, ancora assai deficiente.
Noi sorvegliamo a che la fanciulla non venga meno ai suoi obblighi d' urbanità e di cortesia; le insegnamo, appena
ha l'uso di ragione, le regole del galateo, la vogliamo riservata e disinvolta, semplice e graziosa, compassionevole
e pia : ma ci occupiamo assai poco di sviluppare o di foggiare in essa una salda forza morale di resistenza, una
volontà d'iniziativa che la guidi nel futuro. Nonostante le nostre aspirazioni verso una vita più indipendente ed intellettualmente
superiore: nonostante i terribili esempi d'ogni giorno delle conseguenze d' una educazione troppo debole e ristretta, noi
continuiamo ad usare con le nostre figliuole gli stessi metodi che s' usavano mezzo secolo fa, quando la vita sociale era
ben diversa e meno gravi i bisogni, e minori le responsabilità e gli obblighi della donna.
L'educazione d'una fanciulla, cioè la formazione della sua coscienza e del suo cuore, è affidata nelle nostre famiglie
signorili, prima alla bambinaia, rozza e non di rado corrotta : poi all'istitutrice, per lo più d'altra nazione, che sente,
pensa e s'esprime in altra guisa, che non curerà o coprirà d'una vernice esotica i germi delle tendenze buone e cattive. Nelle
famiglie borghesi la bambina dai sette ai quindici anni va a scuola dove impara una quantità di cose,
ma non la scienza più necessaria e più difficile : quella di conoscere e di governare sè stessa.
Noi insegnamo alla fanciulletta a reprimere i suoi istinti per civiltà, a non dire tutto ciò che pensa
per furberia, a essere docile per tornaconto, a essere amabile per vanità.
Sviluppiamo in lei, insomma, tutte le virtù passive dei deboli e degli inetti. Le inculchiamo la pazienza,
la rassegnazione, la sottomissione, il sacrificio della sua volontà, la mortificazione del suo orgoglio ;
e non le diciamo : resisti ! e non le diciamo persevera e vinci ! e non pensiamo che una spiccata attitudine,
l'amor proprio indirizzato bene, possono essere, per l'educazione, leve possenti.
Ancora: noi alleviamo le nostre fanciulle per un solo fine : il matrimonio, come una volta, quando per la
donna non v'era altra carriera. Tutte le bimbe che nascono, povere, ricche, belle, brutte, mediocri di mente
o intelligenti, sono destinate, nel criterio dell'educatrice, a diventare mogli e madri di famiglia. Sogni di adolescenza,
desideri di giovinezza fioriscono tutti intorno a questo ideale di quiete come miniature intorno ad una pagina candida
destinata ad accogliere un bel canto d'amore.
Ma se nessuno scriverà, poi, l'inno gioioso, l' azzurro e il carminio impallidiranno intorno alla pagina vuota, inutile.
Mancato l'unico fine della sua vita, la fanciulla non più giovane si rassegnerà a vegetare oziosa o si dedicherà ad
occupazioni inconcludenti ; si darà a pratiche di carità materiali o sterili, incapace nella sua inesperienza e nella sua
debolezza, di trovare in sè o intorno a sè qualche aiuto efficace, morale e materiale, per vivere.
Infine ai nostri giorni si confonde ancora troppo l'educazione con l'istruzione, mentre sono due colture
che devono, sì, procedere di pari passo e armonizzare, ma rimanere distinte ed avere, ognuna, cure e sistemi speciali per un intento solo.
L'EDUCAZIONE - COME DOVREBBE ESSERE
Come dovrebbe essere dunque l'educazione ? mi par di sentirmi chiedere da qualche mamma leggermente
offesa dalle verità crudeli che ho esposto forse troppo francamente.
Anzitutto, dell'educazione della propria figliuola, che è quanto dire della sua plasmazione morale, deve occuparsi la madre,
a qualunque condizione sociale appartenga: occuparsene con zelo, con gioia, con orgoglio, ben conscia dell' importanza
di questa sua missione che nessun'altra potrà adempiere come lei; lei che conosce il carattere della sua bambina,
come ne conosce il fisico; le debolezze, le forze, i difetti, le qualità. E cominci prestissimo, dalla culla.
Le infonda saldi principi di religione vera, quella che si dimostra più con gli atti della vita che con le pratiche esterne del culto.
Le sviluppi una coscienza severa e delicata, così sarà sempre il miglior giudice di sè stessa e non avrà mai bisogno di
ricorrere per consigli ad alcuno; dia un'estrema importanza al compimento del dovere, dal più piccolo al più grave, e una
luminosa aureola al lavoro, qualunque esso sia, dal più rozzo al più gentile. Le insegni a detestare la menzogna, ad amare
la verità anche se aspra : a riflettere
ma non a calcolare: ad abbandonarsi agli impulsi generosi ma a dominare energicamente l'istinto cieco ed egoistico.
Le insegni ad essere buona per essere felice; ad essere piacente e graziosa, non per vanità ma per far più prezioso
il dono di sè, per elevare con maggior facilità verso l'ideale le anime che l'avvicinano, che subiscono il fascino della
sua. La innamori della semplicità, dell' attività, della vita sana e frugale. Secondi le sue inclinazioni per quanto può,
e sopratutto non permetta che sull' unica base malsicura dell'amore edifichi tutto il suo sogno d'avvenire. Se l'amore
lo sposo verranno, tanto meglio, ma pure additando questo ideale alla fanciulla come il migliore ed il più naturale,
dovremmo procurare ch'essa possa sceglierne qualche altro se questo le vien meno.
Una signorina è molto più libera, molto più padrona di se, oggi che nel passato.
Ha più numerosi mezzi a sua disposizione per estendere la propria coltura, per rivolgere la propria
attività a questioni, a opere, che un tempo non esistevano o non la interessavano affatto.
L'educazione, l' arte, la beneficenza, gli impieghi, la scienza possono pure darle attività nobili, proficue a sè e agli altri,
consolazioni non inutili alla solitudine della sua vita futura. Avvezziamo dunque le fanciulle a contare sopratutto su loro
stesse; ripetiamo loro che moralmente e materialmente l'unica cosa essenziale nella vita è quella di operare il bene,
in qualunque sfera ci aggiriamo, in qualunque modo Dio permetta ai nostri sentimenti e alle nostre attitudini di esplicarsi.
UN PUNTO DELICATO
Riflettendo intorno alla formazione morale della fanciulla, la nostra mente incontra un punto delicato sul quale è difficile
mettersi d'accordo quasi quanto il discuterne. Ed è la rivelazione del mistero della vita. Dobbiamo noi lasciare la fanciulla
in quella completa ignoranza che vien chiamata abusivamente innocenza: o dobbiamo negli anni della pubertà, illuminarla
intorno al modo della sua nascita, al modo con cui altri esseri verranno da lei ? Finora le madri e le educatrici hanno preferito le tenebre.
Si ha temuto d'offuscare il candore della giovinetta, d'offendere il suo pudore delicato, di darle pensieri e desideri impuri,
di farla consentire all'illecito; in una parola: di depravarla.
Si è detto e si dice che l' uomo soltanto, il marito, ha l'obbligo e il diritto di questa rivelazione. Tutto al più la mamma, nel giorno delle nozze,
fra l'emozione e la confusione degli addii, mormora all'orecchio della figliuola qualche sibillina esortazione — povera mamma,
è in un curioso imbarazzo anche lei! — esortazione perfettamente inutile se la fanciulla è del tutto all'oscuro : ugualmente inutile
se ormai sa dove il diavolo tiene la coda. Giacchè giovanette che si sposino davvero inconsapevoli di ciò che ad esse si chiede,
sono rare oramai. Ma come imparano? Dalle confidenze di qualche amica maritata, da qualche lettura fatta di nascosto,
da qualche sguaiataggine delle donne di servizio, e se è intelligente e meditativa, dalle proprie osservazioni. Io so, per esempio, di una fanciulla che apprese
il processo della fecondazione studiando la botanica. Ma queste nozioni intuite o acquistate di frodo risultano più nocive che utili perchè sono
incomplete ed eccitano la fantasia a lavorarvi su, destano curiosità d'esperienza, senza dare alla vergine la coscienza esatta
del significato che ha il dono della propria persona e la successiva intimità coniugale.
L'assoluta ignoranza è poi, secondo me, un avanzo di barbarie. Dipenda come vogliono alcuni, dall'egoismo erotico dell'uomo,
o da un pregiudizio di moralità io la trovo ugualmente ripugnante all'anima, alla coscienza moderna. Mi pare (ed è) il più nefando
tradimento che si possa consumare a danno d'un essere umano, costretto a compiere il più grave atto della sua vita senza
comprenderne l'importanza e il significato materiale. Una fanciulla uscita la vigilia dal collegio o dai metodi d'una rigida educazione,
che non ha mai mostrato due dita di pelle più giù del collo o più su dei polsi; che la sera prima delle nozze ha dormito nel suo piccolo
letto bianco sognando ancora l'amore come un poema di parole tenere, di piccoli baci riguardosi sulla fronte e sulle dita, dovrà
ventiquattro ore dopo, spogliarsi in camicia in presenza di un giovinotto, entrare con lui sotto le coltri dello stesso letto e sentire
ad un tratto violati i suoi pudori più segreti, spesso con depravazione o con brutalità ? E quest'uomo che la offende così,
che dissipa così crudamente i veli del sogno, del mistero, della poesia, non potrà essere travolto, nella sensibile anima femminile,
con le rovine dell'ideale? Da amato non potrà divenire odioso? Certo le sembrerà un essere del tutto nuovo e ben
diverso da colui che aveva conquistato il suo cuore recitando dei versi sentimentali o prodigandole inchini, sorrisi e parole gentili.
E molte, troppe volte, all'indomani di queste nozze, composte non di due creature che fondono la loro anima, la loro carne e i loro destini,
ma di una vittima e di un tiranno — all'indomani la sposa pensa nel segreto del suo cuore : — Se prima avessi saputo... — ed è in lei lo
stordimento grave e confuso di chi si trova ferito o caduto da un'altezza, che si sente vivo ancora ma non sa misurare l'entità e le conseguenze
del danno ricevuto. E come dopo un pericolo, anche in questi casi, tante volte si guarisce, tante volte si resta deturpati, tante volte... si muore.
Oh, dite, pietose mamme che non volete esporre le vostre figliuole alla pena di un imbarazzo, agli sgomenti del pudore turbato, è da preferirsi
per esso questo martirio ? E non è meglio che sia la vostra mano delicata a sollevare il velo del mistero, anzichè quella dell'uomo che non potrà mai —
per quanto buono sia quest'uomo ed amoroso — avere la vostra pietà, la vostra avvedutezza femminile?
Credete a me: quando la vostra figliuola è in età di amare, prendetela tra le braccia e narratele la storia d'Adamo e d'Eva senza puerili bugie :
datele la coscienza di ciò che è, o di ciò che dovrà essere: le leggi della natura sono belle e sante e non possono corrompere alcuno. L'anima
della vostra fanciulla resterà limpida se anche non crederà più, o non fingerà più di credere che i bambini spuntano dai cespi di cavolo o vengono
recati in dono agli sposi dall'angelo del Signore. E forse quando saprà tutta l'importanza dell'amore, non lo concederà più
così leggermente al primo venuto, non si ostinerà più a promettere la sua fedeltà a chi non è degno di lei, e potrà considerare il suo sposo futuro,
la sua vita futura ad occhi aperti, come li considerate voi per lei, e in tanti casi vi darà ragione.
« L'âme d'une jeune fille
— scrive Victor Hugo —
ne doit pas être laissée obscure; plus tard il s'y fait des mirages trop brusques ou trop vifs comme dans une chambre noire.»
L'ISTRUZIONE
Consideriamo ora per sommi capi il problema dell'istruzione. Come ho detto, non bisogna confonderla coll'educazione che avvia a formare il carattere e
il sentimento, mentre l'istruzione deve adornare la mente e sviluppare l'ingegno. È necessario però farle procedere di pari passo, fonderle con armonia,
poichè se la sola istruzione può produrre aridità di cuore ed egoismo, l'educazione senza la coltura darà per risultato dei vani sentimentalismi, il pregiudizio,
l'inettitudine al giudizio, l'assenza delle dee, l'inferiorità e la debolezza.
Veramente oggi si tende ad esagerare nell'impartire l'istruzione alle ragazze. Non perchè la coltura possa essere mai soverchia e non possa sempre servire
in qualunque condizione della vita: ma perchè si affastella troppo, si vuole insegnar troppo in breve tempo, si esige dai cervelli delle giovinette uno sforzo
d'attività, di comprensione, d' assimilazione che spesso danneggia la loro salute. Si vedono delle signorine che a quattordici, a quindici anni hanno finito
tutti i corsi, si danno ad aiutare la mamma
nelle incombenze di casa, o s'abbandonano ad una vita frivola e non aprono più un libro di studio. Se ne vedono altre — troppe — dedicarsi allo studio per
speculazione, per conseguire un diploma e diventare maestre. Questa è l'ambizione di molti genitori ed è l'ideale di molte fanciulle, e vi si abbandonano a
prezzo di non lievi sacrifici, con tenacità singolare, senza riflettere prima se non convenisse meglio scegliere altra via più modesta ma più proficua : senza
interrogarsi profondamente — la fanciulla — se la missione grave, ardua, delicata dell'insegnante si confaccia davvero al suo carattere, alle sue attitudini.
Invece la giovinetta dovrebbe se sta in famiglia e studia per farsi una coltura d'ornamento, non affrettarsi al termine e continuare a studiare, ad apprendere,
anche oltre i quindici anni, nell'età in cui appunto la sua mente si apre meglio ad accogliere le spiegazione delle conquiste della scienza e le visioni della
bellezza ideale, e continuare a imparare, ad esercitarsi finchè prenderà marito ed anche dopo, perchè non c'è condizione di vita od età in cui si possa dire:
« io so abbastanza » e non desiderare di andare più oltre. Se poi la signorina studia per professione, procuri almeno di applicarsi a quelle discipline verso
cui le sue facoltà intellettuali e i suoi gusti la portano maggiormente. E se invece di andare alla scuola Normale andrà ad una scuola professionale non dovrà
vergognarsene, giacchè potrà diventare un'abile cucitrice, una brava modista, piuttosto che una cattiva insegnante e sarà tanto di guadagnato per gli altri e per lei.
Io vorrei particolarmente insistere perchè alle ragazze d'oggi, in cerca di professione, si desse qualche
altro avviamento, per impedire che si agglomerasse intorno a certi pochi rami determinati un soverchio numero di postulanti che divengono poi le spostate.
Il commercio, per esempio, la contabilità, la scrittura a macchina, la stenografia, le lingue straniere, la chimica, la botanica, i corsi d'igiene e di infermeria.
L'estetica ha una grande importanza nell' istruzione, ma io vorrei che vi fosse infusa più generalmente anzichè vederla limitata all' esercizio delle belle arti che
si riduce spesso ad un ozioso dilettantismo o ad una misera profanazione. Vorrei che tutte le fanciulle potessero gustare la bella musica, ammirare i bei quadri,
le belle statue, i bei versi, la bella prosa; potessero analizzare, conoscere, preferire, invece di udirle suonare l'obbligato pezzo con variazioni, o vederle insudiciare
coi colori dei lembi di tela e scrivere un bozzetto o una lirica piena di luoghi comuni. Le vorrei interpreti, insomma, più che esecutrici o creatrici, a meno di una
tendenza speciale verso qualche arte, che allora sarebbe delitto misconoscere o soffocare.
MASCHI E FEMMINE
Gian Giacomo Rousseau ha detto che esiste un desiderio della donna al quale non si mescola alcun pensiero sensuale: il desiderio d'un piacere particolare,
mal definibile, che l'uomo prova a stare con lei. E questo sentimento gentile, sottilmente nostalgico, è forse più comune di quello che si creda fra quelle anime virili
che hanno potuto e saputo difendere nelle intemperanze della prima giovinezza, nelle
rudi lotte della seconda, il divino fiore d'un ideale astratto, gelosamente caro e forse destinato a non realizzarsi mai.
I bambini e le bambine nascono allo stesso modo, vanno soggetti alle stesse miserie e agli stessi pericoli dell'infanzia, hanno bisogno delle medesime
cure, della medesima tenerezza materna. La loro anima s'apre, si sviluppa ad uno stesso genere di sensazioni e di sentimenti, di curiosità e di desideri,
d'istinti e di ribellioni. La natura ci avverte che le sue creature devono vivere insieme, come i fiori del prato, come gli uccelli dei boschi; i piccoli esseri,
i nuovi pellegrini in cui l'impronta della natura è ancora vivida e recente, ci avvertono con le loro attrazioni, con le loro preferenze — il fratellino verso la
sorellina, e questa verso quello — che l'un sesso cerca di compensarsi con l'altro; ma gli adulti, maliziosi, crudeli e ottusi, non scorgono il divino ch'è
in questa inclinazione e intervengono presto a contrariarla. L'educazione mette la prima barriera, nella famiglia e nella scuola; negli istituti dove
s'impartiscono i primi rudimenti dell' istruzione, dove le lezioni sono quasi un complemento dei giochi, i maschi stanno da una parte, le femmine dall'altra.
Ho veduto persino, in un Asilo infantile, infliggere per punizione a una bimba un posto nei banchi dei suoi piccoli compagni, e un fanciullo essere mandato
in castigo, quasi a dileggio, tra le bambine: sistema errato tendente a determinare una falsa vergogna e una falsa umiliazione.
In famiglia le ragazzine stanno con la mamma, con la nonna, con le parenti del loro sesso, le accompagnano alla passeggiata, nei negozi, nei salotti :
hanno delle piccole amiche che vanno a trovare e che ricevono, contraendo terribilmente presto i difetti di finzione, di civetteria, di pettegolezzo, d'invidia,
di ipocrisia, di vanità e d' insulsaggine dei ginecei: mentre il fanciullo allontanato presto dalla compagnia delle sorelle, dalla vigilanza materna, per lo
scrupolo del padre che teme di effeminarlo, si abitua presto, dal canto proprio, all'intolleranza delle pareti domestiche, al bisogno del vagabondaggio
per le vie e a quello sfrenato desiderio d'indipendenza che costerà poi tante lagrime ad occhi materni e offenderà i diritti più santi. E come le bimbe
nell'esclusiva compagnia delle loro simili atrofizzano ogni sano germe di spontaneità e d'energia, i fanciulli al continuo contatto della rudezza maschile,
perdono la gentilezza vera per acquistarne una assai superficiale da mettere come un colletto pulito nelle grandi occasioni.
Quali sono le donne che l'uomo avvicina per le prime con un po' di libertà, e presso le quali, nella sua adolescenza, studia di farsi un criterio intorno
alla psiche femminile che gli appare così problematica, sconosciuta e differente dalla propria Creature umili, d'una specie inferiore: giovani figlie del
popolo le quali, anche se oneste e gentili, gli faranno sicuramente concepire l' idea d' una smisurata distanza intellettuale, d'un penoso isolamento
del pensiero, d'un inappagamento doloroso dell'anima per tutto il resto della vita. Oppure donne di un'infima specie, corrotte e corruttrici, che insieme
al sangue avveleneranno ad essi ogni senso morale, ogni facoltà di vivere virilmente e vittoriosamente. Questa la scuola dei mariti, dei padri del domani :
la preparazione
di una parte del fondamento della società futura.
D' altra parte, le ragazze, dove possono conoscere gli uomini, questi benedetti uomini intorno alla cui individualità esse tramano leggende misteriose:
questi uomini che nel sogno confuso dell'avvenire hanno pure un aspetto di così affascinante idealità ? Nelle sale da ballo, nei teatri, intorno ai tavolini
del thè, dietro ai banchi delle lotterie, nelle fiere di beneficenza, nelle riunioni sportive, negli stabilimenti, nelle pensioni a duemila metri sul livello del mare;
dappertutto dove la vanità, l' ozio, la moda, l'irrequietezza consigliano di andare a far mostra di sè: dappertutto dove il convenzionalismo, l' ipocrisia, l'artificio
ingannano e trionfano, e le qualità più infide e più inutili seducono, e le qualità vere e grandi e preziose vengono derise come bizzarrie o riprovate come difetti...
Così uomini e donne divisi da un cattivo sistema di educazione, da pregiudizi sciocchi, da stolte convenienze sociali, dalla tradizione, dall' abitudine, si schierano
sempre di fronte come nemici e cambiano l'attrazione innata degli spiriti loro con un istinto di cui bisogna vergognarsi. E queste creature che unite sono la forza
gloriosa e separate l'insufficienza triste, si feriscono, si umiliano, si degradano, si uccidono nelle tenebre, invece di salire qualche grado della scala e ricercarsi
liberamente nella luce e nella verità.
VERGINITÀ
La verginità è stata definita come uno stato di grazia. Infatti è in essa la forza morale e materiale più possente. La verginità non appartiene che a sè stessa, non ha gioghi,
può disporre delle sue energie come vuole, passa attraverso il mondo invitta e invincibile, dominatrice ideale e austera. Diana, la più audace, la più indomita,
fra le Dee dell' Olimpo greco, era vergine : vergine era Minerva la dea della saggezza. Vergine era la fiera selvaggia Brunhilde, la Walkiria che proteggeva con le fiamme
il suo sonno e la sua castità : era vergine la Pulzella d'Orléans, celebre nelle cronache guerriere: vergini dovevano essere le poetiche Vestali custodi del fuoco sacro,
e vergini sono le pie monachelle che vanno in giro pel mondo sotto le fluttuanti ali bianche d' un' acconciatura che esprime carità e coraggio : o quelle che nei lunghi silenzi
del chiostro pregano per chi non sa più pregare.La verginità dunque è sinonimo d'ideale superiore, einfatti la vista d'una bella fanciulla pura dà lo stesso piacere,
lo stesso senso di freschezza e di forza gloriosa della vista d'un fiore non ancora colto, d'una cima coperta di neve intatta, di un' anfora nuova, di qualunque forma
naturale o creata dall'uomo, sulla quale la vita non abbia ancora lasciata la sua orma. E in una verginità semplice e sincera si contiene sempre un po' di alterezza,
quasi ell'avesse in sè, senza saperlo, la coscienza del suo fascino dominatore. Mai, infatti, la femminilità esercita seduzione più vera che in questo periodo in cui ella non è ancora
completa, ma in cui racchiude in sè tutte le speranze, tutte le promesse, tutto l' incanto dell' Iside velata e del mistero.
SUA ALTEZZA L'AMORE
Ma è fatale, è inevitabile che il roseo fior del pesco, l'immacolato fior del melo, cada per lasciar posto al frutto :
ed è legge di natura che l'amore faccia scendere la vergine dal suo piedestallo e la trasformi nel vivo emblema
della dedizione incondizionata e fedele. Non è più il primo timido aprirsi del bocciolo al sole della vita : non è più il
primo sogno avvolto nella nebulosa del romanticismo : è, questa volta, il completo schiudersi della corolla, è l'amore
che passa, conquista, incatena, in tutta la pompa della sua sovranità.
Fior d'ogni fiore:Quando spira aquilon s'infosca il mare Quando spunta l'amor nasce il dolore.
cantava il povero Panzacchi. Infatti l'amore dà sempre nel suo inizio un' inquietudine, una malinconia,
un desiderio di solitudine e di lacrime che lo fanno assomigliare più al dolore che alla gioia.
L'amore è fulcro dell'universo, è la molla più possente dell'anima umana, è ciò che fa la vita più dolce
e la morte più amara : è nell' aria che respiriamo, nelle cose visibili ed invisibili : è palese o nascosto
nella nostra individualità, e nessun essere umano può vantarsi di sottrarvisi, perchè in un periodo o
nell'altro della vita, volente o riluttante, questa indomabile e immensa forza lo assorbirà in sè come
un raggio ribeve la gocciola d'acqua. Tutta la natura parla d'amore e ci presenta un perpetuo spettacolo
di nozze; tutta l'arte, d'ogni tempo e d'ogni paese, l' ha riprodotto : migliaia di volumi furono scritti per
analizzarlo, per esprimerlo nelle sue forme più diverse, nelle sue sfumature più sottili: eppure quando
il nostro piccolo cuore lo sente passare ne stupisce e ne trema come d' un fenomeno sempre nuovo;
e l'amore resta e resterà sempre il più divino e terribile mistero dell'universo.
Fra tante definizioni dell' amore ne ho sempre ricordata particolarmente una di Corrado Ricci, semplicissima,
ma di una giustezza singolare. Questa...
« L'amore non è che il persistente, tenace, forte, prepotente ricordo d'una persona... »
Tutte noi abbiamo provato la verità di tale affermazione. Un ricordo che non ci lascia mai, che attira
a tradimento il nostro pensiero nelle ore dell'occupazione e ci fa essere disattente, svogliate,
lontane mille miglia da quello si fa o si dice intorno a noi : lontane da quello che noi stesse facciamo
o diciamo, così che lo svolgere il filo delle idee, se la nostra occupazione è mentale, o il seguire il
pensiero d'un autore, ci costa un continuo ed eroico sforzo di volontà : e se l'occupazione è materiale
ci fa commettere errori e distrazioni di cui ci sentiamo umiliate. E nelle ore del riposo questo ricordo
grandeggia così, che ci invade tutta l'anima, la sommerge in una dolcezza che paralizza ogni altro
moto dell' intelletto, che offusca ogni altro sentimento, che ci avvolge, ci rapisce, ci diminuisce,
ci cancella, ci travolge a segno che ci sentiamo tentate di domandare pietà...
NUOVE EBBREZZE
Eppure, sia benedetto l'amore ! Benedetto questo tiranno assoluto, anche se ci devastò il cuore come
un giardino su cui sia passato un uragano. Benedetto, se anche piagemmo tutte le nostre lagrime,
se gettammo tutti i tesori dell'anima nostra inutilmente. Benedetto se anche fummo ingannate, tradite,
misconosciute, abbandonate; anche se il ricordo del passato ci fa parer più fredda, arida e triste la
solitudine del nostro presente. Amammo, vivemmo. Amammo e conoscemmo l'estasi più alta, avemmo
la visione più fulgida di bellezza, possedemmo la ricchezza più meravigliosa. Misera la donna che non
ha appassionatamente amato; che non conosce le attese che sospendono il senso della vita, le
emozioni del rivedere un volto adorato che imbiancano il viso come nell'ora della morte; che non
sa le notti insonni per la tortura d' una gelosia, d'un dubbio, d'un'ignoranza; che ha atteso una lettera
come una sentenza fatale, che non si è sentita, in certe ore, su un culmine, nella gloria abbagliante
d' un sole ardente che raddoppiava tutte le sue energie, che le faceva vivere una vita ricca dell'essenza
di mille vite, che la dava un' esuberanza di sentimento, di sensibilità, da mutare l'esultanza in una
sofferenza fisica: misera la donna che non ha toccato, per un giorno, per un'ora, per un minuto, il limitare del suo sogno...
L'ANIMA SULLE LABBRA
L'anima sulle labbra ! Il bacio non è sempre un atto sensuale. Il bacio può essere, anche se appassionato,
anche se ardente, anche se le labbra vogliono le labbra, la più alta espressione dell' ideale; può essere l'incontro,
la fusione, il suggello di fede delle anime. Dice Alfredo Testoni, come un pastorello d'Arcadia :
Miti viole,A lei dite che un bacio non è male Vi lasciate voi pur baciar dal sole.
E Cyrano di Bérgérac, il più infelice fra gli amanti, perchè obbligato a conquistare per altri la donna che ama, definisce a Rossana il bacio così:
Un baiser, mais à tout prendre, qu'est-ce?Un serment fait d'un peu plus près, une promesse Plus précise, un aveu qui veut se confirmer,C'est un secret qui prende la bouche pour oreille Un instant d'infini qui fait un bruit d'abeille, Une communion ayant un goût de fleurs Une façon d'un peu se respirer le coeur,Et d'un peu se goûter au bord des lèvres l'âme.
Ma la più pura, la più ardente, la più poetica descrizione del bacio d'amore, ci viene da
una squisita donna, Elisabetta Browning, la moglie del poeta ch'ella adorò e ricolmò di dolcezze.
Delicata compositrice essa pure di versi, abbiamo tra gli altri questo appassionato sonetto che
trascrivo nella traduzione d'Enrico Nencioni.
-La prima volta ch'ei mi baciò, baciò solamentele dita di questa mano con cui ora scrivo : e daquel giorno essa divenne più delicata e più bianca, restia ai saluti mondani, pronta ai cenni delle cose celesti.Un anello d'ametista non potrei portarlo al ditopiù visibile agli occhi miei di quel suo primo bacio. Il secondo cercò la fronte, e mezzo si perse cadendo fra i miei capelli. Oh dono supremo! Questo fu il crisma d'amore che con santificante dolcezza precedè la vera ghirlanda d'amore. Il terzo fu deposto, perfetto, sulla mia bocca, e fin d'allora, superba, potei dire: Oh amor mio, mio veramente ! -
LA CACCIA AL MARITO
Questa è pura poesia, ed ora viene una pagina di prosa... e ben volgare.
Molte signorine vedendo che questo benedetto amore s'ostina a passare sempre
a una rispettosa distanza da esse, senza concretarsi in una forma magari meno
regale, ma più pratica, prendendo una determinazione decisa e coraggiosa, gli vanno incontro,
lo assalgono, o gli tendono degli agguati. E d'accordo con la mamma, la caccia al marito incomincia.
Si apre quasi sempre in principio di carnevale. La signorina che vuole assolutamente sposarsi è la più
assidua, la più elegante, la più istancabile. Non manca nè a un ballo, nè a un teatro nè a un ritrovo:
si moltiplica per essere dappertutto e senza mai dar segno di stanchezza, amabile sempre e sorridente ;
specialmente col sesso forte : se l'uomo è giovane e libero, la sua amabilità diventa quasi adulazione,
e la sua grazia aumenta sino all' artificio ottenendo, spesse volte, il risultato opposto a quello ch'è
nel suo desiderio. Fatiche e sconfitte producono poi in lei degli scatti di cattivo umore, delle impazienze
brusche, dei nervosismi a scoppi di sgarbi e di insolenze e di capricci, ma queste sono gioie
ch'essa riserba alla santa intimità domestica, e fuor della madre, delle sorelle e della cameriera
— concordi nella lega del silenzio per non mandare a male qualche bel colpo — nessuno sa e
nessuno se ne avvede. Così può passare per un modello di gentilezza, di mansuetudine, per
un'anfora ricolma d'ogni virtù femminile.
Ma il carnevale passa e la signorina ha sciupato sei abiti nuovi e dodici paia di guanti inutilmente...
Allora va a tutti i concerti della quaresima, a tutte le prediche, a tutte le passeggiate eleganti con
gli occhi languidi e malinconici nel viso incipriato e grossi bouquets di violette fra le mani o sul
petto. Niente...passa anche la quaresima. Ci sono le corse, le feste sportive del maggio ed ella
non ne lascia neppur una trascinandosi dietro quella povera mamma che spira esaurimento dal
cappello alle scarpe. Gli sportmen sono troppo occupati dei cavalli vincitori, delle automobili, delle
biciclette, delle coppe d'oro e d'argento, per pensare ad una cosa noiosa come quella di prender
moglie: e anche questa volta la povera cacciatrice di marito ha sciupato gli abiti ed i sorrisi.
Ma viene la stagione dei bagni, ed eccola con l'inevitabile mamma, sempre abbigliata decorosamente
per fare da degno sfondo alla figliuola, sulle terrazze degli stabilimenti più eleganti a stiracchiare
un lavoruccio fra le mani, a lanciare occhiate che
sembrano lenze ma a cui nessun pesce-uomo abbocca.
Misera! ha un bel tuffarsi nelle onde in elegantissimo costume da bagno, mandando piccole grida di
paura per attirare l'attenzione; ha un bel seguire a nuoto tutti i sandolini e magari fingere un naufragio
quando è all'ultima cartuccia ; tutt'al più le butteranno un salvagente o... la lasceranno affogare in pace.
Una ragazza di più o di meno, il mondo gira lo stesso. Addio bagni! — C'è la montagna, e su con l' alpenstock
a raccogliere l' ultimo edelweis sull'ultima cima e sostare a tutte le capanne di rifugio e legarsi alle corde di tutte
le spedizioni; ahimè, nemmeno a duemila metri c'è verso di afferrare un marito ! Si scende allora sulle collinette,
si combinano gite, ottobrate, si recita nelle ville, si ostentano le proprie forme nei tableaux vivants....
Passa invano anche l'autunno... e bisogna ritornare in città, riprendere il proprio posto di signorina in casa e in società.
Ma la pazienza e la fede d' una cacciatrice di marito sono inesauribili, ed ella si prepara a ricominciare il suo
inseguimento nel prossimo carnevale. Ogni criterio di scelta, ogni gusto di preferenza sono spariti dalla sua mente.
Vecchio o giovine, simpatico o brutto, sano o deforme, ricco o povero, ufficiale o borghese, nobile o commerciante,
purchè sia un uomo da sposare ella lo accetterà, non solo, ma troverà anche il modo di fargli credere che incarna il
suo ideale. Infatti, egli non è l'amore, ma il marito.
LA FIDANZATA
Bene o male il futuro sposo è accaparrato. Il giovane ha parlato con la mamma, si è inteso col papà ed oramai è ammesso come fidanzato in famiglia.
È il periodo più dolce e più lieto della vita femminile. Nessuna ancora delle sue squisite idealità è turbata, anzi ognuna d'essa è accresciuta
da un'evidenza che realizza tutte le sue aspirazioni lasciandola vivere nel suo sogno, nutrirsi di esso.
Le giornate sono piene di fiori, di occupazioni gentili, di auguri, di speranze : le sere sono un misterioso poema d' ombre profumate,
di strette di mano tenere e ardenti, di baci furtivi. Il miraggio del futuro è così vicino che par tangibile: se ne distinguono bene le linee
di luce, le delizie dei freschi recessi che daranno il riposo, l'appagamento, le ricchezze dei rari tesori apportatori di felicità.
E l'ansia di mettere il piede su questa terra promessa raddoppia l'attività, l'energia : l'amore dà una leggerezza alata per cui si compiono
miracoli sorridendo. Il fidanzato è tanto tenero, devoto, cavalleresco, generoso: è sempre il primo a cedere nei puntigli, a far cadere il
broncio, a dire la parola di giustificazione e di pace. Ed ogni occasione è buona per una dimostrazione d'affetto : onomastico, compleanno,
Natale, Pasqua, piccoli anniversari sentimentali. Il bell'anello di fidanzata, fatto d'una perla e d'un brillante — simbolo della purezza della
fanciulla e dell' integrità del giovane - le abbellisce l'anulare, lo stesso dito che in un giorno solenne cingerà del semplice cerchio d'oro,
emblema di fede. La sua stanza è piena dei ritratti di quel bel giovane che gli piace tanto — ritratti con dediche affettuose, poetiche e gentili.
È adorna anche di piccoli doni che le vengono da lui: una cartella da scrivere, un astuccio da lavoro, un porta-fiori, una statuetta artistica,
una bella immagine sacra, un tagliacarte,
un porta-libro, o qualche volume ben rilegato: così ad ogni ora e in qualunque occupazione ella sentirà intorno il pensiero dell'amato e gli sarà unita quasi materialmente.
Oggetti personali, il fidanzato deve evitare di regalarne, per un senso di delicatezza : tutt' al più un medaglioncino chiuso col ritratto, o coi capelli, o con un fiore;
un ventaglio, un cerchiellino d'oro da portar sempre al braccio : ma abbondare in questi doni o sceglierli di semplice ornamento,
senza un significato, non è corretto nè di buon gusto. Nei fiori abbondi pure ; non saranno mai troppi per l' amore e la poesia. La fidanzata
corrisponderà sempre a tutti i doni, guardando però che si equivalgano nel genere e nel valore. Anch'essa dovrà evitare di regalare oggetti
troppo personali come sarebbe uno spillo da cravatta, un paio di bottoni pei polsini, un bastone, un bocchino: ma potrà regalare un calamaio,
una penna, una cartella da scrivere lavorata da lei, un oggetto artistico qualunque. Sopratutto procuri d'intonare i doni alle abitudini, alla professione
del suo futuro sposo, giacchè in questa intenzione si vedrà la finezza del suo sentimento che ha presieduto alla scelta, non il desiderio di far
dell' effetto per una soddisfazione di vanità.
Molte signorine per la visita quotidiana del fidanzato mutano toilette, si pettinano diversamente, s'adornano in modo speciale.
È un'abitudine che non mi piace. Tutt'al più si farà per le prime visite, durante quel po' di cerimonia che accompagna lo scambio della promessa:
per ricevere i futuri parenti e le prime visite di congratulazione. Ma durante il periodo del fidanzamento che può anche essere non
breve, la signorina si farà vedere quello che è di consueto fra le pareti della casa: giacchè non è ammesso che una fanciulla
possa essere trasandata mai, neppure un'ora, nè nelle vesti, nè nella persona. E il fidanzato l'amerà di più con le sue camicette
semplici e fresche, i suoi grembiulini ben guarniti, un vezzo di coralli o un collettino bianco intorno al collo e i bei capelli pettinati
semplicemente, che non con un abbigliamento di parata che rivela l' ostentazione e la provvisorietà, e par nascondere quasi un inganno.
Dove la signorina fidanzata può sfoggiare un poco è fuori di casa, alle passeggiate, ai teatri, alle conversazioni, ai ritrovi, per cui indosserà
abiti più eleganti di quelli che indossava prima della promessa, metterà cappelli più guarniti. È bene però che una fidanzata non si faccia
vedere con troppa frequenza in società. Si sa che è tutta al suo amore, ai suoi sogni d' avvenire: e l' amore e la felicità si appartano volontieri.
E poi il mondo è curioso, è pettegolo, è maligno, numera i sorrisi, gli sguardi, spia i baci e le parole :
« Si vous êtes heureux — ha scritto Bourget — ne le dites pas au monde: il n'aime pas ces confidences la. »
MATRIMONIO D' AMORE
Nulla di più bello, di più buono, di più commovente, di più riconciliante colla vita e con l' umanità di un'unione determinata dall'amore.
Questi esseri che non hanno altro pensiero, fuori di quello dell'ardore che li attira l'uno verso l'altro, che separati vivono in una specie
di sonnambulismo e riuniti in
una specie di estasi che li isola dal mondo: che anche vedendosi tutti i giorni, a tutte le ore, sono sempre avidi di
trovarsi insieme e hanno sempre qualche cosa da dirsi ; che si ripetono senza stancarsi, con un' ebbrezza senza
posa rinnovellata, le vecchie parole a cui essi trovano un significato profondo e speciale ; che appena disgiunti
corrono a scriversi lunghe lettere per essere ancora insieme coll'anima, col pensiero, col desiderio; che anelano
di congiungere i loro destini, come due corsi d'acqua, sospinti per una china dalla stessa arcana forza, anelano
a mescolare le loro linfe pure : questi due esseri offrono la visione della vera e grande felicità sulla terra.
Che importa se invece di un palazzo li accoglierà una modesta casetta, un piccolo quartiere, una soffitta ?
L' amore è il più abile decoratore, il più compiacente illusionista. Essi non muterebbero le povere pareti disadorne
con una reggia, perchè è il nido della loro tenerezza ; essi lo abbelliranno a poco a poco, di comune accordo, coi
comuni risparmi, con sacrifizi fatti allegramente in comune. Saranno sempre insieme, e se il lavoro, le necessità
della vita li separeranno per qualche ora, torneranno a vedersi con rinnovato slancio, con rinnovato fervore. Non
avranno segreti l'uno per l'altro, fuori di qualche sorpresa preparata di soppiatto con lunga cura, a prezzo, anche
questa, di sacrifizi di denaro, di sonno, di tempo : ma la gioia dell'altro sarà così piena da compensare ogni disagio ;
e il donatore e il regalato si abbraccieranno con negli occhi le stesse lagrime di tenerezza e di felicità. Essi non cercheranno
spassi, nè distrazioni, poichè il loro miglior sollievo sarà quello di essere insieme, di vagare in
qualche luogo romito, pieno d'ombre verdi e di silenzio, che riempiranno tutto del loro amore immenso, delle loro carezze,
dei loro inni di gratitudine. Si sentiranno buoni, si sentiranno puri, si sentiranno forti; e se verranno i giorni della prova
e del dolore, gli sposi amanti faranno fronte ad essi con salda fronte, si comunicheranno a vicenda l'eroismo, e fin che
saranno insieme nulla potrà durevolmente abbatterli, poichè l'amore è più forte della stessa morte.
MATRIMONIO DI CONVENIENZA
Purtroppo le qualità di carattere, l'omogeneità dei gusti e delle abitudini, l'equivalenza intellettuale che si richiedono per
un matrimonio d' amore, sono rare a combinarsi; rari sono quindi fra tanti matrimoni, quello d'inclinazione. Anche un
matrimonio di convenienza però può dare dei buoni risultati di pace serena, di affetto sincero e devoto, di vita felice.
Anzi, molte volte, la mancanza dell'elemento di passione che fa velo quando si tratta di giudicare e di scegliere il compagno
o la compagna della propria esistenza, concede un'oggettività di opinione che lascia meglio riflettere e decidere.
Lo sposo che i genitori, qualche amico di casa, e qualche volta il destino, mette innanzi, non è l'ideale vagheggiato
nell' adolescenza, non affascina e non turba come il primo amore, oramai perduto. Ma ha una buona posizione sociale,
un aspetto simpatico, ottime qualità morali; abbiamo grande stima di lui, gli abbandoniamo volontieri il nostro destino.
Se non sarà l' amore ardente, sarà l' affezione sicura e dolce, che molte volte val più dell'amore. La consuetudine di vedersi,
la conoscenza più intima creano poi dei vincoli, spesso danno delle rivelazioni che svegliano in fondo all' anima il divino
fanciullo dormente : l' amore. Ed allora è per tutta la vita: non si temono più inganni, nè sorprese, nè delusioni. Spesse
volte queste rivelazioni sono il premio di una obbedienza, di un segreto olocausto, di una determinazione coraggiosa o
solamente della pietà.
Conviene essere sincere però, come sempre. Con un uomo che si sposa per convenienza non si dovrà fare nè prima
nè poi la commedia dell'amore. S'egli si accorgesse della finzione ne soffrirebbe più che vedendo il nostro tepido ma
sincero affetto. In un matrimonio combinato, deve dominare la serietà, la semplicità : gli sposi devono sentirsi sopratutto amici.
Solamente così potranno avere anch'essi ore d'una felicità serena e fondare il loro avvenire su basi incrollabili.
MATRIMONIO DI NECESSITÀ
Ma vi è un' unione assai più triste e di riuscita assai più difficile del matrimonio di convenienza, ed è il matrimonio che io chiamo di necessità ; ossia quello a cui la donna è costretta per le cattive condizioni finanziarie in cui versa, o per le circostanze che l'hanno resa senza appoggi e sola, od anche per togliersi a tutti i costi dal suo focolare ove la discordia regna, dove è forse vittima d' una matrigna, d'un fratello, d'una sorella prepotenti. Spesse volte questi matrimoni dove l'amore non entra neppure sotto le blande forme dell'affetto, non sono accettati dalla ragazza che per migliorare le sue sorti,
perchè ell'è povera ed egli è ricco : ell'è ambiziosa ed egli le darà di che soddisfare i suoi desideri di lusso e di vanità ; ed allora più che matrimonio di necessità è questo un matrimonio di speculazione. Ma nell'un caso e nell'altro sono connubi malinconici, pieni di ripulse segrete, in cui l' anima soffocata geme, in cui i sensi spesso si ribellano: ed anima e sensi prenderanno poi la rivincita più tardi, a prezzo del tradimento, della menzogna ; o avranno a subire lotte terribili o cadranno in un letargo d'acquiescenza peggio della morte... Oh si risparmi, la fanciulla, questo martirio del futuro ; risparmi a sè stessa l'onta di vendersi così. Piuttosto lavori coraggiosamente, si procuri l' indipendenza a qualunque prezzo, non indietreggi innanzi a nessun sacrifizio pur di salvare la sua persona, il suo cuore, da questa vigliaccheria, da questa prostituzione, che per essere legale non cesserà di essere prostituzione...
MATRIMONIO DI RIPARAZIONE
Ancora un matrimonio malinconico : quello di riparazione. E con questa parola è detto tutto. La vita non ha più misteri per la sposa che non ha più diritto di cingersi il capo col simbolico fiore d'arancio e che pur se ne cinge per ingannare il mondo; che molte volte sotto il semplice abbigliamento da viaggio cela le forme della sua incipiente maternità. Triste questa cerimonia di poesia, di purezza, a contrasto della contaminazione, dell' umiliazione segreta, talvolta dell' intima angoscia...
Triste questa sposa che non ha più il profumo
della vergine e non ha diritto ancora al rispetto per la donna, per la madre. E sia il vizio o la passione che l' ha trascinata alla caduta, ella in quell'ora sente tutto il peso della sua vergogna, tutto l'amaro della sua debolezza ; e il tormentoso pensiero che quell'uomo che le sta a fianco sullo sgabello nuziale possa avere prima o poi per lei un sentimento di disistima, di nausea, di stanchezza, è fisso nel suo cuore, pungente e terribile come un assillo.
In questi dolorosi casi è da consigliarsi nelle nozze la massima semplicità. Meno cerimoniale che sia possibile : non ricevimenti, non ostentazione di doni e di toilettes. Sposarsi in qualche cappella privata, vestiti dimessamente, e partire subito per un viaggio di nozze lunghissimo, per qualche villa solitaria. Se poi la sposa è costretta alla commedia dell' abito nuziale e dei fiori d'arancio perchè il suo fallo è segreto, allora abbia coraggio e reciti la sua parte meglio che può. Ma solo con gli estranei, con chi non sa. Con lo sposo si mostri quello che è : si commuova, esulti, gli si getti nelle braccia, gli dica una di quelle parole che riabilitano ogni colpa, che non si possono più dimenticare. Non commetta leggerezze, non ostenti ingenuità fuori di posto, né fierezze inutili. Avvolga sè e lui in una calda onda di passione purificatrice e affidi al tempo e alla sua vita futura l'incarico di ricomporle un'aureola di castità.
LA PAROLA DATA
Quando per leggerezza, per inesperienza o per debolezza diamo la nostra parola o c'impegnamo in una promessa che sentiamo poi di non poter mantenere,
è meglio perseverare a costo del sacrifizio e del martirio o ritrattarci francamente?
Ecco, il perseverare è da eroi, il confessare lealmente è da persone oneste e sincere. Nel caso di un matrimonio, che è l'avvenimento più importante della vita muliebre, la porta dell'avvenire che può aprirsi sul paradiso o sull' inferno, io non esiterei a consigliare la modesta sincerità invece dell'eroismo. Eppure sembra che in molti casi la franchezza costi di più, forse perchè la franchezza obbliga a palesare, mentre l'eroismo limita al silenzio. Tante volte poi invece d'eroismo è viltà, è ignavia, è timidezza. Non si torna indietro per stanchezza, per la noia di dover rifare la strada, se anche avemmo constatato che quella strada conduce a un precipizio.
Molte fidanzate si sciolsero dalla promessa alla vigilia delle nozze, perchè solamente allora seppero di qualche grave macchia ch'era nella vita dell' uomo di cui stavano per assumere il nome e al quale dovevano legarsi per sempre : oppure era qualche vincolo antecedente, più forte del suo vincolo ideale, a cui l'uomo tentava sottrarsi: od anche può essere qualche sintomo non dubbio di sazietà da parte dell'uomo, spesso per sua natura leggera e volubile; infine può benissimo mancare ogni motivo, ma la consuetudine del vedersi, tra fidanzati, l' intimità morale accresciuta può fare accorta la fanciulla di qualche irrimediabile dissonanza d' indole, di gusti : di qualche repulsione che si sperava vincere e che si è invece accresciuta : di qualche nuovo fascino penetrato, a tradimento, nel suo cuore, e che minaccia di prendere il posto del sentimento antico: o qualche vecchio amore ch'essa credeva vinto e che risorge
improvvisamente più gagliardo di prima. Or bene, in tutti questi casi, e fosse anche all' altare, una donna ha il diritto e il dovere di sciogliersi dalla parola data. Infine è ancora libera, è ancora padrona del suo corpo e della sua anima. Certo le occorrerà uno sforzo, dovrà vincere forse ostacoli non lievi, superare il suo amor proprio, il biasimo delle persone di corta veduta, esporsi alle critiche del mondo. Ma non importa: ella riscatta la sua libertà, ch'è la cosa più preziosa che si abbia ; ella salva sè il suo compagno da una futura, irreparabile rovina. Giacchè prima o poi il cuore reclamerà i diritti imperiosamente così che non avrà più la forza di combatterlo e di vincerlo.
Nel caso poi in cui la resa della promessa le costi dolore, perchè ella ama ancora, ma s'accorge che l'altro non ama più o desidera amare altrove, ebbene, sia forte, ma si sciolga ugualmente. Trattenere un uomo per la forza del diritto è ben triste ed è molto pericoloso alla vigilia d'un avvenire che egli potrà comporsi a suo piacimento. Il suo atto disinteressato, eroico, la eleverà nel concetto di quell'uomo così che la sua stima, la sua gratitudine saranno ben superiori alle artificiose manifestazioni d'un sentimento ch'egli non prova più.
Quando un matrimonio si scioglie, si rimandano i doni di valore, i ricordi, non le lettere che si distruggono. La restituzione delle lettere parrebbe significare una diffidenza ed è sempre un'offesa verso la persona alla quale dobbiamo dimostrare deferenza, anche dopo una delusione, per un'ultima carità verso l'amore morto : per quel sentimento cavalleresco che bisogna conservare anche con gli avversari. Meglio
una spiegazione scritta che una spiegazione a voce, la quale potrebbe trascinare e dire più di quanto si vorrebbe, mentre è necessario più che mai in tali circostanze serbare tutta la propria dignità.
IL CORREDO
« L'amour n'est pas fait de l'amoureux tout seul » scrisse argutamente uno dei fratelli Goncourt. In fatti l' amore, per l'anima femminile, è un complesso di grandi e piccole dolcezze, di grandi e piccole seduzioni, di grandi e piccoli sogni, che fanno all' immagine cara un fondo vario e ridente, come quello ch'è nelle tele dei pittori primitivi. Uno di questi miti fascini, nell'attesa delle nozze, è costituita dal corredo. Ornarsi è sempre stato per la donna uno dei più grandi piaceri; ornarsi per parere più bella e desiderabile all'amato, è un'ebbrezza per lei.
Una volta le madri cominciavano ad allestire il corredo per le loro figlie quando erano ancora nell'infanzia ; ma allora dovevano far filare e tessere le tele, far confezionare a mano le calze ed ogni capo di biancheria, aspettare una buona occasione per fornirsi delle sete per i vestiti, degli scialli, delle pellicce; i trasporti erano lenti e costosi, e si capisce come vi pensassero, per tempo.
Ma ora che si ottiene tutto prestissimo, che se si vuole si può approntare un corredo in due o tre giorni, non c'è bisogno di cominciare così presto per lasciar poi ingiallire la roba negli armadi.
Nè consiglierei nessuna signorina a farsi un corredo troppo numeroso, perchè ora la moda cambia spesso anche nella biancheria, ed essa si troverebbe
obbligata a indossare per molti anni sempre le stesse fogge, non più in armonia coi suoi abiti e con la linea che la moda impone. Inoltre una fanciulla che prende marito va soggetta a probabili mutamenti di proporzioni, e non solo per il fatto della maternità, ma per le naturali alterazioni che il suo fisico dovrà subire con un metodo di vita diverso e un più completo sviluppo. E se avrà molta biancheria sulla misura di quella che portava da ragazza, può darsi che una gran parte, ancora intatta, non le si adatti più alla persona. Meglio dunque far poco, fare quello che le abbisogna per un po' di tempo, non più. Sia il corredo, proporzionato ai suoi mezzi e intonato al genere della sua vita futura; ma se anche della massima semplicità contenga qualche bel capo di biancheria fine; qualche camicia più adorna, qualche sottana, qualche copribusto più guarniti. Anche nel scegliere gli indumenti più intimi abbia il pensiero di conservare intorno alla sua persona un'aureola di poesia, di grazia, d'eleganza. Metta nella biancheria personale le sue iniziali di fanciulla, perchè un matrimonio può rompersi all' ultimo momento e sarebbe ridicolo allora portare degli indumenti con iniziali che non sono le proprie, od essere costrette a disfarle ; e poi la sposa non è una schiava e non deve portare in ciò che le appartiene in proprio il marchio d'un padrone. Metta invece le iniziali del marito in quanto potrà allestire d' accordo con lui, che si riferisca alla vita comune : biancheria da tavola, biancheria da letto e da camera. Pochi abiti e pochi cappellini : quelli di stagione e basta. È gentile da parte sua, curare specialmente l' eleganza dei suoi vestiti da camera e da casa anche se sem-
plici. É così che il marito dovrà vederla quotidianamente, ed essa deve studiarsi di apparire graziosa a lui. Gli abiti da uscire sono per gli estranei; ma tutto quanto dovrà indossare tra le pareti domestiche deve avere un carattere speciale di pura seduzione, di dedizione ai gusti e alle abitudini di colui a cui ha fatto il dono della sua anima e della sua vita.
LA CANESTRA DI NOZZE
I francesi, con quella lor grazia inimitabile di linguaggio che è l'esatto riflesso della loro vita, hanno inventato un' espressione poetica per definire quel complesso di regali che la sposa riceve dai parenti e dagli amici in occasione delle sue nozze, li chiamano la corbeille du mariage, che si può malamente tradurre con canestra di nozze. La canestra di nozze è indubbiamente un'usanza gentile, ma diventa un pensiero un po' serio per chi ha molte amiche che prendono marito, tanto più se si deve ricambiare un dono già ricevuto nella medesima circostanza. Io però consiglierei sempre a non gareggiare nel valore dei regali. Fra amiche non si deve guardare a queste cose : si gradisce il pensiero, si valuta il sentimento che guidò nella scelta; e un oggetto può uguagliare e superare un altro pel buon gusto se anche gli è inferiore di costo e di ricchezza di materiale.
I primi doni che la sposa riceve sono quelli dei genitori, doni che consistono sempre in qualche gioiello antico di famiglia che seguirà la fanciulla nella sua nuova dimora come una parte tangibile della tradizione e degli alletti fra cui fu foggiato il
suo cuore. Poi vengono i regali della famiglia dello sposo, che devono essere proporzionati al grado sociale ed alle finanze di essa. T parenti prossimi, specie se anziani, possono regalare qualche oggetto utile agli sposi quando avranno una casa per loro : servizi da tavola, nécessaire da toilette, biancheria di lusso, qualche mobile elegante, tappeti, argenteria. Le sorelle e i fratelli regalano un semplice gioiello di gusto moderno, di quelli che si possono usare tutti i giorni : un braccialetto- liscio, una spilla, un anello, un ciondolo. Lo sposo dovrebbe, di rito, regalare i brillanti e l'orologio d'oro; se è molto ricco donerà due grossi solitaires, un diadema, una collana, e l'orologio avrà una lunga catena con pietre preziose : se è di condizione moderata potrà sostituire con orecchini di brillanti piccoli alternati da perle o da turchesi: od anche regalare solamente l'orologio. L'orologio deve proprio venire dallo sposo, e questa abitudine è gentile e poetica, perchè l'orologio che numera tutte le ore della vita, la segue passo passo, è il gioiello, che ha un significato più profondo e che diviene il più indivisibile e il più caro. Giusto quindi, che ci sia offerto dalla mano più cara e indivisibile oramai della nostra mano.
Tutti gli oggetti d'adornamento della casa e della persona possono essere offerti dai conoscenti e dalle amiche alla sposa : naturalmente essi variano secondo i mezzi di cui ognuno può disporre, ma la sposa deve accogliere con la stessa amabilità, grata e sorridente l'oggetto d'arte prezioso e il semplice ricamo. Li esporrà poi tutti qualche giorno prima delle nozze, in una stanza apposita, avendo la delicatezza di non mettere accanto ai doni più belli i regali minori, e nemmeno di aggruppare questi e
quelli in modo da separarli. Procuri che l'uno si avvantaggi per la vicinanza dell'altro, così i donatori le saranno riconoscenti. Molte spose espongono anche il corredo, ma è un uso che non mi piace. Mi pare ch'ella offenda con una teatralità qualche cosa di intimo e di sacro che appartiene alla sua vita futura. Può far vedere la sua biancheria e gli abiti alle amiche, ma in confidenza e quasi segretamente. Se però qualche bel capo le è offerto, o una pelliccia, o un boa di piume, o un ornamento di trine, lo esporrà fra i regali.
Gli amici molte volte si riuniscono in gruppo per fare un regalo e allora la sposa non mancherà di collocare intorno all'oggetto tutti i biglietti da visita dei donatori. Lo stesso farà per gli altri doni. Se fra i conoscenti ha qualche artista che le regala un prodotto dell'arte propria : un libro, un pezzo di musica, un quadro, una statuetta, lo ringrazii in modo particolare.
Tutti coloro che hanno mandato un regalo devono essere invitati al ricevimento nuziale ; o almeno essere riuniti in un soirèe antecedente perchè la sposa possa esprimere ad ognuno il suo animo grato.
CERIMONIA NUZIALE
Victor Hugo scrisse per il matrimonio della propria figliuola questi versi commoventi e bellissim
i
Aime celui qui t' aime, et sois heureuse en lui, .Adieu ! sois son trésor, ô toi qui fus le nôtre! .Va, mon enfant bénie, d'une famille à l'autre .Emporte le bonheur et laisse-nous l'ennui..Ici l'on te retiens : là bas on te désire..Fille, épouse, ange, enfant, fais ton double dévoir, .Donne-nous un régret, donne leur un éspoir,.Sors avec une larme, entre avec un sourire.
Si sente che questi versi sono stati scritti in una vigilia di nozze da un padre tenerissimo che era anche un grande e nobile poeta. Giorno di emozioni, giorno solenne,indimenticabile nella vita femminile. Il passato non è più, l' avvenire non è ancora. Ci si sente come sospese su un fragile ponte gettato su un abisso... Guai se la mano che sostiene la nostra non è sicura, se non abbiamo completa fiducia in lei, se non la sentiamo stringere la nostra mano con la medesima energia con cui noi ci appoggiamo a lei, vibrare della stessa commozione...
Il cerimoniale delle nozze col suo rito religioso e civile è un po' provvidenziale perchè obbliga a una attività materiale, a tante preoccupazioni d' indole pratica che sviano la mente da altre ansie più gravi. Si vive quella giornata in una confusione, in uno stordimento di sogno. Per la benedizione nuziale, tanto se ha luogo in una chiesa, come in una cappella privata, l' abito bianco, il lungo velo, i fiori d'arancio sono di rigore. Alcune spose, specialmente in provincia, hanno adottato l'uso dei vestiti in rosa, in celeste, in lilla, in color caffè e latte (che orrore!) col velo bianco: ma è un uso che non deve assolutamente attecchire. L'abito bianco è una stola, è un simbolo, non si può cambiare. Se si modifica, non ha più significato alcuno: resta un abbigliamento da sera, poco concordante colla santità del rito memorando. Se l'abito non può essere di ricca seta, sia di stoffa modesta, semplice, austero, con molto o poco strascico, ma sempre lungo. Bianche anche le scarpe, naturalmente, e di seta o di finissima pelle: le calze pure bianche, di seta,e i guanti di capretto. Il velo non deve scendere sul volto, ma incorniciarlo
vaporosamente, trattenuto sui capelli con qualche gruppo di fiori a diadema. Nessun gioiello; l'abbigliamento deve essere assolutamente austero, verginale. Il libro da messa, di madreperla, d'avorio o di stoffa, sarà dono di qualche parente o della mamma, e recherà sulla prima pagina qualche parola di augurio e di benedizione.
La sposa entra in chiesa a braccio del padre o del parente più prossimo di lei e più anziano. S'inginocchia a sinistra del fidanzato, sullo sgabello nuziale, e resta inginocchiata per tutto il tempo della cerimonia. Poco prima che il sacerdote si avvicini coll' anello benedetto ella si toglie il guanto dalla mano sinistra per non fare attendere, e quando il sacerdote ha consegnato allo sposo l'anello nuziale ella gli porge con garbo modesto la mano. Ricevuto l'anello, prega qualche momento, poi si rimette il guanto. Esce di chiesa a braccio dello sposo.
Un'abitudine francese che prende voga anche fra noi è quella delle demoiselles d'honneur che possono essere scelte fra le parenti prossime delle due famiglie. Se gli sposi hanno sorelle nubili, saranno esse le damigelle d'onore: porteranno abiti da signorina, ma eleganti, col cappello, in colori gai : rosa, celeste, verdino, mauve, evitando il bianco riservato alla sposa in questa occasione.
Per solito in casa della sposa, dopo la cerimonia ha luogo un rinfresco od una colazione. Ella serba il suo vestito bianco, togliendosi il velo. In alcuni paesi della Francia vige l'usanza poetica che sia lo sposo a togliere dal capo della sua compagna al ritorno della chiesa, il velo e i fiori d'arancio. È un uso che mi piacerebbe si propagasse fra noi : ad
ogni modo lo sposo non metterà troppa gravità in quell'atto, ma lo compirà con garbo quasi scherzoso. La sposa distribuisce fra le sorelle, le amiche, le parenti giovinette i suoi fiori, che si dice portino fortuna. Ella può profittare dell'occasione per accompagnarli con alcuno dei suoi gioielli di fanciulla perchè resti di lei alle sue coetanee un ricordo più durevole. Distribuirà poi i dolci ed i confetti agli invitati, a tavola sederà nel posto d'onore, non accanto allo sposo, ma dirimpetto a lui. Alla sua destra starà lo suocero o il parente più di riguardo. Per questa riunione alla quale sarà meglio dare un carattere più famigliare che sia possibile, la sposa potrà mettere alcuno dei suoi gioielli: orecchini, collane, ecc. Accoglierà con grazia ogni augurio, ogni brindisi, ogni espressione di giubilo: non si mostrerà nè stanca nè annoiata, nè troppo gaia, nè triste ; eviterà con ogni sforzo, anche nel momento supremo della separazione le lagrime, per non conferire al suo compagno la parte imbarazzante e ingrata di rapitore di fanciulle.
Il matrimonio al municipio si fa subito dopo, o nel pomeriggio se gli sposi non devono partire.
Qualche volta lo si fa precedere d' un giorno il rito religioso: ma è una consuetudine che non approvo perchè quando la fidanzata ha firmato l'atto matrimoniale dinnanzi al sindaco, per la società è già maritata, ha già il nome dello .sposo: ed è assurdo quindi che si presenti in chiesa con l'abbigliamento verginale. La società sancisce, autorizza ciò che il sacerdote ha benedetto nel nome di Dio; non può confermare una cosa non avvenuta ancora.
La cerimonia civile ha un carattere più mondano. Si possono diramare inviti più numerosi : la sposa ha una toilette elegante da visita col cappellino analogo e i gioielli. Non vesta mai di nero, come alcune provinciali fanno : il nero ai matrimoni non deve comparire che negli abiti virili. Anche le mamme se possono, ne facciano a meno, o almeno lo ravvivino, con qualche trasparente, qualche nastro di colore. La sposa va al municipio accompagnata dai genitori o, se li ha perduti, dai parenti più prossimi. Durante la lettura dell'articolo del codice sta in piedi alla destra dello sposo. Il suo contegno dovrà essere disinvolto e grazioso, ma serio, giacchè ogni manifestazione di allegria, ogni scherzo sarebbero fuor di posto in quell'ora in cui ella lega sè stessa per tutta la vita. Se le viene offerta la penna d'oro con cui ha firmato, o fiori, ringrazi con amabilità e con naturalezza : e per quanto il suo animo possa essere assorto nel rito così importante per essa, procuri di non lasciar trasparir troppo la sua emozione, di non dimenticare nessuno : pensi che ha addosso tutti gli sguardi e una goffaggine, una stonatura, una trascuratezza non le sarebbero più perdonate. Si occupi sopratutto dei parenti dello sposo, si mostri espansiva ed affettuosa con essi quanto riservata deve mostrarsi con colui a cui consacra l'esistenza. Non baci, non carezze furtive : il mondo farebbe dello spirito di cattivo genere, della malignità, profanerebbe ogni impulso più santo. Qualche tenero sorriso d'intesa, qualche paroletta a voce bassa e basta... per ora.
A casa dal municipio la sposa ritorna in carrozza con lo sposo; anche sola con lui; oramai è una signora,
porta il suo nome, è sua moglie innanzi a Dio e agli uomini. Ma non si reca ancora alla casa coniugale: rientra nella casa propria per mutarsi d'abito e radunare le sue robe, i piccoli oggetti che non si possono raccogliere che all'ultimo momento. Lo sposo, sebbene ne abbia diritto, non entra con lei nella sua pura stanza di fanciulla : egli dovrà rispettare certe delicatezze e certi pudori e in quegli ultimi momenti la lascierà sola con la mamma. La nuova sposa indossa un abito semplice da viaggio, avvolge il viso pallido di un velo, mette i suoi gioielli più semplici e sopratutto procura di non farsi aspettare per non incominciar la sua vita coniugale provocando delle impazienze. Gli uomini, lo sappiamo, sono nemici delle attese.
Abbrevierà anche il più possibile gli addii. Sarà lei che farà coraggio alla mamma, al babbo : non piangerà, sorriderà serena anche fra il tumulto più aspro. Ella dovrà essere eroica per infondere la calma, la sicurezza, nei cuori che l' adorano e che vorrebbero ritenerla ancora e tremano dell' ignoto. Ella che possiede il talismano dell'amore deve giovarsene in quell'ora sempre crudele, in cui le porte della sua casa natale dove si svolse la sua dolce vita di fanciulla, la barriera del suo passato, si chiudono dietro di lei.
In quella giornata si manderanno le partecipazioni. Se gli sposi sono giovani ed hanno i genitori o l' uno di essi, saranno questi a partecipare il matrimonio dei figliuoli : prima lo sposo poi la sposa; e, sotto, la città dove abitano rispettivamente o dove si recheranno ad abitare insieme. Se gli sposi non sono più molto giovani è meglio par-
tecipino loro medesimi l'avvenuto matrimonio : questo anche nel caso in cui l'uno dei due fosse orfano di padre e di madre. Se la sposa toccai trent'anni la consiglierei a rinunziare all'abbigliamento nuziale che sarebbe in disaccordo coi primi segni rivelatori del tempo. Potrà indossare, per la chiesa, l'abito medesimo che mette per andare in Municipio, od altro più semplice col cappellino. Meglio poi usare per entrambe le cerimonie l' abito da viaggio : ma allora bisogna dare al matrimonio un carattere di cordiale
intimità.
VIAGGIO DI NOZZE
Nei primi tempi le spose si rapivano, poi si simulò il ratto, ora si portano a spasso solamente.... ma è sempre brutalità. Il viaggio di nozze è assurdo, inopportuno, barbaro. L' amore, che ama di celarsi agli sguardi indiscreti, è invece sciorinato innanzi a mille occhi indifferenti, curiosi, maliziosi, avidi. I più cari e tumultuosi ricordi vengono dispersi nelle volgarità degli hôtels e delle pensioni. Invece della dolce intimità solitaria del primo pranzo in due, il posto alla tavola rotonda, nelle salles à manger fra le altre coppie più o meno legittime, e viaggiatori che sorridono e ascoltano e leggono sul volto emozioni, sentimenti, pensieri. Invece dei comodi della propria casa, in un momento in cui la giovine sposa, specialmente, ne ha bisogno per le alterazioni subite dal suo fisico e dal suo morale, la provvisorietà, i disagi, la fatica dei viaggi, lo stordimento di città nuove, lo sforzo e la confusione di visitar monumenti e musei : la contrarietà di trovarsi in-
torno dei domestici d'hôtels, forse corrotti, volgari e indifferenti sempre, che indagano, spiano, violano le intimità più profonde...
Io vorrei che ogni giovane coppia novella scegliesse il suo primo nido lontano dal mondo curioso e irrisorio, e lo scegliesse con cura amorosa, sia fra i pini sulle alpi, o fra gli aranci sull'azzurro mare, fra il verde boscoso d' una collinetta, o fra i prati di smeraldo d'un'ubertosa pianura, ma nella solitudine, ma senza muoversi più per una, due, tre settimane: per sognare, per conoscersi, per amarsi. Vorrei che i felici nascondessero la loro felicità — esile fiamma ! — come si protegge la lampada con la mano...
L' ATTESA
Trovai scritto in un vecchio calendario « Il matrimonio verrà abolito quando nell' umanità scomparirà quel sentimento di attrazione fascinatrice che esercitano ancora su essa il lotto e i giuochi d'azzardo ». E c'è del vero in questo ameno aforisma.
Tutto l' ignoto rischioso seduce e fa amare l'ansia che la prova ci costa. L'attesa di due sposi dell'ora del possesso, somiglia un poco alla febbrile attesa del giuocatore che ha osato e attende. Su quel punto, su quella carta, talvolta ha rischiato tutta la sua sostanza, non può più ritrarsi oramai, fra pochi istanti la sua sorte verrà decisa ed egli aspetta con un senso di sospensione della vita. La graziosa giovine che siede accanto a quell'uomo sul sedile della carrozza, del treno, dell'automobile, è sua moglie da un'ora, ma egli ancora non sa vedere in lei che la fidanzata
tenera, riguardosa, gentile. L' uomo a lungo sognato è solo con lei fra volti estranei, ma la sposa ancora fanciulla, si sente tuttavia avvolta nel suo rispetto, sente che non tutti sono recisi gli ormeggi che la trattengono al placido porto della sua vita innocente. E l' uno e l' altra, senza dirselo, nascondendo anzi con cura il segreto pensiero vi ricadono ad ogni breve silenzio, ad ogni stretta più tenera, ad ogni bacio più caldo, e pur studiandosi di distrarsi a vicenda con discorsi e progetti, si sentono attratti dalla luminosità di quel piccolo punto che li ipnotizza. Il gioco è fatto, ma il risultato non si sa ancora : può essere splendido, può essere rovinoso : giacchè nè l'uno colla sua esperienza, nè l'altra con la sua ingenuità, ignorano che la prima ora d'intimità completa decide quasi sempre di tutta la vita.
Sono giornate in cui una donna può rivelare molto della sua forza di carattere, della sua delicatezza, della sua bontà, dei tesori del suo sentimento. Essa dovrebbe spogliarsi di ogni egoismo, dovrebbe pensare che se quelle ore sono intimamente penose per lei, anche per il suo compagno non sono facili. Si trovano entrambi alle soglie d'un ignoto: salpano entrambi sullo stesso mare. In generale l'uomo non ha un concetto esatto della psiche femminile, e più è raffinato e più ama, e più dubita e teme, specialmente se è buono e se non ha molto vissuto. Egli sa che dovrà rivelare il mistero della vita a quella giovinezza pura; egli sa che molte poesie, molte idealità dovranno fatalmente dissiparsi, e trema che anche ciò ch'è il suo tesoro più prezioso: il sentimento dell'amata, possa menomarsi, trasformarsi, sfumare
con quelle. Una trepidazione è dunque anche nel cuore di lui fra la gioia d' avere finalmente tutta per sè la dolce creatura desiderata : e la sposina non deve nè con inconsulte rigidezze, nè con manifestazioni di diffidenza e di preoccupazione, accrescere quella pena sottile. Sia riservata nel contegno e procuri che lo sposo la secondi, giacchè nulla di più antipatico, di più ridicolo, di pii banale, dello spettacolo che spesse volte gli sposi in viaggio di nozze dànno di sè agli altri coi baci, gli abbracci, le carezze e non di rado le sguaiataggini. Ma sia tenera, serena e dolce: sopratutto dimostri al suo compagno una grande fiducia, per il presente e per l'avvenire: non gli sia d' impiccio nel viaggio, ma lo aiuti dove può; dimostri subito la gentilezza del suo animo femminile con quelle piccole premure, quelle piccole avvedutezze in cui le donne — quando vogliono— sono maestre. Non è già più una signorina da essere guidata e protetta: è una signora, è la compagna d' un uomo : ed ella dovrà subito dimostrargli che divide la sua esistenza, i suoi gusti, i suoi desideri, anche nelle più lievi occasioni della vita pratica, la vita in due che s'inizia appena.
DAVANTI AL MISTERO
Il sole tramonta. La gran giornata finisce. Nel
vagone — se il viaggio è lungo — tutte le fine-
strine sono aperte al vespro ventilato e roseo. Nella
grande città sconosciuta — se gli sposi sono giunti
— splendono già le lampade elettriche nelle larghe
vie fiancheggiate di palazzi, di negozii scintillanti,
rumorose di tram e di carrozze, affollate di gente.
Intorno alla villa poetica e romita — se la giovine coppia ha la felicità di esservi rifugiata — salgono le prime ombre profumate della sera, e il lago, il mare che vi si stende dinanzi, ha i riflessi e le tinte metalliche d'una lama d'acciaio.
Sul sedile, del vagone, nella via popolosa, o sulla terrazza solitaria, la sposina si stringe al suo compagno con un gran desiderio di protezione, di tenerezza, d' abbandono. Come un uccelletto fuori dal nido, quella prima sera che la trova fuori dalla casa paterna, sola con un uomo, le dà un senso segreto d' isolamento, di malinconia. Pensa che a quell' ora la mamma, il babbo, le sue sorelle si riuniscono intorno alla mensa, sotto alla lampada : indovina le loro tristezze per il suo posto vuoto e una lagrima è lì per caderle dagli occhi. Ma lo sposo che le ha letto nell'anima, preme con passione alle labbra la piccola mano che tiene da molto tempo prigioniera o, se son soli, la stringe tutta al cuore e le dice alcuna di quelle parole che sono per la donna amante e amata, il filtro magico d' Isotta e Tristano, che dà l'oblio di tutto e fa beati nell'ardore.
ANSIE E PAURE
Il primo pranzetto in due è stato lieto. Hanno ricordato qualche piccolo episodio comico del mattino, qualche incidente di viaggio, qualche innocente astuzia, in cui si sono trovati concordi come due monelli in vacanza. La sposa ha rinfrescato la sua toilette da viaggio come la sua persona, giunta alla prima o alla definitiva tappa. Ha indossato una ca-
micetta più elegante, d'un colore che le sta bene, si è ripettinata i capelli disordinati dal cappellino. È un po' pallida per le emozioni della giornata, ma i suoi occhi brillano e il suo sorriso è animato. Spesso lo sguardo le cade sul cerchiellino d'oro che le cinge l'anulare dove quel giorno non ha messo altro anello. Il cerchiellino si apre segretamente, diventa due : e nell'interno stanno i loro due nomi riuniti e la data del giorno solenne. Oppure i nomi e la data sono incisi nell'interno della larga fascia d'oro e vi è aggiunto un motto, una parola, un'invocazione pia. Hanno mangiato dei dolci — le piacciono tanto! — hanno bevuto dello Champagne nello stesso bicchiere facendo un brindisi alla loro felicità. Ora lo sposo guarda l' orologio e le propone una piccola passeggiata, ed ella che si era fatta seria ad un tratto, acconsente subito, contenta. Fanno un giro in carrozza, o in gondola, od anche a piedi in qualche viale solitario, intorno al parco o alle adiacenze se sono in villa. È sera, è buio, non c' è più bisogno di tanti riguardi: egli l'allaccia alla vita e la bacia spesso con una passione ch' essa ancora non conosceva. E le sue proteste d'amore diventano più tenere, più calde, sono quasi un'invocazione e una preghiera. La sposina tace o risponde a frasi dolci e brevi. È quasi impaurita da quella veemenza, da quell'onda dilagante da cui si sente travolgere, e vorrebbe porvi un riparo, ma inutilmente : i mezzi che le servivano quando era fidanzata, non bastano più. Il signore ride ed è di una prepotenza, di un' audacia incredibile. « Sei mia moglie, adesso, le susurra fra i baci — sei mia, mia, mia! » e fra le ansie e le paure, la tenera preda palpitante sente la dolcezza,
l' orgoglio di quel giubilo trionfale, della sua sconfitta....
ENFIN SEULS!
Ho veduto la riproduzione di un poetico quadro innanzi a cui le fanciulle sorridevano di malizia o di desiderio e le donne di tenerezza o di malinconia. Un bel giovane bruno in marsina e una bella giovinetta bionda in abito da sposa si abbracciavano castamente. Enfin seuls! era il titolo del quadro. Finalmente soli, dopo la cerimonia, i ricevimenti, gli auguri, i mille sguardi curiosi e importuni. Finalmente soli per vivere con la loro anima, del loro amore!
Nei tempi antichi la sposa era condotta nella camera nuziale preceduta da una fiaccola che si toglievano di mano l' un l' altro gli amici degli sposi. Venivano pure portati nella stanza i simulacri di molti dei affinchè rendessero il matrimonio felice. Poi alcune donne di vita illibata chiamate prònube collocavano la sposa nel letto nuziale. Ora nessuna fanciulla si sentirebbe la forza di sopportare una tortura simile. Già abbastanza la fa soffrire la vista di quella stanza così diversa dalla sua camera di vergine, così uguale a quella della mamma... E qui io vorrei poter scrivere per gli uomini invece che per le signore questa pagina delicata; vorrei raccomandare al giovine marito, per innamorato e impaziente che sia, di rispettare gli ultimi pudori della sua compagna, e non deriderli, e non forzarli in nessuna maniera. Abbia il tatto supremo della discrezione, si allontani, anche, per poco, se occorre, affinchè la
sposa non abbia a mutare bruscamente così i suoi atti di riservatezza ; non debba rinunziare ad un tratto alle sue pure abitudini di fanciulla. Io so di una giovinetta che la sera delle nozze s' inginocchiò per recitare la solita preghiera della sera ; ebbene, lo sposo, non pio, non praticante, s' inginocchiò accanto a lei per pregare insieme. Sono tratti di squisitezza di sentimento, di rara intuizione, che possono divenire le basi d'un' unione perfetta, e che una donna non potrà più dimenticare.
CADONO I FIORI D' ARANCIO
Tu che su l'ali d'angeloVieni alla nostra vita,Che dentro gli occhi hai lagrime E rose tra le dita...
scrisse Giovanni Prati per esprimere la potenza ideale della donna, la sua bontà fatta di dedizione che serba a sè il dolore per recare altrui la gioia. Così nelle più penose prove della vita, una donna veramente altruista, veramente fine, nasconde il suo sacrificio sotto il dolce sorriso e getta tutti i fiori che reca, pel suo amore, per la sua fede. Cadono i fiori d' arancio pei primi... ed ella sorride e si dona a chi possiede già tutta l'anima sua. Iddio, la mamma, consentono e benedicono il suo incondizionato abbandono, e la prima visione della maternità già le appare in un visetto roseo contornato da capelli d'oro e consola l'addio alla sua innocenza di fanciulla.
LA COPPA AVVELENATA
Dice un proverbio francese : - Entre la coupe et les lèvres il y a encore de l'éspace pour un malheur- e molti purtroppo hanno potuto farne la prova. Bisogna però convenire che il più delle volte questi colpi crudeli che trasformano in veleno il nèttare più prelibato, furono provocati dall' imprevidenza, dalla leggerezza, ed anche dalla falsità e dalla malafede.
Un medico intelligente quanto originale, mi diceva un giorno che avrebbe voluto poter obbligare tutti gli uomini e le donne in pro cinto di unirsi, ad una visita medica perentoria per impedire le terribili rivelazioni che può dare la prima ora d' intimità assoluta. E infatti quante povere giovinette furono sacrificate a uomini senza coscienza, affetti da infermità schifose e inguaribili ! Quanti difetti fisici a cui i sarti o gli ortopedici rimediavano non poterono più essere nascosti quando cadde l' ultimo velo ! E quanti uomini dabbene, innamorati, fiduciosi, furono, dal canto loro, gabbati, da qualche ragazza che sapeva recitare alla perfezione la commedia del pudore, mentre aveva già donato ad altri il fiore della sua purezza...
Ricordate la drammatica situazione della commovente commedia di Giannino Antona-Traversi: Viaggio di nozze? Il marito si avvede dell' inganno e la giovine sposa non potendo resistere alla vergogna e al dolore dell' abbandono di lui si uccide.... Ora, non tutti questi matrimoni, chiamiamoli così : di frode, hanno queste tragiche conseguenze, ma tutti,
certo, portano un terrore, un rimorso, un disprezzo, che possono disgregare dal primo istante un' unione che deve essere indissolubile.
In tutti questi casi — sia infermità, sia imperfezione, sia colpa — è indiscutibile il dovere strettissimo di parlare. Ci si confidi a un medico, ci si confidi ad una madre, si impieghino i mezzi più delicati, ma non si vada all' altare con queste nascoste vergogne ; non si giuri la fede col tradimento nel cuore. L' amore, quando è vero, è infinitamente misericordioso, saprà compatire.... transigere.... perdonare.... e l' atto di lealtà e di umiltà dell' altro potrà, forse, avvincere di più: mentre un amore offeso, deluso, tradito, per grande che sia, o appunto per questo, può mutarsi improvvisamente in un gran braciere d' odio.
Nella luce della vita — Un angolo di paradiso —
La vita in due — Troppi fiori ! — Rose avvizzite —
Armonia — Perchè l'amore duri — Il
tramonto della luna di miele — Le suocere —
La nuova famiglia — Gli amici del marito —
Le amiche della moglie — Guardando indietro —
Un sospiro... — Le occupazioni della giovine signora —
Vita mondana — Il giuoco pericoloso —
Veglioni mascherati — Balli in costume —
Recite — Lotterie — Quadri plastici —
Ai bagni — Sui monti — Letture femminili —
Beata solitudo ! — Rivelazione crudele —
La tempesta — L'eroismo più forte —
Gelosia maschile e gelosia femminile — Le
prove infallibili.
NELLA LUCE DELLA VITA
Vivere è già una cosa difficile ;
convivere é più difficile
ancora.
DA UN VECCHIO CALENDARIO.
Angelo De Gubernatis, l' intellettuale paladino della donna, ha scritto : « Nessuna impresa piú. grave, nessun viaggio più lungo di quello che intraprende la novella sposa. Ella passa da un mondo all'altro, da una vita all' altra, e sarebbe bene per lei se nel suo ultimo sonno verginale potesse dimenticare tutto ciò che abbandona per non lasciare dietro di sè rimpianti quando si metterà in cammino. » Infatti il suo risveglio dopo la prima notte di nozze, somiglia al giungere dell'esploratore alla terra che aveva vagamente intraveduta, fervidamente imaginata di lontano, adornata, col desiderio, di tutti i tesori e di tutte le felicità. La riva della terra promessa è toccata: gli occhi l' hanno veduta nella sua realtà, i piedi l'hanno percorsa, la mente ha misurato,
valutato il dominio. Più nulla di misterioso, più nulla di ignoto, più nulla di pauroso...
La luce della vita avvolge la vergine fatta donna dall'amore, ed ella si guarda intorno ancora tremante un poco per la rivelazione sacra, ancora un po' confusa di avervi partecipato, ancora incerta sulle sue sorti future. O abbagliata da quella luce, se insieme al corpo ha dato con trasporto tutta l'anima; o sgomenta se si è solamente concessa, nel gran letto nuziale ell'è un po' come una naufraga che le azzurre e lucenti onde d'un mare immenso trasportano in loro balia. Azzurro e luce, sì, ma l'accecano, la paralizzano, ma le fanno turbinare agli orecchi ritmi nuovi, parole nuove. Ieri le pare già molto lontano, e la sua vita antecedente, piccola, oscura e ristretta. Nel suo dolce stordimento, la giovine sposa intravede obblighi, occupazioni, assai più gravi e più importanti di quelli del passato, il suo gaio e innocente passato che saluta senza rimpianto, come al meriggio si saluta il trascorso mattino.
« La vita laboriosa e severa — scrive ancora il De Gubernatis — per la donna incomincia soltanto l' indomani delle sue nozze; la compagna dell'uomo allora ha una prima nozione del dovere, una prima conoscenza del dolore, e col dolore una prima iniziazione al culto dell' ideale. »
UN ANGOLO DI PARADISO
La sposina comincia ad abituarsi alle novità della sua esistenza. Più sgomenti, più ritrosie, più intime lotte. La piena luce della verità che sulle prime le appariva forse un po' troppo cruda, ha assunto ora
un riflesso roseo che la tempera senza diminuirne lo splendore. Il marito è un valido protettore come il babbo, è pieno di cure e di tenerezze e di riguardi per lei, come la mamma, e la indovina, la previene, meravigliosamente. Otto giorni di vita comune li hanno rivelati reciprocamente più che un anno di promessa: ma, strano! si sono accorti che si trovano d'accordo su tutto, anche nelle più insignificanti abitudini, anche nei gusti più tenui ; e questa constatazione dà ad entrambi una gioia, una sicurezza tale che quella gioia durerà, che il loro volto è perpetuamente assorto in un sorriso d'estasi : le loro pupille si cercano di continuo, si fondono in lunghi sguardi e nulla vedono all' infuori dell' immagine adorata ; le loro mani si sfiorano ad ogni tratto, si carezzano,si stringono con un'attrazione magnetica. Il paesaggio che li circonda, sia campagna, sia città, è un angolo di paradiso, soffuso di splendori, vibrante d' armonia, incantevole di bellezze sovrumane, profumato di delizie voluttuose: dove nessuno piange più, nessuno soffre più, nessuno muore più. Così la loro felicità è perfetta. E sono giovani, ed hanno ancora davanti a loro trenta, quaranta, cinquant' anni di quell' ebbrezza, di quella festa, di quell'amore a cui non manca più nulla, che non ha più nulla a desiderare...
È sera, c'è la luna. Gli sposi la guardano riflettersi nel lago dalla terrazza dell' albergo o del villino : la guardano tremolare in una striscia d' argento sulla laguna, o sorgere da un nero bosco di pini d'una selva tedesca. Stretti stretti, obliosi del mondo, degli uomini, delle realtà basse della vita, si parlano piano : poi ella tace, ed egli continua a
parlare, con la tempia appoggiata alla tempia di lei. Che cosa le mormora? Versi :
Tu sei come la Luce pura e pia
venuta il mio cammino a rischiarare....
La fonte sei per cui tutto s'oblìa
venuta le mie labbra a dissetare....
La selva sei, che con sua dolce ombria
m'invita dolcemente a riposare.
O dolce amica, le gentili braccia
in torno in torno tu stretta m'allaccia
io vo' soltanto amare amare amare....
di Silvio Domenico Paoletti.
Ecco, le labbra si cercano, si congiungono nella monotona dolce conclusione consueta. I due felici navigano ancora nell' oceano dell' illusione... Pietà di loro, non li destate !
LA VITA IN DUE
La vita in due, quand'anche non sia fervido amore che avvince la coppia, ma tenero affetto, dà sempre in principio un senso di appagamento, di contentezza serena. La nostra personalità è completa, giacchè abbiamo rinvenuto l' altra metà di noi stessi senza di cui l'anima nostra languiva di nostalgia e di tristezza. Ci sentiamo più forti, ci sentiamo più buone. L'avere a fianco un altro essere — un essere caro a cui siamo care — al quale possiamo confidar tutto in tutte le ore della giornata ; che tutto comprende, che divide ogni nostra sensazione, ogni nostro sentimento, ogni nostro atto: che ci rimanda riflesso come in uno specchio ogni vibrazione dell' anima,
ogni azione della vita: quel non sentire più, mai più, il gelo della solitudine ; quel continuo ricambio d' esistenze, quella continua divisione di tutto, quel continuo avvertire il vincolo che ci lega, dà al cuore femminile assetato di dedizione, avido d' essere sorretto, coltivato, riscaldato, un' energia, una sicurezza vittoriosa. Lo sposo è ancora amante, ha ancora nella vita coniugale, iniziata appena, quei riguardi, quelle delicatezze che le donne apprezzano tanto e che ben pochi mariti serbano, passata la luna di miele : le sue occupazioni, gli amici, non lo hanno ancora ripreso : egli è tutto alla sua compagna, le dedica tuttavia ogni ora, ogni pensiero, ed essa nell'intima esultanza pensa che sarà sempre così, sempre !
Il n'y a qu' un seul petit mot qui donne de la valeur à l'éxistence — scrisse Carmen Sylva - c'est le mot pour. L'homme dit : Pour quoi ? la femme dit : Pour qui ? — Ebbene, in questo periodo di vita, la risposta è. naturale, semplice, trionfante : Per lui, per lui ! E gli prepara gentili sorprese, e gli sacrifica con gioia la sua volontà, i suoi gusti : gli chiede consiglio su ogni cosa, si uniforma in tutto e per tutto alle sue consuetudini, per armonizzare sempre maggiormente con lui, per fondersi a lui, per fare delle loro due vite una vita sola, piena, luminosa, magnifica, ardente. Ma quanti sposi fanno maturare questi magni propositi ? Quanti ricordano almeno l'inizio fiorito del sentiero che percorsero nel primo tratto così indissolubilmente congiunti? Dice bene Alfonso Karr : « Il difficile, nel matrimonio, è quando non si è che amanti di non dimenticare che si potrà diventare amici, e, più tardi, quando si è amici, di ricordarsi che si è stati amanti. »
TROPPI FIORI!
La luna di miele è piena, è al colmo. Il suo incanto inebria la nuova sposa : il profumo dei troppi fiori che l'amore e la felicità gettano innanzi ai suoi passi è troppo acuto per non darle le vertigini. E nella mente femminile sovraeccitata si forma allora un concetto della vita altrettanto falso di quello che si foggiava la sua inesperienza di fanciulla piena di romantica poesia. Intanto il valore della sua persona fisica, della sua individualità morale, prende delle proporzioni colossali, esagerate, al suo intimo giudizio : ed ella in buona fede si crede una Venere di bellezza e un angelo di bontà. Non le ha ripetuto le mille volte, appassionatamente, il suo sposo, che in tutto l' universo non si troverebbe una donna uguale a lei ? Ed ha finito per crederlo. Prende quindi delle pose di superiorità, di divinità adorata, indifferente ormai all' incenso che sale a lei da ogni parte, sazia d'elogi, d'ammirazioni, d'aspirazioni ardenti. Tutto le par dovuto, nulla di troppo per lei : la felicità senz'ombra l'ha viziata, la troppo alta temperatura che avvolge il suo cuore l' ha resa egoista, ed anche un poco pigra e inerte. I difettucci del suo carattere di cui la mamma la riprendeva e dei quali si proponeva fervidamente di emendarsi, le appariscono ora sotto l' aspetto di vezzi perchè il giovane marito ne sorride, e ad ogni mancanza, invece di farle osservazioni, l'accarezza e l'assolve lietamente. Così è ridiventata bimba, ha dei capricci, ha delle ostinazioni, ha delle prepotenze che prima non aveva : e con allegra spensieratezza sperpera
tempo e danaro, giovinezza, amore. E la sabbia della clessidra scorre, scorre senza mai arrestarsi, e l'amante non ha più nulla a desiderare...
« Ogni piacere che sazia può divenire una sofferenza » disse acutamente Angelo De Gubernatis. Ah, purtroppo !
ROSE AVVIZZITE
Ma non tutti i matrimoni hanno così un periodo di luminosa, di trionfale ascesa, giacchè l' abbiamo veduto, non tutti i matrimoni si compiono per inclinazione. Molte volte la sposa non è che una rassegnata o una sacrificata. Però siccome il matrimonio è un gioco d'azzardo, accade talvolta che la carta creduta cattiva, dà i risultati migliori e porta fortuna. La navicella che salpa meno carica è quella che più facilmente entra in porto. E allora non vi sono tramonti, non vi sono delusioni. Non piange sulla morte delle rose, colei che non le vide fiorire. Vi sono pertanto dei casi crudeli, dei casi in cui le rose ebbero proprio la vita d' una rosa e durarono l'éspace d'un matin.
Poveri sogni di fanciulla bruscamente dissipati! Povere illusioni d' amore barbaramente lacerate, disperse ai venti ! All' indomani delle nozze la giovine sposa piange lagrime amare di vergogna e d' ira : piange il suo destino irrimediabilmente fissato che già le pare insopportabile. E nella sua mente esaltata sorgono pensieri di suicidio, di vendetta, e il divorzio già le sembra una liberazione. Che cosa fu? Talvolta una imprudenza di qualche amica o del marito stesso o il caso che le rivelarono ciò di
cui non avrebbe mai sospettato: talvolta l' intimità coniugale che le riserbava terribili e odiose scoperte : e la trivialità dell'uomo fra le pareti domestiche mentre fuori sembrava un damerino, e inganni sulla posizione sociale di lui, sulla verità del suo amore, sulla qualità della sua indole, sul genere della loro vita comune... Momenti davvero terribili nella vita d'una donna, momenti gravi di prova che però s'ella ha nobiltà di carattere e di sentimenti, deve saper superare con eroismo. Eviti più che può gli sfoghi di disperazione che abbattono e scemano le forze, eviti le recriminazioni prolisse che non servono a nulla. Accetti con dignità il suo destino, e speri, sopratutto speri dal tempo, che se molte cose logora molte ne accomoda. Pensi che la felicità vera non è di questo mondo, e che la poesia delle anime gemelle non è che leggenda! Scrive un critico tedesco, l'Ehrhardt, in uno studio sul teatro d' Ibsen, maestro nel ritrarre le tragedie spirituali: « Chi può sperar di trovare il proprio simile sulla terra? Non è la nostra vanità che ci porta a credere che poche persone sono capaci di comprenderci, che pochissime ci equivalgono? Oppure noi siamo preda d' un'illusione contraria. L' amore è cieco; trasfigura agli occhi nostri la persona verso la quale ci trascina, e noi vediamo in lei tutte le perfezioni. L'amore passa, le illusioni dorate svaniscono. Allora essendoci liberamente dati, abbiamo il diritto di riprenderci ? Noi abbiamo fatto un giuramento, ne siamo noi sciolti se l'amore ci ha ingannati ? »
Tanto più che nella maggior parte dei casi queste grandi disillusioni improvvise che piombano a tradimento e avvizziscono tutti i fiori della speranza e
della gioia sono state preparate da noi medesime per imprevidenza, per voluta cecità, per ostinazione, per debolezza. È difficile che difetti gravi, incompatibili, ruinosi per la serenità della vita coniugale, non si rivelino anche attraverso all'amore più vivo e profondo. Ah ! quante volte abbiamo chiuso gli occhi per non vedere ! Quante volte non abbiamo dato ascolto a un severo consiglio di chi aveva diritto a consigliarci ! Quante volte abbiamo fatto troppo a fidanza sul potere delle nostre qualità, avvalorandole vanitosamente ! Il castigo è crudele, è, forse, superiore alla colpa, ma è sempre castigo, cioè conseguenza, cioè giustizia...
ARMONIA
« Je crois que le mariage, est un gran jeu de patience — ha scritto Carmen Sylva : — il y a des centaines de petites pièces, et quand il y en a une qui ne va pas, on peut se torturer l'âme pendant des années, le tableau ne vient pas, quoique il paraisse si simple, quand'il est fini. »
Infatti talvolta è un nonnulla che altera l'armonia delle anime ; una convinzione su cui non si vuol transigere: un gusto che non si vuole sacrificare; un preconcetto, una ostinazione, un difettuccio di carattere ; un punto solo, ma un punto nero, che può ingrandirsi, diventare una macchia e intorbidare tutto l'orizzonte coniugale.
Tocca a voi, signore ; tocca alla sposina invigilare scrupolosamente che l'armonia delle anime non si guasti; sorvegliare che le centinaia e centinaia di pezzettini del gran giuoco di pazienza concordino
tutte per formare il quadro perfetto. La donna ha l'intuizione più fine, spetta a lei di scorgere il pericolo e di allontanarlo ; ora non voglio dire con questo che per rispettare l'accordo domestico la moglie debba sacrificare senz' altro le sue opinioni, i suoi gusti, e divenire una cosa inanimata, una schiava senza volontà: vorrei però raccomandarle, nel difendere le idee e le abitudini a cui tiene, di evitare gli urti che inaspriscono la divergenza più tenue: le parole imprudenti che possono scavare un abisso insormontabile anche fra due persone che s'adorano: d' usare, infine, a profusione, nelle questioni più importanti come nelle più lievi, di quella diplomazia femminile, di quel tatto, di quel discernimento di cui pare che la natura ci abbia fornito in abbondanza, appunto perché sono elementi utili e necessari alla nostra vita morale. Tutte le donne dovrebbero essere un poco psicologhe : ma purtroppo fra tante cose che si insegnano alle ragazze, non si insegna a studiare, a interpretare la varietà dei temperamenti. Abbiamo visto che il tempo della promessa, per la superficialità dei rapporti, é insufficiente a conoscersi bene : bisogna quindi che la giovine sposa si applichi a questa scienza essenziale per la sua felicità, dal domani delle sue nozze. Se ama con tenerezza, l'amore faciliterà il suo compito : se è soltanto affezione tranquilla che la lega al suo compagno, la calma del suo spirito può aiutarla nell' indagine proficua. L' anima virile si rivela facilmente nelle sue luci e nelle sue ombre tra le pareti della casa, e colei che ama, colei che vuol es-sere amata, non ha che accordarsi con quella.
Si vede tante volte una coppia di sposi di carattere consimile essere infelice per mancanza di reciproca
conoscenza intellettuale e morale : e molte volte invece due sposi d' indole opposta furono felicissimi perchè seppero regolarsi in guisa da compensarsi a vicenda. Certo che quest'opera d'accordo non è scevra di sacrifici da parte nostra, ma la vita femminile è tutta tramata su questa idealità severa e gloriosa. Però l' armonia sarà alquanto facilitata se l' intelligenza dell' uomo e della donna destinati a vivere insieme potrà equivalersi.
Due sposi possono amarsi ed avere gli stessi gusti, ma se v' è troppa disparità d' intelligenza e di coltura, le più grandi gioie d' un' unione d' anima saranno loro negate, e si troveranno sempre in disaccordo e sull'educazione dei figli, e nelle opinioni, e in ogni grave decisione da prendere nella loro vita comune. La migliore educazione della donna moderna, la sua istruzione più completa, lo sviluppo più ampio della sua individualità morale, certo può assai contribuire all' armonia coniugale, all' adempimento della missione muliebre di grazia, di conforto, di tenerezza buona e alta. Qualunque sia l'opera che affatica il suo compagno: opera d'ingegno, opera di meditazione, opera d' attività materiale o responsabilità, sia come un angelo e una fata presso di lui, lo prevenga, lo comprenda, lo giustifichi sempre; sia la sua ispirazione, il suo riposo, il suo premio, la sua fede. Alla donna dei tempi nostri, ben conscia della sua potenza spirituale, è riservato il benefico compito di ridare all'istituzione del matrimonio, abbassata ed avvilita dalla cupidigia e della leggerezza, la sua nobiltà soave e forte, la sua superiorità su ogni altra alleanza, in modo da rendere inutile ogni provvedimento contro la sua
indissolubilità. Ed io vorrei qui, se mi fosse concesso dallo spazio, poter citare il vivo esempio di molte coppie d'amanti-sposi la cui vita non fu che una eterna luna di miele, appunto perchè vollero e seppero interpretarsi e comprendersi : Roberto ed Elisabetta Browning, Giulio e Adele Michelet, Tommaso e Giovanna Carlyle, e ai giorni nostri Rossane Rostand che insieme al noto autore del Cyrano di Bérgérac ci dà una consolante prova che l'amore e l' armonia coniugale non sono un sogno...
PERCHE L' AMORE DURI
Ma v' è un altro mezzo da curare perchè l'amore duri, perchè la poesia e la dolcezza della luna di miele si prolunghino sino ai limiti della vita. E sebbene sia un argomento che tocchi entrambi gli sposi, voglio rivolgermi particolarmente alla donna giacchè, trattandosi d'estetica e di riguardi, ella deve essere la prima a dare il buon esempio osservando nell' intimità quell'accuratezza della persona, quelle maniere graziose, quella cortesia di parola che usava nel periodo del fidanzamento e nei primi giorni dopo il matrimonio, e che in seguito, molte, troppe volte, riserba solo agli estranei. L'amore nasce da piccolo seme, ma muore anche per una piccola causa: non è dunque stoltezza osservare che la negligenza nell'acconciatura e nelle consuetudini a cui certe sposine si abbandonano passati i primi mesi, possono determinare nel marito un disgusto, dapprima lieve, che facilmente degenera in freddezza e lo allontana sospingendolo nello stesso tempo verso quelle che trova ancora graziose e seducenti. Bisogna invece
che la donna sua si prefigga di non scapitare a nessun confronto: di tener alto il proprio prestigio fisico come il proprio prestigio morale. Se è bella, continui ad aver cura di sè come quando cercava ogni giorno un mezzo nuovo per accrescere la sua bellezza e piacere di più all' innamorato : se è solamente simpatica, continui a scegliere l'acconciatura e le mode che mettono in miglior evidenza il suo tipo; e procuri di abbellirsi con la grazia, lo spirito, o la soavità, secondo il suo carattere. Sia elegante, anche nel vestire dimesso, giacchè l' eleganza, non è lo sfarzo ma l'armonia delle tinte, la semplicità, la cura dei particolari : sopratutto sia linda nella persona e negli indumenti. Pare impossibile, eppure molte signore che se s' incontrano per le vie sembrano figurini di moda, si permettono poi di portare nell'intimità certe vestaglie, certi colletti, certi grembiuli che potrebbero dare un' efficace ma triste idea del loro senso d' ordine e di pulizia, e spiegherebbero il disgusto dei loro mariti o ne ginstificano la trasandataggine degli abiti e della persona. Una signora maritata ha doppio obbligo di essere linda, d'una donna nubile, giacchè oltre che per rispetto a sè stessa, deve esserlo per rispetto al suo compagno ed ai rapporti della loro vita comune. Quindi bagni, abbondanti lavacri, nitidezza nella biancheria, minuziosa cura in ogni dettaglio della toilette intima: semplice eleganza negli abiti e nella acconciatura.
Come nella persona, così nei modi. Lo sposo rimanga sempre un poco il fidanzato a cui si desidera esser cara e gradita. Nulla di più poetico e di più dolce che il vedere fra marito e moglie di vecchia
data, continuate quelle premure, quelle cortesie, quegli atti d'urbanità, quelle minute e tenere dimostrazioni d'affetto che abbellirono il primo periodo della loro vita in due. E la casa, il nido, rispecchi sempre, per opera della donna, l' accordo, la serenità, la freschezza inalterabile dei cuori.
Sentite in che modo delicato e commovente madame Rostand, che vi citavo dianzi come esempio di moglie, esprime il proposito di conservare intatto il suo prezioso tesoro d' amore attraverso la fuga degli anni e le offese del tempo:
Et de ce cher amour qui passe come un rêveJe veux tout conserver dans le fond de mon coeur; Retenir, s'il se peut, l'impression trop brève,Pour la ressavourer plus tard avec lenteur. J'enfouis ce qui vient de lui comme un avare, Thésaurisant avec ardeur pour mes vieux jours, Je serai riche, alors, d'une richesse rare: J'aurai gardé tout l'or des mes jeunes amours. Ainsi de ce passé de bonheur qui s'achève,Ma mémoire parfois me rendra la douceur ; Et de ce cher amour qui passe comme un rêveJ'aurai tout conservé dans le fond de mon coeur.
IL TRAMONTO DELLA LUNA DI MIELE
Tutto ciò che è troppo bello, che sta al di sopra della tranquilla monotonia della vita, passa presto : quindi, anche il beato periodo della luna di miele. — Il n'y a pas de vie heureuse, disse Andrea Theuriet, il y a seulement des jours heureux. — E se ne avvedono quelle sposine che a capo di tre settimane sorprendono nel marito novello un po' di distrazione,
un po' di languore, un po' di noia: lo vedono talvolta sbadigliare, talora interrogare l' orologio : odono da lui aspirazioni verso una vita più occupata, più regolare, più tranquilla, finchè — sempre lui per il primo — un bel mattino pronunzia la frase solenne : « Se si tornasse a casa ? »
Tornare a casa vuol dire scendere dal settimo cielo, riprendere l'esistenza, a nuovo punto sì, ma in mezzo agli altri mortali, prosaicamente : vuol dire non essere più insieme a tutte le ore solamente per amarsi e per gioire della felicità d' essere giovani e d'essere in due ad ammirare le bellezze della creazione e dell'arte; vuol dire, insomma, svegliarsi a sogno finito...
Per la maggior parte delle novelle spose che assorte in un egoismo da sibarita s'illudevano di poter riempire così di baci e di inezie tutta l' esistenza, il tramonto della luna di miele è doloroso ed equivale a un disinganno. Si lagnano che lo sposo è mutato, rimpiangono già i giorni trascorsi, s'atteggiano a vittime, a creature infelici. E l'inizio della vera vita coniugale — giacchè nella luna di miele si è più amanti che sposi — ha sempre luogo tra lo scoraggiamento e le malinconie da una parte, spesso le recriminazioni e le lagrime : le impazienze, le parole brusche e amare dall'altra : e non di rado qualche piccola brutalità. Invece vi sarebbe bisogno, da entrambi i lati, di calma forte e serena, d' accordo pieno ed intero per preparare su salde basi l'edifizio del comune avvenire !
Qui la donna può tutto. Poichè è lei sola l'illusa, procuri d'imitare il suo compagno che torna volontieri, dopo la dolcissima parentesi, alla realtà del
vivere, alle occupazioni, alla regola. Non indietreggi innanzi ai doveri che l'attendono, alle responsabilità gravose per la sua giovinezza, all' ignoto che ricomincia oltre la breve sosta fiorita. L' amore che già le fece compiere l'olocausto di sè, deve ora effondersi da lei in un' altra forma : deve divenire azione, conforto, sollievo, premio. La luna di miele tramonta, ma l'oriente ride d'un roseo lume d' aurora che annunzia una giornata feconda d'opera e di bene.
LE SUOCERE
Moltissime volte, bisogna pur confessarlo, lo spauracchio che sgomenta più la sposa e le amareggia il pensiero del ritorno alla vita di famiglia, è costituito dalla persona alla quale ella deve appunto, dopo il marito, la maggior devozione affettuosa, intendo : la suocera. Prima e dopo le nozze, la suocera nella massima parte dei casi, è la spina fra le rose, l'amaro fra il dolce, la prosa fra la poesia. La sposa sente istintivamente in lei la nemica, l'oppositrice, la rivale nel cuor dell'amato. Intuisce che la madre ha allontanato o contrastato fin che ha potuto, l'adempimento dei voti d'amore, per gelosia, per egoismo materno, per incontentabilità. Ora si è arresa, ha piegato il capo, ma a malincuore, ma alimentando, in segreto, un risentimento, uno spirito critico d'osservazione e di biasimo a carico della nuora ; e non trascura l' occasione per sobillare il figliuolo contro di lei e metterla in cattiva luce, per alienarle l'animo dello sposo. Ell' è, quindi, una specie di genio malefico nella nuova famiglia, e la giovine
moglie pensa con invidia alle sue amiche che non hanno una suocera a fianco.
Purtroppo questo concetto è vero in molti casi, ma non in tutti, come alla sposina piace di credere. La suocera non è sempre una nemica, non è sempre una demolitrice della felicità coniugale. Vi sono delle lodevoli eccezioni, e bisogna convenirne ad onore dei tempi nostri, queste eccezioni vanno diventando regola col progredire della modernità nella educazione e nel pensiero femminile. Oramai la suocera-tipo che fa dispetti alla nuora, che la sorveglia malignamente, e la contraddice per progetto, e si abbaruffa seco, resta un triste e comico avanzo della vita di provincia: le suocere contemporanee sono prudenti, cortesi, mondane, eleganti quanto la giovine nuora : vivono e lasciano vivere, se la natura loro non le porta ad essere espansive e tenere e materne. Ad ogni modo, la nuova venuta deve deliberatamente lasciare ogni diffidenza sulla soglia della casa che l'accoglie e gettarsi con semplice cuore filiale nelle braccia che stanno aperte a riceverla. Pensi che nessun gelo, nessuna mala prevenzione, nessuna gelosia può reggere contro la sincera espressione della bontà, dell'affetto, d' una giovinezza che viene a chiedere protezione, consiglio, difesa. Pensi che la suocera prima di divenir tale è stata mamma, e che quel figliuolo non può essere più tutto suo, che ne ha fatto il sacrificio a lei, e ch' essa deve dimostrarle d' intendere e di riconoscere il valore del dono ricevuto. Le dica dunque subito alcune di quelle parole che non si dimenticano più ; le si mostri tenera e felice; non le nasconda la misura del suo amore coniugale, ma tenti d'identificare, in
certo modo, la personalità del marito a quella della madre che lo alimentò, che lo foggiò colla sua carne e col suo pensiero, con le sue lagrime e coi suoi sacrifizi per lei. Ora egli è un uomo, ma questa donna, vecchia o matura, lo tenue bimbo sul suo seno, lo curò quando era debole e malato, lo vide crescere, lo accompagnò fino ai limiti della virilità, ed ora che poteva infine ricevere la ricompensa delle sue trepidazioni, delle sue fatiche, si scosta per lasciare il passo a lei che si affaccia coronata delle rose dell' amore e della giovinezza, e dispare tacitamente nell'ombra, giù per la parabola discendente della vita che le fa la solitudine ancora più grave. Per questo la nuora deve avere pietà di lei, volerle bene, addolcirle l'ultimo supremo sacrifizio della sua maternità. Verrà un giorno in cui anche lei avrà dei figliuoli, e l'ala del tempo lascerà tracce sul suo viso, e diverrà suocera alla sua volta; agisca quindi verso la madre di suo marito come desidera si agisca nel futuro verso di lei. Nel condursi così obbedirà ad un precetto cristiano adempiendo altresì al più santo dei doveri.
Se l'affetto viene spontaneo, meglio; segua l'impulso e faccia quanto può per alimentarlo e conservarlo : se non vi è spontaneità, procuri di salvare tutte le apparenze e provochi il sentimento con tutti i mezzi della riflessione e dell' abnegazione virtuosa. Il suo buon volere avrà certo per premio risultati ottimi, poichè finirà per ottenere con facilità quanto le pareva impossibile; e l'affetto verrà davvero, aumentando la serenità della sua coscienza e afforzando i dolci vincoli che la uniscono allo sposo il quale l'amerà cento volte di più per la devozione, la bontà professata per la madre sua.
La sposina dovrà quindi studiarsi subito di non mancare in nulla verso la suocera : per lei la prima lettera dopo la partenza pel viaggio di nozze : per lei il più bel regalo al ritorno, la prima visita, e infine ogni più gradita dimostrazione di gentilezza espansiva. Si tratta, insomma, di una conquista da fare, e la giovine signora dovrà dedicarsi con tutto il suo tatto, tutta la sua abilità femminile, tutta la pazienza di cui è capace.
« La donna diverrà una forza, scrive il De Gubernatis, il giorno in cui la fanciulla si persuaderà che se l'uomo è un lavoratore, la donna è una missionaria, e che nelle complicazioni della vita moderna bisogna molto sapere, sia pure per diventare una semplice suora di carità. »
LA NUOVA FAMIGLIA
Sebbene ai giorni nostri si tenda alla disgregazione delle famiglie, e la famiglia patriarcale divenga sempre più rara, è ancora abbastanza frequente il caso in cui la nuova sposa entra, in via provvisoria, o stabile, nella famiglia del marito della quale deve assumere le abitudini, le conoscenze e il grado sociale. È questa la prova più penosa e più grave alla quale il suo amore viene sottoposto, poichè è quasi impossibile che in una famiglia composta di molti individui, non ve ne sia uno che urti e dispiaccia, per la sua indole o i suoi gusti, o i suoi modi di contenersi, o le sue opinioni. Nè cogli altri la sposina è tenuta a quel rispetto, a quella deferenza, che deve ai suoceri, quindi più facili i dissapori, gli attacchi, i permali.
Ma non è quasi mai con gli individui maschi che la sposa si mette facilmente in disaccordo, o per un sentimento di cavalleria che le risparmia le offese, o perchè la vita virile, affatto diversa della sua, le evita le occasioni. Per solito lo suocero ama paternamente la giovinetta sposa che gli ricambia un affetto filiale i cognati sono per lei come fratelli, scherzosi, cordiali. Il male viene dal gineceo: dopo la suocera, le cognate.... Oh, le cognate sono come i satelliti della suocera : aggravano tutte le circostanze, moltiplicano le pene. Talvolta la suocera sarebbe dolce, tollerante e tollerabile, ma le altre spose, o le figliuole, le soffiano negli orecchi, la montano, la esasperano : fanno l'ufficio dei pungoli e del mantello rosso innanzi al toro. E la casa diventa un inferno : lamenti di qua, recriminazioni di là, dispetti, prepotenze, piccoli ricatti, piccole vendette, punture, ironie... non c' è educazione nè modernità che tenga. Fino alla separazione, che equivale ad una rottura, non v' è più speranza di pace. E chi scapita e soffre più di tutti è il marito, messo fra le correnti opposte dei suoi affetti più profondi : il marito che se ha la generosità di non dirlo, non può a meno di non pensare che la discordia è entrata in casa sua appena la sua compagna vi ha messo il grazioso piedino. Quindi grave minaccia anche per la felicità coniugale, per l'avvenire dell'amore.
In riguardo a questo la giovane signora deve contribuire con tutte le energie del suo spirito e del suo cuore a mantenere la stima e l'armonia. Una parola detta a tempo in un momento difficile, una celia pacificatrice, il coraggio d'un nobile riconoscimento
d'errore, d' una franca scusa, d' una tolleranza gentile, può essere la salvezza, può soffocare in germe la pianta velenosa della discordia dai frutti mortali. «L'amour véritable — scrisse Federico Amiel — est celui qui ennoblit la personne, qui fortifie le coeur et qui sanctifie l'éxistence. » Con la sua condotta virtuosa, con le più gentili manifestazioni d'elevatezza d'animo, la novella sposa darà quindi la prova massima della verità e della grandezza del suo amore.
GLI AMICI DEL MARITO
« Dagli amici mi guardi Iddio! » dice un proverbio pessimista, che la malizia degli uomini volle specialmente applicato agli amici del marito. Si dice che l'amico più intimo di" questi sia sempre il naturale amante della moglie. Purtroppo questa convinzione è sorta dall' esperienza dei fatti. Abbiamo è vero moltissimi esempi d'adulterio tranquillamente compiuto all'ombra delle pareti domestiche, profittando d' una famigliarità senza sospetto che lo sposo, o troppo crèdulo, o imprudente, od anche onesto e nobile troppo per diffidare, concedeva. E sono, questi, tradimenti che difficilmente trovano una scusa, che si potranno appena compatire in casi di giovinezza estrema, d' assoluta ignoranza della vita, di dolorosa trascuranza per parte del marito: ina che, pur giustificandoli in parte, destano un senso di disgusto e di ripugnanza.
Io ho fede che l' educazione moderna ben impartita alla fanciulla, possa renderla più accorta e più
resistente contro le impressioni subitanee e contro le passioni insidiose. Gli amici del marito non sono sempre gli amici della sua famiglia paterna, i giovani coi quali è cresciuta e di cui conosce la vita e le abitudini. Molte volte il matrimonio la trapianta in una città nuova od anche in una nuova e diversa sfera di conoscenze sociali : allora le occorre molto tatto, molto acume ed anche molta fermezza, per scegliere e designare, fra il numero, quelli veramente più degni della sua stima e della sua confidenza. Se l'uomo fonda una nuova famiglia dovrà eliminare senza riguardo gli elementi che potrebbero minacciarne l' onestà e la quiete. La signora non farà che secondarlo, fidandosi ciecamente del giudizio di lui, senza però risparmiare osservazioni e riflessioni se notasse qualche indizio o qualche fatto sfuggito al suo compagno. Ma degli amici opportunamente e d'accordo ammessi nel nido novello, ai quali la giovane coppia darà un pranzo e una serata al ritorno del viaggio di nozze, la sposina non diffidi, almeno in modo palese giacchè sarebbe in contraddizione con l'atto fiducioso e cordiale che loro usa accogliendoli nella sua nuova dimora. E qui il senno di un carattere, la serietà, la soda educazione, possono bene rivelarsi. Ella non dovrà essere, con gli amici del marito, nè troppo ritenuta, nè troppo famigliare: deve evitare le studiate freddezze, il sussiego, le timidezze e gli imbarazzi; come deve evitare la confidenzialità assoluta, se anche senza malizia, gli sfoghi dell'anima troppo vivi, lo scherzo che può passare i limiti del buon gusto e del rispetto. Sia semplice, affettuosa, spontanea, come una sorella maggiore:
ascolti, se è il caso, le loro confidenze, li consigli, se può, li diriga e li consoli avendo sempre di mira un altissimo ideale. Tante volte lo spirito di un' anima superiore giunse a dare conforti e luce invano chiesti altrove, ma per questa missione di eletta carità conviene essere ben temprate, ben sicure degli altri e di noi stesse. Per le sue piccole missioni di fiducia, per qualche consiglio, sarà bene che la sposina scelga qualche vecchio e fedele amico, che abbia visto nascere lo sposo e che imponga rispetto per l'illibatezza della sua vita. A lui riserbi il posto d'onore a mensa e nel salotto : il privilegio di accompagnarla in qualche luogo nell'assenza del marito, di sederle dirimpetto o a fianco, a teatro. Così farà tacere le cattive lingue.
LE AMICHE DELLA MOGLIE
Se il giovane sposo ha negli amici, il più serio pericolo per la sua felicità coniugale, la moglie, dal canto suo, ha nelle proprie compagne di giovinezza altrettante temibili avversarie del suo amore. È così facile che una donna tradisca lo sposo con un amico di questi, come è frequente che l'uomo tradisca la moglie con la più cara amica di lei. Tante volte anzi la slealtà femminile supera la slealtà virile, e l'astuzia nel simulare, nell' ingannare, arriva più lontano.
Ma anche qui una prudente donnina può fin da principio mettersi sulle difese del suo amore e della sua pace. Ella potrà scegliere tra le amiche, nubili ancora o maritate, solamente quelle dalle quali ha avuto non dubbie prove di amicizia e di sincerità.
Poco a poco, insensibilmente rallentando i rapporti, potrà liberarsi dall'intimità di quelle che non danno sicuro e serio affidamento. Lo stesso faccia se il suo destino la porta a vivere lontana: curi la corrispondenza con le meritevoli, abbandoni grado grado le altre. E non sia trattenuta in questa salutare opera di selezione da nessun scrupolo, da nessun riguardo. Pensi che indugiando renderebbe a se stessa il compito assai più arduo e forse potrebbe poi pentirsi crudelmente della sua debolezza, della sua indecisione, della sua bonarietà. Osservi inoltre quello che lo sposo trova gradevole, grazioso, nelle sue amiche, e procuri di rapire per sè il segreto di quel fascino, 'di quell' attraenza. Molte volte, certi uomini impressionabili restano colpiti da un nonnulla che però conferisce alla nuova venuta una supremazia sull'altra, sulla donna che ha il cuore e la vita sua, e che a lui dona l'anima e la giovinezza. Un po' più di grazia nel muoversi, un po' più di arguzia nel parlare, un umore più gaio, un grado maggiore d'eleganza o di raffinatezza... Ma colei che ama starà all'erta e a nessun costo si lascierà soverchiare. Non è una meschina gara di vanità e di seduzione a cui l' incito : è un piccolo ma non trascurabile mezzo per rimanere regina del suo regno. E quando l'amore, la felicità, forse l'onore d'una famiglia, sono in gioco, nessun aiuto per conservarli intatti può parere troppo puerile o inutile affatto. Thakeray, il grande scrittore inglese, ha osservato che gli uomini in amore servono le donne in ginocchio, ma una volta rialzati partono e più non ritornano. Badate dunque che restino in ginocchio il più a lungo possibile....
GUARDANDO INDIETRO
Vi sono dei giorni nella vita, anche in mezzo alla maggior felicità, in cui un cattivo dèmone ci induce all'inquietudine, all'insoddisfazione di quanto possediamo, per rivolgerci, con maligna intenzione verso quanto non possediamo più o non possedemmo mai. Queste ore nere che travagliano per solito la donna nella sua prima giovinezza, e le dànno malinconie, impazienze, irascibilità, cambiamenti d'umore, inesplicabili per gli altri, non l' abbandonano, purtroppo, neppure nella nuova fase della sua vita.
Essa lo aveva sperato dapprima, nella sua letizia di fidanzata, nel suo luminoso tripudio di sposa: si era creduta libera per sempre dalla schiavitù del dolore che pesa sulla povera umanità e quando non la strazia con le sventure, la tormenta con le tristezze arcane. Ma ecco che nel bel mezzo della sua gioia, il nemico, come un nero nibbio, cala rapace e l'avvolge nella cupa ombra delle sue ali. È in un giorno di malessere, in un'ora di solitudine. L'inutile ed elegante ricamo le sfugge dalle dita; il libro rimane aperto sempre alla stessa pagina... La giovane signora ha sottocchio un calendario, ricorda che quello stesso giorno, quella medesima sera, fu per lei una data felice... Oh, un ballo, una prémière al teatro, un five o' clock, una gita, un piccolo lieto avvenimento qualunque della sua vita di fanciulla, ma che basta per farle rivolgere in dietro il capo, verso la dolce riva lasciata, verso la sua innocente verginità che non torna.... E quasi senza volerlo è tratta a paragonare la
sua esistenza d'allora, così spensierata, così rosea, così gaia fra le amiche e i corteggiatori, alla sua vita del presente dove anche le dolcezze più profonde appaiono rivestite della severa maestà del dovere. Ella pensa a quelle fra le sue giovani compagne ancora libere di svolazzare di festa in festa, di lasciarsi rapire dall' armonioso turbine della danza; di uscire alle passeggiate mondane; di accettare degli inviti in villa; di fare dei viaggetti; di stare in ozio anche, o di suonare il piano e imparare qualche bel lavoruccio artistico nuovo: mentre lei... mentre lei..., lei ha un padrone : un padrone benigno, tenero, indulgente, ma sempre un padrone, e sospira....
UN SOSPIRO
Proprio ! Ella sospiri, ! Ella che si sentiva e si proclamava così felice ! Sospira senza saper perchè, o forse sapendo il perchè... Inutile nasconderlo. Lo sposo non è più quello dei primi giorni, non è più quello della luna di miele. ll ancora tenero, è ancora premuroso, ma ha avuto degli scatti d'impazienza, delle ore di malumore: ma già due o tre volte ha fatto pesare la sua autorità di neo-capo famiglia a proposito d'un pranzo mal riuscito, d'una camera disordinata, d'una spesa troppo forte. Ella sospira.... È passato il tempo beato dell' indulgenza sovrana, della dedizione assoluta, quando quel tiranno era uno schiavo incatenato ai suoi piedini di Cenerentola, e ogni suo desiderio faceva legge. Ella pensa al viaggio di nozze che già le pare lontano, alle dolci follie di quei giorni, alle parole,
alle promesse appassionate: « Passerò tutta la mia vita ad adorarti ! Ogni ora, ogni momento sarà consacrato a te : la mia missione è quella di renderti felice ! ››
Invece... oltre lei c'è l'impiego o la professione o le occupazioni : vi sono gli altri affetti di famiglia, gli obblighi di parentela, le amicizie, i doveri sociali e civili : i passatempi innocui a cui certi mariti, sebbene innamoratissimi, non sanno rinunziare, come quello di andare a fumare qualche sigaro al caffè in compagnia d'amici, di prender parte a qualche convegno di caccia, a qualche riunione sportiva o ippica, di far qualche partita alle carte o al bigliardo.... passatempi innocui, certo, ch' ella si guarderebbe dall'impedirgli, ma che nel suo segreto avversa perchè lo tengono lontano da lei : perchè le danno delle ore di solitudine, di tristezza e di rimpianto. E se lo sposo, indovinando, al suo ritorno, il motivo segreto di queste prime nubi che oscurano l' orizzonte della sua serenità coniugale si mostra generoso e rinunzia spontaneamente ad alcuno dei suoi spassi, per rimanere colla piccola imbronciata, ella si mostrerà, sì, riconoscente, ma l'amarezza non sparirà dal suo cuore. S' egli può fare un sacrificio rinunziando a un piacere fuori di lei, vuol dire ch'essa non regna più, sovrana assoluta, nella vita di lui. Bourget, il grande e sottile analista della psiche muliebre, lo ha detto quando scrisse ne La phisiologie de l'amour:
« Sacrifiez un plaisir à une femme, elle vous en voudra, et elle aura raison. S' il y a pour vous quelque chose d'agréable hors d'elle et loin d'elle, vous ne l'aimez plus.
LE OCCUPAZIONI DELLA GIOVINE SIGNORA
Una delle cause principali delle inquietudini, dei rimpianti, delle malinconie a cui la giovine signora si abbandona facilmente nei primi mesi della sua nuova vita, risiede nel troppo tempo che ha a sua disposizione per fantasticare. Se vive in famiglia, la suocera le evita tutte le brighe, le responsabilità, i pensieri della direzione della casa, ed essa è là come una signorina, meno il corredo da preparare e l' educazione da completare. Se la padrona di casa è lei, una famiglia composta di due persone e di due domestici — a meno che non si tratti di una condizione sociale che obblighi alla direzione d' un palazzo e d' una intera gerarchia di servi — è presto condotta. I mobili sono nuovi, la biancheria è nuova, gli abiti nuovi: non c'è che da conservare, il resto va da sè. E molte ore rimangono, mentre il marito è fuori, che la sposina non sa come impiegare. Un po' legge, poi si stanca, un po' suona il pianoforte, scrive qualche lettera, dà un ordine alla cameriera, un altro al cuoco: e poi ? E poi s'adagia nella poltroncina a far qualche punto a un cuscino, a un centro da tavola, mulinando tra un punto e l'altro — troppo ! — dando troppo ascolto, fra una gugliata di seta rosa e una di seta grigia, alle punture della sua sensibilità esagerata, alle larve della sua immaginazione, alle esigenze del suo egoismo personale. Ah, spesso spesso, queste prime ore di ozio del pensiero, nell'esistenza coniugale, sono il terreno in cui può germogliare propizio il cattivo seme della discordia, della tentazione, della volubilità. Noi
non siamo mai così vicini ad essere infelici come quando non abbiamo più nulla a desiderare. Mancandoci motivi veri di scontento, siamo tratte a crearcene dei fittizi, che ci fanno soffrire come fossero veri e possono demolire, come tarli insidiosi, corrompere, come crittogama velenosa, tutta la fiorente bellezza d'una felicità sana e sincera.
Scrisse un romanziere francese, Gaston Lavalley: « La felicità ! la nostra vita si consuma nell'inseguirla. Mentre camminiamo cogli occhi fissi su questa méta radiosa, nemici oscuri s'avvincono a noi come la piovra alla nave. Sono i piccoli avvenimenti, le imprudenze, gli errori, le mancanze d'ogni giorno. Artefici di distruzione lavorano nell'ombra e si fanno dimenticare. Ma quando crediamo di toccare la terra promessa, naufraghiamo con tutte le nostre speranze. »
In guardia dunque contro questi ipocriti e subdoli nemici ! In guardia dal principio per dominarli energicamente. E come? Con l'opera, o signore, col lavoro che tutto vince, che disperde le fantasticherie malsane, i vapori sentimentali, le suscettibilità pericolose. In un regno per quanto piccolo c'è sempre molto da vigilare, da ordinare, da decidere, da migliorare. Se il mobiglio è nuovo, procurate di renderlo più elegante con quegli accessori di buon gusto che una signora ingegnosa può preparare da sè. Coltivi dei fiori perchè il suo appartamento non manchi mai di questo primaverile sorriso : e non si fidi della cameriera per il guardaroba, nè dalla cuoca per la cucina ; la sua sorveglianza diretta, il suo intervento frequente, la faranno accorta di molte trascuranze, di molte mende da to-
gliere che non apparivano alla sua sorveglianza superficiale e sommaria. E poi una donna che ama con tutta l'anima il compagno a cui si è data, può forse cessare un momento solo nella giornata dall'offrirgli come un odoroso incenso tutti i suoi pensieri, tutte le sue azioni? Le robe che gli appartengono, da custodire in modo ch'egli vi trovi sempre le tracce della vigile e delicata tenerezza di lei invece di quelle dei prezzolati servigi dei domestici. Le stanze che abitano in comune, da rendere gradevoli per mezzo di quelle minuziose cure che dicono quanta parte abbia lo spirito sulla materialità dell'atto di apparecchiare una tavola, di disporre un mobile, di velare una lampada, di distribuire dei libri e delle fotografie. Poi la preoccupazione costante di mostrarsi graziosa, elegante, desiderabile agli occhi del marito, sia nell'accappatoio del mattino, come nella camicetta di seta indossata pel pranzo; sia col grembiulino da buona massaia col quale la signora entra in guardaroba e in cucina. Indi gli obblighi sociali. Ora non si fanno più le classiche visite di un tempo, il cui uso si conserva ancora in provincia; ma vi sono i five-o'-clok a cui bisogna prender parte e che bisogna restituire : qualche pranzo da dare o a cui intervenire : gli incarichi che le amiche dànno, le opere di beneficenza a cui interessarsi, e infine, se la signora è intelligente ed istruita, tutto il movimento artistico da seguire, sia pure per sommi capi, ma tanto da non ignorare quello che si fa nel proprio paese. Giacchè non basta tenere gli ultimi libri sul tavolo e lo spartito dell'opera recente sul piano : non basta riempire i vassoi di fotografie artistiche e di cartoline commemorative;
bisogna mettersi in grado di conoscere con precisione il prodotto o l'avvenimento di cui si discorre, e questo non tanto per vanità quanto per procurare a noi stesse il godimento puro ed alto di vivere la vita superiore, quella che ci eleva moralmente, che dà al nostro spirito attività molteplici, che ritempra contro le frivolezze e le seduzioni malsane, che è sempre fonte di serenità, spesso di conforto, e non di rado salvezza suprema nelle vicissitudini dell'esistenza.
VITA MONDANA
Ho conosciuto molte signorine desiderose di maritarsi, non per amore d'uno sposo e d'una casa propria, ma per slanciarsi come trottole nella vita mondana. Alcune erano cresciute in famiglie di opinioni un po' rigide e si erano vedute sempre contrariate nelle loro aspirazioni che le portavano verso i divertimenti e la società elegante : e per mezzo dell'indipendenza acquistata col matrimonio speravano di finalmente soddisfarle. Altre erano state abituate, invece, da bimbe alla vita dei salotti e delle riunioni mondane, ma sapevano che una posizione di giovine signora avrebbe permesso loro di mettersi assai più in evidenza, di sfoggiare maggior lusso, di frequentare più liberamente la società, di ricevere e di farsi fare la corte a maggior agio. Ecco, io non vorrei atteggiarmi a noiosa predicatrice, ma non posso a meno di osservare che questa benedetta vita mondana che attira la donna come il lume attira la fragile farfalla, è sempre la causa dei suoi dolori più irrimediabili, delle sue cadute,
delle sue vergogne. Bisognerebbe insegnare alla donna, nei suoi primi anni, a frequentare la società per dovere più che per piacere. La società ha bisogno di lei come la famiglia, ed ella ha l'obbligo come individuo, di concederle con la sua presenza quanto la natura le ha dato di migliore: la bellezza della persona, la grazia dei modi, la vivacità dello spirito, l'eleganza dell'aspetto, la coltura e l'ingegno. Ma la donna veramente eletta, pagato il suo tributo, ritornerà con sollievo, con dolcezza, con serena gioia al piccolo regno della sua intimità domestica, alle austere occupazioni delle sue ore di solitudine. Le creature che fanno della vita mondana l'esclusivo fine della loro esistenza e l'esclusivo alimento per la loro anima, atrofizzano i germi delle qualità più luminose e profonde che Dio aveva infuso in esse, acquistano una personalità artificiosa, superficiale, uniforme, che le rende stucchevoli a tutti coloro che vivono in diversa atmosfera, e, dopo una breve stagione di piaceri, prepara una lunga, deserta, tristissima età di disinganni, di contrasti, di desolato abbandono.
All' inizio della sua vita mondana, una recente sposa dovrà dunque riflettere assai, armarsi di molta energia, di molta sagacia, di molta prudenza. La società brillante è un pericoloso ingranaggio : datele un dito, vi prenderà la mano e il braccio e la testa... Giacchè riesce assai difficile accettare un invito e sottrarsi ad un altro : limitarsi nelle conoscenze, negli impegni e nelle spese di conseguenza, che troppe volte mandarono famiglie agiate alla rovina. Dunque segregarsi no, ma neppure
abbandonarsi intere alla corrente che vi esilia dal dolce nido, dalla quieta solitudine, dagli affetti fedeli. Abbia, la signora, il suo giorno di ricevimento, che le assicura libertà in casa propria per gli altri sei giorni della settimana; non manchi alle visite d'obbligo, d'augurio, di ringraziamento d'ossequio, se il marito ha qualche superiore ammogliato: ma riduca allo strettamente necessario il suo intervento quando ha la scelta tra andare e rimanere, e preferisca i salotti dove la società è più seria e più scelta. Se va ai balli, non vi rimanga sino alla fine, e se il marito le permette di ballare, non abusi della concessione. Ai teatri non faccia delle toilettes audaci in modo da farsi confondere con certe signore con le quali non deve avere nulla di comune. Non sia un'assidua delle passeggiate eleganti che sono in realtà gare di seduzione, di lusso e di civetteria : nei ritrovi sia amabile con tutti, ma si guardi dal dimostrare una preferenza, anche se determinata da sentimenti innocentissimi, verso questo o quel cavaliere. Non si apparti mai con uno di essi: mostri di ricercare più che altro la compagnia delle signore e sia affettuosa e gentile verso il proprio marito, non imitando certe donne, le quali, pur essendo buone e tenere mogli, affettano in società un contegno sdegnoso e leggermente beffardo di fronte al loro compagno, e per timore d'un ridicolo che non esiste se non nella loro mente fatua, cadono nella sconvenienza.
Del resto, anche per ciò che riguarda la vita mondana, dovrà la giovine signora mettersi perfettamente d'accordo con lo sposo, secondare i suoi
gusti e le sue abitudini. Nessun sacrificio le sembri di soverchio grave, pensando che l' amor vero è tale tesoro nell'esistenza che non si acquisterà mai a troppo caro prezzo.
IL GIUOCO PERICOLOSO
Vi è nei rapporti fra uomo e donna un atteggiamento spirituale ben noto a chi respira l'atmosfera raffinata e galante dei salotti : l'uomo e la donna stanno di fronte, armati delle più sottili e agili armi dell' arguzia, dell' adulazione, della furberia, dell'audacia, e si attaccano e si difendono con tutti i mezzi che la loro intelligenza e la loro educazione forniscono. Una simpatia fisica, un'affinità intellettuale, un capriccio, l' ozio, la noia, li hanno fatti incontrare, li hanno separati dagli altri, li hanno impastoiati in quella schermaglia in cui — entrambi lo affermano convinti — non entra neppure un briciolo di sentimento vero, ed è quindi affatto innocente. Tutto ha l'aria di scherzo: complimenti, dispetti: eppure sotto il velo roseo, moltissime volte, specie dalla parte della donna che è la più ingenua e la più sensibile, il cuore resta ferito davvero da quelle armi di trastullo, e il gioco va a rischio di mutarsi in dramma di passione. Paolo Bourget, a proposito del flirt, appunto, scrive delle parole magnifiche di verità e d'acutezza, dice : « Un giocatore che sedesse al tavolino, davanti a delle carte con la condizione che se vince non vincerà nulla, e se perde perderà tutto il suo patrimonio, passerebbe per pazzo. Eppure è quello che fanno gli uomini e le donne che s'avventurano in un
flirt spiegato : giacchè questo flirt non può che terminarsi nel nulla se resta flirt, o col dolore della passione se muta natura. »
Specialmente per noi delle razze latine, così facilmente infiammabili, così impulsivi, impressionabili, così proclivi a dare il colore della passione al sentimento più superficiale e più fugace, il flirt è pieno d'insidia. Pei temperamenti nordici, invece, lassù, presso gli inglesi che hanno dato un nome definitivo a una condizione d'animo che a noi era parsa indefinibile, appunto perchè la riguardavamo come uno stadio di passaggio — per i giovani e le ragazze inglesi, il flirt non è che una specie d'esercizio intellettuale, e permesso, e comune. Ma, ripeto, in Italia, il flirt non resta genuino che un giorno, il giorno in cui s'inizia: il secondo giorno o piega verso la civetteria (parlo della donna) che è riprovevole, o verso la simpatia amorosa e la sensualità, che è peggio. Per quelle che frequentano molto la società e che hanno un carattere vivace, il flirt è quasi una conseguenza necessaria. Niente di male se si ferma alle prime scaramuccie, lo so; ma è qui appunto il difficile : pretendere di fermarsi in equilibrio su un terreno a rapida scesa e sdrucciolevole....
VEGLIONI MASCHERATI
Può una signora per bene intervenire a un veglione mascherato ? La domanda è categorica, ma la risposta non può essere così assoluta. Distinguiamo. A godersi un veglione mascherato come spettacolo coreografico, dalla inespugnabile fortezza di un
palco chiuso, qualunque signora può andare, ed anche le signorine dopo i vent'anni. Certo che dovranno essere scortate da qualche parente del sesso forte, o marito, o padre, o fratello; e che non sarebbe consigliabile ad esse di rimanere sino al mattino, quando i veglioni, massime nelle grandi città, si mutano in vere orgie volgari. Signore e signorine potranno intervenire in abito da ballo o in costume, ma senza maschera sul volto e non dovranno, beninteso, uscire dal loro rifugio sicuro se non per andare a visitare qualche amica in qualche altro palco, ma sempre ben scortate, s'intende. Nei veglioni mascherati a pagamento, tutti possono entrare, e tutti, anche le persone più serie, vi perdono un po' la testa. Una signora che si avventuri troppo in mezzo a quella folla eccitata dal vino e dal carnevale, si espone a mancanze di rispetto umilianti e sgradevoli per lei e qualche volta pericolose per chi l'accompagna. Eviti dunque più che può il contatto della gente, si contenti di guardare di lontano. Nemmeno la consiglierei troppo a indossare un domino per fare un giro con qualche conoscente, nella platea o nelle gallerie. Tutti non possono sapere che sotto quella maschera vi è una signora rispettabile; il veglione è sempre troppo popolato di donnine che sono precisamente il contrario e le potrebbe toccare il brutto caso di essere presa in isbaglio; o almeno di udire frasi e parole da farla arrossire sotto la maschera. Mi dispiace dunque per quelle signore per cui il prendere parte attiva a un veglione mascherato costituirebbe il massimo dei divertimenti, ma se il loro marito ha il senno d'impedirlo, non posso se non
approvarlo. Le signore strillano : « Ma i nostri mariti ci vanno, essi ! e si divertono ! dobbiamo proprio, noi, rimanere a casa come le Cenerentole » Eh, care mie, i vostri mariti sono stati, vanno e andranno in tanti luoghi dove a voi non sarebbe possibile seguirli! E uno di questi luoghi fate conto che sia il veglione mascherato. Del resto, credete a me, se egli ritornando all'alba, vi troverà addormentata vicino al vostro figlioletto: se la mattina dopo vi vedrà aggirare svelte e graziose e fresche per la vostra casa : se, sopratutto ! non gli farete il broncio, ma lo interrogherete da donnine superiori intorno alla serata di carnevale, egli sentirà per voi un nuovo impulso fatto di tenerezza, di rispetto e di gratitudine: impulso che non avrebbe potuto provare se gli foste state al fianco in quelle ore di disordine e di follia.
BALLI IN COSTUME
I balli in costume sono un' altra cosa. Qui si tratta di riunioni d'invito o di società, qui si è tutti a viso scoperto e si conosce chi s'incontra, e non vi sono pericoli d'equivoci o di molestie. Nè un costume, per una signora ingegnosa e di buon gusto, può costare più che un'abbigliamento da ballo, piena libertà, dunque, alle signore e alle signorine, anche le più severamente abituate, di prender parte a questo artistico e grazioso trattenimento. Soltanto bisognerà che ogni signora studi il proprio tipo per non incorrere in qualche stonatura tra la sua persona e il travestimento scelto. Non occorre dire che certi costumi troppo audaci vanno lasciati da
Eva Regina 8
parte. Per quanto bella e giovane, una signora non deve mai dimenticare il proprio decoro e il rispetto ch'ella deve al marito e al nome di lui. Certo che la scelta di un costume non è facile, poichè le sue inevitabili esagerazioni, la foggia opposta a quella a cui l'occhio è abituato, fanno risaltare insieme ai pregi le... deficienze di colei che lo indossa. Per esempio una figurina alta e snella, dall'aria alquanto tragica, di donna bruna, non dovrà scegliere lo stesso abbigliamento di una brunetta piccola e vivace; come una giovinetta sottile e bionda, dall'aspetto diafano, dovrà vestire diversamente dall'altra biondina grassoccia e rubiconda. Alla prima s'addiranno gli abiti di foggia spagnuola o inglese ai tempi di Maria Stuarda; — alla seconda qualche costume fantastico o giapponese; — mentre la biondina ideale potrà vestire da fata, da fiore, da Gretchen nel Faust o da Desdemona, l'altra indosserà qualche artistico costume da contadina o da dama del settecento. E questo non per civetteria, ma per quel buon gusto estetico, per quel senso del bello armonioso che conduce poi a discernere e ad apprezzare la vera bellezza nell'arte e nella natura. Intanto, una signora o una fanciulla, indossando un costume hanno modo di mettere in evidenza anche la propria personalità spirituale, giacchè dalla grazia, dall'arguzia, dalla disinvoltura con che una donna porta il costume e incarna il personaggio scelto, si può dedurre la sua intelligenza, la sua coltura, la sua finezza.
RECITE
Anche le recite fra dilettanti, in qualche teatrino privato, sono per le signore intelligenti un ambito svago. Certo però che non lo consiglierei alle giovani mamme che allevano un bambino o ne hanno più d'uno da custodire, giacchè le prove, i preparativi, le ruberebbero troppo tempo. E nemmeno mi piace di vedere cimentarsi in questo esercizio mondano e grazioso una signora il cui marito non vi prende parte. Nè ella, sola sul palcoscenico, nè egli fra gli ascoltatori, farebbero troppo buona figura. Si dirà: ma non tutti i mariti possono avere le stesse qualità della moglie; la signora può avere un talento drammatico sviluppatissimo, mentre il signore, per parlare in gergo comico, può essere .... un cane. Ebbene, mi dispiace per la celebrità nascente della signora, ma se suo marito non può o non vuole recitare, deve anch'essa rinunciare agli allori. Sarà un sacrifizio oltremodo generoso e gentile, che, se compiuto con grazia e disinvoltura, la renderà simpatica e al marito ancora più cara. Dunque, o tutti e due, o nessuno.
Qui odo qualche moglie chiedermi con un tantino d'inquietudine: « E se le cose fossero... viceversa? Se il cane fosse una cagna? Se la signora non si sentisse in grado di cimentarsi, che obbligo avrebbe il signor marito, stella filodrammatica? » Intanto, intendiamoci, obbligo nessuno, nè per lei nè per lui. Io dètto dei consigli non delle leggi. Dunque se il signore vorrà essere compiacente, rinunzierà — ma, non bisogna illudersi, è molto difficile... e poi il caso è diverso. Un marito non
ha bisogno di protezione sul palcoscenico : non si espone ai commenti maligni, ne frequentando le prove, nè rimanendo coi suoi... compagni d'arte fra le quinte. Certo che io consiglierei una moglie — se non ha impegni di famiglia o anomalìe nella sua struttura fisica — a recitare, se il marito recita, accettando, magari, una parte di servetta. Quando una donna vuole riuscire, riesce : e non è verosimile che una signora educata non sappia disimpegnarsi con un po' di garbo. Se poi è costretta a casa per le cure della sua maternità, faccia apparire meno che può il sacrificio, s'interessi all'avvenimento, aiuti il suo compagno, nei preparativi, non lo molesti, sopratutto, con malumori e gelosie, più che inutili, dannose.
Non avrò mai raccomandato abbastanza alle signore che recitano, la superiorità, la disinvoltura per la scelta delle parti. Le vanità, i ripicchi, i puntigli, le gare invidiose, sono crittogama da palcoscenico che si attacca solo ai comici di mestiere. Tra persone raffinate non si deve badare all'effetto di questa o di quella parte, ma procurare di mettersi d'accordo perchè il divertimento non degeneri in dispiacere. Anche una parte secondaria, se portata con grazia e ben curata, può fare onore e rivelare le buone attitudini dell'attrice; mentre le prepotenze, gli sdegni, i permali, attirano il ridicolo e alienano tutte le simpatie.
LOTTERIE
In uno dei suoi belli e perfidi romanzi, Gabriele d'Annunzio fa rammentare ai suoi personaggi una certa fiera di beneficenza nella quale le seducenti
dame patronesse concedono ogni sorta di piccoli favori sensuali ai corrotti cavalieri che si mostravano generosi verso l' opera filantropica ch'esse proteggevano. Certo che se tutte le fiere di carità dovessero somigliare a quella che Andrea Sperelli e i suoi degni amici rievocano in un capitolo del Piacere, avrebbero ragione le mamme e i mariti di negare il loro consenso. Ma io so di molte di queste fiere e lotterie che riuscirono solamente simpatici ritrovi, che strinsero vincoli d' amicizie buone, d'amore onesto, che pacificarono in nome del fine nobile e collettivo antichi rancori, e che diedero inoltre un magnifico risultato finanziario. Non è il caso, quindi, di mettere in guardia contro questo genere di divertimento mondano le signore e le signorine rispettabili. Certo che anche qui occorre per parte della donna, maritata o fanciulla che sia, molta serietà, molta avvedutezza nella sua condotta. Poichè si è posta in vista, conviene che sappia rimanere nella luce, dove tutti la osservano e commentano i suoi atti, impeccabile e inattaccabile. Se è una signorina, abbia a fianco la mamma, o una parente o un'amica matura; se è una signora anche il marito dovrà far parte del comitato, e nel suo abbigliamento, nel suo contegno, non perda di mira quella elevatezza che deve esserle di guida in ogni atto, anche il più semplice, della sua vita. Si badi: quando parlo di serietà, di modestia, di riserbo, non intendo persuadere la donna alla rinunzia dei suoi fàscini fisici e spirituali. Una signora può essere elegantissima, vivace, arguta ; può tenere lo scettro della bellezza e della grazia senza uscire dai limiti che separano la donna rispettabile
da quella che non si rispetta più. Molte signore invece confondono l' onestà con la rigidezza e la musoneria, e in società si fanno un dovere di mostrarsi dure, fredde, sgarbate : oppure scambiando la sguaiataggine per spirito e la licenza per disinvoltura, appariscono volgari e sboccate. La signora dei nostri tempi non dovra più cadere in questi errori. Nel suo senno, nella sua coscienza, ella deve tracciarsi una barriera, ben definita, infrangibile, oltre cui rinchiudere i suoi affetti, i suoi doveri : ma purchè questa barriera non venga assalita (ed ella saprà ben difenderla) sia senza preoccupazioni, lieta, semplice, sincera; sparga senza parsimonia il suo profumo d'anima e di giovinezza, doni la sua attività, il suo ingegno, il suo aiuto, alle imprese a cui s'interessa e che nella donna intelligente, buona ed operosa, hanno la loro più valida protettrice.
QUADRI PLASTICI
E i quadri plastici? Mi par di vedere molti graziosi visi oscurarsi, e dietro ad essi altri volti muniti di baffi e di barba farmi degli occhiacci spaventosi. Un momento, signori mariti e signori papà! Non sempre quadro plastico significa... quello che vi figurate voi. Durante un'Esposizione fiorentina furono eseguiti con grande successo, da giovani e da fanciulle della città, alcune scene figurate della Vita Nuova di Dante. In un collegio ho veduto comporre con bell' effetto alcune scene bibliche e alcuni quadri sacri. Che c' è in questo da scandalizzarsi? In che cosa il pudore delle vostre mogli o delle vostre figliuole può sentirsi offeso?
Una fanciulla vestita da Beatrice che rende il saluto al Poeta; una signora che rappresenti Rut, la perla della nuore, non perde nulla della propria verecondia. Certo che questi quadri plastici conviene siano accuratamente scelti, per il soggetto che non deve presentare nulla di audace nel costume o di scabroso nell' argomento; e accuratamente eseguiti. Quanto alla prima condizione, mi rimetto al buon gusto, al tatto delle signore : per quanto riguarda poi l'esecuzione materiale, sarà sempre bene affidarsi a un artista che solo può sapere il segreto di certi effetti, la composizione di certe armonie.
AI BAGNI
Nessuna donna guadagna a essere veduta al mare. La luce cruda mette in evidenza ogni difetto del-l' epidermide che il sole o abbronza, o arrossa, o macchia, togliendo uno dei maggiori elementi di bellezza muliebre, che è quello d'una carnagione bianca e delicata. Il vento dominatore scompone le pettinature, e le onde perfide e burlone si divertono a finir di maltrattarle. Inoltre, per la necessità di spogliarsi e di vestirsi in fretta a tutte le ore del giorno, conviene rinunziare a molti accessori, a molti ornamenti che aiutano la donna non bella a parere attraente, e la donna brutta a parere passabile. Poi c' è la berlina del costume, per quelle di forme troppo... abbondanti, come per quelle di forme troppo... scarse. Ma non importa, le donne amano il mare, il gran mare benefico e purificatore, e gli sacrificano generosamente qualche lembo della loro vanità.
Forse ora si fa un po' meno volentieri la vita degli stabilimenti, vivaio di pettegolezzi e d'invidie, ma ogni famiglia ama di avere sulla spiaggia sabbiosa la sua tenda o la sua capanna dove rimanere a fare la siesta in cospetto della cerulea immensità risonante, mentre i bimbi affondano i piedini nudi nell'arena calda e fine, e vanno e vengono dall'onda che si dilata spumosa fra i loro trastulli. Alcune di queste capanne sono vere succursali della casa, veri piccoli luoghi di delizie nell'interno dove non mancano sedie americane, amache, tavolinetti, necessaires, libri, e perfino mobilucci da riporvi le stoviglie per poter far colazione in accappatoio uscendo dal bagno, e prolungare quell'igienica vita da selvaggi e da nòmadi fino all'ora di pranzo.
Quest' è la vera vita di cura, a cui una signora di senno, sia che vada per la sua salute o per quella dei suoi piccini, deve uniformarsi. Nè, la sera, rubi le ore al placido sonno che dovrà rinvigorirle le forze e permetterle di essere lesta di buon mattino, o lasci i suoi bimbi, o, peggio, li trascini dietro, per intervenire ai concerti o ai balli nelle sale chiuse, delizia delle signorine in cerca di marito o delle signore avide di... novità. Il più delle volte, poi, una signora è costretta a rimanere ai bagni senza lo sposo, trattenuto in città dalla sua professione o dal suo impiego o dai suoi affari. E allora il suo contegno deve essere ancora più riguardoso, in modo che i maligni non trovino proprio nulla da ridire. Sia pure guardinga nelle conoscenze che contrae : giacchè le può avvenire di ingannarsi sulla rispettabilità di qualche persona, e può stringere inconsideratamente dei vincoli di
cui avrà a pentirsi e a vergognarsi; quando non si veda mescolata a qualche intrigo a fatta vittima di qualche soperchieria. La facilità con cui al mare si annodano conoscenze deve consigliarla, almeno, a mantenerle di un carattere superficiale. Non confidenze intime, dunque, non abbandoni d' anima, non espansioni calorose verso una donna che il giorno prima nemmeno salutavate e che, forse, in capo a un mese non rivedrete più. Cortesia con tutti, aiuto vicendevole, anche,giacchè si può dare il caso che una donna abbia bisogno di un' altra donna in qualche triste ora della vita, e nessuna di noi dovrà sottrarsi per il motivo che non è un'amica ma un' estranea colei che attende il nostro soccorso; ma in via normale, intrinsichezza no, almeno finchè non siamo ben sicure che l' oggetto della nostra preferenza è del tutto degno.
L'abbigliamento, ai bagni, sia semplice, lindo, fresco, ma nulla più. Molto bianco per le mamme, le giovinette, per i bambini: lunghi veli per riparare il volto dalla brezza troppo rude: cappellini sobri, calzature pratiche. Pochi e meglio non gioielli affatto, perchè si dimenticano nei camerini del bagno o si smarriscono fra la sabbia: fascette elastiche e leggere, in modo da lasciare al torace tutta la libertà di respirare e di muoversi. Accuratezza, decenza ed anche una certa eleganza nel costume incriminato, che alle signore magre consiglierei bianco, di lana ruvida e consistente, con grande collare: alle signore un po'... forti, come dicono le sarte, nero, a lunga blusa.
SUI MONTI
La vita che si fa in montagna è più faticosa di quella che si fa sulla spiaggia del mare : ma le persone attive, vivaci, nervose, quelle che amano gli esercizi del corpo, si trovano meglio fra i monti che in cospetto dell' oceano. Le gite più o meno lunghe, più o meno ardue, in lieta compagnia: i giuochi inglesi nei giardini delle pensioni e degli Hôtels dove i forestieri formano una sola famiglia: le gaie merende nei boschi o le passeggiate con qualche compagnia preferita, costituiscono un fondo d' esistenza viva, sana, all' aria purissima, che sperde molti vapori di malinconia e molti languori, e per cui non si possono dettar regole fisse. Vi sono delle signore, lo so, che trascinano abiti di merletto, da migliaia di lire, per i boschi dell'Abetone e le viottole di Salsomaggiore, e nemmeno nella solitudine dei ghiacciai delle Alpi rinunzierebbero a sfoggiare quattro toilettes al giorno; ma in generale, insomma, la vita della montagna porta seco la semplicità assoluta, tanto nel vestire che nelle relazioni sociali. Anche qui, però, come nelle stazioni balneari, una signorina di senno si guarderà dallo stringere subito intrinsichezza con le vicine di tavola o di stanza, e se accetterà di far gite in comune, se indugierà a chiacchierare con esse sotto qualche ombra verde, non oltrepasserà mai il limite che separa la cordialità dalla confidenza. Maggior riserbo e maggior prudenza dovrà poi avere una signora giovane o una signorina verso le eventuali nuove conoscenze maschili. Un vecchio proverbio, mai abbastanza ascoltato, ci avverte che non bisogna fidarsi dell'apparenze
che ingannano. Devono persuadersi, quindi, che l'eleganza e la correttezza del vestiario, la finezza dei modi, la cortesia della parola, non fanno sempre nè il gentiluomo nè il galantuomo: che la loquela facile e brillante nasconde non di rado l' astuto raggiratore, come l' eloquenza poetica e sentimentale vela molto spesso l' assoluta aridità e
la bassa menzogna. Innumerevoli donne furono e
sono vittime nelle sostanze, nella persona e nell'anima, di uomini, incontrati appunto per caso, che le ingannarono e a cui prestarono fede, illuse da apparenze seduttrici: vediamo quindi di non accrescere la sventurata schiera, che l' educazione moderna, risvegliando nella donna vivamente la coscienza della propria responsabilità individuale, facendola più esperta e forte, non dovrà rinnovare.
Ripeto — e mi preme insistere su questo punto — che prudenza e riserbo non significano scontrosaggine e durezza. Se anche non presentata, una signora potrà scambiare qualche parola con una vicina d' aspetto serio e distinto, potrà renderle qualche piccolo servizio, potrà salutare le altre signore quando le incontra nei corridoi dell' albergo o agli stabilimenti termali, in qualche luogo di ritrovo. Potrà anche accettare da un uomo qualche cortesia, prender parte a un discorso, mostrarsi qual è, colta gentile e buona. Ma non dovrà trattare quei compagni d'un' ora con gli stessi modi, con lo stesso linguaggio coi quali tratta nella sua città le sue conoscenze : nè dimostrerà loro lo stesso affetto che dimostra alle sue amiche di anni.
In montagna è bene bandire ogni vaporosità di tessuto e di ornamento, ogni esagerazione, ogni
eleganza troppo raffinata della moda. Bisogna attenersi alla lana, alla buona lana igienica, morbida; od anche alla rude lana così simpatica, che tanto dona alle giovani e delicate bellezze. I colori siano tranquilli, resistenti; le foggie semplici. Le cinture di pelle, od anche qualche molle sciarpa a tinte vivaci, uguali alla cravattina, saranno pure indicatissime, come le forti calzature alte, a tacco basso, così il piede sarà meglio protetto e sostenuto. Niente piume o fiori nei cappelli : veli azzurri, verdi, bianchi: fettucce di nastro in giro alle pagliette rotonde. Sono adatti e carini i morbidi berretti inglesi, modello Jockey che danno un' aria graziosa ai visetti molto freschi e giovanili. Per le escursioni lunghe e in località assai elevate, occorrono costumi speciali sulla foggia di quelli delle cicliste. Nei cappellini di feltro si può mettere un' aletta o un gruppo di edelweis quando non sia necessario il tocco di pelliccia e una sciarpa di lana.
LETTURE FEMMINILI
L' assenza dei libri, nelle stanze abitate da una signora, dà un' impressione di soffocamento morale come darebbe un senso d' asfissia fra quattro pareti la mancanza d' una finestra. Infatti i libri sono la luce e l' aria della mente : le schiudono nuove vedute, bellezze nuove : le dànno raggi e calore : rinnovano la sua vita. Chi non sente bisogno di questo, è cieco o morto nell'anima. Vi sono dei salotti arredati con sfarzo, ingombri di gingilli più o meno artistici, pieni di fiori, di morbidezze e di ricami, ma dove si cerca inutilmente con lo sguardo
un libro, una rivista, un giornale. Oppure, qualche libro si trova, rilegato con lusso, ma ahimè! sceso al grado di ninnolo fra una ceramica e una fotografia. Qualche altra volta il librò è un romanzo italiano o francese, della specie più scadente; e si trova anche il giornale... un giornale di mode, però. Oppure, in qualche altro salotto da lavoro o in qualche stanza da letto, si rinvengono nelle ce-stelline o sulle mensole certe strisce di giornale cucite insieme a foggia di quaderno, accuratamente; romanzi pubblicati in appendice e raccolti e letti e passati fra amiche, fra parenti, e serbati come cosa sacra, con quanto vantaggio del buon gusto estetico della lettrice ognuno può immaginare. Talora sono romanzi scelti male nelle biblioteche circolanti, romanzi della più goffa pornografia o della più stupida immoralità, che possono portare in casa il germe di qualche male fisico come il principio di qualche depravazione morale : che non allargano la mente, che dànno soltanto un falso sviluppo alla fantasia: perditempo inutile e dannoso. Una signora che non abbia la conoscenza morale e artistica d'un autore non dovrà sceglierne, quindi, l' opera senza averne chiesto prima informazioni, proprio come nell' ammettere in casa una persona nuova. Dovrà chiederne al marito, o se questi non è in grado di guidarla nella scelta, a qualche vecchio e colto amico di famiglia, a qualche insegnante dei suoi figliuoli. Poichè non è vero che una donna quando è maritata possa leggere tutto. Vi sono dei libri che non può leggere mai senza venir meno di rispetto a sè stessa: senza degradarsi intimamente, anche se nessuno lo sa. Solamente le letterate
di professione, le scrittrici, sono costrette a legger tutto per ragione di mestiere, e non possono indietreggiare dinanzi a nessuna ripugnanza. Ma esse divertono poi come i medici: nessuna procacità le impressiona più, giacche la vedono sotto tutt'altro punto di vista del comune.
Per occupata che sia, una signora ha l' obbligo di trovare un' ora, una mezz'ora ogni giorno da dedicare alla lettura. Un po' di tempo rubato allo specchio, un altro po' alla sarta, un altro poco alle chiacchiere oziose, o alla dolce pigrizia del letto, o agli allettamenti dei negozi di novità, ed ecco la mezz' ora, l' ora, magari le due ore trovate, senza che le cure della famiglia e della casa abbiano a risentirne danno. Vi sono intanto due libri da cui una donna pratica non dovrà mai fare, a meno, e sono: un piccolo trattato d'igiene e d' economia domestica e un buon manuale di cucina. Questi le sono necessari come la bussola al pilota. Tra i libri utili, può entrare anche qualche moderno galateo che la diriga e sciolga i suoi dubbi quando le si presenta un' occasione di agire in società. La sua bibliotechina dovrà in oltre essere fornita di un vocabolario e di una piccola enciclopedia da consultare all' occorrenza.
Dia poi il posto d' onore ai quattro poeti classici Dante, Ariosto, Petrarca, Tasso, e vi aggiunga quegli autori di cui una donna, anche mediocremente colta non può ignorare almeno le opere principali : Parini, Foscolo, Manzoni, Leopardi, Alfieri: abbia qualche libro di coltura generale, come una storia dell' arte : qualche vecchio libro educativo che le servirà per fare più vigoroso il suo spirito e a plasmare l' anima
dei figliuoli: il Manzoni, il Tommaseo, Massimo d'Azeglio. Nè le manchino due tra i grandi libri consolatori: il Vangelo e l' Imitazione di Cristo, libri d' eterna verità e di severa saggezza, che sono i soli che la mano cerca nell' ora del dolore.
Tra i libri moderni preferisca quelli che dànno alla sua mente idee nobili, propositi virtuosi, che afforzano l'anima sua e la forniscono di più agili ali. Siano libri ch' ella non debba nascondere arrossendo se alcuno entra nel suo salotto, e che la ridonino serena e pura anche nel pensiero, alla tenerezza del marito. Se la sua coltura le consente di leggere la produzione letteraria delle nazioni straniere, ne approfitti, ma anche fra quella scelga il fiore che non contiene veleno. Per fortuna di chi può fare una selezione, gli editori ci dànno oggi volumi in tale abbondanza che non è punto difficile prendere l' alimento spirituale che conviene e rifiutare il resto. « Leggere e sognare, l'uno e l'altro è un mondo » scrive il poeta inglese Wordsworth : ed è infinitamente dolce, infinitamente consolante, nelle ore della solitudine, qualche volta della tristezza, poter varcare la soglia di questo regno senza confini che ci fa dimenticare gli affanni della vera vita.
BEATA SOLITUDO !
« Beata solitudo, sola beatitudo » scrivevano un tempo i monaci sulla porta delle loro abbazie, fabbricate con profondo sentimento poetico nei luoghi più deliziosi per panorama e per bellezze di natura vergine e romita.
La vita solitaria e appartata dà infatti, nella sua severità, dei compensi e delle soddisfazioni spirituali che non conosceranno mai coloro la cui esistenza si svolge tutta fra il contatto della folla e il movimento febbrile delle città popolose. « Bisogna saper vivere in compagnia, ma più ancora saper star soli » ha detto un grande spirito, il Tommaseo. Infatti è una scienza che bisogna acquistare, che le anime frivole, tutte date alla vita fittizia ed esteriore dell'attimo che passa, non impareranno mai, ma che rinvigorirà, invece, e maturerà altre creature che abbiano nel cuore e nell'intelletto i germi fecondi d' una ricca fioritura di sensibilità e di pensiero. La solitudine insegna a riflettere, insegna a meditare, insegna a bastare a noi stessi, sviluppa tutte le tendenze del nostro ingegno, ci fa più attivi e utili, rende la vita più intima e profonda. Soli, ci apparteniamo di più, la corrente non trascina, la nostra individualità morale si afferma con maggior originalità. Tutte le grandi cose: azioni, opere, sacrifizii, conversioni, furono preparate e compiute nella solitudine. Essa ridona la pace e talvolta la salute, perdute fra gli uomini: insegna a contemplare, ad amare la natura, a vincere le battaglie dell' anima, ad adorare Iddio...
Eppure so che la solitudine fa orrore alla maggior parte delle donne. E non la solitudine assoluta ma, per esempio, la vita di famiglia in qualche villetta remota, in qualche villaggio abitato da gente zotica che obbliga all' isolamento. Molte sposine prendono degli atteggiamenti di vittime perché il marito, medico condotto, ingegnere, maestro rurale, o agente di campagna, le rapisce alla città per
seppellirle, coi vestiti nuovi del corredo, in qualche landa inospite o in qualche « borgo selvaggio ». E pensare che io, quando ho sognato la felicità, l'ho sognata proprio così : la solitudine in due, fuori dal mondo ! Ma non sentite voi la dolcezza, l' ebbrezza, l'orgoglio di essere tutte al nostro amore, tutte alla nostra opera di felicità? di fare della piccola casa che abitiamo un porto di pace per le fatiche del nostro compagno, un faro di luce per il suo intelletto, un' oasi per il suo cuore? Tenersi vece l' un l' altro di società, di amicizie, di divertimenti, di distrazioni: concentrare tutte le energie fisiche e morali per il nostro ideale di dedizione, per il nostro nido, per la tenera famiglia ch' è già composta o che si comporrà! Beata, beata solitudine, dove l'arte e l'amore brillano, dove le romite passeggiate lasciano le anime espandersi e fondersi, dove nessuno interrompe le lunghe, le soavi intimità, dove insieme si leggono i libri buoni e belli e nessuna corrente malsana, nessuna tentazione perfida turba e disgrega e separa; dove nessun pettegolezzo maligno, nessun esempio pericoloso, avvelenano la nostra pace, dove s' accolgono solo i veri, i fedeli amici che vengono come a un pellegrinaggio e partono con la visione della vera felicità che noi abbiamo lor data — nel cuore...
RIVELAZIONE CRUDELE
« Le bonheur c' est le mensonge de la vie, comme le mirage est le mensonge du désert »ha scritto un prosatore francese. Può darsi quindi che venga il giorno in cui, per colpa propria o d'altri, questa
Eva Regina 9
fragile parvenza dilegui dalla nostra vita... Certo è un terribile giorno, quello, e lo strazio del disinganno è così crudele che avremmo preferito morire. E ci sembra di non poter sopravvivere allo schianto di tutte le nostre speranze, alla distruzione delle nostre gioie più preziose e più sacre. — Eppure non si muore. Eppure, molte volte, anzi, il nostro morale si ritempra, si rinvigorisce, come le piante che sanno piegare e resistere ai primi uragani.
Che cosa fu che diede la rivelazione atroce? Quale mezzo usò il destino per toglierci dalla beata serenità della nostra ignoranza nella quale vivevamo così felici? Oh, spesse volte un piccolo mezzo, una circostanza comune; come basta per svegliare dal sonno e troncare il più paradisiaco dei sogni il minimo tocco, un leggerissimo suono. Una lettera venuta nelle nostre mani, l' imprudenza di un domestico, l' ingenuità di un bambino, uno sguardo, una parola colta al volo... È niente ed è tutto, poichè un intero mondo s' inabissa e scompare e ci troviamo soli col nostro martirio su un mucchio di fango e di cenere...
L' uomo che ci apparve come l' incarnazione dell'ideale sognato, a cui donammo con trepida esultanza il fiore della nostra purezza e del nostro amore: che riguardavamo tanto diverso dagli altri uomini per forza d' animo e per delicatezza di sentimento, tanto superiore: a cui sentivamo d' appartenere con orgoglio : il nostro compagno, il nostro sposo, il nostro amante che reputavamo fedele, come noi gli siamo fedeli, ci si rivela ad un tratto, bruscamente, debole, volubile, falso e spergiuro come gli altri, peggio degli altri perchè sapeva ingannare
di più. Egli non è più nostro : un altro fascino lo attira, un' altra donna lo ha vinto. Il sole si oscura, le vertigini dell' abisso ci prendono... Dapprima ci si ribella alla verità, si vuole rituffarci nell'inganno, riallacciare i fili del sogno... Inutile: la verità svelata è dinnanzi ai nostri occhi, austera, santa, tremenda. Che fare, mio Dio, che fare? Dove afferrarsi? A chi domandare aiuto? Sentiamo che è necessario si compia qualche cosa di grande, di inaudito e di formidabile... Sentiamo che dobbiamo agire, che dobbiamo parlare, che dobbiamo sottrarci all' inumano martirio...
LA TEMPESTA
E la tempesta si scatena. Per certune sono scene di violenza, una ressa di parole amare e ingiuriose, accuse, disperazioni, fracassamento di mobili e di stoviglie, qualche volta atti brutali verso il colpevole: per certe altre è una subitanea repulsione manifestata con la durezza, col gelo, con l'ironia tagliente, con le punture avvelenate; per molte sono crisi di desolazione e di lagrime, abbattimenti mortali; per alcune il mutismo, l' impietrimento assoluto.
Questione di carattere, d' età, d' esperienza; ma sia nell'uno o nell' altro modo che la moglie tradita esprime il suo dolore e la sua offesa, non riflette quasi mai prima di dimostrarli. Ella non vede che il tradimento, che la nequizia, che il danno irreparabile. Non calcola le circostanze in cui l' infedeltà fu commessa, non distingue se fu per capriccio o se fu per passione, non tien conto del genere della
rivale, che forse non è troppo temibile. Ella non sente se non l' affronto di non essere più sola in quel cuore che credeva tutto suo, e soffre di quel-l' affanno di cui non v' ha il peggiore — scrisse Paolo Bourget — quello di non bastare più all' essere che si ama. Ma qualche volta non è il sentimento ferito che fa più soffrire, è l'amor proprio, è l'orgoglio. Ed è anche quello che allontana la conciliazione, che rende più difficile il perdono, se pure vi furono dalla parte colpevole franche confessioni della mancanza con preghiera di indulgenza, e segni d' un pentimento sincero. Cedere, mai! E col continuare delle ostilità da una parte, il desiderio di pace sfuma dall' altra, la fierezza maschile si risveglia, la prepotenza anche, e molte volte un errore che poteva essere passeggiero si ripete, si afferma, si trasforma in abitudine solo perchè la moglie non volle aprire le braccia a tempo.
Ricordo a questo proposito una sentita poesia di Becquer che la Contessa Lara tradusse così:
Il pianto ai suoi divini occhi affacciavasi
E a me sul labbro un detto di perdon,
Parlò l'orgoglio: s' asciugò la lacrima
Espirò su'l mio labbro il dolce suon.
Or ciascuno di noi segue una varia
Via; ma pensando al nostro antico amor
Dico io fra me: Perchè quel giorno tacqui?
E lei dirà: Perchè non piansi allor ?
L' EROISMO PIÙ FORTE
Io vorrei sussurrare un consiglio all'orecchio della povera tradita pel suo stesso bene : vorrei dirle così: Per quanto sia cocente, o amica, il tuo dolore,
per quanto acerba l'offesa, taci ! Padroneggiati energicamente e taci, e non mutare nulla nel tuo contegno e nella tua vita. Prima di far sentire la parola del tuo diritto e del tuo cuore calpestati, cerca il lume della verità che forse la tua fantasia àltera, le inesattezze dei delatori falsano, o qualche equivoco nasconde. Sii eroica e taci, e cela la tua ferita almeno finchè tu non abbia qualche prova inconfutabile del tuo danno. E allora... Allora ricordati del tuo amore ; piangi ma non offendere, soffri ma non disamare. « Aimer par le coeur c'est avoir d'avance tout pardonné à ce qu'on aime » scrisse Bourget, e tu sii misericordiosa, perdona! Comprendi, scusa la fragilità del tuo compagno che ha deviato e se lo vedi dolente, se lo vedi pentito, perdona! Pensa che l'irreparabile fra due anime è quasi sempre messo da quella che fu colpita, non dall'altra che colpisce, appunto perchè non ebbe l'eroismo della prudenza e dell'indulgenza : perchè non seppe aspettare. Prima o poi tornerà a te che hai sul suo cuore i diritti più santi, che sarai o sei la madre dei vostri figliuoli, a te che puoi curarlo, consolarlo, incoraggiarlo, a tutte le ore : a te che vedrai i suoi capelli incanutire e gli resterai, ultimo e fedele conforto quando tutti gli altri dilegueranno. Rimani, amica, ferma al tuo posto, anche col dardo conflitto nel cuore, dà l' esempio magnanimo e aspetta e spera e perdona....
GELOSIA MASCHILE E GELOSIA FEMMINILE
Si dice comunemente che non vi possa essere amore senza gelosia. Ed è forse vero. La gelosia è una specie d' istinto di conservazione, ma se eccessiva
e ingiustificata, degenera in un difetto ridicolo, come l' istinto di conservazione troppo spinto diventa pusillanimità. La gelosia nell' uomo e nella donna si esplica con gli
stessi caratteri di tirannia, e quasi, spesse volte, di avversione verso l'oggetto che si vuol serbare esclusivamente per noi. La gelosia è così piena di contraddizioni, ha
qualche volta i caratteri della follia ed appare forse la più primitiva e selvaggia delle passioni umane, la più difficilmente domabile. Vi sono dei mariti che esigono dalla
moglie la maggior raffinatezza d'eleganza per il loro piacere e per la loro ambizione, e che poi quando la vedono ammirata s' indispongono, s' adirano, la svillaneggiano,
la insultano e giungono perfino a rinchiuderla e a batterla se pure non le fanno fare la fine della povera Desdemona. E vi sono delle mogli che senza alcuna ragione,
o per lievi indizi, tormentano il marito per giorni e notti intiere con recriminazioni, ire, bizze, lamenti e minaccie : e si attaccano ai loro passi e cadono in convulsioni s'egli
osa reagire contro simile trattamento. Ecco : l'indifferenza tra due sposi è triste, ma anche l'amore espresso in questa guisa è — confessiamolo ! — tutt'altro che gaio
. Nella gelosia entra poi sempre un elemento offensivo, perchè implica la sfiducia, la disistima, e una donna specialmente ha diritto di sentirsene umiliata. Oltre questo,
una gelosia troppo spesso e vivamente manifestata finisce per consumare l' amore : la felicità ha bisogno di fede per conservarsi incolume e fresca.
«Un bonheur qui a passé par la jalousie — osserva ancora il Bourget — est comme un
joli visage qui a passé par la petite vérole. Il reste grêlé». E lord Byron : « Il sospetto è
una pesante armatura che stanca colui che la porta più che non lo protegga ». Ed è vero, poichè il dubbio è uno dei tormenti d' amore più raffinati e crudeli. Che fare, dunque? Ecco, se la mala sorte diede un marito geloso, non c' è altro che trattarlo come i cavalli ombrosi che si vogliono correggere: persuaderlo poco a poco che le ombre che lo impaurano e lo imbizzariscono non sono che ombre: raddoppiare con lui di tenerezze, di cure, e vigilare severamente perfino sull' apparenza dei nostri rapporti con gli altri. Se poi esistesse un motivo vero di gelosia, s'intende che bisogna rimuoverlo ad ogni costo. — Quando la malattia esiste nella moglie, è necessario impiegare tutta la volontà di che siamo capaci per guarirne. Persuadiamoci che l' uomo è per sua natura avido e bisognoso di libertà e che anche le catene del più tenero e ardente amore, possono divenirgli intollerabili se le sentirà pesare ai suoi polsi. E se, purtroppo, molte volte l' uomo abusa della libertà e della nostra buona fede, ancor più spesso punisce la tirannia e la sfiducia con la sazietà, l'abbandono, il sotterfugio o l' aperta sfida che oltre tutto ci attirano il ridicolo.
LE PROVE INFALLIBILI
Qui mi par d'udire qualche lettrice che niente affatto persuasa e convertita dalle mie non cattive ragioni mi osservi : « Tutto questo va benissimo quando i sospetti sono ancora sospetti, ma quando ci troviamo dinanzi alla realtà, quando possediamo prove infallibili, dovremo accordare ancora una fiducia che non può più esistere? E se nostro marito ci
tradisce con una delle nostre conoscenti, magari con la nostra migliore amica, dovremo noi continuare ad aprirle la porta, ad aprirle le braccia ? » No, questo non è necessario, sebbene in molti casi potesse esser utile e opportuno. Ma una donna d'animo forte e di carattere nobile, assennato e dignitoso, sa trovare per la sua condotta un mezzo termine che le risparmi la simulazione ipocrita e le contese umilianti. Se una moglie tradita porterà con superorità severa la sua sventura, i buoni e gli onesti le accorderanno stima maggiore. Se invece abbasserà il suo decoro sino a volgari litigi da piazzaiola, non farà più compassione, ma la sua disgrazia diverrà comica. Allo stesso modo, checchè se ne pensi, una donna, un uomo s'umiliano, si degradano nella ricerca di queste famose « prove infallibili ». Intercettare lettere, frugare nei cassetti, forzare i mobili, spiare dagli usci, pedinare per via, sorprendere all'improvvisa, sono atti di cui la coscienza ci avverte la bassezza nel punto stesso che li compiamo. « Ma sono le prove infallibili! Ma esse soltanto possono darci la materiale sicurezza di quello che sospettiamo, esse soltanto possono ridonarci la pace... » Oh, quanto alla sicurezza, ne convengo, ma ridonare la pace, poi ! E quante volte queste prove infallibili arrestano una meteora che non avrebbe fatto che passare, senza quasi lasciar traccia sul nostro cielo, se non ce ne fossimo avvedute ! «Pour cheminer tranquillement dans la vie, il ne faut pas y voir trop clair» ha scritto un filosofo.
All'ombra della culla
Primi sintomi — Nell'attesa sacra — Doveri della futura mamma — Il gran giorno — Il battesimo — L' allattamento — La balia — Prime ansie e prime gioie — L'educazione del bébé — Responsabilità materna — Tra il figliuolo e il marito — La sorellina — I gemelli — Mamma e maestra — I giardini d'infanzia
— Le bambinaie — La nonna — La moda e i bambini — Primi trastulli — I compagni di giuochi — Il teatro e i bambini — Infanzia ricca — Infanzia povera — Discordie in famiglia — Il martirio degli innocenti — La carità e i bimbi — Primi studi — Letture infantili — I bambini in società — La ginnastica — Frutti vietati — Il rispetto ai bambini — I figliuoli delle amiche — Le vacanze.
— 1 viaggi — Al mare — In campagna — Casi dolorosi — Madri colpevoli — I fanciulli prodigio — L'arte e i bambini — Igiene infantile — Malattie dell'infanzia e come si curano — La religione e i bambini — Cresima e prima comunione — Il collegio.
PRIMI SINTOMI
Quando ti sentivi chiamar mamma
Come non ti morivi di dolcezza
(Lauda spirituale a Maria del sec. XV)
I grandi avvenimenti della vita femminile destinati spesso a cangiarla, qualche volta a rinnovarla, a modificarla sempre, quali l' amore e la maternità, s' annunziano coi sintomi d'una profonda malinconia. Pare che la natura voglia avvertire come lagrime più che sorrisi, severità di nuovi doveri più che letizia di nuove dolcezze, attendano colei che mette piede sul sentiero fiorito a capo del quale s' eleva il tempio della maternità. La giovinetta che prova per la prima volta il vago turbamento dell' amore, piange in disparte segrete lagrime di tristezza; la recente sposa che avverte il primo indizio fisico della sua fecondità, sente contemporaneamente un malessere strano, strane inquietudini, profonde ipocondrie. Nulla è mutato intorno a lei, il marito l'adora, il suo piccolo nido è sereno; eppure le pare di non poter essere felice più, si sente lei mutata, nervosa, irritabile, stanca di tutto, anche della
vita che le era cara come il più prezioso dei doni. E si nasconde per piangere senza che nessuno la veda. Intanto dimagrisce, impallidisce, si fa languida : i suoi occhi sono cerchiati d' un' ombra bruna : ha delle contrarietà singolari per certi cibi che le piacevano tanto, e invece ne gusta altri verso cui aveva sempre provato ripugnanza. Avverte inesplicabili pesantezze alle membra, prepotenti bisogni di sonno, nausee penose: ogni mattina si desta con un male nuovo, con una nuova preoccupazione... Oh certo certo si sviluppa in lei il germe di qualche malattia grave e terribile... Dovrà morire, a ventunanno, lasciare lo sposo che ama tanto... Le sue agitazioni, le sue tristezze aumentano : il marito, impressionato anche lui, chiama il medico. Il vecchio dottore viene, ha un colloquio segreto col marito, un altro colloquio segreto con la signora, poi.... sorride, li guarda entrambi e dà la spiegazione dell'enigma : « Fra nove mesi... »
NELL' ATTESA SACRA
Che ! sarebbe possibile ? La speranza incerta e luminosa è divenuta dunque realtà ? Il sogno buono è dunque raggiunto? L' unione delle anime, l' unione dei corpi, è stata dunque benedetta e premiata dalla natura e da Dio ? L' emozione inobliabile dell' ora solenne dell' annunzio fa sparire come per incantesimo svogliatezze, inquietudini, mali. Gli sposi si abbracciano con un senso nuovo di tenerezza e di rispetto. Un elemento sacro è penetrato nel loro amore e lo purifica, e lo eleva, e lo rassoda e se più tardi, nella vita, quando le cir-
costanze, la fatalità, la caducità dei sentimenti umani, potranno aver allontanato quei due cuori, se volessero rivivere l' ora del passato, ricordare le loro giovani pupille piene di lacrime d' emozione, certo qualche cosa di nobile e di salutare tornerebbe in essi a fiorire.
La giovane sposa ritorna sorridente, ritorna fiduciosa e tranquilla. Era la vita, ed essa l' aveva creduta la morte ! Un nuovo coraggio le viene e le fa sopportare, adesso, con pazienza e fortezza ogni molestia, ogni male fisico. Intanto nuove forme d' attività s' impongono al suo desiderio e la tolgono dall' inerzia dove languiva. Bisogna ch' ella prepari al caro ospite futuro un' accoglienza uguale all'importanza ch' egli ha per lei. E subito si occupa del minuscolo corredo di cui dirige la confezione, o che molte volte allestisce tutto da sè, dalle carnicine di finissima tela senza apparecchio, alle federe dei guanciali che ne accoglieranno il tenero corpicino : dai corpetti di flanella soffice ai bavagliolini trinati; dalle calze da bambola all'abito lungo, aperto dietro, e alla cuffietta infioccata per le prime comparse nel mondo. E poi gli altri indumenti di prima necessità che la mammina moderna sceglie secondo le ultime regole dell' igiene e prepara in grande abbondanza ; il ricco abito battesimale, a trine, a ricami, ma tutto bianco : la culla, infine, la beata navicella dalla candida vela vaporosa alla cui ombra essa si assiderà.
Dolci ore di tranquilla opera nell' attesa sacra ! Stanno forse tra le più belle della vita. I disturbi dei primi mesi sono passati : il piccolo essere incognito dà già segni della sua esistenza nel
grembo materno con sussulti lievi` a cui ella risponde con altrettanti sorrisi. Egli pare dire : « Son io, mi senti ? io, informe ancora, che tu nutrisci e completi col tuo sangue e col tuo respiro : io, che morrei se tu morissi, e che ho bisogno di te ! » Ed ella risponde : « Sei tu ? tu, misteriosa anima, accesa in me da misteriose origini: sei tu che non conosco ancora, figlio o figlia ? Sei tu, che assorbi ora tutta la mia vita, tu che non vedo ma che già così profondamente amo ? » La giovane mamma cuce il corredino, intanto, e le giornate scorrono in una monotonia piena di dolcezza : ogni scossa le vien risparmiata, ell' è l' oggetto di tutte le cure ognuno ha sul labbro per lei un augurio, una benedizione, una parola gentile, e tutti i suoi pensieri, tutti i suoi disegni, tutte le sue opere sembrano avvolti in un profumo mistico, circonfusi da un' aureola d'oro.
DOVERI DELLA FUTURA MAMMA
Dal giorno in cui la donna si avvede di recare in sè un' altra vita le si impongono sacrifizi e doveri a cui non può sottrarsi senza piccola o grave colpa. In tutte le determinazioni che prende, in tutti gli atti che eseguisce, ella dovrà sempre tener presente che non decide o non agisce per sè sola, ma che grava su lei la responsabilità dell' altra delicata esistenza avvinta alla sua, che un' imprudenza, un' emozione, possono uccidere. Quindi, innanzi tutto sorveglierà il proprio stato fisico e avrà cura della propria salute, tenendo conto scrupolosamente di quelle regole igieniche che in addietro
poteva impunemente trasgredire. Procurerà di respirare aria pura e sana, giacchè chi respira meglio fa miglior sangue, ed essa ne ha bisogno per due: eviterà quindi il più possibile gli ambienti chiusi e affollati: teatri, caffè, sale di riunioni, aule, chiese: e alla città preferirà la campagna, o almeno i luoghi più salubri della città, i viali spaziosi e i giardini. Allontanerà da sè i profumi troppo acuti, dei fiori e delle essenze: sostituirà dal secondo mese il busto con una leggera fascetta elastica, poi più avanti toglierà anche quella. Porterà calzature comode, a tacco bassissimo, abiti sciolti : sopprimerà i colletti alti e stretti, le giarrettiere a cinturino sul ginocchio, come tutto quanto può impedire la libera circolazione del sangue. Si alimenterà con cibi che siano veramente nutrienti e di facile digestione, alternando la carne coi vegetali, facendo poco uso di frutta, di vivande drogate, poco caffè, abolizione assoluta di bevande alcooliche. Certe signore hanno il pregiudizio che la maternità obblighi a mangiare il doppio o a soddisfare i più strani capricci dello stomaco, sotto pena di trovare più tardi sulla cute del neonato quelle voglie insoddisfatte in forma di macchie o di nèi. Sono, come ho detto, pregiudizi da lasciare alle ignoranti donne del popolo. La signora incinta mangi quello che le fa piacere, ma non si lasci in nessun modo vincere dalla gola, e pensi che molte volte un'indigestione, una colica, possono farla abortire.
Se ha qualche disturbo inerente al suo stato lo dica al medico e segua le sue prescrizioni, ma non si confonda con le comari pettegole che sotto pretesto dell' esperienza possono consigliarle rimedi
inutili e dannosi : nè abbia a questo proposito esagerati pudori, pensi che si tratta di cosa grave e che merita quindi qualunque sforzo, qualunque sacrificio da parte sua.
Insieme al suo fisico, protegga il suo morale. Ogni emozione forte, ogni inquietudine, ogni dolore, ogni passione perturbatrice mettono in pericolo la vita e la salute della sua creatura. Molti bambini che divennero scemi o pazzi o epilettici, nacquero da donne che ebbero il periodo della gravidanza agitato da spaventi e da patemi d' animo gravi. La futura mamma dovrà quindi fare il possibile per allontanare da lei ogni motivo d' angoscia e di tristezza. Si serbi tranquilla, imponendosi, magari, la calma, con il ragionamento: non legga libri, non assista a rappresentazioni che possano scuotere troppo la sua sensibilità, non tenga sott' occhio che immagini serene e soavi. Anche l' arte non deve darle che i suoi fiori più blandi e più puri.
Negli ultimi quattro mesi, poi, la futura mammina dovrà abbandonare assolutamente ogni abitudine di vita mondana. Non più veglie, non più passeggiate fra la gente, non più ritrovi con le amiche. Eviterà le fatiche d' ogni genere, i lunghi tragitti in carrozza, o i lunghi viaggi in ferrovia. L' abitudine d' una passeggiata igienica quotidiana è però da serbarsi fino all'ultimo, così la signora farà uso di grandi mantelli che sovrapporrà ai suoi abiti sciolti onde non venga profanato da sguardi curiosi e beffardi il geloso secreto della sua maternità. Ora vi sono le fogge Empire che furono inventate, dicesi, appunto per le conseguenze della licenziosità dei costumi sotto il regno Napoleonico, e che servono a mera-
viglia ad attenuare l' alterazione delle linee della persona. Ma la signora, in istato di avanzata gravidanza, dovrà pure omettere i colori troppo vistosi e certe fogge troppo ardite di cappellini che stonerebbero troppo col suo volto un po' patito e col suo personale sformato. Del resto in questo periodo della vita la sua femminilità individuale passa in seconda linea : non più ammirazione o desiderio la circondano, ma rispetto: ell'è sacra, ell'è madre solamente. E secondo questo pensiero, secondo questa convinzione, è necessario ch' essa ordini e regoli tutto nella sua esistenza, dall' intimo sentimento alle forme esteriori.
IL GRAN GIORNO
Il giorno temuto e desiderato è giunto. È giunto quando meno si aspettava, giacchè l' ora della nascita e l'ora della morte sono avvolti dalla natura nel suo impenetrabile mistero. Una creatura soffre in un letto di dolore, ma accanto a lei la bianca culla che attende rianima il suo coraggio, le infonde una non sperata energia. Il valore dell' uomo si misura nelle battaglie, quello della donna nell' impresa non meno pericolosa, di dare alla luce un figliuolo. E come vi sono i vili e gli eroi, vi sono le donne pusillanimi e le donne animose ; quelle che si perdono d' animo e piangono e urlano, si dibattono fra le smanie, e quelle che non smarriscono il loro sangue freddo, la padronanza di loro stesse e soffrono valorosamente il martirio pensando alla divina ricompensa che le attende.
Una delle mie amiche, serena e forte anima di donna, prolungandosi le sue sofferenze senza alcun risultato, chiese spontaneamente l' aiuto del medico che alla maggioranza delle partorienti mette orrore, e quando giunse, fu lei che pensò a far sistemare i mobili perchè egli potesse disporvi l' occorrente, lei che dal letto diresse, consigliò, provvide, raccomandando la calma e l' ordine alle persone che l' assistevano e che apparivano assai più smarrite di essa. Questo è un bel tratto in una vita femminile, e rivela un eroismo bene applicato insieme a molta elevatezza e a molta dignità. Quella signora infatti è una tenera moglie, una buona ed assennata mamma, ed una educatrice esemplare.
Ecco il momento tragico e solenne. Le due vite, strette a lungo in comunione assoluta si separano dolorosamente, e l' ultimo grido di strazio materno si fonde al primo vagito del figliuolo ch' è finalmente visibile sotto i suoi occhi.
Oh chi saprà ridirla l' emozione infinita, l'esultanza sovrumana che si prova posando per la prima volta le labbra sulla piccola fronte tenera della nostra creatura ? Chi potrà misurare il nostro slancio di riconoscenza verso Dio; chi può esser capace di seguire il fervore commosso del sentimento materno nella prima ora di solitudine raccolta, quando contempla il suo primo nato che dorme accanto a lei e di cui sente il lieve respiro?
Un poeta ispirato, che fu anche padre amoroso, Emilio Praga, scrisse tutt'una serie di liriche intitolate Il canzoniere del bimbo. Amo qui ricordare un frammento della prima poesia nella quale esprime
la sua emozione soave alla vista della propria creatura:
È nato il bambinello, il sospirato,
Il Messia della placida casetta;
Egli è là, nella culla è già raccolto
E gli han vestita già la camicetta,
La camicetta bianca
Con due vaghi ricami, a destra e a manca.
Egli è là: sul suo pallido visino
Tutti i sogni del cielo ho già sognati ;
Credo agli angeli, adesso, agli angioletti
Di vaghe aureole biondi incoronati....
Volumi, io vi saluto !
Imparai l'universo in un minuto.
IL BATTESIMO
Il primo dovere sociale dei genitori è quello d'annunziare ai parenti e agli amici l'arrivo dei nuovo piccolo membro di famiglia. Ai parenti si partecipa per lettera, ai conoscenti con un annunzio stampato, redatto in forma semplice e graziosa. Nei tre giorni che seguono la nascita, è bene impartire al neonato l'acqua lustrale, e questo atto si compie o nella cappella privata della famiglia, o in una stanza della casa, ma senza alcuna cerimonia. La pompa del battesimo può avere luogo a capo di otto o di quindici giorni ed anche a termine più lungo, se si crede. È secondo le circostanze e i progetti della famiglia.
Il padrino e la madrina si fissano prima della nascita del bimbo, e per solito si scelgono fra i parenti dello sposo e della sposa. La madrina deve
un regalo alla puerpera e un regalo al figlioccio. Alla prima potrà donare un servizio da toilette in argento, oppure un abito da camera guarnito di trine, o un astuccio con posate, un o braccialetto colla data; al bébé una medaglia d' oro, benedetta, con la catenella, ossia una ricca copertina da culla, una carrozzella per le sue prime passeggiate.
Se il battesimo si fa a breve termine, la giovane mamma riceve dal suo letto i parenti e le amiche invitate alla cerimonia, e per la circostanza adorna la stanza e la sua persona con tutta la cura possibile. Se il neonato è maschio, i nastri del suo négligé, delle federe, della culla, saranno azzurri : rosei se è una femmina. L' abito battesimale dovrà essere interamente bianco, e lungo, adorno come il guanciale porta-bimbi di trine e di ricami. A un lato del guanciale si punta un gran nastro, azzuro o roseo, per significare il sesso del nascituro. Se la mamma è in istato da potersi alzare, indossa un elegante abito da camera e riceve nella sua stanza da letto senza muoversi dal divano o dalla poltrona. Le signore che intervengono al battesimo indosseranno abiti chiari con ornamenti di colori gai. Escluso il nero assolutamente. E nessuna persona in lutto dovrà prendervi parte. La nostra Regina Margherita — ricordate? — lasciò per il giorno del battesimo della sua prima nipotina le sue dolorose gramaglie e vesti di bianco, malgrado la sua tristezza. L' esempio di gentilezza e di forza d' animo vuol essere imitato.
Le signorine non visitano una puerpera, se non hanno passato i trent' anni, a meno che non siano sorelle o amiche molto intime della nuova mammina.
L' ALLATTAMENTO
Subito dopo la nascita incomincia per la madre la serie dei suoi doveri e delle sue preoccupazioni. Bisogna iniziare l' allattamento o provvedere perchè il bambino possa alimentarsi senza soffrire. Intanto ogni mamma di salute buona e di forte costituzione fisica ha l' obbligo di nutrire la propria creatura. Ed anche qui l' esempio ci viene dall' alto, dalla nostra giovane sovrana che non volle cedere a nessuna il dolce orgoglio, il grave còmpito di allevare il futuro re d' Italia, e adempi la sua missione con una serietà, un discernimento assai rari. I medici affermano che nessun metodo d'allattamento e nessun altro seno possono uguagliare per bontà ed efficacia l' allattamento materno, giacchè la natura ha provvisto che il genere e la sostanza di quel latte siano conformi, direi giorno per giorno, alle forze digestive del bambino: equilibrio difficilissimo ad ottenere con gli allattamenti artificiali o con le balie che hanno quasi sempre latte più vecchio di quello della puerpera.
Non rinunzi dunque, la mamma, se ha il fisico che lo consenta, ad esser lei la nutrice del proprio figliuolo : non vi rinunzi per pigrizia, per vanità, per egoismo; pen si che è per lei il più sacro e il più assoluto dei doveri, e che nessuna compiacenza potrà uguagliare quella di veder crescere e prosperare il piccolo essere a cui darà per tal modo due volte la vita. Ella potrà continuare a essere col suo figliuolo in comunione assoluta, come quando stava celato nel suo grembo : sarà sola a
provvedere ai suoi bisogni ; il primo sguardo conscio delle tenere pupille sarà per lei, il primo sorriso, la prima carezza delle piccole mani, ella sola li avrà: da lei imparerà a balbettare le prime parole, ella gli apprenderà a reggersi sulle gambucce malferme : giorno per giorno quel fior d' amore sboccierà al tepore della sua tenerezza, delle sue cure inuguagliabili. Certo i primordi dell' allattamento sono assai penosi: il seno, spesso, si irrita e produce nella sua parte più delicata piccole escoriazioni assai dolorose che talvolta degenerano in veri ascessi che rendono necessario un piccolo intervento chirurgico. Ma non per questo una mamma veramente amorosa dovrà rinunziare al suo obbligo, e tutto sopporterà per la propria creatura. Del resto con opportune cure preventive durante la gravidanza e nei primi giorni dell' allattamento, si riuscirà a scongiurare il male serio e a facilitare moltissimo l' uscita del latte senza fatica nè dolore.
Anche nel periodo dell' allattamento la donna dovrà subordinare tutte le sue abitudini e le sue azioni al còmpito geloso e importante che ha intrapreso. Curerà dunque sopratutto l' igiene, allontanerà le emozioni, condurrà una vita di dolce intimità domestica, rinunziando ad ogni ritrovo mondano. Indossi in casa vesti ampie e comode, basse fascett: sopprima ogni complicazione d' ornamento, e anche fuori di casa si vesta con semplicità, adottando fogge pratiche che lascino alla sua persona tutta la libertà. Non si lasci vedere in pubblico a porgere il seno : è un atto sacro, ma come i riti va compiuto al riparo da ogni profanazione. Se poi è obbligata a farlo, o in viaggio o
in presenza d'alcuno, usi la maggior modestia ed eviti ogni puerilità. La madre quando adempie i suoi doveri, avesse pure sedici anni, appare rivestita di una dignità che le deve essere cara e che deve sapere sempre conservare.
LA BALIA
Vi sono però dei casi nei quali, purtroppo, l' allattamento riesce impossibile. O mancanza di latte, o gracilità estrema della madre, o malattia. E quando il medico ha dato il suo responso, la donna di coscienza deve obbedire senza ribellioni. È una amarezza, lo so, è un' ingiustizia che la creatura umana non debba fare quello che le femmine degli animali fanno sempre senza difficoltà: ma in nome di quella stessa tenerezza che ci fa soffrire dobbiamo compiere il sacrificio senza esitare.
Sebbene l' allattamento artificiale dia talora buoni risultati, i medici sono d' accordo nel preferire sempre il latte di donna. Si cerchi quindi una balia, affidandosi per la scelta a un medico scrupoloso che non possa in nessun modo ingannarci. La balia presa sempre fra le donne del contado, deve esser giovane, di temperamento sano e robusto, preferibilmente bruna, avere bei denti, buon colorito, carattere sereno e tranquillo. Alcuni medici consigliano di affidare il bambino completamente alla nutrice perchè ella se lo allevi in campagna, conducendo la sua vita solita, senza cangiar cibo, nè abitudini, nè aria, circostanze che spesso alterano la salute della balia portando perniciosi effetti sul piccino. Ma io credo che una mamma non possa
rinunziare alla vigilanza continua sulla propria creatura nel periodo in cui più ne abbisogna e quando l'ignoranza e i pregiudizi altrui possono esserle fatali. Meglio dunque avere la balia presso di sè per sorvegliarne la pulizia personale, il regime dietetico e per guidarla in tutto ciò che riguarda il suo ufficio; e la donna di cuore farà questo con garbo, con tatto femminile, procurando di acquistarne la confidenza più che dimostrandole la propria autorità. Dobbiamo pensare che la balia è pure una mamma e che per nutrire il nostro figliuolo ha dovuto privare il suo del nutrimento naturale a cui aveva diritto : che se è di condizione inferiore e più rozza, il suo sentimento è uguale al nostro, che anch' essa può avere giornate di malinconia, nostalgie, inquietudini; e ch'è nostro dovere ed opera di gentile pietà cristiana e civile il procurare con ogni mezzo di consolarla, di rendere meno penosa la sua condizione d' esiliata e di spostata. Colei che nutre la nostra creatura non può essere lasciata al livello degli altri domestici: dovremo conferirle un trattamento speciale, tenerla con noi il più possibile, parlarle amicamente, fissarle un salario conveniente, fare in modo che abbia abiti e biancheria a sufficienza ed essere generosi in regali. Se il costume del suo paese è pittoresco, meglio lasciarglielo conservare anche negli abiti più ricchi che le faremo noi, altrimenti s' abbiglierà secondo l'uso, coi grembiali bianchi sulle vesti a colori vivaci e il largo nastro che circonda il capo e scende sul dorso. Dovremo però fare in modo che la balia sia sempre linda e decorosamente vestita anche in casa e le permetteremo il meno
possibile di mescolarsi con gli altri domestici, di uscir sola, di aiutare nelle faccende di casa. Non si dimentichi mai che la sua missione è unicamente quella di allevare il nostro tesoro e farlo sviluppare florido e vigoroso. La costituzione dell' infanzia e spesso la salute di tutta la vita dipendono dal modo con cui fu compiuto l' allevamento del primo anno d' età. Non bisogna quindi trascurar nulla per ottenerlo perfetto: e questa deve essere per una buona mamma il principale e continuo pensiero.
PRIME ANSIE E PRIME GIOIE
« La donna che non è madre — scrisse il Capuana — è una creatura sbagliata. » Infatti è solo con la maternità che la donna, nell'adempire la missione per cui fu creata, diviene fisicamente e moralmente completa. La maternità spesse volte l' abbellisce, modifica il carattere, sviluppa in lei qualità che si sarebbero atrofizzate in germe: la fa più paziente, più sagace, più equilibrata, più buona : più sensibile ai mali altrui, più coraggiosa contro le piccole traversie proprie, contro le piccole infermità.
E tante volte un figliuolo è una salvezza. Certe donne di temperamento impressionabile e ardente si sarebbero smarrite dietro false immagini di felicità se non fosse venuto il piccolo angelo dai capelli d' oro a concentrare in sè tutti i pensieri e tutto l' ardore di dedizione : certe famiglie si sarebbero disgregate, senza il minuscolo e possente tratto d'unione. Una nobile educatrice che l' Italia ha di recente perduto, Maria gobba, scrisse a questo
proposito : « Quante virtù salvate e quanti delitti impediti, quante sciagure arrestate dalla semplice presenza di un bambino ! In quante famiglie gli affetti più cari sarebbero state profanati, infranti i legami più sacri, distrutta per sempre la felicità e resa impossibile la pace se non fosse stato il vagito d' un bimbo. »
Le ansie e le gioie si alternano dai primi tempi della maternità, come le spine alle rose. La fragilità del piccolo essere, già tanto necessario, che par sempre metterne in pericolo la vita: le indisposizioni e le crisi inevitabili a cui i lattanti vanno soggetti: le preoccupazioni pel loro allevamento, l' angoscia, se malati, di non saper che cosa li fa soffrire o di non poterli curare degnamente, si avvicendano alle dolcezze di scoprire sul tenero viso il primo barlume d' intelligenza, di vedere i primi sorrisi, i primi atti; l' estasi d' udire balbettare per la prima volta il nome di mamma : la compiacenza di rivestire i corpicini ancora fragili, ma già sodi e vivaci, dei primi abiti, delle prime scarpette; l' ambizione delle prime passeggiate sotto i lunghi veli, tra le braccia della nutrice, delle visite ai parenti e alle amiche che ne fanno mille elogi. Ma la mamma moderna che conosce le prescrizioni dell' igiene e le fa rispettare, che ha il medico per direttore e per consigliere e non si fida che di lui: la mamma moderna che può vantare il non piccolo merito di aver fatto diminuire di gran numero le morti nelle statistiche delle malattie dell' infanzia, potrà risparmiarsi ansie e dolori nient' altro che con la regola, pel suo bambino, e l'igiene. E in ogni caso, nel più lieve come nel più grave, pro-
curi di non smarrire la calma, di agire anzichè lagnarsi o disperarsi, di rendersi utile, come è suo dovere, abbandonando ogni esagerata manifestazione di angoscia che può solo danneggiare. Molte madri salvarono le loro creature con la prontezza di un rimedio, con l' energico dominio della loro sensibilità. Inutile aggiungere, credo, che la madre non dovrà lasciarsi sostituire da alcuna nelle cure che il suo bambino richiede nei giorni di malessere o di malattia. Se anche ha la nutrice, le sue mani sole dovranno toccarlo, ella sola dovrà vegliare accanto alla culla.
L' EDUCAZIONE DI BÉBÉ
La giovine madre inesperta e serena, ricorda di aver letto nei buoni libri della sua adolescenza che l' educazione dei figliuoli incomincia dai primi mesi di vita. Ma guardando il suo bimbo, il suo tesoro, dormire placidamente sotto i veli, roseo, sano e florido, eppure così piccino, cosa tenero, così fragile, che un urto un po' violento basterebbe a distruggerlo, proprio come una bambola di porcellana, pensa che quella è vana retorica, che chi scrisse non era una madre e non poteva misurare certamente l' estensione e la profondità dell' affetto materno.
Educazione significa severità, significa correzione, significa giogo : ora, come sarebbe possibile di usar severità verso una creaturina che non ha che lagrime a sua difesa ? Come si può riprendere chi non comprende che il sorriso ? Come si può mettere un giogo al piccolo sovrano, al despota, anzi,
della casa? « A educarlo penserò quando sarà più grande » dice a sè stessa la giovane mamma: e intanto si fa schiava del suo tiranno, non solo, ma si compiace a sviluppare in lui tutte le cattive abitudini, interpretando le prepotenze, i capricci, come manifestazioni di preferenza e di tenerezza. Il bimbo si desta, piange ed ella al primo segnale è subito là, a toglierlo dalla culla dove lo ha appena posato, a porgergli di nuovo il seno, a portarlo in giro per le stanze, anche se è notte, anche se è convinta che il piccino sta bene e non ha bisogno di nulla.
Intanto passano le settimane, i mesi, un anno passa: alle esigenze succedono le bizze: ai capricci, le crisi della collera. Ma la mamma che non s' avvede dello sviluppo della creaturina che ha sempre sotto gli occhi, aspetta ancora che il bambino sia più grande per incominciare la sua educazione, e non sa quale sia il limite necessario. Del resto, alcune prove di fortezza l'hanno così sgomentata, ha tanto sofferto di far soffrire il suo tesoro, che sente il desiderio di non ricominciare più. « Quando il bimbo sarà cresciuto, dice, capirà da sè.... »
Altra dannosa illusione. Non capiscono gli uomini le cose nocive e illegittime — o meglio : non hanno la forza di resistervi quando non furono addestrati al difficile dominio di loro medesimi, e si può credere, si può pretendere che un fanciullo, se anche possiede già la nozione del bene e del male, si può pretendere che possa correggersi facilmente ? No, no. I vecchi saggi libri hanno ragione: l' educazione comincia dalla culla. E prima di tutto non bisogna poi credere che l' educazione significhi
sempre e in tutto severità. L' educazione può essere anche amorevole purchè si fondi su una base indispensabile, voglio dire la fermezza. E si può mostrare fermezza col proprio figliuolino anche se è in fascie : è necessario, anzi, poichè l' educazione veramente proficua deve, per così dire, precorrere l'intelligenza, raccogliere l' istinto non ancor fatto volontà: sottoporlo subito a una regola. Il bambino deve avere le sue ore fisse per alimentarsi, per dormire, per curare le tenere membra, sia col bagno che col libero movimento, vestito della sola camicia e deposto su un ampio letto o sul tappeto: deve stare qualche poco seduto sulla sua seggiolina alta, o nella carrozzina coi suoi trastulli ; fare una vita metodica, insomma, igienica, tranquilla. Stabilite queste norme, bisogna che la madre vigili a che siano rigorosamente osservate.
Capisco che le costi un poco, talvolta. Deve recarsi in qualche luogo; il marito, i parenti l'aspettano: vorrebbe addormentare il bambino ma è più presto del solito, il bambino non ha sonno : essa allora gli porge il seno, il bimbo ha succhiato da poco, si rifiuta, o s' assopisce in una sonnolenza leggera che svanirà non appena abbia toccato la culla. Oppure viene un' amica, la giovane madre vorrebbe avere la soddisfazione di far vedere il bambino desto — è tanto carino quando è desto! — e lo sveglia, e il bambino è inquieto, nervoso, e per tutta la giornata non s' accheta più. Ma qui ha ragione lui. L' ordine e la regola sono supreme leggi di natura a cui non si manca senza pena. La giovine madre procurerà dunque che queste leggi, o per il piacere proprio o per i capricci del pic-
colo essere, non vengano infrante. Giacchè è incredibile come i bambini s' attacchino presto alle viziate abitudini. Se un giorno, per tenerezza, lo addormenterete col vostro viso accanto al suo, o con le sue manine nella vostra mano, egli non vorrà più addormentarsi che così; se a notte gli darete la consuetudine di portarlo sulle braccia attraverso le stanze, ogni notte dovrete levarvi e compiere la passeggiata obbligatoria: se lo leverete dalla seggiolina appena vi tende le braccia, non vi resterà più un minuto : se appena piange gli darete quello che vuole, ogni momento strillerà. E così via.
C' è un gran mezzo per non cedere coi bambini ed evitare da parte loro un' irritazione troppo forte, ed è quello di distrarli. La loro piccola mente non può concentrarsi a lungo su un' idea. Basterà quindi riuscire a richiamare la loro attenzione su qualche cosa di diverso, per vederli rinunziare senza fatica a ciò che prima li allettava. Un nuovo balocco, una posizione differente, il canto, un piccolo scherzo dànno spesse volte dei risultati mirabili. Ed ogni mamma dovrebbe saperlo.
RESPONSABILITÀ MATERNA
«Quelle anime appena nate che il Saggio chiama poemi di mistero la madre deve formarle quasi, al bene e alla virtù, prepararle alla vita! Abbiano esse tutte le sue cure e tutto il suo amore, impeperochè gravissima è la sua responsabilità verso Dio che glie le ha date e verso la società che le aspetta da lei temprate all' onore e alla virtù. » Così parlava Rachele Lombardo Indelicato in una
sua nobile conferenza sulla missione della donna. Infatti se ogni madre riflettesse sulla severa responsabilità che le incombe, sul merito o la colpa che a lei deriveranno quando la sua creatura divenuta adulta si mostrerà eletta o riprovevole, considererebbe il suo grado sotto un aspetto ben diverso da quello sotto cui lo considera la maggior parte delle donne. Infatti per talune la maternità non è che il gioco della bambola della loro infanzia, ampliato e perfezionato. Avere dei bimbi per vestirli bene, per portarli seco a passeggio coi lunghi riccioli biondi cadenti sulle spalle; per insegnar loro la poesia e il complimento da recitare alle amiche, per divertirsi alle ingenue domande e alle ingenue risposte, per passare il tempo, infine, come col pianoforte, col romanzo, col ricamo. Ecco l'ideale di molte. Per altre, invece, non è che una briga noiosa; un tributo da pagare al matrimonio, una specie d'obbligo sociale che si disimpegna al più presto, per una volta sola, tanto per essere esonerati, poi non ci si pensa più. Nato il bambino c'è la balia, poi la bambinaia, poi la governante e l' istitutrice o il collegio, e la donna ridivenuta libera dopo il puerperio si slancia con più ardore nella vita mondana, riprende le sue abitudini eleganti un momento interrotte e non le lascia più, sino alla vecchiaia. La maternità non fu se non un episodio per lei. Altre, ancora, subiscono la maternità come un castigo, un po' ribellandosi, un po' rassegnandosi, ne parlano con compianto verso sè medesime e le altre, non vedendo più in là del dolore, della fatica materiale, del peso finanziario: limitando l' opera loro verso i figliuoli allo strettamente
necessario, allo sviluppo fisico: press'a poco come un operaio poco coscienzioso si sottrae quando può a compiere con esattezza o completamente il lavoro affidatogli dal padrone.
Poche, ben poche sono le donne che accolgono un figliuolo con mente e cuore preparati a riceverlo! « Fare un figliuolo — diceva il De Maistre — non è metterlo al mondo, nutrirlo, allevarlo; ma farne un giovine forte che creda in Dio e non abbia paura del cannone. » E qui bisogna confessare una cosa penosa per noi, donne moderne, che amiamo i nostri tempi e vorremmo vedere superiori a quelli andati; ma le madri d' una volta avevano un più alto concetto e più severo della maternità: erano più diligenti e più coscienziose nell'adempimento della loro missione: sentivano, insomma, la maternità come dovere e ne misuravano ampiamente tutta la responsabilità. Ed esse diedero alla patria, infatti, dei forti giovani che credevano in Dio e non ebbero paura del cannone : diedero delle donne tenere e valorose che seppero le abnegazioni più profonde e gli eroici amori. Non lo dimentichiamo!
TRA IL FIGLIO E IL MARITO
Sì, purtroppo, la frivolezza e l' insufficenza della donna madre, generalmente parlando, sono grandi, ma bisogna aggiungere però che non è meno grande la sciocchezza dell' uomo che di queste vacuità gode tessere una corona giovanile per ornamento del suo ideale muliebre: non è meno grande la responsabilità sua d' una trascuranza d'indirizzo
intellettuale e morale verso quella che deve essere la madre dei suoi figli, verso i figli, che in lui più che in ogni altro, vedono l'esempio e l' autorità: verso la società stessa, finchè gli uomini s' arrogheranno tutti i privilegi e tutti i diritti, considerando la donna non come un complemento, ma come un accessorio della loro vita. Raramente il marito le sacrificherà una delle sue ore di libertà randagia, le dirà la bellezza e la bontà e la poesia della sua missione, l' animerà nelle difficoltà e nelle spine della sua esistenza. Madre è una parola austera, che implica una rete di doveri grandi e piccini, doveri che gli uomini, egoisti per eccellenza, sono annoiati di rispettare. Molti di essi considerano riempite di trascuranza, di disdegno, di puerilità, tutte le ore che la donna non dedica a loro, anche se le impiega intorno alla culla del loro figliuolo. Quando una donna è madre, la si abbandona alla sua creatura o la si fa disertare. È una dolorosa ma indiscutibile verità che strazia e colma d'angoscia innumerevoli cuori di donna sensibili e amanti, divisi così tra il figliuolo e lo sposo. Da un lato un piccolo essere che esige il sacrificio di tutte le ore, che vuole una dedizione assoluta; dall'altro l'uomo che si adora, che non vuol rassegnarsi al secondo posto, che non vorrebbe nulla mutato nella dolce vita d' amore, e prega, e tenta, e trascina: oppure che si rassegna troppo presto, ritorna alle sue abitudini di scapolo, ancora recenti, infliggendo alla moglie un supplizio ancor più crudele. Che fare nel bivio? Molte donne sacrificano la maternità all' amore, affidando il bimbo ad una nutrice e riprendono tutte le abitudini della vita in due, quasi
il piccolo nuovo venuto non significasse che un accessorio. E così fanno col secondo, col terzo, col quarto, con tutti quelli che il loro amore evocherà. Altre più coscienziose e più tenere verso il sangue del proprio sangue, si lasciano tutte assorbire dalle cure e dal nuovo sentimento d'amore che le piega verso la culla nei cui limiti circoscrivono oramai tutto il loro mondo e dimenticano tutto il resto a segno che la maternità giunge spesso a far loro sopportare senza troppe ribellioni la trascuranza e perfino l' infedeltà coniugale.
È facile capire che questi due eccessi sono, come ogni eccesso, dannosi e biasimevoli. Un dovere non deve soverchiare l'altro, ma devono concatenarsi in modo, nella vita, da completarsi a vicenda, da comporne un bel tessuto armonioso. E tanto più trattandosi di doveri nati dall' amore, da due diverse manifestazioni d' amore ma entrambe care al nostro cuore. Nè il marito può tener vece d' un figlio ; nè un figliuolo potrà tener vece del marito: significa quindi che nell' anima e nella vita il posto c' è per tutti e due. Ed anche qui basterà mettere in opera un po' di solerzia, un po' di accortezza e molto cuore perchè nè l' uno nè l' altro soffra del nostro abbandono. Una giovine mamma può rinunziare alla società, ma non alla compagnia dello sposo se ricerca la sua, nè può negarsi a dedicargli tutto quel tempo in cui il suo bimbo non ha strettamente bisogno di lei. Così procurerà di mostrarsi sempre accurata ed elegante come una volta, anche nei suoi abiti più pratici, quali sono richiesti dalla sua maternità. Anzi una donna veramente innamorata e veramente intelligente, di questa maternità
si comporrà un' aureola che le dia nuovo risalto e nuova seduzione agli occhi dell' uomo che la predilesse. Così la sua esistenza femminile sarà completa : così non si preparerà dei rimorsi per l' avvenire.
LA SORELLINA
Nessuna donna deve augurarsi di avere un unico figliuolo. Egli diviene così prezioso che è quasi impossibile non viziarlo, un poco o molto, e non farne un ultra sensibile o un egoista. E poi l' infanzia ha bisogno di stare coll' infanzia: un bimbo solo fra adulti immalinconisce, diventa un ragionatore precoce, perde la spontaneità dell' età sua, risulta spesso un debole nella società degli altri fanciulli, appunto perchè non è uso a trattare con essi. Ma meglio che un fratello col quale è facile possa urtarsi, inasprirsi, fare il prepotente, o può entrare in mezzo la gelosia, è da desiderare la sorellina. Un bimbo e una bimba, e la famiglia è perfetta. La debolezza femminile, le sue diverse tendenze, la tolleranza e la remissività di lei nei comuni rapporti impediscono gli attriti fra i due fanciulli, stabiliscono per tempo quella legge di compensazione atta a divenire fusione morale che senza la corrente perturbatrice della passione stabilirebbe tra i due sessi la perfetta armonia. L' affetto tra fratello e sorella è uno dei più disinteressati, dei più profondi, dei più fedeli e spesse volte dei più efficaci. La sorella è per l' uomo qualche cosa di supremamente benefico e pio. Nè il padre, nè la madre stessa, nè la moglie, possono suscitare i buoni sentimenti, ottenere le buone ri-
soluzioni, i ravvedimenti che può suscitare ed ottenere una saggia e tenera sorella. Il suo affetto ha del materno, ma poichè non ha responsabilità è più indulgente, e si accompagna spesso ad una specie di cordialità da camerati, prodotta dall' età e dalla vita comune che tollera lo scherzo, appiana gli urti e incoraggia le confidenze. Per l' uomo giovane ell' è l'ideale della donna spoglio da ogni materialità: l' ideale del conforto, del consiglio disinteressato e savio, della dolcezza inalterabile, del rifugio supremo. Vediamo menti orgogliose spogliarsi d' ogni inutile superbia per sfogare l' amarezza di una sconfitta, per deporre il peso di una vergogna nell'anima soave di una sorella: cuori induriti o depravati dal vizio, disciogliersi in lagrime di pentimento al tocco lieve della piccola mano che reca nelle vene lo stesso sangue, al timbro d'una voce che raccoglie l' ultima poesia, l' ultima eco d' un focolare forse già deserto e spento. Tutto questo, un' anima illuminata di madre deve sentire e comprendere per aiutare lo sviluppo dell'impulso infuso dalla natura stessa nell' anima del suo bambino e della sua bambina. Ella procuri di coltivare in lui nn senso di protezione, di gentilezza cavalleresca verso l' altra, anche nelle forme e negli atti più comuni della vita: coltivi in lei un sentimento di bontà indulgente, di tolleranza gentile, di fiducia per il piccolo uomo. Cattiva e dannosa abitudine è quella, molto invalsa, di stuzzicare l'emulazione per mezzo degli elogi al fratello o alla sorella, giacchè non si fa se non destare l' invidia e il risentimento. Non si dovrà mai, poi, tentare d' ingelosire i fanciulli, con palesi preferenze per l' uno o per l'altro, neanche per gioco.
I GEMELLI
Come da uno stesso stelo sbocciano due fiori o da uno stesso ramo pendono due frutti uguali, così molte volte due piccoli volti infantili riposano accanto nella culla che ne attendeva uno solo. Certo non è sempre una lieta sorpresa per i genitori che vedono raddoppiato il loro carico di pensieri, di spese e di responsabilità, ma i bambini non si possono mandare indietro, e poi l' affetto materno è così elastico che s'estende subito anche a mille figliuoli, e ce n' è per tutti. Un' infinita tenerezza l' assale nel vedere le due creaturine così simili nella loro fragilità, nei loro bisogni, nelle loro manifestazioni di vita: ed ecco che la sua trepida sollecitudine si accresce, la sua vigilanza si aumenta perchè nè l' una nè l'altra abbia a mancare della sua protezione. Solo l' idea che l' una avesse a morire, la sgomenta, e si moltiplica presso di esse, e compie quei miracoli d' abnegazione e di amore che soltanto una madre può compiere.
Vegliando alla culla, ella pensa al loro avvenire, e se i neonati sono di sesso uguale, lo vede identico, questo avvenire, per una lunga serie d' anni : insieme moveranno i primi passi, insieme apprenderanno utili cose, insieme si dedicheranno a qualche arte o a due arti affini per completarsi a vicenda: insieme le vedrà, se sono bimbe, sotto il bianco velo di comunicande, e si sposeranno lo stesso giorno. Anche i loro nomi sono stati scelti per essere uniti, dalla delicata fantasia materna : Bianca Rosa; Rosa Lia; Maria Anna; e sebbene
le distingua benissimo e noti perfino (a tre mesi!) diversità di gusti e di carattere, pretende di confonderle, di scambiarle, e per riconoscerle mette all' una i nastrini rosa, celesti all' altra.
Eppure non è raro, purtroppo, che certi fatali preferenze che sono come la crittogama dell' amor materno, si sviluppino appunto in questi casi in cui l'imparzialità del sentimento e delle azioni che ne derivano sembrerebbe assolutamente naturale e facile. Triste nota da rilevare! Triste e ripugnante depravazione morale che la donna deve vincere ad ogni costo e con ogni mezzo, facendo appello al suo cuore, alla sua coscienza, alla sua fede religiosa: riflettendo incessantemente alle conseguenze pericolose e spesso tremende che può avere nell' avvenire questa sua attrazione piuttosto verso l'uno che l' altro figliuolo. Io spero che fra le mie lettrici non ve ne sarà una sola di queste madri riprove-voli, ma se una vi fosse che avesse a rimproverarsi d'ingiustizia nel segreto del suo cuore, possa provare alle mie parole quel sentimento di confusione e di turbamento che prelude al benefico rimorso...
MAMMA E MAESTRA
Un piccino di cui la mamma si occupa con assiduità, intelligenza ed amore, si sveglia dal torpore della vita animale assai prima di quelli che la mamma trascura o che sono affidati a cure mercenarie. Possiamo constatare tutti i giorni la grande differenza che esiste tra i nostri fanciulli e quelli del popolo o del contado, la cui madre, costretta a lavorare per vivere, può concedere ad essi sola-
mente quel tanto di cure che basta alla loro esistenza materiale. La maestra d' un giardino d' infanzia, in un rozzo paese, mi diceva che molti di quei bimbi che entravano nell' istituto non sapevano parlare a tre anni d' età, per mancanza d' esercizio e d' abitudine. Ma una mamma che vive tutte le ore con la sua creatura e ne vede l' intelligenza schiudersi giorno per giorno, insieme alle cure fisiche non deve mancare d' infondere col suo alito amoroso nella piccola mente i germi del discernimento, delle cognizioni rudimentali, del pensiero. La mamma è la prima, la naturale maestra, e non deve cedere questo suo nobile e geloso compito a nessuno. Giacchè non è ancora l' istruzione che deve conferire ma l' educazione, ma la luce dello spirito e la fiamma del cuore. Nessuno potrà farlo meglio di lei, giacchè ella sceglierà i momenti, approfitterà delle circostanze, si varrà dei giuochi per imprimere nella piccola anima candida come una pagina vergine di scritto, le prime traccie dei più forti e nobili sentimenti destinati a dirigere la sua vita. « L' avvenire di un fanciullo è sempre l'opera della madre » diceva Napoleone il grande. Infatti è lei che ha l' obbligo d' indirizzarlo al bene, di combattere le sue tendenze cattive, di aprire la sua intelligenza, e senza inasprirlo, senza affaticarlo sopratutto. Le prime nozioni, morali e intellettuali, devono essere date ed apprese per via dei giochi, nel corso di una passeggiata, soddisfacendo ad una curiosità, non trascurando di far notare le conseguenze benefiche o perniciose d' una azione; limitando al puro necessario, al comprensibile per non affastellare spiegazioni e renderle inafferrabili alle
tenere intelligenze. Coi bambini è bene usare un linguaggio semplice, preciso, un poco immaginoso, anche, come è il loro ; nè mai lasciarsi cogliere in contraddizione, o farsi vedere esitanti.
Occorre una risposta pronta agli innumerevoli e terribili perchè — e che questa risposta sia sempre tale da appagarli, da lasciar in essi il solco di una nuova idea su quanto li circonda : e questa idea che diamo loro, sia la più approssimativa al vero, la più lontana dal bizzarro e dal superstizioso.
I GIARDINI D'INFANZIA
Il est beau l' enfant avec son doux sourire,Sa douce bonne foi, sa voix qui veut tout dire, Ses pleurs vite apaisés,Laissant errer sa vue étonnée et ravie,Offrant de toutes parts sa jeune âme à la vie Et sa bouche aux baisers ! »
Così uno dei più grandi poeti della Francia, Victor Hugo, scioglie il suo inno all'infanzia ispiratrice, contemplando ed amando i bambini cari, i suoi nipotini, che rallegravano la sua dimora sacra alla Musa. Ma anche prescindendo dai legami di parentela, la vista dei bambini è tale da intenerire il cuore più austero, da addolcire la più cupa tristezza.
Un giardino d' infanzia popolato di bimbi come da uno sciame di bianche farfalle irrequiete : un saggio di canto, di ginnastica, in cui centinaia di piccole mani si agitano, dispongono lo spirito ad un sentimento di tenerezza, di pace, di poesia.
Eppure i giardini d'infanzia, provvidenziale, lodevolissima istituzione per i figli del popolo, per i poveri bimbi incustoditi che crescerebbero sulla via esposti a mille pericoli, non dovrebbero essere frequentati dai nostri fanciulli che in casa possono avere uguale e migliore sorveglianza, educazione con gli stessi metodi, ambienti sani e modo di trastullarsi all' aria aperta. Per quanto ben diretto e coscienziosamente tenuto, l' asilo di infanzia che accoglie i bimbi delle infime classi sociali non può presentare per i nostri figliuoli, con la promiscuità a cui li obbliga, quelle garanzie d'igiene, di pulizia, di buon esempio, di civiltà, a cui una mamma scrupolosa tiene, reputandoli necessari al benessere fisico ed alla buona riuscita dei suoi figliuoletti. Dunque, care amiche, niente giardini d'infanzia, a meno che non siano d' ordine superiore e riservati. Gioverà però condurvi qualche volta i bimbi perchè si abituino a trattare con cordialità affettuosa gli altri bimbi meno fortunati, osservino la disciplina della vita comune e si famigliarizzino con l' idea del lavoro collettivo e della scuola.
LE BAMBINAIE
La scelta della bambinaia è, dopo quella della balia, la più difficile, la più importante, la più pericolosa. Giovani sono sbadate, civettuole, distratte, imprudenti, troppo vivaci, spesso senza pazienza coi bambini; attempate sono permalose, linguacciute, ostinate, presuntuose, piene di pregiudizi e d'ignoranza. Se si ricorre alle straniere, non si sa mai bene chi prendiamo in casa, e nessuno ci assicura
che la lingua che insegnano ai bambini sia quella parlata dalle persone ammodo anzichè un dialetto appena riveduto e mascherato; se si preferiscono del nostro paese s' otterrà a fatica che parlino un corretto italiano, che siano guardinghe nell' espressione, garbate nelle maniere, per non insegnare al bébé a divenire sfacciato e villano.
Un grave pensiero questo, dal quale non saprei come sollevare le mamme se non raccomandando loro, al solito, la più severa e minuta vigilanza. Prima di tutto non ammetterei mai in casa per affidarle poi mio figlio — cioè quanto posseggo di più prezioso — una donna senza averne assunto le più sicure informazioni, poi la sorveglierei ancora strettamente finchè la sua moralità, la sua serietà di condotta, la sua pazienza e la sua bontà di carattere non mi risultassero evidenti. Indi procurerei di farmene quasi un' alleata per le cure e il contegno dovuti verso il mio figliuolo : procurerei di farle capire che rivestendola d' una certa autorità, incaricandola di far le mie veci, le conferisco un nobile, un importante ufficio, e ch' ella ha il dovere di disimpegnarlo meglio che può. Ho veduto molti bambini assumere con facilità incredibile non solo gli intercalari, il linguaggio e i modi delle loro bambinaie, ma la voce, gli atteggiamenti, l' espressione, e serbarli poi a lungo : il Bourget crede che si possano serbare sempre, e che ciò che fu intorno a noi nei primi anni possa avere una influenza decisiva nella vita : « Nos manières, scriv' egli, ne sont-elles pas l'oeuvre indestructible des régards qui nous ont suivis et jugés pendant notre enfance ?»
Non affidiamo dunque mai alla bambinaia i nostri piccini così completamente da permetterle di sottrarsi alla nostra sorveglianza, alla nostra direzione senza che sia possibile da parte nostra un esatto controllo tra i suoi obblighi e l' adempimento di essi.
LA NONNA
L' amore discende — esprime un detto comune. Si afferma infatti che la tenerezza più profonda sia quella dei nonni per i loro nipotini. Infatti una donna che tenga fra le braccia il figlio del proprio figlio, deve provare come un affetto materno intensificato, con tutte le sue derivanti d' abnegazione e di assoluta dedizione. Si sono vedute madri poco espansive divenire nonne sviscerate; donne rigide e severe, ritrovare per i figli dei figli il sorriso gaio, la vivacità dell'adolescenza: donne vane divenire ad un tratto serie e riflessive e appassionate: caratteri aspri acquistare la dolcezza: anime percosse e spente da qualche dolore inconsolabile, miracolosamente rifiorire accanto a una culla, nel cerchio di due tenere braccia.
I nipotini operano miracoli! Eppure, povere nonne, sono spesso riguardate con diffidenza, con sgomento, con costernazione dalle educatrici ed anche dalle mamme coscienziose. È invalsa a loro carico l'idea (è un pregiudizio?) che siano dei guastamestieri, e questo basta per spargere l' allarme... Ma se vogliamo esser giusti, bisogna convenire che nella massima parte dei casi le mamme e le educatrici non hanno torto. Forse per la loro età che le inclina
più all' indulgenza, forse pel sviscerato affetto che le accieca, forse perchè non sentono il peso di una responsabilità diretta, le nonne non vogliono saperne di severità e spesso nemmeno di regola. Sono rivoluzionarie, anarchiche, anzi: infrangono la barriera delle gerarchie, si ridono degli orari e dei còmpiti, mutano in premi i castighi, insinuano la ribellione. La severità dei genitori pare alla nonna ingiustizia, crudeltà che renda necessario un intervento, una difesa. E intanto il bambino che trova resistenza di qua e cedevolezza di là per la stessa cosa, non capisce più nulla, perde la nozione del lecito e dell'illecito, spesso diventa subdolo per barcamenare, spesso arrogante con chi lo contraria, poichè trova chi lo soddisfa; la mamma perde l' autorità e i piccini crescono capricciosi, prepotenti, egoisti, peggio che lasciati in loro balìa..
Ogni madre che abbia provato quanto riesca malagevole e imperfetta l'educazione dei suoi figliuoli in una numerosa famiglia, dove anch' essa sia legata da doveri di sottomissione, di deferenza e di rispetto, mi capirà. È un vero tormento. Alcune signore di carattere subitaneo non sanno tacere nè rassegnarsi alla sconfitta e prorompono in rimproveri e in recriminazioni che dànno motivo ad alterchi domestici, spesso in presenza dei bambini stessi, con qual pernicioso effetto morale, ognuno può immaginarlo. L' unico consiglio che saprei dare alle mamme in questi casi è la prudenza. Ella può benissimo far osservare alla nonna i cattivi effetti e i pericoli della sua debolezza, ma nei dovuti termini e quando non vi sia nessuno presente. E se
i bambini sono intelligenti, potrà farli un po' ragionare, persuaderli a non approfittare della troppa indulgenza della nonna, inculcando loro però sempre per lei il maggior affetto, la massima venerazione; i bambini hanno innato il senso della giustizia così non è raro il caso che si attacchino più a chi è maggiormente severo con essi; e la troppa bontà dei vecchi parenti non sarà loro dannosa forse, se la mamma saprà ispirare ad essi molta fiducia, molta confidenza, molto rispetto.
LA MODA E I BAMBINI
Massimo d' Azeglio, nei suoi aurei « Ricordi » dice con sollievo che da bambino non fu mai vittima della vanità dei suoi genitori. Non portò mai scarpe troppo strette, abiti troppo di lusso, nulla che gli impedisse di muoversi e di giocare a suo bell'agio. Purtroppo non tutti i bambini, divenuti grandi, potrebbero scrivere nei loro ricordi altrettanto. Certo si è molto progredito in questo, e anche qui la nostra giovane regina col suo buon senso pratico s'è messa all'avanguardia del movimento di riforma. Le principessine hanno sempre vesti nitidissime, ma della maggior semplicità, tanto che se si incontrano senza conoscerle, i loro abiti non rivelano certo il loro alto grado sociale. Anzi qualche bambina di qualche industriale arricchito, la cui mamma sia ancora refrattaria alla semplicità, può vantare nei fronzoli costosi, nei nastri, nelle felpe, nelle piume, una superiorità di ricchezza ornamentale.
Molte signore non vogliono capirla, ma la suprema eleganza nel vestire dei fanciulli, consiste appunto nella massima semplicità: il lusso si ponga nella freschezza, nella nitidezza degli abitini, non nel valore delle stoffe e nella complicazione degli ornamenti, che è sempre di cattivo gusto. Intanto fino ai quattro o ai cinque anni di età, i bambini, non si dovrebbero vestire che di bianco, variando stoffe e fogge secondo le stagioni, ma sempre in bianco-perla o in bianco avorio. Il bianco fa risaltare meglio la freschezza dei bei visetti dall' espressione ingenua, si accorda col candore delle piccole anime, inoltre è assai più igienico che qualunque altro colore.
Va cambiato spesso, questo sì, perchè nulla di più penoso e di più disgustoso che il bianco quando è sudicio o solamente adombrato. Ma appunto per la facilità con cui si scorgono le macchie si abitueranno i bambini alla pulizia. Noi non dovremo insegnar loro, come volgarmente si fa, ad andar alteri di un vestito bello e di sprezzarne uno vecchio: ma dovremo farli vergognare d'un abitino sudicio, e inorgoglire di un abitino pulito.
Anche i bambini hanno la loro moda, i loro figurini e vanno rispettati, che diamine! Solamente vorrei consigliare alle mammine di scegliere sempre fra i modelli quelli di genere più pratico e più adatto alla personcina che vogliono vestire. Un bambino esile non si vestirà come un bébé ben pasciuto, si capisce. Nè vorrei veder adottate, per uso, almeno, certe foggie che sacrificano i teneri corpicini o con cinture o con gale troppo alte, o con colletti e maniche incomode.
I capelli lunghi sono un gran bell' ornamento per le testine infantili, e. non ho coraggio di consigliare alle mamme di tagliarli troppo presto: però nell'estate si guardi di acconciarli in modo che non risulti un tormento per essi. Estate e inverno si tengano poi accuratamente ravviati, poichè se i capelli sono un bell' ornamento, niente di peggio che vedere testine trascurate e arruffate.
La massima nitidezza dunque ed anche il buon gusto congiunto alla semplicità, perchè fa piacere e non costa nulla. Ma guardiamoci però coi bambini stessi di dimostrare che annettiamo troppa importanza alla loro toletta. Con le bimbe specialmente, nelle quali il senso della vanità personale è già sviluppatissimo. Ai maschi, molte volte trasandati, cerchiamo invece d' infondere un po' di gusto pel vestire corretto, nitido, ordinato, giacchè se è stucchevole vedere dei giovani troppo leccati
e delle fanciulle troppo rinfronzolite, è al pari disgustoso riscontrare negli uni e nelle altre i segni esteriori della noncuranza e della inciviltà.
PRIMI TRASTULLI
Chi ha mai pensato all' influenza grande che possono avere sull'intelligenza, sul carattere del bambino i primi giocattoli che poniamo loro tra le mani? Eppure vorrei che la mamma moderna, intuitiva ed accorta, ci pensasse un poco. I bambini non vedono nel trastullo quello che vediamo noi, un passatempo, uno scherzo, la distrazione di un'ora: essi lo riguardano come qualchecosa d' importante e di necessario alla loro vita; hanno le loro preferenze
e le loro ripugnanze, vi si attaccano qualche volta con passione tenace. La vecchia bambola o il cavallino con tre gambe che la bimba o il fanciullo adorano a segno da portarli seco nel lettino, alla passeggiata, a tavola, trascurando, per questi, giocattoli più nuovi e costosi, devono acquistare alla loro piccola intelligenza, al loro cuore, una specie di personalità ben decisa e sensibile. E come i metodi Froebeliani sono acconci a sviluppare nell' infanzia per mezzo dei giochi il senso estetico, il senso dell' utile e dell' ingegnoso, credo che i giocattoli potrebbero servir bene alle madri e alle educatrici per correggere od aiutare qualche tendenza, per sviluppare qualche sentimento, per domare qualche istinto, ed anche per conoscere il vero carattere del bambino o della bambina. Invece di portar loro a casa un giocattolo qualsiasi, scelto dal nostro gusto, conduciamoli davanti ad una vetrina ove siano balocchi alla loro portata e lasciamo che il fanciullo scelga da sè, e procuriamo di capire il perché di quella scelta. Dans tout homme il y a un enfant: dans tout enfant il y a un homme » scrive Victor Hugo: qualche cosa della sua indole, del suo destino, forse, ci sarà rivelato dalla preferenza di lui.
Non regaliamo ai bambini giocattoli troppo di lusso che il più delle volte non servono se non a far rimpiangere il denaro gettato; e nessuna mamma credo, sarà così poco avveduta da mettere in loro balìa giocattoli pericolosi, coi quali possano ferirsi o sconciarsi. Ma io non vorrei nemmeno famiglia-rizzare troppo il bambino coi trastulli che possano abituarlo ad idee di brutalità, di distruzione, o alterare»
la delicatezza del suo orecchio con suoni disarmonici, seguendo, invece di dominare, quel principio dell' uomo primitivo e selvaggio che permane nel piccino vergine ancora di educazione. E neppur vorrei moltiplicare sotto i suoi occhi per via d' imagini o di forme grottesche quanto può allontanare dalla nozione della realtà, e peggio produrre sui suoi nervi impressioni profonde che si traducono spesso in pusillanimità, in incubi notturni. Siano lieti, innocui, armoniosi i giochi dei fanciulli : rispecchino la realtà buona della vita, e oltre che dare uno svago momentaneo, esercitino un poco anche la loro pazienza, la loro industria, il loro sentimento del bello e del bene.
I COMPAGNI DI GIOCHI
Se è da consigliarsi il discernimento nella scelta dei trastulli, quanta maggior oculatezza occorre per scegliere i piccoli compagni di giochi ! Maggiori d' età o superiori per posizione sociale, potranno esercitare un potere dispotico sui nostri figliuoli e far loro acquistare idee, desideri, abitudini che col crescere degli anni non potranno seguire e ne faranno forse degli spostati e degli infelici. Minori d' età e inferiori di condizione, li animeranno alla prepotenza, alla tirannia, alla superbia dominatrice. Conviene quindi che gli amici dei nostri bimbi siano scelti il più possibile uguali ad essi per posizione, per età, per gusti, per intelligenza, perchè non possano soverchiarsi in modo da fare del-l' uno la vittima, dell' altro il tiranno. Osserveremo anche le loro condizioni fisiche e morali, giacchè
non bisogna dimenticar mai che tanto i mali del corpo come i vizi si contraggono rapidamente a quell' età in cui la persona non è temprata e l'anima è impressionabile e incline all' imitazione del buono e del cattivo. Lascieremo trastullarsi in libertà i fanciulli e incoraggeremo le loro nascenti amicizie, rammentando che i bambini se la intendono meglio fra loro soli, e che le amicizie d'infanzia possono essere la base d' una fratellanza durevole e confortatrice, ma non dovremo mai cessare dal vigilarli, dal dirigere i loro sentimenti come le loro azioni. E se ci accorgeremo che il nostro bimbo o la nostra bambina mutano carattere e gusti, frequentando altri fanciulli, in modo sfavorevole, allontaniamoli prontamente prima che il guasto divenga irrimediabile.
Guardiamo che i loro giuochi non degenerino in rischi, che i loro discorsi non oltrepassino il limite concesso all' età loro : interessiamoli a compiere insieme qualche opera buona, qualche cosa di utile e di gentile. Molte mamme escludono i piccoli compagni e le piccole compagne di spasso per misura di prudenza, per paura d'una lieve o forte corruzione. Il timore è giusto, ma la misura è un po' eccessiva, quando specialmente si tratta di figliuoletti unici che condanniamo così a un malinconico esilio. Poi verrà il giorno in cui non potremo più isolarlo e s' egli non avrà imparato a stare coi suoi simili, a comunicare con essi, potrà più facilmente soggiacere all' astuzia, al cattivo esempio. Il fanciullo è un piccolo uomo, e come tale ha bisogno della società: se lo segregheremo ne faremo un misantropo, un essere egoista e arido. E non ab-
biamo scrupoli di riunire le bimbe ai fanciulli sotto la nostra vigilanza materna. La compagnia della donna abitua per tempo il piccolo uomo a dominarsi, ad essere generoso, a quella urbanità e a quei riguardi che più innanzi nella vita lo renderanno disinvolto e simpatico: e la compagnia dei fanciulli fa le bimbe più schiette, più vivaci, più semplici.
IL TEATRO E I BAMBINI
I soli teatri dove una mamma di coscienza e di senno può condurre i suoi bimbi sono il Circo equestre e il teatro delle Marionette o il Cinematografo. Ogni altro sarà malsano, quindi dannoso per essi. Intanto io consiglierei di portare il meno possibile i fanciulli ai ritrovi serali, anzitutto per motivo d' igiene, giacchè il sonno è loro necessario come il nutrimento : poi l' uscita insolita, i lumi, la folla, lo spettacolo, la veglia prolungata, agiscono sempre in modo sfavorevole sul debole sistema nervoso eccitandolo. Essi hanno bisogno inoltre di respirare aria pura, non quella viziata dei luoghi chiusi pieni di gente e spesso di fumo. Ma non solo in riguardo al loro fisico dobbiamo tener lontani i fanciulli dai ritrovi serali: dobbiamo farlo anche a motivo della loro igiene morale. La musica fa vibrare i nervi e l' azione scenica del melodramma, sempre a base erotica, non può influire favorevolmente sulle tenere fantasie quand' anche non ne afferrino bene il significato. Lo stesso dicasi pel teatro di prosa dove le situazioni sono ancor più imbarazzanti ad adattare al limitato
intendimento puerile, dove parole ed atti vengono improntati a una verosimiglianza che può fare maggior presa sull' animo del fanciullo. Davvero che talvolta, a taluni drammi, ho proprio sofferto di vedere fra il pubblico dei bambini, di notarne l' attenzione estrema, l' assorbimento totale a certe scene che potevano turbare anche spiriti adulti. So di molti genitori che fin qui sono d' accordo con me, ma che poi non si fanno scrupolo di portare i bimbi a certe operette, ai Cafés chantants, agli Eden, convinti che la parte coreografica preponderante metta questi spettacoli fra gli innocui. Io non lo credo. La base di questi spettacoli è la sensualità più o meno velata, non è vero che i fanciulli non capiscano. Ho sentito tanti giovani e tante signore narrare dell'ingenuità delle loro mamme quand' essi erano bambini : le mamme che li credevano candidi come neonati, mentre intuivano ogni specie di malizie.
Un piccolo uomo di otto o nove anni in presenza delle procacità di una divetta non proverà quello che prova un giovane di venti, ma sarà qualchecosa di consimile. Così una piccola donna di sette o dieci anni non contemplerà quel tristo modello della femminilità coi pensieri e le invidie delle sorelle maggiori o della mamma, ma le verrà fatto quasi inconsciamente d' ammirarla e d' imitarla.
Ho udito qualche mamma scusarsi così : « Non so con chi lasciare i miei bambini, non mi fido di nessuno, piuttosto li porto con me. » Eppure era così semplice non uscire di casa! Ma la mamma è giovine, desiderosa di distrazioni : dovrà dunque sacrificarsi sempre? Eh, sì... Se è mamma ogni
cosa è meno importante, meno necessaria dei doveri del suo stato. La maternità è una missione oltre che una conseguenza del matrimonio.... Bisognava pensarci prima!
INFANZIA RICCA
« Piccolo uomo che assorbi tutte le forze della mamma e tutte le energie del babbo — scriveva Maria Bobba ancora sull' argomento del fanciullo : — piccolo uomo che preoccupi il magistrato e fai pensare il filosofo, tu rappresenti non solo l'avvenire della famiglia, ma ancora quello della società, poichè nella tua felicità presente offri la garanzia della felicità avvenire ; perchè trascurato oggi, vi signoreggerai domani, perchè debole oggi, incosciente, ignoto, sarai domani il dittatore del mondo. » Certo questa vergine forza in embrione, chiusa nel mistero dell' avvenire, s' accresce quando il fanciullo è nato fra gli agi, come aumenta in relazione la responsabilità di coloro che devono svilupparne ogni qualità e ogni tendenza sino al completo fiorire. Una mia buona e nobile amica mi diceva un giorno con accento di profondo rammarico parlando d' un bambino a lei caro : « Credi, quel bambino è troppo ricco ! » ed io comprendevo tanto bene il senso di sgomento che l' agitava, che mai ho osato sorridere della frase e dell' accento strano. Per un benessere materiale che il fanciullo nemmeno può valutare esattamente, quanti pericoli! La mollezza che lo renda pigro e neghittoso : la soddisfazione d' ogni desiderio che lo renda indifferente,
sazio, incline ai piaceri materiali; la mancanza dell' assillo della necessità di raggiungere una mèta che può atrofizzare i germi delle sue migliori energie, delle sue qualità più luminose. Poi l' adulazione corruttrice, il parassitismo soffocante, le tentazioni che la vita offre a chi possiede molto denaro, e molte volte per distruggere
e uccidere : l' ambiente stesso dove vive il fanciullo, un po' al di fuori della verità dell' esistenza con le sue miserie e le sue necessità e le sue lotte ch' egli ignora: sono tutti fautori di danni contro i quali dovrebbe avere la forza di combattere vigorosamente per riuscire vincitore. E se non l' avrà questa forza ? Oh mamme che vivete nell' opulenza, madri felici che ignorate la più grande delle tristezze, quella di negare per necessità, alla vostra creatura, di soddisfare un desiderio — in nome della vostra ventura, lottate a fianco del piccolo essere che non conosce privazioni, affinchè la buona sorte non gli sia fatale ! Corazzatelo di fortezza, di volontà, dategli l' amore dell' opera, delle grandi imprese ; insegnategli a far buon uso delle sue ricchezze, a onorare l' arte, l' industria, la scienza col suo patrocinio, con le sue azioni. E non abbiate paura di rattristarlo narrandogli che al mondo non tutti i bimbi sono fortunati come lui, additandogli miserie che potrà lenire, bisogni che potrà soccorrere, ingiustizie che potrà riparare. Così facendo gli elargirete il seme del più puro e del più durevole dei beni, il solo che allieta veramente l'anima e la può consolare: quello dell' idealità degli intenti e della nobiltà delle azioni.
INFANZIA POVERA
I bambini veramente felici non sono sempre i favoriti dalla fortuna. Il più delle volte li troviamo nelle condizioni modeste ed anche umili. La cameretta piena di sole dove può spadroneggiare, che ingombra dei suoi giocattoli, fa risuonare, delle sue grida liete e delle sue piccole occupazioni rumorose; dove nessuno lo ammonisce e nessuno lo sgrida perchè non c' è nulla da sciupare, gli è più cara d' un ricco appartamento. Non ha bambinaia nè istitutrice : la mamma fa da tutto, vive con lui a tutte le ore tra le pareti limitate al loro pochi bisogni di esistenza semplice; a lei ricorre ogni momento ed essa lo contenta sempre, gli rende più dolce il dono con un bacio, lo consola del rifiuto con la carezza e con la parola. La vede ai fornelli, a stirare, a cucire, a riordinare : le sue mani sole lo toccano per vestirlo, per spogliarlo: esce solo con lei, va alla scuola accompagnato da lei. Ella gli dà l' idea concreta della provvidenza, lo persuade per tempo della necessità, dell' utilità dell' opera, gli accende, col lume della riflessione, il desiderio impaziente di contribuire egli pure, più presto che può, col suo lavoro, col suo pensiero ad aiutarla, a far più ricca la mensa, più comoda la dimora, ad adornarne lei, la mamma buona che a lui sembra tanto bella anche, di quei gioielli e di quelle vesti che ha veduto nelle vetrine e sulla persona delle signore ricche.
La tenerezza dei bambini poveri per la mamma loro, ha sempre in sè un elemento più profondo e tenace dell' amore dei ragazzi ricchi; e proviene da
quel senso della giustizia che come dissi è innato e vivo nel fanciullo. Essi sentono il desiderio di una riparazione contro la mala sorte, e non possedendo altro, dànno tutto il fervore del loro piccolo cuore. Spesse volte questo impulso produce il risveglio delle migliori energie di carattere e d' intelligenza: prepara nell' ombra umile il germoglio di qualche pianta che si svilupperà superba e magnifica di frutti e di fiori. Questa è una considerazione che dovrebbe dar conforto non vano alle madri che si rattristano di non essere in posizione sociale migliore per educare i loro bambini. Pensino che quasi tutti i grandi uomini che onorano la patria loro, nacquero in famiglie modeste e furono allevati il più delle volte a spese di sacrifizi. Procurino quindi d' inculcare al fanciullo che ognuno può salire da sè, anche senza puntelli, la scala della vita: che l'essere il prodotto della propria volontà e del proprio procedere è assai più meritevole d' una riuscita preparata con ogni soccorso degli altri. Vigili che non si sviluppi nel bambino l' invidia e quell' amaro fermento che potrà risolversi più tardi in rancore, in odio di classe: gli dimostri che anche con la ricchezza possono esservi sventure irreparabili, dolori senza conforto, miserie morali e intellettuali ben più degne di compianto della povertà.
DISCORDIE IN FAMIGLIA
La concordia! la pace! l' armonia delle anime e degli intenti ! Ecco il tesoro, ecco la dovizia invidiabile e purtroppo assai rara.... Le passioni sono
più forti dei sentimenti, l'egoismo è più possente della ragione, l' orgoglio è maggiore d' ogni pietà nel cuore umano. Non c' è mare senza tempesta; non c'è famiglia senza burrasche. Ed è specialmente quando sono composte di vari individui d'età diversa, di temperamento diverso, che gli attriti divengono più frequenti e più gravi. Ora è per determinazioni da prendere, e non di rado, come abbiamo notato, per l' educazione dei fanciulli. E la mensa, il salotto da lavoro, si cambiano spesso in campi di battaglia dove s' incrociano ire, minaccie, offese : dove qualche volta volano stoviglie, suppellettili e busse. I bambini assistono spesso a queste scene disgustose, perchè gli adulti non si fanno riguardo di altercare in loro presenza non riflettendo all' esempio che dànno e alle conseguenze che ne possono derivare: ed ogni buon proposito d'educazione — se anche c' è — diviene nullo, travolto così dal conflitto delle anime che ne porta alla superficie i più torbidi elementi. Il rispetto per la famiglia dilegua e spesso anche quello per la vecchiaia : l' autorità paterna e materna si rimpicciolisce : il concetto che il bambino deve serbare d' una superiorità d' esperienza, di una somma maggiore di valore dell' età matura in confronto alla sua vacilla e scompare. Appena in età di discutere, farà valere le sue ragioni, buone e cattive, con l' arroganza, con la prepotenza, magari con la rivolta; e perchè non dovrebbe farlo, visto che in casa sua tutti fanno così?...
IL MARTIRIO DEGLI INNOCENTI
Ma il vero martirio per l' età innocente è lo spettacolo della discordia fra i genitori. Questi due esseri che il bambino ama con uguale ardore sono là, innanzi a lui, come due nemici mortali. Molte volte non capisce il perchè, spesso lo intuisce o l' indovina, e allora nella tenera mente è un lavorìo, uno sforzo di pensiero, un esercizio d' immaginazione, di cui gli adulti non possono avere un' idea. E secondo quello che il loro piccolo criterio senza la guida dell' esperienza può dedurre, si schierano per l' uno o per l' altro: « Ha ragione il babbo. » « Ha ragione la mamma » pensano o si susurrano fra loro. Ed anche cieco, il criterio, il giudizio dei bambini, è infallibile. Essi sentono instintivamente qual' è la vittima e quale l' oppressore, e donano alla parte più debole il compenso della loro pietà, della loro predilezione, pur soffrendo di dover togliere all' altra parte ciò che credono non possa più meritare.
Oh quanto soffrono ! Io so d' infanzie ch' ebbero ogni sorriso avvelenato da questi conflitti continui fra due nature opposte, fra due passioni, fra due egoismi che non seppero avere pietà di esse! Generosi cuori di fanciulli soffocati : sensibili cuori di bambine trafitti crudelmente : adolescenze immalinconite come fiori senza sole : l' amore alla casa, al nido, raffreddato, isterilito, perchè la casa è il luogo dove si soffre, dove si piange, non il porto placido e sicuro. Povere piccole anime che aveste affrettata e brutale la nozione del lato più
triste della vita : dell' istinto più forte del dovere, dell' amore avvilito dalla gelosia, dall' insofferenza d' ogni contrarietà che contesti il materiale piacere, dell'incoerenza, dell'instabilità, della leggerezza, dell' ambizione, della menzogna, del sensualismo animale : povere anime innocenti, io vorrei poter ritrarre a parole così efficaci il vostro supplizio da promuovere una crociata in vostro favore. Pietà delle vostre creature a voi che la passione accieca! pietà della delicatezza delle loro fibre che lo spavento e l' angoscia avvelenano : pietà delle loro anime che si atrofizzano : della loro infanzia che ha bisogno di tepore, di tenerezze, dei vostri due sorrisi, dei vostri sguardi concordi su lei ; delle vostre mani strette insieme intorno ai suoi riccioli biondi. E se il vostro cattivo destino, o la vostra cattiva volontà, vi obbliga a spiegazioni penose, a urti di carattere, a lotte, fate almeno che i vostri figliuoli non vi assistano, fate che non sappiano che avete cessato d' amarvi, di comprendervi, di compatirvi : e se anche vi odiaste, fingete in presenza loro, per loro, di stimarvi, di volervi bene. Non li mescolate mai alle vostre questioni, non confidate loro i torti dell' altro, non li fate arbitri, nè ambasciatori, nè complici. Dominatevi in modo che la santità della casa dov'essi sono nati, dove si preparano alla vita, non abbia a subire profanazioni... Oh Ninetto e Maria Bonmartini, piccoli grandi martiri d'unione male assortita, possa la vostra immagine innocente e luttuosa apparire con profitto, sempre, innanzi a coloro che non ricordano abbastanza....
LA CARITÀ E I BIMBI
Alle mamme che vigilano con intelletto amoroso sullo sviluppo morale delle creature di cui sono la guida e l' esempio primo, e più efficace, vorrei raccomandare di fare del sentimento della carità una delle basi dell'educazione. Questo possono fare a qualunque classe sociale appartengano, poichè non è l' entità dell' elemosina che la rende utile e santa. Se ricchi, i vostri figliuoli abbiano un salvadenaro per i loro piccoli protetti, e le bimbe imparino a confezionare le calze e gli abitini per essi: siano ascritti a qualche opera di patronato per i fanciulli poveri della quale spiegherete loro l' intento e l'utilità. Se in condizione modesta, fate che i bambini si privino qualche volta d'un giocattolo, d'un indumento per darlo al bisognoso, fate che lo dia da sè, a costo del sacrificio, combattendo con ingegnosa cautela ogni possibile spunto di egoismo o d'indifferenza : due cattivi germi non infrequenti di cui vediamo purtroppo fra gli uomini lo sviluppo rovinoso.
Sarebbe così bello e così proficuo che ogni mamma dedicasse un' ora alla settimana a qualche visita di carità fatta coi suoi figliuoli ! Che li avvezzasse a veder da vicino miserie che neppur sospettano e senza troppa paura della loro tristezza! I piccoli cuori, puri ancora e impressionabili, si stringerebbero, sì; le tenere menti aperte istintivamente alla giustizia avrebbero, forse, un senso di ribellione contro le leggi supreme ed incomprensibili; ma dalla pietà e dallo sdegno non germinerebbe uno
zelo di compensare, di riparare, che porterebbe il suo frutto nelle età mature?
« Quando un bambino fa l'elemosina, — dice il gran poeta dei fanciulli, il De Amicis — è come se dalla sua mano cadesse insieme un obolo e un fiore ». È una gentilezza infatti, una visione così pia, così pura, così spirante tenerezza e bontà, che invita a inginocchiarsi per pregare.
PRIMI STUDI
Il bimbo, la bimba, hanno raggiunto i sette anni, la cosidetta « età della ragione » : i primi rudimenti di sapere che la mamma o la bambinaia o la maestra hanno loro appreso nell' educarli alla civiltà, fra un gioco e l' altro, non bastano più alla mente vergine, fresca, tormentata da mille curiosità, che si apre come un fiore. Bisogna cominciare la loro istruzione, con un certo metodo progressivo, con una certa continuità. Ma è sempre un pensiero per la mamma, che non si è allontanata mai dalla sua bimba, dal suo figliuoletto, e non sa risolversi a staccarsene, a tenerli tante ore lontano dalla sua vigilanza tenera e sagace. Eppure come si fa ? Il babbo incalza, le amiche esortano... infine dispiacerebbe anche a lei che i suoi bambini crescessero ignorati. Si fa un gran coraggio, e dopo una debita preparazione del piccolo neofita che sta per essere ammesso nel tempio della scienza, un mattino d'autunno lo conduce lei in persona alla scuola, lo consegna alla maestra con parole commosse e bacia nel congedarsi la testolina adorata trattenendo a fatica le lagrime. Come
le par vuota la casa ! Che silenzio, che ordine, che freddo al cuore ! E affretta col desiderio il momento di riavere lì quel demonietto che è la vita della sua casa e della sua anima.
Molte mamme non vogliono saperne di mandare i bimbi alle scuole inferiori. E non hanno tutti i torti, specialmente per le bambine che possono avere dei cattivi esempi di malizia, di sguaiataggine, di civetteria. D' altra parte non a tutte le famiglie è dato prendersi in casa l'istitutrice o la maestra privata. Del resto la scuola, anche coi suoi inconvenienti, è la grande officina della vita, dove l' infanzia si ritempra, si sviluppa, acquista un individualità e non di rado si migliora. Molti bambini un po' viziati, che in casa fanno capricci, sono, in classe, piccoli modelli di saviezza. La disciplina, l' emulazione, l' uguaglianza, l' opera coscienziosa d' un buon insegnante, possono fare molto bene.
Poi le scuole, coi metodi moderni, non presentano più gli inconvenienti e i pericoli d' una volta. L' ordine, l'igiene, la sorveglianza vi regnano, e con buone raccomandazioni alla maestra e un vigile interesse per parte dei genitori, non credo che la scuola possa riuscire dannosa. La mamma però dovrà essere d' accordo in tutto e per tutto con gli insegnanti dei suoi figliuoli, o frequentino le scuole, o ricevano l'istruzione in casa propria. Dovrà sempre coadiuvarli nei premi e nei castighi, continuare e perfezionare l' opera loro. Moltissime volte, la scuola non ha nella famiglia l' aiuto necessario perchè il buon seme produca i suoi effetti, ed allora noi incolpiamo i maestri e i sistemi. Ma il torto è nostro. Nella scuola s' apprendono le teorie, nella
famiglia si dove poterle svolgere in pratica, e perchè questo sia possibile, fra genitori e maestri necessaria una perfetta armonia d' intenti e di procedere.
Anche bisogna procurare che i bambini non si affatichino troppo. Uno sforzo superiore alla loro possibilità di imparare e di ritenere, oltre che riuscir nocivo al loro fisico, talvolta in grado micidiale, li disgusta dall' applicazione, toglie ad essi tutto il piacere dell' apprendere. Non dobbiamo mai lasciarci vincere dalla vanità d' avere dei bambini che superino tutti gli altri, nè seguire il cattivo gusto di farne dei piccoli pappagalli noiosi e seccanti. La natura riprende sempre i suoi diritti, e quelli che vanno innanzi con un volo troppo rapido si lasciano poi facilmente raggiungere e sorpassare.
Infine è nostro obbligo far rispettare i maestri dai nostri figliuoli. Non si parli mai d' essi in modo da abbassarne il concetto e l'autorità alla mente del fanciullo; provochiamo in lui la deferenza, affetto, la gratitudine, incoraggiamolo negli atti che compie per dimostrarli.
LETTURE INFANTILI
Grande ausiliare e corollario dell' istruzione è la lettura. Abbiamo esempio di molte persone coltissime, che appresero quanto sanno solamente leggendo. Poi la lettura è utile perché abitua il pensiero a concentrarsi, a meditare; insegna a star soli, e prepara alla vita uno dei suoi migliori e più sicuri conforti. Coltiviamo nei bimbi amore ai libri, riguardiamoli come aiuti preziosi alla formazione
del loro carattere e all' allargarsi della loro intelligenza. La produzione letteraria per l' infanzia è ora così ricca e così buona che nessuna mamma può trovarsi imbarazzata nella scelta, e, se mai, può sempre chieder consiglio alla maestra. Collodi, Ida Baccini, Yambo, De Amicis, Capuana, Evelyn, Amilcare Lauria e molte e molte altre penne valenti diedero alla letteratura infantile un contributo vasto e vario : quindi la mamma potrà anche cambiare spesso il genere affinchè il bambino non sviluppi troppo esclusivamente un carattere intellettuale a detrimento degli altri, come accadrebbe se leggesse solamente racconti fantastici o barzellette leggere, narrazioni morali, o viaggi d' avventure. È bene che anche nella lettura il piccolo uomo veda riflessa la vita come è, coi suoi pericoli e con le sue vittorie, con le sue tristezze e con le sue feste; altrimenti se ne farà un concetto falso che soffrirà poi a modificare. Per invogliare il bambino a leggere sono ottimi i libri con le illustrazioni : ed è buono, anche, il metodo di fargli qualche lettura facile ad alta voce. Niente di meglio dei giornalini pei fanciulli, che offrono una lettura varia e complessa, amena ed istruttiva insieme.
I BIMBI IN SOCIETÀ
La vita mondana è certo quanto vi può essere di contrario all' igiene del corpo e all' integrità dello spirito, ma se non giova ai temperamenti già formati, sarebbe addirittura nefasta per un organismo, per una individualità in formazione. Un bimbo o
una bimba che vegliassero tardi, che frequentassero i teatri e i ritrovi, che non respirassero se non l'atmosfera snervante dei salotti, riuscirebbero un triste prodotto della civiltà moderna: d' altra parte, siccome i bambini saranno uomini domani, e le bimbe donne : e di loro verrà composta la società futura, l' educazione non si potrebbe dire completa se si lasciassero ignorare ad essi i modi del vivere civile e le regole che governano presso i popoli raffinati le relazioni sociali. Non è uso che i fanciulli assistano ai pranzi di gala, ai balli, ai ricevimenti in grande, nè mi piace che vengano condotti ai teatri per gli inconvenienti che ho dimostrato; ma la mamma potrà far venire il bébé o la bambina in salotto quando ha qualche amica o qualche persona di confidenza, per abituarli disinvolti, per insegnar loro a salutare, a rispondere con garbo, a offrire qualche cosa senza quella goffaggine e quella selvatichezza che dispiacciono e che non si pèrdono poi completamente nemmeno nell' età adulta se non furono corrette nell'infanzia.
Il bambino o la bambina a sette anni devono sapere già introdurre qualche visitatore, intrattenerlo un poco se la mamma o il babbo non sono pronti subito, e ritirarsi poi con grazia se non sono invitati a rimanere. Devono salutare senza porgere la mano per i primi, con un sorriso, con un inchino. Alcuni bimbi baciano la mano: io ho veduto fare questo atto da un aristocratico bébé di tre anni con un garbo che innamorava. Bambini e bambine, quando si presentano, devono essere sempre lindi nella persona e nei vestiti; se la mamma
ha l'abitudine di farli intervenire in salotto a giorno fisso, prepari loro un vestitino, un grembiulino più adorno da indossare per la circostanza. Non la consiglierei, invece, di portarli seco fuori di casa, nei salotti delle amiche, a meno che non vi trovino qualche coetaneo e la visita non abbia carattere d' assoluta confidenza. Li può condurre alle corse qualche volta, ai trattenimenti sportivi e ginnastici all' aperto: mai ai concerti e alle conferenze; non ai balli, neanche se hanno carattere intimissimo.
Le feste di ballo diurne per fanciulli sono uno spettacolo graziosissimo, certo, e tanto più se i ragazzi indossano costumi. Ma non incoraggerei le mamme a mandarvi i loro figli più d' una volta per stagione. La frequenza di simili ritrovi li può far piegare verso una vita frivola, può sviluppare in essi germi di passioni malsane: essere, a lungo, scuola d' immoralità. Si faccia in modo insomma, che i bambini riguardino il loro intervento in società come un dovere più che come un piacere, e coltiviamo sopratutto in loro l' amore alla casa, alla vita di famiglia, segnatamente nei maschi in cui l' istinto di libertà girovaga si manifesta così presto. L' amore alla casa porta all' amor dell' ordine, della quiete, dell' attività della mente ; alla riflessione; disgusta dalle cose superficiali, dalle abitudini frivole, preserva dallo sperpero e dai vizi. Non potrò dunque raccomandare mai abbastanza alle mamme di insinuarlo, specialmente ora che il carattere della vita moderna tende al vagabondaggio, al movimento, alla provvisorietà.
LA GINNASTICA
Il desiderio di moto, il bisogno d' espansione fisica, naturali e giusti nell'infanzia e nella puerizia, si possono ottimamente soddisfare per mezzo della ginnastica. La ginnastica è entrata nelle scuole, ma non è entrata ancora abbastanza nelle case dove potrebbe essere ancor più favorevole al benessere dei bambini. Ogni bimbo o bimba, invece, dovrebbe possedere i suoi piccoli attrezzi ed esercitarsi anche fra le pareti domestiche sotto la vigilanza di qualche parente adulto. Una terrazza, un cortile, un' anticamera un po' spaziosa, possono bastare per questi esperimenti rudimentali, come ginnastica delle braccia per mezzo del bastone o col sollevamento dei pesi — proporzionati s' intende all' età e alle forze del fanciullo : — salto della corda o del cerchio : gioco della palla o del volano. Anche il canto è un ottimo esercizio igienico per i ragazzi : e l'uso della bicicletta, non esagerato, può portare nella loro costituzione uno sviluppo assai benefico, come il remare, il nuotare e simili. Meglio di tutto poi se ogni esercizio ginnastico viene fatto all' aria aperta; e nulla di più salubre per i bambini che riunirsi a questo scopo sotto i viali ombrosi o nei molli praticelli dei parchi pubblici, vigilati da qualche occhio sicuro.
FRUTTI VIETATI
Scrive il Mantegazza; « Il bambino è ancora un fiore ed è già un frutto che incomincia; è la donna più l'innocenza, l' uomo meno l' egoismo : ha la fragranza dell' uccellino' e i tepori del nido : è un infinito
di avvenire celato in un pugno di pètali di rosa; la massima delle debolezze, difesa dalla massima delle forze : dal cuore della mamma. » Ma guai a quella mamma che non ha la coscienza di questa sua forza e della debolezza infantile ch'essa ha il dovere di proteggere e di preservare ! Guai se il piccolo fiore fruttifero, se l' innocenza, la fragranza, non trovano sole e purezza! Se i tepori del nido e il mistero dell' avvenire nascosto nel cuor d' una rosa, non sono conservati dalla vigile sollecitudine.
Parlando della signorina adulta feci rilevare gli inconvenienti che possono derivare per essa da un' ignoranza troppo completa delle cose della vita.
Ma la precoce conoscenza di certe leggi e di certe passioni, da parte dei fanciulli, può determinare conseguenze tristissime. E questo possiamo constatarlo sempre nei bambini delle classi povere che vivono fra immoralità che l' ignoranza o la mancanza di spazio nelle dimore fa sempre presente ai loro occhi e al loro spirito. Lo vediamo purtroppo anche nei bimbi delle classi agiate, troppo abbandonati ai domestici o a qualche educatore indegno, dalla leggerezza o dalla inesperienza materna. È nell' istinto del piccolo uomo in embrione il desiderio del frutto vietato : il fascino del mistero, la curiosità sensuale sono nei piccini come nei grandi. Vi sono bambini maliziosi che suppongono e imparano spiando, sfogliando libri, porgendo orecchio ai discorsi. E vi sono anche bambini dall' apparenza ingenua e semplice che ingannano sulla loro facoltà comprensiva. Ho sentito molti genitori dire che il loro bambino o la bambina
non capiscono niente e non si fanno riguardo di lasciar trascinare libri, illustrazioni, che se anche non sono osceni, non sono nemmeno educativi.
Qui spetta alla mamma sopratutto la sorveglianza. Quando in una casa vi sono dei bambini che sanno leggere, bisogna metter fuori dalla loro portata quei libri i cui titoli o le cui illustrazioni potrebbero stuzzicare in essi malsane curiosità, eccitare malsane fantasie. Nè si lascino tra le loro mani trattati di storia naturale, d'anatomia, destinati agli studiosi ; caricature a doppio senso, cartoline illustrate di soggetto erotico, e si abbia occhio anche al dizionario. Sanno i fanciulli che quel grosso libro è fatto apposta per appagare ogni curiosità, per ammaestrare ogni ignoranza ; e dopo avervi cercato la spiegazione delle parole per uso scolastico, vi cercheranno anche la spiegazione di quelle di colore oscuro che i grandi hanno pronunciato in loro presenza, o per cui gli schiarimenti chiesti alla mamma, al babbo, non furono di loro completa soddisfazione.
Allontaniamo i dizionari, ma teniamoci pronti ad appagare ogni curiosità, ogni infantile aspirazione di sapere, in modo da contentarle. Se la verità non si può dire, atteniamoci al verosimile, non ricorriamo mai al fantastico, ai termini evasivi, alle risposte assurde. La vita fisica e intellettuale dei bimbi è necessariamente in riassunto, ma le si dia però quell' alimento che possa favorirne in seguito il maggior sviluppo, non ritardarlo e falsarlo.
IL RISPETTO AI BIMBI
L' infanzia è sacra all' uomo, alla donna di coscienza, e merita rispetto. Eppure quanto pochi sono coloro che lo sanno e s' impongono quei riguardi nella parola, nel contegno, che ognuno dovrebbe imporsi come uno dei principali doveri verso l' umanità e verso la famiglia. In presenza dei fanciulli si parla di tutto : di azioni disoneste, di scandali, di iniquità, di tragedie: si narrano episodi salaci, barzellette di cattivo genere; si discute su ogni argomento : di religione, d' amore, di morale; si fanno commenti, si lanciano frasi ardite, esclamazioni irriverenti, aspirazioni piene d'egoismo e di sensualità. Si cantano al pianoforte romanze erotiche; il papà si lascia vedere a fare uno scherzo galante alla cameriera, la mamma tante volte flirteggia a sorrisi, a sguardi, a parolette spiritose col più intraprendente dei suoi adoratori; o la sorella fidanzata non si fa scrupolo di lasciarsi abbracciare e baciare dal futuro sposo, in cospetto dei fratellini minori. E gli occhi azzurri o neri che fioriscono nei visetti muti si spalancano, accolgono le visioni di qualche cosa ch' è per essi ancora l' incomprensibile, ma in cui intuiscono già l' illecito, l'impuro. E le orecchie ascoltano, recano per via dell' udito alla mente tenera l' impronta rude delle volgarità, delle miserie, dei pericolosi problemi dell' essere. Ascoltano e ritengono, poichè la profanazione della loro innocenza non è senza frutto ; così si demoralizzano presto, si fanno anzi tempo scettici, maliziosi, opportunisti : spesso diventano complici e imitatori. I buoni esempi additati dai
maestri, le esortazioni dei genitori, i consigli dei buoni libri a nulla servono se nella vita dimentichiamo di nascondere ai fanciulli le nostre debolezze, le nostre defezioni: se dimentichiamo il rispetto dovuto all'infanzia che deve corazzarsi di fortezza e di fede. Ogni mamma dovrà dunque assolutamente impedire che davanti ai bambini si tengano certi discorsi, si inizino certe discussioni, si scenda a certi scherzi, non solo, ma vigilerà assai sui domestici, onde le loro parole e i loro atti nulla abbiano di sconveniente, e la vanità, la dissolutezza, la disonestà non si rivelino in azione ai fanciulli con la terribile efficacia dell' esempio. Io ho conosciuto madri di condotta immoralissima, ma che pure erano riuscite a farsi credere dai loro figliuoli modelli di virtù, perchè osservavano scrupolosamente che in loro presenza nessun atto, nessuna parola sfuggisse rivelando il contrario. E sebbene colpevoli, quelle madri dimostravano però col loro rispetto all'infanzia di onorare le purezza e il bene.
I FIGLIUOLI DELLE AMICHE
I figliuoli delle amiche sono un po' i nostri figliuoli. E se l'affetto non può sussistere allo stesso grado d' intensità, facciamo che nelle manifestazioni la differenza quasi scompaia. Se per un motivo o per l' altro ci vengono affidati, usiamo con essi quella pazienza, quella fermezza, quella sorveglianza che mettiamo in pratica coi nostri figliuoli. Cattiva abitudine è quella di lasciar liberi i bambini degli altri di fare la loro volontà, per non crederci autorizzati a dirigerli. Quando un bambino è vicino
a noi, abbiamo sempre autorità e doveri verso di esso, nè possiamo essere esonerati da una responsabilità più o meno seria, anche se diciamo di non volerne alcuna. Facciamo che i nostri fanciulli adempiano a tutti i loro obblighi di cortesia e d' ospitalità coi piccoli amici, ma non si permetta poi da parte di questi la prepotenza e l' abuso. Se non abbiamo bimbi nostri, teniamo quelli degli altri come creature nate da noi - vigiliamo sui loro bisogni, occupiamoci del loro morale, dirigiamo la loro educazione. Questo deve fare qualunque donna di senno e di cuore.
LE VACANZE
Le vacanze! Stagione di gioia per i fanciulli, ma spesso di doppia fatica per la mamma che non ha più un' ora tutta per sè. Eppure non posso approvare il metodo di certune che per levarsi dattorno i bambini li collocano in altra scuola provvisoria quando le scuole governative sono chiuse. No. È giusto che anche il bambino conosca il riposo dopo la fatica, il sollievo dopo il lavoro. Le vacanze devono essere vacanze, e la mammina deve rassegnarsi a gravarsi le spalle con tutto il peso dolce della sua maternità. Piuttosto, non si lasci ozioso il fanciullo : si prenda una maestra perchè gli faccia un' oretta di ripetizione al giorno: ma i compiti siano poi leggeri, e tali da non affaticarlo come nel tempo della scuola. E la mamma lo fornisca di libri, di giornalini, di giuocattoli ingegnosi, o meglio, di mezzi per fabbricarsene da sè; supplisca all' insegnamento dei maestri col suo insegnamento, ma senza che apparisca, prendendo
pretesto da una curiosità, da un avvenimento, da qualche cosa veduta. Conduca seco il fanciullo, se è grandetto, in qualche museo, in qualche galleria di quadri, gli faccia visitare qualche fabbrica ; procuri insomma che il riposo riesca giovevole allo spirito del suo piccino e non diventi ozio, pigrizia o noia. Sarà una briga per lei, lo so, ma la maternità è così, un tessuto d' abnegazione e di dedizione. Scrive il De Gubernatis: « L'educazione è la scienza più difficile, perchè dovrebbe esser quella dell' abnegazione assoluta. Infatti il vero educatore per bene adempiere la sua gelosa missione, avrebbe bisogno di possedere oltre la sapienza di Salomone e la pazienza di Giobbe, l'abnegazione dei santi martiri. »
I VIAGGI
Se avete la fortuna di essere ricche, impiegate parte delle vacanze dei vostri figliuoletti in qualche viaggio interessante ed istruttivo. Purchè, s'intende, abbiano l' età del discernimento e possano sfidare qualche piccolo strapazzo senza risentirne danno, acquisteranno più cognizioni in un viaggio e le riterranno meglio che non con lo studio di cento libri imparati a memoria. Certo che bisogna, al solito, sacrificare il nostro al loro piacere ; guardare che non si stanchino, che la loro mente non affastelli troppe imagini ; procurare che ricordino con ordine, con chiarezza : metterci in grado di fornir loro spiegazioni esatte e adatte alle loro intelligenze. Durante il viaggio faremo osservare ai bambini, anche a quelli di minor età, se un caso qualunque vuole che li portiamo da un luogo all' altro,
le regole del galateo: giacchè nulla di più insopportabile, nei vagoni, dei bambini male abituati, che saltano adosso, che pestano gli abiti, che non stanno fermi un momento e hanno mille bisogni e mille esigenze. Per questo bisogna che l' educazione abbia un po' di fondo spartano : che i bambini sappiano sopportare la sete, la fame, e reagire contro il sonno e la stanchezza. Incoraggiamoli a queste piccole vittorie sulla parte materiale del loro organismo, facciamone veder loro la bellezza e l' utilità.
AL MARE
La spiaggia del mare è un paese di conquista per i fanciulli : di conquista e di gioia. Dal trottolino che può appena reggersi, ma che già brandisce il suo badiluccio per scavar fossette ; al piccolo uomo di dieci anni che fa dune di sabbia e palizzate con la serietà e la prudenza di un vero esploratore : dalla bimba tranquilla che va in cerca di conchigliette, alla frugolina che passa la giornata in maglia e in accappatoio per tuffarsi nel mare e sgambettare boccconi sulla sabbia fine e vellutata e calda; tutta l' infanzia adora quella vita libera, un po' primitiva, delle capanne, dove cammina a piedi nudi, si veste succintamente e non ha paura di insudiciarsi o di sciupare il cappellino. Eppure ho osservato che il mare urta i nervi a molti bimbi. Tanti che sono di carattere mite e condiscendente, divengono al mare irritabili e capricciosi. Bisogna tener conto di questa influenza dell' aria o del bagno salso per non essere troppo severi od ingiusti con loro. Una mamma deve ar-
madri, al mare, d' una pazienza inesauribile : deve anche sapersi sacrificare senza difficoltà. Alla sera i bambini vanno messi a letto presto; ed essa non dovrà mai abbandonarli per le riunioni negli stabilimenti o negli Hôtels, a meno che i suoi bimbi non riposino a due passi da lei, sotto qualche custodia fedele. Li abitui a levarsi di buon mattino, a indossare senza tanti ostacoli il costume: a spogliarsi e a vestirsi con decenza, e se il mare li spaventa non li faccia entrare con la forza ma con la persuasione, dimostrando loro che non esiste nessun pericolo. La scossa nervosa prodotta da un bagno fatto con la violenza gli toglie ogni effetto benefico. Tutte le madri lo sanno oramai.
IN CAMPAGNA
Anche la campagna è, per i bimbi, fonte di salute, di benessere e di letizia. Specialmente per quelli abituati a rimanere molti mesi in città, la vita libera, semplice, sana, al contatto della natura offre continui motivi di sorpresa, di distrazione, di divertimento, d' esultanza. Ci vuole così poco a riempire l' anima d'un bambino! La visita a un cortile rustico pieno di polli; una capatina alla stalla dove ruminano i buoi e le mucche odorano di latte; gli alveari, il ciuco, i mucchi di fieno, i covoni, la trebbiatrice, i bei cesti d'uva d' ambra e di rubino ; i carri, su cui possono fare brevi tragitti, le pecore, i filugelli, bastano per occuparlo dalla mattina alla sera senza che si annoi un momento, e una mamma accorta dovrà approfittare anche di questo interesse che il fanciullo dimostra per fargli acquistare nuove e pratiche cognizioni,
per incoraggiarlo alla vita semplice e frugale, alla affabilità con gli inferiori. Lo vesta in modo da lasciargli la massima libertà di movimenti, e bandisca dagli abiti e dai cappellini ogni ornamento troppo elegante. E pur permettendogli una certa indipendenza, non lo perda mai d' occhio, non lo lasci allontanarsi solo con altri ragazzi, giacchè la corruzione e la malizia sono spesso maggiori fra i bimbi del contado che tra quelli della città ; è bene avvertirne le mamme che molto volte credono il contrario. Infine procuri che i figliuoletti anche in campagna abbiano le loro ore di riposo e di esercizio intellettuale; che alla mensa si presentino sempre in modo conveniente onde la vita rurale non li faccia diventar rozzi, sgarbati e trasandati.
CASI DOLOROSI
Eppure la maternità, questa più alta e più pura fra le compiacenze della donna, è spesse volte motivo di lotta e di dolore. C' è la maternità gaudiosa, ed è quella che si compie e si espande nella pace serena del nido, sotto la custodia fida di un compagno tenero e forte; che si porta nel grembo o fra le braccia, gloriosamente, come un segno di predilezione e di ventura; che vediamo aumentarci intorno con tenerezza moltiplicata: — e c' è la maternità dolorosa che si vide svilupparsi con terrore, che si è costrette a nascondere come una vergogna e un disonore: di cui, anzi, gli uomini hanno fatto proprio una vergogna e un disonore così che le donne che vi soggiaciono non hanno, molte volte, il coraggio di sfidarli e si tolgono la vita, o, più colpevoli, disperdono il frutto del loro amore
segreto, uccidono la loro creatura. É un delitto che ci fa rabbrividire: eppure se pensiamo alle tempeste feroci, alle angoscie orrende che quelle anime hanno dovuto provare prima d' essere travolte dalla follia che le portò a violare il più forte degli istinti, non possiamo a meno di sentire per esse, misto al ribrezzo, un sentimento di pietà. Sarebbero state,
forse, buone mogli e buone madri se i cattivi esempi o la nequizia e l' egoismo degli uomini non le avesse poste su una falsa via : se l' amore al quale tutto sacrificarono avesse continuato a essere luce e scopo della loro esistenza.
Ma l' amore le ha tradite, gli uomini le hanno abbandonate quando il piacere lasciò luogo al dovere: le donne oneste rivolgono da esse il volto con disprezzo, una vita di stenti le attende... Che cosa può salvarle dalla disperazione ? Troppo l'amor materno è soffocato dal pentimento, dalle ansie, dall'ira e dalla vergogna : la fede è in esse una debole fiamma offuscata dalle passioni : il sentimento del dovere è travolto nella coscienza turbata. Solo la morte, colla sua immancabile pace, col suo scioglimento tragico e assoluto, apparisce loro come l'unico rifugio: solo la cancellatura violenta delle conseguenze del fallo, sembra a quelle che non hanno il coraggio di morire, l'unica riparazione. Ma è tempo che la società, la quale ha, infine, la sua parte di responsabilità perchè composta di quegli individui stessi che, in un momento o l' altro della loro vita furono soggetti di seduzione o complici d' errori, è tempo che la società prov-veda, e non solo materialmente come fa coi brefotrofi e gli ospizi di maternità, ma moralmente,
rialzando nella coscienza pubblica il concetto della donna-madre, in qualunque condizione ella sia, provocando nelle stesse sventurate che sono cadute una salutare reazione, la riabilitazione con la potenza dell'amor materno non più onta, ma conforto, ma nuovo scopo alla vita.
Tempo addietro un medico milanese mi diceva che si sono fatte in proposito delle esperienze con ottimi risultati. Negli asili per i bambini lattanti si permette alle madri di recarsi ad allattare la propria creatura, e si sono istituiti dei premi in danaro per quelle che a capo d' un certo tempo ritirano il bambino e lo tengono seco allevandolo amorosamente ed onestamente. Quelle che la corruzione e il vizio non hanno contaminato, si vedono così autorizzate a compiere un atto ch' esse credevano di dover nascondere e si trovano anche aiutate nella lotta per la vita. Così moltissime vanno, e quasi tutte riprendono il loro bambino, poichè non hanno più coraggio di abbandonarlo dopo averlo tenuto per qualche mese al loro seno.
Rammento qui una bella e commovente novella di Paul Bourget. Una fanciulla sedotta e resa madre, presa dalla vergogna e della disperazione si propone di far scomparire il neonato. Ma prima, negli ultimi giorni della gravidanza, va a confessarsi da un vecchio e sagace prete. E piangendo gli dice anche il suo triste proposito. Il confessore non si scandalizza, non la riprende acerbamente, non le fa intravedere le pene eterne, come qualunque altro, forse, avrebbe fatto: ma le raccomanda una cosa sola: « Prima di ucciderlo, porgetegli il seno ». Sapeva bene che quando la madre
avesse tenuto la sua creaturina appesa al petto non avrebbe più avuto cuore di darle la morte con le sue mani. E fu così. Quel prete aveva la sapienza di Salomone.
MADRI COLPEVOLI
Vi sono madri ancora più colpevoli, ancora più degne di esecrazione. E per esse non v'ha nessuna scusa, e nessun giudizio sarà mai abbastanza severo. Sono quelle che maltrattano i loro figliuoletti, che ne amano uno a preferenza dell' altro, che li spingono sulla via del male col cattivo esempio, con la trascuratezza assoluta, con l' abbandono vile per fuggire verso il piacere egoistico: per posporli a qualche passione bassa e malsana. Sono le madri dal cuore arido e dalla testa leggera, capaci di ricevere gli adoratori e civettare con essi mentre il loro bambino ammalato desidera inutilmente le loro cure: sono le madri egoiste che si procurano tutte le raffinatezze e lasciano mancare i bimbi del necessario; sono le madri corrotte che macchiano le piccole anime candide con l' immoralità della parola e del contegno : che insegnano ai fanciulli a mentire, a spiare, a essere delatori e adulatori; che li sgridano solo quando macchiano il vestito, e li accarezzano quando l' amante le guarda, come l' Aspasia seduttrice del Leopardi.
Non dite che esagero : tutte ne abbiamo conosciute di queste madri colpevoli che profanano la loro missione! Tutte abbiamo provato santi impulsi di sdegno assistendo a scene d' infanzia torturata dalla malvagità, dal vizio, dalla squilibrio morale.
E abbiamo udito talvolta con strazio profondo, con vergogna indicibile del nostro sesso, i piccoli martiri stessi ergersi a giudici, narrare storie di vergogna, esprimere propositi truci per quando il loro fisico ne permettesse il compimento, augurarsi la morte per sfuggire all' ingiustizia, alla crudeltà!
Oh stringiamoci ai nostri bambini e preghiamo! Preghiamo Dio che non conceda la fecondità a certi seni: che non s' oda più chiamare col sacro nome di madre chi non meriterebbe nemmeno di far parte dell' umanità!
I FANCIULLI PRODIGIO
Anche il divino fiore del genio sbocciò nel cuore d' una creatura terrestre. Dante, Colombo, Galileo, Michelangelo, furono fragili bimbi in fasce ed ebbero bisogno delle cure materne. Destino glorioso e temibile, quello d' essere madre del genio, che non augurerei a nessuna donna sensibile e amorosa : vera via di passione in cui l' amor materno riesce solo ad essere immolato sul Calvario. Ma questo destino non si può mutare, e una donna deve saperlo accettare con l' umiltà soave e remissiva dell' Annunzianda quando si inchinò alla volontà del Signore.
I genî non furono sempre fanciulli-prodigio, e viceversa i fanciulli miracolosamente precoci non divennero sempre dei genî. Anzi spesso si riscontra l' opposto. Ma ogni mammina il cui bimbo faccia a nove anni un componimento discreto, o suoni qualche pezzo di musica con garbata interpretazione, o
scarabocchi delle figure sui muri o sciolga quattro problemi con una certa facilità, è persuasa di possedere il superuomo dell' avvenire.
Quanti bimbi sono vittima delle fallaci speranze e dell' eccessivo amor proprio dei genitori ! Condannati a studiare anche mentre gli altri fanciulli si trastullano, li guardano con occhio d' invidia, e il loro morale s' immalinconisce e il loro fisico declina. Oppure persuasi di essere davvero un prodotto speciale della natura che deve essere coltivato in serra, guardano gli altri dall' alto della loro piccola ambizione smisuratamente cresciuta, esigono riguardi, si permettono capricci e stramberie: sono scortesi, sdegnosi, e la mamma li scusa sempre col gran motivo della genialità. Avviene poi che se questa genialità si avvizzisce in germe, il fanciullo divenuto adolescente si trova ad un tratto disorientato, estraneo alla vita comune, isolato: e, o si abbandona ad una vita disutile di piaceri, o s' ammanta nella sua passata notorietà come un piccolo re spodestato continuando ad essere altezzoso e borioso. Una vanità gonfia di nulla che più tardi muoverà a riso e a compassione.
Vi sono però i veri ingegni precoci : fanciulli che fanno stupire per la loro intuizione meravigliosa nell' interpretare qualche arte, nel dedicarsi a qualche esplicazione di essa. E la madre di questi piccoli privilegiati dovrà raddoppiare di cure, di protezione intorno a loro : dovrà vigilare che nulla si guasti del delicato congegno del loro organismo e della loro intelligenza ; che non vi avvenga squilibrio alcuno : perché il frutto maturato innanzi tempo possa giungere sano e moltiplicarsi quando
verrà la sua vera stagione. Io avvicinai a Milano la madre del piccolo Miecio Horzowsky il minuscolo pianista così grazioso nei suoi abitini di velluto, coi lunghi capelli che gli scendevano sulle guancie rosee e ben nutrite ; così stupefacente nell' interpretare musica difficilissima con una correttezza da maestro provetto, nel dare a Chopin la serenità della sua anima di fanciullo. La mamma di Miecio piccolina, magra, abbrunata, tanto somigliante al figliuolo nel volto un po' largo, negli occhi intelligenti e velati da una lievissima malinconia che pareva solamente timidezza quando accanto al suo fanciullo miracoloso sorrideva dei nostri entusiasmi, delle nostre calde parole di congratulazione e di elogio. E fu forse per quella gentile figurina di madre che la sorte del piccolo Horzowsky mi sembrò più avventurata di quella di qualche altro ragazzo artista : e che non ne riportai l' impressione d' una anormalità come molte volte in simili casi mi era accaduto.
L'ARTE E I BAMBINI
Educhiamo all' amor del bello i nostri figliuoli sia per favorire in essi lo sviluppo del germe di qualche tendenza artistica che può esistere nei loro intelletti, sia per conforto alla loro vita. « Bisogna coltivare l' amore del bello perchè possa servire di antidoto al gusto delle cose volgari » ha scritto De Gubernatis. E di recente un altro esimio scrittore ed insigne : Giovanni Azzali, in aureo libro intitolato Educazione estetica consacra un intero capitolo sulla necessità di formare il gusto estetico del
bambino per mezzo di un' accurata selezione del bello e dell' armonioso dal brutto, dal disarmonico e dal volgare, nell' ambiente ove vive e nelle abitudini sue. Dai canti che cullano i suoi primi sonni, ai giocattoli che gli danno le prime gioie, dai suoi abitini ai suoi atti e al suo linguaggio, tutto può concorrere, dice il prof. Azzali, a questo sviluppo benefico: e l'educazione estetica risulterà « il mezzo più potente per sospingere il piccolo essere fuori dell' animalità e dell' egoismo, combattendo anche certe brutte tendenze ereditarie, certi brutti istinti».
Mano a mano che il fanciullo cresce si può e si deve allargare il campo delle sue impressioni. Libri ben fatti, buona musica, nobili esercizi fisici, la contemplazione delle bellezze poetiche del creato, e quando la fanciullezza cede il posto alla puerizia, la conoscenza dei capolavori dell' arte, nelle visite alle chiese e a musei, gioveranno moltissimo a dargli la conoscenza del vero bello ideale, a suscitargli il rispetto e l' amore per l' arte. Una mamma sagace può valersi di molti mezzi per questo fine: per esempio le collezioni di cartoline illustrate riproducenti monumenti o pitture o luoghi pittoreschi: la collezione delle monete, delle pietruzze, delle conchiglie; la macchina fotografica, i pennelli e la scatola dei colori, lo studio di qualche istrumento, la declamazione di qualche bella poesia. Giova anche la recitazione, i dialoghi, le commediole tra bambini purchè graziose, adatte e ben insegnate ed apprese. Se anche non diventerà un artista — triste privilegio — un giovane educato a distinguere l' arte vera dalla falsa, alla contemplazione della bellezza, fino dalla sua infanzia, possederà
una delle maggiori forze per vincere la tristezza, lo sconforto, ed anche il dolore.
IGIENE INFANTILE
I medici sono tutti d' accordo nel dichiarare che una delle prime e principali cause della mortalità che colpisce l' infanzia, dalla nascita al sesto anno d' età, è la mancanza d' igiene, l' ignoranza quasi assoluta e purtroppo estesa anche fra le classi agiate, delle cure speciali che il delicato organismo richiede per svilupparsi senza contrasto, vigorosamente. In alcune grandi città si è iniziato per merito di alcuni benemeriti sanitari un corso elementare d' igiene infantile dedicato alle signore e alle signorine che possono per tal modo prepararsi adeguatamente alla difficile e grave missione della maternità. L' uso delle fasce, l' allattamento male regolato, i cambiamenti di temperatura a cui si espongono i piccini inconsideratamente, poca pulizia, cibi disadatti o somministrati in troppa quantità, la mancanza di regola, d' ordine, nella vita infantile, vanno contate tra le principali cause determinanti le malattie o una debolezza organica che renderà più difficile la resistenza e la reazione. Quante mamme ho veduto sciogliersi in lagrime al letto del figliuoletto ammalato, e non essere capaci poi, per soverchia indulgenza o per insipienza, di negargli ciò che gli riesce nocivo, di prevenire i mali a cui va soggetto, con qualche cura, qualche riguardo debito ! Lo lascia rimpinzare di dolciumi o di frutta, non ne osserva le digestioni, lo porta di sera in luoghi antigienici, non ne vigila la nettezza
personale, lo veste troppo leggero o troppo greve, lo lascia al sole senza cappellino, gli dà a bere vino o caffè, o, peggio, sostanze alcooliche. E non pensa che i bimbi hanno bisogno di moto, di luce, d' aria libera e asciutta, e lo tiene immobile per lunghe ore in una seggiolina o rinchiuso nelle stanze di qualche ristretto e malinconico appartamento.
Ho però osservato, con molta soddisfazione, che le mammine moderne sono assai più scrupolose e fedeli osservatrici delle regole igieniche che non le mamme di trent' anni fa imbevute ancora di pregiudizi, ossequienti ai consigli delle comari e refrattarie a quelli del medico. I neonati non si fasciano più, si alimentano di solo latte, con misura, si pesono per regolarsi intorno al loro sviluppo, si fanno respirare all' aria libera, sgambettare, quando sono più grandicelli, sui tappeti. Le carrozzine a ruote cerchiate di gomma hanno sostituito le braccia della nutrice, si vigila attentamente sulla loro nettezza, non si dondolano nelle culle, non si fa uso di narcotici nè di pappe. Quando il loro stomaco richiede alimenti più sostanziosi, si procura che siano i più nutrienti e leggeri : si tengono i bambini alla regola delle ore fisse dei pasti, non si somministra loro vino nè altri eccitanti. Si fanno passeggiare quotidianamente in luoghi ariosi e salubri, si coricano presto, si fanno levare non troppo tardi dopo un sonno giusto e tranquillo. Si bada a non coprirli troppo nè troppo poco, a farli resistenti — ad indurirli, come dicono gli inglesi — all'azione diversa delle temperature, ma grado grado, senza che l' esporveli costituisca un pericolo.
Le giovani madri d' Italia guardano e saggiamente seguono l'esempio della nostra regina, Elena di Savoia, modello di previdenza, d'amore, di senno materno, i cui bambini mostrano infatti col felice risultato d' una salute e d'una robustezza perfetta la grande efficacia dell'igiene nell'allevamento dell'infanzia.
MALATTIE DELL' INFANZIA E COME SI CURANO
« Vestiti paiono qualche cosa » scrive il De Amicis in quelle sentite pagine intitolate Dall'album di un padre: — spogliati non sono più nulla. Si palpa quel corpicino, si sente quell'ossatura sottile che par si debba spezzare a premervi di sopra la mano, e si trema pensando a che tenero filo è legata quella cara vita... » Si, tutti i genitori amorosi hanno tremato innanzi a quella fragilità ché è per essi così preziosa, così necessaria. Se il bambino sta bene, si pensa con terrore a tutte le malattie che travagliano l' infanzia: il morbillo, la scarlattina, la pertosse, le angine difteritiche... Se poi si ammalano il cuore sanguina di strazio e le visioni più lugubri ci ossessionano continuamente. Bimbi, quanto costate di ansie, di lagrime, di emozioni, di spavento alle povere mamme ! Una febbre, un mal di gola, un'indigestione, e tutta la casa è disordinata, non vi sono più ore per mangiare, per dormire, per fare toilette; tutto s'arresta come un ingranaggio a cui venga meno la forza motrice; tutto si dimentica come inutile o superfluo; la culla, il lettino da cui la mamma non si scosta mai, come una Vestale che vigili il sacro fuoco, diviene il centro dell' universo.
I bimbi, appunto perché non ancora temprati, sono più facili ad ammalarsi degli adulti, ma nei loro organismi vergini e nuovi la natura ripone forze di resistenza, di reazione, più pure e più pronte. Certo che conviene essere sollecite a intervenire coi rimedi, ma non curando il bébé di nostra testa o dando ascolto ai suggerimenti delle comari ignoranti, bensì ricorrendo subito al medico di casa — un medico moderno s'intende — o, se il caso si presenta grave, ad uno specialista. Questo deve essere il primo pensiero della mamma, che baderà poi di osservare ogni prescrizione rigorosamente. Quando i bambini si rifiutano assolutamente di prendere le medicine, meglio ricorrere all'inganno che alla violenza. Un egregio medico, il prof. Cattaneo dell' università di Parma, specialista per le malattie dell'infanzia, in un suo volume su questo tema raccomanda di dare la preferenza finchè è possibile ai mezzi esterni di cura, ed essere parchi, in generale, di rimedi somministrati all'interno. E tra i mezzi esterni mette l'idroterapia sotto le sue diverse forme; la rivulsione o l'applicazione di cataplasmi, vescicanti, ecc.; il massaggio, la ginnastica, l'elettricità, le cure climatiche, le irrigazioni intestinali e le lavature della cute e mucose accessibili.
La terapia dietetica, ossia la regola degli alimenti costituisce pure, secondo il dott. Cattaneo, un mezzo importantissimo d'aiuto alla natura contro le diverse malattie, tanto in quelle dei bambini lattanti, pei quali è sempre indicato il latte di donna: come nelle malattie dei bimbi che non poppano più. Quando la malattia è di carattere gastroenterico si deve lasciare all'intestino il maggior
riposo, quindi nutrire il piccolo infermo di soli liquidi: nei primi giorni decozioni di farine, o acqua albuminosa coll' aggiunta di cognac, se vi sono sintomi di collasso o nella dissenteria. Dopo si passa al latte, oppure al brodo con polvere di carne, al succo di carne con un po' di zucchero, il cacao di carne ecc. Nella convalescenza pure bisogna attenersi ad una dieta nutritiva e liquida. Il dottor Cattaneo avverte qui che le ova, elemento nutritivo per eccellenza, sono in generale mal digerite dai bambini, ed è meglio astenersene. La frutta e i legumi crudi portano facilmente nello stomaco dei bambini le uova dei vermi che nascono e si sviluppano nell'intestino, bisognerà provvedere allora con un vermifugo, ma per i gravi fenomeni che talvolta producono, non si può consigliare una dieta speciale. Nelle malattie febbrili acute, l'alimentazione del bimbo riesce assai difficile. Spesso il piccolo malato rifiuta ogni alimento, e allora conviene ricorrere alla sonda o ai clisteri nutritivi. Anche però se il bimbo prende da sè il cibo bisogna dare dei liquidi che in piccole dosi posseggano molto valore nutriente. Sopratutto è necessario sostenere le forze del malato : questo è ciò che bisogna tener presente. Nella pertosse, o tosse canina, si deve usare dieta speciale a causa del vomito che quasi regolarmente segue l'ingestione degli alimenti. Meglio frazionare molto i pasti e dare ogni volta piccole quantità; la dieta lattea è eccellente. Pei bambini più grandicelli oltre il latte si possono dare panate molto fluide, cervella, crema, gelatina di carne, di frutta.
Nelle malattie nervose in generale la dieta deve essere corroborante: tali malattie, e specialmente
quelle del midollo spinale, producono grande consumo di forze a cui bisogna provvedere con alimentazione variata e nutritiva; come pure nella tubercolosi e nella scrofola. In questi ultimi casi si consigliano farinate di latte con burro, latte con biscotti, carni grasse, cibi di farine, preparati con burro o con olio, verdure e legumi freschi in abbondanza. Utilissimo lo zucchero. Nella rachitide il cibo deve essere specialmente variato e sempre fresco: il succo di frutta, aranci, uva, è assai indicato. I legumi che contengono del ferro, tanto necessario all' organismo dei rachitici, recheranno vantaggi.
Invece dell'enumerazione dei rimedi, che nessuna mamma vorrebbe certo somministrare senza l' ordinazione del medico, ho creduto far cosa più utile ad esse indicando il modo di coadiuvare, di completare la cura che solo il medico ha diritto di prescrivere. Infatti in ogni caso di malattia infantile, sia semplice o grave, congenita o causale, il primo, l' unico dovere di una mamma tenera e intelligente è quello di mettere la sua creatura nelle mani della scienza e secondarne l'opera con fiducia, energia e abnegazione.
LA RELIGIONE E I BAMBINI
La prima rivelazione della Divinità deve essere fatta ai fanciulli dalla loro madre. Nè maestri, nè sacerdoti possono sostituirla in questa parte fondamentale e alta della sua missione. Imparino a conoscere la Provvidenza dei baci di lei, dalle sue cure instancabili : la misericordia celeste della sua
inesausta indulgenza, dal mai negato perdono : la potenza augusta di Dio nelle bellezze del creato e della natura, che la mamma svelerà al bimbo mano mano che la sua intelligenza si mostra apparecchiata a comprenderle. Nelle lunghe ore in cui l'anima della madre e quella del figliuolo si trovano in comunione tenera e intima, essa baderà a non restringere l' ideale della religione costringendo a pratiche moleste ai fanciulli e grette, ma parlandogli dell'Ente creatore e ordinatore di tutte le cose, getterà salde basi d' una fede destinata a divenir conforto e salvezza negli anni più maturi e meno lieti.
Brevi preghiere al mattino e alla sera; qualche visita in chiesa, ma non si portino i bambini alla Messa o alle funzioni religiose prima dei sette anni, in riguardo all'igiene ed anche per il rispetto al luogo sacro dove essi non possono serbare un contegno quale si richiede, corretto e riverente.
La mamma si occupi pure dell' insegnamento del catechismo : se ogni mamma spontaneamente lo facesse — come ne avrebbe il dovere — non si discuterebbe più tanto intorno all'insegnamento religioso nelle scuole. Ed insegni a pregare i fanciulli nel modo più semplice, nella lingua che usano parlando con lei. Una mamma appunto, un dolce intelletto amoroso di donna e di scrittrice, ha avuto l' idea gentilissima di scrivere una breve raccolta di preghiere per i suoi bambini, beneficando così nello stesso tempo anche i bambini non suoi, i quali troveranno nelle semplici pagine un riflesso della tenerezza materna che le ha suggerite. L'autrice è Sofia Bisi Albini e finisco trascrivendo una
parte della brevissima preghiera della sera, quella che i bimbi dicono già adagiati nel lettino bianco con gli occhietti pieni di sonno e le piccole mani chiuse in quelle della mamma che si curva sul guanciale come l' immagine visibile dell' Angelo custode:
« Un altro giorno è finito: ora tutto riposa. Chi ha passato una buona giornata Ti ringrazia e Ti benedice. Chi ha avuto dei dolori ti chiede la forza di sopportarli e ti benedice. Io penso a tutte le ore passate e ti chiedo perdono se non ho mantenute le promesse che ti ho fatto questa mattina. Come sarei felice di non aver nessun rimorso! Invece ogni giorno c'è qualche disubbidienza, qualche pigrizia, qualche sgarbo. Perdonami, mio Dio, e aiutami a resistere alle tentazioni del male. »
CRESIMA E PRIMA COMUNIONE
Anche a preparare i bambini ai primi sacramenti che la Chiesa conferisce ai cristiani, pensa sopra-tutto la mamma. Prima di mettere il bimbo o la bimba sotto la direzione delle autorità ecclesiastiche, essa disporrà il suo cuore alla santità dell'atto, con discorsi acconci, con letture spirituali, con quelle elevazioni d'anima per via d' opere buone o di sentimenti, più efficaci d'una formale preghiera. Alla cresima i fanciulli vanno a sette anni compiuti, non consiglierei le mamme a mandarli prima. Le bimbe si vestono di bianco, con velo bianco fissato da fiori candidi : roselline o gelsomini o violette bianche. II costume è circa come quello della prima Comunione, ma lascia libertà a un po'
più d'ornamento. Si possono sovrapporre le sciarpe di seta: nei capelli si possono mettere nastri bianchi. Il maschietto ha un abitino bleu o marrone: non è di rigore il colletto alto a quell' età, al quale si può sostituire un colletto arrovesciato con cravatta ad ampio fiocco, bianca. Un nastro bianco con frangetta d' oro gli cinge il braccio sinistro. Scarpe e calze devono essere nere. Qualche mamma veste di bianco anche il fanciullo, e infatti a sette anni, egli può ben parere un piccolo giglio. Mi sembra anzi una moda carina da diffondere.
Il padrino per il maschio, la madrina er la femmina sono sempre parenti o amici intimi dei genitori. Essi fanno ai figliocci un regaluccio di valore ed uno di dolci; e durante tutta la giornata il bimbo o la bimba restano con loro a pranzo, alla passeggiata, e non rincasano che all'ora di andare a letto.
La prima comunione richiede maggior austerità. Semplicissimo l'abito della fanciulla e correttamente nero a sparato bianco, colletto alto, nastrino bianco, l'abito del signorino che recherà di nuovo al braccio sinistro il mistico braccialetto frangiato d' oro. All' occhiello potrà avere un minuscolo crocifisso d'argento con nastro bianco o azzurro. La giornata pia si vive tutta nell'intimità della famiglia. La mamma condurrà in persona la figliuoletta o il ragazzo in chiesa, assisterà alla cerimonia, li condurrà a casa seco, si occuperà di far loro visitare quei parenti che, o vecchi o infermi, non avessero potuto intervenire al rito sacro, e non lascerà ad alcuno l'incarico di disporre e di togliere il lungo velo bianco, simbolo d'innocenza e di modestia.
Ottima cosa farà la mamma se vorrà solennizzare il giorno pio con opere buone, per esempio quella di vestire una comunicanda povera a sue spese, interessandovi specialmente la sua figliuola.
IL COLLEGIO
Molti genitori decantano i collegi come il mezzo per eccellenza atto a conseguire l'educazione perfetta: molti altri invece lo avversano ostinatamente. Io credo che il collegio sia ottimo per certi casi speciali, ma non adatto a tutti i temperamenti nè a tutti i fanciulli: non consigliabile poi come esclusivo sistema d'allevamento fisico morale e intellettuale. Provvidenziali i collegi nelle circostanze dolorose, come la mancanza del padre per un fanciullo e della madre per una bambina: nei casi di seconde nozze, di separazioni fra i genitori o di irrimediabile disaccordo fra essi; nei casi di qualche cattivo esempio in famiglia, di qualche malattia cronica e triste di qualcuno dei suoi membri. Utile il collegio è quando i genitori dei ragazzi e delle fanciulle vivono in piccoli centri di provincia, in campagne isolate, dove altri mezzi non solo di istruzione ma di incivilimento, non sono possibili. Benefico spesso è il collegio ai caratteri indomabili, prepotenti, ai ragazzi viziati, alle bimbe vanerelle o neghittose o eccessivamente vivaci. Ma quando una famiglia è costituita normalmente e vi regna la concordia e dimora in un centro di cultura, non consiglierei a nessuna madre di allontanarsi da sè i suoi figliuoli. Meglio gli istitutori o i maestri a domicilio; meglio le scuole frequentate
giornalmente. I collegi, per quanto abbiano procurato di evolversi, d' uniformarsi alle necessità dei nostri tempi, sono sempre il prodotto pedagogico di un' età passata, quindi inferiori a quanto oggi si richiede e si può ottenere per la formazione dell'uomo e della donna avvenire.
In alto mare
I mariti giudicati dalle mogli — L'età del marito
e l' età della moglie — La moglie dell'uomo
d'ingegno — A fuoco spento — Tentazione
— L' amara dolcezza — Il male e il rimedio
— « Un punto sol fu quello che ci vinse » —
Nel turbine — Lettere d' amore — La prima
volta — L'amante — Le rivali — Vittorie e
sconfitte — Umiliazioni — La complicità—
L' arte di mentire — Il silenzio — Il giorno
terribile —L'inflessibilità o il perdono — La
tragedia — L' innocente — Separazione e divorzio —
L'esilio — Tutto per nulla! — Estremo rifugio.
Come i naviganti nella buona stagione tengono
in pronto le cose necessarie per la
tempesta, così i saggi in mezzo alla buona
ventura a' apparecchiano i sussidi contro
l' avversa.
PLUTARCO.
I MARITI GIUDICATI DALLE MOGLI
Mettete insieme tre donne che abbiano un po' di confidenza fra loro, e troverete che fra una discussione sulla forma dei cappellini e un' altra sul taglio degli abiti, entrano in campo i mariti. E allora, Dio liberi ! sono geremiadi interminabili, sono requisitorie feroci, sono sfoghi drammatici, propositi tragici. Veduti attraverso a simili lenti, questi mariti sembrano mostri d' efferatezza tali che Ezzelino e Barbablù sono agnelli al confronto. Eppure hanno trovato delle donne che acconsentirono a divider con loro la vita, non solo, ma che in un certo periodo ii vagheggiarono come l' ideale, li riguardarono come semidei al confronto degli altri uomini. Perchè? Perchè — rispondono le mogli — allora erano innamorati, fidanzati, ed ora sono mariti. Appena l' uomo diventa marito, entra in una categoria speciale; può essere il più grande scienziato, il poeta più celebre, l' uomo politico più eminente; può compiere atti magnanimi e opere buone;
può destare entusiasmi e simpatie, ma non potrà mai e poi mai liberarsi da quelle mende, da quei difetti speciali, inerenti al suo stato di marito, e che ne fanno agli occhi della moglie un essere diverso da quello che appare al mondo.
Un marito è sempre impaziente, sempre egoista, sempre avaro : spesso brontolone, prepotente, irragionevole : novantanove volte su cento infedele,più o meno impunemente, e non di rado sospettoso senza motivo, strambo, lunatico, violento. La moglie conosce inoltre le sue piccole fissazioni, le sue piccole debolezze, e quel lato comico, che presta esca al ridicolo che ogni carattere reca in sè. E sovente questo lato è spoetizzante e si è rivelato solo — questo è il peggio ! —all'indomani delle nozze. Così la moglie quando sente tessere l' elogio del marito da chi non lo conosce come lei, e vantarne l' uguaglianza di carattere, la finezza dei modi, la generosità, la bonomia, sorride e tace; e quel sorriso e quel silenzio sono, per chi se ne intende, un commento eloquentissimo.
Una mano sulla coscienza, mie care signore. Siete voi ben sicure di essere impeccabili ? Siete proprio certe che quell' impazienza, quell' avarizia, quell'incontentabilità, l'infedeltà stessa, non abbiano in voi, appunto in voi, la lora remota ma sicura origine ? Se fate troppo i vostri santi comodi, se spendete più del possibile, se non vi date briga di uniformarvi ai gusti del vostro compagno d'esistenza, se, infine, non siete più tenera verso di lui come nei primi tempi e con la trascuratezza del vestire o un contegno rilasciato favorite le mancanze di riguardo e gli strappi alla poesia — parliamoci chiaro
di chi la colpa? — Almeno almeno metà peruno ! Sebbene in generale si creda il contrario, io ho l' opinione che è la moglie che fa il buono o il cattivo marito. Non è sempre per mala volontà che non vi riesce : qualche volta è per inesperienza, per debolezza, per mancanza di superiorità o d' intuizione, ma tant'è, il principio della disgregazione, dello squilibrio coniugale risiede in lei. Il rimedio? C' è ed è infallibile: si faccia amare ! Il suo ingegno, il suo cuore, il suo fisico, tutto impieghi per questo. E il marito guarirà come per incanto da tutti i suoi difetti.
L' ETA DEL MARITO E L' ETÀ DELLA MOGLIE
Molte volte però la causa prima delle discordie domestiche è da ricercare nella soverchia distanza d' anni che separa i due coniugi. Si capisce che una sposina di venticinque anni deve vedere la vita sotto un altro aspetto di quello che la vede il suo sposo che ne ha cinquanta : oppure che i gusti e le abitudini d' un giovane marito possono non accordarsi coi gusti e le abitudini di una moglie già matura. Certi matrimoni male assortiti per l' età, recano in loro il germe del dissolvimento o peggio di un lungo martirio, quindi la prudenza, nel contrarli non sarà mai raccomandata abbastanza a coloro cui l' amore momentaneamente fa velo. Si sono dati, bensì, dei casi d' unioni che risultarono felicissime nonostante la differenza degli anni fra i due, ma le doti fisiche o morali necessarie ad un buon risultato, sono tutt'altro che facili a rinvenirsi. È vero, certe giovinette non troppo belle,
molto buone, molto docili e ignare della vita, desiderose, più che d' amore, di tenerezza e d' appoggio, vissero in tranquilla e dolce serenità accanto al marito dai capelli grigi, che aveva però salute ben conservata, e molta finezza di modi, molto tatto di contegno. Oppure qualche giovine che s' innamorò perdutamente di una donna sulla quarantina e s' ostinò a sposarla, non ebbe a pentirsene e l' amò ancora e gli rimase fedele: ma quella donna era rimasta malgrado gli anni, affascinante e graziosa od aveva doti d' animo e intelletto superiori. Uno dei più grandi esempi d' amore rimasti nella storia è appunto quello fra Musset e la Sand che aveva quindici o vent' anni più di lui ; ed uno dei più grandi esempi di fedeltà si riscontra in Roberto Browning, il poeta inglese, verso la sua compagna Elisabetta, maggiore a lui di tre lustri. Ma viceversa non abbiamo o non ricordo, esempi speciali di felicità e di costanza nell'altro caso, nel caso del marito vecchio e della moglie giovane. Questo indurrebbe a credere che grande elemento di buona riuscita risiede nell' esperienza della donna, nella sua forza di volontà, nella coscienza della sua individualità e nel pieno sviluppo delle sue energie mentali e sentimentali, evoluzione che avviene solamente con l' età, quando non sia stata preparata (e si dovrebbe !) con un' educazione speciale.
LA MOGLIE DELL' UOMO D' INGEGNO
« Non bisognerebbe mai fare la sciocchezza di sposare un uomo d' ingegno — scrive Ida Baccini — ma quando si è sposato conviene elevarci fino
a lui e non pretendere ch' egli si abbassi fino a noi. » Giustissime parole : giacchè sebbene l' uomo d' ingegno vada dichiarando, e talora con ostentazione che l' ignoranza accanto a sè lo riposa, dimostra poi di non sopportare con troppa filosofia le conseguenze dirette di questa ignoranza che sono la petulanza, il pettegolezzo, la piccineria. Una donna che non rispetti il raccoglimento del pensatore e l' ispirazione dell' artista : che non sappia essere indulgente per certe sue negligenze, per certe sue disattenzioni ed anche per qualche disuguaglianza d' umore o scatto di nervi, tributo che i signori della vita intellettuale pagano spesso alla fragile natura umana — questa donna non potrà mai far buone le ore di riposo nell' intimità domestica, non seconderà, ma renderà più malagevole gli sforzi dell'uomo d' ingegno verso il suo ideale. Se è giovine avrà voglia di divertirsi e costringerà il marito a frequentare luoghi mondani ove si sentirà a disagio, dove forse uno stupido vagheggino per cui l' eleganza è tutto, oserà mettere in ridicolo il suo colletto che non è sull' ultimo modello, qualche inesperienza sociale in cui può incorrere, egli che vive in una sfera così diversa e superiore. Se la moglie non è giovine, gli rimprovererà forse i denari che spende nei libri, negli esperimenti scientifici, nei congressi, nelle esposizioni, e l'umilierà stupidamente osservandogli che le sue fatiche sono senza frutto, che la sua arte non serve se non a far perdere il tempo. Od anche gli empirà la casa di oggetti di cattivo gusto e lo farà arrossire per gli strafalcioni che snocciolerà imperturbabile in presenza degli invitati e degli amici.
« Si sposa qualche cosa di più d'un uomo quando si sposa il suo ideale » scrisse Emilio de Marchi con la nobiltà che gli era consueta. Infatti una donna che si accinga ad unire il suo destino al destino d'un essere superiore, deve prima di tutto sentire l' orgoglio di essere stata eletta, e quindi proporsi di non riuscir mai inferiore al concetto che chi l'ha scelta si è fatto di lei. Chiamata a dividere una vita che può svolgersi in spirali fulgide ascendenti fino all' apoteosi, o smarrirsi in un labirinto fra tenebre cupe senza speranza di uscirne, ella dovrà serbarsi alta e forte, senza inebriarsi della ventura, senza disanimarsi nella cattiva sorte. Raddoppierà di previdenza, d' intuizione, di tolleranza, di spirito di sacrificio, annienterà sè stessa nella personalità del suo compagno, paga di essere l' ombra refrigerante, il sostegno segreto, la benefica fata nascosta: di essere una delle cause principali, forse, di una magnifica fioritura ideale che stupisce il mondo. Per una donna d'intelligenza e di cuore nessuna missione più eletta, più invidiabile di questa, d'essere la degna compagna del genio, od anche solamente dell' uomo d' ingegno; di vivere con lui e per lui la doppia vita del cuore e dell'idea.
A FUOCO SPENTO
« La destinée a deux manières de nous briser
— scriveva con acutezza Federico Amiel — en se refusant à nos desirs et en les accomplissant». Quante cose ferventemente desiderate: avvenimenti, circostanze, concessioni, possesso, che parevano la vetta della felicità, e per cui avremmo dato degli
anni di vita, quando li avemmo ottenuti si convertirono nell'origine delle nostre disgrazie, nel tormento crudele di tutta l'esistenza ? Così purtroppo accade di molte unioni, contratte in un periodo di esaltamento che scambiammo per amore eterno e infinito ; o concluse per una soddisfazione di amor proprio, di vanità, di puntiglio, senza esserci bene interrogate, senza aver riflettuto quali elementi di benessere e di stabilità poteva offrire quel tale matrimonio per altri e per noi.
Questo il motivo per cui dopo un anno o due, marito e moglie divengono l' uno all'altra quasi indifferenti e invece di ricercarsi vicendevolmente per conforto e dolcezza, si sopportano con più o meno filosofia, dedicandosi ognuno per proprio conto al genere di vita che preferisce e difendendo gusti ed abitudini con arroganza, con tenacia, con prepotenza. Il fuoco che incendiò i cuori si è spento : era forse un fuoco di paglia, ma nessuna scintilla rimane a conservarne la traccia: nulla; non troviamo che materia carbonizzata e distrutta. Il marito vede lucidamente tutti i difetti della moglie, quei difetti che nella luna di miele gli parevano grazie seduttrici. La moglie vede i difetti del marito, così chiari e rilevati come li guardasse attraverso ad una lente d' ingrandimento — eppure nel periodo della promessa di nozze le sembrarono altrettante virtù. Entrambi subiscono allora le conseguenze della propria inconsideratezza, della propria ostinazione, della propria cecità volontaria e trascinano la catena che le loro mani stesse si sono avvinte ai polsi, rodendosi in segreto, provando degli accessi di intima disperazione al pensiero che sono ancora
giovani, che avranno ancora venti, trenta, quarant'anni da vivere a quel modo, senza più speranza di liberazione, senza poter più disporre della loro anima e della loro persona... La stima reciproca, questo grande sostegno dell' amore, quando l' effervescenza passionale è sbollita, in queste unioni inconsiderate, d' illusioni, di calcolo, è difficile a conservarsi : il concetto del dovere è quasi sempre superficiale e imperfetto. Motivati dall'egoismo, questi matrimoni continuano ad alimentarsi di solo egoismo fra gli urti, le offese, le soperchierie : talvolta è la lotta feroce dei due naufraghi che vogliono salvarsi l'uno a spese dell'altro, e nella maggior parte dei casi non riescono se non ad annegare entrambi miseramente.
TENTAZIONE
Quando una donna ha cessato d' amare suo marito, sia che le abbia procurato grandi delusioni, sia che il suo temperamento impressionabile ed impulsivo non le consenta la stabilità dei sentimenti; od anche per la lunga consuetudine della vita comune che finisce per lo più col togliere all'amore ogni carattere di passione e lo fa rientrare nella tranquilla categoria degli affetti; allora ella si trova nel momento più pericoloso della sua vita di donna onesta. Un penoso senso di vuoto, d' insufficenza, invade a poco a poco il suo cuore : tutto pare impallidire in lei e fuori di lei come dopo il tramonto di un sole ; fantasia, anima e sensi tacciono in un silenzio grave e mortale. Ma è nell' ombra appunto e nel silenzio che l' antico e leggendario serpente
della tentazione striscia, subdolo e maligno. Una frase d' ammirazione per la sua persona espressa da labbra virili in forma più calda e più elegante delle consuete; uno sguardo congiunto ad una musica eccitatrice: un' assiduità fedele; preferenze rivelatrici, e talvolta una lettera audace, una seducente visione fatta balenare con astuzia; ed ecco che il serpentello velenoso è già entrato nel cuore e vi annida. E il più pericoloso è che il male, l' illecito, entra in noi sotto le vesti allettanti della virtù. La sposa disamata è persuasa che quegli omaggi speciali, quelle preferenze non siano che conforti spirituali che qualche nobile anima virile presa di pietà pel suo stato, desidera darle. La moglie che non ama più, crede intravedere nella manifestazione di simpatia, in un' affinità intellettuale e morale, un rifugio, un compenso allo squallore del suo isolamento intimo e vi si abbandona convinta di non mancare a nessuno dei suoi doveri. Poi quelle manifestazioni sono così timide! è così poco quello che le si chiede! e questo nuovo sentimento che già le intiepidisce l' anima come un alito di primavera è così puro, si manterrà sempre così alto, così superiore, che solo un dubbio le pare profanazione. E nuovamente illusa porge gli orecchi ai canti delle eterne Sirene, mentre dovrebbe come il saggio Ulisse tapparseli con la cera e proseguire il suo cammino. Dice Fénélon: « Il faut laisser la tentation gronder autour de nous, comme un voyageur surpris par un grand vent dans une campagne s' enveloppe dans son manteau et va toujours malgré le mauvais temps. »
L' AMARA DOLCEZZA
Per un po' di tempo questo nuovo elemento infiltrato nella coscienza segreta può dare un benessere fittizio, l' illusione d'un aumento di vita, come certe medicine destinate a rialzare temporaneamente le forze dell'infermo. È come una nuova primavera. Si riprovano sentimenti, sensazioni dimenticate, si esulta della giovinezza, della bellezza, dell'ingegno che la sorte ha dato. Il sentimento non langue più ozioso, ma ha un oggetto intorno a cui esercitarsi : il cuore non si rattrappisce più, ma è gonfiato come una vela al vento. Però questo stadio di acquiescenza è transitorio. Una sera di solitudine, contemplando il plenilunio, invade a un tratto un'onda d'amarezza. Perchè? È il senso dell' impossibile, del vietato ; è l'oppressione della barriera ferrea messa fra noi e il bel sogno; è il rimpianto, l'ira dolorosa di passare vicino alla felicità, così vicino da sfiorarla, senza poter dire all'attimo fuggente, nella plenitudine nella vittoria del desiderio appagato, per un giorno, per un' ora, per un minuto : « Arrestati, sei bello! »
Il n'y a en amour que les commencements ; dice Arsène Houssaye. Les beaux romans sont ceux qu' on ne finit pas. » Ma l' amore obbedisce alla legge eterna che lo regola, che gli comanda di completarsi, di possedere senza restrizioni, senza impedimenti, e tutto ciò che tende a farlo deviare dalla sua via normale lo irrita, lo altera, lo sconvolge. In certe anime nobili, questi divieti del destino e della volontà possono trasformare l' amore in
qualche cosa di sublime e d' eterno : arte, eroismo, dedizione all' umanità. D'un amore sventurato Dante ha fatto la Divina Commedia e Wagner il Tristano e Isotta: e se le opere migliori dei poeti e degli artisti potessero rivelarci il segreto della loro origine, noi vi troveremmo sempre, forse, lo strazio d'una passione che non ebbe umano compimento e divenne ispirazione, arte, e bellezza.
Ma per queste conclusioni eroiche, direi sovrumane, quanto martirio, lungo, segreto, nell' ombra! Quante tempeste celle tenebre! Ed e una breve parola quella che toglie ogni lume di speranza, quella che preclude irrimediabilmente il cammino, che scava l' abisso: Mai! non sarà mai! Bastava una piccola circostanza: essere andate o no in un luogo : essersi trovata o no con un' amica in un dato giorno; aver scritto o no una lettera, perché il nostro destino fosse stato diverso, perché invece d'una catena di piombo avessimo potuto cingerci con un serto di fiori. Ma ora è troppo tardi, il nostro destino è fissato, inesorabile : e il pensiero di quello che avrebbe potuto essere lo rende ancora più penoso. Guardami in faccia — canta il poeta inglese Dante Gabriele Rossetti — mi chiamo Ciò che avrebbe potuto essere. Mi chiamo anche: Mai più — Troppo tardi — Addio. ››
Pure in queste condanne d' amore è una amara dolcezza. Il sentimento che non può appagarsi nel possesso completo s' esalta nel proprio martirio, si congiunge all' altro sentimento nelle pure sfere dell'ideale. « Sono sposi ma senza nozze, non con le radici, ma col vertice: come gli astri e le palme. » Sì, sì, essi non saranno mai l'uno dell'altro, poichè
un altro vincolo, non dovere lo vieta; ma si apparterranno spiritualmente, col pensiero, con l' anima, col cuore, con l'intelligenza; e il loro sacrificio renderà più saldo, più indissolubile, più fedele il dolce triste amore....
IL MALE E IL RIMEDIO
Molte donne fanno questo — e giungono per un certo tempo a trovare il rimedio, il sollievo: il corpo al marito, l'anima all'amante ideale. Come se quel complesso di sensazioni e di sentimenti che costituiscono un' individualità umana si potesse separare così egualmente da pervenire allo sdoppiamento assoluto! Come se l'infedeltà non fosse rappresentata che da un atto materiale e non dal consenso delle più nobili facoltà : pensiero, desiderio, slancio spirituale! Come se, spoglio del profumo del sentimento, il dono di sè potesse ancora valere qualche cosa per chi riguarda l' amore più che come un istinto animale ! L' infedeltà vera, la violazione del giuramento e del dovere comincia dal primo pensiero di preferenza, dal primo impulso d'inclinazione che una donna segue volontariamente verso colui che non è suo marito. Inutile farsi illusioni! Messo piede su una china sdrucciolevole non ci si può arrestare quando si vorrebbe e talora bisogna andare fino in fondo, sino alla caduta vergognosa e fatale. Il rimedio deve esser pronto, energico, radicale. Evitare le fantasticherie, la solitudine, l'ozio, le occasioni : tagliar corto a qualunque insinuazione, spegnere subito con un contegno anche eccessivamente riservato e freddo ogni speranza
fosca, ogni ardore troppo vivo che ci venga manifestato. Non combattere l'intima lotta col pensiero fisso dell' illecito, giacchè si inasprirebbe di più. » Plus on lutte contre un sentiment, plus on y pense, et y penser c'est l'éxaspér » scrive Paul Bourget. Il mezzo migliore per combattere una passione è quello di sospendere per un certo tempo la nostra vita morale. E come vi riusciremo ? Consacrandoci tutte a qualche occupazione, a qualche missione, a qualche intrapresa che ci assorba completamente, che esiga il concorso di tutte le nostre energie. Dapprima quella forzata deviazione di forze ideali verso un fine che non è quello a cui convergono naturalmente, riesce faticosa, ma poi lo sforzo diminuisce, subentra la soddisfazione consolante e pura della vittoria che già s' intravvede, l' orgoglio intimo e profondo di sentirci la coscienza in pace, di sentirci degne d' incontrare a fronte alta lo sguardo d' uno sposo, di posare le labbra sulle testoline innocenti delle nostre creature.
UN PUNTO SOL FU QUELLO CHE CI VINSE
Si guarisce qualche volta, ma qualche volta si soccombe. Il nemico ch'è dentro di noi, vigile, aggressivo, paziente e audace, specialmente nei primordi della nostra resistenza, spia ogni momento di debolezza, ogni circostanza propizia e ne approfitta per un assalto supremo, e spesso decisivo.
« Un punto sol fu quello che ci vinse! »
narra Francesca piangendo al pietoso Dante. Un punto, una frase letta, la suggéstione del bacio amoroso di Ginevra e Lancillotto, levarono tant' alto l' onda
— —
di passione da farla traboccare. Ma perchè leggere una storia d' amore, quei due che si amavano?
« Ahimè! Ahimè ! si lamenta Francesca nella tragedia di un moderno poeta inglese: perchè conoscere così l' amore per poi guastarlo così ? Perchè perdere il sogno? il sogno grande e meraviglioso? »
Un momento di debolezza, di leggerezza, d' imprudenza, e molte volte la faticosa opera di mesi, della volontà, è distrutta, ogni buon proposito disperso : tutto un passato d' illibatezza, naufraga, tutto un avvenire di pace e d' onestà è demolito. Scrive il Goethe in Armino e Dorotea :
Decidere un momento
Suol della vita umana e dell'umano
Destin; però che l' ultimo partito
Cui, dopo lungo meditar s' appiglia
Finalmente il pensiero, è parto anch'\esso
Del momento
e il nostro Petrarca:
Cerco del viver mio novo consiglio
E veggio il meglio ed al peggior m' appiglio
Ond'io consiglio voi che siete in via
Volgete i passi: e voi ch' Amore avvampa
Non v' indugiate sull' estremo ardore.
NEL TURBINE
Dite alla freccia scoccata di fermarsi a mezza via: dite alla pietruzza lanciata nell'acqua di non toccare il fondo: dite al bocciuolo esposto al sole di non schiudersi, dite alla legna d' una catasta infiammata di non ardere, ma non dite all' amore che si rivela, che risponde, che concede, di restare nelle sfere azzurre dell' ideale. L' amore nel suo
stadio acuto è attrazione violenta, è assorbimento, è fusione, è annientamento, è vertigine, è follia. Nulla può interromperlo, una volta dato l' impulso fatale: e il genio di Dante bene simbolizzò la passione col turbine che travolge le coppie degli amanti come fragili foglie e le sbalza contro il granito arido della roccia selvaggia. È appunto così: qualche cosa di più forte del desiderio, della volontà, della resistenza : qualche cosa che rapisce, che dà le vertigini, che uccide senza far morire.
E la creatura vinta si abbandona. Si abbandona con una specie di sfida al suo destino, con un'ebbrezza folle, senza più ritegno, senza più controllo, senza quasi più coscienza della sua responsabilità e delle sue azioni. Ogni altro affetto impallidisce in lei, ogni altro motivo di vita si atrofizza : tutto viene assorbito, sacrificato a quell' unico fiore del male che s' apre mostruoso, a sommo del suo cuore.
Il marito, i figli, la casa, spariscono nel suo egoismo amoroso : ella non pensa che ad ingannarli, a liberarsi da vincoli che la inceppano, per tuffarsi interamente nel cratere che l' arde e che solo le dà il senso della vita. Cieca, non vede gli agguati e spesso vi incespica : non vede i pericoli e vi si getta dentro con temerità stolta. Perde la nozione del tempo, della legge ineluttabile delle cose e crede che tutto l' avvenire possa contenersi nel giro ripetuto all' infinito di quelle ore affannose ch' ella chiama di felicità : crede che tutti siano ciechi e pazzi e illusi come lei, e che certi strappi di coscienza, certi errori volontari, certi sacrifizi d' innocenti, si possano compiere sempre impunemente, e non portino seco l'espiazione, lunga, triste, dolorosa: o un tremendo, folgoreggiante castigo....
LETTERE D'AMORE
Qual' è la donna che non ha ricevuto, che non ha scritto una lettera d' amore? che non conosce questa seduzione che è tra le principali d'un legame tenero e ardente ? questa gioia ch' è tra le più profonde e pure ? Lettera significa, è vero, separazione, ma che alto, che divino compenso può essere una lettera in cui l' anima s' espanda intera, in tutto il suo fervore, in tutta la poesia, lo slancio, l'eloquenza del sentimento che la fa vibrare come un'arpa melodiosa, comunicando all'anima che palpitante raccoglie questo tesoro, la medesima emozione di chi lo elargiva. La parola proferita splende e si disperde, la parola scritta splende e si fissa duratura, ahimè più, molte volte, della fragilità umana, più della vita, più dell'impulso da cui lampeggiò come viva scintilla, pallida e tarda, in confronto del desiderio.... Eppure il desiderio si spense, l' amore scomparve, e la parola scritta è ancor là, ardente, commossa, suggestiva — imagine vana e fatale di qualche cosa che non esiste più....
Lettera d' amore significa spesso volgarità, retorica comune, finzione, inganno comico e maligno, vizio e sensualità; ma esprime anche fede sincera e candida, ingenuità e primavera, dedizione altissima e sublime, eroismo, purificazione. Vi sono delle lettere che sono lo specchio fedele di una personalità morale e intellettuale e così completo che riceverle vuol dire possedere quella creatura nel modo migliore: lettere che sfidano qualunque lontananza, qualunque spazio di tempo, qualunque fatalità di
destino e possono essere per qualche anima appassionata ed austera l' unico alimento.
Eppure quanto male hanno fatto, le lettere d' amore ! di quanto danno furono origine ! quasi tutte le tragedie cominciarono con una lettera trafugata, smarrita, sorpresa. Sono spesso la prima rivelazione dell'amore e ne sono il triste, ultimo saluto. L' epistolario amoroso d' una donna di cuore e d'ingegno costituirebbe, forse, il più delicato e passionale romanzo vissuto che mai si potesse leggere. « Nella letteratura epistolare — scrive il De Gubernatis — sono generalmente le donne che riportano il vanto, giacchè se si mostrano talvolta compassate e poco simpatiche quando scrivono per il pubblico, si rivelano incomparabili nella conversazione intima, nei loro monologhi profondi e sopratutto nella loro corrispondenza.
Ed è appunto questa facilità d' abbandono che spesso è il motivo della nostra rovina. Quante donne hanno dovute amaramente pentirsi d' aver scritto lettere rivelatrici, lettere d' intimità e di passione a uomini che poi riconobbero indegnissimi della loro confidenza, della loro dedizione ! Eppure l' esperienza non basta, e le lettere d' amore continuano a sbocciare dall'anima come il suo fiore più bello, in una primavera incessantemente rinnovata, e si spediscono affidando al fragile involucro tutta l' anima nostra : e si ricevono e si leggono come dissetandoci da una fonte nuova di vita e di energia...
Ma baciate o disdegnate, benedette o maledette, salve o viaggianti colombe, o affaticate pellegrine! o fiori del cuore, dell'ingegno, del bene e del male, Salve, piccole martiri, che, in compenso dell'ora
divina che deste, spesso vi aspetta il rogo; e vi si lacera, e vi si distrugge, e vi si disperde! Ed anche a voi, altre lettere esistenti nei misteriosi ripostigli — vecchie lettere d' amore — lettere sepolte vive, scritte in vano, respirate in vano; tristi avanzi di naufragio che pur foste gioia, gloria, ricchezza di un' anima ; capolavori ignoti e squisiti composti per una creatura sola : essenza di passione, lettere che foste la vita e l' avvenire, che ora siete la morte e il passato : anche a voi, specialmente a voi, la malinconica carezza del pensiero, l' effusione del cuore consapevole....
LA PRIMA VOLTA
Nei suoi fini e suggestivi romanzi, Paul Bourget ha fatto magistralmente la psicologia dello stato d' animo della donna onesta che si prepara a recarsi al suo primo convegno d' amore. La più appassionata, la più risoluta, ha sempre un' ultima lotta da vincere, una suprema esitanza da superare. Forse, se dal momento fatale in cui l' imprudente promessa le usci dal labbro, all' ora dell' adempimento non fosse corso che un attimo, quella lotta, quell' esistenza, non avrebbero avuto agio di formarsi : ma qualche ora, ma un giorno, sono più che sufficienti a determinare una riflessione salutare, un pentimento, un risveglio di coscienza, uno scrupolo, un rimorso. Eppure la promessa è fatta, solenne, infrangibile: la parola è data, il consenso è sfuggito fra un sorriso e un sospiro. Ella non può più ritrarsi, non può più deludere la palpitante attesa, non può recare un' amarezza profonda a chi volle
colmare di beatitudine. Deve andare, e andrà. Diventa fatalista: Era destino ! doveva finire così! Inutile resistere, inutile ribellarsi. Quello che deve avvenire avvenga ! — Ma l' alta ebbrezza della passione che le aveva dato l' esultanza del suo olocausto d' amore, l' ha lasciata; ma la fitta benda che l' accecava va diradandosi ed ella vede, ahimè, su quale margine di precipizio cammina, e pur sentendosi attratta ne prova un ribrezzo sottile. Ciò nonostante nulla può trattenerla oramai, deve andare, deve! Lo ripete a sè come un comando, come una preghiera. Si trova pusillanime e si deride nel suo segreto, si offre l' esempio di altre, di molte sue amiche ; tenta persuadersi che tutte le donne fanno così. Ravviva ai suoi occhi l' imagine di lui che l' attende, che l' attende e che l' adora e che avvincerà a sè — oh certo! — per tutta la vita: ripete a se stessa, enumerandone le qualità rare di discrezione, di generosità, di cavalleria, ch' egli sarà l' amante prudente e fedele per eccellenza : che nessuno saprà mai nulla. Ha deciso, ha promesso, andrà. Nulla può trattenerla, nè i suoi affetti, nè le memorie della sua vita pura, nè le imagini delle sue occupazioni gentili, quando aveva la coscienza in pace... Ma se piovesse forte, a dirotto, tanto da impedirle d' uscire ? Se le venisse la febbre ? Se un telegramma la chiamasse altrove ? — Niente! nel fatale giorno, nella fatale ora splende un sole fulgidissimo ; ella sta anche troppo bene e nessun telegramma arriva a mutare il suo destino. Si veste e pensa : « Ebbene, andrò, ma non resterò che un minuto... lo pregherò di rispettarmi se m' ama.... Forse mi darà questa prova ». E si rincora ed
esce con una fitta veletta, prende una carrozza, dà un indirizzo.... Il cuore le batte sino a spezzarsi, essa lo comprime con le piccole mani inguantate. È finita, il dado è gettato ! Eppure nell'immenso smarrimento le resta ancora quel tanto di coscienza che basta per udire una voce intima — una voce che somiglia a quella di sua madre — gridarle : « No, puoi ancora salvarti se vuoi — fra te e l'irreparabile c' è ancora un passo, non lo fare.... » Invece....
Ella oltrepassa la soglia che rivalicherà contaminata, impura.
L' AMANTE
Ella ha un amante. Come le donne di cui ieri parlava con disprezzo dall' alto della sua onestà sicura, e che oggi non osa più riprovare, ella ha un amante. Ogni scrupolo è vinto, ha seguito il suo istinto, il suo impulso di desiderio, di passione e si è data ad un altro uomo, che ama più del marito, più del suo decoro, più della sua dignità di moglie e di madre. Ma però anche questo uomo l'adora. Il suo amore è tutto diverso dalla tenerezza tranquilla, tepida dello sposo. Ella ha ritrovato in lui (ah perché così tardi ?) l'ideale della sua giovinezza, il vero compagno della sua carne e della sua anima:
C' est que j' ai recontré des regards dont la flamme Semble avec mes regards ou briller ou mourir,Et cette âme soeur de mon âmeHelas! que j' attendais pour aimer et souffrir
ella ripete col poeta francese e prova la voluttà di consumarsi nell' intimo ardore.
Ma da quel giorno, la cui data non potrà più dimenticare, un' inquietudine, un eccitamento, si sono impadroniti di lei, la spingono continuamente qua e là fuori dalle dolci pareti fatte per la serena pace dell'anima e le occupazioni buone e pazienti. Ora la casa è in mano ai domestici, i bambini abbandonati spesso ; il marito è ora solamente per lei un peso da sopportare, da scansare il più possibile, uno sfogatoio per i suoi malumori e le sue irritazioni di nervi oramai frequentissime. Rifugge dalla solitudine che le fa orrore, o la ricolma di letture depravate, di lettere ardenti e folli per colui dal quale soffre di vivere divisa, che vorrebbe sempre vicino a sé. E procura di farsi bella più che può per piacergli sempre maggiormente : studia le acconciature più capricciose, gli abbigliamenti più provocanti, sorda, ostile alle osservazioni del marito : spendendo assai più di quanto i suoi mezzi le permetterebbero, frequentando con febbrile instancabilità tutti i ritrovi, per incontrarsi con lui, trascinando qua e là i bambini, per meglio deludere la bonarietà del marito, e spesso facendoli assistere ai suoi colloqui, con l'amante, in qualche giardino pubblico, in qualche deserta via...
LE RIVALI
Ma presto, assai presto, ella si avvede che nemmeno questo grande amore a cui ha sacrificato tanto, questo rogo di passione dove ha creduto di purificarsi ardendo, non può colmare la sua anima avida e inquieta. L'uomo incontrato troppo tardi nella vita ha, come lei, un passato, alcune parti
del quale, le più gelose, rimangono nell' ombra e su cui ella sente con strazio di non poter accampare diritto alcuno. Ha avuto altre amanti prima di lei, lo seppe dalle sue labbra in un momento d' abbandono o da qualche amica inconsapevole, da qualche confidente fedele. Sa chi sono quelle donne e non ha più pace. La loro società è la stessa, s' incontrano, la gelosia la tortura con le sue acute lame crudeli. Talvolta le sembra di vedere negli occhi dell' amante un rimpianto, di sentire in qualche parola una rievocazione triste : crede di cogliere un sorriso, uno sguardo d' intesa e allora gli tiene il broncio, gli fa delle recriminazioni, gli mostra sdegno, lo offende. Alcune volte l' amante è ammogliato... giacchè la passione che l' infiammava non ha trovato dighe capaci di arrestarne il corso turbinoso; e soffre delle attenzioni ch'egli dice esser costretto ad usare a sua moglie — buona e amorosa — alla madre dei suoi figli. L' intrusa sente la superiorità della posizione dell' altra, sente che in fondo costei è la rivale più temibile: e con mille arti spesso malvagie, si studia di demolirla, di abbassarne il concetto agli occhi dell' uomo che vorrebbe tutto per sè. E passa notti insonni, travagliata dal pensiero di quella donna che gli riposa accanto forte dei suoi diritti, e che potrebbe riprenderglielo completamente, un giorno o l' altro, e per sempre.
Poi ha le rivali del futuro, oggi quell' uomo è suo, è soggiogato da lei, ma domani ? Ella non è più molto giovine, e la passione e le lotte vanno lasciando le loro orme sul suo viso. Egli invece, come uomo è nel pieno rigoglio della vita. E la sua eleganza, i suoi modi insinuanti, il suo ingegno
dispongono favorevolmente per lui i cuori femminili. Vi sono delle signore giovani e belle, più di lei, più ricche e quindi più eleganti di lei... egli le ammira, ne desidera forse qualcuna... qualcuna che domani conquisterà, come ha conquistato lei. Oppure se è scapolo, prenderà moglie. Verrà una giovinetta graziosa, fresca, pura, ed egli la coglierà come un fiore, e lei che non ha potuto dargli la verginità del suo corpo come gli ha dato le primizie della passione, lei sarà disdegnata, abbandonata, riguardata con disgusto, con disprezzo...
VITTORIE E SCONFITTE
Comincia allora per la misera una vita di tormentose angosce. La gelosia e la paura di vedersi negletta, soppiantata, non la lasciano più, alterano il suo fisico e il suo morale. Diventa insopportabile anche al suo amante, per le sue esigenze, per i suoi capricci, per la sua irascibilità. I loro colloqui non sono oramai più che contese, che scene d' accusa e di perdono, dopo le quali l' amore acquista un carattere acre, tirannico, s' acuisce in eccessi disperati, o ricade in torpori improvvisi da cui riesce solo a scuoterlo la volontà. Ma non è più spontaneo, entrambi lo sentono e ne tremano, perchè l' annunzio della fine fa ad essi ancora sgomento. Ella non si preoccupa più che di vincere, di vincere sempre, di superare le altre in fàscino, in lusso, in bizzarrie, talora, purtroppo, in corruzione. Ogni mezzo le par buono per trattenere colui che teme debba sfuggirle. E qualche volta riesce a dominare, a trionfare, a constatare che il suo potere seduttore
è ancora forte; a riconoscere che le altre donne che le erano intorno a un ritrovo, a una passeggiata, ad un teatro, erano inferiori a lei, e se ne compiace, e ritrova per poco la sua serena gaiezza, il suo amore delicato e fervente. Ma qualche altra volta viene sconfitta da un lusso più sfarzoso, da una bellezza più fresca, da uno spirito più brillante, da una coltura più fine, ed ella legge la sua disfatta negli sguardi, nei sorrisi perfidi delle amiche invidiose, ne ode la conferma in qualche frase ingenua o imprudente, e la ritrova — oh dolore ! — nelle pupille, nel contegno, nelle parole dell' uomo per cui doveva essere invincibile come Venere dea ! E il dispetto, l' amarezza, l' angoscia tumultuano in lei, appariscono dai suoi atti, dalla sua espressione, da tutta la sua persona, rendendola ancor più disaggradevole. Sconfitte che terminano sempre in qualche violenta crisi di nervi di cui la cameriera e il marito subiscono i principali effetti...
UMILIAZIONI
Queste sono le umiliazioni più forti e più dolorose. Ma accanto a queste vi sono le altre, minori eppur tanto penose a sopportare da chi non ha errato per corruzione, per venalità, ma per amore. E la prima umiliazione è fatta subire dalla coscienza innanzi a cui non si può fingere come davanti agli occhi altrui. « Quante volte — scrive Amiel — siamo ipocriti restando simili a noi medesimi in apparenza e per gli altri, mentre abbiamo la coscienza di essere diventati diversi dentro di noi! » E quando la donna non più fedele ai suoi maggiori
doveri si trova con quelle verso cui si dirigevano le sue critiche, le sue pungenti ironie, i suoi alteri disdegni e alle quali si sente in cuor suo livellata, china la fronte pensierosa e dolente. Indi, le sue mutate abitudini, la modificazione del suo modo di vestire, quella maggior licenza di modi nel parlare che, involontariamente, ha preso deviando dal retto cammino, permettono agli altri d'usare con lei maniere e linguaggio più liberi da cui si sente intimamente offesa, senza sentirsi poi il diritto di adontarsene palesemente. Intanto il suo amore clandestino ch' essa credeva un segreto profondo non lo è più per nessuno — tranne forse che per l'ingenuo marito. I convegni, il suo contegno in pubblico, le sue imprudenze, la poca discrezione di qualche amica, l' astuzia dei servi l'hanno tradita. Ella incontra sguardi che la fanno vibrare d' ira o avvampare di vergogna : coglie doppi sensi di frasi che le sono più amari d' un veleno mortale ; è costretta a sorridere a scherzi grossolani per cui frusterebbe volentieri in viso l'audace sconveniente autore. Il suo amante stesso va dimenticando i riguardi che a lei pareva d'essere in diritto d' esigere sempre, e certi suoi scetticismi, certe sue impazienze, certe sue brutalità significano l'assenza di quella stima che solo comanda il rispetto. Tormentata da queste punture che si ripetono quotidianamente e finiscono con esasperarla fino all'insofferenza estrema, la sventurata si sente trascinata a gridare : « Rispettatemi insomma! Io non sono di quelle! » Ma se una di quelle potesse udirla, forse le risponderebbe : « Eppure tu sei peggio di. me, che non ebbi una madre
che m'educasse al bene; che non ho un marito e dei figliuoli per soccorso e difesa. Tu avevi una salvezza nelle tempeste della vita, io non l' avevo. Ora anneghiamo tutte due, ma chi più stolta e più imperdonabile, tu od io? »
LA COMPLICITÀ
L'aiuto reciproco è necessario così nel male come nel bene. La donna che ha qualche cosa da nascondere agli occhi del mondo o di qualche persona è costretta a ricorrere alla complicità. Ma sia la complicità pietosa e disinteressata di un'amica, sia la complicità venale dei servi, vi è sempre in questo atto di ricorrere all' intervento altrui per un fine non lecito, alcunchè di basso e di triste. Ell'è forzata a rivelare a coloro dai quali desidera aiuto l'intimità più gelosa della sua anima, a mettersi nelle loro mani, affidandosi tutta alla loro prudenza, alla loro fedeltà: prudenza e fedeltà dubbie, se nell'amica compiacente esiste un po' di leggerezza, entra un po' d' invidia, è urtata qualche suscettibilità; se nella cameriera resta quel poco di malcontento per un premio non abbastanza generoso, o avviene qualche reazione che da alleata la muti in nemica.
Per scongiurare questi pericoli la signora la copre di regali, le concede tutti i permessi che domanda; chiude tutte due gli occhi sui suoi difetti: finge di non udire le sue risposte insolenti; la impone in famiglia, tanto che costei, forte del potere che le dà la consapevolezza dell' intrigo della padrona, è diventata la vera tiranna della casa. Con l'amica
compiacente, la signora è poi quasi servile. Anche per lei regali ad ogni occasione, inviti, adulazioni continue, predilezioni d'ogni maniera. Se l'amica ha pure qualche... debolezza, la beneficata le renderà gli stessi servigi che riceve; e molte di queste amicizie femminili dove manca affetto vero e stima, non hanno altra base che quella d'una mutua complicità, d'un interesse comune a ricercarsi e a sostenersi a vicenda.
Ma la complicità più penosa e più pericolosa è quella degli avventizi: portinai, domestici d'albergo, fiaccherai, portalettere, fattorini, fornitori. Tutta questa gente fiuta il contrabbando e vi specula su, non solo, ma prende in giro, si diverte, e spessissimo tradisce in ricompensa...
L'ARTE DI MENTIRE
Inoltre c'è uno studio che la donna che devia si trova costretta a fare, c'è un'arte che le è necessario apprendere. Studio penoso, arte ben triste, se ha sortito di natura uno di quei caratteri per cui la dissimulazione è tortura, la finzione angoscia suprema. È lo studio di nascondere, l'arte di mentire.
Dal giorno fatale in cui si diede a un altro uomo, la dissimulazione e la menzogna sono divenute una necessità della sua vita. Ella si trova obbligata a fingere col marito un sentimento che non prova più, che è ben morto nel suo cuore. Deve abituarsi a udire il nome di lui, a pronunziarlo anche, con indifferenza, come quello di qualunque conoscente: a salutarlo quando lo incontra in presenza del marito o d'altri, a intrattenersi con lui, serena, cortese, riservata, come con tutti gli altri. E se alcuno ne
sparla davanti a lei, ella non può insorgere a difenderlo, non può far tacere il maldicente, se no la sua premura sarebbe notata, la sua foga commentata e il suo dolce e tremendo mistero svelato al mondo. E quando qualche dubbio o qualche gelosia le avranno messo l'inferno nell'anima, dovrà mostrare ancora, in casa e fuori, il suo volto calmo e sorridente, e se incontra la rivale temuta, sarà costretta a salutarla da amica; e se qualcuno — ingenuo o maligno — le troverà l'aspetto un po' sconvolto, dovrà addurre un motivo giusto, plausibile, o portare con maggior energia la maschera di donna paga e lieta. Qualche giorno tornerà in ritardo, o incontrerà un amico del marito, il marito stesso, dove non pensava d'incontrarlo, allora le converrà inventare tutta una storia dall'apparenza di verità, e se ha destato dei timori, dei dubbi, calmarli, disperderli col suo contegno di donna che nulla ha a rimproverarsi : e con le labbra ardenti ancora dei baci dell'amante, dovrà rendere allo sposo le sue carezze, mostrarsi tenera più del consueto per cancellare ogni ombra di sospetto... Ripeto : per certi caratteri sinceri, impulsivi, questa necessità del sotterfugio, del nascondiglio, dell'inganno, della menzogna, è così terribile pena e così insopportabile, che non di rado essi preferiscono romperla apertamente con le leggi sociali, coi vincoli antichi, e s'appigliano a risoluzioni estreme, quelle che fanno le posizioni irreparabili.
IL SILENZIO
« Ma, scrive Edoardo Rod in un suo romanzo nobile e passionale : Le silence, la dissimulazione e
la menzogna non sono sempre umilianti ; accade, invece, che nobilitino, come tutto ciò che ci costringe a un grande impiego d'energia interiore. Amare e soffrire in silenzio : non sentite che cosa può significare questo, qualche volte? Certo, non intendo accennare a certe relazioni volgari che non hanno altro fine che quello d'una sensualità grossolana, come si formano comunemente fra esseri inferiori, insignificanti e corrotti. Ma un amore vero che invada l'anima tutta, che la conquisti, l'assorba, l'esalti, la renda migliore ; che domini solo, cuore e intelligenza ; uno di questi amori infinitamente rari, infinitamente preziosi, che sono il più bel fiore della vita: e che mai, mai si potrà confessare !... Provate, dunque, a misurare la forza che abbisogna per impedirgli di tradirsi con una parola, con un atto, con uno sguardo! Calcolate l'eroismo che ne sacrifica la libera e fiera espressione alle leggi, ai convenzionalismi, agli usi d'una società alla quale è mille volte superiore !... E quando un amore simile diventa dolore! Quando attraversa una di quelle crisi in cui il cuore s'infrange ; nelle quali grida vi salgono alle labbra e singhiozzi vi chiudono la gola: e intanto si deve tutto reprimere! Pensate a quello che costa in ore simili la maschera dell' indifferenza, pensate alle torture che nasconde ! Ditemi se l' ipocrisia del silenzio, la menzogna della voce tranquilla, la simulazione di vivere la vita che gli altri vivono non sono anche sacrifizio, il più doloroso che si possa esigere da un uomo, e, per conseguenza, il più nobile... »
Il protagonista di questo romanzo ove domina l'ideale del dovere, come in tutti gli scritti del
Rod, riceve l'annunzio della morte della donna profondamente e segretamente amata, da una persona leggera e mondana, a un pranzo d'invito. Ed egli deve contenersi, limitare il suo rimpianto, deviare, poco dopo, il discorso dal lugubre argomento perchè i commensali non ne fossero troppo funestati ; intrattenersi con loro amabilmente... Oh, che cosa diviene, a confronto di questa inenarrabile tortura il dolore più grande, ma diviso, ma liberamente espresso, ma confortato dal compianto altrui ? Non acquista il primo una grandiosità assai più tragica, assai più eroica nella sua muta tempesta non veduta, dissimulata fieramente così ?
Oppure non è la morte, ma è una separazione ugualmente amara, ugualmente suprema. È la partenza della creatura amata, è il suo abbandono, è la sua dedizione a un'altra creatura. E bisogna saper tacere, sapersi separare senza disperazioni, fingere degli auguri, se è un matrimonio che si celebra, e continuare a frequentare tutti i luoghi dove si trovava lui che ora non c'è più, essere liete e sorridenti e gentili con tutti, mentre il cuore geme e l'anima naufraga: comportarsi come se nulla di grave, d'irrimediabile ci avesse colpite; come se per noi non si fosse spento il sole...
IL GIORNO TERRIBILE
Giacchè questi amori irregolari nascono con la loro condanna di morte. E se le sconsigliate che vi si avventurano potessero vedere quello che le attende in un'avvenire quasi sempre non lontano, potessero vivere in via d'esperimento una di quelle
ore tremende d'espiazione più durevole e più grave anche, la maggior parte delle volte, della colpa, forse, oh, forse si ritrarrebbero in tempo. Sia la violenza stessa di cui sono composti certi amori che li fa presto esaurire; sia la reazione spontanea della natura umana, che nel fisico come nel morale soffre a vivere fuori dell'armonia e vi tende ; sia l'illusione dell' impunità che fa trascurare le misure di prudenza preparando le catastrofi, ma questi amori passano come uragani sulle povere anime femminili. Gli uomini soffrono più superficialmente della morte dell'amore, forse perchè non vi si abbandonano interi, con tutto l'essere pensante e sensibile, e in tutti i minuti della giornata, come fa la donna quando ama con passione e tutto il mondo scompare per lei che s'è fatta un mondo nel suo cuore. Si disse che l'amore per l'uomo è un episodio, per la donna un poema; e tutte le donne che sanno che cos' è amare e soffrire, sentiranno la triste verità di questa definizione. Un poema drammatico, aggiungo io, per la fatalità che presiede all'epilogo, Oh quel giorno! un estremo bacio ad una stazione : una stretta di mano angosciosa all'angolo d'una via; uno sguardo carico di strazio all'uscire da una sala ; una breve e solenne parola, un addio scritto fra i singhiozzi in fondo a una lettera... e poi la solitudine, il silenzio, il deserto, come quando è passata la morte.
Oppure, in piena fioritura, in piena sicurezza, una delazione, un tradimento, un sospetto che acquista basi di realtà, e la lettera scritta nell'abbandono assoluto, dov'è tutto l'ardore dell'anima, tutta la confessione della colpa, è nelle mani dello sposo
offeso e ingannato : oppure il nascondiglio fido è bruscamente invaso e la colpevole è sorpresa dove le prove dell'infedeltà sono così evidenti che il negare sarebbe un' assurdità.
L' INFLESSIBILITA' E IL PERDONO
Io credo che quel momento debba essere più amaro della morte stessa per donna che abbia conservato fra il traviamento della passione il senso del pudore, della vergogna, della pietà per altri e per sè. Tutto in quel momento crolla, passato e avvenire, e il presente è invano! Che fare, che dire in quell' istante terribile ? Il comodo velo dell' ipocrisia è lacerato, ora ella appare qual' è veramente, l'adultera, col marchio del suo fallo in fronte. I pretesti, le giustificazioni non servono più. Due sole vie le rimangono: o affermare audacemente il suo nuovo amore e preferirlo palesemente, o gettarsi ai piedi dell' uomo crudelmente offeso e implorare il suo perdono.
Ma il perdono non è sempre accordato. Molte volte l' offeso vuoi vedere se il pentimento è sincero, se potrà essere durevole o se non è che il prodotto d' una scossa momentanea, forse della paura. E la donna continua a vivere come prima nella sua casa dove nulla appare mutato, ma dove tutto invece è così sostanzialmente mutato intorno a lei. Ella sente sui suoi atti, sulle sue parole, sui suoi pensieri reconditi, la vigilanza severa dell'uomo che la custodisce come un carceriere, che la spia, che diffida di lei, che le parla duramente, che sottrae i figli alle sue cure. La grande fiamma che l' ha perduta
non è spenta, ma convinta dell' errore, della necessità di soffocarla, essa lotta strenuamente. Lotta ma senza aiuti; lotta con una disperazione di volontà, chiedendosi che sarà oramai di lei senza più dolcezza veruna. Il marito che l' adorava è divenuto un tiranno. Più nessuna manifestazione di affetto, solo una fredda cortesia innanzi ai figliuoli e agli estranei. Ella comprende che solo il timore dello scandalo, l' amore per i bambini, od altri motivi tutti separati dal sentimento, determinano il marito a trattenerla; ma dal suo sguardo ora pieno d' ironia, ora pieno di sprezzo, comprende che la scaccierebbe volontieri...
Altre volte, invece il marito è generoso e perdona. Crede al pentimento, alla sua durata, e perdona. La vita dopo la profonda scossa che può averla rinnovata, si prende come prima, in apparenza e in realtà. Ma ella non si sente più, oh, no! quella di prima. Il turbine della passione le ha devastato il cuore. Le par d' esser una naufraga su una spiaggia deserta. La stessa bontà dello sposo la umilia. Vorrebbe riamarlo ma non può, perchè la immagine dell' altro le sta fitta nel cervello, nell' anima, le circola nel sangue. Vorrebbe dimenticare, tornando alla sua vita placida, di donna onesta, ma l' errore fatale l' ha trasformata, le ha avvelenato ogni riposo, ogni sorgente di dolcezza. Baciando i suoi bambini, pensa con terrore che Dio potrebbe punirla in essi del suo peccato; che divenuti adulti potrebbero sapere ch' essa fu una moglie infedele e una cattiva madre e la disprezzerebbero... E sente che nessun pentimento per quanto profondo, che nessun perdono per quanto assoluto, potrà mai de-
tergerle la macchia di quell' onta segreta che porterà sino alla morte come un' espiazione.
LA TRAGEDIA
Ma non tutti i mariti sono così moralmente forti, e sopiscono o tollerano l' ingiuria del tradimento alla fede coniugale. Ve ne sono di quelli che si abbandonano all' impulso della loro ira, della passione gelosa, e colpiscono ciecamente o scacciano la colpevole. Le cronache dei giornali sono sempre piene di mariti ingannati che uccidono, feriscono, maltrattano la loro compagna, mutando il dramma in tragedia. Eppure, quante volte, il fatto che li esaspera fino a trasformarli in assassini non è che una conseguenza naturale e fatale della loro condotta, del loro modo d' agire verso la moglie, dei loro vizii, delle loro stesse infedeltà ! Se la legge dovesse accordare ad ambedue i coniugi il diritto di uccidere quello fra i due che manca alla data fede, il primo ad andarsene all'altro mondo sarebbe sempre, ne son certa, il marito. Chi porta seco la maggior quantità d' illusioni nel matrimonio è la donna; chi soffre più dei disinganni è lei, e tanto ne soffre talora, che un mutamento radicale avviene nel suo mondo morale. Da fiduciosa diventa scettica, da tenera e pietosa diviene sdegnosa e aspra, da zelante osservatrice del proprio dovere si muta in trascurata e spergiura. E questo, perchè ? Perchè la vita dopo i disinganni che l'hanno percossa le appare sotto un altro aspetto, e nell' amara evoluzione ella si sente sciolta dai propri obblighi, dal momento che il suo compagno non osserva i suoi.
Egli le ha dato il cattivo esempio, ella lo segue ed eccede perchè è più debole, più impulsiva, più inesperta di lui. «Ce ne sont pas les trahisons des femmes qui nous apprennent le plus â nous défier d' elles. Ce sont les nôtres» ha scritto Bourget. Francesca da Polenta tradì lo sposo, ma Gianciotto l' aveva preceduta sulla via dell' inganno quando la fece chiedere in isposa dal fratello Paolo, bellissimo, lasciandolo prendere in isbaglio per lui, brutto e zoppo d'un piede. Offesa per offesa. Oh, prima di scacciare, prima di colpire, prima d' uccidere, interrogate la vostra coscienza, o signori! E se la troverete sgombra di ogni rimorso, se non vi rimprovererà proprio nulla nella vostra condotta del passato o del presente verso colei che vi ha tradito, allora — ma solamente allora — colpite, uccidete !
L' INNOCENTE
Poichè la creazione ha le sue origini avvolte nel mistero, talvolta avviene che questi amplessi illeciti siano fecondi, e un essere non chiamato, non desiderato, venga alla luce. E allora l' inganno a cui la donna è costretta a ricorrere, diventa più grave, più basso, più dannoso. Ella sa che quella creatura nata sotto il tetto coniugale, deposta nella culla medesima che ha servito agli altri bambini, fatta segno alle stesse cure, alle stesse carezze, è una intrusa: che per la sua coscienza segreta è, e sarà in eterno, la prova evidente del suo colpevole errore : che crescerà accanto ai figli suoi e del marito recando nelle vene un altro sangue, altri istinti, forse, che possono farne un tiranno, un completo
usurpatore. E il marito, ignaro, l' ama questo fanciullo, lo carezza, spende per la sua educazione, talvolta lo predilige perchè ha il carattere più affettuoso, l' ingegno più vivo. Oh, il contrasto crudele che insorge allora nell' animo della donna, se la sua coscienza è ancora sensibile, se non errò per vizio volgare ma per qualche sorpresa dei sensi o del cuore ! Non poter dire all' ingannato : « Quella creatura che tieni fra le braccia, che vezzeggi coi più dolci nomi, che ti chiama col dolce appellativo di padre non é tua! Quegli occhi a cui sorridi, quelle labbra che tu baci, sono d' un uomo che tu odieresti se potessi sapere quanto mi ha amata e come io l' ho amato! » E non poter dire all' altro, al vero padre, al lontano : « Vieni a godere le carezze del piccolo essere ch'è tuo, che ti appartiene di diritto, fatti chiamare babbo, mostralo con orgoglio al mondo! »
Terribili angosce per un delicato cuore femminile : terribile espiazione segreta ! Intanto il piccolo essere non chiamato, nè desiderato, ha bisogno di amore, ha bisogno di cure per svilupparsi, per vivere. Egli non chiese di aprire gli occhi alla luce, egli germogliò come un buon seme in un terreno fecondo, obbedendo alle leggi della natura. È innocente; è il solo che sia innocente, forse, fra tutti; e dovrà portare lui solo le conseguenze della colpa non sua? Grazia, amore, rispetto per lui!...
SEPARAZIONE E DIVORZIO
Dice un proverbio francese :
Le bruit est pour le fat : la plainte est pour le sot,
L'honnête homme trompé s'éloigne et ne dit mot.
Infatti molti galantuomini ingannati seguono il consiglio di questo saggio, non fanno chiasso nè muovono lamento, si allontanano, ma condannano alla pena più giusta e qualche volta più amara, l' abbandono.
Del resto mi pare che in certi casi d' infedeltà palese, di irrimediabile opposizione di carattere, di prepotenza violenta o di stravaganza; in qualunque caso, insomma, in cui la vita comune divenga tortura di tutte le ore, invece delle volgari continuate contese che degradano, inaspriscono e non rimediano a nulla, sia meglio assai e più dignitoso separarsi, temporaneamente o per sempre...
È un passo arduo e crudele, lo so. È un anello che si spezza, è un passato che si rinnega, si seppellisce, si cancella. Quell' uomo col quale dichiariamo di non potere o di non volere più vivere, fu per poco o per molto, un ideale vagheggiato; fu colui che ci iniziò alla vita, che ci diede la gloria e la gioia della maternità. Ma poichè non si ebbe la forza di resistere alla tentazione, o non si ha la pazienza di sopportare, l' unico rimedio è quello di riprendersi,di riacquistare la propria indipendenza. La vita sarà spezzata ugualmente, sarà forse anche più difficile, giacchè la posizione d' una donna separata dal marito è quanto mai gelosa e scabrosa, ma si avrà almeno la pace, ma non si darà ai figliuoli il triste esempio della discordia, della violenza, non si diminuirà l' autorità paterna e materna ai loro occhi. Pertanto una donna che intenda separarsi dal marito non dovrà credere di ricuperare intera la propria libertà e prepararsi a ricominciare la vita con esultanza. La separazione non è che
un rimedio, estremo, crudele, disperato, se si vuole, e come tale dovrà essere adottato e riguardato. Quindi il metodo d' esistenza di una signora separata dal marito deve essere più rigido e austero e riguardoso ancora che quello di una vedova. Le basti d'aver riconquistata la pace e procuri di profittarne per riabilitarsi, se ne ha bisogno, o per dimostrare, se fu vittima soltanto, che non desiderò la indipendenza per secondi fini. Se ha dei figliuoli, si dedichi interamente a loro; sarà un conforto e un nobile scopo alla vita. Se non ne ha, eviti di viver sola, rientri nella sua famiglia se può, o viva con qualche parente, con qualche amica di condotta irreprensibile. Si ritiri dalla società mondana, si faccia un ristretto circolo di amicizie fidate e devote che possano consigliarla, sorreggerla, difenderla in caso di bisogno. Forse, passati degli anni, quando l'autunno della vita avrà mitigato la effervescenza delle passioni, se il suo contegno fu incensurabile e se nel cuore non si spense del tutto l'amore della sua giovinezza e il ricordo delle prime gioie che n' ebbe, allora potrà forse riunirsi ancora al compagno d' un giorno, e dimenticando scambievolmente torti ed errori, potranno, nel porto sicuro, attendere insieme l'inverno dell'età, e combatterne insieme la tristezza col loro affetto rinnovellato dall'esperienza e purificato dalla solitudine.
Il divorzio dà alla donna una posizione più netta e regolare della semplice separazione; le ridona la sua libertà piena ed intera, le permette anche di contrarre un nuovo matrimonio. Eppure in generale le signore non sono favorevoli al divorzio. Io temo però che la loro contrarietà dipenda più da un
pregiudizio, da un'opinione superficiale intorno ad esso, che non da criterio esatto, da una riflessione meditata e profonda. Essere contrarie al divorzio, per massima, è come se si dicesse che si è contrarie all' atto dell' amputazione chirurgica. Lo so anch'io che non può piacere a nessuno, e che non ci si farebbe tagliare una gamba o un braccio per passatempo, per amor di novità, od anche per liberarsi da un reumatismo. Ma quando andasse di mezzo la vita e non ci fosse altro rimedio, sarebbe pazzo e peccherebbe per suicidio volontario colui che per rispettare l' integrità del suo corpo o per viltà ricusasse di sottoporsi al rimedio doloroso, radicale e supremo. Ne convenite, amiche mie ?
L'ESILIO
Scacciata, separata o divorziata, la donna dovrà prendere la via dell'esilio. A meno di non abitare in città grandissime come Londra, New-York, Parigi, Vienna, dove si può non incontrarsi più, una signora darebbe prova di poco tatto e di poca serietà se dopo un avvenimento così grave continuasse a condurre la stessa vita nello stesso luogo che l' ha veduta sposa nella sua casa coniugale, e forse,per qualche tempo, tranquilla e felice. Una nuova esistenza incomincia per lei, ma abbia o no bisogno di espiare, sia la sua posizione precaria o definita, nei primi anni almeno sarà bene che sparisca dalla società. Troppo il mondo ha dovuto occuparsi di lei : deve mettere ogni studio per farsi dimenticare. Se è ricca, viaggi, vada all' estero, dove nessuno la conosce, dove non incontrerà sguardi ironici o pieni
di falsa pietà; dove non potranno esserle riportati da qualche labbro troppo zelante, i commenti poco caritatevoli che si fanno sul conto suo, anche se ha ragione; giacchè è fatale, ma è pur vero, che la donna è destinata sempre a portare il peso delle conseguenze anche di colpe non sue. La distrazione del vedere città nuove, costumi diversi, opere d'arte e aspetti naturali d'altro carattere, le gioveranno moltissimo, calmeranno i suoi nervi in tumulto, l'abitueranno gradatamente al cambiamento radicale della sua vita, il quale se anche desiderato, non potrà a meno di sconvolgere la sua intimità. Se non è ricca, si contenti di viaggi meno lunghi, si rechi presso qualche parente o qualche amica, ma s' allontani ad ogni modo dalla città ove dimorava, vi ritorni tardi, di rado e provvisoriamente, per riguardo al marito, per riguardo a sè stessa, per rispetto al suo passato. Se la separazione avvenne all' amichevole, ella dovrà conservare con l' uomo che fu il suo compagno quei rapporti di convenienza sociale che osserva coi gentiluomini della sua società: gli usi deferenza e anche generosità : procuri di mettersi d' accordo con lui per mezzo dei suoi rappresentanti: se lo incontra sia corretta, cordiale, amichevole, secondo i casi: s'egli ha bisogno in qualche modo del suo aiuto, lo elargisca; se soffre e desidera il suo conforto, non lo neghi. Pensi che la bontà, la misericordia anche verso chi non le ha meritate, sono belle e conformi alla sua missione femminile: e che è meglio aversi a rimproverare un eccesso di arrendevolezza che un eccesso di inflessibilità.
Se disgraziatamente ha dei figliuoli, o presso di
lei o in collegio, s' imponga scrupolosamente verso di essi la massima prudenza, nel discorrere del padre loro. Avesse egli i maggiori torti, fosse anche l'uomo più abbietto, non un' accusa, non un giudizio dovrà uscire dalle sue labbra. Tenti anzi di scusarlo, di giustificarlo, se può, anche con qualche pietosa menzogna: esiga dai bimbi il massimo riguardo per lui, coltivi il loro affetto figliale, ne promuova anche qualche piccola manifestazione. Ella non deve dimenticare che l'influenza d'un' anima innocente è grande e può essere efficace anche sulle anime più traviate nell' errore. Per coscienza, per un'estrema pietà, apra questa via di salvezza allo smarrito...
TUTTO PER NULLA
« Non si ama mai come si è amati, così l'arte d' essere felici in amore consiste a dar tutto senza chiedere nulla. » Eppure, io risponderei a Bourget, il tormento più acre dell' amore è proprio in questo: nel non sentirsi ricambiati nella stessa misura in cui diamo sentimento, sacrifizi, prove di dedizione. La timida e fresca fioritura che incontra l'aridità d'un terreno sterile è costretta ad appassire : la fiamma ardente che incontra il masso di granito, si ripiega fumosa e triste; l'acqua che rimbalza lieta e trova la cavità ghiacciata, ammutolisce e si congela. Così è dell' amore che vive di ricambio, di fusione, d' armonia.
Poveri cuori di donna, quante volte foste come la timida fioritura, come la pura fiamma, come la limpida vena, e l'aridità, la durezza, il gelo, uccisero in voi l' impulso divino! Eppure vi sareste
contentati di poco, d' un po' di refrigerio, d' uno spiraglio, d'un tepore... Nemmeno questo: l' egoismo umano accettò tutto e non vi diede nulla! Vi promise tenerezza, riposo, fedeltà, ardore: vi abbagliò di miraggi, vi inebriò di canti di passione, vi avvolse nei veli iridati del sogno, del sogno eterno, invincibile, per respirare un momento la vostra bellezza, il profumo dell' anima vostra : anche, talvolta, per avere luce dai raggi della vostra intelligenza e aiuti a correre all' assalto della vita, e poi vi lasciò cadere dall'alto del vostro paradiso nell'abisso più profondo della solitudine, della delusione e del dolore...
Poveri cuori femminili! Deste tutto per nulla! Pace, serenità, affetti antichi e sicuri, pudore, onoratezza, dignità, salute, ingegno, bellezza — tutti i vostri tesori più preziosi e più gelosi, e ne aveste in cambio l'ingratitudine, il tradimento, l' oblìo. E nel giorno più amaro della vita, nel giorno in cui il sogno lascia posto all' austera verità, in cui la espiazione incomincia; in quel giorno terribile in cui più che mai sentite l'importanza della vostra dedizione e la necessità d' un braccio che vi sorregga e vi difenda, di un petto virile che vi accolga, d'una voce che vi faccia rilevare la fronte; oh, ditemi, poveri cuori, quante volte li trovate voi a soccorrervi ? quante volte si risponde al vostro appello disperato?
Siete sole su un ammasso di rovine ; sole coi vostri rimpianti, coi vostri rimorsi, forse in una notte senza fine. Poveri cuori, per quanto sia stato grave il vostro errore, lo strazio ineffabile di quel-l' ora tragica vi redime, vi purifica, vi assolve...
ESTREMO RIFUGIO
E agli occhi delle moribonde di dolore, appare allora la cima salvatrice di un estremo rifugio. Le preghiere della loro infanzia innocente, della loro adolescenza casta, tornano a frammenti, dalle lontananze del passato sulle labbra loro. Giungono ancora le mani nel gesto pio che avevano dimenticato e pregano Dio. Sono implorazioni d'aiuto miste a voti di morte, ribellioni d' un amore che non vuol spegnersi e disperati richiami, sono stanchi desideri di pace e richieste di sovrumane energie. E la Bontà suprema e misteriosa che vigila alle foci del tempo, che sa il perchè dell'amore e del dolore, tutto accoglie e non rimanda alcuno senza conforto. La preghiera angosciosa delle ore supreme, fatta di grida e di pianto, muta la disperazione arida in una feconda virtù confortatrice. Si sente che quella sofferenza non è vana, che ci eleva, che ci ricostruisce, straziandoci, che non saremo più quelle di prima, che gli uomini e le loro azioni, la vita e le sue vicende, ci appariranno sotto un altro aspetto, li guarderemo da un luogo più vasto e più alto. E fra il martirio, confusamente si sente che gli esseri che hanno traversato l' esistenza senza conoscerne le lotte più aspre e i dolori più amari non vissero completamente come noi che ne raggiungemmo le altezze, ne misurammo le profondità.
Pertanto non dovremo ripiegarci a gemere, ad enumerare infruttuosamente le nostre ferite, ma dovremo avere la volontà di guarirle, di risorgerne
più valide e più degne. Nulla si deve dimenticare del passato, ma nulla si deve respingere dei futuro. La vita è lotta, è prova, è fatica, è esilio, accettiamola come tale ; il vagheggiarla un giardino è inutile e dannoso. Bisogna sottomettersi ai mali come a necessità ineluttabili e accogliere il bene con riconoscenza, come un'elargizione immeritata, carme un conforto passeggiero, come l' oasi refrigerante che il pellegrino incontra nel deserto. Siamo forti, dunque, e pronte, e non disconosciamo nessun dono che la divina bontà mise a portata della nostra mano, qualche volta miracolosamente fra le più terribili procelle. Incediamo coi nostri martirî, con le nostre croci, con le nostre tristezze e nascondiamole con un sorriso a chi vuol alleviarci le fatiche del cammino. È necessario credere dopo avere inutilmente creduto: sperare dopo avere vanamente sperato, amare anche dopo la morte dell'amore. Appunto una donna che sofferse e amò tumultuosamente, che conosceva il cuore umano e ne rendeva nell'arte i trionfi e le miserie, uno degli ingegni più valorosi del secolo, George Sand, scriveva :
« Il faut aimer, il faut souffrir, il faut pleurer,
ésperer, être... ne pas compter les chutes, les blessures,
les vains éspoirs, lès cruels événements de la pensée,
mais toujours se relever, ramasser, rassembler les
lambeaux de son coeur accrochés à toutes les ronces
du chemin, aller toujour à Dieu, avec ce sanglant
trophée. »
Massaia e padrona di casa — Sovrana di un
regno — Le reggenze — I sudditi — La
donna e l' economia domestica — Il libro delle
spese — La signora in cucina — La signora
in salotto — La signora in guardaroba —
La camera da letto — La stanza da desinare
— Pranzi d'invito — Il giorno di ricevimento
— Le sere di ricevimento — I quattro salti
— Il gran ballo — Quello che gli uomini non
devono sapere — Ospitalità — In casa d'altri
— L' arte di fare i bagagli — La casa nella
valigia — La donna e la campagna — Nel
regno di Flora — Nel regno di Pomona —
Quello che si può fare per aumentare le proprie
rendite — La famiglia in rovina — Calcoli
sbagliati — La difesa dal freddo — La difesa dal caldo.
« Il nido è sempre il rifugio più tepido,dove
è dolce raccogliersi, donde si espandono
meglio i propri sogni e la canzone d'amore
s'eleva più soave e penetrante.»
A. DE GUBERNATIS.
MASSAIA E PADRONA DI CASA
Quando si dice d' una signora: È una brava padrona di casa — i raffinati provano quasi un' impressione di disgusto. Questo, perchè immaginano la donna, la creatura ch' essi vagheggiano sovrana di ogni delicatezza, esemplare di bellezza e di grazia, in una forma inferiore: la vedono colla fantasia accanto ai fornelli con gli abiti trasandati e le mani sciupate, alla tavola da stirare discinta e spettinata, con un grembiule sudicio e le maniche rimboccate a battere tappeti, a forbire, a lustrare. Essi confondono la padrona di casa con la massaia, la signora capace di dirigere, di comandare, di sorvegliare, con la donna capace d' eseguire solamente. E non sentono quanto acquista di superiorità morale ed anche ideale la donna che sa riunire l'amore all' eleganza col senso pratico, la disinvoltura signorile dei modi e la conoscenza della vera economia, una intelligenza coltivata e un'attività materiale. Una signora, per quanto ricca e alto locata che sia, non sdegna più, ora, di occuparsi con qualche dettaglio dell' azienda domestica come qualche decina d' anni fa, quando
una donna che avesse un titolo e un palazzo si credeva poco meno che disonorata se passava un po' di tempo in guardaroba e dava un'occhiata in cucina. Le cure pratiche, allora ch' era di moda dissetarsi con la rugiada raccolta nei calici dei fiori, parevano retaggio delle anime vili. Ora non è più così. Anche le grandi dame non si vergognano affatto di conferire col cuoco e con la guardarobiera; di vigilare all' ordine, alla nitidezza richiesta dal gran trionfo dell'igiene : di impedire uno spreco inutile, di uscire a piedi a far qualche spesuccia nelle ore mattutine; già leste all' ora in che le nostre ave aspettavano la pettinatrice. Le signore, se Dio vuole, anche le intelligenti, anche le letterate lavorano ; anzi più una donna è intellettuale e più ha l'obbligo d' essere eclettica nelle sue occupazioni. Una qualità non deve atrofizzare le altre, ma farle risplendere di una luce ideale che non sia, in fondo, se non il riflesso di questa. La donna, insomma, deve essere anzitutto donna: non deve esimersi da nessuna delle sue attribuzioni per quanta meschine e fastidiose, nè trovarne alcuna troppo umile e prosaica per lei. Poichè ella non si abbassa, ma eleva tutto sino a lei, come la fata che può trasformare in gemme la materia più vile. Quindi, o una posizione fortunata le permetta di sorvegliare solamente ; o una posizione modesta la costringa a fare da sè, non dovrà mai rinunziare a rimanere la signora, la regina della casa. Disinteressandosi d'ogni regola d' andamento, come scendendo al grado di serva, la sua casa resterà in egual modo priva di direzione. E chi potrà sostituirla nelle cure dirette o nel pensiero vigile, dall' alto ?
SOVRANA DI UN REGNO
La casa è uno dei pochi ideali della donna che realizzandosi non si sfata. Quando la fanciulla, fatta moglie, mette piede per la prima volta fra quelle pareti in cui aleggia, col suo vago incanto, il futuro, ella le ama già; ella vi ha abitato nei suoi sogni, vi ha architettato degli episodi, vi ha già vissuto ore divine. Quindi è quasi con un sorriso di riconoscimento che, stretta al suo compagno, ne fa la prima ricognizione. Era proprio così... quella poltroncina tra i fiori accanto alla finestra dove lavorando o leggendo sfileranno le ore della solitudine fino al momento radioso del rivedersi: e quel sa-lottino da desinare, sgombro, severo e ridente, col camino all'antica che darà le belle fiammate di porpora, letizia invernale; e il santuario, la camera nuziale in cui manca solamente la culla : perfino la guardaroba, ampia, linda; e la cucinetta forbita, dai misteriosi ed ingegnosi meccanismi, che permette alla signora di mettere in pratica gli insegnamenti della cuoca tedesca, senza abbrustolirsi il viso o inrozzire le mani.
C' è proprio tutto, sì ! e c' è l' amore stemperato nell' atmosfera che illumina, riscalda e facilita e abbellisce azioni e cose. Dopo un paio d' ore, la casa ideale d'ieri è identificata nella casa reale di oggi, e la dimora vera si riflette uguale nella dimora sognata. Quelle pareti sono già piene di memorie, di speranze; appartengono già alla nostra vita interiore, e le adoriamo come il passato, e le difendiamo come l' avvenire.
Pure non saranno consacrate che il giorno in cui vi piangeremo per la prima volta.
LE REGGENZE
Grande o piccolo il regno richiede cure assidue, attività instancabile, occhio previdente, mano ferma e pronta a reprimere, mente chiara, ordinata e risoluta, per parte della sua sovrana. Una intelligente e valida padrona di casa, si sente con compiacenza e trepidanza insieme l'anima d'un ingranaggio, la forza motrice di un tutto organico che dipende assolutamente da lei. S' ella cede o manca, tutto il congegno si ferma, si altera, si disgrega. Tutto fa capo a lei, ed essa deve ordinar tutto, rispondere a tutto, rimediare a tutto, ricordarsi di tutto. Qualche volta la sua testa è un caos, dove gli elementi più disparati si trovano insieme, ma la brava padrona di casa fa sforzi di memoria e di volontà, prende note, segna appunti su una lavagnetta o un libretto inseparabile, e così perviene a superare ogni difficoltà. Qualche volta, come in ogni governo, sopravviene qualche crisi, ma ella non si sgomenta, e con l' accortezza, con l' energia, e se c' è bisogno, anche con qualche colpo di stato, fa riprendere al suo regno l' equilibrio.
Una difficoltà non lieve è quella delle reggenze quando si mostrano necessarie. Una malattia, l' assistenza a qualche caro malato lontano, un viaggio di distrazione, una cura, le circostanze non mancano, e una sovrana avveduta non dovrà lasciarsi cogliere impreparata. Ella procurerà sempre d'associarsi nella direzione della casa qualche buona alleata che al
bisogno possa sostituirla, continuando negli stessi sistemi ch' essa usa, e con gli stessi suoi intendimenti. Sceglierà per questa missione di fiducia o una parente, o una figliuola, o qualche vecchia affezionata domestica. Certe signore hanno l'abitudine ed un po' anche l' ambizioncella di voler fare tutto da loro: dicono che nessuno le accontenta, che nessuno sarebbe in caso di fare quanto fanno esse che hanno la pratica e l' esperienza, e non permettono a nessuno d' aiutarle nemmeno nelle piccole cose. È un sistema difettoso : prima di tutto perchè accumula troppo peso di lavoro su un individuo solo e ne lascia troppo poco agli altri : (per questo spesse volte le figliuole delle brave padrone di casa sono neghittose o inette); ed oltre che questo sopraccarico può esaurire, porta anche all'inesattezza e all'imperfezione. Poi sarà sempre incatenata alle sue attribuzioni come ai lavori forzati, non potrà prendersi la menoma distrazione : un ritardo a rincasare sarà una calamità, un' assenza la rovina. La padrona di casa veramente prudente e sagace penserà che la mente direttiva deve essere unica, ma non deve e non può essere una la mano d' opera. Il segreto dell' accuratezza, della perfezione, dell' ordine e della grandiosità delle imprese consiste appunto nella divisione armonica e giusta della fatica. La sovrana si addosserà sempre la parte più grave che è quella della direzione, della sorveglianza, della responsabilità che non cessano nè da vicino nè da lontano. Ma per l' azione materiale non sia esclusiva nè gelosa; dia il buon esempio e si trascini seco gli altri.
I SUDDITI
Un antico proverbio casalingo dice: Chi sa fare sa comandare. — Infatti una signora ignorante di culinaria, di lavori d' ago, di nozioni d' economia domestica, non può esser giusta nelle sue esigenze; richiederà troppo o si lascierà ingannare; dirà degli spropositi e metterà in pericolo la sua autorità. Giacchè anche nel regno della casa, i critici più spietati sono i sudditi, cioè i domestici. I domestici costituiscono la preoccupazione perpetua delle famiglie. Una volta nascevano e morivano nella stessa casa di cui finivano a far parte. Avevano in comune coi padroni gioie e dolori, affezioni e destino. Erano custodi degli averi, depositarii dei segreti, guardiani fedeli, gelosi, devoti. I loro salari erano miseri, eppure vi economizzavano su, e spesso si mettevano in grado d' aiutare i padroni caduti in povertà, o li lasciavano eredi. Ma questo tipo è ora quasi assolutamente scomparso. Raramente i domestici d' oggi si affezionano, sono coscienziosi, fidi, discreti e resistono all' esca d' un salario migliore. Gli uomini sono viziosi, sgarbati, pieni di pretese; le donne civettuole, pettegole, ignave. La sovrana costretta a governare un numeroso stuolo di questi sudditi è da compiangere assai. Dovrà avere occhio vigile e mano ferma, usare secondo i casi severità o indulgenza, rivestirsi di un'autorità capace sempre di reprimere e di riordinare: ma poi può essere sicura che i sudditi calcolatori esperti e psicologi astuti coglieranno a volo ogni debolezza, ogni incertezza, ogni circostanza per infrangere le leggi e fare il proprio vantaggio.
Però, abbia una mezza dozzina di servi a propria disposizione, ne abbia due, o debba contentarsi d'un' unica domestica, una padrona di casa che tenga al decoro, al rispetto, al buon andamento del servizio, dovrà guardarsi dalla troppa severità come dalla troppa benevolenza. L' esiger più di quello che è lecito, cioè la perfezione, è assurdo: e le signore troppo esigenti finiscono a esser costrette a mutar spesso i domestici e ad avere sempre un servizio provvisorio, mentre si fanno detestare e non avranno mai persone veramente fedeli intorno. D' altra parte la troppa bonarietà genera inesattezza, poltroneria, e abusi. Bisogna, nel distribuire il servizio, guardare che non manchi la possibilità materiale per disimpegnarlo; essere equi per tutti ; intransigenti per un palese strappo al dovere, ma indulgenti se la mancanza provenne da ragioni fisiche, da inesperienza, da qualunque motivo involontario. Non dare troppa confidenza ai domestici, non metterli a parte di segreti e di scherzi, ma trattarli con bontà, con affettuosità cordiale, anche, se lo meritano, interessarsi alle loro condizioni, alla loro vita privata, proteggerli e aiutarli quanto è possibile, consigliarli, ammonirli. Non dimenticare ch' essi sono i nostri uguali, giacchè se noi diamo ad essi il nostro pane e il nostro danaro, essi danno in ricambio a noi l' opera delle loro braccia: e che la nostra superiorità di posizione, di educazione e d'intelligenza non deve servire se non a considerarci i loro naturali protettori ed educatori : il loro esempio.
LA DONNA E L'ECONOMIA DOMESTICA
La scienza dell'economia domestica, che va da tutti i lavori d' ago alla conoscenza pratica delle
ricette e dei registri, è a torto trascurata nell' educazione della donna. Essa non l'apprende che a proprie spese, dopo molte inesperienze, dopo molti errori, e spesso imperfettamente quando si trova e capo d' una casa e d' una famiglia. Mentre uno dei fondamenti principali di benessere e di prosperità per il focolare domestico, consiste appunto nella sapienza di chi deve provvedere ai suoi dettagli e alle piccole necessità quotidiane dei grandi e dei piccini.
Siano pur abbondanti le rendite, siano pur lauti i guadagni dell' uomo, se la sua compagna non conosce la scienza del vero risparmio, dell' equilibrio fra le entrate e le spese, dell' ordine e della regola nell' amministrare il denaro che ha a sua disposizione, la famiglia non potrà mai godere di un tranquillo benessere, d' agiatezza vera.
Ed è appunto qui la spiegazione del problema che a molti pare insolubile: la vita comoda condotta da famiglie di mezzi limitati, mentre certe altre che potrebbero trattarsi con una relativa larghezza, tirano avanti alla peggio a furia di sotterfugi e di ripieghi. Una brava padrona di casa è un tesoro inuguagliabile, è per se stessa sorgente di ricchezza, se anche non recò danaro all'uomo che la scelse. Ma non si creda che il buon metodo vero di governare una casa e una famiglia sia retaggio delle menti limitate e porti come conseguenza l' ignoranza e la rozzezza. La vera economia domestica è anzi un complesso di nozioni e di intuizione che richiede spirito pronto, accortezza, riflessione sagace e facilità a comprendere e a ritenere. Gioverà conoscere un poco la chimica per
le sue varie applicazioni, per la ripulitura degli oggetti, per la smacchiatura delle stoffe, e per una quantità di piccoli rimedi occorrenti: l' aritmetica per sapere subito quanto si possiede, quanto si spende e si risparmia, e la contabilità per registrare con ordine entrate e uscite e controbilanciarle, sono pure indispensabili. L' igiene, che si estende dalla sorveglianza della nettezza e dell'ordine, all' assistenza dei malati, all'alimentazione e alle cure preventive o ai primi soccorsi nei casi d' urgenza, fa pure parte in certo modo dell' economia domestica, come pure la gastronomia, conoscenza preziosissima per il risparmio, la salute e il buon umore dei mariti; e finalmente l' abilità nei lavori d' ago che permetta alla signora non solo di cucirsi a macchina qualche capo di biancheria, qualche abito da casa e vestire i bambini, ma di rammendare, di rattoppare, di accomodar calze e di tener in ordine il guardaroba della casa, la biancheria e gli abiti del marito. L' esercizio pratico dell' economia domestica consiste pure nella saviezza del bilancio, nella previdenza per le spese eventuali e nella coraggiosa rinunzia alle spese superflue o eccedenti il preventivo : nella prontezza di trovare il male e vincerlo con la modificazione o coll' energico rimedio, nel scegliere tra due metodi il più confacente alle proprie forze e a quello attenersi superando anche, se occorre, il rispetto umano e l' ambizione di parere più di quello che si è in realtà.
Per fare tutto questo occorre intelligenza ed anche un po' di coltura. « Non si riflette mai abbastanza — scrive Angelo De Gubernatis — che una
buona istruzione dà alla sposa e alla madre vantaggi inapprezzabili nel governo della famiglia.
IL LIBRO DELLE SPESE
C' è un libro umile che si tien nascosto, che si trafuga se resta alla luce, di cui ci si vergogna quasi, che si apre con un sospiro e si chiude con un respiro di sollievo : è il libro delle spese giornaliere.
Eppure, a pensarci bene, questo disprezzo è una ingratitudine. Quel piccolo libro lungo e stretto, dall' austera veste bruna, è lo specchio più sincero, l' indicatore più esatto della nostra vita giornaliera. E non è vero che sia prosaico, che sia comico nella minuzia delle sue specifiche; che sia monotono nel riscontro dei suoi numeri. Per chi sa interpretarlo con un po' di penetrazione, ha quella poesia tranquilla e schietta che si sprigiona da ogni verità: quell' eloquenza laconica ma profonda delle cifre che supera ogni più ingegnosa argomentazione. Le feste di famiglia vi si rispecchiano nell' abbondanza maggiore delle provviste, nell' indicazione di un regalo: nascite e morti vi lasciano la loro traccia: così un matrimonio, un viaggio, il crescere in età dei fanciulli, il declinare dei vecchi. Passioni e virtù vi si riverberano nel loro carattere assoluto, nelle loro conseguenze dirette, senza attenuanti o senza ingrandimenti. La vanità della signora, la ghiottoneria del signore, i capricci della signorina, la cattiva educazione dei bambini, sono scolpiti là dall' efficacia d'un' indicazione e d'una cifra, come in una concisa epigrafe di qualche lapide imperitura. Un esame coscienzioso del libro delle spese, equivale ad un
esame di coscienza, può dare intime soddisfazioni e salutari vergogne: indica il peccato in cui si ricade di più e in pari tempo fa nascere il desiderio di emendarsi. Qualche raffronto coi libretti degli anni antecedenti è pure utilissimo per mantenere l'equilibrio o rimetterlo a tempo nell'amministrazione domestica. Amiamo dunque l' umile libro dimesso, come un confidente e un consigliere: rispettiamolo come il termometro della nostra prosperità: sorridiamogli come al raccoglitore fedele di tradizioni, di abitudini della nostra famiglia, a lui che qualche volta nella sua prosa laconica ci conserva la traccia viva di qualche frammento di vita che ebbe per noi grande importanza, e che ci è doloroso e dolce ricordare.
LA SIGNORA IN CUCINA
Ho accennato già alla capitale importanza che ha la cucina nella vita domestica. Ma sono poche le donne che sappiano occuparsene nei giusti termini. Vi sono delle signore che hanno in orrore questo luogo della casa, che non vi mettono piede se non di sfuggita, senza mai ispezionare, senza controllare, e si vantano anzi d' ignorare, o ignorano realmente, tutto quanto si fa nell'officina della salute, com'ebbe a chiamarla un illustre igienista. Vi sono invece delle signore che hanno fatto della cucina il loro quartier generale e sono sempre ai fornelli a esplorare, a sindacare, a discutere, ad aiutare la cuoca anche quando non ne avrebbe punto bisogno, determinando anzi confusione e disordine. I loro abiti sentono sempre un leggero odore d' intingolo e di
fumo ; le loro mani al contatto dei recipienti e del calore, hanno perduto per sempre la loro pallidezza, e bene spesso il bianco della farina o il nero del carbone lasciano sulle loro vesti e sul loro volto un ricordo traditore. Eccessi da criticarsi. Una padrona di casa che voglia vigilare con coscienza e restare nello stesso tempo signora, appena uscita dalla sua camera, nel semplice abito del mattino, farà bensì alla cucina la sua prima visita, ne osserverà la nettezza e l'ordine, esaminerà insieme con la cuoca le compere da lei fatte al mercato, darà i suoi ordini chiari e precisi, e poi se ne andrà ad occuparsi d' altro e non tornerà in cucina che un quarto d' ora prima della colazione o del desinare, per vedere se la cuoca è pronta e per verificare se suoi ordini sono stati eseguiti. Un' altra capatina prima del pasto serale e un ultimo giro di ronda a giornata finita per assicurarsi che ogni cosa sia al suo posto e ben pulita, per vedere quello che occorre per l' indomani, e basta. Questo in via ordinaria. In via eccezionale, quando si deve provare un nuovo manicaretto, quando la signora vuole manipolare un dolce con le sue bianche mani, o ha qualche caro malato alla cui alimentazione vuol attendere da sé, frequenterà di più la cucina, ma allora indosserà un grembiule e sopramaniche di circostanza, e avrà cura quando esce di passare nella sua camera a lavarsi, profumarsi, riassettare accuratamente la sua toilette.
La cucina dovrebbe essere piuttosto ampia, col pavimento a mattonelle da ripulire facilmente; i muri spesso imbiancati e rivestiti fino ad una certa altezza, dove sono più esposti al fumo o al grasso
di ceramica lucida che la cuoca può forbire quotidianamente. La tavola sia ricoperta di marmo, e credenze, scaffali, abbiano nitide coperte di cotone bianco da rinnovare spessissimo. Sia provvista largamente di stoviglie e d' arnesi : meglio il ferro smaltato e la terraglia resistente che il rame riconosciuto oramai generalmente dannoso anche se rivestito di stagna. Il ferro nelle posate e nei recipienti dà facilmente cattivo sapore ; di pessimo uso il piombo, lo zinco e gli altri metalli composti di leghe inferiori. La cucina ideale non dovrebbe comporsi che di ceramiche e di cristalli. Una buona cucina deve essere fornita d' un acquaio in marmo — meglio se in uno stanzino attiguo : — di una ghiacciaia, di un piccolo forno. Le finestre siano fornite di un telaio a rete fittissima per impedire il passaggio alle mosche ; abbia un buon lume a gaz o a petrolio, e un orologio a muro per esigere l'esattezza dalla cuoca : sia provvista in abbondanza di strofinacci e di asciugamani, e si sostituiscano di frequente. Utile può essere in cucina un termometro, un calendario e una piccola lavagna per annotazioni.
LA SIGNORA IN SALOTTO
Quasi tutte le padrone di casa hanno l' ambizione d'avere parecchi salotti, o almeno di averne uno, ma elegante più che e loro possibile. Per far vedere ai visitatori due salotti invece d'uno, o per riceverli in un ambiente signorile, sacrificano una stanza che potrebbe esser loro maggiormente utile per altri usi, o ammobigliano con le suppellettili migliori
la più bella camera dell'appartamento che poi tengono chiusa tutta la settimana per aprirla soltanto nel giorno delle visite. Ma questi salotti hanno poi un aspetto rigido e triste nei loro mobili di parata, nei loro gingilli inutili, e rivelano chiaro il loro ufficio. Comprendo che una signora che non sia ricca, che abbia dei bimbi piccini, non possa passare in salotto tutte le sue giornate : ma potrebbe rimanervi, però, quella mezz' ora che dedica a qualche lettura, a qualche lavoruccio ornamentale, a scrivere qualche lettera. Un libro, un giornale, un nécessaire da ricamo, una scrivania e qualche vasetto di fiori, ravvivano un salotto col riflesso della vita vissuta, gli dànno subito un aspetto più intimo e dolce. Inoltre vorrei mettere in guardia le signore, che non possono possedere dei costosi oggetti d'arte, contro certi gingilli che vorrebbero farne le veci; certi gingilli antiestetici, dozzinali, che sono all' arte e al buon gusto la più atroce offesa. Fiori di carta, portaritratti, cestelline, bomboniere, giocattoli da cotillon, vorrei banditi per sempre anche dal salotto più modesto. Del resto la moda, per fortuna, tende alla semplicità, tende con la grazia delle linee e l' armonia tranquilla delle tinte a diffondere il gusto del bello. Procurino le signore che non si sentono in grado di scegliere e di giudicare da sè, di farsi dirigere da qualche artista per la disposizione dei mobili e gli oggetti d' ornamento. Molte volte un gingillo elegante e grazioso costa come un ninnolo volgare: qualche volta costa anche meno e non lo si sceglie perchè non sembra abbastanza decoroso, abbastanza d' effetto. Si preferiscano più che è possibile le cose autentiche : una terracotta
uscita dalle mani di un artista varrà più d'un ricco bronzo di fabbrica; un acquarello firmato da un buon pittore, sarà da preferirsi mille volte alle grandi oleografie dalle fastose cornici dorate, di nessun valore estetico. E non sarà mai consigliata abbastanza la sobrietà nell' arredamento.
Poche e belle fotografie qua e là invece di una esposizione da stabilimento fotografico; fiori freschi in qualche vasetto di sagoma elegante, anzichè le goffe giardiniere ; qualche bel libro rilegato, invece degli album di cartoline illustrate: tende leggere che velino la luce e non la intercettino, come i pesanti cortinaggi. La moda d' oggi è avversa alle morbidezze, ai tappeti, alle imbottiture : pare intenda dare anche alla vita domestica un indirizzo più austero, più igienico, più semplice, direi più sereno. Per questo l' arte nuova mi è simpatica e la raccomando.
LA SIGNORA IN GUARDAROBA
Dopo la cucina, la stanza di maggior entità pratica è, in una casa ben ordinata, la guardaroba.
Difficile farne a meno senza che l' appartamento intiero se ne risenta con poco o molto disordine. Dove si deporrà il bucato da accomodare e da stirare ? Dove si collocheranno gli armadi con la biancheria da tavola e da letto ? E gli indumenti fuori di stagione ?
Una signora amante della regola e dell'ordine dovrà sacrificare magari un'anticamera o un salotto, ma farsi una guardaroba, dove collocherà una tavola grande e forte da stirare e da spazzolarvi
su gli abiti; in giro alle pareti saranno armadi capaci, da chiudersi a chiave, per la biancheria e gli indumenti. Se la stanza è ristretta, un solo armadio può bastare per la biancheria, purché sia diviso da molte tavole che permettano di separare le tovaglie dalle lenzuola; in alto si metterà la biancheria di lusso, quella che si adopera meno, e in basso la roba più pesante, come panni, coperte, coltroncini, guanciali di ricambio, ecc. Ogni servizio di tovaglie e tovaglioli si legherà con una fettuccina colorata in croce, per distinguerlo subito e non rischiare di mettere in opera tovaglie e tovaglioli scompagnati. Lo stesso si farà con la biancheria da letto : lenzuola e federe analoghe vanno divise gruppo per gruppo. In un secondo armadio la signora potrà collocare nell' estate gli abiti da inverno suoi e del marito, gli oggetti di pelliccia, gli indumenti di lana facili ad essere guastati dalle tignuole. Dopo aver spazzolato accuratamente ogni cosa, si cospargerà la stoffa e il pelo di naftalina e si coprirà con pannolini di bucato. Nell'inverno lo stesso armadio può servire a rinchiudere gli abiti estivi e quanto non serve per la stagione. Così gli armadi delle altre stanze non saranno mai troppo ingombri, e la signora troverà subito quanto le occorre per vestirsi, senza confusione.
Una solerte padrona di casa visiterà quotidianamente anche la guardaroba; vigilerà che il bucato non trascini qua e là insudiciandosi prima di essere riposto, che venga ripassato con esattezza, stirato con proprietà, soleggiato, o almeno asciugato bene, innanzi di venire rinchiuso. Ispezionerà che nei cassetti o negli angoli non si ammucchino
ritagli o cose inservibili ; che non manchi aria e luce, che la domestica o la stiratrice sia ben provvista di quanto le occorre. Sarà bene munire la finestra di una tenda pesante per mitigare in estate il caldo alle persone costrette a sfidare il calore dei fornelli. Anche la macchina da cucire si tiene in guardaroba per non ingombrare le altre stanze con lavori in confezione, modelli, stoffe e quanto altro abbisogna: esposizione poco simpatica quando si vede fuori del luogo destinato a simile uso.
LA CAMERA DA LETTO
Entriamo nel santuario. La camera da letto é quella che rispecchia meglio d' ogni altra la personalità e le abitudini di una signora ; la sua maggiore o minore accuratézza ; la sua maggiore o minore vanità. Fra le pareti che proteggono il riposo e che sanno l'amore; che vedono il nostro ultimo sguardo a sera, e raccolgono al mattino il primo sorriso, si adunano e si serbano di preferenza i ricordi più cari e più intimi : le fotografie delle persone più teneramente amate, più dolorosamente rimpiante : i libri sacri per pregare ; i segreti diarî, confidenti delle ore buone e delle ore cattive ; i gioielli preziosi: i doni dei parenti e delle amiche -che ci richiamano date indimenticabili della nostra vita. — È, quindi, la camera che amiamo di più, che soffriamo più di abbandonare quando vi siamo costrette; dove ci rifugiamo nei giorni di malessere, nelle ore d' angoscia e di dolore : dove portiamo a nascondere le nostre gioie più fulgide, le nostre pene più amare. E appunto per questo suo carattere
intimo, nella camera da letto non si ammettono che le amiche più di confidenza, le parenti più prossime, e nessun personaggio dell' altro sesso, a meno che non sia un fratello o che non si tratti di circostanza speciale.
Una signora che abbia un quartiere ristretto o poco riscaldabile, potrà anche rimanere tutto il giorno in camera da letto e ricevervi le persone amiche, purchè un cortinaggio, un paravento, nasconda il letto, e il resto della stanza abbia un po' il carattere d' un salottino. L'arte nuova, però, vuole che la camera da dormire resti ciò che è, e sia sopratutto conforme alle regole dell' igiene. Banditi i cortinaggi, i tappeti : mobili dagli angoli arrotondati, a vernici chiare, scarse imbottiture, forme sobrie, pareti lucide invece che rivestite di carta. E le stanze da bagno e da toilette sono oggi quanto di delizioso si possa desiderare, con tutti gli accessori in marmo, ferro e cristallo, acqua a profusione; grosse stuoie, vetri smerigliati : la frescura d' estate, d' inverno il tepore.
Avendo la fortuna di possedere una casa tutta per sè, o di abitare un vasto appartamento, mi sembrerebbe preferibile, per due sposi, avere ciascuno la propria stanza, anzichè una camera comune. Il letto matrimoniale è antiestetico, ridicolo, incomodo, offensivo al pudore. Nessuna giovine sposa accoglie senza arrossire una visita nella sua stanza, a motivo di quel gran letto impuro che fa fare alle fanciulle ignare le più strane considerazioni, ed eccita la fantasia e i sensi delle altre. Molte poesie, molti delicati riguardi che avrebbero potuto durare, si sono dissipati nel matrimonio a motivo di questa camera comune che abbassa l' amore alla sua semplice
funzione di riproduttore della vita. Vi sono certi pudori che una donna di fine educazione non può sacrificare nemmeno al proprio marito; vi sono promiscuità ripugnanti, specialmente fra esseri il cui organismo è così diverso e dà abitudini e necessità così differenti. E poi l' indipendenza individuale è offesa continuamente dai gusti e dalle consuetudini spesso opposte : al signore piacerà dormire al buio, alla signora tenere il lume ; il marito avrà l' abitudine di fumare una sigaretta prima di prender sonno, alla moglie darà noia l' odor del fumo; l' uomo soffrirà il caldo e non sopporterà che coltri leggere, la donna sarà freddolosa e vorrebbe addosso una montagna ; qualche volta l' uno o l' altra vorrebbe leggere un poco ; il coniuge che non capisce questo gusto si lamenta. Poi l' uno rincasa tardi e sveglia l' altra ; lei vorrebbe alzarsi presto e si sacrifica per non svegliar lui; insomma, a pensarci bene, è un conflitto continuo, preludiante spesso a divergenze più gravi. E la vita ha già tante noie, costringe già a tanti sacrifizi, che non mi pare giusto nè ragionevole che si debba fabbricarne apposta quando si potrebbe farne a meno.
LA STANZA DA DESINARE
La stanza da pranzo è, nelle famiglie borghesi, la più allegra della casa, perchè riunisce due volte al giorno la famiglia, e nell' inverno ne trattiene vari membri molte ore della giornata e durante le lunghe sere. Vi si ricevono le visite di confidenza, e quando c' è un pianoforte, dopo pranzo si fa un po' di musica, e anche, in carnevale, i tradizionali
quattro salti. C' è un caminetto o una stufa, intorno a cui si raccolgono i vecchi e i freddolosi : un gran lume appeso illumina la tavola apparecchiata che dà un senso di benessere a chi rincasa stanco dopo molte ore d' occupazione, a chi viene dal freddo della via. Sparita la bianca tovaglia, ecco le cestelline da lavoro, le carte da gioco, i quaderni dei bambini, i giornali. Un divano, qualche comoda poltrona, sono lungo le pareti : un tappeto o un asciutto legno ricoprono il pavimento. Ma queste stanze a doppio uso, diremo anzi : ad uso universale, necessitano da parte della padrona di casa la più scrupolosa sorveglianza per conservarle in ordine e dar loro un' apparenza conveniente. Giacchè non è raro il caso che gli oggetti più eterogenei si trovino là a testimoniare fuor di luogo, dell'uno e dell' altro uso a cui la stanza è adibita: così si troverà un bicchiere o un piatto sul tavolino da lavoro, e un calamaio o un ditale o un libro sulla mensa apparecchiata. La signora dovrà in simili casi fare un po' da fata, e trasformare con la sua bacchetta magica l' unica stanza, ora in camera da mangiare, ora in salotto, ed ora in stanza da studio e da lavoro : guardando bene che a seconda delle ore e delle occupazioni, oggetti e arnesi siano messi in evidenza o vengano dissimulati, in modo da lasciare sempre all' ambiente un aspetto d' ordine e di armonia.
La mensa anche nelle famiglie più modeste, deve essere preparata con cura. Un grazioso portafiori nel centro ; qualche striscia ricamata e adorna di trina, sottocoppe, piccoli tovaglioli, una caraffa per l' acqua, di forma elegante, una compostiera di cri-
stallo e una fruttiera artistica, sono cose che qualunque signora pub facilmente procurarsi e che senza costar molto appagano l' occhio. Le credenze o le mensole per i piatti di ricambio e le altre cose occorrenti dovranno pure essere rivestite di tovagliette ricamate a colori, che poi, a pasto finito, se la stanza fa le funzioni di salotto, dovranno essere riposte nei cassetti insieme a quanto occorse per l'imbandigione. La tavola verrà ricoperta dal tappeto, e resterà nel centro solo il portafiori. Vi si poseranno su libri, riviste e giornali. Sulla credenziera un orologio a pendolo, qualche fotografia, una statuetta, sostituiranno le bottiglie e i piatti. Usci-ranno dalle cestelline i ricami e i lavori a maglia e si farà crocchio intorno al piccolo tavolino innanzi al divano. Poi viene l'ora dello studio: la tavola si copre di quaderni, di penne, di grammatiche, di vocabolari, e i lavori spariscono. Alla sera, se si riceve qualcuno in intimità, si accenderanno i lumi del pianoforte, e la credenziera potrà servire per i biscottini, le bibite, i dolci da offrire agli intervenuti.
Nelle famiglie signorili la sala da pranzo conserva sempre il suo carattere, per lo più austero. Non divani nè mobili all'infuori di quelli destinati all' uso. Alle pareti quadri rappresentanti scene di caccia o natura morta; ceramiche, bronzi, esposizione d' argenterie e di maioliche nelle vetrine. La famiglia vi si trattiene appena il tempo necessario ai pasti, poi passa subito in altro ambiente.
PRANZI D' INVITO
La prima cura d'una signora che desidera dare un pranzo è quella di riunire intorno alla sua ta-
vola persone affini per posizione sociale, per abitudini, per educazione. Se non osserverà questa regola si metterà a rischio d' assistere a incidenti spiacevoli e d' avere dei seri dispiaceri. Se il pranzo è di molta importanza manderà l'invito stampato, almeno otto giorni prima; se ha un carattere più famigliare basterà un biglietto scritto o un invito a voce. Vigilerà perchè la tavola sia allestita con eleganza e ben illuminata; perchè il pranzo riesca fine e gustoso: darà le sue istruzioni ben precise, e venti minuti prima dell' ora indicata deve trovarsi pronta in salotto a ricevere i commensali. Se il pranzo è di parata, indosserà un abito da sera, scollato, e gli uomini avranno la marsina; altrimenti avrà un abito elegante da visita, o da teatro, od anche una camicetta molto fine e graziosa. Allora gli uomini indosseranno un abito chiuso. Le signore invitate tengono i guanti fino al momento del pranzo; la padrona di casa non li porta se non è in toilette di gran gala. Ella avrà disposto i posti in modo che ogni signora si trovi fra due uomini procurando di avvicinare con tatto le persone che per uguaglianza di genere di vita e di gusti possono trovare facili motivi di discorso. Non sarebbe però, conveniente ch'essa aggruppasse i convitati secondo l' età loro. Ella siede dirimpetto al padrone di casa che ha a destra la signora di maggior riguardo ; così la signora riserberà il posto alla sua destra all' invitato più distinto. La vicina di destra del padrone di casa dovrà esser servita per la prima, poi si fa il giro. All' altra portata si comincerà dal lato opposto per evitare che alcuni fra i commensali siano sempre ultimi. Se il pranzo è numeroso, vi saranno
due o più domestici che serviranno contemporaneamente.
Il menu sarà stampato nei grandi pranzi, manoscritto per i pranzi di minor impegno; ma sempre su un cartoncino grazioso, dipinto a mano, o ornato in altra guisa. È gentile l' abitudine di deporre ad ogni posata un fiore che il convitato potrà recare con sè senza spogliare la tavola.
La minestra sarà di genere leggero, scarsissima, e servita nè troppo calda, nè troppo fredda: non meno di tre portate e non più di cinque, compreso il dolce. Il servizio sia rapido e silenzioso. La padrona di casa eviti di dare ordini e spiegazioni ai domestici : tutto dovrà esser regolato prima, ed essa non avrà che ad occuparsi degli invitati. Non si mostri preoccupata, impaziente, nervosa, anche se qualchecosa nel servizio non va come dovrebbe, anzi cerchi con la sua disinvoltura di nascondere e di ovviare ogni inconveniente. Non incoraggi nessuno a mangiare, non osservi se mangia poco; non parli dei cibi nè del vino : eviti gli argomenti tristi e lugubri; stia attenta che i discorsi, specie sul finire del pranzo, non prendano un andamento troppo libero. Se si fanno brindisi, le donne non rispondono : sorridono e s' inchinano riserbandosi di ringraziare con qualche parola amabile all' uscita del pranzo. Qualche signora ha l'abitudine di fare il caffè con la macchina a tavola; se il pranzo non ha carattere ufficiale, può serbare la sua abitudine, avendo cura che il domestico sia pronto a coadiuvarla, e badando a non sbagliare le proporzioni, a non dimenticare nessuno. Non preparerà zucchero nelle tazzine, ma lascierà ad ogni commensale la
libertà di metterne a seconda del proprio gusto. Se il pranzo è ristretto può servire da sè gli ospiti, interpellandoli. Qualche volta il caffè si serve in un salotto attiguo, su un terrazzo, in giardino ; e allora la padrona di casa dovrà allestire un tavoli-netto speciale come per il thé e servire il caffè con le sue mani o aiutata da qualche signorina.
Finito il pranzo, la signora che invita è la prima ad alzarsi e a prendere il braccio del suo vicino di destra per passate in un altro salotto seguita dagli ospiti. Non domanderà a nessuno se il pranzo era di suo gusto o se ha mangiato abbastanza.
IL GIORNO DI RICEVIMENTO
A tutta prima pare che il cosidetto giorno di ricevimento significhi pompa e vanità. Ma, a pensarci bene, è una misura economica e una garanzia di libertà per gli altri sei giorni della settimana. Una signora che non abbia giorno fisso per ricevere le sue conoscenze, è costretta a tener la casa in un andamento alquanto signorile, ad avere più d' una persona di servizio, e a mantenersi ella medesima sempre a disposizione altrui, esposta a venir interrotta nelle sue occupazioni e nei suoi progetti; oppure a provare il rammarico di trovarsi fuori di casa intanto che un' amica desiderata veniva a visitarla. Mentre fissando un giorno da serbare a disposizione degli amici, ella saprà regolare occupazioni e atti in modo da rimanere perfettamente libera nel pomeriggio una volta per settimana. Certo che il giorno fisso obbliga alla puntualità, all'ordine, assoluti, poichè nulla di più sconveniente che non
farsi trovare in casa o farsi trovare in abiti negletti in un salotto impreparato. La signora ornerà quel giorno il salotto di fiori, preparerà in un tavolinetto o l' occorrente per il thé o un servizio da caffè e un po' di dolci. In estate non si fanno visite, ma quando la stagione è un po' avanzata servirà delle bibite o dei gelati e curerà che il salotto sia ben ventilato, come d' inverno procurerà che sia riscaldato a sufficenza. Ora le visite si fanno brevi quindi due ore basteranno per ricevere : dalle cinque alle sette. La signora indosserà un vestito elegante, una bella camicetta, secondo i suoi mezzi, e potrà ornarsi di gioielli a piacere, giacchè è di buon gusto portare i gioielli specialmente in casa, come è di cattivo gusto ornarsene troppo fuori. Si farà trovare in salotto : aspettando, prenderà un lavoruccio o un libro. La cameriera o il domestico non dovranno muoversi dall' anticamera per essere pronti ad introdurre i visitatori. Non è più di moda ora che il servo annunzi pronunziando il nome : egli fa passare in silenzio. Se chi entra è una signora di riguardo, superiore d'età o di grado alla signora di casa, ella si alza dal suo posto anche se occupata con altri e le muove incontro : se è una sua pari o un' amica si leva in piedi solamente, per salutarla. Non è obbligo che le altre signore si alzino in piedi al sopraggiungere d' ogni nuova visitatrice se non in casi speciali. Mai, poi, quando entra un uomo, se non è un prelato o qualche vecchia notabilità che onori la patria. Quando c' è bisogno di presentazioni, la padrona di casa dice i nomi, semplicemente, presentando sempre prima chi merita minor riguardo : i giovani ai vecchi, gli uomini
alle signore, chi non ha una posizione sociale a chi occupa già qualche grado od è più noto. Ora il cerimoniale della presentazione accenna a passare di moda, come tutte le regole d' un' etichetta un po' rigida troppo in disaccordo con le attuali abitudini di vita : ma se la signora non presenta dovrà fare in modo con qualche frase di far conoscere il nuovo o la nuova venuta in modo che possa affiatarsi subito con tutti. La donna sarà sempre la prima a porgere la mano : alla presentazione d' una signora di riguardo farà un inchino, ma non lo ripeterà ad un secondo saluto. La padrona di casa non s' inchina a nessuno.
L' arte del dirigere un salotto, l' esercizio del conversare, è un arte malagevole, è un esercizio difficile che richiede tutta la delicatezza, tutte le facoltà della mente e le gentilezze del cuore. Quante la conoscono senza fare della critica piccina e personale, della galanteria stucchevole ? Quante sanno occuparsi di tutti con grazia semplice e insinuante, e troncare a tempo un soggetto noioso o scabroso senza parere di farlo : e ribattere spiritosamente una frase spiritosa, e dare anche qualche lezione con garbo e con brio a qualcuno che potesse meritarla? Poche, ben poche, ad ogni modo con la buona volontà, il desiderio di riuscir gradite a ciascuno e un po' di pratica, tutte le signore possono riuscirvi.
LE SERE DI RICEVIMENTO
I ricevimenti di sera, per quanto intimi, rivestono sempre un carattere di maggior importanza delle visite fatte di giorno. Di giorno un salotto basta,
di sera è quasi necessario averne almeno due, ben illuminati e ben riscaldati, uno dei quali serve di fumoir, se non c' è stanza apposita per i signori uomini, dai quali poi non bisogna esiger troppo il sacrifizio d' un' abitudine che a molti è cara e necessaria. Nello stesso salotto si possono disporre alcuni tavolini per qualche partita a carte o a scacchi, per chi volesse approfittarne, mentre nell'altra stanza, che sarà la più elegante, la signora riceverà le sue amiche, cambiando spesso posto, in modo di essere or vicina all' una, or vicina all' altra e sciogliere e riunire i gruppi continuamente per mantenere sempre alla conversazione un carattere vivace. Se ha qualche novità interessante, un oggetto d' arte, un libro, fotografie, ecc. ecc., ne faccia partecipi gli altri : diriga la conversazione in modo che ognuno abbia campo di emergere ; non insista mai troppo sugli stessi argomenti. Se ha un pianoforte e fra gli intervenuti si trovano dei musicisti può chiedere a qualcuno di suonare, ma senza costringere, e quando alcuno suona o canta dia per la prima l'esempio dell' attenzione. A musica finita faccia qualche elogio, esprima la sua impressione, ma con garbo, senza esagerare. Se conosce la musica anche lei ed è pregata di suonare e di cantare aderisca subito e faccia in modo di non mettersi troppo in evidenza o continuando a lungo, o soverchiando gli altri. La parte della padrona di casa è quella dell'abnegazione: essa non deve mai dimenticarlo. Più una signora che riceve si studia di rimanere nell' ombra e di far figurare i suoi ospiti, di renderli paghi e soddisfatti in casa sua, e più riesce simpatica e dà prova di educazione fine
e di gentilezza vera. Anche nel suo abbigliamento procurerà di non eccedere per non mortificare quelle signore che per la loro posizione non fossero in caso di competere in lusse con lei; vestirà di bianco o di nero, con eleganza più o meno ricercata secondo l'entità del ricevimento, ma senza sfarzo e senza capriccio. Farà servire i rinfreschi dal servo ma si occuperà a distribuirli, specialmente fra le persone di riguardo.
I QUATTRO SALTI
Molto facilmente in carnevale, i ricevimenti di sera si convertono in un ballo. Un ballo senza etichetta, i famosi quattro salti, ma che per le signorine costituiscono spesso un divertimento più grande e più agognato delle feste di ballo in piena regola. In un lampo il salotto è sbarazzato dai mobili che ne occupano il centro, le sedie sono disposte in giro; un martire è condannato al pianoforte, e il ballo incomincia. Una padrona di casa deve mostrarsi, in tali circostanze, compiacente e disinvolta fino ai limiti del possibile. Sono casi da prevedersi quando s'invitano dei giovinotti e delle fanciulle, ed è carnevale, e c'è un pianoforte nell' appartamento. Quindi ogni divieto, ogni riluttanza hanno l' apparenza d' una scortesia e sono fuori di posto. Forse può dispiacerle di abbandonare un tappeto a quei piedi voraci, di sacrificare un'accordatura al pianoforte, di vedersi prolungare la veglia sino alle ore piccine, ma questi rammarichi dovrà tenerli per sé e cedere di buon grado al desiderio comune. Anzi se nessuno altro si offre, spetta
a lei di darsi vittima volontaria e sedere al piano a discrezione dei suoi ospiti: se poi qualcuno la previene non manchi di sostituirlo dopo un po' di tempo. Poi si occuperà delle signore che non ballano, e declinerà per sè ogni invito, anche se è gio vine e se adora la danza. Se si accorge che qualche signorina è trascurata, preghi con garbo qualche signore, col quale abbia una certa confidenza, d' invitarla: se qualcuna vuol ritirarsi prima delle altre, faccia in modo che la società non se ne avveda considerandosi obbligata a sciogliersi. Provveda che ognuno dopo il ballo trovi da rinfrescarsi o da rifocillarsi : faccia star pronta la cameriera nel gabinetto di toilette o in qualche stanza attigua, nel caso che alle danzatrici abbisognasse il suo aiuto: non si mostri stanca nemmeno se è esausta, e trattenga per dieci minuti gli invitati a sera finita perchè abbiano modo di rimettersi se accaldati, prima d'uscire nella via. Vegli che ogni signora abbia quanto le occorre e l' accompagni sino all' anticamera.
IL GRAN BALLO
Le esigenze di un ballo in grande sono tali che solamente una minoranza può concedersi questo lusso di invitare a un ballo in casa propria. Occorre prima di tutto avere una sala destinata a questo uso o che si possa facilmente ridurre, e altri salotti attigui da ricevimento. Occorrono parecchi servi, una piccola orchestra, un buffet ben guarnito; molta eleganza, molta signorilità dappertutto : diversamente è meglio non farne nulla. Nei grandi
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balli, gli obblighi della signora che invita sono sempre quelli di sorvegliar tutto e tutti, perchè non accada nessun inconveniente, e nessuno si trovi a disagio in case sua. Gli inviti vanno distribuiti almeno una decina di giorni prima per dar tempo alle invitate di preparare il loro abbigliamento. La signora che riceve indosserà un abito da sera elegante, ricco anche, ma sempre di minor sfarzo che se fosse invitata fuori. Porterà i guanti anche lei, lunghi o corti, secondo la toilette richiede. Riceverà gli ospiti insieme al marito, alle figliuole, se ne ha, o a qualche parente, nei salotti attigui alla gran sala da ballo. Quando gli invitati saranno in numero sufficiente aprirà lei la danza con un cavaliere di sua scelta, procurando di dare la preferenza a chi vanta qualche superiorità o di ingegno, o di posizione sociale. Farà un breve giro e incomincierà subito la sua missione faticosa e difficile di dire a ciascuno una parola gentile, di sorvegliare che non accada nessun spiacevole incidente, che tutti possano trascorrere quelle ore liete in piena serenità. Non ballerà più in giro che una o due volte, per compiacenza, ma sempre brevemente e senza preferire particolarmente nessuno. Ballerà invece la quadriglia con un cavaliere scelto dal principio ed avrà di fronte una coppia pure designata precedentemente e composta dalle persone che vuol onorare di più. Se è giovane apre lei il Cotillon; se ha delle figliuole grandi, cede alla maggiore di esse il privilegio. Il Cotillon deve essere ricco di doni. Si faccia in modo che tutti gli intervenuti possano avere almeno un regaluccio di qualche valore artistico o di qualche entità da conservare come ricordo.
Cosi il buffet deve essere abbondante e fine. Se non offre un cena a metà del ballo, la signora disponga dei tavolinetti graziosamente apparecchiati dove gli invitati possano rifocillarsi a gruppi. Ma in questo lasci ad essi la maggior libertà: affetti anzi di non osservare nè se alcuni prendono di frequente o se taluni non approfittano di quasi nulla. Verso la fine della festa si collochi in un luogo fisso, bene in evidenza, per non costringere gli intervenuti a cercarla per prendere congedo. Lasci al marito o alle figliuole l' ufficio di accompagnare chi esce fino alla soglia; essa non si muova dal suo posto finchè l'ultimo ospite non sia uscito. È molto gentile per parte di una padrona di casa, di esaminare nella sala e nei salotti, a festa finita, se nessun oggetto o gioiello vi sia rimasto, e trovatolo per caso, occuparsi in persona, il giorno dopo, della restituzione.
QUELLO CHE GLI UOMINI NON DEVONO SAPERE
Certe signore, o per meticolosità o per scrupolo, si creano un obbligo di fare quotidianamente al marito la cronaca dettagliata della vita domestica. Rotture di stoviglie, questioni con le persone di servizio, malestri dei bambini, pettegolezzi del vicinato, il pover uomo che rincasa intontito e stanco dalle ore passate all' ufficio o nell' esercizio della sua professione, tutto è costretto a sapere in ogni particolare e magari a commentare. E non capiscono queste mogli malaccorte che gli uomini si annoiano, s' impazientano a questi così poco interessanti racconti i quali, se moltiplicati finiranno
per far loro prendere in uggia la casa, la vita famigliare, e, forse, anche la moglie. L' uomo per natura e per carattere, non cura e fugge il dettaglio su cui è tessuta, invece, in gran parte l' esistenza femminile, e una donna intelligente che voglia conservarsi in tutta la sua freschezza e la sua intensità l'amore allo sposo, deve stare in guardia contro questo tarlo distruttore. Il governo d'una casa, si sa, comprende noie, difficoltà, piccole disgrazie, e colei che la regge deve avere abbastanza energia, abbastanza disinvoltura per provvedere da sola, evitando, finché può, di far pesare sulle spalle del suo compagno che ha già la parte più grave della responsabilità e dei pensieri, anche le molestie e gli ostacoli minori.
Certo fra due sposi che si amano e vivono d'accordo e tendono entrambi al benessere e alla prosperità della famiglia, nulla deve essere taciuto di quanto riguardi l' andamento generale o qualche riforma importante, o alcuna determinazione seria da prendere. È bello anzi, ed è giusto che si consiglino a vicenda, che insieme riflettano e risolvano. Sono insieme per questo. Ma è inutile dire al marito che si è rotto un piatto o un bicchiere, che la serva ha risposto male, che ha litigato con la donna di servizio dei vicini, che il bambino ha fatto uno strappo alla tenda e il gatto ha rubato una porzione di arrosto.
Come pure è inutile che la signora affligga il marito chiedendogli di consigliarla nella scelta d'una foggia o d'un colore per i suoi abbigliamenti. Ogni donna ha il dovere di saper già quello che le si addice e quello che le conviene: il marito giudicherà
dell'insieme di un vestiario, ma non dovrà subire la penitenza di assistere alla sua composizione ed esaminare i dettagli. Certo che nel scegliere, la signora deve pensare anche al gusto del suo compagno, ricordarsi quale modello preferisce e quale colore per lei. Può anche, in via di discorso, o trovandosi egli presente, interpellarlo, ma brevemente e senza insistere, senza annoiarlo. Gli uomini amano di vederci ben vestite, apprezzano anche i dettagli dell' eleganza, ma non amano sapere particolarmente di che cosa questo fàscino dell'abbigliamento muliebre si compone. Evitiamo quindi di farli assistere ai nostri convegni con le sarte, con le modiste; di farci accompagnare da essi nei negozî di mode, di fermarci, quando sono con noi, davanti alle vetrine.
Quando una signora capisce che una spesa personale, un divertimento, un oggetto, costerebbe sacrifizio a suo marito e minaccerebbe di alterare l' equilibrio del bilancio, non ne faccia nemmeno vedere il desiderio o la necessità : compia tra sè e sè la rinunzia senza render palese la sua privazione. Pensi che più d'una volta si è veduto che le piccole e persistenti economie, sono il segreto del benessere sicuro delle famiglie: sono un rimedio pronto, una difesa efficace. E senza lesinare su quel tanto che il marito le passa per le spese di casa, guardi di farvi entrare anche le spese imprevedute, così se qualche guasto accade, può ripararvi senza frastornare il suo sposo. I denari per le spese eventuali, sono sempre quelli che gli uomini dànno meno volontieri.
Molte signore hanno una somma fissa mensile per le loro spese personali: ed io ne conosco che
si fanno un dovere di spendere fino all' ultimo centesimo per l' abbellimento della propria persona. Ne hanno il diritto, ma dimostrano però molto egoismo. Una donna di sentimento delicato e di coscienza severa dovrà fare in modo di risparmiare sempre nelle sue spese particolari per offrire al marito qualche regaluccio, per aiutarlo in un momento di bisogno, per ornare la casa ch'essi abitano in comune, o concorrere in parte al necessario per l'educazione dei bambini e il loro vestire. Così facendo ella diviene proprio quale un nobile scrittore — il de Gubernatis — la designa: « La donna deve essere nella sua casa il più diretto rappresentante di Dio, con le sue aspirazioni, come con le sue ispirazioni; coi suoi consigli, col suo esempio, con l'opera sua intera.
OSPITALITÀ
Non c'è signora, anche in posizione modesta, che in città o in campagna non si sia trovata nella circostanza d'avere uno o più ospiti : ma l' ospitalità è come l' arte del ricevere, è di tutti e di nessuno. In generale noi italiani per la nostra indole espansiva, schietta, cordiale, opprimiamo un tantino i nostri ospiti per timore di mostrarci con essi freddi o sconvenienti. Gli inglesi invece conoscono alla perfezione le regole della vera ospitalità, che si riassumono poi in un precetto unico : lasciare all'ospite una perfetta indipendenza, così da farlo credersi in casa propria invece che nell' altrui.
Questo sistema così simpatico, tanto per chi riceve come per chi è accolto, va generalizzandosi anche in Italia ; ed ora nelle ville signorili, dove
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gli ospiti formano vere colonie, ognuno fa la vita che crede; s' alza all' ora che vuole, esce o sta in camera, scrive, legge, passeggia, si riposa, non avendo obbligo di puntualità che all' ora dei pasti o del thé, se la padrona di casa è usa a farlo servire ad ora stabilita.
In campagna o in città è necessario avere almeno una stanza per gli ospiti. La signora l'arrederà con cura, metterà in opera le biancherie più fini, le suppellettili più graziose; curerà che non manchi nulla di quanto possa aver bisogno l'ospite pensando specialmente alle abitudini particolari o alla professione di lui. Se l'aspettata è una signora, osserverà che gli specchi siano bene in luce, che vi siano mobili comodi, che la toilette abbia tutto l' occorrente, e disporrà qua e là dei vasetti di fiori. Un calamaio e una cartella non devono mancare nella stanza. È un atto di gentilezza far trovare pure qualche cartolina illustrata della città, o carta con la vignetta della villa.
Accompagnata l' ospite nella stanza designata, la signora la lascierà libera di fare un po' di toilette e di riposarsi se crede. Non l' aspetterà, ma le dirà dove potrà trovarla per andare a raggiungerla. Se l'ospite è un uomo lo fa accompagnare nella stanza a lui assegnata dal servitore o dalla cameriera e non gli dirà nulla. Ma manderà il marito o il figliuolo o qualche parente maschio a prenderlo per condurlo da lei. Verso gli ospiti uomini, la signora ha meno obblighi, giacchè deve limitarsi a coadiuvare il marito, o il padre, o il parente che ha invitato. Sta sempre a lei però vigilare che nulla manchi, a fare in modo che l'ospite non si annoi,secondandone i gusti,
dirigendo i discorsi, interessandosi a quello che fa, a quello che ha veduto.
Quando l'ospite è una signora, tocca alla padrona di casa occuparsene più specialmente; lo faccia però con molto tatto, in modo da lasciarla pienamente libera ma di trovarsi poi sempre pronta quando occorre il suo intervento. Se sono in città, proponga qualche passeggiata, qualche visita ai negozi o alle gallerie o alle chiese — secondo i gusti e la coltura dell'ospite. Procuri di farle conoscere qualche persona simpatica, di avere sempre qualcuno a pranzo, di condurla a qualche teatro o a qualche serata, se la signora è giovine e ama divertirsi : altrimenti rispetti i suoi gusti famigliari e faccia assaporare all'invitata le dolcezze della sua intimità. Sorvegli che i bambini non la molestino, che i domestici la rispettino ; gli allevî tutte le noie, tutte le brighe che può ; e quando sono insieme non lesini nelle spese. Tocca alla padrona di casa pagare la carrozza, dar mancie, offrire qualchecosa al caffè, ed anche provvedere i biglietti per gli spettacoli a cui assistono insieme.
In campagna organizzerà delle gite, dei ritrovi, delle merende; farà visitare all'ospite i dintorni, le darà libri da leggere, giornali: e se l'invitata si dedica a qualche arte, musica o pittura, l'animerà ad esercitarvisi. Quando l'ospite parte, la padrona di casa l'accompagna alla stazione e le regala dei dolci e dei fiori.
IN CASA D' ALTRI
Anche a vivere in casa d' altri occorre tatto ed educazione. Accettare ogni cortesia come cosa dovuta, abusare della condizione per rendersi indiscreti
sarebbe male come un eccessivo riserbo. Vi sono delle signore che per soverchio scrupolo ricusano tutto quanto si offre loro, e pur rimanendo ospiti in una famiglia per qualche tempo non oltrepassano mai la rigida barriera delle cerimonie, non rendono mai possibile quel cordiale affiatamento che solo fa piacevole la vita comune ; così rimangono sempre estranee e il loro soggiorno finisce a diventare un sacrifizio per esse e per chi le ospita. Altre invece invadono troppo, s'impongono, criticano sistemi, fanno mutare abitudini, mettono sossopra tutta la casa adducendo necessità fisiche o morali: incapaci di dominare il più leggero incomodo, la minima contrarietà.
Invece in casa d'altri, bisogna rendersi più graditi che si può ed evitare di procurare disordini di qualunque specie. È necessario adattarsi subito agli usi della famiglia, anche se ve n' è alcuno diverso dai nostri, o che noi non approviamo ; e farlo senza alcun sforzo apparente, mostrandosi sempre liete e cortesi. L' uguaglianza d' umore è pure una necessità in casa d' altri, ed è missione speciale dell' ospite di rasserenare le fronti, di comporre qualche diverbio, di calmare le inquetudini, di mitigare la tristezza, di confortare il dolore. Quando arriva, è tenuta a portare uno o più doni, secondo i suoi mezzi e i rapporti in cui si trova con la famiglia. Se porta un regalo solo, faccia in modo che possa servire per tutti, come un ornamento da salotto, da tavola, ecc., se una particolare amicizia la lega alla padrona di casa, porti a lei un oggettino personale: ma non dimentichi un cartoccio di dolci se vi sono dei bambini. È indizio di finezza distribuire
i regali, pure se belli, senza apparato, nascostamente, quasi attenuandone il valore : scusandosi della pochezza dell' offerta se è modesta. L' ospite regolerà pure il modo di vestire secondo il grado delle persone presso cui si trova: non si permetterà un abito troppo confidenziale dove la signora tiene all' etichetta ; nè indosserà vesti troppo eleganti e svariate presso una famiglia di abitudini semplici. Sarà però un tratto gentile da parte sua di mostrarsi sempre correttamente vestita, di aggiungere qualche piccolo ornamento quando siede alla mensa ospitale, dimostrando così rispetto alla casa che l'accoglie. Non si faccia mai aspettare, nè per vestirsi, nè per raggiungere gli altri. Nessuno può farle osservazioni, ma è sconveniente approfittarne. Abbia seco qualche lavoruccio, qualche libro, per impiegare i momenti d'ozio, anche per dimostrare che non si annota e per lasciare un po' liberi dalla sua presenza. Del resto segua le sue consuetudini ; se ha dello spirito, del brio, ne allieti chi l'ha accolta; se possiede coltura, doti artistiche, ne usi per rendersi più gradita; non decida mai lei intorno a qualche cosa, ma interpellata dica il suo parere con franchezza. Usi maniere urbane e cordiali con le persone di servizio, e se ha con sè la cameriera esiga da costei ogni riguardo, rispetto agli altri. Sappia interpretare i sentimenti, i gusti di tutte le età; faccia in modo insomma, che dai bambini ai vecchi tutti la prendano in simpatia e si rammarichino della sua partenza. Quando lascia la casa ospitale, distribuirà delle mancie alle persone di servizio secondo si è valsa dell' opera loro e secondo la durata del suo soggiorno. Appena di
ritorno scriverà alla padrona di casa mostrandosi grata delle cortesie ricevute.
L'ARTE PER FARE I BAGAGLI
Tutti fanno i bagagli, ma preparare un baule o una valigia in modo da farvi entrare la maggiore quantità possibile d' indumenti e di oggetti senza che si guastino o si sgualciscano, non è di tutti, è anzi la prerogativa di pochi. Bisogna avere l' abitudine dei viaggi, ed anche quella, ottima, di far tutto da sè, per imparare quest' arte malagevole e necessaria in cui — mi dispiace dirlo — non sempre le donne riescono meglio degli uomini. Certi signori meticolosi, pazienti, certi altri che sono sempre in su e in giù per le ferrovie, fanno la valigia con un' ingegnosità, una bravura ammirabile. Anche in questo gli inglesi ci insegnano ; ma essi hanno poi un'altra specialità,quella di fare sempre e prima di tutto i loro comodi, quindi non si sgomentano se il loro bagaglio composto di valigie di ogni forma e dimensione ingombra metà dello scompartimento e ruzzola, magari, sul naso a qualche compagno di viaggio. L'ideale però è di viaggiare con pochi pezzi e che contengano tutto l'occorrente. Per una lunga assenza una signora non potrà fare a meno d'un grande baule e d'una cappelliera. È sempre prudente però portare con sè in una valigia le cose di prima necessità che possono occorrere subito, per non trovarsi male se il bagaglio grosso tarda un poco ad arrivare. Per un viaggio di quindici giorni, ed anche di un mese, se si fanno sempre tappe brevi, si potrà fare a
meno del baule, e alla signora basteranno due valigie, l' una per la biancheria, l' altra per i vestiti. Si potrebbe anche fare a meno della scatola per un cappellino di ricambio e contentarsi di quello che si porta in capo. Ma le signore, pur lagnandosi di questa scatola ingombrante, incomoda, non si rassegnano volentieri a lasciarla a casa. E non hanno tutti i torti, giacchè nei viaggi i cappelli si sciupano orribilmente, e non è di buon gusto viaggiare con un cappellino troppo adorno. Si preferisce un cappellino elegante e semplice, ma questo cappellino non sta più bene, poi, con un abito un po' ornato, con una camicetta ricca che si indossi per scendere alla table d'hôte o per andare a qualche ritrovo. II cappello di ricambio — preferibilmente tutto nero perchè si adatti ad ogni toilette — è dunque quasi necessario ; e allora la viaggiatrice accorta potrà utilizzare la scatola per riporvi veli, nastri, cinture, colletti, guanti, cravatte : tutti quei piccoli accessori che nella valigia ingombrano e si smarriscono in ogni angolo. Anche qualche camicetta vaporosa arriverà più incolume nella scatola del cappello che nella valigia. In una piccola borsetta a mano o a tracolla, la signora metterà i gioielli che porta con sè, il denaro, le chiavi, e quanto le preme. Per l'assenza di due o tre giorni le basterà una valigia dove riporrà tutto insieme : un secondo paio di scarpe, oggetti di toilette, un po' di biancheria, l'abito da camera, una camicetta di ricambio e basta. Non dimentichi mai però, nemmeno per un'assenza breve, un paltoncino più o meno pesante, secondo la stagione, e l'ombrello : se è d' estate, l' ombrellino si sottintende. Accessorî
incomodi, ma indispensabili, che si infilano
all' esterno della valigia per averli più alla mano.
Il metodo, diremo così: classico, perchè i bagagli riescano ben fatti e possano contenere molta roba, è quello di riempire bauli e valigie strato per strato, procurando che la superficie rimanga sempre regolare più che è possibile, e che ogni interstizio venga occupato. Le piccole cose, come calze, fazzoletti, copribusti a maglia, servono benissimo a fare dai riempitivi. Se si trasportano oggetti pesanti, libri, utensili, ecc., disporli sempre in fondo. Anche le scarpe si metteranno in fondo, avvolte separatamente in un foglio di carta. Le boccette e i piccoli specchi vanno rivestiti di un leggero strato di ovatta per attutire gli urti e devono essere deposti in modo che nessun corpo duro li tocchi. Le gonne degli abiti si ripongono secondando le pieghe. Ottimo metodo quello di cucirle con qualche punto, se la stoffa è facile a gualcirsi. Le vite si accomodano nella gabbia dei bauli e per ultime nelle valigie, senza piegarle, disponendo bene la parte anteriore, incrociando le maniche in basso e rialzandole su, verso la spalla. I cappelli si fermano solidamente con bioccoli di carta leggera, oppure con qualche punto alla parete della scatola.
LA CASA NELLA VALIGIA
L' arte di preparare i bagagli non è però completamente materiale, c' è anche la sua parte morale. E qui il primato resta tutto alla femminilità. Ciò che rende arida e triste la vita d'albergo o le stanze d'affitto, per chi è uso all'eleganza raffinata
della casa propria, è la mancanza di quei piccoli oggetti, di quell' armonia di colori e di forme, di quelle immagini, che il nostro occhio è uso a carezzare e a ricercare, a ognuno dei quali è annesso un ricordo, gentile o tenero, lieto o malinconico, ma sempre caro all'anima nostra, sempre eloquente. Ebbene, una signora ingegnosa e fine trova modo di dare anche alla stanza più volgare un carattere simpatico e personale, riponendo nella valigia alcuni di quegli oggetti che ama di più e che le daranno un po' l'illusione di essere sempre in casa sua. Una cartella da scrivere col suo motto, contenente foglietti profumati col suo profumo ; un porta fazzoletti di raso ricamato, il ritratto d' una persona cara in una cornice artistica; una custodia da libri in stoffa antica o in cuoio bulinato : un porta orologio : una boccetta d' essenze ; qualche tovaglietta ricamata o qualche tappetino, un piccolo guanciale, non prendono gran posto e bastano a trasformare un ambiente. Io raccomando questa cura specialmente alle giovani spose che bramano serbare al loro amore tutta la sua poesia, preservandolo da ogni volgarità. Abbelliscano il loro nido, anche se provvisorio, per rievocarlo poi negli oggetti e nelle forme che assistettero alle più dolci espansioni, dopo avervi vissuto le ore più indimenticabili della vita.
LA DONNA E LA CAMPAGNA
Sono poche le signore intelligenti ed istruite che sanno vivere in campagna. Non intendo parlare di quelle che giungono in villeggiatura per una stagione e vi trapiantano la loro mondanità; e vengono,
rimangono, e se ne vanno, senza accorgersi del processo dei raccolti e senza distinguere un faggio da un olmo. Alludo a quelle signore che vivono in campagna tutto l'anno o per elezione o per necessità, ma vi dimorano tristemente, sempre un poco come esiliate, non avvedendosi del bello e ricco campo d' attività ch'è a loro portata e che può dare una forza serena, un sano benessere, una nobile soddisfazione alla loro esistenza. L' agricoltura nei suoi rami minori, come la coltivazione delle piante tessili, dei frutti, delle ortaglie, dei fiori, fatta oggetto di studi e di cure speciali per parte della volontà, della pazienza muliebre, darebbe certo ottimi risultati. L'Italia, per la natura del suo suolo, per il suo clima, per la varietà dei suoi prodotti, favorirebbe singolarmente tentativi di questo genere che avrebbero inoltre il vantaggio di rinvigorire molte fanciulle, strappandole alla vita antigienica dei laboratori e degli opifici cittadini. In certe regioni specialmente, l' allevamento degli alberi fruttiferi, la coltivazione dei legumi e dei fiori, eseguita con un fine industriale ; potrebbe, io credo, dare alle donne un guadagno migliore e meno faticosamente raggiunto di tanti altri lavori manuali. Per questo si dovrebbero iniziare e incoraggiare esperimenti, specie da parte di quelle dame che hanno aviti dominî o di quelle che le circostanze portano a vivere nelle campagne dove mancano le industrie e i mezzi per escogitarle. Un po' di terra ceduta o affittata a un prezzo minimo sarà lieve sacrifizio per parte di chi ne possiede gran tratto, e può costituire il principio di un benefizio grande.
In Olanda l' istruzione agraria femminile è ammessa e curata : perfino vi sono delle cattedre ambulanti di caseificio esclusivamente dirette da donne. Giacchè oltre le coltivazioni a cui ho accennato, un serio insegnamento di questo ramo nelle scuole rurali porterebbe il vantaggio di perfezionare le piccole industrie casalinghe di cui la donna s' occupa già, come la coltivazione delle api, l' allevamento dei filugelli, dei volatili domestici, la confezione dei latticini, del pane, delle conserve ; la conservazione delle uova e dei frutti. Inutile aggiungere che una maggior coltura in tali cose pratiche porterebbe la nostra massaia alla conoscenza dell' igiene e al suo esercizio per sè e i figliuoli : conoscenza che ora ignora affatto e la cui mancanza è causa, nelle campagne, d'aumento di mortalità infantile, di malattie, di sventure. Anche qui l' iniziativa privata potrebbe fare miracoli. È una missione alta, nobile, civile, che s' offre alla donna istruita che abita nella pace agreste, e che abbia tempo disponibile, energia e cuore.
Poichè è nella campagna specialmente che una donna può fare miracoli, può portare una luce civilizzatrice e sradicare il pregiudizio e completare l'opera del medico, del maestro e del prete, i soli rappresentanti del progresso e della vita spirituale. In certi paesi della penisola, segnatamente, lontani dalle grandi città, dai mezzi di comunicazione, da ogni possibilità di seguire l'avanzarsi del pensiero, dell' audacia umana. Se la signora è ricca ed ha possessi, s' interessi alla vita di tutti i suoi dipendenti ; se è parente del parroco o del maestro o del medico, coadiuvi l' opera di lui, la estenda, la
ingentilisca con la sua istruzione, la sua bontà femminile ; e in qualunque condizione si trovi faccia che la conoscenza della propria superiorità sugli esseri che la circondano le riveli qualche dovere da compiere, le infonda risolutezza e perseveranza per riuscirvi. « Non disprezzare la tua posizione — scrive Federico Amiel — è di là che bisogna agire, soffrire, vincere. Da ogni punto della terra si è ugualmente vicini al cielo e all'infinito. »
NEL REGNO DI FLORA
Nessuna cosa inanimata si mesce alla vita più del fiore, in cui la donna senti forse subito una fratellanza di fragilità, di sensibilità dolorosa. I giorni solenni, le ore di gaudio, d' ebbrezza, di sorriso, di lutto, possono venir tutte contrassegnate da qualche fiore che per mezzo del simbolo, o richiamando al pensiero una data stagione o un dato luogo, riempiono il nostro spirito di sogni e di ricordi. Il fiore è una delle opere della creazione che attira per prima l' occhio del bambino, appena s' apre all' osservazione, e per i vivaci colori di cui s' adorna e per la varietà delle sue specie : ingentilisce i trastulli dell' infanzia : seduce l' adolescenza e la giovinezza perchè fornisce ad esse un ornamento e un aiuto per l'amore: rallegra l'età matura che ama abbellirne il luogo del lavoro e del riposo; consola la vecchiaia che spesso consacra alla coltivazione dei fiori, le sue ultime energie.
I felici ricercano i fiori, espressione vivente del sorriso e della festa; gli addolorati vi si affezionano
perchè li riguardano come interpreti del loro sentimento di fedeltà e di tristezza, quando li depongono sulle tombe o sugli altari, e nel loro profumo emanante nella solitudine sentono una pietosa carezza. Molte acerbe disperazioni si sono mitigate con l'amore e la coltivazione dei fiori, occupazione austera e dolce permessa alla monaca e al recluso : consigliata a chi esce da una malattia fisica e da una malattia morale. Gli psichiatri convengono tanto, anzi, nell' effetto benefico di questi nostri fratelli vegetali, che circondano di giardini le case di cura, gli ospizi, i tristi asili della follia.
Si possono prediligere i fiori con maggiore o minore intensità, ma nessuno li disama, neppure l' anima più rozza e più colpevole, a meno che non si tratti d' anomalia. Preferire un fiore a tutti gli altri e coltivarlo e adornarsene più specialmente, è indizio d' intellettualità delicata, ed io vorrei che tutte le donne gentili avessero questa poetica originalità da cui l' indole, in certo modo, si rivela. Giacchè una donna orgogliosa non saprebbe, mi pare, prediligere la violetta o la margherita: nè una donna sensibile una camelia: o una donna appassionata un fiore senza profumo. Così non vorrei mai vedere la stanza dove una o più signore passano la maggior parte della giornata, sia pure il più modesto salotto, senza qualche fiore in un vasetto : poichè donna e fiore si somigliano tanto che quasi si compenetrano, si completano ; ed oserei dire che l'una non è perfetta senza l'altro. Anche sulla mensa domestica un mazzetto dei fiori che dà la stagione non dovrebbe mai mancare, simbolo di
gentilezza e di poesia : amuleto contro le volgarità.
Quando poi in una famiglia si trovano delle fanciulle la cura dei fiori spetta ad esse per diritto e per dovere : se vi sono bimbi, le madri dovranno insegnar loro per tempo a rispettarli, giacchè la cura dei fiori non è solo indizio di animo gentile ma di civiltà.
Ma non tutti, massime nelle grandi città, possiedono un giardino, per quanto modesto, per quanto minuscolo: anzi questi privilegiati sono rari. Vi sono le terrazze e i terrazzini, però, che una signora ingegnosa ed alacre può benissimo trasformare in un recesso verde e odoroso. Non è cosa difficile, basterà soltanto regolarsi un poco secondo la posizione, se più o meno soleggiata ed esposta, si potrà coprite la terrazza di un pergolato elegante di piante rampicanti adatte : come per esempio: la Cottea che s' innalza molto e produce bellissimi fiori azzurri: le Cappuccine, dai lunghi tralci e dai vivi fiori gialli; i Fagioli di Spagna di grande effetto : i fragili e ridenti Convolvoli : le Clematiti e i Gelsomini da spalliera. Se il terrazzo è abbastanza vasto perchè sia possibile collocarvi qualche vaso pieno di terra, si potranno coltivare garofani, vaniglia, gerani, reseda, fucsie, viole, ciclamini.
I grandi e capaci portafiori non sono più di moda ora, per i salotti. Le signore di buon gusto preferiscono le anforine snelle dalle forme capricciose, che non contengono che un fiore solo di rarissima specie : oppure due o tre piccoli vasi graziosi riuniti insieme. Così i trionfi da tavola s' usano bassissimi ; qualche volta si distribuiscono sulla mensa molti portafiori di ceramica, piccoli e larghi, od anche si cosparge la tovaglia di fiori recisi. Si adoperano
pure, ora, dalle signore eleganti che hanno la fortuna di possederne, piccoli recipienti antichi, purchè siano belli e rari, come caffettiere d'argento, fiaschette, vetri di Murano, piccoli boccali.
Una signora potrà ornarsi del suo fiore preferito o ricevendo, o recandosi alla passeggiata o a qualche ritrovo serale ; ma non esageri nella quantità. Se non è più molto giovine, meglio tenere i fiori fra le mani. Le signorine possono ornarne il manicotto, l' ombrellino chiuso. I fiori in testa per i balli e i teatri non si portano che con le toilettes di gala e non si addicono che alle giovanissime.
NEL REGNO DI POMONA
Utile ed anche piacevole è per una signora la coltivazione dei frutti. Quelli che si comperano sul mercato non hanno mai la freschezza e la fragranza di quelli che si colgono con le proprie mani da qualche alberello nano, o dalla spalliera dell'orto : e nessuna donna, possidente di qualche metro di terra al sole, dovrebbe rifiutarsi questa piccola soddisfazione. Il frutto è esteticamente bello quanto il fiore : e il suo sapore dolce e fragrante è grato quanto il profumo di una corolla. Come i fiori, i frutti allietano la mensa ; una compostiera di cristallo ricolma di fragole coralline ; una coppa piena di opulenti grappoli; una cestellina di fichi stillanti ancora di rugiada, sono gradevoli come un bel mazzo di garofani o di rose.
La coltivazione dei frutti a spalliera è simpatica e produce buonissimi effetti. I frutti contro i muri soleggiati si trovano più al riparo dai venti e dalle
brume e giungono a più perfetta maturazione. Si potranno avere così pere, pesche, uva, albicocche, susine e il magnifico melograno, delizia dei bambini che vi trovano come in uno scrignetto i granellini di porpora dall' acidulo sapore.
I frutti dalla polpa dolce hanno proprietà assai nutritive, e mondati dalla buccia e dall'osso potremo concederne anche in certa quantità ai nostri fanciulli : anche l'uva, se ben matura, è assai nutriente e viene raccomandata dai medici come ottimo elemento per l' organismo. Meglio di tutto poi, per l' infanzia e la vecchiaia o gli stomachi delicati, le frutta cotte al giulebbe o al forno. Ottime le conserve, che tutte le signore dovrebbero preparare nella stagione propizia per trovarsene provviste quando mancano le frutta fresche. Le tartine di frutta sono squisite e in pasticceria si usano largamente le conserve. Dai lamponi, dalle ciliege, dal ribes si ricava un sciroppo eccellente per farne bibite, e il profumato mandarino dopo aver dato il succo offre anche la buccia per i rosolii fini e squisiti.
Un dono di frutta è più confidenziale che un'offerta di fiori, e non può esser fatto a tutti : però possedendo qualche specialità è permesso farne omaggio in una canestra elegante, accompagnando con un biglietto che abbia un' intonazione un po' scherzosa. Sarà poi sempre atto gentile da parte d' una signora che abiti in campagna o possieda un orto, quello d' offrire alcune primizie alle sue amiche e di farne loro parte quando si recano a visitarla.
QUELLO CHE SI PUO' FARE
PER AUMENTARE LE PROPRIE RENDITE
Angelo De Gubernatis ha detto : » E' la donna che deve tener accesa la lampada del focolare, ma l' olio deve esser fornito dell' uomo ; se la donna deve uscire di casa, inquieta e affaccendata alla ricerca del combustibile, per la vita domestica, si fa il vuoto nella casa e nel cuore degli sposi. » In massima egli ha forse ragione; eppure ho osservato che l' armonia e l' affetto si trovano quasi sempre più tra quegli sposi che sono anche compagni di lavoro, piuttosto che in una casa dove il marito solo s' affatica per mantenere la famiglia. Generalmente la donna ancora poco abituata al libero maneggio del denaro, non ha un' esatta conoscenza del suo valore, e se calcola male o sciupa, non è sempre per leggerezza e per prodigalità ma anche per ignoranza. E allora, tra l' uno che si logora o in un impiego o tra gli affari, per ottenere una rendita che non basta quasi mai a tatto, e l' altra che non capisce il perchè non può bastare, e non vuol saperne di sacrifizi e d' economie, parendole sempre di farne abbastanza, è naturale che s' accendano di quei diverbi che ripetuti frequentemente disgregano e alterano il sentimento più dolce e sincero. Bisogna che la donna faccia un po' d' esperienza pratica col denaro suo, guadagnato da lei a prezzo delle sue fatiche, per imparare a tener calcolo e a rispettare il denaro dell' uomo. Inoltre una attività diversa dal semplice disbrigo delle faccende domestiche ch' ella spesso compie con indolenza
ed irregolarità, riempiendo ogni intermezzo di pettegolezzo e di vanità ; un' attività più regolata e più grave rassoderà il suo carattere, le darà nuove sorgenti di riflessioni e d' energia.
Certe signore che pure avrebbero intelligenza e abilità da far fruttare, se ne astengono per una specie di pudore, parendo ad esse, quasi, d' abbassarsi se si dedicassero a un' opera proficua. Mentre il lavoro non umilia, ma nobilita : non abbassa, ma innalza, perchè è pace, conforto, dovere. Una madre di numerosa famiglia non può, convengo, lasciare in abbandono la propria casa per attendere a un lavoro estraneo che non le renderebbe quanto la sua poca sorveglianza detrae ai suoi ; ma se una donna che possa farsi aiutare da qualche parente nelle cure domestiche, o possa sbrigarle in breve, trova qualche ora libera, che male c' è se le impiega a dar lezione, a ricamare, a dipingere, a far fiori, a scrivere a macchina, dietro un compenso, piuttosto che uscir a zonzo a far dei vani desideri dinanzi alle vetrine o recarsi in qualche salotto a far della maldicenza?
Conosco una signora in posizione modesta, la quale dando lezioni di pianoforte raccoglie in capo all'anno una sommetta che le permette di passare un mese al mare coi suoi bambini senza ricorrere al portafogli del marito. Ella dona ad essi salute e vigore, a sè un igienico riposo, fine che non potrebbe conseguire se non si adoperasse o che costerebbe al suo compagno un non lieve sacrifizio. Conosco un' altra signora che provvede le sue toilettes col ricavo d' un' industria ch' ella medesima ha iniziato e dirige attivamente. Una delle mie più
care amiche seconda il marito nell'insegnamento, contribuendo e non per poca parte, al benessere della sua famigliuola. Inoltre questi guadagni conferiscono alla donna una libertà maggiore, mentre è sempre un po' umiliante per essa dover ricorrere per ogni più piccola spesa, al marito che tante volte fa pesare il beneficio.
Il modo per aumentare le proprie rendite, non è però sempre in un accrescimento di guadagno. Consiste anzitutto nella regola, nel risparmio, nella previdenza ed anche... nel coraggio.
LA FAMIGLIA IN ROVINA
Nel coraggio? Sì giacchè ne occorre sempre quando si tratta di guardare in faccia una posizione, morale o materiale che sia, che dia qualche motivo d' allarme. E la rovina di molte famiglie dipese appunto dalla mancanza di questo coraggio salutare. Le rendite scemano, o per le annate infeconde, o per cattiva amministrazione, o per i tempi più difficili : ma la famiglia si mantiene sempre sullo stesso andamento e spende come prima. I denari non bastano? Si fanno dei debiti. I debiti bisogna pagarli... e allora si vende. Le rendite diminuiscono ancora, naturalmente, ma le abitudini rimangono le stesse, le spese possono anzi crescere, o per l'educazione dei figliuoli o per i loro capricci. E si continua così, inconsideratamente, inghirlandandosi di rose e danzando su un terreno minato finché un brutto giorno la bomba scoppia ed è la distruzione, il disonore, la morte anche... Quante volte (non sempre?) la causa che indusse alti funzionari, finanzieri,
custodi del denaro altrui, a prevaricare, è da cercarsi in una cattiva amministrazione domestica, nell' ambizione delle donne di casa ! E questo spaventoso fantasma dell'onta, del suicidio, dovrebbero aver sempre innanzi a sè le mogli, le figliuole in cui l' ebbrezza della vita gaudente e oziosa minaccia di travolgere la riflessione, impedisce il controllo, fa rifuggire con orrore dal sacrificio, dalla privazione.
Esse li temono e sfuggono, ma non pensano poi che dovranno inevitabilmente affrontarli, che ne sentiranno, allora, tutta la crudeltà! Poichè come si acconceranno ad una vita modesta, radicalmente diversa, nell' ombra, esse, use ad una esistenza lieta e inutile di farfalle ? Come potranno sopperire ai bisogni della vita, mentre ignorano o disprezzano il piccolo dettaglio materiale, la piccola economia, il ripiego ? Che cosa faranno per guadagnarsi il pane quotidiano, esse che non sanno far nulla ? Ed ecco la disperazione: i vili abbandoni, la morte, il mercato di sè...
Ricordate la fine e triste commedia intessuta di psicologia e di verità del Giacosa : Come le foglie ! Rare volte la leggerezza, la debolezza, l'insipienza che conducono una famiglia in rovina, poi la piombano ancora più in basso, trovarono così esatto e sottile riproduttore. Il padre lavora ; è vissuto nobilmente, tra il lavoro e il sacrificio, ma a che gli giova ? La moglie leggera e civetta, sperpera e si diverte : il figlio è un ozioso, disutile, senza volontà e senza carattere : la figliuola Nennele, sebbene abbia un fondo di rettitudine e di sentimento, è trascinata dalla corrente. Vanno in Svizzera per economia, ma l'una continua a farsi corteggiare e
domani accetterà denaro dai suoi galanti cavalieri, ma il giovane si dà al gioco e si vende a una vecchia avventuriera; ma Nennele, per rimaner pura, Nennele che ha lasciato cadere le sue mani inerti, vinta dalla prima difficoltà che le presentava il lavoro, corre alla morte...
Il quadro è vero e triste, infinitamente triste. Serva almeno d' ammonimento!
CALCOLI SBAGLIATI
Molti hanno tutta la buona intenzione di risparmiare e di far economia, ma non ne conoscono il metodo vero. Giacchè anche quella del risparmio è una scienza che bisogna imparare e per la quale si può avere maggior o minor abitudine. Certe signore credono che economizzare significhi spendere poco, ma non è sempre vero. Ascoltiamo la sapienza antica che ci ammonisce per mezzo del proverbio: «Chi più spende meno spende. » Se acquistiamo un abito di qualità inferiore, dopo un anno dovremo farne un altro : e la doppia spesa del vestito nuovo e della seconda confezione supererà certo il risparmio che abbiamo fatto nella prima compera. Se pagheremo troppo poco i nostri domestici, troveremo solamente gente inesperta che deteriorerà la nostra roba, romperà e guasterà irrimediabilmente e ci costringerà a ricorrere all' aiuto delle lavoranti a giornata e dei servizi straordinarii ; quindi spenderemo di più e avremo molti inconvenienti. Se comperiamo certi generi al minuto, li avremo di qualità scadente, e infine ci troveremo danneggiati anche nel peso. E di questi esempi se ne potrebbero dimostrare a sazietà.
Altro cattivo sistema è quello delle note a lunga scadenza coi fornitori. Essi sono gente d' affari e calcolano tutto: quindi per quel tempo che il loro denaro resta infruttuoso, segnano un prezzo più alto di quello che ci farebbero se pagassimo a pronti contanti. E noi, non dovendo subito metter mano al portamonete per togliere le cinque, le dieci lire, ci provvediamo di cose delle quali avremmo potuto anche fare a meno. Così il conto ingrossa, e quando siamo per liquidarlo, se ne va una bella sommetta che spesso un poco ci dissesta. Chi potrebbe chiuder l' anno senza note da saldare, si troverebbe ricco, se pure non gli rimanessero che poche lire nel borsellino. Sarà dunque ottimo sistema quello di pagare acquistando, o a fattura appena finita, e se per qualche circostanza ci si trovasse costretti a saldare dopo qualche tempo, si procuri che il termine sia il più breve. Meglio un conto alla settimana, al mese, che un conto totale a fine di stagione o d' anno.
LA DIFESA DAL FREDDO
Il freddo è il massimo nemico dell' umanità: freddo vuol dire mancanza di vita, vuol dire atrofizzamento, vuol dire morte. Il freddo è necessario alla natura e all' organismo dell' uomo, perchè li ritempra nel riposo, ma di sovente ne paralizza per sempre ogni funzione vitale, ed uccide. Essere sensibili al freddo è il più crudele tormento che esista : le membra s' irrigidiscono e s'immobilizzano: ogni desiderio d' attività scompare, si cade in una pigrizia miseranda, perfino il pensiero si fa più lento e le
idee stentano a uscire dal cervello intorpidito. Poi tutto il malinconico corteggio delle nevralgie, dei raffreddori, dei reumatismi, dei mali di petto, e dei geloni. Una casa fredda, una camera fredda, sono un supplizio, sono la più triste e squallida cosa del mondo. La difesa dal freddo, per la nostra persona e per la nostra dimora, s' impone, quindi, come una delle prime necessità della vita.
Il mezzo più moderno di riscaldamento, ed il più igienico, è quello a termosifone, ossia a caloriferi riscaldati con l' acqua bollente. Certi piccoli quartieri di città vengono intiepiditi deliziosamente con questo sistema che offre il vantaggio di non aver mai cattivo odore di carbone, di gas, e affranca totalmente dal fumo. Ma la spesa d' impianto dei termosifoni non è indifferente, e non tutti possono approfittarne. Vi sono le stufe in tutta la loro varietà; dalla grande Americana a combustione lenta che non si spegne mai in tutto l' inverno, alla Parigina trasportabile ed alla piccola stufa fissa che consuma poco combustibile ed emana forte calore; dalle antiche stufe di cotto verniciate, migliori sempre di quelle di ferro, per l'igiene, alle rotonde, goffe stufe chiamate Porcellino, per una vaga somiglianza di linee con questo poco estetico animale ; ma buone e utili quanto brutte, perchè spandono molto caldo, e bruciano qualunque qualità di legna e costano pochissimo.
La poesia del focolare, degli alti camini a cappa sotto cui si radunava la patriarcale famiglia, o del caminetto degli alari artistici che cullava i sogni dei solitari e gli amori dei felici, se ne va. Solamente in provincie si adoperano ancora, ma non li
consiglierei certo a nessuno, per il calore ineguale che danno e assai sproporzionato alla quantità di legna che consumano, il tempo che fanno perdere per accenderli ed alimentarli, e la suprema tortura. del fumo.
Meglio di una sola camera riscaldata ad alta temperatura, gioverà avere tutte le stanze che si abitano intiepidite moderatamente allo stesso grado. Gli scaldapiedi di ferro a carboni ardenti sono da abbandonare come nocivi. Si sostituiscano con un cilindro di metallo pieno d'acqua bollente od anche con una di quelle borse rivestite internamente di pelliccia, assai confortatrici. Anche l'uso dello scaldino è brutto e antiestetico e conduce, piano piano all'ignavia. Pure è un gran rimedio contro i geloni e i medici ne raccomandano l' uso per tempo alle persone che soffrono di questo antipatico incomodo.
Una volta si credeva che il coricarsi in un letto freddo fosse più igienico che l' entrare in un letto riscaldato. Ma l' igiene moderna ci dice invece che l'asciugar bene le lenzuola col trabicolo o i recipienti d'acqua bollente, è più vantaggioso alla salute. Il freddo sofferto in letto è dannosissimo alle persone delicate, ai bambini, ai vecchi : ma è poi da consigliarsi di non dormire in un ambiente troppo riscaldato e di guardarsi bene dall' addormentarsi con la stufa accesa.
Incomparabili riparatrici del freddo, sono le pelliccie. Ora se ne possono avere anche ad un prezzo relativamente mite, ed io consiglierei tutte le signore a far a meno piuttosto di un mantello dì lusso ma non privarsi di questo così pratico indumento. E nella scelta degli abiti e della biancheria
si guardi piuttosto alla qualità del tessuto che alla sua pesantezza. Vi sono panni, fustagni, maglie, che opprimono il corpo senza tenerlo caldo; mentre certe flanelline morbide, lanuginose, certi panni di tutta lana, aderenti, riparano assai meglio essendo più leggeri.
Molti medici proclamano la superiorità igienica del cotone sulla lana che è buona sviluppatrice di microbi; infatti, ora l'industria tessile del cotone è giunta ad una tale eccellenza da farla preferire volentieri. Meglio di tutti la seta che ripara dal freddo ed isola dal caldo. Ma ha due difetti : dura poco e costa molto. Continueremo dunque ad usare per noi e per i nostri bambini, le benefiche camiciole di lana, le flanelline sempre così convenienti, il delizioso tessuto dei Pirenei per le sottane e le vestaglie. Chi soffre di bronchiti, tenga caldo oltre il petto l'alto del braccio, dal gomito alla spalla e usi bevande di latte tepido con fusione di lichene. Chi è soggetto ai gastricismi, avvolga lo stomaco e il ventre con una fascia di lana e tenga molto caldi i piedi.
LA DIFESA DAL CALDO
Più facile, più lieta e più... economica, la difesa contro il caldo, per la nostra dimora e per la nostra persona. In fondo si riassume in due regole elementari: ventilare più che si può e coprirsi meno che si può. Eppure per molte persone l' estate, il caldo, costituiscono un tormento insopportabile: anzi in generale si contano più numerosi gli insofferenti per il caldo che gli insofferenti del freddo.
La spossatezza, l' insonnia, l'inappetenza, sono gli incomodi di cui le vittime dell'estate si lagnano di più, ma la frequenza dei bagni e dei lavacri ed anche delle spugnature e delle doccie fredde per chi può sopportarle, un piccolo ventilatore elettrico ben collocato, qualche tonico afforzatore per lo stomaco e la regola nel mangiare e nel bere, sono tutti rimedi non difficili da porre in atto ed efficaci.
Le finestre siano tutte ben munite di scuretti interni, o di persiane, di stores o di cortinaggi in modo da lasciar filtrare meno luce che sia possibile: giacchè dove è luce è calore e viceversa: — Si vigili che rimangano ben chiuse durante le ore meridiane e si aprano a sera lasciandole aperte magari tutta la notte in parte e completamente, secondo la stanza che si abita e se la località è d'aria sana. Una piccola ghiacciaia in famiglia, sarà di somma utilità, tanto per la conservazione degli alimenti come per avere sempre acqua freschissima, ma non si abusi nè di bevande nè di ghiaccio dannosi al ventricolo. Lo stomaco, in estate va tenuto leggero, giacchè facilmente le indigestioni degenerano in malattie infettive. Carni asciutte, legumi cotti, moderato uso di frutta, vino inaffiato, banditi gli alcool.
La tela tiene più fresco del cotone : meglio dunque la biancheria di tela finissima per l' estate, e bianca completamente per evitare le macchie procurate dal sudore. Vi sono poi certe fascette deliziose, di tulle flessibilissime, che oltre tenere fresco, lasciano libero passaggio alla traspirazione. I sotto abiti di seta, meno che per casi speciali, vengono sostituiti dai sott'abiti di battista bianca a volanti e a tramezzi, spumeggianti e vaporosi. Gli abiti di
tela di lino, che da qualche anno godono tutte le nostre simpatie, riparano molto bene dal caldo, sono igienici ed eleganti. Si abbandonano le velette aderenti, e si portano i larghi veli fluttuanti che riparano dalla polvere e dal sole senza far caldo : quelli leggermente azzurri o verdi sono buoni per chi ha gli occhi delicati, facili a irritazione provocata dal riflesso del sole. Del resto il bianco essendo cattivo conduttore del calorico è da preferirsi nell' estate, specialmente quando si è costretti ad uscire nelle ore calde o a rimanere esposte a lungo ai raggi del sole.
Definizioni della donna — Anima femminile —
Le regine — Le aristocratiche — Le ricche —
— La donna moderna — Le artiste — Le interpreti —
Le ispiratrici — Piaceri femminili
— Le donne che scrivono — Le conferenziere
— Le giornaliste — L'arte e la donna — Avvocatesse —
Medichesse — Ostetriche — Le maestre —
Le impiegate — Le cucitrici — L'ago e la donna —
Le istitutrici — Le lettrici —
Le signorine di compagnia — Le artefici di
vanità — Le serve — La donna e la patria —
Le femministe — La donna e la sigaretta —
Le suore di carità — Le sensuali e le romantiche —
La donna di spirito — Ottimista
e pessimista — Civetteria — Falsa e vera gentilezza —
Il sussiego — Le etère — Il gradino più basso —
Il teatro e la donna — Le divette —
La donna e la politica — Sul tramonto —
L' ultima primavera — L' età critica
— L'arte d'invecchiare — La vecchia fanciulla
— Vani rimedi — La donna e la beneficenza —
Piaceri d'ogni età — Le figliuole da marito —
Le nuore — La religione e la donna — Superstizione —
Spiritismo e misticismo — Sepolte vive —
Le contadine.
In qualunque condizione sociale Dio abbia
collocato la donna, ella può avere una missione
simpatica e benefica da adempiere:
la contadina, l' operaia, la massaia, la gran
dama, la regina, ognuna secondo la propria
condizione, ha i suoi piccoli e grandi doveri
di fronte alla società, ma il sapremo dovere
per tutte è quello d' essere amabili,
d' amare e di farsi amare. »
A. DE GUBERNATIS.
DEFINIZIONI DELLA DONNA
Se si dovesse raccogliere tutto quanto fu scritto per fissare la natura femminile con una definizione e dare un giudizio complessivo, occorrerebbero molti volumi, e i pareri risulterebbero così discordi, così opposti, così diversi, che la donna risulterebbe un essere multiforme o un inesplicabile enigma. Chi l'ha chiamata angelo, chi dèmone: chi benedice alla sua comparsa, chi afferma ch' essa fu il più pericoloso dono fatto dal Creatore. San Bernardo la chiamava « organo del diavolo » ; Diogene « sentina di vizi », la Bibbia la disse « più amara della morte» ; Sant'Agostino « instabile bestia » ; San Gregorio trovava in essa il veleno d'un aspide; e il Concilio di Macon discute se la donna ha o no un' anima... Veramente anche uno scienziato moderno, il Lombroso, le nega la sensibilità, ma se la
donna ha contrari i filosofi, i dottori e gli scienziati, ebbe ed ha favorevoli i poeti e gli artisti che la elevarono in ogni tempo e in ogni luogo, con le loro opere immortali, monumenti che nessuno abbatterà. Togliete Beatrice a Dante, Laura a Petrarca, Eleonora al Tasso, la Fornarina a Raffaello, la Gioconda a Leonardo e gran parte della luce del genio impallidirà senza di esse. La donna, insomma, è necessaria nella creazione come e più dell' uomo, giacchè mentre egli genera solamente, essa ha la duplice missione di procreare e d' allevare; è necessaria alla civiltà giacchè vi ha un' azione speciale che non potrebbe essere sostituita dall' uomo ; è necessaria all' arte che senza di lei scomparirebbe. La donna non è nè superiore nè inferiore all'uomo, è diversa, ma lo equivale in qualità e in difetti, nei vizi e nelle virtù. Uomo e donna sono le due parti d'un tutto armonioso e glorioso, che separate soffrono della loro insufficienza, della loro incompiutezza e riunite formano la forza e la gioia.
ANIMA FEMMINILE
L'anima muliebre, così varia alla superficie, è nel fondo uniforme. L' ambiente, l' educazione, il carattere, gli avvenimenti le dànno necessità, abitudini, espressioni appropriate : ma la base dei suoi istinti, delle sue aspirazioni, delle sue tristezze, delle sue felicità rimane la stessa.I sentimenti fondamentali, le grandi linee della vita femminile non sono soggetti a mutamenti passando d'anima ad anima. A meno che non si tratti di depravazione o d' anomalia, parliamo dell'amor di madre ad una sovrana
e ad una contadina, esse c' intenderanno in eguale maniera : narriamo all' una e all'altra il dolore di un amor tradito, la tristezza della solitudine, l' ansia di un' attesa, gli spasimi d' una gelosia, la soavità d'una speranza, la dolcezza dal possesso d' un nido, la crudeltà d'una lotta di passione, la malinconia delicata d' un ricordo, e l'anima raffinata come l'anima elementare risponderanno con uguali vibrazioni. Una donna che soffre può sentirsi compresa da un' altra donna, da molte altre donne, più che un uomo dagli altri uomini. Nei lutti come nelle esultanze, nel bene come nel male, le donne si stringono in alleanza quasi per istinto, riconoscendosi un carattere comune, che permane sotto alla variabilità, alle divergenze, agli urti, alle lotte determinate dalla vita e dalle circostanze. Un uomo, un artista poco compreso e poco apprezzato dai suoi contemporanei, Federico Amiel, anima delicatissima, intuitiva e sensibile, scriveva così della psiche femminile : « Se l'uomo s'inganna spesso giudicando la donna, gli è che dimentica ch' ella e lui non parlano affatto la stessa lingua e che le parole non hanno per entrambi lo stesso significato, sopratutto in materia di sentimento. Sia sotto la forma di pudore, di precauzione o di artificio, una donna non dice mai tutto il suo pensiero, e ciò che ella ne conosce, non è che parte di ciò che è. La completa franchezza sembra esserle impossibile, e la completa conoscenza di sè medesima pare esserle interdetta. S'essa è la sfinge è perchè è l' enigma ; perchè è ambigua anche per se stessa. La donna non ha nessun bisogno d'essere perfida, giacchè ell'è il mistero. La donna è ciò che sfugge, è l' irritazione
indeterminabile, l' illogico, la contraddizione. È necessario usare con lei molta bontà e discreta prudenza giacchè essa può cagionare infinito male senza saperlo. Capace di tutte le devozioni e di tutti i tradimenti, la donna forma la delizia dell' uomo e il suo terrore.
LE REGINE
Al sommo della scala sociale stanno le regine. Per esse i massimi onori, per esse la più durevole memoria nella storia. Ma solamente le ingenue invidiano la posizione d' una sovrana, giacchè confondono il fasto, la cerimonia con la felicità. Invece la regina è la donna meno degna d'invidia che esista. Costretta a nascondere dolori e affetti, pensieri e sensazioni, a plasmarsi una personalità artificiale sulla sua anima vera, a foggiare la sua vita su una traccia prestabilita che le fissa il luogo di nascita, l' educazione, l'amore, il matrimonio, la posterità, le azioni, la residenza, la tomba, la regina è più oppressa dell'ultima delle sue suddite. Chi potesse raccogliere le lagrime, le ribellioni, le lotte, le tragedie intime delle reggie, e metterle a confronto con quelle delle altre dimore, vedrebbe quanto sono superiori per numero e intensità le prime alle seconde!
In questo momento però il bianco angelo della pace e dell'amor coniugale stende le sue ali protettrici sulla reggia italiana. Elena di Savoia è sposa e madre felice, ma bisogna subito aggiungere che ella è modello alle mogli e alle mamme. La sua tenerezza per Vittorio Emanuele III è spontanea
e profonda, eppure mai tentò d'impedirgli di compiere il suo dovere di Re, per quanto penoso e rischioso, piuttosto lo segui per essergli al fianco come una buona fata, e nei giorni di lutto, la buona pianse sui mali del suo popolo ed aiutò a lenirli con efficace energia. Schiva, per indole e propositi, di feste e di pompe, come una stella gentile essa rifulge quando è più nera la notte, per confortare ed elevare l'animo verso pure idealità. Volle allevare il suo bambino, il re futuro, come una semplice mamma borghese, e il benessere dei suoi figliuoletti è il suo primo e costante pensiero. La vita di Elena di Savoia è semplice, operosa, quasi austera; e tutto in lei, dai modi alle vesti, dalle parole alle iniziative, è modestia, previdenza, bontà. È insomma la vera regina moderna, che ha compreso con intelligenza e nobiltà quale parte le spetta, e l'armonizza col suo tempo con sagacia singolare.
Come nel tipo fisico, giacchè Elena è bruna, Margherita è bionda, le due Regine di casa Savoia sono diverse anche d' individualità spirituale e formano insieme la perfetta armonia dell' ideale muliebre. Elena è pratica, Margherita pare appartenere più alla leggenda che alla storia, ed essere stata creata più per la vita intellettuale del suo regno e del suo popolo che per la parte materiale di essi. Alla corte senza regina di Vittorio Emanuele II, corte un po' rude e soldatesca, ella olezzò come un fiore di grazia, di sentimento, di poesia. E quando il gennaio del 1878 la fece sovrana d'Italia, ognuno fra il dolore della immatura perdita del Re Galantuomo, si rallegrò che il primo diadema della regalità femminile nella rinnovata Italia fosse cinto da chi avrebbe
saputo farlo rifulgere ben degnamente. Infatti il regno di Margherita di Savoia, che doveva chiudersi in così tragica guisa, fu trionfale, pieno, completo. Tutte le sue singolari doti intellettuali, rinvigorite da una estesa e varia coltura, aiutate da una rara memoria e da una speciale virtù di percezione e d' opportunità; tutte le belle qualità dell'animo mite e forte insieme, libere d'espandersi nel modo migliore, fecero di lei una magnifica individualità di sovrana : le attirarono gli sguardi e l'ammirazione di tutta Europa. Affabile e dignitosa, grande fascinatrice più che per la sua aristocratica bellezza, per la sua intellettualità squisita, Margherita di Savoia è vanto e orgoglio nostro, di noi che consacriamo il lavoro e l' intelligenza a togliere la donna dalla schiavitù della propria ignoranza, a persuaderla che le conquiste di cui deve trarre più vanto non sono quelle che le riesce di fare con le sue doti fisiche, ma le conquiste dovute alla luce dei suo spirito che elevano verso zone superiori di bellezza e di bontà.
Elisabetta, regina di Rumenia, nota in arte sotto il nome di Carmen Sylva col quale firma le sue poesie e le sue prose d'una idealità squisita, è più artista che regina. Ma artista nell'alto e nobile significato della parola e anche nel più vasto, giacchè ogni forma d'arte ella conosce, coltiva e tutela, dall'arte della penna a quella così femminile del ricamo e del merletto, dalla miniatura alla musica, dal disegno alla plastica. La sua corte è una specie di reggia incantata, dove graziose fanciulle, alacri come fate, si occupano senza tregua in opere di bellezza sotto la sua direzione. Carmen Sylva ebbe
un gran dolore nella sua vita, quello di perdere l' unica figlia adorata; e il culto appassionato di questa madre alla memoria della sua creatura è di una commovente pietà. L'arte è stato il suo rifugio, la sua salvezza, e questa regina dai bianchi capelli sulla fronte di poeta, dall'abbigliamento di un' eccentricità squisita, appare al nostro pensiero come l'incarnazione di qualche eletto e puro ideale.
Maria Cristina, regina madre di Spagna, si potrebbe additare come il tipo della maternità, più nelle sue ansie, nei suoi eroismi, nelle sue lotte, che nella sua gloria e nella sua gioia. Rimasta vedova giovanissima, con un gracile bimbo, figlio di padre infermo, da allevare per un pericoloso trono, ella accettò con animo invitto la sua doppia rude missione di reggente e di educatrice. Le cure di stato che incanutiscono i re, gravavano forte sulla sua delicata tempra femminea, e questa donna si prendeva da un consiglio di Ministri, dalla firma dei decreti per accorrere trepidante alla culla del suo bimbo malaticcio che innumerevoli notti ella vegliò con amore. Intanto vigilava sull' educazione delle altre due figliuole. La sua corte fu austera, piena di metodo; la sua giovinezza passò e sfiorì nell'esercizio continuo, coscienzioso del dovere. Era la regina che vestiva più semplicemente di tutta Europa: per lei il trono non fu che responsabilità, fatica, còmpito arduo. E quando potè finalmente deporre lo scettro nelle mani del figliuolo di cui aveva fatto un uomo, conscio per precoce maturità dei doveri del suo stato, incominciò una nuova serie di ansie per lei... Gli attentati alla vita del Re di Spagna, di cui l'ultimo macchiò la bianca veste nuziale della
sposa giovinetta, lasciavano miracolosamente incolume Alfonso XIII ma ferivano a morte l' anima materna...
Le sovrane dei tre regni più importanti d'Europa, Alessandra d' Inghilterra, Alexandra di Russia e Augusta-Vittoria di Germania non hanno personalità molto spiccate: tuttavia si sa della prima che è dama coltissima, che fra molte lingue conosce bene anche l' italiano e segue la nostra produzione letteraria; l'imperatrice di Russia, degna del compianto delle anime sensibili per l'ora tragica che ora attraversa il suo paese, ha, dicesi, un carattere concentrato e triste che tempo addietro, forse per le vicende orribili a cui dovette assistere, si fece così cupo da dare a temere per la sua salute. Augusta-Vittoria è la florida madre d'una ancor florida famiglia. In lei le virtù domestiche e le qualità pratiche, sorpassano forse quelle intellettuali.
Guglielmina d'Olanda è la sola regina d' Europa che regna e governa. Il suo popolo che l'ha veduta sbocciare, fiore tardivo, da un cespite che pareva non dovesse fiorir più, l'adora come un gentile dono della provvidenza. La sua sagacia, la sua fermezza, la sua intelligenza, si rivelarono assai presto, e questa fanciulla sedicenne faceva stupire gli uomini di Stato per le sue osservazioni, per l' acutezza delle sue idee. Per alcuni anni regnò sola, senza amore, casta e forte come la Walkyria, poi si scelse uno sposo nel principe Enrico di Mecklenburg. Ma finora l'Olanda non ha principi o principesse ereditari ed io credo che Guglielmina sospira con segreta invidia, quando dalla sua carrozza regale scorge una madre che tiene mi bambino fra le braccia.
Oh i sospiri delle regine, come sembrano più intensi di tristezza amara, più affannosi d'intima solitudine dei nostri!
LE ARISTOCRATICHE
Dopo le regine, le titolate. Vi sono anzi certe discendenti da famiglie d' antichissima schiatta, i cui nomi aristocratici rivaleggiano per nobiltà con quelli di parecchie sovrane, e che nella finezza dei lineamenti e delle forme, nella maestà o nella suprema grazia delle movenze, nell' eleganza dell' atteggiamento, nell' impero delicato della parola, sono a molte sovrane infinitamente superiori.
L' aristocraticità è una dote che non s' acquista nè con lo studio nè con la consuetudine, ma non è sempre concessa alle titolate. Vi sono delle signore il cui nome è segnato nell'albo d'oro, che si scambierebbero con la loro cameriera se avessero lo stesso abito, mentre ve ne sono altre, che sebbene cadute in povertà, serbano sotto le vesti dimesse l' indelebile impronta della propria origine. Profili caratteristici, storici, somiglianti a qualche quadro d'autore celebre, rinchiuso in una galleria o in un museo : bianche mani affusolate, lunghi colli di cigno, spalle pioventi, persone simili a quelle delle dee e delle allegorie nelle tele quattrocentesche ; la nobiltà vera, di schiatta, si manifesta e si afferma attraverso un lungo ordine di generazioni in maniera particolare. E come coi caratteri fisici, la nobiltà può rivelarsi per mezzo di alcune caratteristiche morali che spesse volte sopravvivono al naufragio d'ogni virtù femminile, ancora come i segnali visibili di
razza resistono alla decadenza: la fierezza, la lealtà, il coraggio, la padronanza di se stessi.
L'Italia, terra di tradizioni vetuste ed epiche, ha una vera ricchezza di nomi aristocratici ognuno dei quali rievoca una pagina della sua storia. I De Genova di Pettinengo, i Petitti di Roreto, i Mayneri, i Morra di Lavriano a Torino: i Borromeo, i d'Adda, gli Sforza, i Visconti, i Melzi a Milano, i Doria, i Centurione, i Spinola a Genova: i Malvezzi, i Pe-poli, i Rusconi, i Gozzadini a Bologna; i Sanvitale a Parma ; i Montecuccoli, i Rangoni, i Molza a Modena; i Morosini, i Gradenigo, i Grimaldi a Venezia; i Gonzaga, i Cavriani a Mantova; gli Strozzi, i Medici a Firenze ; i Massimo, i Colonna, i Ruspoli a Roma, i Borboni a Napoli : e ognuna di queste antiche case patrizie ha a rappresentarla una o più dame, note per avvenenza, per amor dell' arte, per nobili iniziative di filantropia e di patriottismo. E quando qualche spettacolo straordinario chiama in folla ai teatri, è bello vedere nei palchi di famiglia le bianche dame aristocratiche, adorne dei gioielli che hanno servito a parecchie generazioni; vederle passare nei ricchi equipaggi sui viali; ammirarle in gruppo nei saloni della reggia o nei palazzi aviti: mentre i loro nomi dall'eco gloriosa sembrano ravvivare il nostro sentimento di nazionalità di fronte allo straniero.
LE RICCHE
Ma non si può aver tutto a questo mondo: e molte volte chi ha la nobiltà non ha la ricchezza e la vorrebbe. Molte signore si struggono dal desiderio
di possedere una coroncina qualunque da far litografare sui biglietti da visita, da far ricamare sui fazzoletti, da far dipingere agli sportelli della carrozza, e non hanno torto di desiderare questo come un complemento, giacchè parrebbe proprio che ricchezza e nobiltà non si potessero disgiungere. La plutocrazia ha però la sua forza e il suo vanto speciale : forza più energica e vanto più meritorio, forse, di quelli della tradizione aristocratica. Il denaro ai nostri giorni è il mezzo più sicuro per arrivare, e la coscienza di dovere a se stessi, ad un passato di lavoro proprio o della propria famiglia, questo mezzo possente di conquista deve suscitare un orgoglio non minore di quello della dama che addita il feudo dei suoi padri e le pergamene che fanno fede della sua nobiltà.
Una fabbrica, un' officina, un negozio, possono pure costituire un feudo, sono i feudi dell' umanità ; e nessuna signora dovrebbe esitare a parlare dei suoi avi se erano mercanti, industriali o contadini, ma dovrebbe anzi proclamarlo con compiacenza, rammentarlo ai figliuoli come un esempio di vittoria e d'attività.
La ricchezza non è certo la felicità, poichè molte signore ricche a milioni, non hanno la salute, non hanno la concordia in famiglia, non hanno figliuoli a cui trasmettere le proprie sostanze o li perdettero dolorosamente. Ma, come ho detto, la ricchezza è una leva possente, e per chi sa valersene è un'arma sicura. Una signora ricca può soddisfare i suoi gusti d'estetica, d'eleganza, di sport, può circondarsi di tutta la bellezza e d'ogni raffinatezza: può dare ai propri figliuoli un'educazione completa; può fare
molto bene. Questo sopratutto vorrei che le ricche tenessero a mente. Giacchè fare il bene non vuol dire sottoscriversi per una forte somma a vantaggio di qualche istituzione o per qualche beneficenza di prammatica e di circostanza. Fare il bene con discernimento è difficile perchè non richiede solamente il concorso del denaro, ma lo sforzo dell'idea, la pazienza dell'indagine, il criterio della scelta. Dare sviluppo a qualche industria che porta guadagno e decoro al paese; aiutare la fioritura di qualche geniale manifestazione d'arte; concorrere a fornire impulso efficace per qualche nuova istituzione di carità armonizzante coi tempi che venga a colmare qualche lacuna; preferire i prodotti nazionali a quelli stranieri: interessarsi a tutta la bellezza e a tutta la bontà: ecco quello che le ricche dovrebbero fare per obbligo oltrechè per possibilità.
LA DONNA MODERNA
Tutto quel complesso di tendenze e di fatti che costituisce il carattere del tempo e che chiamiamo modernità, dona bisogni, desideri ed obblighi speciali anche alla donna. Ai giorni nostri, la rapida evoluzione della vita civile, i costumi modificati, lo sviluppo dell' istruzione, la diversità dei rapporti sociali e famigliari, la corrente più ricca, più rapida, più larga della vita, assegna alla donna un più esteso e difficile campo d' azione ; le conferisce diritti d'una maggior dignità, le impone doveri d'una importanza maggiore. L'ideale della donna moderna è assai più difficile da realizzare di quello della donna d' altri tempi, giacchè non si compone di
una qualità soltanto, o di una tinta uniforme, ma di un complesso di doti e di sfumature e di luci in una unità sola, come iridescenze di un solo diamante. Vi sono, è vero, virtù immutabili, fondamentali, che furono di tutti i tempi e sono di tutti i paesi, ma nel coltivarle e nel metterle in pratica, la donna contemporanea dovrà usare d'una accortezza e di una disinvoltura che le sue antenate non conoscevano. L' amore, la maternità, il riserbo, la fierezza, la dolcezza, la pietà, si trovano e si sentono come una volta, ma si esprimono oggi in un altro modo. La bontà della donna moderna, se anche fatta di indulgenza e di mitezza, deve essere più illuminata e più attiva dell'antica bontà classica, composta soltanto di sottomissione. E come la sua eleganza è oggi più fedele all' estetica e la sua bellezza non è soltanto di linee ma d' espressione, così la sua fede non si manifesterà solamente nelle pratiche del culto, ma dovrà illuminare tutto il suo mondo morale, elevare tutti i suoi pensieri, purificare tutti i suoi sentimenti, nobilitare tutta la sua vita. Così la sua grazia, la sua cortesia, saranno affatto spoglie dell' artificio, della cerimoniosità che faceva parte, nel passato, d' una buona educazione. La sua onestà sarà serena e sicura e nulla avrà di ritroso o di selvaggio. La sua coltura non la farà pedante, nè il suo spirito volgare: e lo sviluppo dell' intelligenza, anzichè atrofizzarle il cuore la renderà più sensibile e più veggente.
Già abbiamo visto che la missione della maternità nel suo faticoso e difficile complesso di doveri, materiali e morali si rivela alla donna moderna
Eva Regina23
buona e intelligente, nella sua perfezione completa. Nel matrimonio, la migliore educazione ch'essa ha ricevuto, la sua istruzione più ricca, lo sviluppo più ampio della sua individualità morale, le facilitano l'accordo e l'adempimento della sua missione di grazia, di conforto, di tenerezza buona ed alta. Ma la vita sociale d'oggi obbliga la donna a uscire dal limitato, placido orizzonte della famiglia. La società ha oggi più che mai bisogno di lei, ed ella non deve sottrarsi all'appello se anche il rispondere le costa sacrifici e disagi. Amiel, a proposito della donna, scrive che la sua azione nella società è analoga a quella dell' azoto nell' aria : intesa, cioè, a rallentare la combustione del pensiero. Nessun'altra epoca ebbe, forse, come la nostra, così frequenti e cordiali i rapporti fra le classi, e onorò tanto l'ingegno e l' arte, e si fece della beneficenza un dovere e un'abitudine, e dell'educazione motivo continuato di disamina e di discussione. La donna dell'oggi, che ha un'opinione ben definita su tutto e che nessun problema lascia indifferente, non porta più soltanto alla società l' ornamento della propria persona o un'esca alla galanteria come una volta : vi porta il suo contributo intelligente, gentile, efficace. La pedagogia e la beneficenza hanno in lei la migliore e la naturale protettrice : molte industrie nazionali una causa preziosa di sviluppo : la scienza, nei rami della medicina e dell'assistenza, le affida volentieri le più delicate mansioni : perfino in politica, in questa fosca ed eterna preoccupazione virile, la donna potrà portare, con la sua influenza, maggior elementi d' onestà e di pace : e se quel giorno benedetto, che invochiamo da tanto
tempo verrà, in cui tutte le armi si abbasseranno e nessun uomo si macchierà più del sangue d' un altro uomo, oh, dite pure che si dovrà alla forte, pertinace, collettiva volontà femminile! e sarà senza dubbio la vittoria massima della civiltà !
LE ARTISTE
Nei secoli andati, la donna era più ispiratrice che artista. La donna che esercitava l' arte era la eccezione : ma ai nostri giorni si potrebbe quasi dire l' opposto. Non tutta l' arte è però coltivata dalla donna, che vi si dedica seriamente, con ugual misura, e mentre le scrittrici e le suonatrici abbondano, la pittura ha meno discepole, e meno ancora ne ha la scultura : nessuna, ch' io mi sappia, l' architettura. E più che verso la grande arte creatrice, dove sono poche quelle che giungono ad affermarsi con una personalità propria e a superare la mediocrità, la donna si rivolge verso l' arte che più le somiglia, quella che sente di più, e dove la sua fantasia poetica, il suo pensiero vago ed indeterminato possono con maggiore facilità esercitarsi e spaziare: l'arte decorativa. Anche certe raccoltine di versi, di novelle, di bozzetti, frutto d' immaginazione più che d'osservazione fedele del vero, che altro possono essere se non arte ornamentale? Ad ogni modo è sempre il primo gradino : certune lo valicano e proseguono l'ascesa, altre si fermano lì.
Sono scarse le compositrici di musica, in Italia, almeno; tanto scarse che nel 1890 quando il De Gubernatis iniziò con idea genialissima un'Esposizione d'arte muliebre sotto gli auspicii della donna
di Dante, dovette ricorrere ad una straniera per far musicare la cantata inaugurale. Per trovare un ingegno musicale femminile un po' notevole fra noi bisogna risalire alla seconda metà dell'ottocento e ripensare a Carlotta Ferrari di Lodi, allieva del Conservatorio di Milano, che giovanetta ancora compose versi e musica d' un lavoro melodrammatico : Ugo, rappresentato con fortunato successo in un teatro della capitale Lombarda. Scrisse poi Sofia, altro melodramma che rialzò, pure a Milano, le sorti d'una stagione teatrale. Compose anche Messe, tra cui, per onorevole incarico, la Messa funebre per le solenni esequie di Carlo Alberto a Torino, raccogliendo elogi e trionfi. Ma l' apice della sua carriera musicale, Carlotta Ferrari raggiunse con la sua terza opera: Eleonora d'Arborea che fece volare la sua fama oltre i confini della patria. Abbastanza recentemente ella conseguì col suo Inno di Santa Cecilia uno dei tre premi straordinari consistente in preziosi oggetti d'arte elargiti dalla Spagna per un grande concorso internazionale di musica a cui presero parte migliaia di concorrenti. Carlotta Ferrari è morta a Bologna, non sono molti anni.
Fra le pittrici, per citare qualche nome, dirò d' Emma Ciardi appartenente a quella famiglia di pittori veneziani che ormai nelle esposizioni fa scuola a parte. Questa giovine artista, modesta quanto valorosa e laboriosa, pur derivando dalla nobile arte paterna, si è fatta uno stile e un genere a parte, pieno di delicatezza, di grazia, di pensiero e di dolce malinconia. Più d' uno dei suoi quadri ebbe l' onore d' esser scelto dai nostri sovrani per
le loro private gallerie ; e recentemente a Londra, a Monaco, dove Emma Ciardi espose una ricca collezione dei suoi lavori in Mostre individuali, ottenne risultati finanziari assai soddisfacenti e lusinghieri trionfi.
A Firenze vive e lavora Ernestina Orlandini nata Mack, tedesca di Hanow sul Meno, che l'amore e l'arte fecero italiana. I suoi ritratti hanno un pregio singolare e le procurarono molti premi. I maravigliosi fiori dei giardini di Firenze trovano pure in lei la loro interprete delicata e sincera. Nè voglio dimenticare Antonietta Fragiacomo che segue le traccie del suo illustre parente ; e Anita Zappa, milanese, autrice di studi all' aperto pieni di luce e di freschezza.
La scultura femminile è rappresentata degnamente in Italia da Adelaide Maraini che nello studio del padre, lo scultore Pandiani, trovò, bimba ancora, la sua vocazione e il suo destino. Studiò a Brera,ma ancora più studiò da sè per sviluppare il suo vero temperamento. I suoi primi lavori avevano una gentile impronta mistica, e furono bassorilievi, fontane, sculture ornamentali. Andata sposa all' ingegnere Maraini di Roma sacrificò serenamente l'arte ai suoi dolci doveri, e per nove anni tenne chiuso lo studio per occuparsi soltanto dei suoi bimbi e della sua casa. Poi tornò alle sue creazioni di bellezza, con un' anima più matura e più forte.
La prima grande statua modellata da lei: Saffo, inviata all' Esposizione di Parigi, e poi acquistata da Rotschild, le diede la rinomanza. Da allora le sue opere si moltiplicarono per emigrare candide e pure, nei giardini aristocratici, nelle gallerie, nei
camposanti. Un giorno ella vide entrare nel suo studio di Lugano l'imperatrice Elisabetta, la grande dolorosa, che si portò seco nella silente villa di Corfù un' altra ispirazione di Saffo ; e più tardi anche una figura d'Aspasia trovò posto nell'Achylleion. Ora Adelaide Maraini vive a Roma fra la sua famiglia, nella pace gloriosa che segue una giornata nobilmente vissuta. « Benedetta questa donna — scrisse di lei una penna illustre — che è grande artista senza aver perduto nessuna delle tenerezze della madre; benedetta questa donna in cui il genio dell'arte non ha spento una sola delle più soavi femminilità di Eva ! »
Possano tutte le artiste meritare simile elogio, smentendo la leggenda accreditata presso il volgo che le donne artiste amino l'eccentrico, il vistoso, l'esagerato, e prendano pose stucchevoli. Certo, fra tante, vi sono anche queste che si rendono ridicole per i colori e le foggie dei loro abbigliamenti, per le loro abitudini zingaresche, il loro linguaggio pieno d'affettazioni ; ma per amor del vero bisogna riconoscere che le artiste dei nostri tempi sono, in generale, signore e signorine che non differiscono nell'aspetto e nelle maniere dalle altre, con una nota di gusto più personale, un po' originale forse anche, ma che deriva dalla loro famigliarità con le cose belle ed armoniose ed è artisticamente giustificata.
LE INTERPRETI
L' interpretazione è una collaborazione. Certe forme d' arte, come la musica e la drammatica, hanno necessità d' essere interpretate per vivere.
Un dramma, un' opera in musica che non si rappresentino è come non fossero scritti. Occorre ad esse il teatro per manifestare l'anima propria nell' azione o nella melodia : e quest' anima, questa essenza, non può venire espressa se non per mezzo degli esecutori, dalla cui valentìa e dalla cui intuizione d'arte dipende spesso la fortuna dell'opera che l'autore loro affida perchè lo mettano in comunicazione col pubblico.
Quando una concertista trae dal violino, dall'arpa, dal pianoforte le note create dall' ingegno d' un maestro, non fa che trasmettere l'ispirazione dolorosa o gaudiosa. Così le esecutrici d' un' azione coreografica, le declamatrici : e in un campo più vasto le artiste di canto e di prosa. A tanto assurge, anzi, l'importanza loro, che divengono popolari più presto, quasi, degli autori che interpretano, e la loro celebrità è più rapidamente conquistata, e dovizie e onori vengono raggiunti da esse con assai minor impiego di tempo e d' energia di chi ne diede a loro il mezzo. Quanti autori sono morti nell'indigenza, mentre gli interpreti dei loro lavori arricchiscono in breve ! E se anche l' autore guadagna, il compenso dell'interprete supererà sempre quello di lui. Il guadagno d'un anno della Duse o della Tetrazzini non equivale a quello di nessun musicista o drammaturgo italiano.
Ma le interpreti hanno poi una vita spirituale più breve di quella del genio che si sopravive con le proprie creazioni, mentre esse, quando sono sparite nell' ombra, lasciano appena il ricordo d' un nome. Eppure l' esistenza di queste meteore luminose è quanto di più lusinghevole per la vanità
femminile, di più inebbriante alla intelligenza, che una donna possa vagheggiare. Ben più delle regine e delle milionarie, sono da invidiare ! Quale vita più calda, più luminosa, più completa di quella d'Adelaide Ristori, testè spentasi nella tarda vecchiaia, circondata dalla venerazione d' ognuno ? E fra le viventi, le stelle allo zenit, chi più degna d'invidia di Tina di Lorenzo ? La natura e la vita le diedero tutto : bellezza, ingegno, bontà, agiatezza, amore, maternità, gloria.
Eppure Tina nacque il 4 dicembre 1872, a Torino, da un'oscura attrice drammatica, e sebbene il padre, Corrado di Lorenzo dei Marchesi di Castellaccio fosse nobile, trascorse la sua fanciullezza modestamente, in Noto, la città paterna. La misero poscia a Napoli in una scuola Evangelica, dove forse attinse quei solidi principi di rettitudine che non l'hanno mai abbandonata tra tutti i pericoli a cui è stata esposta. Esordì a Torre del Greco in una Compagnia Sociale di terz'ordine col ruolo di prima attrice assoluta, e non ancora quattordicenne commoveva il pubblico con Dionisia che rimase poi sempre nel suo repertorio come una delle sue interpretazioni preferite. Narrare la rapida ascesa e i fasti della vita artistica di Tina, è inutile perchè l' Italia tutta la conosce e la vezzeggia come una figliuola prediletta, e nel suo villino all' Ardenza, fuori Livorno, si dànno lieto convegno colleghi ed ammiratori. Nella sua esistenza privata Tina è mamma tenerissima e sposa innamorata e fedele di colui ch'ella scelse tra i suoi compagni d' arte, dimostrando anche in questo la spontaneità semplice della sua indole e della sua anima, che
avrebbe potuto cercare la ricchezza, íl nome, la posizione sociale, e non volle che l' armonia e l'amore.
Eleonora Duse, la più eminente fra le interpreti nostre contemporanee, non ebbe in dono la bellezza, ma uno spirito vibrante, dominatore sul fisico che imprime dei caratteri dell'anima che assume. Nacque da Alessandro Duse e da Angelica Copelletti di Vicenza, il 3 ottobre 1859. A quattro anni faceva Cosetta nei Miserabili. A Trieste aveva il ruolo d'ingenua. Crebbe nella miseria, la madre le morì all' ospedale dove ella mangiava metà della zuppa che l' ammalata le lasciava. Emerse in Teresa Raquin, e Giacinta Pezzana accese in lei il sacro fuoco dell'arte. Assistendo ad una rappresentazione della Princesse de Bagdad, protagonista Sarah Bernhardt, la Duse ebbe la rivelazione della propria personalità artistica. E si affermò in Dionisia, in Francillon, nella Moglie di Claudio. Il Teatro di Ibsen, di Maeterlinck e del D' Annunzio affinò ancor più l' arte sua, la portò alla perfezione : giacchè la grandezza della Duse è grandezza d'analisi, di riproduzione viva della natura. Il celebre ritrattista tedesco Franz Lemback si divertiva a fissare le diverse impressioni che coglieva a volo in teatro sul volto della Duse ed aveva tappezzato il suo studio di trenta schizzi che personificavano i diversi stati dell'anima umana.
A queste due stelle massime fanno corona Irma ed Emma Gramatica che incarnano mirabilmente la personalità della donna moderna, nella sua nervosità la prima, nel suo spirito brillante e un po' scettico, la seconda. Virginia Reiter, audace ed efficacissima;
Teresa Franchini, fine ed accurata Edvige Reinach, semplice e soave; Ines Cristina, intelligente coadiutrice del talento del Zacconi ; Alda Borelli di così squisita intellettualità, Teresa Mariani, Dina Galli, e molte e molte altre che sarebbe troppo lungo enumerare.
Meno ricca è, nel momento presente, la pleiade delle artiste di canto di prim'ordine.
L' Italia, la terra classica delle melodie, si è lasciata vincere dalla concorrenza straniera, e la Francia, la Germania, la Polonia dànno ora le migliori interpreti musicali, per potenza ed estensione di voce, per esattezza di metodo ; risultati che queste straniere debbono, forse più che alle doti naturali, alla diligenza della loro lunga preparazione al palcoscenico che le giovani cantanti italiane vogliono conquistare di slancio, appena uscite dagli Istituti. Pure, la fama della Patti è ancor recente ; e i nomi di Luisa Tetrazzini, di Eugenia Burzio, di Resina Storchio suscitano echi di entusiasmi e di sommo diletto intellettuale : e chi ebbe la fortuna di udire Gemma Bellincioni nella Traviata, la Jacobi nel Lohengrin, la Giovannoni-Zacchi nella Bohème, la Meyer nel Mefistofele, la Merolla nella Manon, la Toresella nei Puritani, la Pantaleoni nella Cavalleria Rusticana non le potrà più dimenticare.
LE ISPIRATRICI
Le ispiratrici sono forse tanto necessarie quanto le interpreti all' artista creatore. Necessarie meno materialmente, ma nel periodo più geloso e più misterioso
della formazione dell'opera ideale, quando dalla sfera dell' astratto passa in forma concreta a rivelare al mondo il pensiero e il genio del suo autore. Chi sono le ispiratrici ? Oh, non formano una classe speciale come le artiste, come le interpreti, e non è indispensabile che abbiano caratteri comuni ed essenziali come la bellezza e la giovinezza. Molte donne dal corpo statuario, molte giovinette sul cui volto ride la primavera, non hanno ispirato nessuno : e invece qualche vecchierella curva sotto un fastello di legna giù per un sentiero campestre ; qualche fanciullina che accendeva una lampada a un rustico altare ; un' esile donna dolorosa vestita a bruno, una florida madre felice, possono aver fatto a loro insaputa il dono prezioso, il dono regale dell'Idea.
Raffaello copiò l'atteggiamento tranquillo e tenero della sua famosa Madonna della seggiola, da una donna del popolo che vide seduta innanzi alla sua umile dimora con un bambino fra le braccia: Dante, fra le formose e argute gentildonne che ebbe intorno fu ispirato dalla più modesta, dalla più silenziosa, da colei che meno lo amava e meno apprezzava il suo ingegno : Leonora d' Este, ispiratrice del Tasso, era disavvenente, malaticcia e non più giovane : Vittoria Colonna che Michelangelo vagheggiò viva e onorò morta, non possedeva quella perfezione plastica di forme che a noi parrebbe avesse dovuto essere necessaria per commuovere quel sovrano della scultura.
Qualche volta l' ispiratrice fu una madre dai capelli bianchi, una figliuoletta dai ricci d' oro, una dolce sposa mite e devota. Ricordate la triste e
geniale commedia di Roberto Bracco : La piccola fonte ?
L' artista, sposo a una donnina semplice, si lagnava della sua solitudine spirituale e credette trovare una musa e una compagna degna in una donna intellettuale, elegante e bizzarra. Ma quando la moglie con un ultimo supremo atto d' abnegazione e d' amore si allontana da lui per lasciarlo libero, e nella fiera prova impazza, allora egli si avvede che la musa vera, la piccola ma limpida e indispensabile fonte della sua ispirazione, della sua vita di artista era proprio lei, la donnina mite e semplice e buona.
Però, molte volte, le ispiratrici non sono le più degne. No, purtroppo. L' artista è un creatore di bellezza, e spesso si ferma all' apparenza che più sollecitamente attrae la sua fantasia e la sua ammirazione. La donna più elegante, anche se è una cortigiana ; la donna più graziosa anche se è una leggera e una colpevole ; la giovinetta più fresca anche se è una civettuola, possono accendere nel suo intelletto la divina scintilla d'un'opera imperitura « Sois charmante et tais-toi » comincia un madrigale alla sua amante Baudelaire : mentre Rivarol non chiedeva alla sua che d'aver spirito come... una rosa. E nella Chanson pour elle canta il più delicato poeta francese, il Verlaine :
Il parait che tu ne comprends Pas les vers que je te soupire Soit ! e cette fois je me rends!Tu les inspires, c'est bien pire.
PIACERI FEMMINILI
Certo, la vita femminile, specialmente con le leggi che governano ora la società, non è dolce, nè facile, nè invidiabile, ma piena di tristi necessità, di contrasti, di costrizioni. Gli uomini ci compiangono cordialmente, per bontà loro, senza pensare però che sarebbe in loro potere di renderci l'esistenza più agevole e più lieta. Non ho sentito nessun uomo desiderare d'essere donna, mentre ho inteso molte donne desiderare d' essere uomini. Quando nasce un maschio, pare che la solennità sia maggiore ; se nasce una bimba, non è, in massima parte dei casi, che una rassegnazione accettata più o meno lietamente; e le donne della famiglia mormorano tra esse con compianto : « Poveretta! una disgraziata di più ! ». Eppure per una donna che voglia e sappia sviluppare tutta la forza e la finezza della sua femminilità, chiedere a tutte le sue tendenze naturali e acquisite un aiuto, respirare e far respirare tutto il profumo della sua anima muliebre, la sua vita dovrebbe risultare assai più completa e intensa della vita virile. La donna prova delle emozioni, delle compiacenze, delle piccole e grandi gioie che l'uomo non prova, o risente in assai minor grado. La rivelazione dell'amore completo che per la donna è l'assoluta dedizione, cioè il pieno appagamento delle sue tendenze ideali ; l' estasi della maternità, l' intimità della famiglia, l' impero e il possesso della casa propria, sono fra le gioie maggiori e più pure per le anime elette ; vengono poi, per le donne avide della vita mondana e brillante, le soddisfazioni
dell' amor proprio : gli omaggi alla bellezza, allo spirito, alla grazia, all' ingegno : l' ebbrezza delle feste, i piaceri squisiti della toilette, la scelta d'una foggia, d'un colore, d' un ornamento che si addica alla propria bellezza e ne faccia un tutto armonioso. Poi i conforti minori, ma soavi, della vita : sedere a crocchio fra amiche lavorando a uno di quei lavorucci che gli uomini ci invidiano nelle loro ore di noia, essi che non hanno questo supremo rifugio ; e l'abbellimento della casa, del nido, pel compenso così dolce d'un sorriso di soddisfazione, di un gesto di benessere di qualche persona cara che verrà più volentieri a riposarsi vicino a noi: e le ore passate con qualche bimbo buono e intelligente, la cui anima vediamo schiudersi al nostro soffio d'amore: e il culto delle memorie, dei mille piccoli nonnulla ognuno dei quali ci ricorda un giorno, un'ora, un momento felice o triste, ma sacro all'anima nostra ; e le piccole sorprese da preparare, i regalucci da scegliere ; e le opere che solo dalla donna richiedono e aspettano direzione e sviluppo : e l'arte, la divina e grande confortatrice, a cui per la nostra vita più raccolta, più solitaria, più quieta di quella dell' uomo possiamo dedicarci più esclusivamente.
E maggiori dolcezze spremeranno dalla vita le donne delle nuove generazioni, giacchè la posizione della donna acquista ogni giorno nuovi vantaggi. Noi abbiamo da guadagnare dal progresso più dell' uomo per la nostra condizione passata, tanto peggiore della sua. Infatti se paragoniamo la vita d'una donna dell'oggi, anche di condizione modesta, con la vita femminile di cent' anni fa, troveremo che il cambiamento è grande e tutto a nostro vantaggio.
Più luce di pensiero, più aria di libertà, più energia di vita, e giova sperare che i tempi futuri affermeranno e generalizzeranno questo impulso avventurato, tanto che giunga il momento in cui alcuno possa ripetere in Italia la frase detta dal Bourget nell' America inglese : « Credo che la condizione della donna in questa nazione sia lo stato più invidiabile per un essere umano ».
LE DONNE CHE SCRIVONO
Le donne che scrivono, da un piccolo, modesto gruppo sono in pochi anni diventate legione, e se si continua così, ogni lettrice sarà in pari tempo scrittrice. Una volta era il pianoforte il preferito compagno spirituale della donna, ora è la penna. Forse è ritenuta complice più compiacente perchè non tutte le donne hanno imparato la musica nella loro adolescenza, mentre tutte hanno imparato a scrivere. E molte credono in buona fede che l' arte dello scrivere sia semplicissima e divertentissima: che basti sedersi alla scrivania davanti a una pagina bianca col pensiero d' un' impressione di viaggio o d' un idillio sentimentale per ricavarne poco meno che un capolavoro. Le giovanette che escono dalle scuole normali con la gloria d'un bel punto in letteratura, poi, credono tutte sul serio d'avere in sè la stoffa e la vocazione di scrittrice, e sorriderebbero di compatimento se alcuno susurrasse loro all'orecchio che la letteratura scolastica non ha nulla di comune con l'arte dello scrivere: che non s' impara a diventare scrittrici, ma che si nasce scrittori come si nasce pittori o musicisti : e che
se dovessimo fare delle indagini, risulterebbe che gran parte delle nostre scrittrici migliori non avrebbero l'abilitazione neppure all' insegnamento delle classi elementari.
Vi è una coraggiosa categoria di donne d' ingegno forte e delicato, di volontà austera, che sono coscienziose operaie della penna. A queste si deve, come alle artigiane dell' ago, rispetto e simpatia, pensando che la penna è un utensile più faticoso e meno lucroso di quello. Almeno da noi, in Italia, una buona sarta guadagna sempre più di una buona scrittrice affaticandosi meno : giacchè alla prima non occorre che il concorso delle forze fisiche e della resistenza materiale, mentre la seconda, sedendo per molte ore a tavolino a lavorare di cervello consuma complessivamente tutte le sue energie.
Si dovrebbe essere invece senza pietà verso quelle che scrivono per la boriosa compiacenza di farsi osservare, quelle che non smettono più di far le autrici una volta che hanno esordito, bene o male, non importa; quelle che senza amor sincero e rispetto per l'arte non hanno altro ideale che di vedere il loro nome su una copertina riccamente illustrata e udirsi dire mentre passano : « È la signora o la signorina tale, una scrittrice, stampa dei libri ». E qualche anima buona che non sa nè leggere, nè scrivere, aggiungerà con convinzione : Oh scrive molto bene!
In compenso vi sono donne che scrivono meglio di molti uomini, e senza gridarlo ai quattro venti, senza vanità, senza invidia, senza dover nulla della loro legittima rinomanza all'artifizio, alla civetteria o alla réclame: senza aver sacrificato nessuna delle
grazie del loro sesso e dei fascini e delle doti dell' indole loro. Queste non hanno bisogno di farsi notare con l'eccentricità e i piccoli mezzi, perchè conquistano o s' impongono.
Un quadro anche sintetico, della letteratura muliebre italiana con cenni biografici e un accenno alle tendenze artistiche d'ogni scrittrice, mi porterebbe assai fuori dei limiti che la molteplicità della materia contenuta in questo volume m'impone ; ma non posso esimermi, in un libro dedicato interamente alla donna di rammentare almeno le principali per nostro legittimo orgoglio. E fra le poetesse ecco Ada Negri, ribelle appassionata e forte; Vittoria Aganoor, doloroso lutto recente, profonda e acuta; Elda Gianelli, classica nella veste e famigliare nel pensiero ; Luisa Anzoletti dall'impeto sacro di Debora cristiana; Térésah fantasiosa e vigorosa; Bruna elegiaca ed elegante. E tra le romanziere Matilde Serao, pittrice calda di costumi e di passioni; Neera psicologa sottile; Grazia Deledda, virile e inarrivabile quando riproduce la sua Sardegna nativa; Luigi di San Giusto ricca di sentimento e di spontaneità ; Virginia Guicciardi Fiastri, originale e finissima artista,; Gemma Ferruggia vivace e soleggiato ingegno; Sfinge aristocratica; Willy Dias ironica e arguta; Regina di Luanto, audace; Fulvia che nell'arte porta il simpatico riflesso mondano e l'osservazione acuta della sua vita ; Maria di Borio che scrive con senso di idealità e di verità. Cito fra le autrici drammatiche che diedero ottimo saggio del loro ingegno vitale, Clarice Tartufari con Arboscelli divelti, Le modernissime, Lucciole sulla neve, ed altro : Térésah con Giudice, Il pane rosso; Amelia Rosselli con
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la sua fortunata Anima; Haydée con Per te ! Rossana con Casa di Pena. Ricordo con ammirazione tra le scrittrici di letteratura e d' arte, coltissime e valorose, Emma Boghen Conigliani, allieva prediletta del Carducci e studiosa instancabile del Leopardi; Evelyn, la sola donna che scriva libri d' arte in Italia e ne compenetri lo spirito e il gusto; Maria Pezzè Pascolato, laureata a Padova, traduttrice del Carlyle, valente quanto eletta e modesta; Grazia Pierantoni-Mancini, Fanny Zampini Salazar, Cesira Pozzolini Siciliani. E saluto col saluto d'onore le educatrici, benemerite, che seppero usare l'arte con nobili intendimenti nella vita; Ida Baccini, la più istancabile, che ringiovanì la pedagogia col suo spirito scintillante e l' arguzia della sua Toscana nativa ; Sofia Bisi-Albini tanto benefica alla letteratura femminile; Dora Melegari che comprende così bene le necessità dell' anima moderna: Silvia Albertoni piena di sentimento e di nobiltà; Gisella Fojanesi - Rapisardi gentilissima; Giulia Cantalamessa; Maria Marchese Siotto-Ferrari; Lydia Peretti; Anna Vertua Gentile. Tutte queste che ho rapidamente enumerate non sono che l'avanguardia di numerosi drappelli ; e le centinaia di giornali e di riviste che recano altre firme femminili, oltre i nomi da me menzionati, lo possono confermare.
LE CONFERENZIERE
Le conferenziere sono da poco uscite, in Italia, dalle file delle scrittrici. La donna da noi è meno usa che negli altri paesi a partecipare alla vita del
pensiero in forma ufficiale. Le tradizioni dell' educazione l' hanno assuefatta ad esporre al pubblico la propria bellezza, la propria eleganza, la propria mitezza : non direttamente il proprio ingegno, la propria individualità intellettuale. Tenere una conferenza è ancora per molte un' ostentazione d' abitudini virili: un pretesto per mettersi in evidenza; un' originalità di genere discutibile; un'audacia; una civetteria...Mentre l'esporre a un pubblico intento le proprie idealità d'arte o di vita, il risultato dei propri studi . e del proprio pensiero è — lo affermo io che l'ho a parecchie riprese esperimentato — una compiacenza spirituale così dolce e pura che giustifica ampiamente l' atto di tenere una conferenza, senza che vi sia bisogno di attribuirlo ad altre cause.
Oltre il ritegno per la novità, v' è, per tante, la timidezza. Molte donne che hanno ingegno e coltura, e potrebbero tenere conferenze interessantissime, non osano farlo per l' impressione che esse risentono del pubblico. Non nego infatti che la vista d'una sala gremita di persone convenute in quel luogo per voi sola, per ascoltare quello che avete da dire e osservare come lo direte, e tener conto senza altri motivi di distrazione, d'ogni vostro atto e di ogni vostra espressione, può imporre. Nè qui è questione di valore d' ingegno o di sapere : col timor pànico non si ragiona. Un giorno Vittoria Aganoor parlò al Collegio Romano applauditissima, eppure mi confessava che aveva sofferto tanto l'impressione del pubblico da consigliarla a non ritentare la prova. E poi c'è per la donna la preoccupazione speciale dell' estetica a cui un uomo conferenziere
non pensa. Egli indossa un frak o una redingote; siede o s' alza secondo gli fa comodo, e tutto è finito. La conferenziera ha oltre tutto il pensiero della toilette. Chiara o scura ? Scollata o chiusa ? Col cappellino o senza ? Terrà tutti due i guanti o ne leverà uno ? Leggerà in piedi o seduta ?
Ricordo che a Venezia quando l'Associazione Marinara ebbe la geniale idea di promuovere una serie di conferenze femminili ch'io ebbi l' onore d'inaugurare, vi furono degli ameni disaccordi fra noi. L'una si ostinò a tenere il cappellino — un cappellino di circostanza leggero come un soffio — : un'altra indossò un abito da passeggiata — un'altra ancora, una toilette da sera décolletée : alcune rimasero in piedi, alcune sedute.
Pure una norma sarebbe necessaria, ora che le conferenze delle signore si vanno facendo più frequenti ; ed io consiglieri di seguire un po' la solita regola dell'abbigliamento appropriato alle ore della giornata : se le conferenze sono di giorno la signora che parla avrà una elegante toilette da visita col cappellino analogo, senza velo : vietato il costume tailleur ! — se di sera, l'oratrice potrà indossare un abbigliamento da pranzo o da piccolo ricevimento, un po' scollato, o velato : maniche corte, lunghi guanti, e senza cappello, a meno di non mettere un cappello da teatro elegantissimo. Quanto allo stare sedute o in piedi, ognuna può fare come vuole, come si sente, od anche regolarsi secondo la durata della conferenza. I discorsi inaugurali che sono brevi di prammatica, si leggono in piedi.
LE GIORNALISTE
Categoria non numerosa ma valida è quella delle giornaliste. Il giornalismo, anche escludendovi la politica intorno a cui ancora le nostre donne non scrivono, coi suoi articoli brillanti o vibrati sul-l' attualità colta a volo, le sue polemiche, la sua critica, le sue riviste di mondanità, d'arte; nel suo riflesso costante, insomma, della vita che si vive, richiede temperamenti spirituali saldi, decisi, sintetici ; pensiero in attività costante e pronto a manifestarsi, facilità e celerità di comprensione : doti che non abbondano generalmente nella donna, forse perchè essa non attende a svilupparle, rivolgendosi di preferenza alla letteratura narrativa e di fantasia. E poi il giornalismo richiede un'assiduità di lavoro che non sempre la donna può dare, rivolta ad altre cure richieste dalla famiglia o dalla società. Il giornalismo costringe la donna ad una indipendenza di vita, di abitudini e di pensiero che molte volte la sgomenta, la fa rinunziare.
In Francia, dove la vita intellettuale è più attiva, si ebbe alcuni anni fa una prova ben riuscita della capacità giornalistica femminile La Fronde diretta da M.me Sévérine, nota pubblicista parigina, era un grande giornale quotidiano, politico-sociale, interamente redatto da signore. Facevano gli articoli di fondo, la cronaca, s'occupavano di politica, di questioni sociali, di arte, di avvenimenti, di personalità, nè più nè meno degli altri principali giornali della capitale. E non solo la Redazione ma anche l'Amministrazione era interamente femminile, e nella tipografia ove si stampava La Fronde non
si vedevano ai banchi e alle macchine che compositrici e operaie. Molte ragazzette erano incaricate della vendita del giornale. Queste donne indossavano tutte un costume verde-oscuro con ramicelli ricamati ai colletti. Era un vero alveare d' api laboriose.
In Italia, qualche anno fa, solamente le riviste educative e i giornali per l' infanzia erano diretti da signore. Rammento la Rivista per le signorine fondata e diretta da Sofia Bisi Albini ; Cordelia diretta da Ida Baccini ; il Cuore Calabrese diretto da Raffaellina Giordano ; il Giornale dei fanciulli diretto da Emma Perodi ; Fanciullezza Italiana diretto da Anna Vertua Gentile. Ora, però, Sofia Bisi Albini, con mirabile abnegazione d' opera e di mezzi, ha voluto dare all'Italia una rivista che rispecchiasse nelle sue più nobili manifestazioni l'attività femminile contemporanea e vi è riuscita con la sua Vita femminile Italiana che è un vero modello del genere. Il femminismo ha pure adesso il suo giornale, nel foglio bimensile Il giornale per la donna, organo eccellente delle nuove idealità muliebri. E l'arte letteraria possiede Il Ventesimo pure fondato e diretto da una signora che ama nascondere la sua tempra virile sotto un nome d'uomo: Mario Clarvy. Un altro bell'esempio d'operosità femminile nel giornalismo fu quello della marchesa Vincenzina De Felice Lancellotti di Napoli, morta poco più che quarantenne, non sono molti anni. Essa fu una precorritrice del femminismo nel più nobile significato e fondò e diresse un periodico indirizzato alle donne e da sole donne redatto: Vittoria Colonna, nel quale esponeva istancabilmente
le sue opinioni con virilità di pensiero e di parola, su qualunque soggetto, di scienza, di religione, di morale : e polemizzava con arguzia e logica stringente, avendo sempre di mira un alto ideale di progresso femminile.
Tra le giornaliste più valorose e pugnaci che dedicano alla letteratura militante le migliori forze del loro ingegno accennerò a Donna Paola della Scena Illustrata : a Febea, a Mantea, a Paola Lombroso, ad Eva de Vincentis, Erminia Montini, Flavia Steno. Matilde Serao fa eccezione, giacchè oltre scrivere poderosi romanzi, pregevoli per arte e per osservazione della vita, dirige Il Giorno, uno dei più diffusi giornali di Napoli, nel quale scrive bellissimi articoli d' attualità e fa la critica d' arte e le cronache mondane. La feracità d' ingegno e l' attività della Serao sono davvero stupefacenti e superiori a quelli d' ogni altra scrittrice nostra.
L'ARTE E LA DONNA
È penoso il constatarlo, ma la verità innanzi tutto : la donna italiana non possiede una coltura artistica nè ordinata e vera, e nemmeno, spesse volte, superficiale. Signorine che ascendono tutta la scala dell'istruzione per uscire dagli istituti superiori di magistero col loro bravo titolo di professoresse, se ne contano a centinaia. Esse certamente sanno chi è Giotto, chi è Michelangelo, chi è Tiziano, e i nomi delle principali opere loro: ma lo sanno attraverso le antologie, le storie, gli esempi di stile ; per incidente, quasi, e alla rinfusa.
La loro anima non fu mai messa in diretta comunicazione con lo spirito creatore di quei sommi artisti che pure onorano la patria al pari dei grandi poeti, degli scienziati, e dei guerrieri : non sanno con esattezza il processo di evoluzione delle diverse scuole e l' influenza che ebbero sui discepoli; di molti artisti secondari ignorano poi e nome e opere completamente : e se entrano in una galleria non sapranno distinguere una Madonna di Giovanni Bellini da una Madonna di Raffaello: un'acquaforte da una incisione, un bassorilievo da un altorilievo.
Invece l' utilità di una buona coltura artistica sarebbe grande per la donna, e immensamente benefica, qualunque posizione sociale ella occupi, qualunque sia la sua intelligenza e la sua missione. Prima, perchè offrendo nobile e prezioso motivo all' entusiasmo si verrebbe a distogliere le nostre fanciulle dal gusto delle cose frivole per attirare la loro intelligenza e la loro predilezione verso soggetti atti a risvegliare nella loro mente il bisogno dell'occupazione seria, della meditazione, della bellezza vera. Più tardi, quando già il destino si sarà delineato per esse, l' educazione artistica porterà i suoi frutti. Alle signore mondane conferirà un ricco conversare : darà la compiacenza, nell' accogliere un ospite d' altra nazione o d' altra città, di fargli da guida. Le arti, le industrie avrebbero nella donna veramente colta, una patrona illuminata, una direzione esperta ; le decorazioni delle sue vesti, tutto ciò che la circonda e la tocca, esprimerebbero un gusto personale, una eleganza non subita ma imposta e senza stonature. Per ciò
che riflette la dimora e la persona della donna, l'arte può arrecare grandi vantaggi, poichè non è sempre la ricchezza che costituisce quell' armonia di linee e di colori, quell' insieme gradevole a cui una signora, per quanto in posizione modesta, non dovrebbe rinunziare. Si dice che il buon gusto non s' insegna, ma non è detto che non si possa sviluppare, educare, incitare. E quale mezzo migliore per affrancare la donna dalle barbarie degli ornamenti di cattivo genere (ne usano ancora, specie nella piccola borghesia e in provincia) dal flagello dei ricami antiestetici, dalle aberrazioni di certi gingilli da salotto e di certi cappellini personali il cui ridicolo si riversa persino sull'innocente marito che accompagna : — qual mezzo migliore dell'arte per dare alla donna, sia pure la più oscura, il senso della sua responsabilità di vestale del bello?
Come prima educatrice dell'infanzia virile, il sussidio dell'arte le sarebbe indispensabile. Molti forse dei bimbi nati da lei o a lei affidati, recano in sè il divino principio dell'ispirazione e al primo raggio di luce riveleranno il loro nascosto tesoro. Qual maggior compiacenza, per una madre, di quella di pensare che quel primo raggio viene al genio futuro da lei ?
AVVOCATESSE
Alcuni anni fa le avvocatesse misero l' Italia a rumore per un provvedimento che vietava loro di esercitare liberamente la professione appresa con grave dispendio di energie intellettuali, di tempo e di denaro. Infatti, le avvocatesse non avevano torto.
Come si concede alle medichesse P esercizio della medicina, alle laureate in scienze fisiche e chimiche l' esercizio della farmaceutica, si dovrebbe permettere alle donne laureate in giurisprudenza, di valersi della loro abilitazione.
Io non so quali motivi determino il divieto e quali ragioni lo giustifichino. Alcuni accennano alla questione della concorrenza, ma l' allarme mi par fuori di posto, visto che le donne laureate in giurisprudenza in questi ultimi anni, non arrivano alla dozzina. Nè altre obbiezioni : quella che gli studi giuridici non siano omogenei all'ingegno muliebre : quella che la donna non abbia la resistenza fisica che si richiede all'oratore ; quella che la sua presenza in un luogo insolito per sostenervi una parte nuova, tolga ad essa e all' ambiente serietà nè queste obbiezioni mi sembrano inconfutabili. Noi abbiamo esempi che quando la donna ha ingegno e serietà di propositi, riesce a trattare di materie ben più complicate, ardue e vaste che non sia lo studio del Diritto in cui, bene o male, riescono anche uomini di media levatura. Matematiche, scienze sociali, chimica, medicina, filosofia, religione, ebbero ed hanno seguaci esperte e vittoriose. Nè la resistenza fisica occorrente ad una peroratrice mi sembra debba essere maggiore di quella che occorre alla maestra, alla cantante, all'attrice drammatica. E nemmeno mi pare si possa trovar troppo singolare o umoristica la donna che parla al pubblico da un banco di tribunale, mentre l'ascoltiamo tutti i giorni come educatrice, e spesso nei congressi e nelle conferenze.
Angelo Mosso in un interessante studio sull'educazione
della donna agli Stati Uniti, ci narra del-l' impressione ricevuta quando vide per la prima volta all' Università di Michingam — forse una delle migliori dell' Unione — una fanciulla con la toga : « Sentii un fruscio alle spalle e voltandomi, vidi una bella fanciulla con la toga e il tocco, ossia quella sorta di berretto nero e quadrato che portano gli studenti inglesi. Come ad Oxford e Cambridge, i professori e gli studenti indossano la toga ed attraversano le vie per andare all'Università col loro costume medioevale, così anche nell'Università di Michingam si vedono per le strade della piccola città di Ann Artar, passeggiare le toghe che le studentesse sanno portare con grande eleganza. Anche il berretto quadrato, sebbene a prima vista sembri strano, si finisce per ammirarlo portato da quelle teste senza sussiego, intelligenti ed audaci, sopra l'ondeggiare di folte capigliature bionde. Le grandi maniche della toga e le pieghe sottili che scendono giù dal bavero, aggiungono qualche cosa di jeradico al profilo della donna e vi danno un fàscino speciale. Esse ci passano dinnanzi con lo sguardo raccolto come vestali che entrassero nel tempio per tener acceso il fuoco sacro della scienza ».
L'unico motivo serio che può impedire alla donna l'esercizio dell'avvocatura è d'ordine morale. L'ambiente delle aule di giustizia dove passa quanto la società ha di più corrotto, di più vergognoso, di più infame, è troppo malsano per essa. Che alle donne sia concesso l' esercizio dell' avvocatura, mi par dunque cosa giusta, civile, degna di tempi evoluti : ma sta alla donna, vigile custode del proprio decoro e della propria elevatezza morale, di non approfittarne.
MEDICHESSE
All' esercizio, invece, della medicina per parte delle donne, non si oppongono ostacoli legali, tuttavia le medichesse non sono molte, e fino a questi ultimi anni, l' opera loro non venne ricercata nè dalle famiglie, nè dagli istituti, neppure per quanto riguarda la cura delle malattie della donna e dell' infanzia. Eppure mi sembra che in questi due rami, l' azione femminile potrebbe riuscire molto benefica. Vi sono molte signore che aggravano le loro condizioni di salute per non ricorrere a un uomo nei casi di malattie la cui sola rivelazione è già uno sforzo per il pudore naturale muliebre. Vi sono degli altri casi dolorosi e delicati nei quali una madre preferirebbe morire piuttosto che esporre la figliuola giovinetta alla vergogna d'un verdetto che ne condanna l'innocenza, pronunziato da labbra virili. E le monache, queste creature velate e silenziose che occultano persino i capelli e il nome, come possiamo immaginarle in un letto discinte, denudate, toccate dalla mano d'un uomo, sia pure quella d' uno scienziato ? Quanto meglio sarebbe per la giovine sposa malata alle sorgenti della vita, per la madre, per la monaca, avere vicino una persona del loro sesso, conformata come loro, soggetta alle stesse miserie e alle stesse infermità; con qual maggior confidenza le esporrebbero le loro sofferenze, si sottometterebbero alla cura necessaria !
Anche per i bambini malati, una medichessa potrebbe riuscire più efficace d'un medico.
La donna, anche quando non è madre, ha il sentimento
materno fatto di tenerezza, di protezione, di pazienza, d' intuizione. Il dottore cura i bimbi come individui, come organismi; una dottoressa li cura come bambini, cioè come piccoli esseri che hanno necessità di un linguaggio particolare, di una interpretazione ingegnosa e speciale. Tante mamme per la mancanza di questa qualità nei medici, non hanno fede nel valore della loro cura verso i loro bambini e preferiscono portarli dalle levatrici, che quando non sono rozze e ignoranti sono insufficienti al còmpito di medichesse. Se queste mamme sapessero che esiste una donna intelligente, studiosa, seria, e nello stesso tempo tenera, che spese tutta la miglior parte della giovinezza studiando il modo di strappare alla morte i bambini e di rinvigorirli e farli crescere sani e vigorosi, come mi pare che la preferirebbero volontieri alla culla delle loro creature, nella loro intimità domestica!
Nessuna donna, ancora, in Italia, occupa un posto distinto negli Ospedali e negli altri Istituti di cura. Però da qualche anno le cose si vanno cambiando. La dottoressa Maria Montessori vinse per concorso il posto di assistente alla Clinica ostetrica all'Università di Roma, che tenne per due anni; ed ora abbiamo all' Ospedale della maternità in Napoli la dottoressa Emilia Concornotti, e nell' Ospedale di Imola la dottoressa Giuseppina Cattani. Anche alcune delle esercenti private vanno aumentando la loro clientela. La prima donna laureata in Italia, venne laureata in medicina e chirurgia, nell'Istituto di Studi Superiori in Firenze nell'anno 1877, e fu la signorina Ernestina Paper.
OSTETRICHE
Una schiera numerosa è invece quella delle ostetriche. Ogni anno, a decine, la ragazze emigrano dai paesi e si recano nelle città a compiervi questi studi penosi e ripugnanti, attratte dal miraggio di una posizione assicurata nella maturità e della pensione nella vecchiaia. Sono, per lo più, ragazze di famiglie appena benestanti, d'umile origine, malamente dirozzate, giacchè non si richiede per l' ammissione al corsi d'Ostetricia che la licenza elementare. E, pur troppo, gran parte di queste studentesse furono o sono di costumi tutt'altro che severi: forse perchè alla fanciulla pura, come venne educata fin qui, sembra che quegli studi e quella professione tolgano alla sua riservatezza e al suo decoro femminile. Inoltre la promiscuità con gli studenti negli anni di pratica e la frequentazione degli Ospizi di Maternità dove molte madri sono donne infime e corrotte, contribuiscono ad allontanarle, a far abbandonare l'ostetricia in mano a quelle che non hanno più scrupoli perchè non hanno più nulla da perdere.
Questo fatto è deplorevole perchè al letto d'una partoriente, nel momento più difficile e più sacro della vita femminile, in presenza al miracolo augusto della maternità, sarebbero più che mai necessarie donne di vita austera, di coscienza delicata, di specchiati costumi. È vero che le studentesse di ostetricia sono destinate ad essere sparse nelle varie campagne e nei piccoli paesi, dove la clientela non è poi così schizzinosa e sentimentale. Ma la loro responsabilità è maggiore e più assoluta ivi che negli ospizi di città: e una levatrice di coscienza
elastica può lasciarsi corrompere e prestar mano a molte brutture... oltre che servire di malo esempio se la sua condotta è riprovevole.
La loro vita, nell'esercizio della professione penosa da esse scelta, dovrebbe essere di completa abnegazione, di disagio, di carità e di prudenza. Come i medici e i preti esse non dovrebbero appartenersi più per dedicarsi interamente all'umanità che soffre. A qualunque ora, con qualunque tempo, in qualunque località : attraverso monti, attraverso deserte pianure, attraverso boscaglie e dirupi, le raccoglitrici delle generazioni venture mai devono rifiutarsi o differire di compiere il loro dovere. E spesso devono assistere a scene strazianti, di miseria, di morte... Io credo che se ognuna di queste belle giovani liete che intervengono in sciame vivace alle lezioni si rendesse conto con coscienza di ciò che significa quella professione ch' essa ha scelto come avrebbe scelto quella della commessa o della kellerina, la metà, almeno, tornerebbe indietro.
LE MAESTRE
Altro apostolato è quello della maestra, ma qui accade il contrario. Le fanciulle che a legioni, a moltitudini escono ogni anno dai corsi Superiori, dagli Istituti di Magistero, dalle scuole Normali pronte a disseminarsi in tutti gli angoli più remoti del bello italo regno, hanno tutta la coscienza della loro missione, di quello che la patria e l' umanità e la società da esse richiede. Il loro spirito è nutrito di pure idealità, di nobili elementi, di forti propositi. Ancora vibra al loro orecchio la calda,
ispirata parola dei loro insegnanti, e gli esempi di elette personalità, l'eco degli eroismi, delle magnanime azioni compiute, nella cui atmosfera di culto e di memoria hanno lungamente vissuto, riempie la loro mente e il loro cuore: dona ad esse le ali. Ma quando devono passare dalla teoria alla pratica: quando le discepole diventano maestre e invece della scuola vagheggiata nei sogni, piena di luce, di nitidezza, come quella dove fecero il tirocinio, si trovano in ambienti disadatti, ristretti, spesso malsani, in qualche villaggio sperduto tra i monti o le pianure, in qualche sudicio sobborgo, in qualche regione inospite e incivile, dove spesso sotto il solleone o la neve o la tormenta sono obbligate a percorrere due volte al giorno lunghi tratti di via: quando la maestra si vede dinanzi un centinaio, quasi, di monelli o di sfacciatelle, sporchi, selvaggi, sguaiati, indisciplinati, senza la minima nozione di civiltà e di morale e si sente incapace di dominarli, di tenerli a freno, e tornata morta di stanchezza nella sua cameretta povera, fredda, estranea, non trova un viso amico che le sorrida, una voce che la conforti; oh allora la povera maestrina novizia si smarrisce, piange in segreto, si sente precipitata in un abisso...
Molte volte è giovane, è bella, e desta desideri intorno a sè. E se è onesta, se in nome dei suoi nobili ideali combatte per serbarsi pura, dovrà forse subire persecuzioni atroci, subdole; ingiustizie crudeli, ricatti. Oppure è la calunnia che la morde col suo morso velenoso : è l' invidia delle colleghe ; è l'ignoranza di coloro tra cui è condannata a vivere, che la tortura.
Edmondo De Amicis seppe come nessuno narrare
le glorie e i dolori degli apostoli della scuola. E Ada Negri, oggi ricca e celebre, si rivolge verso il suo umile passato per ricordare con vivezza il suo inizio d' insegnamento nel villaggio di Motta Visconti. « Fu un disastro ! (sono sue parole). Quando entrai nell'aula e mi avvicinai, col cuore stretto e la testa alta alla mia cattedra, la classe era già quasi piena e vi regnava un rumore assordante. Tutti quei ragazzi laceri, sporchi, disordinati nel vestire e nel gesto e nella voce, parvero non accorgersi della mia entrata. Era chiaro che la nuova maestra, quella fanciullona dalle vesti ancora corte e dal fresco viso, che invano si sforzava ad una espressione di severità imperiosa, non incuteva loro rispetto alcuno. Altri ragazzi entravano come si entra in una stalla, e si univano allo schiamazzo generale. In breve furono un centinaio. Feci, a voce altissima per dominare quel chiasso (primo grave errore) l' appello. Eran cento e nove. Tentai tutti i modi per vincerli, per intimorirli col rigore, per attirarli a me colla dolcezza, per destare l' attenzione e la simpatia. Parevano selvaggi. Quando suonarono le quindici ed essi partirono, facendo sulla piazza, dinanzi alla scuola, un frastuono di battaglia, io mi accasciai col viso fra le mani, colla gola arsa e la voce afona, e dissi a me stessa : « È dunque questo ?... io non riuscirò mai. »
Invece ella riuscì con la pazienza e con l'avvedutezza. Ma è certo però che in Italia la professione di maestra è tra le meno retribuite, le più faticose, le più spinose che si possa imaginare.
LE IMPIEGATE
Quanto meglio è far l' impiegata! La telegrafista, la telefonista, la commessa, la dattilografa, la segretaria, la computista! Non vi sono i tre mesi di vacanza, è vero, c'è un orario fisso che non fa grazia nè d'un giorno, nè d' un'ora; i superiori sono spesso esigenti, ingiusti: i colleghi molesti : si soffre il freddo, il caldo, il sonno... tutto, ma la vita di un'impiegata non è paragonabile a quella della maestra. Il loro metodo d' esistenza s' avvicina a quello virile e conferisce ad esse una certa indipendenza d'abitudini, di contegno, di pensiero : una certa scioltezza nei modi e una serenità vivace : semplicità e frugalità di bisogni. Costrette a trovarsi per tempo la mattina al loro ufficio, non indugiano ad adornarsi, ma nemmeno trascurano un po' d' eleganza e qualche volta di civetteria, giacchè devono attraversare la città, trovarsi coi colleghi, coi clienti, col pubblico. La loro vita è sempre in contatto con la vita esterna, multiforme, nervosa, dei grandi centri, ed esse ne recano il riflesso nei loro visetti graziosi ma un po' pallidi, nelle persone eleganti ma un po' magre, nella suscettibilità nervosa, negli occhi ove passa volta a volta l'arguzia, la stanchezza, la malinconia.
Coi giovani che per ragioni d'ufficio o per calcolo galante stanno loro intorno si mostrano altere, sprezzanti, dure, freddissime. Ma lo fanno spesso per diplomazia, per non risvegliare sospetti nei superiori o malizia nelle colleghe. E concedono poi la rivincita nei pomeriggi delle domeniche soleggiate, fuori porta, nei sobborghi, nei viali, nei giardini.
Cade la corazza virile, e la inespugnabile Valkyria si ricorda d' essere donna, d' avere venti anni, e sorride all' amore e alla primavera.
LE CUCITRICI
Le cucitrici sono invece le figlie del passato, le donne che hanno conservato intera la loro femminilità con le sue virtù di pazienza, di modestia, di dolcezza, di timidità. Il fine lavoro in bianco che richiede minuzia, precisione, tempo, concentra i loro pensieri in una cerchia ristretta, dove l' angolo d'uno smerlo più alto, una piega meno regolare, un' impuntura troppo lunga, rappresentano cose gravi. Una macchia, una forbiciata inesperta, tolgono loro il sonno e l'appetito : una tela ribelle le fa piangere. Lavorano otto o nove ore al giorno sedute sotto una finestra, immobili, abbagliati gli occhi da tutto quel bianco che si ammonticchia intorno ad esse, che passa sotto le loro dita pallide, esili, lievi ma bucherellate dall'ago. Prima dell'invenzione delle macchine da cucire, allestivano interi corredi di biancheria, punto per punto, a venti, a trenta, a cinquanta capi, adorni di piegoline, d' impunture, di festoni, di ricami meravigliosi per precisione e finezza, se non per gusto artistico. E noi che ne abbiamo vedute ancora qualcuna di quelle camicie, di quelle sottane, nel corredo delle nostre mamme, non sappiamo capacitarci come si sia potuto iniziare e condurre a termine queste imprese di pazienza, degne di leggenda. Le macchine da cucire hanno affrancato l'operaia di biancheria dalla sproporzione fra l'enorme impiego di tempo e il risultato della
sua opera, non però dalla pazienza, dalla minuzia, dalla cura che la sua opera abbisogna. Ma ora coll' aiuto della macchina e il progresso delle industrie, le cucitrici creano quei vaporosi capolavori composti dalle sapienti combinazioni della batista, del merletto, dei ricami d' ogni genere, dei nastri, che fanno somigliare l'intimo abbigliamento di una donna elegante all' onda di candida spuma da cui uscì Venere dea.
Pare che una giovanile testa muliebre china su un paziente lavoro, sia sommamente suggestiva, giacchè quasi tutti i poeti le hanno dedicato qualche rima. Fra i più moderni ed eminenti, rammento il Pascoli che ne La cucitrice ci dà l'immagine della pia sorella che lavora d'ago, nel tramonto
c'è del biondo alla finestra
Tra il basilico e una menta: è
Maria che cuce e cuce:
Per chi cuci e per che cosa?
un lenzuolo? un bianco velo?
Tutto il cielo è color rosa,
rosa e oro, e tutto il cielo
sulla testa le riluce.
Alza gli occhi dal lavoro !
una lagrima? un sorriso?
Sotto il cielo rosa e oro
chini gli occhi, chino il viso,
ella cuce, cuce, cuce.
L' AGO E LA DONNA
L'ago è uno dei più fedeli compagni della vita femminile. In qualunque posizione sociale si trovi la donna, il sottile e pungente minuzzolo di acciaio, il cui modello ci venne forse offerto dallo spino vegetale, luccica tra le sue dita. Se è aristocratica, anche l'ago è aristocratico ed ha l'aria fiera di una piccola spada feudale sul raso degli astucci, e si trascina dietro come un manto lo strascico dei fili di seta multicolore, sospinto da un ditale aureo, che lo destina a creare artistiche idealità con materiale fino e prezioso. Se la donna è una buona madre di famiglia borghese, anche la moltitudine degli aghi semplicemente infilati di bianco o di nero è borghese: gli aghi più attivi, affaccendati sempre, sempre pronti ad ogni sorta di lavoro, grande esercito di carità che veglia e provvede. Se la donna è contadina, anche gli aghi sono giganti e robusti alpigiani, usi a rattoppare sacchi e camicie con lo stesso filo : aghi che scendono con lei in città quando diventa balia in qualche bel palazzo e le ricordano i suoi monti e la sua gente. Anche l'infanzia ama e predilige questi aghi, mentre odia gli aghi scolastici nella loro minuziosa scala di proporzioni. Ecco poi gli aghi del chiostro, silenziosi, discreti, che durano anni : e gli aghi mondani delle artefici di vanità, che li dimenticano, li spezzano, li spargono ovunque, vittime innocenti del turbine della vita...
Oh aghi, aghi, chi vi canterà degnamente ? Aghi buoni, umili, filosofici, saggi compagni e testimoni eloquenti della vita muliebre, consiglieri di pace, confidenti di tanti nostri sogni ingenui, folli, mesti,
a cui parete rispondere con una parola di ritmo pacato, piena di senno, balenando assidui tra la piega dell'orlo, o fra i ridenti rabeschi che si tramano sul canovaccio come rispecchiando in un lago tranquillo le chimère splendide e vane dei poveri cervelli femminili ! Aghi, aghi, che sapete tante cose che gli altri non sanno : i palpiti repressi, le angosce velate sotto una calma fittizia, le fissazioni opprimenti del pensiero assorto da un punto luminoso come una stella, dubbi tremendi, supposizioni false che dànno la voluttà dei martirio, le ore di attesa — oh quante! — le lunghe, pazienti, logoranti attese femminili a cui é compagno il lavoro : ore d'un supplizio minuto, crudele, incessante, che l'uomo ignora ....
LE ISTITUTRICI
Nei romanzi sentimentali di cinquant'anni addietro, le istitutrici avevano una parte importante, ideale e avventurosa. Erano quasi tutte signorine ricche cadute in povertà per l'ingiustizia di qualche parente prepotente, costrette a guadagnarsi il pane sotto il tetto altrui, dove una signora capricciosa, una signorina viziata, mettevano a dura prova la loro pazienza angelica e inesauribile. Avveniva poi che un giorno la signorina e l'istitutrice amavano lo stesso uomo, e allora alla povera straniera sovrastava la terribile necessità di cedere il posto ed allontanarsi col cuore spezzato. Qualche altra volta era il fratello della signorina che restava affascinato dai begli occhi malinconici (erano sempre occhi belli e malinconici) dell' istitutrice; ma allora
si scatenavano tempeste in famiglia per il pericolo d' una unione male assortita, tempeste che finivano con una vittoria dell'amore o del dovere. Purtroppo, anche, talora, era il marito della signora che cadeva ai piedi della dolce e seducente creatura.... Tutti casi che potrebbero benissimo realizzarsi nella vita che si vive.
L'allettamento d'un'esistenza al riparo dai bisogni e dalle privazioni materiali, persuade molte fanciulle e molte giovani donne, a cui il cattivo destino tolse l'agiatezza nativa, al sacrifizio della propria indipendenza per collocarsi nelle case altrui, dove, se non patiscono fame e freddo, sono costrette molte volte a subire sofferenze morali assai più gravi.
Raramente una signorina si affeziona profondamente e sinceramente alla propria istitutrice, che agli occhi suoi è sempre un po' gendarme, un po' spia, un po' tiranno. Essa le rappresenta tutto quanto pesa nella vita, massime in gioventù: il dovere, la rinunzia, la sorveglianza, la regola, la correzione ... Così il più delle volte in cambio d'una missione esercitata con zelo, a costo di sacrifizi e di lotte, l'istitutrice non raccoglie che ingratitudine.
Povere creature! Fra le più tentanti lusinghe d'una vita molle e gaudente, esse passano nel-l' austerità delle abitudini e delle vesti, col dovere di essere insensibili, di non avere occhi per vedere, orecchie per udire, voce per parlare. Passano, e la gioventù, l'unica primavera della vita, declina senza ch'esse abbiano colto un fiore per loro, respirando il profumo di tutti i fiori. Quando la fanciulla affidata alle loro cure si marita, se non ha sorelle passano in un' altra casa a ricominciare il loro
còmpito severo, e così finchè la vecchiezza le respinge nel loro paese, oltre le Alpi, con la sola prospettiva di consumare lentamente le magre economie raggranellate e morire nella solitudine...
LE LETTRICI
Le lettrici di professione vanno mano mano scomparendo. Tempo addietro una signora o signorina istruita e bisognosa di guadagno, poteva con l'impiego di qualche ora della giornata ritrarre un discreto compenso. Ella si recava presso qualche vecchia dama solitaria e triste, che per infermità o per età non poteva far uso dei propri occhi, e le leggeva libri o riviste o giornali. Occupazione non ardua nè troppo gravosa, ma tutt'altro che rimunerativa e sicura. Forse è per la loro precarietà che le lettrici stipendiate sono diminuite sino a sparire. Chi ha bisogno di guadagnare cerca di mettersi a posto con stabilità: e poi si legge così poco, adesso, che nessuno trova la necessità di stipendiare una persona apposta. Anche le signore attempate e infermiccie trovano più sollievo nella conversazione che nella lettura, e il giornale, se mai, se lo fanno leggere dalla cameriera: le cameriere d'oggi sanno tutte leggere giacchè hanno la licenza elementare, e magari anche quella del corso complementare. Poi la maggior facilità di mezzi di trasporto che rende l'esistenza più mossa e più varia, porta spesso nella stanza della vecchia dama allegre comitive giunte in automobile, in bicicletta, in tram elettrico, e talvolta anch'essa dimentica gli anni e gli acciacchi per lasciarsi rapire.
La lettrice è un tipo che scompare.
LE SIGNORINE DI COMPAGNIA
L'ultima parte della trilogia è formata dalle signorine di compagnia; mestiere ingrato, più ingrato, credo, di quello dell'istitutrice, poichè l'istitutrice è rivestita d'un certa autorità; può anche avere dell' iniziativa, imporsi, se lo giudica necessario, mentre la signorina di compagnia deve essere di una passività assoluta. Il suo metodo di vita è regolato secondo quello della signora a cui è addetta, alla quale è costretta a fare il completo sacrifizio della sua volontà e delle sue tendenze. Anche il suo epiteto significa schiavitù, accessorio, cancellatura d'individualità. Se la signora è lieta, deve mostrarsi lieta, se la signora è in vena di malinconia, dovrà secondarla, se la signora ha caldo dovrà aver caldo anche a costo di buscarsi un raffreddore; se la signora ha freddo dovrà rinchiudersi con lei a venti gradi pur a costo di scoppiare....
Per solito, le signore che prendono una signorina di compagnia sono ancora belle, giovani, eleganti, e la signorina, obbligata alla maggior severità di vestiario, magari a un lutto perpetuo, è destinata a fare da sfondo, da cornice all' altra : deve allontanarsi nei momenti opportuni, ricomparire a tempo : spesso è anche direttrice di casa, e allora ha sulle spalle tutta la grave soma dell' azienda domestica, è afflitta dai pettegolezzi del servidorame, vittima dei loro ricatti, delle loro malignità, della loro rozzezza, e la sua posizione tra padrona e dipendenti è oltremodo difficile.
Se la signora presso cui dimora non è più giovane, avrà altri difetti, sarà bisbetica, sospettosa,
stramba, egoista; esigerà da lei i più faticosi servigi, la più assoluta dedizione. Ombre lievi, silenti, riflesso dell'azione altrui, passano anche queste nei palazzi patrizî, nelle signorili dimore e vanno ... dove? Tante volte in alto, verso una vita propria; tante volte attraverso l'inganno, il disonore, l'abbandono, alla miseria e alla morte.
LE ARTEFICI DI VANITÀ.
Ricordate Mimì della Bohème? È giovine, bella, vive sola in una soffitta, fa i fiori cantando, s'innamora di un poeta, è felice di un cappellino color di rosa e d'una crema. Poi la corrente della vita la trascina, la travolge, e muore tisica, dolcemente, sul letto del suo primo amore. Questa storia semplice e poetica è uguale, almeno nella sua prima parte, a quella di molte fanciulle del popolo, le modiste, le sartine, le fioriste, le merlettaie, le ricamatrici, tutte quelle che io chiamerei : le artefici di vanità. Giovani e graziose perchè hanno appreso per tempo l'arte d' adornarsi, di abbellirsi, nel lungo contatto con le cose belle ricche e fini che hanno raggentilito il loro gusto e le loro maniere, un nonnulla basta alla loro ingenuità. I vestiti che indossano, di lanetta, di zeffirina, non hanno un valore di dieci lire, ma le lor mani sapienti, ben destre nel foggiare eleganze, ne hanno fatto delle toilettes fresche e armoniose, di un fascino incomparabile. Vanno in gaio sciame al lavoro nei magazzini e ne escono ancor più liete a sera, occhieggiando se qualche nota figura virile si trovi poco lontano ad aspettare la preferita. La loro vita è piena di facili
— —
amori e di facili oblii, una vita di farfalle in primavera, ebbre di luce e di fiori. Qualche volta però la passione ne afferra alcuna, la impallidisce, l'attrista, la fa languire: e allora la piccola artefice di vanità è capace di tutto, del sacrifizio più eroico, dell'abbandono più assoluto, della morte più tragica. Giacchè in esse tutto è impulso, tutto è sincerità: desiderio di vivere, desiderio di morire.
L'opera delle loro mani è squisita, eppure non si adorneranno mai di quei fini capolavori creati per la ricchezza. E molte volte una direttrice troppo esigente sfrutta il loro lavoro, le trattiene oltre l'ora fissata, le obbliga all'opera anche nei giorni di riposo. Recentemente in qualche città civile d'Italia si sono costituiti comitati di signore per la protezione delle giovini operaie. Osservano che siano tutelati i loro diritti e che venga rispettato per esse il riposo festivo.
Le artefici di vanità sono sempre state quasi naturalmente le amate degli studenti e dei poeti, le loro confidenti, le loro compagne di gioia e di sventura. La canzone A Mimi Pinson di Alfred de Musset è per l'una d'esse:
Mimì Pinson est une blonde Une blonde que l'on connait. Elle n'a qu'une robe au monde Et qu'un bonnet.
LE SERVE
Ecco le serve, in fitta schiera. È un esercito formidabile dove sono rappresentati tutti i gradi: dalla ragazzetta quindicenne, astuta, arrogantella, sfacciatella, che ha limitato il suo ufficio a recare dal
mercato le provviste alimentari giornaliere e rigovernare le stoviglie sudicie, alla cameriera che parla due o tre lingue, porta il cappello e la camicetta di seta: dalla giovine cuoca sciatta e disordinata che ruba sul conto ai padroni, alla domestica intelligente che sa pettinare come una pettinatrice, abbigliare come una sarta, stirare come una stiratrice ed ha un salario pari allo stipendio d' una maestra elementare: dalla donna di servizio preziosa che fa tutto, da cuoca, da cameriera, da guardarobiera, da stiratrice e all' occasione da tappezziere e da facchino, alla governante fidata che cura le robe dei padroni come fossero proprie, ma è bisbetica, lunatica, e gli altri domestici la riguardano come uno spauracchio.
E tutta questa gente collocata per gradi d' abilità e di raffinatezza presso famiglie appartenenti a tutte le classi sociali, da quella del piccolo impiegato o del piccolo commerciante a quelle della plutocrazia e dell'aristocrazia, vivono la nostra vita, la seguono passo passo, ora per ora, penetrano i segreti più intimi, imparano i lati più nascosti del nostro carattere, le debolezze che possiamo nascondere a tutti, non a questi testimoni perenni, che spesse volte si trovano mescolati ad intrighi, a scandali, a drammi, a tragedie. «Il n' y a pas de grand homme pour son valet de chambre» scriveva uno spiritoso letterato francese, a significare che le persone di servizio ci conoscono sotto un punto di vista diverso da quello dal quale ci giudicano gli altri. E le informazioni sulla moralità di una signora, sulla sua vanità, sulla sua bontà di carattere, sulla sua gentilezza di maniere ed anche sulla sua accuratezza
personale, nessuno è in miglior grado di fornirle della sua cameriera.
Ma quanto diverse queste ancelle del secolo ventesimo dalle schiave dell'êra greca e romana, dalle devote donne addette nell'evo medio al servizio della castellana a capo delle quali era quasi sempre la vecchia nutrice di lei: dalle astute confidenti degli amori muliebri nel settecento galante che diedero il modello del tipo di Colombina: dalle affezionate domestiche del Risorgimento patriottico che seguivano nel carcere, nell'esilio, i loro padroni e li soccorrevano nella povertà coi loro risparmi! Ora nessuna donna di servizio resiste all'esca di un salario maggiore, e per cinque lire di più al mese abbandona con indifferenza una casa dove viveva da anni e dove era ben trattata. Ora bisogna studiare la frase per fare un'osservazione, per dare un ordine, altrimenti si corre il rischio di sentirsi rispondere in malo modo : e la crisi delle serve non accenna a risolversi, anzi si fa ogni giorno più grave per la insufficienza di quelle che si trovano e le esigenze di quelle che fanno le preziose. — Una signora mi raccontava perfino questo, che ad una sua amica accadde di prendere a servizio una giovane dall' aspetto un po' grossolano e sgarbato, la quale non era altri che.... un uomo in abiti femminili, introdottosi in casa sua chissà per quale scopo! E questo fatto mi pare possa stabilire un bel récord e non abbia bisogno d'altri commenti.
LA DONNA E LA PATRIA
Quando la patria ha avuto bisogno della donna, ella non è mai mancata all' appello. Dalla madre romana che consegnava lo scudo al figliuolo partente per la guerra e gli aggiungeva: « O con questo, o su questo », significando che lo voleva veder tornare vincitore o morto, mai vinto : alle veramente eroiche donne che aiutarono i loro mariti, i loro padri, i loro figliuoli a costituirsi una patria, in ogni tempo la donna accolse nel suo cuore il riflesso fiammeggiante del patriottismo e pianse e trepidò e gioì secondo le sorti della sua nazione.
Il cosmopolitismo moderno che tende a rimuovere sempre più i limiti che separano una terra da un' altra, l' una dall' altra civiltà, e fanno adottare con premura quanto si ritiene utile e comodo e bello, senza preoccuparsi troppo delle tradizioni, tende a intiepidire, nel cuore muliebre specialmente, il fervore dell'italianità: molte signore anzi, ritenendo sia indizio di coltura e d' eleganza, mettono ogni studio nell' imitare le straniere, non solo nel vestire e nei modi, ma perfino nella pronunzia e nella preferenza a un' altra lingua nella conversazione e nella lettura. Così sarà bene che la donna moderna ritorni di tanto in tanto a ritemprarsi alla fonte pura della sua origine, o con qualche buona lettura di classici, o ricercando nella storia più recente le nobili ideali figure femminili che passarono cinte d'un' aureola gloriosa di martirio.
Il prof. Luigi Re ha avuto recentemente la nobile idea d' intraprendere a scrivere la storia di quelle donne che tutto soffersero e sacrificarono per
l'Italia oppressa dal giogo straniero, e iniziando l' opera degna con un bel volumetto dedicato a Teresa Casati Confalonieri scrive nelle pagine preliminari: « Che lunghissime veglie ho passato nella compagnia spirituale di tante gentili figure evocate intorno al mio tavolo! Che cari conversari, che storie traboccanti d' ancore, di dolore, di valore; che racconti entusiasmanti e gloriosi ho raccolto dalle loro labbra soavi! Racconti di madri che han visto strapparsi i figli dalle braccia per esser imbastigliati nelle umide tane dello Spielberg, di Josephstad, di Lubiano, quando un più mite destino non li voleva riserbati alle forche di Belfiore; di spose che per lunghi anni seguirono il marito in esilio, per terre lontane, tra gente ignota, dove il cielo non aveva lo splendore di quello nativo, dove l'aria non era pregna dei profumi esalanti dai fiori della patria : racconti di popolane che, indossati gli abiti maschili, messa a tracolla una fascia tricolore e in ispalla un fucile, scesero alle barricate per combattere, coraggiose come guerrieri d'Omero; di gentildonne che trasformarono i loro quieti salotti in febbrili fucine d'amor patrio : di poetesse che con fede d' apostolato e ispirazione di profeta vaticinarono giorni di libertà e di amore, e rinnovarono il prodigio di Tirteo incuorando all' epica lotta coi loro liberi canti : di coraggiose che seguirono gli eserciti sui campi fiammeggianti delle più cruenti battaglie e non tremarono al rombar del cannone, talora portabandiere gentili, sapendo che là ov' esse passarono doveva pure passare, ravvolta nel suo fulgido peplo, la gloria, ricordando che non per nulla la sapienza antica aveva effigiata la Vittoria
in una donna e che non per nulla la mitologia tedesca faceva trasportare in cielo dalle marziali Walkyrie i corpi degli eroi caduti in battaglia.
A questa efficace ed evidente rievocazione la nostra anima muliebre, di noi, nate a destini migliori, si rivolge piena di riverenza alle ombre dolorose gentili e forti, e chiede ad esse di perpetuare, sulla terra che amarono tanto, un raggio della loro sublime virtù di coraggio, d' abnegazione, onde le madri possano trasmetterla alle nuove generazioni per vanto e ventura della patria.
LE FEMMINISTE
Le donne patriote ebbero campo d' esercitare la loro azione nel passato; le femministe sono chiamate a svolgere l' attività loro nei nostri e forse più nei tempi futuri. Il femminismo è un fenomeno d' importazione che ci viene dal nuovo mondo, che da noi è stato molto combattuto e messo molto in caricatura, ma non mai studiato un po' sul serio, per scernere in esso quanto di buono, di giusto, ed anche di nobile vi si contiene, dalle inesorabili imperfezioni inerenti ad ogni novità. Si sono paragonate le femministe ad Amazzoni di nuova specie, a virago assurde; si sono proclamate apostate della femminilità in quanto ha di più santo, naturale e gentile: rivoluzionarie pericolose per la pace delle famiglie, inette e indegne ad educare le generazioni nuove. E si è molto esagerato nel mettere in guardia la maggioranza delle donne contro le nuove dottrine e le nuove tendenze.
Il femminismo, nel significato di miglioramento delle condizioni sociali, intellettuali, giuridiche ed
anche morali della donna, non deve impaurire, nè indignare nessuno, perchè significa semplicemente un' evoluzione naturale dello spirito femminile, che desidera mantenersi in equilibrio col proprio tempo.
Esiste una legge ineluttabile, in virtù della quale ciò che non aumenta diminuisce: bisogna dunque fatalmente inoltrare o retrocedere. E poichè tutto si evolve, tutto progredisce, tutto si perfeziona, perchè solo la donna dovrebbe rimanere refrattaria a questo movimento universale, la donna che è tanta parte dell' umanità e che nella vita dei popoli può ben dare con le sue abitudini, le sue azioni, il suo pensiero, l' indizio di un grado di civiltà e di moralità? Se l'uomo e la donna non prepareranno uniti il progresso, resterà sempre qualche squilibrio, qualche lacuna, qualche dissonanza, il loro pensiero e il loro linguaggio saranno differenti, non si capiranno più, simili a due individui di epoche diverse messi a vivere insieme.
Questo sentono e pensano ora le più intelligenti donne italiane dalle quali il femminismo nazionale è degnamente rappresentato, o per rivendicazione di diritti, o per aiuto alle industrie muliebri, o per an miglioramento della coltura sociale della donna. Fra le molte scelgo quelle da cui venne l'impulso : Ada Negri, Ersilia Mayno Bronzini, Maria Pasolini, Rina Monti, Maria Montessori, Angelica Devito, la contessa Spalletti, Teresa Labriola. Ora queste signore s'adoperano onde ottenere dal Parlamento il suffragio femminile ed hanno istituito un comitato nazionale italiano in cui sono entrate donne di diverse classi sociali.
LA DONNA E LA SIGARETTA
Dopo aver veduto le donne eroiche e le femministe, indugiamo brevemente a considerare un'abitudine che non meriterebbe di venir notata se nella opinione popolare non fosse riguardata come un indizio essenziale di emancipazione, di affermazione d' uguaglianza fra i sessi, di gaia ribellione alle miti virtù femminili, alle sue tradizioni di riservatezza e di grazia soave : il fumare.
A chi avranno appartenuto le prime labbra muliebri che strinsero il piccolo rotolo di carta pieno di tabacco profumato? Mi pare di poterlo imaginare... non a una pura fanciulla o ad una casta sposa. Forse fu una compagna di quegli artisti bohèmiens che governarono il mondo intellettuale latino nel secolo decimonono. Ma in Oriente, le rinchiuse e velate donne già da tempo combattevano la noia e si intorpidivano coi vapori dell' oppio.
George Sand fumava non come un' odalisca, ma come un turco, nella pipa : e il de Musset ne schizzò la caricatura in un curioso disegno di cui vidi la riproduzione. Da allora sino ad oggi tutte le donne che furono o vollero parere spregiudicate, fumarono : ma per fortuna la maggioranza si limitò alla sigaretta. Alcune però non lo fanno per posa o per affermare il loro carattere, ma per semplice abitudine, per vero bisogno fisico, come gli uomini.
Io ho conosciuto donne impeccabili, la cui vita fu tutta un' abnegazione, un seguito di nobili pensieri e di nobili atti, e che pure assumettero questa consuetudine e mai vi poterono rinunziare. Certo nulla
vi è in essa di riprovevole o di vergognoso: qualcuno anzi trova che una giovine donna fumando la sigaretta acquista una grazia di più. Io non sarei di questa opinione, però. Il gesto con cui una bella donna porta alla bocca vermiglia la sigaretta e la ritrae, gettando il fumo in alto e velandosi tra le spire di esso come una deità dietro le emanazioni dei profumi votivi: scotendo poi col dito mignolo la cenere accumulata all'estremità del piccolo rotolo incriminato; questo gesto può essere grazioso. Ma gli inconvenienti dell' uso di fumare superano, mi sembra, il vantaggio di questo vezzo. Gli abiti raccolgono e conservano l' acre odore del fumo, così l'alito: i denti ingialliscono ed anche le dita : il palato e l'odorato attenuano la loro finezza. Una fumatrice si troverà costretta ad usare forti profumi, giacchè un profumo delicato resta subito soverchiato dall' aroma del tabacco, e la sua vicinanza sarà avvertita come quella di un giovinotto. Non parliamo poi dei motivi igienici che stanno contro quest'uso. I medici lo riprovano nell' uomo come dannoso alle sue facoltà mentali, ai suoi organi respiratori: pensiamo dunque quanto più nocivo sarà alla donna per il suo organismo tanto più sensibile e delicato !
Le signore modernissime, forse per questo complesso di ragioni o per un' educazione più razionale, sdegnano tutte la sigaretta, che, del resto, anche molti uomini delle nuove generazioni abbandonano. Ed io segno questo come un piccolo guadagno, fra i grandi, del progresso.
LE SUORE DI CARITÀ
Le suore di carità.... Ecco una viva espressione di quanto racchiude l'animo femminile di più pio, di più invitto, di più misericordioso, di più puro. Vanno per il mondo col roseo volto giovanile o il pallido volto rugoso fasciato dalle bende candide, sotto la cuffia dell' Ordine di S. Giuseppe, sotto il piccolo manto a tettoia delle figlie di S. Vincenzo o di S. Domenico, sotto le bianche ali delle poetiche Suore grigie; vanno, misteriose, non contrassegnate che da un nome soave, da un epiteto sacro: vedono tutte le miserie, tutte le brutture, tutti i dolori, tutte le infamie; popolano le carceri, gli ospedali, gli ospizi, l' asilo dei pazzi, il ricovero dei vecchi, il rifugio dei bambini abbandonati. Sulla loro spalla di vergini mistiche e fedeli, reclina il capo l' assassino moribondo, la prostituta pentita, il poeta folle, il trovatello innocente; al suo braccio si appoggia per gli ultimi passi il vecchio ricoverato, la giovine convalescente che esce per la prima volta; il soldato ferito; la puerpera stanca e felice. Le loro pie mani chiudono gli occhi agli estinti, ne compongono le salme: guidano le piccole mani infantili a congiungersi alla preghiera, a disegnare sulla fronte e sul cuore il gesto della Cristianità. Le loro labbra pallide e fini che non hanno mai dato nè ricevuto il bacio che avvince le anime, come non appartenessero già più alla terra, si schiudono solo all' invocazione pia, all' intercessione per coloro che non sanno pregare o non pregano più ; e solo mormorano parole di pace, di carità, di sottomissione, di compianto. Vengono dall'ombra silenziosa
e placida dei loro conventi, vanno dove i mali del mondo le chiamano : consolano, beneficano, riconciliano, rendono alla vita o preparano alla morte e poi scompaiono ancora nell' ombra senza lasciar traccia.... Oh, dove sarete voi ora, voi che soffriste meco, che vedeste le mie tristezze e le mie lagrime, voi che pregaste con me, suor Carmelina d'un misticismo ardente; suor Caterina dalla semplicità Francescana; suor Egidia giovanetta soave e tenera che impaurita dalla prima rivelazione dell' amore, fuggiste a rifugiarvi nel chiostro come una colombella sgomenta dall' annunzio dell'uragano? Dove siete voi, sorelle? Continuate nel mondo la vostra missione di pietà o siete partite per la vostra Patria Celeste ? Comunque, voi non leggerete mai queste parole, e mai saprete che incido qui i vostri nomi come su una lapide di memoria e di gratitudine, e ancora vi benedico.
LE SENSUALI E LE ROMANTICHE
Scrive Paul Bourget : «Le coeur fait de la femme un être sublime, les sens dans leur brutalité en font un être vrai. Le monstre commence avec la froideur morale et physique dans le cerveau.» Lo psicologo francese ritiene quindi la donna « cerebrale » inferiore moralmente alla donna sensuale : e accenna alla freddezza fisica come ad una deficienza. Infatti per quanto l' eccesso della sensualità in una donna sia ripugnante, la completa freddezza allontana forse più. Vi sono delle donne francamente sensuali, senza vizio; perchè sono giovani, ricche di vitalità e obbediscono, inconscie spesse volte,
alle fatali e prepotenti leggi della natura. Creature di espansione, d' esuberanza, di generosità, capaci di infrangere tutte le leggi umane e divine per seguire il loro istinto e capaci d' una azione eroica: eternamente illuse sui sentimenti degli altri a loro riguardo, eternamente pentite, eternamente pronte a tornare da capo. Povere navi sbattute dalla tempesta fin chè l' oceano le inghiotte e ripagano con una morte dolorosa o tragica la colpa della loro esistenza, l'unica : l' amore. Esse amano la vita comoda, i piccoli piaceri materiali del mangiare, del bere, del passeggiare in molli veicoli, dell' adagiarsi su letti morbidi, ma non sono pigre, non sono accidiose, spesso anzi sono attivissime perchè la ricchezza della loro vita organica le istiga anzi a un' azione continua, sovente anche instabile e febbrile. Amano con delirio, scrivono lettere di fuoco senza cercar le frasi, come le detta il loro sangue in tumulto, la loro brama viva; talvolta con errori di ortografia e di grammatica. Ma esse sanno meglio il linguaggio dei baci che la manifestazione sapiente ed elegante del pensiero....
A questa schiera fiammeggiante, fa riscontro la pallida schiera delle romantiche. Queste non sanno concepire l' amore che al chiaro di luna o in presenza di un paesaggio da cartolina illustrata, o in un elegante salotto ai chiarori lividi del crepuscolo, ai bagliori rossi del tramonto. Il loro ideale è un poeta pallido dagli occhi neri, che scrive rime in tono minore. Le isolette Aleardiane che « si guardan sempre e non si toccan mai » sono per esse l'espressione più alta dell'amore e della vita. Disprezzano tutto quanto si riferisce all' esistenza materiale, il
cibo, le bevande, il sonno : non hanno mai bisogno di nulla, sono come esseri d' un' altra sfera esiliati sulla terra. La musica è il loro diletto, musica di sogno, di aspirazioni inappagate e inappagabili: i romanzi idealisti il loro alimento spirituale: amano i fiori, ne conoscono il linguaggio e donano con intenzione; tra gli animali preferiscono i più squisiti e i più innocui: i canarini, il passero solitario, gli uccelletti inseparabili, e alla lor morte piangono...
L'amore nella sua verità, nella sua fusione d'anima e di sensi, nel suo completo abbandono, nelle sue conseguenze della maternità, nella sua aureola della famiglia, ripugna ad esse. Il limite estremo dell'amore è per loro un bacio sulla mano, come nell'Evo Medio, o sulla fronte prima d'un addio... Giudicano il matrimonio come una degradazione, una delusione: e uno sposo di buon appetito può costituire per la loro anima vaporosa il massimo dell' infelicità. I bambini sono l' umiliante conferma d'un fatto che le romantiche non ammettono in teoria, e che subiscono : quindi li guardano sospirando, ne sono molestate, e tengono lontani più che è possibile. In compenso le loro lettere sono poemi ricchi di imaginazione delicatissima, di descrizioni di paesaggio, di lirismo elegiaco, di profumi, di memorie, di incensi, di nostalgie...
LE DONNE DI SPIRITO
Nulla è più pericoloso dello spirito, perchè niente di più facile che l' abusarne. È una ricchezza che si ha sempre a portata del pensiero, che non diminuisce ma si rinnova di continuo come l' acqua
di una fonte naturale; che non s'attenua cogli anni, anzi s'accresce perché trae origine e alimento dall'esperienza, dall' osservazione degli uomini, degli avvenimenti e della vita. Lo spirito di buona lega non è facile a riscontrare, specialmente nella donna, giacchè oltre il dono naturale di un'acutezza di giudizio e d' una vivacità psichica sempre pronta a mettersi in moto, è necessaria una certa superiorità di coltura, una certa intellettualità e molta finezza di tatto perché lo spirito non degeneri in insolenza o non devii verso la china rischiosa della volgarità.
Lo spirito è un grande soccorso nella vita, non perché aiuti a meno soffrire dei disinganni, e delle cattive azioni degli altri, ma perché aiuta a superare le difficoltà con apparente agevolezza e ci fa sembrare sempre vincitori anche quando in realtà siamo stati sconfitti.
Una donna di spirito saprà sempre trarsi d' imbarazzo anche nei casi più difficili, potrà, se vuole, perfino salvarsi in qualche cimento, giacchè nulla resiste alla potenza gaia e feroce dello spirito che con una frase demolisce il più sapiente edifizio che la finzione, il sensualismo, il tornaconto, l'astuzia possono costruire per qualche egoistico motivo.
Le manifestazioni della passione più fervida, le maggiori audacie, le più pazienti dimostrazioni crollano come castelli di carta al motto spiritoso che oppone una furberia ancor più destra, che sferza con superbia noncurante e magnifica chi tentò di abusare della debolezza e della buona fede.
Nessuna difesa più nobile ed efficace per una donna, di questa, se ha la ventura di poterla usare e se sa servirsene a tempo. Molte donne furono ritenute
inespugnabili appunto perchè il loro spirito pungente, scoppiettante, battagliero, le cingeva di una cerchia contro cui tutte le armi si spuntavano. Ma, ripeto, lo spirito è pericoloso appunto perchè la famigliarità con esso può farne un abito perenne dell'anima, e allora anche qualche buon sentimento vero e profondo che nel manifestarsi esita o resta impari al proprio valore, può essere ferito e allontanato dalla parola graziosa e crudele. Chi abusa del proprio spirito molto facilmente resta solo, o almeno esclude i teneri e devoti affetti per sè. Generalmente le donne di spirito hanno un cuore un po' arido : sono delle intellettuali, e tutta la loro potenza vitale si esplica nel cervello. Così sono più ammirate che amate; fatte più per la società che per la famiglia. Parlo di quelle nelle quali la felice attitudine della parola brillante, della risposta pronta, dell' a proposito arguto, ha preso il soppravento su ogni altro affetto o facoltà : ma ho conosciuto molte donne di spirito che sanno essere in pari tempo cordiali, affettuose, espansive, buone : per cui lo spirito non è che un ornamento di più, che una seduzione di più. Creature preziose e benefiche perchè, nelle tristezze, il sole che le irradia si comunica altrui e rianima, e guarisce, e talvolta salva riaccendendo perdute speranze, perdute energie. Una donna di spirito al letto d' un malato apprensivo, al fianco d'un nevrastenico, presso un bambino capriccioso, in mezzo all'urto di molti caratteri diversi, può compiere dei veri prodigi. Una donna di spirito può dare qualche buona lezione anche a un sovrano L'esempio ci viene dalla duchessa di Fleury, una dama che passava per essere un po' leggera e galante
e che aveva avuto parecchi amori, ma era fornita d'uno spirito caustico e delizioso. Napoleone I rivedendola dopo parecchio tempo, con quella rudezza di linguaggio che gli era consueta, le chiese bruscamente:
— Aimes-vous toujours les hommes ?
— Oui sire — rispose la duchessa facendo la riverenza in tutte le regole — quand-il sont polis...
E per una volta almeno, il conquistatore di terre e di cuori fu sconfitto.
OTTIMISTA E PESSIMISTA
La donna ottimista e la pessimista stanno di fronte come i due poli opposti. L' una è il bianco, l'altra il nero; l' una la luce, l' altra le tenebre; l'una la musica festosa, l'altra la musica funebre. Entrambe possono fare del male a sè stesse e agli altri per gli eccessi a cui spiritualmente si abbandonano.
L'ottimista è una eterna illusa. Si persuade d'essere bellissima, d'essere amata da tutti per la sua seduzione e le sue qualità, con disinteresse unico al mondo. Se ha delle delusioni nella sua giovinezza se ne consola presto, pensando che sarà più fortunata un'altra volta. Quando si marita, il suo sposo è il più simpatico, il più educato, il più intelligente, il più fedele; anche se è brutto come il peccato, rozzo come un facchino, ignorante come un analfabeta, ottuso come una talpa, traditore come un gatto. I suoi bambini saranno i più sani, i più belli, i più svegli e ne magnificherà di continuo le qualità. Si proclamerà felicissima: troverà che la sua
casa è un paradiso terrestre e il padrone di casa un arcangelo di condiscendenza: i vicini persone stimabili, onorate : la città dove abita, la più bella del mondo.
Le malattie, la sventura, possono visitare la sua dimora ella non se ne sgomenterà: il male è cosa leggera, le altre disgrazie non saranno poi irreparabili. E la morte può seguire la malattia; la disgregazione e la rovina possono succedersi ai disaccordi e alla cattiva amministrazione, che l' ottimista piegherà per poco il capo e troverà presto altri motivi per amare ancora la vita e trovarla buona ancora.
Il contrario accade nell' anima e nell' esistenza della pessimista. Il più comune disinganno la farà cadere sotto il peso d' una croce che proclamerà troppo grave per le sue forze ; nelle persone care ella vede prima di tutto le deficenze, i difetti, e se ne accora e se ne lagna con tutti. La più leggera indisposizione è per essa il principio d'una malattia insanabile; un cattivo affare, il preludio della rovina: l' avvenimento più comune della vita, un viaggio, un matrimonio, una nascita, un trasloco, sono per la pessimista minacce oscure del destino. Ella rende a sè stessa e agli altri l' esistenza pesante, difficile, cupa : l'atmosfera che la circonda è irrespirabile perchè ella trarrà da ogni atto, da ogni circostanza, da ogni parola, motivo di lamento e di offesa. Se poi le disgrazie piombano davvero sulla sua casa, ella può risentirne tale turbamento psichico da diventare pazza o maniaca.
L'ottimista per cecità, per imprevidenza, per l'abitudine di negare il brutto e il pericoloso onde non
turbare la sua quiete serena, rischia di cadere nel pèlago e di affogare, d'essere la causa involontaria della rovina propria ed altrui. La pessimista coi suoi dubbi, le sue paure, la sua negazione perpetua, si toglie ogni possibile conforto della vita, ogni forza di reazione, aggrava ogni male, ne allontana il rimedio.
CIVETTERIA
Civetteria e coquetterie significano in fondo la stessa cosa, eppure il vocabolo francese ha minor portata dell'italiano. Si può dire ad una signora francese che ha della coquetterie nel vestire, nel parlare, nel muoversi, senza offenderla, anzi con l' intenzione d' indirizzarle un complimento grazioso; mentre ad un'italiana non si potrà dire che ha della civetteria, senza che la frase suoni almeno poco corretta. Dipende forse, la differenza — di sfumatura — dalla differenza della cosa che esprime. Il carattere della donna francese possiede in sommo grado questa qualità essenzialmente mondana che non si insegna, che non s' impara, che si manifesta a proposito di tutto : la scelta d' un colore, d' una foggia; il modo di assidersi, di camminare, di rialzare l' abito : di rispondere a un complimento, di porgere una tazza di thè, di odorare un fiore. Qualità che richiede, forse un po' d'artificio nel sentimento e nelle abitudini e che la donna italiana meno accorta perchè più spontanea, meno minuziosa perchè più appassionata, non assimila mai così perfettamente da farne con la propria natura un tutto
indissolubile. La civetteria d' una signora o d' una signorina delle nostre, si tradisce una volta o l'altra agli occhi d'un acuto osservatore, che vede chiaramente trasparire attraverso ad essa il desiderio di piacere, di eclissare, di trionfare; la preparazione, lo studio. Quando la civetteria è sapiente e raffinata; accompagnandosi quasi sempre con la grazia e con l'eleganza, se non con la bellezza, riesce a sedurre ugualmente, ma assume quella sfumatura di tinta diversa da quella delle nostre vicine d'oltr' alpe e accoglie nel suo significato quel senso di biasimo che non fa proferire od accettare l'epiteto senza riserve.
Le sovrane della civetteria appartengono alla schiera delle attrici parigine. Essere parigina ed attrice equivale a possedere una doppia femminilità squisita. Esse conoscono ogni possibile effetto dell' abbigliamento, nelle sue linee, nelle sue combinazioni, nei suoi colori : sanno la malia della voce, la grazia birichina dei sottintesi, il fascino dei malinconici abbandoni, l'arte d'una posa, d' un movimento, d'un sorriso. Ma come è innocua e attraente sulla scena, altrettanto la civetteria è dannosa nella vita. È un po' come lo spirito : riesce facile l'abusarne e allontana gli affetti veri e profondi.
A proposito della civetteria francese, ecco quello che consiglia un bello spirito alla donna per ottenere un amore fedele: « Pigliare un pizzico di gelosia dalla Spagnuola, una sfumatura di civetteria dalla Francese, una corona di baci dall' Italiana, una nuvola di freddezza dalla Inglese, fondere tutto insieme ed ecco la ricetta per conservare l'amore ».
FALSA E VERA GENTILEZZA
Molto comunemente si dice d' una signora che è gentile, ma in sostanza la vera gentilezza si trova assai raramente. Giacchè per gentilezza vera non bisogna intendere quella cortesia di forma e di parola appresa dal galateo e che oramai non ignorano più neppur le commesse di negozio e le cameriere, ma il profumo dell' anima, naturale emanazione degli elementi delicati e superiori di cui è composta. Molte volte la gentilezza si trova in una persona poco esperta delle formalità del vivere sociale, e si cerca invano sotto ai modi ossequiosi o correttissimi di colei che è esperta degli usi mondani. Molte signore si adornano della gentilezza come di un abito di cerimonia e ne privano le persone della loro famiglia, cioè quelle che potrebbero meglio apprezzarla e risentirne sollievo. In che cosa consiste la gentilezza vera ? Come tutte le virtù ideali, in un complesso di piccole cose, quasi indefinibile, come un profumo fatto di mille aromi. Una premura spontanea, un ricordo fedele, un aiuto non chiesto, la scelta d'un oggetto piuttosto che un altro per un dono; un riguardo; una parola detta a tempo o un discorso accortamente deviato, possono costituire tante piccole manifestazioni di questa qualità che attira così dolcemente i cuori. Indizio di vera gentilezza può essere il vestire modestamente recandosi a far visita a qualche amica meno favorita dalla fortuna; mettere in rilievo con garbo le doti d' una persona che viene in casa propria: studiare i gusti d'alcuno ed appagarli all'occasione; farsi, insomma, efficaci interpreti della vita altrui
Questa gentilezza proveniente direttamente dal-l' anima è tutta diversa da quella che è il semplice prodotto delle leggi d' educazione e non esce dai limiti del manierismo o perde tutto il suo valore nell' adulazione.
IL SUSSIEGO
C' è qualche signora un po' inesperta, un po' ingenua anche, che per dimostrare agli altri la serietà dei suoi propositi e la rettitudine della sua vita, si crede in obbligo di assumere un contegno speciale, un contegno che allontani la più vaga idea di galanteria a suo riguardo, la più innocente protesta di ammirazione. Essa si cinge, come d' una corazza di saldo acciaio irta di punte di ferro, d'un sussiego rigido, immutabile, che prende all'uscire di casa e posa quando rientra, mantenendosi poi fra le pareti domestiche qual' è in realtà, semplice, serena, affettuosa e qualche volta anche vivace. Ma questa signora pensa che ridere in pubblico, dire un' arguzia, fare uno scherzo ad un' amica, rispondere con disinvoltura a una domanda, mostrarsi, insomma, quello che si è, sia indegno d'una buona educazione, della sua posizione di donna maritata, della sua rispettabilità di signora per bene. E molte volte le è pur necessario di fare uno sforzo per contenersi, perchè la sua giovinezza la incita a ana confidenza più lieta; perchè i discorsi intorno a lei, sono comici ed ella se ne diverte molto, ma frena l' impulso come una tentazione e rimane ben impassibile, ben composta, nella sua posa di idolo che sdegna mescolarsi
alle umane follie. Per strada risponde appena ai saluti, senza sorridere; se incontra un' amica non la ferma mai per la prima, anche se non la vede da molto tempo, e se questa amica le è cara. Temerebbe di fare cosa sconveniente fermandosi sulla via. A teatro non parla, non ride, non osa guardare col binoccolo se non sul palcoscenico, dove concentra un' attenzione che non tarda ad apparire simulata. In realtà ella non è compresa che della sua personalità, dell' effetto che può produrre sugli altri, ma non per il desiderio di piacere, bensì per il timore del biasimo. Giacchè la paura della critica è preponderante in lei ed è forse il segreto motivo di quella maschera che s' impone come gli antichi comici quando recitavano una parte. Essa non osa fare una cortesia, nè riceverne — teme che si osservi la preferenza data o gradita : — non osa esprimere i suoi pensieri perchè non vengano male interpretati; ha perfino il pudore dei suoi mali fisici ed è capace di seri eroismi nell' occultare le sue sofferenze quando si trova tra la gente, non per forza d' animo, ma perchè non le pare conveniente il manifestarle..
LE ETERE
La bellezza plastica delle forme, l' eleganza e la raffinatezza è molto, certamente, per la donna che desideri di piacere, eppure non è tutto. Quello che rende più duraturo il sentimento d' ammirazione ch' ella desta o il suo impero, risiede nella parte spirituale di lei. E la miglior prova la forniscono a noi le cortigiane celebri, le etère, le favorite dei
re. Queste creature di voluttà sentirono forse l'instabilità del loro dominio se lo affidavano puramente alla seduzione materiale, e ricorsero alla parte più nobile di esse medesime, rendendo per tal modo omaggio, inconsciamente quasi, alla spiritualità. E coltivarono il loro ingegno e adornarono la loro mente. Tullia d'Aragona giunse ad elevarsi dalla folla volgare delle cortigiane del suo tempo, e le sue relazioni intellettuali con Bernardo Tasso, Sperone Speroni, Girolamo Muzio, Benedetto Varchi ed altri illustri contemporanei le crearono una aureola di rinomanza che non avrebbe avuto se si fosse limitata a rimanere nella sfera della bassa sensualità. Le etere della Grecia ai tempi di Pericle erano coltissime e s' intendevano d' arte e ne erano vaghe come i loro amanti che furono i più famosi artisti e poeti dell'antichità. Anche nella Roma di Augusto le cortigiane di cui Orazio, Catullo, Tibullo fanno menzione nelle loro liriche, erano istruite e sapevano apprezzare ogni eleganza di produzione ideale. E nei secoli di Leone X e di Luigi XIV esse avevano l' orgoglio di essere preferite per altro oltre che per la loro bellezza. La Pompadour che per tanti anni tenne avvinto l' instabile Luigi XV chiedeva e non invano all'arte e all'estetica il filtro della fedeltà. Ecco come ne scrive Enrico Nencioni nei suoi bellissimi « Medaglioni »:
« Le belle arti non solo furono protette da lei, ma riceverono l' impronta caratteristica del suo gusto elegante e decorativo. Ed era artista lei stessa. Le sue Aqueforti sono anche oggi pregiate e ammirate. I resti della sua famosa biblioteca sono ricercati avidamente dai bibliofili. Stampò e aiutò a stampare
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con le delicate sue mani, a Versailles, una tragedia del gran Corneille. Le manifatture di Sèvres, il genere Pompadour brilla di una grazia e di una eleganza uniche. Protesse Vanloo, protesse Cochin, beneficò costantemente Boucher. A lei si deve l'Amore di Bouchardon insigne capolavoro, a lei le pietre incise di Gai. E tutte le grazie, tutto il gusto dell' epoca sembrava derivare da lei. Protesse le arti e gli artisti, non come orgogliosa protettrice, ma come compagna: con passione più che con ambizione. L' arte francese del suo tempo fu il suo rifugio e il suo conforto tra i disgusti della favorita e le noie e le oppressioni della politica. Essa, la prima, combattè l' arte tradizionale e accademica, gli eterni modelli greco-romani e invitò e spinse pittori e scultori a rappresentare la vita contemporanea. Essa, la prima, volle applicata l'arte all'industria, e mise, per dir così, la sua cifra a migliaia d' oggetti d' uso e di lusso, mobili, letti, carrozze, ventagli, astucci, orologi e babioles d' ogni genere; cifra riconoscibile a prima vista, di un rococò elegante e voluttuoso: in una parola il genere pompadour. Aveva dunque ragione Carlo Vanloo quando durante l' ultima malattia della marchesa, dipinse, le Arti inginocchiate ai piedi del Destino intercedenti per la vita di lei. »« L'art purifie tout » disse Sarah Bernhardt, e pare proprio infatti ch' essa conferisca una nobiltà e una elevazione anche agli elementi e alle anime meno pure quando entrano nel suo tempio.
IL GRADINO PIÙ BASSO
Vi sono però delle disgraziate creature che neppure l'Arte soccorre, perchè dal fondo della loro miseria non possono andare a lei. Le etère, le cortigiane di lusso che popolano Montecarlo, Nizza e Parigi e Roma, e passano in carrozza o in automobile attraverso alla folla possono parere a qualche anima semplice, ignara della psicologia, degne d'invidia per quello splendore d' orpello che le avvolge. Nella gerarchia sociale esso non occupano il gradino più basso. Il gradino più basso é occupato dalle schiave bianche, dall' unica forma di schiavitù che ancora sussiste e che è vergognosa, indegna della nostra tanto vantata civiltà. Una schiavitù favorita dai vizi e dalla animalità dell'uomo, tenuta da speculatrici infami che abusarono della miseria, della debolezza, del traviamento, forse momentaneo, di giovani che non potranno riscattarsi mai più. Eppure queste femmine rinchiuse nelle tristi case della vergogna, innanzi a cui una donna onesta, se è costretta a passare, accelera il passo e arrossisce, non ebbero tutte nelle loro vene l' impulso maligno e morboso che le spinse nell' abisso. Alcune vi si gettarono per disperazione, dopo il tradimento d'un primo amante : altre vi caddero pel cattivo esempio : altre furono vendute dagli stessi loro parenti.... E per queste viene l'ora del ribrezzo, del pentimento, della ribellione, ed è orribile....
Altre sono libere e vagano per le strade a ore tardissime offrendosi ai passanti. A noi tutte accadde d' incontrare alcune di queste miserabili creature, rincasando dal teatro o da qualche serata trascorsa
in un simpatico salotto, tra l' arte, i fiori e un lieto conversare. E la nostra mano s'appoggiò più forte al braccio di nostro marito, di nostro padre, di nostro figlio, di nostro fratello, e trasalimmo come avessimo intraveduto il fantasma della sventura. Certo queste femmine sono la vergogna del nostro sesso e la miseria peggiore delle nostre città: sono l' incubo delle madri che sanno i figliuoli giovinetti loro facile preda; ma insieme al nostro naturale disgusto non manchi un senso di pietà umanitario e cristiano. Che merito abbiamo noi se il destino ci fece nascere in una famiglia che curò tutte le nostre buone tendenze e procurò di estirpare le cattive ? Se fossimo nate in tane luride come quelle vagabonde notturne dagli occhi luccicanti e dipinti nel viso imbellettato, se la nostra adolescenza fosse stata inasprita dalla miseria, dai cattivi trattamenti, contaminata dal cattivo esempio e dal vizio, avremmo avuto noi la forza ch' esse non ebbero di conservarci buone e pure ? E le nostre debolezze, i nostri errori non sono meno scusabili dei loro, anche se meno gravi, noi che abbiamo un ideale di elevazione, noi che i patimenti della miseria non costringe, noi che avemmo intorno nobili esempi, confortanti parole, noi che nella, coscienza non abbiamo offuscato il senso del dovere ?
Abbassiamo l' orgoglio! Forse una di quella creature, al nostro posto, sarebbe riuscita meglio di noi...
IL TEATRO E LA DONNA
Si è discussa recentemente la questione se le signore possono intervenire a certe commedie: questione che non racchiude soltanto un quesito di
convenienza sociale, ma si estende nel campo della dignità personale, del riserbo, di quella virtù, insomma, di cui la donna dev'essere gelosa e sola custode. Ora, io sono sicura che ogni donna onesta a cui venisse chiesto il suo parere intorno a questo, se, cioè, una signora rispettabile può assistere ad una commedia sudicia e triviale, impunemente, senza sentirsi a disagio, senza fare una cattiva impressione e dare agli altri il diritto d'accusarla per lo meno di leggerezza o d'insipienza, sono più che sicura che ognuna di esse risponderebbe di no. Ma non sono meno sicura che al lato pratico, alla prima occasione, la maggioranza di queste signore non esita un momento a recarsi ad uno di questi spettacoli appunto riprovati a parole. E perchè questa incoerenza ? Oh i motivi sono tanti: la proposta del marito stesso, l' invito d'un'amica, la facilitazione d'un posto o d'un biglietto, la curiosità invincibile, l'inganno sulla vera essenza della commedia, il timore del ridicolo astenendosi,l'esempio delle altre, e infine quella specie di spavalderia che la donna più severa in fatto di morale e di decoro non manca mai di sfoggiare quando si espone ai piccoli e ai grandi pericoli e si manifesta sempre con una frase: « Infine che male c'è ? Io non faccio niente di male! »
Ma la tolleranza dello sposo, gli inviti e l'esempio delle amiche leggere, un amor proprio mal collocato, una curiosità di cattivo genere, non devono mai essere motivi sufficienti a farla transigere con la delicatezza gelosa del suo sentimento più intimo, con la poesia pura delle sue più gentili idealità.
Non parlo di teatro immorale in genere, ma mi limito al caso più speciale del teatro pornografico. La parola è brutta, e purtroppo nessuno mostra di indignarsi o di offendersi. Una signora che si proponesse d'astenersi dal recarsi alle commedie semplicemente immorali, dovrebbe rinunziare, capisco, a conoscere tre quarti della produzione drammatica moderna. Ma potrà ben astenersi però, senza danno della sua coltura artistica e letteraria, dall' intervenire alle antiestetiche e sconce pochades nelle quali l'arte non ha molto a vedere; dove l'interesse, l' intreccio, lo spirito, non hanno altra base o altro fine che quello di un istinto animalesco e grossolano, che ottunde ogni visione serena e abbassa il livello morale all'infimo grado. Come una donna, d'educazione raffinata e d' animo nobile, non si soffermerebbe ad udire con compiacenza il racconto di barzellette da osteria, o eviterebbe di entrare in una sala, sulla fine d'una cena di scapoli, anche con la sicurezza d'essere materialmente rispettata : o non tollererebbe nei suoi ricevimenti discorsi troppo arditi, così non deve recarsi là dove la sua anima muliebre può ricevere impunemente le più brutali offese. E quest' astensione deve essere fatta semplicemente, senza ostentazione di pruderie, senz'aria di dar lezioni di morale e di contegno, senza mostra di sacrifizio. Risponda, a chi la richiede, che quello spettacolo « non la interessa » e basta. Una propaganda libera, confidenziale, nascosta, da amica ad amica, da signora intelligente a piccola borghese che non sa e non ha il dovere di sapere, ritengo che basti.
Delle signorine non parlo, perchè mi pare impossibile che possano esistere delle mamme così sciocche,
così depravate o così ingenue da condurre le proprie figliuole a certe scuole di costumi : come mi sembra degradante per una madre il lasciare dietro di sè la figlia giovinetta per recarsi dove si vergognerebbe di averla seco. Lo stesso dico per i Cafè-chantants, gli Eden e simili, che io non vorrei mai veder frequentati da signore e da signorine per bene, se anche accompagnate dai loro mariti o genitori.
LE DIVETTE
Eppure questi Caffè-concerto, questi Eden, questi paradisi vietati, sono l'ideale e la gioia delle giovinezze, non solamente virili, ma anche femminili. Lo splendore di luce dei piccoli teatri, l'abbagliante corruscar dei falsi gioielli, gli abiti dai vivaci colori; le acconciature capricciose, le canzonette birichine, le mosse procaci delle divette, costituiscono una specie d' incantesimo anche per la fanciulla più pura, che non raccoglie il sensualismo emanante ma l'effetto dei colori, degli splendori, e sorride alle cantatrici sfacciatelle come a creature di letizia e di spensieratezza.
Lo sciame delle divette, di continuo rinnovellato con nuovi elementi, esotici, in massima parte, somiglia ad uno sciame di incaute farfalle notturne. La luce le attira, le rallegra, le uccide. Hanno dei nomi graziosi e poetici come quelli delle Geishe d'oriente : Mary Fleur; Yvette Guilbert; Liane de Pougy ; — e la loro abilità artistica si limita assai spesso a una danza di grazia, a qualche canzoncina emessa con voce stridula o troppo scarsa; a qualche posa plastica: ma il pubblico non domanda di
più perchè l'importante è di vedere i loro corpi e i loro gioielli : l'arte è una scusa.
La bella Otero possiede un corsage-figaro e una cintura bizantina in gemme autentiche : e la curiosità ansiosa d' ammirare questi ornamenti da sovrana, uguaglia quella d'ammirare la sua bellezza celebre. Ora questa famosa divetta che ha veduto ai suoi piedi principi e miliardari pare decisa a prender marito... ma non a rinunziare alla sua esistenza mondana. Il futuro marito è un inglese, certo Renato Wep che possiede una filanda in America ed un'altra in Inghilterra. Egli si fece presentare alla bella Otero per confessarle che da quattro anni l' adorava solamente vedendo le sue fotografie. Essa sulle prime si rifiutò, ma i patti che le fece l'ardente innamorato furono così vantaggiosi che la diva credette bene di non ricusar più. Ecco come narra ella medesima il caso nel Journal: «Dissi al Wep che non volevo lasciare Parigi, che spendevo molto, che volevo rimanere sul teatro. Gli raccontai tutti i miei difetti. Egli era come un forsennato e rispondeva che voleva sposarmi ad ogni costo. Io gli dissi che la mia palazzina non era ancora pagata, ed egli la pagò. Gli dissi che avevo una sorella che desiderava maritarsi ed egli le fece una dote. Gli dissi che avevo molti gioielli, ma poco danaro ed egli fece una dote a me pure. Era invero un grande amore il suo. Commossa da tanti segni di affetto infine risposi di sì. Seduta stante egli telefonò al mio notaio, ed un'ora dopo il contratto era firmato. Io sono quindi legata, impegnata. Tra quindici giorni, al Consolato inglese, poi alla chiesa, io mi sposerò... »
Ma dato il genere della sposina e le sue intenzioni di non mutar nulla nelle sue abitudini, c' è da prevedere che un chiassoso divorzio seguirà in breve il chiassoso matrimonio.
LA DONNA E LA POLITICA
Si dice che gli stati, governati in apparenza dagli uomini, sono in realtà governati dalle donne più ambiziose, più astute, più intelligenti, che per mezzo della loro sagace influenza sulle più eminenti personalità d'un partito politico edificano e distruggono, fanno cadere o fanno trionfare ministeri e leggi, deliberazioni e candidature.
Può esser vero. Infatti le tribune di Montecitorio sono sempre affollate di signore e nei salotti della buona società romana le dame discutono di politica con molta diplomazia e con molto fervore. Molte onorificenze, molte distinzioni, molti impieghi, molti incarichi si devono senza dubbio all' intervento femminile. Però la donna, in Italia, non ama uscire dall'ombra della ingegnosa cospirazione. Essa non arringa il popolo, non tiene meeting, non prende parte ai convegni come le sue sorelle d' Inghilterra, di Russia e d' America. Anzi, in generale, la donna italiana si disinteressa della politica; anche troppo se ne disinteressa, perchè questa sua indifferenza la porta alla mancanza di un'opinione personale sulle individualità e sugli avvenimenti e contribuisce assai a trattenerla nella ristretta cerchia d'una eterna minorità dove gli uomini credono loro diritto e dovere di tutelarla. La maggioranza delle nostre signore non legge nei giornali che la
cronaca e l'appendice, e ben poche fra le abitatrici del regno italiano sa o ricorda i nomi degli uomini che dai vari ministeri reggono le sorti della patria.
Anche recentemente quel po' di fermento che si levò qua e là fra le donne per ottenere il voto politico ha avuto più l'apparenza della rivendicazione di un diritto che non della convinzione dell' importanza dell'atto. Per questo, forse, non hanno ottenuto, e il loro desiderio è stato accolto come un capriccio vano e puerile. Forse è vero che la donna, almeno da noi, non è ancora matura alla vita politica, e sopratutto per la sua indolenza, per la sua abitudine atavica di rimanere indifferente agli avvenimenti da cui dipende la prosperità della nazione : non perchè le manchi la capacità ad intendere, a giudicare, a scegliere.
Ripetutamente le donne inglesi si sono lasciate trascinare ad eccessi deplorevoli nell' affermazione delle loro idee e nella proclamazione dei loro diritti: ma le donne russe, nell'ora tragica che la patria loro attraversava, diedero prova magnanima d' eroismo, di sacrificio, di fedeltà all' idea. Così fecero pure le gloriose donne del nostro Risorgimento, ben edotte di quanto accadeva giorno per giorno nei palazzi dei governanti, nelle file dei cospiratori : ben sapienti nel giudicare uomini e fatti, nel temere, nel prevedere... Esse leggevano avidamente gazzette e proclami, secondavano i loro uomini in tutte le loro mosse strategiche. Ma forse la donna ha bisogno d'un movente di passione per interessarsi ed agire.
SUL TRAMONTO
Gli anni passano ; anche la gioventù più esuberante, anche la bellezza più famosa, declinano. Le pompe dell' estate s' illanguidiscono nell' autunno : lo splendore del meriggio si attenua nella luce tranquilla del tramonto. È il tempo della mèsse: è il momento che la donna raccoglie quanto ha seminato, quanto diede di alti pensieri, di efficaci azioni, di opere buone, di salutari esempi. I suoi figliuoli hanno già passato i vent' anni : i maschi s'avviano verso il loro avvenire per una strada ben determinata, oramai scelta; le femmine si dispongono a formare una nuova famiglia o a procurarsi l' indipendenza col loro ingegno, con la loro attività. Il marito è un compagno meno ardente ma più fedele, i cui capelli sono brizzolati, come quelli della moglie. Hanno celebrato le loro nozze d' argento. Età piena, per alcune, di sottile tristezza, per altre di calma serenità. Un tramonto angoscioso di nubi grigie è spesso la conseguenza di un meriggio troppo fiorito di tripudio : e un tramonto placido segue sovente un burrascoso mattino, come un premio. Si distinguono i veri dai falsi amici, quelli che predilessero per le qualità vere e durature dello spirito e del cuore, da quelli che adulavano e desideravano per la sola bellezza. Il mondo trascura, ma oramai le sue lusinghe appaiono come i trastulli nell' età che si lasciano, cose inutili e inferiori. Ci si rivolge verso conforti più saldi e profondi. Una nobile anima educatrice, Erminia Foà-Fusinato, dettò questo consiglio : « Avvezziamoci a sostituire un' occupazione
novella ad ogni illusione che tramonta. » Se tutte le donne lo seguissero, il tramonto non avrebbe più rimpianti nè malinconie.
L' ULTIMA PRIMAVERA
Certe volte l' autunno, però, riserba alla donna una cattiva sorpresa. Le prime rughe già si disegnano agli angoli delle sue labbra e dei suoi occhi; i primi fili d' argento serpeggiano tra i suoi capelli bruni, ancora abbondanti, ed essa si trova il cuore ricolmo di un'ebbrezza e di un affanno di cui conosce troppo bene il significato. È l'amore venuto insidiosamente a visitarla. È una tardiva rosa di maggio sbocciata solitaria nel suo cuore: un cuore che ha molto sofferto, che nulla ha goduto, che visse per anni e anni nella nebbia, nel freddo, nella solitudine, e che ora prima di arrestarsi per sempre, reclama la sua parte di gioia e di ebbrezza al banchetto della vita. Ed essa invano gli impone silenzio col ragionamento, con l'ironia; invano rinchiude gelosamente quel segreto di passione che le pesa come una colpa. Tutta l'anima sua è fiorita e odorosa come un giardino. È l'ultima primavera, il cui profumo la inebbria e che ha in sè l'ardore di tutte le passate stagioni non vissute e lo strazio dell'imminente addio.
« Momento unico e commovente nella vita della donna! scrive il Nencioni. Se bella, la sua bellezza prende allora un carattere di bontà, di tenerezza autunnale : è la bellezza del cuore, del cuore profondo, dei sensi intelligenti, dell' anima passionata; bellezza spirituale che illumina ed armonizza le
forme. È il frutto appena maturo punto dall'insetto alato d'agosto e divenuto più dolce: è la donna ferita dal desiderio intenso d' Amore.»
L'ETÀ CRITICA
Come il crepuscolo della sera e il crepuscolo del mattino hanno le stesse gradazioni di luci e gli stessi effetti di tinte, così, nella vita, l'aurora e il tramonto hanno alcuni punti d' affinità. Il tramonto è uno stadio di transazione uguale all'aurora; solamente che conduce alla sera mentre quella conduce al meriggio. È un'età critica per la donna, fisicamente e moralmente, come l'adolescenza. Nel suo essere è uno squilibrio penoso, è una lotta, è un antagonismo fra quello che non è più e quello che non è ancora. Forse, se i suoi capelli imbiancassero perfettamente da un giorno all'altro e il suo volto avvizzisse ad un tratto, le sarebbe meno penoso acconciarsi alla vecchiaia, che non il vederla conquistare terreno giorno per giorno senza potersi rendere bene conto di quanto possesso di giovinezza ancora le rimane, di quanto ha ceduto. Quando è che si debbono lasciare le forme e i colori giovanili ? Quando è che una signora non può più mostrarsi scollata? Quando deve lasciare la pettinatura e i cappelli di moda e adottare la classica acconciatura e le capotes da madre-nobile ? È un'età piena d'incertezze, di sorprese, di tradimenti. Un giorno sembrerà quella dei suoi trent'anni e, forse forse, con qualche attrattiva di più : un altro si vedrà quale sarà sempre, fra dieci o quindici anni. Una sera è contenta, ha una toilette che le sta bene,
una lieve modificazione nella pettinatura che le giova; i suoi occhi brillano, un po' di cipria nasconde i danni del tempo ; la signora vince in fascino le figliuole da marito. Un mattino, invece, dopo una cattiva notte, dopo un dispiacere, ha il volto solcato, le labbra pallide, gli occhi spenti e pare perfino che le si sia aggiunto qualche filo d'argento di più tra i capelli. E chi la vede osserva : « Come è invecchiata ! Già gli anni passano... »
L' ARTE D' INVECCHIARE
L'arte d'invecchiare è la più difficile per la donna, anche per la più intelligente. Richiede una sicura conoscenza di sè, un modo superiore di considerare la vita e gli uomini, il coraggio di rinunziare spontaneamente prima di essere costretti a rinunziare: di ritirarsi in seconda linea, prima che il mondo vi ci metta. Meglio lasciare di sè un grato ricordo, un rimpianto, che produrre sazietà e destare commiserazione. L'arte d'invecchiare è una complicata arte, che va dal vestiario ai modi, dalla parola alle occupazioni, dai gusti alle abitudini. Tutto bisogna modificare, trasformare grado grado, serbare in armonia col nostro fisico. Non si potrebbe determinare l' età per far questo giacchè la decadenza per alcune è rapidissima, per altre lenta. Vi sono pure delle donne che non furono mai fresche in giovinezza e che perciò appunto non mutano il loro aspetto. Ma il loro morale dovrà sempre colorirsi dei riflessi dell'ora declinante, acquistare quella indulgenza che proviene dall'aver vissuto e sofferto, quella bontà protettrice e materna, quella calma
serena, propria a chi è al sicuro dalle tempeste. Sia meno vivace e meno brusca, nelle movenze, delle giovani che hanno l'agilità e l' impazienza: rinunci alla danza, allo sport, ad ogni esercizio od occupazione che esigono uno dispendio troppo grande di forze. Preferisca libri seri per le sue letture ai romanzi; smetta di cantare le canzonette birichine o le romanze appassionate. Adotti per il suo vestiario i modelli ampi che hanno in sè qualchecosa di maestoso, lasci prestissimo le bluse che stanno malissimo quando la vita non è più sottile; e lasci pure le cinture. Non esca senza un paltoncino sciolto o un piccolo mantello o un collare di chiffon o di trina, quello che può servire ad attenuare la modificazione che il tempo ha fatto nella sua persona. Può acconciarsi seguendo il tipo della moda, ma senza esagerazione, e bandirà i modelli capricciosi per i suoi cappelli, i colori troppo freschi, i fiori. Vi sono certe piccole toques graziose, che s' adattano a tutti i volti e a tutte le età. Usi sempre la veletta che oltre ad essere un complemento simpatico del cappellino, nasconde i guasti dell' età. Per sera può fare delle scollature velate, ma preferisca più che può il nero, magari rompendolo con qualche accessorio in colore. Si orni pure di gioielli, di trine se ne possiede, e di pellicce. Tutte le sue toilettes richiederanno maggior abbellimento di quelle d'una giovine. Fra i colori si attenga al bigio, al bianco e nero, al bleu marin d'estate, al marrone, al rosso granata, al nero, d' inverno. Ma vi sono certi abiti bianchi di tela che una signora può portare impunemente fino a ottant'anni. Accetti tutti i vantaggi di precedenza, di riguardi quando si trova con signore
più giovani,poichè sono i tristi privilegi dell' età... Sorvegli ancor meglio che nel passato il suo linguaggio, il .suo contegno; li uniformi sempre maggiormente a un ideale di nobiltà e d' elevazione per farsi intorno quell'aureola di rispetto che gli sarà cara e necessaria ognor più, inoltrando nella vecchiaia.
Chateubriand, il grande autore del Génie du Christianisme scrisse: «La vieillesse est une voyageuse de nuit ; la terre lui est cachée, elle ne découvre plus que le ciel brillant au dessus de sa tête.»
LA VECCHIA FANCIULLA
Mi osservano alcune: « Sì, l'invecchiare può essere anche dolce, come un tramonto sereno che succeda a un meriggio piovoso : ma bisogna avere al fianco un compagno, colui che fu giovine con voi e che ora raccoglie con voi i frutti maturi. Conviene avere intorno una corona di figliuoli che allietino la casa, nei quali possiate rivivere e perpetuare i vostri propositi più belli e più buoni. Ma il tramonto, ma la vecchiezza per la donna nubile e sola, non è la massima delle malinconie? non è la desolazione più profonda »
Oh, mie care! ma qual'è quello stato della vita che sia immune sempre dalla tristezza e dalla desolazione? Pensate, o voi che soffrite della solitudine, a quelle madri verso cui i figliuoli si mostrarono ingrati, che li videro scendere la china del vizio, precipitare nel disonore; le madri delle donne che tradirono apertamente i loro doveri; dei giocatori disonesti, degli omicidi, dei suicidi... Non è
da preferirsi la vostra solitudine, il vostro tramonto, velato ma tranquillo, a queste vecchiezze orribili, tormentate senza tregua da rinnovati spasimi, da visioni funeste? E forse che la vostra solitudine è meno gelida di quella d'una povera vedova che perdette il suo unico compagno e rimase sola perchè non aveva figliuoli? Di quell'altra che ne ebbe e li perdette dopo il marito? — La vita di una donna nubile, sul tramonto, ai nostri tempi di progresso, non è più quella di un giorno. Essa non differisce in nulla da quella di una donna maritata di pari età, col vantaggio in più d'una maggiore indipendenza. Una signorina di quaranta o cinquant'anni viaggia sola, si veste come vuole, porta i gioielli, s'occupa d'arte, di beneficenza, di pedagogia, di scienza, di quello che crede; legge quello che le piace; può avere un piccolo grazioso quartiere dove ricevere amiche e amici; dare qualche pranzo se la sua posizione finanziaria lo consente. I pericoli della fresca giovinezza non esistono più, gli acciacchi della decadenza sono lontani ancora; ella si sente forte, libera, padrona di sè: fa i progetti che vuole senza chieder permesso a nessuno; è, insomma, lo stato della vita muliebre che più si avvicina alla vita virile. Amicizie vere e tenere non possono mancarle, se diede il suo affetto, e le terranno vece d' una famiglia sua, di cui, se non avrà le dolcezze, non sentirà nemmeno le preoccupazioni incessanti, infinite. E poi, forse, quando meno crede, sboccia un fiore sul suo cammino, un amore devoto, cementato da una stima e da una confidenza di lunga data che chiede timidamente d' essere compensato...
VANI RIMEDI
La vecchiaia francamente accettata e nobilmente portata riesce grata all' animo che la contempla, come lo spettacolo della giovinezza nella sua semplicità e nel suo candore; e una vecchia dama dai capelli bianchi, « la spuma — dice Carmen Sylva — che copre il mare dopo la tempesta » dal portamento maestoso e dal benevolo sorriso, è bella esteticamente come una florida sposa nella gloria della sua vitalità.
Il disaggradevole incomincia soltanto col disarmonico, con la preoccupazione vana di nascondere ciò che non è più nascondibile; con l'ansia di preparare inganni a cui nessuno crede più. Un volto avvizzito, imbellettato e coronato di fiori primaverili cadenti dalla falda d' un cappello capriccioso : capelli d'una malsicura tinta bionda acconciati a riccioli pretensiosi per completare qualche toilette di gala bianca o rosea o azzurra d'una freschezza che stride con la fede di nascita della proprietaria; un fare ingenuo, domande puerili, civetterie provocanti, allegrie smodate, capricci, vivacità, sono tutte cose fuori di stagione, sono vani e malinconici rimedi che invece di riparare ai danni del tempo li rendono più palesi.
LA DONNA E LA BENEFICENZA
Non basta evitare di fare il male, ma bisogna operare il bene. L'esercizio della beneficenza è una delle forme d' attività in cui la donna ha più agio di manifestare le sue doti di cuore e di mente. È
una delle soddisfazioni più pure, una delle occupazioni che meglio possono riempirle la vita, e nella malinconica fase del tramonto farle sentire meno cocente ed inquieto il rimpianto di ciò che perde e di ciò che l'abbandona.
Ai nostri giorni la beneficenza ha preso un carattere, un indirizzo speciale. Non è più l' antica carità spicciola fatta per dovere e per pietà; il soccorso precario che andava spesse volte a vantaggio del più astuto e del meno degno o alleviava il bisogno per un giorno. La carità come si fa modernamente ha basi più ordinate e più pratiche e risulta più illuminata e più efficace. Comitati di signore esistono in quasi ogni città, ben organizzati, che funzionano con ordine e sollevano radicalmente molte indigenze e diffondono per un esteso raggio la loro protezione efficace. Molte pie istituzioni, in Italia, furono fondate da donne; citerò fra le molte l' ospedale infantile : « Lina » istituito a Napoli dalla duchessa Ravaschieri in memoria della morta figliuoletta: l'asilo Mariuccia destinato alle fanciulle abbandonale o traviate che Ersilia Bronzini del Mayno con coraggiosa ed esemplare iniziativa aperse a Milano per la commovente volontà della sua bambina moribonda. Abbiamo la « Pensione Benefica per giovani lavoratrici » fondata, pure a Milano, da quell'elettissima educatrice che fu Felicita Morandi, un' istituzione che consiste nell'offrire l' ospitalità famigliare alle fanciulle che non hanno famiglia o l'hanno lontana e desiderano apprendere una professione. E in molte città esistono Circoli per la tutela del popolo, per Ricreatori festivi, Biblioteche popolari, Scuole gratuite, Patronati d'assistenza di
ogni genere. E questa nobile attività che per la prima ha fatto uscire la donna dalle tranquille pareti della sua dimora non sarà mai encomiata e incoraggiata abbastanza, anche fra le signorine che hanno forse più tempo a loro disposizione. Vorrei anzi che in ogni città d'Italia le signorine si stringessero in sodalizio e sotto l'egida di qualche nome gentile cooperassero in qualche modo a migliorare le condizioni delle classi indigenti, o per mezzo di Biblioteche popolari o di qualche piccola Agenzia di collocamento per le giovinette povere, di un Comitato di soccorso per i bambini malati: secondo il bisogno della città in cui risiedono e la sua importanza.
PIACERI DI OGNI ETÀ
Il piacere di operare il bene a vantaggio del prossimo resta fra gli ultimi della vita, anzi cogli anni acquista maggior attrattiva perchè l'esperienza insegna a farlo con più discernimento. Ma non è il solo piacere riservato alla malinconica età. Vi sono dei piaceri che non mutano con le fasi della vita, e sono i più reali, forse, dell' esistenza, poichè non sono attaccati a quanto è fugace. Per esempio la dolcezza di vedersi fiorire e moltiplicare intorno la famiglia: la soddisfazione della deferenza altrui; il conforto delle fedeli amicizie immutabili e la compiacenza dell' accrescersi delle simpatie col farsi più numerosa la schiera delle nostre conoscenze. E oltre queste consolazioni morali vi sono altri piaceri non soggetti al numero degli anni. La contemplazione delle bellezze naturali, delle bellezze artistiche, dà gioia alle pupille e all'anima di vent' anni come a
quelle di sessanta: l'audizione d'una musica squisita, la lettura di un libro suggestivo, l'apprendere cognizioni nuove, lo studio di costumi o civiltà diverse, il compimento di qualche opera grande o piccola: una conversazione eletta, sono tutti piaceri a cui non si dovrà mai rinunziare, per quanti anni il tempo accumuli sulla bilancia del nostro destino.
LE FIGLIUOLE DA MARITO
Non solo l' età, ma la condizione può determinare nella donna l' obbligo o almeno la convenienza di una maggior compostezza e d'una maggior serietà negli abiti e nelle consuetudini. Una donna nubile ha la giovinezza più prolungata di una donna che abbia marito e figliuoli. Una sposa senza figli resta più a lungo giovine di una madre ; e la madre di un maschio invecchia più tardi della madre di una femmina. Intendo non nel fisico, ma nella posizione famigliare e sociale. E questo per la legge dei contrasti: giacchè gli sforzi di mantenersi giovane appariranno più palesi e quasi meno giustificati in colei che ha già intorno la corona della sua discendenza che non in colei che sola vigila alla sua conservazione: e il confronto d' una figliuola diciottenne nuoce assai più alla maturità materna di quello del figliuolo a cui la virilità conferisce caratteri diversi. Le ragazze da marito mettono risolutamente la mamma fuori di questione, sebbene vi siano mamme giovani ancora e ben portanti, tali da vincere la concorrenza. Io ebbi una parente che si maritò a sedici anni. A diciassette anni ebbe una figlia la quale pure si maritò
a sedici anni ed ebbe subito un figliuolo. La nonna aveva trentatrè anni. Una nonna da burla ! Eppure quella doppia carica materna non poteva a meno di renderla più matura. La mamma che accompagna a passeggio le sue ragazze, che le conduce a teatro e alle feste, non può senza fare una stonatura ed esporsi a commenti poco benevoli, sfoggiare le ultime mode capricciose, se anche il suo fisico le consente di adottarle. In Francia, nel paese dove la donna tiene alla sua bellezza e alla sua conservazione più che in ogni altro, non si distinguono le mamme dalle figliuole, poichè l' arte dei cosmetici, delle tinture e dei capelli finti soccorre i guasti della natura. Alcuno mi diceva di recente che in Francia non esiste più la vecchiaia femminile francamente accettata. Tutte le signore si fermano al tramonto, che ha pure le sue civetterie e le sue grazie seduttrici.
In Italia, però, le signore dimostrano maggior serietà; e per fortuna di chi ama l'esperienza della vecchiaia, la maternità dolce della sua carezza protettrice, il soccorso della sua parola che incuora, mamme autentiche dagli abiti oscuri, dalle capotes ornate di modeste violette sulle bande dei capelli d'argento ne esistono ancora.
LE NUORE
Una nuora al fianco di una suocera ancor giovine ed elegante, non è un terribile documento come una signorina da marito. È ben vero che se c'è la nuora c'è anche, di conseguenza, un figliuolo ammogliato, ma i maschi, l'ho detto, lasciano con
servare alla mamma più a lungo la sua apparenza giovanile. Suocera e nuora moderne possono essere scambiate per una sorella maggiore ed una sorella minore. I modelli dei vestiti possono essere gli stessi, meno qualche piccola diversità di taglio e d'ornamento : possono portare le stesse forme di cappello con una differenza di colore, se la nuora non ama le fogge estremamente ardite. Anzi questa parità affiata meglio le due donne, le fa amiche, togliendo da una parte un po' di quell'autorità che è sempre poco gradevole, aggiungendo dall' altra la confidenza. Forse uno dei motivi per cui gli attriti fra suocera e nuora sono meno frequenti oggi e meno aspri che in addietro, oltre che nella disgregazione delle famiglie patriarcali così che ognuno ha la propria famiglia a sè e segue le abitudini che vuole, è da ricercarsi nel ringiovanimento delle suocere, che non trattano più le nuore dall' alto del loro grado gerarchico avvolte nella maestà della loro esperienza, rappresentanti d' una altra generazione, intransigenti e sempre in via di criticare i tempi nuovi e le moderne consuetudini. La suocera del secolo ventesimo ha le stesse abitudini, presso a poco, e gli stessi gusti della nuora ; è colta come lei, mondana come lei, crede alla scienza e disprezza i pregiudizi, come lei : la supplisce molte volte o si fa sostituire. Certo, rimane la diversità dei caratteri che può generare diversità di gusti e di vita ; ma quando non v'ha squilibrio d' intelligenza, d' istruzione, di ambiente civile, molti pericoli di disaccordo e di contese sono tolti, o almeno riuscirà assai più facile alla suocera intendere, giustificare, scusare.
LA RELIGIONE E LA DONNA
«Quand l' homme a perdu la foi il lui reste l'honneur quand la femme a perdu la foi il ne lui reste rien» scrisse un letterato francese. Infatti una donna senza religione è assai vicina a transigere con la sua coscienza, a trasgredire i suoi più severi doveri. La religione proveniente da una salda fede, in un animo illuminato è l' appoggio più sicuro, la guida più infallibile per la rettitudine della vita e delle azioni. Ma la religione non consiste, come molte signore credono, nell'assidua frequenza alla chiesa, nell' osservanza stretta delle regole e dei comandamenti : la religione deve compenetrare come un fluido divino tutti i nostri pensieri, tutte le azioni della nostra vita. Deve insegnare sopratutto la superiorità, quindi l'indulgenza, la tolleranza, la pietà per tutti : deve nutrire incessantemente l' energia più nobile della nostra anima per il compimento del dovere a qualunque costo, per il sacrificio, per l'abnegazione ; deve fornirci di una serenità costante, quale può possederla chi sa di avere posto le proprie sorti nelle mani di Dio. Deve, la religione, insegnarci a pregare. Molti pregano con le labbra, pochi con l'anima. Vi sono certe preghiere (e sono le più efficaci) che non hanno bisogno di parole per essere espresse e ascoltate dall'Ente supremo. Basta uno slancio fervido del pensiero nell' ora del pericolo o dell' angoscia : basta un atteggiamento di rassegnazione dell'anima, basta un desiderio di preghiera. Alcune signore trascurano la loro casa e la loro famiglia per prender parte a tutte le funzioni religiose, per
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recarsi a pregare innanzi a questa o a quella immagine. E il marito che risente le conseguenze della diserzione se la prende con la religione, coi sacerdoti, con Dio : esce in frasi irriverenti : trova che la fede è più dannosa che utile, e dal suo punto di vista pratico, e nel suo caso particolare, non si potrà dargli torto. E se le figliuole abbandonate a sè stesse crescono infingarde e civettuole, o peggio abusano dell' abbandono ; se i fanciulli annoiati dalle lunghe permanenze in chiesa, pigliano più tardi la religione in uggia e acquistano un falso concetto della preghiera, di chi la colpa ? Della madre loro...
Altre donne si servono della religione come di un manto destinato a coprire le peggiori brutture. Seminano la discordia, opprimono i deboli, impongono il loro egoismo, soddisfano i più bassi istinti della loro natura, passano di scandalo in scandalo non curandosi dei cattivi esempi che dànno nella intimità, ma poi, per proteggere la loro fama, vanno ad inginocchiarsi ad ogni altare, appendono voti, fanno parte di tutti i Comitati di beneficenza, trascinando religione e fede nel fango dell' ipocrisia.
SUPERSTIZIONE
La religione nelle anime piccine, nelle menti indotte, degenera presto in superstizione. E quanto è consolante, è alto, è degno di riverenza lo spettacolo di una fede sincera, anche se professata da umili creature, con semplicità di cuore; altrettanto è disgustoso e ridicolo un culto superstizioso. Rammento
in un bel romanzo di costumi napoletani, di Matilde Serao, la storia quasi umoristica d' una certa statuetta di Santo che per non aver concesso la grazia chiesta fervorosamente da una implorante, fu da questa battuto fino a serbarne i segni sullo stucco che lo rivestiva e poi messo in castigo sul davanzale della finestra per tutta la notte invernale. Prima però — narra l' autrice — la femminuccia gli tolse il bambino dalle braccia (era un Sant' Antonio) perchè lui, diceva, non ne aveva colpa....
Forse eccessi di tal genere non si ripetono fuori delle regioni meno evolute d' Italia : ma in ogni luogo abbiamo però donne, e fra esse signore della piccola borghesia, che chiedono insistentemente questa o quella grazia a un dato Santo e non ottenutala ne abbandonano il culto, disgustate come di un medico che non avesse conseguita una guarigione. Altre esigono a tutta forza miracoli, e per averli si espongono a disagi di pellegrinaggi, interrompono cure, peggiorando le loro condizioni fisiche, se si tratta di salute, giacchè è assurdo violare le leggi naturali, dal Creatore stesso decretate, per poi pretendere il sovrumano. Anche certe devozioni composte di formule ripetute centinaia di volte : certe immaginette o certe medaglie a cui si attribuiscono virtù particolari e piccine, certe penitenze di digiuni e di privazioni, compiute magari a scapito della salute, sono tanto lontane dalla religione vera quanto il paganesimo dal cristianesimo.
SPIRITISMO E MISTICISMO
Da qualche anno le scienze spiritiche hanno fatto dei credenti anche nel campo femminile. Anzi la donna, che si getta nelle intraprese con più ardore dell' uomo, e quando un' idea nuova riesce a convincerla la adotta con maggior esclusivismo, è stata ed è propugnatrice istancabile dello spiritismo, fra le schiere degli spiritisti. Uno dei « medium » più possenti è appunto una donna : Eusapia Paladino ; un' altra donna, Annie Bésant, autrice di parecchie opere, è considerata come uno dei luminari di questa scienza pericolosa : e molte e molte, nelle nazioni anglo-americane, si sono date con passione a tale genere di indagini e di studi.
Scienza pericolosa, ripeto, per l' intelletto della donna così impressionabile, così infiammabile, così facile, nell'ardore di un esperimento, nel fiammeggiare d'un'idea, a scambiare l'illusione per la realtà, il giuoco dei suoi nervi eccitati e vibranti con la manifestazione del soprannaturale ! Molte signore che si erano date con interesse all'esperimento del tavolo semovente con relativa invocazione degli spiriti, riportarono nel loro organismo tali scosse nervose da serbarne traccia per anni. Non consiglierei perciò nessuna donna sensibile e dai nervi facilmente vibranti a prender parte alle cosidette « sedute » nemmeno per gioco. Giacchè, come gioco è troppo macabro: come esperimento poi è tutt'altro che inconfutabile.
Che esista un fluido misterioso, superante i sensi ed anche un poco la nostra comprensione, questa è
verità; che certi fenomeni, come i sogni rivelatori, la telepatia, i presentimenti, si ripetano di continuo, anche questo è assodato ; ma tocca alla scienza, austera, paziente raccoglitrice, di battere alle porte del Mistero, finchè forse qualche spiraglio di luce ne esca. Noi, senza negare nè affermare, aspettiamo.
Il misticismo anche raccoglie dietro la sua bianca bandiera cosparsa di stelle d' oro una discreta coorte di spiriti femminili. Dall' opera di un colto giovane, il conte Aldobrandino Malvezzi, Il misticismo cristiano, rilevo che le donne ebbero una parte importante nella storia del misticismo. Infatti fu una santa che compendiò i caratteri del misticismo più ardente e appassionato : Santa Teresa.
« Fuoco, ardore, affanno, altro non vi è nell'amor di Dio descritto e sperimentato dalla grande Mistica — scrive il Malvezzi. L'estasi è una vampa che di subito vi assale e lascia interdetti e stupiti, immemori delle divine meraviglie che sono pur apparse agli occhi abbagliati ».
Più tardi abbiamo un'altra grande mistica nella signora di Chantal, fondatrice dell' ordine della Visitazione : e nel secolo XVII Madame Guyon incarnò, osserva sempre il Malvezzi, lo spirito del misticismo sentimentale. Le sante dell' Ordine di S. Francesco furono tutte mistiche ferventi, basta scorrere la loro vita nelle cronache sacre per convincersene.
Ai nostri giorni qualche mistica si trova ancora nei conventi, ma la fama dei suoi scritti e delle sue virtù non si diffonde, forse perchè non trova l'eco nello spirito dei tempi, dominati dallo scetticismo
gaudente. Fra le scrittrici cattoliche si riscontra qualche sincera ispirazione, qualche slancio lirico determinato dal misticismo, ma non credo oltrepassi, di molto almeno, i limiti dell' arte per entrare nella pratica della vita.
SEPOLTE VIVE
Non dimenticherò più la visita da me fatta per una rara concessione a un antico convento di Clarisse. L' ordine fondato da Santa Chiara è severo nelle regole e comanda la più stretta clausura. Quanti anni erano che l'alto portone non si apriva ad una signora vestita alla moda ? A me parve di uscire dal mondo contemporaneo, di entrare in un'epoca anteriore non tocca ancora dal soffio dei tempi nuovi. Anche le monache che mi vennero incontro mi parvero larve, non donne. Nell' abito nero dal bianco soggòlo complicatamente increspato, di foggia uguale a quelli che indossano le sante nei quadri antichi, le loro persone apparivano incorporee, il volto del colore e della finezza della cera. Nelle loro pupille traluceva un' ingenuità infantile, nelle loro parole si svolgeva un linguaggio d'altri tempi in cui s'indovinavano le lacune enormi scavate dalla loro assoluta separazione dal secolo. Stavano rinchiuse là, le sepolte vive, da venti, da trenta, da quarant'anni : molte di esse non avevano mai veduto la ferrovia, non sapevano che vagamente cosa fosse il telegrafo. Di telefono, di fonografo, di elettricità, inutile parlare.
Io rimanevo sbigottita, quasi terrorizzata. Eppure quelle donne velate, dal passo d' ombra, parevano
calme e serene. Mi addussero per corridoi immensi fiancheggiati da reliquari che mi apersero e che contenevano due o tre ordini di teschi, alcuni coronati. Reliquie di Santi. Mi dissero con orgoglio che il loro convento ne possedeva quasi trecento. Imaginai quegli immensi corridoi nelle sere d' inverno, con quelle sepolte vive, pallide come i teschi. La regola esige che due monache, per turno, siano in continua adorazione innanzi all' altare. Ve n' erano due infatti quando visitammo la cappella : due forme nere, velate, immobili nella loro preghiera che somigliava ad un annientamento.
Le monache furono molto cortesi e mi fecero gli onori del convento con infinita bontà. Ma un gelo mi penetrava e pareva arrestare anche in me il ritmo della vita mentre le seguivo sulle pietre nude, tra i muri bianchi, le finestre chiuse come quelle d' un carcere, nell' ombra, nel silenzio claustrale che tanto somiglia a quello dei cimiteri. Io pensavo « Queste creature non vedranno più la campagna florida di mèssi sotto il sole ; non vedranno più il mare azzurro, sconfinato ; non vedranno più le ondulate linee dei colli, o i gioghi severi e selvosi.
Non vedranno — e forse non hanno veduto mai — i miracoli che l'arte sacra italiana ha compiuto : il Duomo di Milano : Santa Maria del Fiore, le basiliche di Ravenna, le Chiese di Venezia, di Pisa, di Siena, di Ferrara, di Bologna, d' Orvieto, di Roma.... Mai i tesori d'arte che in esse si racchiudono, che adornano le Gallerie italiane. Non faranno mai più una passeggiata al sole, non saliranno a un
Santuario, non vedranno un'alba su un lago, il tramonto della luna.... Non sapranno mai quello che l'umanità ha conseguito nelle sue ultime vittorie.... La civiltà, la bellezza, la natura, sono per esse lettera morta....
Rabbrividivo mentre le Clarisse mi parlavano quetamente, e mi pareva che quelle sepolte vive, rotti tutti i vincoli con la famiglia, con la società, col progresso, con la natura, non potessero lodare Dio che incompiutamente, poichè si vietavano di ammirarne la potenza e la bontà e la provvidenza nelle manifestazioni maggiori....
LE CONTADINE
Molte volte mi è accaduto di pensare che fra tutte le classi sociali, quella dei contadini è la classe che più uguaglia la donna all'uomo. Crescono insieme, gli studi non li separano, la diversità del mestiere o della professione nemmeno, lavorano insieme da fidanzati, lavorano insieme da sposi, insieme riposano da vecchi. In certe regioni, come nell' Emilia e nella Romagna in cui il contadino non ha mai la miseria, anzi spesso un relativo benessere e qualche volta, sotto le rustiche abitudini, l' agiatezza, la vita di una contadina può essere invidiabile. Da fanciulle, nessuna condizione più lieta della loro. Un' attività sana, all' aria aperta, che sviluppa gradatamente il loro fisico fino al pieno rigoglio : la compagnia gioconda di coetanee e di coetanei tra cui trovano il damo al quale sono libere di accompagnarsi senza che alcuno trovi a ridire. E i villici amori di cui gli stornelli, i ri-
spetti, le romanelle ci rimandano l'effluvio di spontanea ed ingenua poesia, gli amori tramati nelle veglie delle stalle o sotto il solleone fra il grano biondo e il lampeggiar delle falci; od anche fra i tini ricolmi di grappoli d' ambra e di rubino dal-l' acre odore, si svolgono, nelle domeniche, lungo le viottole fiorite di margherite, lungo le strade maestre, dai cascinali alla chiesa, dalla chiesa alla cucina, nei vespri tranquilli. Dolci e liberi amori la cui serena gioia traspare dai volti composti allo stesso sorriso, tante volte segretamente invidiati da qualche anima inquieta in una triste solitudine piena d'avanzi di naufragio ! Essi percorrono ordinatamente, come natura vuole, la loro parabola di sogno, di voluttà, di appagamento e di quiete. Le belle fanciulle divengono floride spose, forti madri, ma ancora nella compagnia fida delle coetanee con le quali vanno alla Messa, ai Vespri, adducendo per mano i figliuoletti, altere e paghe della loro fecondità come la terra quando si stende al sole d'agosto dopo aver dato tutti i tesori.
L'età matura e la vecchiezza sono per la contadina meno tristi che per ogni altra donna. Quando non le bastano più le forze per attendere ai lavori campestri s'occupa in casa. Ha il filato, i bachi da seta, i polli, il burro, mille piccole industrie, e regge la famiglia con un' autorità rispettata da ognuno. Più vecchia ancora fila alla rocca, si scalda e si riposa al sole libero che innonda l'aja asciutta innanzi alla sua dimora : custodisce i piccoli nipoti e a veglia narra le fiabe e i suoi ricordi, ancora in mezzo ai suoi, alla sua gente da cui è amata e onorata.
Fra le regine e le contadine si svolge la scala sociale, su ogni gradino della quale sta la donna compagna dell' uomo. Ma chi oserebbe affermare con perfetta convinzione che il gradino del sommo sia migliore del primo !
La nemica — Il dolore — Il lutto — Vedova ! —
Manifestazioni di cordoglio — La sventura
e il carattere — La sventura e gli obblighi
sociali — Leggerezza — Fínchè io viva e più in
là.... — Le consolazioni — Resurrexit! —
Intime lotte — Seconde nozze — Il contegno —
Un momento difficile — I figli che sono
venuti e quelli che verranno — Gelosia del passato —
Vincoli antichi — La matrigna —
L'orfana — La morte nella vita — Tristezze
ignote — In cerca di pace — Labor omnia
vincit— E per lei nulla ! — L' amicizia e la
sventura.
L'ora presente è invano - non fa che
percuotere e fugge. Sol nel passato
è il bello, sol nella morte è il vero.
G. CARDUCCI.
LA NEMICA
L' umanità a forza di studio e di perseveranza può domare gli elementi, può asservire ai suoi bisogni e ai suoi piaceri le forze della natura, può strappare qualche segreto al mistero che ne circonda, ma avrà sempre una feroce, un' invincibile nemica: la morte.
L'uomo si sviluppa faticosamente, si prepara alla vita attraverso alle lotte, s'agita e spasima per conseguire la ricchezza, l' amore, i piaceri, la gloria, come dovesse rimaner per un tempo illimitato sulla terra. Invece la vita è cosa breve ! e la sua dimora quaggiù così provvisoria! Spesso è appena giunto che la morte lo ghermisce: o, più crudele, gli lascia intravedere attraverso a mille lusinghe l' esistenza e gli recide d'un colpo vita e speranze: talvolta lo abbatte nel pieno rigoglio della maturità, appena, attraverso a infinite tribolazioni, è pervenuto a porre il piede sulla vetta della vittoria.
Eppure se non ci fosse la morte, non ci sarebbe la vita, poichè la vita è rinnovazione continua. Non vi sarebbe lavoro, nè progresso, nè civiltà, giacchè
l'azione dell'uomo è costituita dalla sua difesa contro la morte, e la civiltà non è che il prodotto di innumerevoli generazioni succedute le une alle altre. Inchiniamoci dunque ai decreti imperscrutabili della Divinità e alle savie leggi della natura, forti della nostra fede che ci fa intravedere oltre i ri- stretti confini del mondo una plaga luminosa dove sapremo il perchè del dolore, e il nostro spirito, purificato da una serie di prove penose, raggiungerà l'apice del suo glorioso destino.
« La vita nostra è un momento fra due eternità disse Platone.
IL DOLORE
È meno difficile rassegnarsi alla morte che rassegnarsi al dolore. Eppure anche il dolore è comune retaggio degli uomini, e se bene osserveremo, si vedrà che nessun destino ne va esente. In un momento o nell' altro, della vita, il dolore coglie, sferza, abbatte: e quand'anche alcuno fosse così privilegiato per sfuggirgli, non si potrebbe mai sottrarre al dolore prodotto dalla perdita di qualche persona teneramente cara. Ma poi quale anima può dirsi al sicuro dalle delusioni, dai tradimenti, dalle offese, dalle separazioni, dalle tristezze: e in ispecie l'anima femminile così facile a schiudersi a un raggio che la illumini, a una carezza che la sfiori, a una musica che la faccia vibrare, a un profumo che la innebbrii ?
Eppure anche il dolore, noi lo sentiamo, ha la sua bellezza austera, la sua rude bontà. L'arte più bella fiorì dai dolori inconsolabili. Le azioni più
magnanime furono meditate e compiute sfidando il dolore e la morte. Scrisse Giuseppe Giusti: «Dal dolore, dal solo dolore nascono le grandi cose, e sorgono i forti caratteri come il fiore dalla spina. Nella gioia l'uomo è sbadato, imprevidente, infecondo: le belle qualità dell'animo e della mente, o non sono o non si palesano negli uomini felici: una sventura le fa scintillare come l' acciaio la pietra focaia. »
Eppure allorchè giunge il soffio rude della bufera, quando i fiori dell'anima cadono, quando i sostegni si spezzano, quando le luci si spengono, noi ci troviamo disorientati, smarriti, in preda al terrore del caos. Cerchiamo affannosamente se qualche cosa sia rimasta dopo la tempesta, uno stelo, una fronda, a cui poter attaccare un filo — sia pure esilissimo — di speranza nuova. Nulla! Non è rimasto nulla, un deserto! Ci rivolgiamo allora ai nostri simili, a coloro che nei giorni lieti avevamo un po' trascurato, ma ai quali pure ci legano rapporti cordiali... Inutile! Essi non ci capiscono più, o meglio: noi li sentiamo troppo lontani dal nostro dolore, per averne un sollievo. Nemmeno la preghiera può, in questi primi momenti di terrore arrecare conforto. Anche Gesù ebbe a provare questo abbandono nell'orto degli Olivi. Tutta l' anima è piena d' amarezza e di ribellione. Non abbiamo che il sentimento d'una grande ingiustizia, non sentiamo che il nostro dolore, e la preghiera che non può più essere un inno o una supplica ardente, muore sulle nostre labbra....
Ebbene, in queste ore di buio, di annientamento, bisogna imporsi una coscienza vigile, una volontà indomabile. « Preghiamo, diceva il Manzoni, che il
nostro capo possa sempre inchinarsi quando la mano di Dio sta per passarvi sopra. »
Se abbiamo errato, accogliamo la dura prova come un' espiazione: se non abbiamo nulla a rimproverarci, sforziamo i nostri occhi mortali a vedere in essa più d' una causa comune di sofferenza, qualche cosa di prestabilito, d' utile per il bene del nostro spirito, per il nostro progresso morale. E se avremo la coscienza di sentirci puri, anche fra il martirio una pace arcana, malinconica ma benefica, non tarderà a scendere leggera e non sperata sui tumulti del cuore, sull' acerbità del dolore.
Noi dobbiamo imparare inoltre a soffrire in silenzio senza far portare agli altri il peso della nostra croce: dobbiamo sorridere alle gioie degli altri senza funestarli coi fantasmi dei nostri disinganni, dei nostri rimpianti: dobbiamo valerci della nostra esperienza del dolore senza perdere la fede nell'esistenza della bontà e della giustizia, e consolarci consolando....
IL LUTTO
Il lutto è la manifestazione esterna del dolore : é un tributo di rispetto e di pietà che diamo ai nostri cari estinti ; è bene quindi osservarlo e portarlo con serietà e decoro.
Nell' antichità le donne portavano nel lutto abiti di color nero, tanto presso i greci quanto presso i romani. Questo uso esisteva già ai tempi di Omero, il quale ci fa sapere che Teti addolorata per la morte di Patroclo, indossò la più nera delle sue vesti.
Però il colore degli abiti di lutto variava secondo i popoli. Per i persiani e per i turchi era l' azzurro: per la setta d'Alì il verde : per i cinesi il bianco : per gli egiziani e per gli spagnuoli il giallo : per i peruviani il grigio. In Francia, sul principio del regno di Filippo Augusto, non si conosceva l' uso del lutto. Sotto Carlo VI i gran signori soltanto portavano il nero in segno di cordoglio e i domestici erano vestiti di bigio castagno. Luigi XI portò il lutto del padre in rosso, ma il lutto consueto dei re di Francia era in paonazzo. Le regine di Francia invece, fino ad Anna di Brettagna, avevano adottato il bianco per le loro vesti di gramaglia: di qui il nome di regine bianche alle regine vedove: ma Anna portò in nero il lutto di Carlo XIII, e Luigi XII usò anch'egli il nero per lutto contro l'usanza dei suoi predecessori.
Ai nostri giorni il lutto presso la maggior parte dei popoli civili è il nero : il mezzo lutto, il grigio, il bianco e nero e il violetto. Vi è il lutto grave, il lutto leggero e il mezzo lutto. Il lutto grave consiste nell' intero vestiario di lana e crespo: il mezzo lutto resta tutto nero ma in seta: il lutto leggero si porta in grigio, in bianco e nero, in viola, in bianco.
Il lutto più severo è quello della vedova che dura due anni : il primo anno lutto grave con molto crespo; la piccola capote orlata di bianco con un lunghissimo velo: il secondo anno, sei mesi mezzo lutto, sempre in nero, ma usando la seta, il cappello rotondo e i brillanti : sei mesi lutto leggerò, in grigio, bianco e nero e viola. Può portare anche le perle, ma non le pietre colorate. Per i genitori il
lutto si porta un anno : sei mesi lutto grave, sei mesi mezzo lutto. Per i suoceri, figli, nuore e generi, come per i genitori. Per i nonni sei mesi di lutto divisi : tre mesi di lutto grave, un mese seta nera e veli più leggeri: due mesi mezzo lutto.
Per i fratelli e sorelle, sette mesi di lutto: quattro lutto grave, due mezzo lutto ed uno lutto leggero. Per i cognati sei mesi di lutto divisi: tre lutto stretto, due mezzo lutto, ed uno lutto leggero. Per gli zii e le zie quattro mesi di lutto divisi : due di lutto grave e due di mezzo lutto. Per i nipoti tre mesi divisi in quaranta giorni di lutto grave, un mese mezzo lutto e il resto lutto leggero. I primi cugini richiedono lo stesso grado di lutto dei nipoti; i cugini in secondo grado un mese di lutto diviso: quindici giorni lutto grave, e quindici mezzo lutto: cugini in terzo grado, lutto leggero per quindici giorni. Vi è un altro lutto chiamato di convenienza che esiste per parenti lontani o affini e si porta quindici giorni, leggero.
La gente di servizio non indossa il lutto, a meno che si tratti del padrone o della padrona di casa. Allora le livree saranno tutte nere e al cappello verrà posto il velo nero. Il periodo per i domestici dura quanto il lutto grave dei padroni.
La carta da lettere, i biglietti da visita, i fazzoletti indicano la gravità del periodo del lutto secondo la maggiore o minore altezza della fascia nera. Le pelliccie purchè oscure si possono portare durante il lutto: ma il pelo più indicato è l'astrakan e il mongolia.
VEDOVA!
Vedova! triste parola che significa un' ancor più triste cosa: lo schianto d' una separazione eterna tra due creature che amore aveva piegato dolcemente l'una verso l' altra e poi strette in una comunione di anime, di corpi, di vicende, di destino: di sogni, di desideri, di speranze: formandone quasi un essere solo. Indi, per la misera superstite la solitudine, l' isolamento, il freddo al cuore, tanto più dolorosi quanto più l' abitudine dolce dell' intimità, dell'appoggio, della vita in due, le era stata cara e aveva messo profonde radici nell' anima sua. Ella e il suo sposo erano partiti insieme per il pellegrinaggio della vita, nel mattino ridente della giovinezza, con un lieto corteo d'auguri, di sorrisi, di rosee illusioni. E nell'ebbrezza di sentirsi insieme per sempre, uniti per sempre sotto la benedizione di Dio e nella luce della verità in faccia agli uomini, essi non credevano che sarebbe stato possibile disgiungerli, nè per forza umana, nè per volontà divinai.. No, poichè essendo puri e felici nella loro tenerezza, amavano e beneficavano : e Dio che li aveva uniti non poteva volerli separare. Così spingendo lo sguardo nell'avvenire, sino ai loro lontani capelli bianchi, si vedevano insieme, ancora conforto per l'uno, protezione per l' altra : e facevano disegni d' avvenire alla culla del loro figliuolo, e si proponevano di trasfondere in lui la parte più eletta dei loro pensieri e dei loro cuori: lo vedevano fanciullo, giovinetto, uomo, ed essi con lui, intrecciare ancora le loro mani sulla sua testa, stringerne ancora il suo piccolo volto tra i loro due volti...
Un rombo lugubre d'ali interrompe il sogno buono e pio. Passa la morte cieca e crudele: passa e percuote... L'uomo pur ieri fiorente non è più che una forma senza vita, muta, immobile: nè tutte le lagrime disperate di lei che gli fu tanto cara, nè la sua voce a cui mai rimase silenzioso, possono più riscuoterlo dall'altissimo sonno. Ed ella rimane sola : sola fra tutte le cose che le parlano ancora della vita comune, delle speranze d'avvenire, del passato che non può più tornare. Che cosa farà della sua vita oramai ? Il sole è spento, la sua anima è spezzata: si sente una sepolta viva, una morta nella vita. E non le si concede nemmeno di piangere in pace, perchè c'è bisogno di lei per mille formalità: ella stessa è costretta a prendere urgenti deliberazioni, a entrare nel mondo degli affari, delle leggi, da cui l'amorosa tutela del marito l'aveva sempre preservata. Con l'angoscia, con le lagrime alla gola, col terrore della casa deserta senza quella voce, senza quel sorriso, bisogna uscire, veder gente, trovarsi con gli avvocati, e sentire ad ogni momento profanato il proprio dolore con le aride formule della legge: udire il nome caro che non si mormora più che nelle preghiere pronunziato cento volte insieme alla riconferma della nostra sventura...
È terribile. Eppure il più triste vien dopo : passato il periodo di sbalordimento, dopo, quando la vita si ricompone e tutto torna come prima, meno quella persona che non torna più, che non riprende più il suo posto a mensa o al focolare, di cui non udiamo più il passo noto e la voce che ci rasserenava: di cui non rimangono che immagini fredde incorniciate a bruno tra i fiori... Il tempo passa ancora:
mesi, anni ; ma il vuoto non si colma, ma il passato non si dimentica, ma il ricordo non si assopisce. Non piangiamo più, però la nostra anima geme, nel suo profondo, e il rimpianto non tace. Gli anni passano, l' erba cresce alta sul luogo dove egli dorme, e noi contiamo quegli anni pensando amaramente quanti ne furono rubati alla nostra felicità e alla sua vita. Il giovine sposo sarebbe ora un uomo nella pienezza della virilità, potrebbe cogliere ora la mèsse matura, di cui, faticando, lottando, difendeva i piccoli germogli quando la morte lo colse. E noi, che vedemmo pure morire la nostra giovinezza, che entriamo nella maturità, sentiremmo più che mai ora la dolcezza, il conforto, il bisogno della sua parola tenera e fedele, del suo sorriso incoraggiante, del suo braccio vigoroso. Invece siamo sole : la vedova è sola — e sola deve scendere la triste parabola, fino alla morte...
MANIFESTAZIONI DI CORDOGLIO
Il dolore, come la gioia, l' avvenimento nefasto come l'avvenimento lieto, sono stati costretti dalla civiltà ad assumere un carattere e a sottoporsi a costumanze speciali. Del resto il rito, sia di gioia o di lutto, è sempre solenne ed accresce l' entità dell' evento che celebra, associando al nostro sentimento il sentimento altrui. Si partecipano le nozze, si partecipano le nascite e si partecipa anche la morte. Se non si preferisce servirsi dei giornali come è invaso l'uso, gli annunzi funebri vanno distribuiti entro le ventiquattro ore del decesso : devono essere redatti in forma sobria e chiara, indicando
pure il luogo e il modo dei funerali. I primi a dare il triste annunzio sono i parenti più prossimi e poi grado grado fino ai meno prossimi. La vedova ha diritto di precedenza pur sui genitori. Anche nelle partecipazioni l' orlo nero è largo, secondo il lutto è più o meno grave. L'annunzio di morte d'un bimbo non porta il lutto che in un angolo.
Anche il colore dei fiori per la bara, varia a seconda dell' età e della condizione dell' estinto : di tinte violacee per gli adulti, tutti bianchi per una giovinetta, d' ogni tinta per i bambini. I parenti dell'estinto ne seguono il convoglio in carrozza, gli amici a piedi: se si tratta d'una signora, anche le signore vanno a piedi e possono reggere i cordoni della bara: distinzione che si accorda sempre a chi ha qualche privilegio di posizione, d' età o di parentela o di amicizia. Nell'ora del funerale, alla porta della triste casa visitata dal dolore sta una persona incaricata a raccogliere su un vassoio i nomi o i biglietti da visita di quelli che sono intervenuti o si sono fatti rappresentare o hanno mandato fiori. A questi biglietti e a tutti quelli di condoglianza, la famiglia risponde con apposite carte da visita, a lutto, con ringraziamento stampato. Alle lettere sarà bene rispondere personalmente, scrivendo anche poche parole su un cartoncino chiuso. Non si fanno condoglianze nè si risponde ad esse per cartolina. Le visite di condoglianza si fanno dopo otto o quindici giorni; brevi visite nelle quali s'indosseranno vesti semplici ed oscure. Anche alla Messa che la famiglia fa celebrare per il defunto dopo i trenta giorni, gli invitati debbono intervenire con
abiti dimessi e bruni. Al funerale e alla Messa di requiem il lutto è d'obbligo per tutti.
Le tombe fiorite come altari dall'amore e dalla pietà dei superstiti, suscitano commozione e rispetto: ma certe epigrafi troppo elaborate e pompose, ma certe frasi stampate o ricamate in qualche quadretto votivo o in qualche nastro destinato a far sapere agli altri la misura del nostro dolore, mi sembrano irrisioni e profanazioni alla sacra maestà della morte. Un semplice nome, un pronome a piedi d'una ghirlanda o d' una croce, sono abbastanza eloquenti per il mondo : e per il caro spirito a cui s' indirizzano e che legge dall'alto nei nostri cuori, non c'è bisogno di parole scritte.
Quanto alle visite al cimitero, non c'è regola che obblighi o che vieti. Ognuno segue il proprio sentimento e interroga le proprie forze. Vi sono delle persone che non hanno mai saputo vincersi e non si sono mai recate a pregare sulla tomba che racchiude un essere diletto: altre invece trovano conforto a recarvisi spesso e a prodigarle le loro cure. Io credo che questo ufficio pietoso sia quasi un obbligo per la donna : poichè nessuna mano sarà più provvida e più pia di quella d'una vedova, d' una figliuola, d' una madre. Meglio dunque imporsi subito il coraggio e iniziare la mesta consuetudine, che passato il primo periodo di emozione procurerà realmente qualche sollievo.
Nel tempo del lutto grave non si frequenta affatto la società: non si 'interviene a balli, nè a ricevimenti, nè a ritrovi. Ai teatri e ai concerti è permesso andare dopo sei mesi. Non si riceve più a giorno fisso nè si va a trovare le amiche nei
giorni di ricevimento. È bene astenersi dal farsi vedere nei luoghi e nelle ore delle passeggiate eleganti. Se anche il lutto non fu molto doloroso, non si dovrà mai dimostrare troppa premura nel riprendere le abitudini e la vita di società. Ad ogni modo si riprendano gradatamente.
LA SVENTURA E IL CARATTERE
Quando una grande sventura colpisce, è naturale che tutto il nostro organismo se ne risenta come per gli effetti d' una scossa terribile. E così anche il morale subisce spesso mutamenti improvvisi. Noi tutti abbiamo veduto qualche creatura di carattere vivace e gaio ed espansivo, divenire dopo uno di questi colpi crudeli, cupa, taciturna, languida e triste : oppure un' indole serena e calma divenire ad un tratto irritabile ed inquieta ; ed anche qualche persona riflessiva, ordinata, sobria, mutarsi dopo la morte di alcuno che le era supremamente caro, in sventata, sregolata, talvolta fino alla dissolutezza.
Chi infatti in uno di cotesti disastri dell' anima non ha sentito la tentazione di stordirsi, non importa in qual maniera : di rinnegare tutti i propri ideali più cari : di demolire tutto un passato di virtù, d'abnegazione, di pazienza, quasi per opporre crudeltà a crudeltà ? per un impulso di reazione forte e selvaggia contro il forte e selvaggio dolore ? Momento pericoloso e supremo che ha deciso di molti destini, che ne precipitò molti, giù, nelle tenebre. Il suicidio, la follia, il delitto, il primo passo verso l' abbrutimento, lo slancio nei vortici micidiali
dell'ebbrezza, non sono che la conseguenza di uno di questi momenti, se l' anima non è temprata a superarli. Ma noi dovremo lottare contro questo elemento torbido venuto a galla dopo lo sconvolgimento della tempesta, eliminarlo dal nostro cuore perchè resti tutto purificato dal rigido lavacro e si rinvigorisca. « L' avversità è nostra madre — diceva Montesquieu — mentre la prosperità non è che nostra matrigna » e diceva questo appunto per farci riflettere che il nostro carattere ha bisogno della severità della sventura la quale gli toglie le tendenze pigre e molli, la troppa facilità ad affliggersi ed a disanimarsi per le piccole cose, gli dimostra la vanità delle frivolezze, l' utilità e la bellezza di qualche nobile ed alta missione. Ravviva un carattere freddo, tempera un' indole ardente, e richiama gli spiriti alla fede riavvicinandoli a Dio. Una donna colta e gentile, Emma Boghen Conigliani scriveva : « Dall' azione la forza, dall' amore la vita, dal dolore la virtù.
LA SVENTURA E GLI OBBLIGHI SOCIALI
Gli obblighi che la civiltà c' impone verso i nostri simili, sono in certe circostanze una pesante catena che l' istinto si sentirebbe tratto a spezzare. Abbiamo veduto come anche il dolore più sacro, più austero, più acerbo, non possa sottrarsi a certe regole fisse, a certe manifestazioni comuni, a certi doveri di cortesia e di gratitudine. Ma la pietà e la gentilezza altrui deve però cercare di rendere più leggero che sia possibile quest' obbligo, e rispettare il triste raccoglimento di chi piange e soffre.
Recandoci a visitare una signora colpita da grave sventura, faremo in modo che la visita, per l'ora, per il nostro abbigliamento, per l'intonazione dei nostri discorsi non abbia nessun carattere di etichetta. Meglio prevenire prima con un biglietto per informarci se la dolente è in grado di ricevere chicchessia e se la nostra visita non le arrecherà troppo dolore. Se si farà scusare di non poterci ricevere, non le serberemo rancore e alla prima occasione le dimostreremo il nostro sentimento fedele. Dal giorno luttuoso le proferiremo i nostri servigi ma dovremo lasciarle ogni iniziativa d' invito. Se verrà nella nostra casa, le faremo un' accoglienza intima e affettuosa, e se si troveranno da noi altre persone, la riceveremo sola in un' altra stanza, giustificandoci coi primi visitatori. La maestà del dolore ha tutti i diritti di privilegio senza che alcuno possa offendersene.
Ci ricorderemo di lei quando compie il mese dalla morte, e nell' anniversario, con un piccolo ricordo pio, se ci è legata d' amicizia : un libro religioso o di severi insegnamenti morali, un' immagine sacra, un rosario, una medaglietta, dei fiori da recare al cimitero,accompagnati da qualche parola d' affetto e di conforto, sono dimostrazioni che è bello e pietoso dare a chi ha bisogno d' esser consolato.
LEGGEREZZA
La leggerezza, dall'apparenza così mite, così inoffensiva, che il nome di colpa par troppo grave per essa ; la leggerezza che viene spesso a torto considerata come una conseguenza dell' inesperienza e
della gioventù ; come la sfumatura cerulea di certi caratteri vivaci, briosi, gai ed attivi : la leggerezza che si tollera tanto bene nella donna perchè va confusa con l' eleganza, col fascino, con lo slancio irriflessivo ed esagerato, con le qualità superficiali che più attirano nella società le subite simpatie : la leggerezza, o amiche, è fra le più dannose e deplorevoli macchie dell' anima umana. Una persona leggera non sarà capace, è vero, delle cattiverie profonde e meditate, ma non sarà nemmeno capace d' un sentimento inalterabile, d' un sacrificio prolungato, di una rinunzia; d'un contegno serio e dignitoso quando la circostanza lo esiga. Ed è nel dolore, che queste anime vuote si rivelano specialmente e disgustano con lo spettacolo della loro pochezza che è anche spesso aridità. Nulla che più indigni d' un lutto doloroso e grave portato spensieratamente, con un abito pieno di fronzoli e i capricci dell' ultima moda, in giro fra la gente. Io vidi portare il lutto d' una madre col belletto sul volto, e assistetti alle galanterie di cui una vedova creduta inconsolabile, si lasciava circondare pochi mesi dopo la morte del marito, in abito di foulard nero, elegante, con le maniche di trina. Queste cose offendono, non solo chi ha sofferto, ma quanti sentono come la memoria degli estinti è sacra e vada rispettata, se non per sentimento, almeno per decoro e civiltà.
Anche in un lutto per congiunti lontani e la cui perdita non ha prodotto molto dolore, la serietà del contegno e del vestire sono da raccomandarsi non fosse altro che per educazione. Lo stesso abito a bruno sarebbe una stonatura indossato da una
persona che si mostrasse eccessivamente gaia, o civettuola, o procace: che si abbandonasse ad esercizi di sport esagerati e prendesse parte a riunioni brillanti, a divertimenti, fosse pure a scopo di beneficenza. Se l' animo non consente, meglio astenersi dal lutto, ma dacchè si adotta è indispensabile accettare anche tutti gli obblighi e sacrifici che impone.
FINCHE IO VIVA E PIÙ IN LÀ...
Laisses-moi sans trave écouter ma blessure, Aimer mon mal, et ne vouloir que lui
canta Alfredo de Musset, l' appassionato poeta innamorato dell' amore e della malinconia. Accanto alle anime superficiali che non sanno soffrire o si consolano troppo presto, abbiamo le anime profonde e fedeli che dopo essersi nutrite a lungo ed esclusivamente del loro dolore finiscono per affezionarsi a lui e non vogliono più essere consolate. Anche di queste donne, noi conoscemmo, che consacrarono tutta la loro vita al culto d' una memoria e alla religione di una tomba ; che si segregarono dalla società e vissero nel mondo come in un chiostro, cieche oramai a tutta la bellezza, sorde ad ogni lusinga : suggellate le labbra per sempre al sorriso, al canto.
In generale gli uomini non credono all' esistenza della fedeltà postuma, infatti questi casi non sono frequenti, ma non si possono negare, e si impongono al rispetto del peggior scetticismo. Il mondo tratta simili anime di esaltate e un po' le deride,
un po' le compiange; eppure noi non possiamo sapere le estasi segrete di quel dolore perenne come una limpida vena di monte, che purifica senza tregua, che mantiene sempre fresco il ricordo di colui che si piange, lo attira quasi ancora nella vita. Per queste anime privilegiate, i morti non sono perduti, sono solamente gli assenti : e il culto che si tributa loro è intimo, è dolce e continuo, libero da ogni tinta lugubre. I ritratti sono vicini a chi ebbe tanto caro il volto che rappresentano : nel sonno, nella veglia, fra i fiori, come un tempietto di Dei tutelari, per vivere sempre sotto le loro pupille aperte alla Verità infinita. Non riguardi, non false sensibilità impediscono di ricordarli nei discorsi, di mescolarli ancora alla vita che fu loro dolce.
Mi fu narrato di una signora che aveva perduto il marito nel fior degli anni, un marito assai amato e che l'adorava. Ebbene, essa non cedette alla morte crudele che la parte materiale del suo prediletto, ma volle continuare a vivere con lo spirito di lui. Nulla fu mutato nè nella camera nuziale, nè nelle altre stanze: a mensa veniva sempre apparecchiato il suo posto; il soprabito e il cappello rimasero appesi nell'anticamera; la biancheria nel cassettone, gli abiti nell'armadio. Nello studio, tutto fu religiosamente conservato intatto: libri, cartelle, penne, perfino il cestino con la carta inutile spiegazzata dalle sue dita. I gioielli e i piccoli oggetti che gli erano appartenuti rimasero nel posto dove soleva deporli: il suo orologio veniva diligentemente caricato ogni sera. Nemmeno i suoi oggetti di toilette vennero riposti: se l'Assente fosse tornato da un giorno all' altro avrebbe trovato tutto preparato
ad aspettarlo, e nel cuore della sua donna la stessa fedeltà. Questa suprema delicatezza, quest'alta idealità, sono commoventi, per me, più di qualunque tragica dimostrazione di dolore inconsolabile.
LE CONSOLAZIONI
Ma il più delle volte la vita ci riafferra e ci trascina giù, lungo la corrente, col cuore spezzato. Necessità materiali e morali ci si impongono e ci strappano anche al nostro malinconico sogno di doloroso rimpianto. E, prima timidamente, poi con insistenza, la vita offre i suoi compensi, le sue consolazioni. Innanzi tutto vengono gli affetti teneri, sinceri, devoti, delle persone care che restano, a cui ci si può dedicare con abbandono, in modo da colmare più che sia possibile il vuoto dell'anima. Poi è la soddisfazione, se l'avremo meritata, della deferenza, della stima, della simpatia altrui; della pietà che la nostra posizione desta, dei buoni aiuti spontaneamente offerti : delle attenzioni e delle premure che gli amici veri, quelli che troviamo sempre presso di noi nei cattivi giorni, ci prodigano.
Indi l'arte, questa divina, questa immancabile consolatrice, che agli afflitti apre le porte d'oro del suo tempio ideale e quando non li fa creatori, li fa interpreti, li fa estimatori della bellezza vera. Dopo un dolore l'anima è assai più sensibile, assai più vibrante e più atta ad accogliere le impressioni del genio tanto più che il dolore è uno dei maggiori elementi d'arte, e gran numero di capolavori furono composti tra qualche fiera tempesta morale.
Allora la passione della musica, la espressione dei volti umani o del paesaggio nella tela, i singhiozzi o il lamento della poesia, gli spasimi delle sculture s'immedesimano con la nostra sofferenza, la sollevano, la trasformano, la idealizzano, e le lagrime che cadono dagli occhi nostri non sono più così disperate, bensì ci arrecano un vago sollievo.
Se poi la sorte concesse l' ingegno capace di dar apparenza visibile ai propri sentimenti e alle proprie visioni, che grande, che alto conforto passar tutti nell' opera nostra — sia pur tenue — infondere la nostra anima nelle forme e nelle espressioni, assentarci dalla vita vera, che fu amarezza e delusione, per vivere nel mondo superiore dell' ideale e del sogno ! Allora, tutto quanto piangemmo perduto, può ricomporsi sotto la nostra volontà, al nostro soffio animatore : tutto quanto desiderammo invano e perseguimmo, inafferrabile, può essere afferrato e fissato per sempre nella fioritura del nostro spirito che durerà oltre la vita.... E il lavoro ci darà le sue grandi e severe gioie, ci concederà la pace, il riposo, l' appagamento della coscienza : beni che talvolta anche la più luminosa felicità nega.
Infine l'esercizio della filantropia nella misura della propria possibilità e nel cerchio della propria sfera è consolazione efficace, nobile, ricca di nuove forze ritempratrici. Tante volte la sofferenza fu così aspra e continuata che la sola possibilità di gustare la quiete costituisce una consolazione. « La malinconia è una gioia del dolore » scrive Paolo Mantegazza giustamente.
RESURREXIT
Le settimane, i mesi, gli anni passano. Anche il dolore non è più che un ricordo. La rassegnazione, questa virtù che un filosofo francese, Gustavo Droz, ha denominato: il più raro genere di coraggio, ha placato finalmente le ribellioni e le desolazioni. Anche il rimpianto si è rivestito di una dolcezza quieta e poetica, come una rovina s' ammanta di museo e d' edera: Buoni e profondi conforti ci scortano nella vita che abbiamo rifatta tutta pazientemente, filo per filo, imitando il ragno quando ricompone la sua tela che la violenza dell' uragano ha lacerato e disperso. Non si è felici — oh no — ma si è in pace perchè nulla si teme più nè si spera dall' avvenire. E così abbiamo la convinzione di dover proseguire fino alla morte.
Ma l'imprevisto attende a uno svolto della via. Il cuore che avevamo creduto immerso in un eterno letargo, dà qualche segno di vita, si scuote, palpita ancora di quel palpito affrettato, il palpito antico, ben noto.... È l'incontro di una persona, è una lettera, è una parola, è uno sguardo a cui il cuore non rimane più insensibile. E inconsciamente, nostro malgrado, quasi, proviamo in tutto l'essere il misterioso, profondo, agitatore, divino moto della resurrezione; lo stesso che dopo il sonno invernale serpeggia con le linfe della terra nelle radici segrete delle piante che parevano morte, che si credevano morte. Passa un alito di primavera sul volto e nell'anima, purificato dal gelido battesimo del dolore, e un timido desiderio sboccia finalmente, come una gaia corolla destinata a dar frutto. E la maggior
sensibilità che la sventura ci ha dato, ci fa sentire con più raffinatezza il risveglio dei sensi e del sentimento. Si ricominciano ad amare le cose che nella severità del dolore avevamo escluso : la musica tenera, i versi appassionati, le letture amene, i colori lieti, i profumi; e lo specchio, più abilmente interrogato, rivela nuovi fascini di cui eravamo possessori senza saperlo.
Après avoir souffert il faut souffrir encore, Il faut aimer sans cesse après avoir aimé.
cantava Musset: e qualche voce, dal cielo o dalla terra, lo ripete all'anima che esce dalla zona dell'ombra e si lascia ancora baciare dal sole...
INTIME LOTTE
Ma uno smarrimento in cui è timore e rimorso invade l'anima ritornata alla luce. Quella dolcezza che aleggia ora sulla sua pace, quella gioia di vivere, quell'ebbrezza di sperare ancora, di scrutare ancora l'avvenire nell'attesa di nuove promesse, le sembrano una colpa e se ne accora, se ne vergogna, se ne accusa. Come? Ella che si credeva invincibile nella torre immacolata del suo dolore sacro, essa, che lo proclamava eterno, che lo amava, anche, a segno da alimentarlo con sensazioni tristi sempre rinnovate: essa che guardava con disprezzo le spergiure, ossia quelle che si erano consolate, ella pure doveva trovarsi debole e infida così! Ah no, è impossibile ! Non commetterà mai simile viltà.... E chiude le finestre in faccia al sole, e ritorna, prigioniera volontaria, nel suo sepolcro silenzioso e
tranquillo. Ma vi ritorna abbagliata, ma il sole s' insinua per ogni spiraglio e la perseguita, e le fa arrivare fino giù, nel nascondiglio, il suo raggio fecondo, l' inno della vita. Ella allora ribadisce le sue catene, si rivolge tutta al suo passato di dolore e di morte, vi si afferra come a una suprema àncora di salvezza, balbettando nuovi voti, nuove promesse. Ma non sono sincere. Nulla è più di sincero in lei se non quel grande continuo, prepotente impulso, più forte di tutto che la sospinge verso la liberazione e la vita.
De' nidi a' verdi boschi ecco il richiamo : Il tempo torna, amiamo, amiamo, amiamo. E il sospir de le tombe rinfiorate :Il tempo passa, amate, amate, amate.
Tutto perfino la morte la incita, la consiglia, l'affranca. Eppur essa resiste tuttavia, e lotta, e oppone la freddezza agli inviti, il riserbo alle espansioni, alle preghiere l'ostinato diniego. Non rinnegherà il suo passato che le diede tanta dolcezza, non tradirà la sua fede postuma. Incederà sola, è destino. Ma lagrime le cadono dagli occhi nelle ore solitarie, e non sono più le lagrime di dolore, di rimpianto, di tristezza. Sono lagrime di pietà verso la sua condanna. La lotta s'inacerbisce, si fa più crudele: la pace s'è involata, è di nuovo fra la tempesta. Chi, ora, chi la salverà?
SECONDE NOZZE
La forza invincibile che anima il mondo e lo compenetra, l'energia che proclama alto il diritto alla vita e si fa udire sino nelle profondità degli
abissi o sulle cime inaccesse, che penetra nei crepacci
più nascosti, negli antri più bui, ha vinto.
Confusa, stupefatta e felice, l'anima femminile si è lasciata di nuovo conquistare dall' amore. Avrà accora un compagno tenero e vigile, nel cammino della vita, un braccio forte e fido su cui appoggiarsi nella fatica dell' ascesa: La vedova è fidanzata. Essa lo partecipa a voce o per lettera ai parenti, alle conoscenze più strette, ma si astiene da qualunque pubblicità : non dà serate o pranzi, non si fa vedere a ritrovi insieme al fidanzato. Nemmeno egli le offre l'anello di promessa: tuttavia nel giorno in cui ella ha acconsentito ad unire il proprio destinò a quello di lui, può regalarle un gioiello per ricordo. E da quel giorno, la vedova depone l'anello nuziale, lo rinchiude insieme alle altre memorie che conserva dello sposo estinto : se veste ancora a bruno, lascia il nero anche se non fosse spirato il termine del lutto; toglie dalle stanze i ritratti del morto e non ne porta più alcuno sulla persona. Oramai ella appartiene a un altro, la sua vita ricomincia, i ricordi e gli avvenimenti passati resteranno solamente vivi nella memoria fedele, ma non sarebbe delicatezza associarvi il suo nuovo compagno.
Una vedova non si fa il corredo, si limita a fornirsi di quegli abiti di cui abbisogna. Le nozze si celebrano con la massima semplicità. In chiesa e in municipio la sposa può indossare un vestito da visita, elegante, o l'abito da viaggio. Invita i parenti, compresi quelli del primo marito, che per solito si astengono dall' intervenire per delicatezza. Non porta fiori sulla persona o fra le mani, ma le amiche possono benissimo offrirle mazzi di fiori a casa, non
mai mazzi completamente candidi. Negli annunzi mette soltanto il suo nome di fanciulla accanto al nome dello sposo : anche nei biglietti da visita fa scrivere solamente il suo nome di famiglia e quello del suo secondo marito. Se ha dei figliuoli, li allontana per quei giorni affidandoli a qualche stretto parente per richiamarli al ritorno ciel suo viaggio di nozze. Una vedova che si rimarita non ha demoiselles d'honneur come una signorina, ed entra ed esce dalla chiesa e dal municipio a braccio del suo sposo. Procura però che assistano rappresentanti delle due famiglie. Se il fidanzato le ha regalato dei gioielli se ne adorna, ma sarebbe di cattivissimo gusto che in quel giorno portasse gioielli donatile dal defunto marito, od anche abiti od accessori indossati durante la vita di lui.
IL CONTEGNO
Se è difficile e imbarazzante per la fanciulla che va a marito il serbare un contegno disinvolto e irreprensibile durante la cerimonia, assai più difficile ed imbarazzante riesce alla donna per cui quella cerimonia si ripete per la seconda volta. Anzitutto il ritorno di quei riti, di quelle formule, la richiamano violentemente al passato, a quel passato da cui appunto si separa affatto, ed è naturale che se ne senta scossa e turbata, e nel medesimo tempo timorosa che il nuovo sposo si avveda della causa intima della sua commozione. Poi, proprio per quella apparenza di oblio, di infedeltà che hanno le seconde nozze, la vedova che si rimarita sente intorno a sè, nascosto o palese, il biasimo, la diffidenza: i
sorrisi e gli auguri che le si rivolgono non hanno la spontaneità, la freschezza di quelli riserbati alla vergine: e infine, se il secondo marito non è un uomo superiore, non può a meno di trapelare tutto ciò, di avvertirvi, magari, una sfumatura di ridicolo per lui, e di farsi vedere un po' seccato. Alla donna occorre, in questa circostanza, una finezza di tatto, di sentimento singolari. Si mostrerà non gaia, ma serena e sicura: convinta dell' opportunità del passo che fa, paga del nuovo vincolo che si impone. Gradirà i doni, i fiori, gli auguri; ascolterà lieta e sorridente le parole di speranza, e nulla, nè una frase, nè un sospiro dovrà sfuggirle che sembri o che sia un richiamo al passato. Con lo sposo sia cordiale, affettuosa, ma contegnosissima in presenza d'estranei. Per quanto fatto per passione, il matrimonio di una vedova deve sempre serbare un carattere d' assoluta serietà. Non permetta che nessuno l' accompagni alla stazione: parta con lo sposo privatamente, come per un viaggio qualunque. Se ha continuato ad abitare la casa coniugale, dopo vedova, è corretto che nei giorni che precedono le nozze e per la cerimonia, essa si reciti a vivere presso qualche parente o nella sua casa natale, se ha ancora i genitori, mai presso parenti del defunto marito.
UN MOMENTO DIFFICILE
Il difficile nel contegno di una donna che passa a seconde nozze, non è solamente quando si trova fra i parenti e gli intervenuti, ma ancora, e forse, nei primi momenti d'intimità che vive col suo nuovo marito. Sebbene ad una vedova siano
risparmiate le ansie, le paure della fanciulla, e un esagerato pudore, s' ella lo dimostrasse, sarebbe ridicolo, vi sono atti della vita che una donna sensibile e onesta non può compiere senza agitazione, senza contrasto. E l'uguaglianza delle circostanze farà ancora, e più che mai, balzare dalle lontananze ove essa lo credeva assopito, il fantasma del passato. Un altro le sedette accanto sui cuscini del vagone, le cinse la vita, le mormorò all' orecchio parole di desiderio e di passione. Un altro entrò con lei in una camera nuziale d' albergo e la baciò, ebbro, sulla bocca. E quasi istintivamente, per una forza naturale più possente della sua volontà e del suo desiderio, un confronto si determina nella sua mente, nella sua anima. Poi, l'ultimo dardo del rimorso strano e crudele, che tante intime lotte le è costato, che così rigidamente si oppose alla sua rinascita, le attraversa rapido e lancinante il cuore. È un momento difficile, per essa e per il nuovo marito che indovina, sente, vede, tutto ciò che accade nel mondo morale della sua sposa: ed è necessario per superarlo vittoriosamente, molta disinvoltura, da ambe le parti, molto predominio di sè. È necessario essere tutti all'ora presente, all'attimo che passa, e respingere e disperdere con risolutezza le caligini che tentano d'offuscarlo. Si mostri ella tenera o appassionata, secondo il sentimento la ispira, e senza la minima allusione procuri di rassicurare l' anima del suo compagno inquieta per la segreta inquietudine sua. Alcuni uomini, quando sono molto innamorati, vengono assaliti da una specie di rimpianto geloso ed acerbo per non essere il primo amore dell'amata, per non poterla possedere intatta,
corpo ed anima. E vi possono essere mariti così impulsivi, così poco delicati, da abbandonarsi a commiserazioni e a rammarichi nell' ora stessa in cui possono valersi dei loro nuovi diritti. Ma una donna che ama perdonerà, raddoppierà di tenerezza e di fervore; saprà sempre trovare nei tesori della sua anima e del suo pensiero la parola magica che quieta e risana. « No — ella dirà al suo sposo — tu non devi dolerti di non avermi incontrato prima, di non essere stato il mio primo amore. Perchè è assai più difficile riaccendere una lampada priva ormai di alimento che accenderne una pronta per la festa: è più difficile cancellare, ricostruire, riattaccare pazientemente e solidamente ogni filo per una nuova tessitura, che dipingere su una tela fresca, edificare e tessere con elementi intatti. Vedi, io nasco oggi, la mia vita incomincia da questo momento e sei tu che me l'hai data... »
I FIGLI CHE SONO VENUTI
E QUELLI CHE VERRANNO
Uno degli ostacoli maggiori alle seconde nozze si trova, specialmente quando è la donna che si rimarita, nei figliuoli. Da parte dell'uomo favoriscono tante volte la nuova unione, che spesso si conclude per necessità, perchè gli orfani possano avere ancora cure materne, e la casa una direttrice e una padrona. Poichè è la donna che costituisce la famiglia: quand'ella manca, il focolare domestico si spegne, la famiglia si disgrega. La madre che ha perduto lo sposo, ha perduto il principale sostegno suo e delle sue creature, ma non sente la necessità
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di sostituirlo, perchè la sua casa, la sua famiglia, se anche su basi più ristrette, continua ad agire come prima : anzi, qualche volta, la sua savia ed economa amministrazione, le ridona l'agiatezza perduta. Se una donna che ha figliuoli passa a seconde nozze, lo fa per un sentimento egoistico giustificato, sì, dal diritto all' amore e alla vita che tutti gli esseri hanno, ma sempre egoistico. Molte volte la profondità dell'amor materno, la delicatezza del suo sentimento, la fanno rifuggire da un nuovo vincolo matrimoniale: eppure gli orfani soffrono sempre meno dell'acquisto di un padrigno che di quello d'una matrigna che il loro padre dona ad essi con meno scrupoli e più di frequente. Per solito il padrigno è buono e giusto coi figli della moglie anche se ne ha dei propri ; mentre, mi rincresce dirlo, non accade spesso che una matrigna sia affettuosa e giusta, particolarmente se ha dei figliuoli suoi. Si dà anche il caso, penoso, ma abbastanza frequente, che una donna prediliga i figli del secondo marito a detrimento di quelli del primo. Avviene sopratutto allorchè non ha amato d' amore il defunto ma si è data con passione all' altro. E questo caso fa anche più pena, perchè sono tutti frutti delle sue viscere, anzi il bimbo che il destino privò del padre, dovrebbe essere compensato dalla sua tenerezza. Insomma è sempre difficile per una donna rimaritata usare con tutti i figliuoli la medesima misura di affetto e d'indulgenza, segnatamente quando passa poca differenza d'età fra essi. Se la differenza è sensibile, la giustizia è più facile, anche perchè molte volte i grandi prendono ad amare e a proteggere spontaneamente i piccini. E allora l'intesa
è bella e gentile fra tutta la famiglia. Ma vi sono poi bambini sdegnosi, bambini gelosi e ultrasensibili che non sanno perdonare alla loro madre di aver ammesso un altro uomo, che per loro è un estraneo, nell' intimità della casa : temono ch' egli rubi ad essi la tenerezza materna, intuiscono la parte che ha nell'anima di lei, vedono in lui un usurpatore del posto del padre morto, ch'essi forse rammentano e rimpiangono ancora. Con queste complicate nature infantili, conviene usare una delicatezza, una bontà infinita. Guai a urtarle! a imporre ad essi un sentimento, una deferenza che non vogliono o non possono sentire! La donna dovrà solamente raddoppiare di cure, di espansioni con loro, per dimostrare che hanno sempre il primo posto nel suo cuore; dovrà coi discorsi, con le memorie, con opportuni richiami, convincerli che il pensiero del povero estinto non si è cancellato ma è divenuto per lei e per loro una vera religione : dovrà con molto tatto dare alle piccole anime l'impressione che il loro nuovo padre è per essi un protettore, una guida, e li ama e li vuol felici. Farà poi di tutto perchè si affiatino con lui: ed ella che conosce i suoi bambini, suggerirà al marito i mezzi più efficaci per conquistarli.
Se dalle seconde nozze le nasceranno altri figliuoli, faccia in modo che i bambini vi si affezionino, li interessi subito alla fragilità, ai bisogni, dei nuovi venuti, sviluppi in essi quel senso di protezione a cui ho alluso più sopra e che più facilmente si ottiene con un po' di attenzione dai fanciulli in cui è ancora vivo, per la loro debolezza, l' istinto della alleanza per la difesa comune. Infine, la vedova rimaritata
con figliuoli, sia madre, nell' ampio, profondo e severo significato del termine e con questa parola è detto tutto. « Non è l'amante che divinizza la donna — ha scritto il Tarchetti — ma la madre. La lucé di cui rivestiamo la prima, ha dei bagliori profondi, ha degli sprazzi che inebbriano, ma è una luce della terra e svanisce: l' altra è calma e immutabile, non ha che il sereno dell'azzurro, ma è luce di cielo e perdura. »
GELOSIE DEL PASSATO
Una signorina di spirito fidanzata ad un vedovo, rispose ad un' amica che con poca delicatezza la compiangeva : « Ma tutti gli uomini son vedovi »! Infatti quando un giovine prende moglie, ha già dei ricordi di vita amorosa, d'intimità di ore di passione: mentre una donna che giura fede di sposa, se è ammodo, non ha di questi ricordi se non nel caso in cui sia vedova. E se la gelosia retrospettiva d'una donna che divenga seconda moglie è puerile, non lo è del tutto la gelosia di un secondo marito. L'ho scritto più addietro: la gelosia è una fatale conseguenza dell'amore, e come sentimento si spiega e si perdona. Ma dovrebbe essere sempre dominato energicamente, perchè quando non finisce nella tragedia, finisce nel ridicolo. A questa categoria appartengono appunto le gelosie del passato. Perchè far carico ad una creatura di aver amato prima di incontrarci? Noi allora non esistevamo per essa ed ella era ben libera di offrire il suo cuore e la sua persona... Ha ragione il Bourget quando afferma che la vita del cuore oscilla sempre fra l'essere che
ci martirizza e quello che noi martirizziamo. O vittima o carnefice.
Certo che la gelosia retrospettiva per un uomo o una donna di temperamento ardente ed eccessivo deve essere un tormento grave. I lontani, i morti, i perduti, hanno un impero possente sulle anime e invincibile. È la superiorità dell' ideale sulla realtà, delle cose intangibili, vietate, rapite, sognate soltanto e poi scomparse, su quello che si ottiene, che ci ha saziato. Nulla vale contro questa potenza spirituale,
nè volontà, nè riflessione, nè nuovi sentimenti, nulla. Quando vuol conquistare, conquista l'essere intero, nel suo centro di vita superiore, nell' anima, con la malìa irrestibile del ricordo e del rimpianto. E talvolta l' amara dolcezza d' una di queste rievocazioni, l'acutezza d'una di queste pugnalate improvvise di vano desiderio, di disperata nostalgia, superano in intensità la gioia più completa e più sicura. Il geloso lo sente e ne soffre, soffre sopratutto dell' imparità della lotta. Un rivale vivo e presente si può sfidare, si può forse vincere: ma come sfidare un fantasma, come vincere un sogno? Quest'impossibilità è una tortura, e può condurre certi individui squilibrati alla disperazione.
Ma intanto anche il tormentato soffre, doppiamente: soffre della causa e dei suoi effetti. Che dirà una donna quando in qualche impeto inconsulto il suo secondo marito le ricorderà che l'altro gli era superiore in bellezza e in ingegno: che dirà se è vero ? Dovrà offendere una memoria sacra? Dovrà non dare nessun conforto a questa sofferenza che infine è procurata dall'amore per lei? Posizione imbarazzante e dolorosa a cui una donna non può sottrarsi
che chiamando in aiuto la sua squisitezza femminile. Io non saprei consigliarla altrimenti che di disarmare col profumo della sua soavità quell'ira ingiustificata : di curare coll'amore la ferita aperta dall'amore. Accarezzi, supplichi, pianga, rassicuri : non si lasci mai trasportare dall'impazienza, dallo sdegno; e non abbia mai, poi, anche nel caso in cui il secondo marito non fosse geloso, la poca delicatezza di alludere all' altra sua vita coniugale, alle virtù dell'estinto, nè per ottenere, nè per rimproverare.
Ad una donna che sposi un vedovo, consiglio pure il massimo rispetto per la memoria di colei che l'ha preceduta. Se nella casa trova dei ricordi ne abbia cura, se al marito sfugge qualche parola di doloroso ricordo o di rimpianto, compassioni, aderisca, dimentichi in quei momenti d' essere la moglie per rimanere l'amica: ma non tormenti mai e poi mai il suo compagno con recriminazioni, lagni, confronti fuori di posto, che sarebbero indizio d' animo duro oltre che di volgarità.
VINCOLI ANTICHI
Il ricomporsi una famiglia vuol dire, certo, per la donna, rifarsi la vita e troncare addirittura col suo passato. Ma siccome nel suo passato oltre lo sposo che la morte ha rapito si trovava forse una intera famiglia e tutt'un giro di relazioni, ella non può far sparire ogni cosa come con un colpo di bacchetta magica.
Se il suo destino la porta lontana dalla città dove abitava con l'altro, il distacco è più facile e può
anche divenire assoluto e completo; ma se continua a vivere nello stesso ambiente, e tiene a non commettere mancanze di riguardo e scortesie, dovrà condurre le cose con una certa convenienza. Prima di tutto è necessario che la signora si rimetta al desiderio, all' opinione del marito, che non interpellerà direttamente in proposito, ma il cui sentimento scandaglierà per regolarsi. Se il nuovo compagno è uno di quei tali dalle gelosie retrospettive è naturale che non vedrà di buon occhio la moglie coltivare le conoscenze che l'hanno veduta sposa dell'altro, e la famiglia di lui, la quale le rinnoverà incessantemente la memoria del perduto. E allora la donna dovrà far capire a queste persone che le sue nuove abitudini e i suoi nuovi doveri l' assorbono in modo da non potere più far parte della loro società; e con la famiglia del defunto si limiterà a quelle dimostrazioni di cortesia puramente necessarie.
Se poi il secondo marito è uomo superiore e la lascia libera, ella può continuare a coltivare le sue antiche amicizie, senza però dimostrare di preferirle a quelle che la sua nuova posizione le ha procurato. Ed anche con la famiglia del primo marito continuerà a corrispondere, di lontano, a frequentarla, con moderazione, se vicina, giacchè le nuove nozze non costituiscono certo per lei un'azione vergognosa, e sarebbero assai sciocchi quei parenti che le imputassero a colpa una deliberazione ch' ell' era liberissima di prendere. Nondimeno ricondurrà poco a poco i suoi rapporti con essi nel limite della semplice amicizia. Non chiamerà più « mamma » l'antica suocera, ma « la signora Tale » come la
chiamava prima di sposarne il figliuolo. Potrà continuare a dar tu alle cognate ; coi cognati userà il voi; non accetterà inviti nè per sè nè per il marito, se la famiglia avesse il poco tatto di farne, ma potrà però invitare qualche volta a casa sua, l'uno o l' altro di essi; ricordarsi dei natalizi o degli onomastici con qualche regaluccio, con qualche fiore.
Se poi dal primo marito ebbe figli, il dovere di conservare buone relazioni con la famiglia di lui è ancora più stretto, giacchè sussiste tuttavia un vincolo di sangue, di tradizioni, d'affetto, che la avvince a quella. I bambini continueranno a dare ai parenti il dolce nome di nonna e di nonno, di zia e di zio, li manderà di frequente a trovarli, li lascierà presso di loro per qualche periodo di tempo se lo desiderano. I nuovi obblighi che si è imposta non l' affrancano dagli antichi, fra i quali si trova l'obbligo di usar rispetto e deferenza, e farne usare, a quelle persone che ebbero con lei tanta comunanza d'affetti e di dolore.
LA MATRIGNA
Matrigna! Questo nome suona crudeltà, oppressione, sventura : ma fra le missioni ardue e luminose a cui è chiamata la donna moderna, vi è anche quella di riabilitare la posizione della matrigna in faccia alla madre ed alla società.
Infatti qual compito più nobile e più gentile, per una donna d'animo illuminato e tenero, del compito materno, anche se le creature presso cui è chiamata non sono nate da lei ? Vediamo rozze balie affezionarsi ai poveri trovatelli, vediamo giovani
maestre amare maternamente i propri scolaretti, domestiche adorare i figli dei padroni, per quell' istinto della maternità così vivo nel cuore della donna anche quando non è madre; perchè dunque non sarà possibile vedere la donna sostituire degnamente una mamma vera, quando le circostanze la chiamano ad esplicare un istinto che è in lei così naturale ?
Per conto mio ho avuto la ventura di conoscerne più d' una di queste rare tempre femminili, nelle quali bontà e dovere si fondevano armoniosamente portandole ad una vera perfezione nell'adempimento del loro arduo ministero. Ma queste donne non hanno avuto figli propri, e se ciò non menoma il loro merito, ha però reso più facile lo sviluppo delle loro virtù come seconde madri. Giacchè lo scoglio più aspro è appunto la naturale diversità del sentimento che queste donne devono provare tra un figliuolo acquistato e un figliuolo ch'è parte di esse : tra il figliuolo con cui non hanno forse nessuna affinità di gusti e di pensiero e di carattere, nel cui volto riscontrano le traccie d'un' estranea, e il figliuolo in cui vedono riflesso il proprio volto e la propria anima; tra il figliuolo acquisito e nel quale spesso sentono l'ostilità, la diffidenza, l'antipatia, il rancore, e un figliuolo creato ed allevato da esse, la cui anima è tutta fragrante di tenerezza per lei, come un bocciuolo appena schiuso.
Ma è appunto in questi casi che nella donna superiore e intelligente, quale la moderna educazione deve prepararla, la volontà, la coscienza, possono mettere in fuga il cieco istinto. Ella s'imporrà una rigorosa giustizia per tutti i fanciulli sottoposti alla
sua tutela, alla sua educazione : vigilerà sui loro caratteri, sulle loro tendenze, sulle loro attitudini, precisamente come se fossero figliuoli propri; anzi nell' allevarli, fisicamente e moralmente, metterà cura più scrupolosa per la grande responsabilità che le incombe.
Tutto il senso di pietà e di tenerezza di cui è capace il suo cuore per l' infanzia che il dolore ha precocemente offeso privandola della sua più grande difesa: la protezione materna: tutto l' amore che prova per l' uomo di cui ha accettato col nome la parità del destino, i sentimenti, i doveri, tutto ella deve chiamare a raccolta, condensare in energia, misericordia e delicatezza, per comporsi sulle basi della sua maternità falsa, una maternità più bella ancora e più ideale della vera.
Se la matrigna è giovine e il marito ha una o più figliuole adulte, si comporti con esse assolutamente come una sorella maggiore: le secondi dove è utile, le aiuti dove può, le consigli dove crede, ma non usi mai della sua autorità. C' è modo di farsi ascoltare, di ammonire, di avvertire, senza uscire dai confini d' una fratellanza leale e serena. Valersi della sua posizione per contestare o proibire sarebbe cosa dannosa per quei vincoli che più deve procurare di conservare incolumi. Un po' più ardua sarà la sua posizione se invece d' una figlia adulta, il marito ha un figliuolo giovinotto, sebbene i rapporti fra uomo e donna siano sempre più facili ad essere mantenuti incolumi. Qui poi esiste un altro pericolo.... il pericolo che la bilancia trabocchi dalla parte opposta a quella dell' antipatia. Ricordate la storia di Ugo e Parisina?... La serietà, la riservatezza,
il riguardo per parte della matrigna non saranno mai troppi. Consideri il figliastro come un giovine fratello, lo consigli e lo ammonisca amica-mente, ma eviti tutte le occasioni che potrebbero alterare, anche fugacemente i loro rapporti.
Una donna che consente a sposare un vedovo con figliuoli adulti, fosse anche nel fiore della giovinezza deve considerarsi e condursi come una donna matura.
L' ORFANA
Vediamo ora il rovescio della medaglia; gli obblighi che l'orfana ha verso coloro che le tengono luogo di padre o di madre. Poichè anch' essa ne ha, e non indifferenti, quantunque si potessero riassumere in un solo precetto: quello di amare e rispettare il padrigno o la matrigna come se le fossero padre o madre veramente.
Eppure l'amore, il rispetto, l'obbedienza, il sacrifizio che sembrano dolci quando vengono determinati dal sentimento spontaneo, sono tanto duri e malagevoli allorchè li sappiamo imposti! Inoltre il confronto viene naturale, continuo, demolitore, fra i perduti e i nuovi genitori: e il dolore s' inacerbisce, si trasforma in un' ostilità verso coloro che sono la conferma continua d'una grande sventura, che s'aggirano nella casa, la dirigono, la dominano, da usurpatori. Ed anche in questo caso come in molti, quelle che soffrono più dei nuovi contatti, degli attriti, degli urti, sono le anime femminili, più delicate, più sensibili: è la vita della donna più intima, più compenetrata degli elementi domestici, più dipendente
da essa, della vita dell'uomo. I disaccordi sono sempre più fra orfana e matrigna che tra figliastra e padrigno.
Ma nella sua psiche muliebre, l' orfana dovrà cercare e coltivare appunto quei sentimenti che possono accostarla di più all' anima femminile venuta a vivere vicina a lei. Se ne faccia una compagna, una amica se è giovine: se è attempata le confidi tutto ciò che le pesa sul cuore, le chieda d' illuminarla, di dirigerla, di prepararla, con la sua esperienza, alla vita. E non tema di offendere la santa memoria materna, accettando la tutela e l' affetto di colei che venne a prenderne il suo posto : gli spiriti affrancati per sempre dalle miserie terrene non possono più trovare tristezze e gelosie umane. La mamma è ora la sua Santa protettrice, è la sua coscienza segreta, è il suo paradiso perduto; è la sorgente dell' energia a lei necessaria per percorrere la via del dovere. La mamma stessa, se potesse parlare, le ordinerebbe di amare l'altra che ha voluto accettarla come figliuola, che trepida, forse, e non osa espandersi. Tocca alla figliuola essere la prima ad usare alla nuova venuta quelle attenzioni che saranno dapprima il risultato di pura cortesia, ma che diverranno col tempo effetto di cordialità sincera. Regoli la sua vita su quella dell' altra, la aiuti nella direzione della famiglia, specialmente in principio quando sarà ancora un po' incerta, la informi dei gusti del babbo, delle abitudini dei fratellini: stringa, insomma, seco, un'alleanza che diverrà poi anche per lei medesima appoggio e conforto.
Nè tema di mostrarle il suo dolore, la sua tristezza per la perdita materna. È difficile che una
donna non comprenda l' importanza e lo strazio di una sventura così grande... Non si trattenga dal parlarle, quando sono sole, della povera morta, di mostrarle le sue memorie, di farla rivivere idealmente. Forse questa sua prova di sincerità e di fiducia le procurerà nell' altra una compagna nel culto di quella tomba venerata.
LA MORTE NELLA VITA
Solamente chi piange per i vivi sa quanto sia dolce piangere per i morti! Non mi ricordo più chi pensò e scrisse questo fine pensiero, ma tutti coloro che soffersero per l' iniquità, i vizii, la leggerezza degli uomini, possono sentirne la dolorosa verità. Vi sono certe sciagure al cui confronto la morte pare un avvenimento di pace, una provvida liberazione: vi sono certe lagrime non consolate da nessuna speranza ultramondana, da nessuna spirituale visione, ben più cocenti e più logoranti del pianto silenzioso che ravviva i fiori del sepolcro e che reca in sè l' arcana quiete dell' inevitabile. Oh morti nella vita: crudeli abbandoni, malattie insanabili, reclusioni eterne, chi potrà pronunciare verso le misere anime che ne sono vittime innocenti la parola che piega alla rassegnazione, che affranca, che rinnova l' esistenza
La sposa di un demente il quale non lascierà più il triste asilo della follia; la moglie di un condannato a vita; la donna che il marito ha abbandonato per vivere con un' altra, debbono considerarsi vedove, ma senza quella libertà di sentimento e di atti che dà alla vedova l'indipendenza e il diritto
di profittarne. La loro posizione è quindi sommamente difficile, estremamente dolorosa. Sono come esseri condannati a vivere incatenati ad un cadavere... Si può immaginare più spaventoso supplizio ? Eppure l'anima di queste donne si trova in tali tragiche condizioni. Se amano ancora il loro compagno diviso da esse dall' infermità, dal delitto, dal tradimento, che esistenza può essere la loro, rôsa dalla disperazione contro l'irrimediabile; dalla passione, dalla gelosia: col dardo avvelenato di un pensiero, fisso nell'anima, col rimpianto del passato, l' orrore dell' avvenire ? E se le lusinghe di un secondo amore le ha attratte, un amore insinuato sotto le forme della pietà, della consolazione, della rinascita, immaginate voi le lotte, gli spasimi di questo amore, che per una natura nobile e retta appare come una profanazione, come un tradimento, come un peccato?
Giacchè la società si mostra indulgente per le mogli ideali che sanno astutamente conciliare le apparenze dell'armonia coniugale con la sostanza dell'adulterio nella sua forma più bassa ; ma è pronta a scagliare i suoi anatemi e i suoi biasimi severi sulla donna che il cattivo destino ha condannato alla solitudine e che affranta dalla stanchezza, terrorizzata dalle vertigini del vuoto, si afferra al primo sostegno che trova per non precipitare, per non morire.
Triste, triste sorte: la più degna del conforto, dell'affetto, del soccorso dei buoni. Se non possiamo o non ci sentiamo capaci di fare altro, piangiamo con queste meschine : anche il pianto ha una virtù benefica — lo disse pure il Foscolo: « Le lagrime
d' una persona compassionevole sono per gli infelici più dolci della rugiada sull' erba ormai appassita ››.
TRISTEZZE IGNOTE
A tutte noi è accaduto d' incontrarci con degli sconosciuti — gente che non vedemmo mai e che non rivedremo, forse, più — in una stazione di ferrovia, in treno, nei corridoi d' un albergo, lungo qualche viale solitario, in chiesa, in tram, alla posta, in un negozio, in un pubblico ufficio, nell' anticamera di un medico, al camposanto, dappertutto dove le necessità comuni della vita civile avvicinano gli uomini, li mescolano, quasi li uguagliano in un comune destino, nonostante la diversità delle classi sociali : sconosciuti sul cui volto e nei cui atti vedemmo impresso un ignoto dolore, una tristezza ignota, ma in modo così evidente che ci rimasero scolpiti nella memoria per anni. E nel leggere, dopo pochi giorni dell' incontro, nella cronaca di un giornale la notizia di un suicidio, d' un delitto, insieme a connotati che possono accordarsi con la figura da noi osservata, subito ci corre alla mente quella pallida donna vestita a bruno che singhiozzava così forte ai piedi d' un altare; quel giovine dello sguardo stravolto e dagli atti inconsci: quel vecchio dall' aspetto di così supremo accasciamento : quella bella ragazza che ansiosamente e inutilmente attendeva.
Perchè soffrivano essi ? Le loro angoscie, le loro tristezze ci sono ignote, ma erano pur sempre angoscie e tristezze umane, che, forse, in qualche giorno della nostra vita provammo o proveremo
anche noi. Qual è il destino che ignora che cosa sia il tormento d' un amore infelice, di una infermità, di una vana attesa, d'una perdita irrimediabile, d' una speranza delusa ? Quelle tristezze ci sono ignote, dunque, solo nei dettagli, ma ne possiamo afferrare il significato, misurare l'amarezza. Eppure non ci siamo avvicina ti a quegli sconosciuti, non abbiamo voluto avvertirli nemmeno con uno sguardo che suscitavano la nostra compassione, che anche noi sappiamo che cosa sia soffrire così. E quel nostro contegno rigido e indifferente, da persone civili, ma egoiste, somiglia al contegno di quell'inglese che veduto da un ponte un individuo che stava per annegare e invitato a prestare aiuto per il salvataggio, placidamente guardò attraverso le lenti il naufrago e rispose « Non lo conosco ; non mi è stato presentato » !
Una parola buona, una piccola premura, un incoraggiamento, una discreta domanda, non impegnano a nulla e possono avere un' efficace virtù consolatrice : possono anche, in certi casi, essere il capo del filo d' una speranza perduta, nuovamente riconquistata, e con esso la salvezza. Ad ogni modo sarà sempre indizio di delicatezza di cuore per gli altri, e per noi stesse un rimorso di meno e una dolce soddisfazione di coscienza in più.
IN CERCA DI PACE
Quando incoglie una grande disgrazia, una di quelle disgrazie che mutano, dimezzano la vita, tagliandola in due parti nette : il passato e l' avvenire, con un abisso che toglie ogni possibilità di continuazioni
d' abitudini di affetti, di doveri, allora chi è percosso muove subito alla ricerca d' un terreno atto a gettarvi le basi d' una nuova esistenza.
E questo terreno è la pace. In cerca di pace ! Quanti pellegrini muovono verso questa terra santa che spesso non possono raggiungere ! Quanti oppressi vanno, curvi sotto il giogo, alla scoperta di questa terra promessa che sovente appena apparsa scompare al loro sguardo come un vano miraggio ! Molti credono, mutando luogo, dimora, abitudini, di liberarsi dalla morsa del dolore, e partono, e si staccano da ogni memoria, e s' ingolfano in una vita diversa, come per sfuggire a loro medesimi. E sulle prime, finchè dura lo stordimento, la sorpresa del nuovo, il dolore resta assopito ; ma cessato il primo periodo, assale con maggior violenza trovando l' individuo sradicato, isolato, e straniero a tutto, anche nell' anima propria. E allora per l'esasperazione della sofferenza accresciuta dalla nostalgia: per l'aspirazione alla tregua, alla calma, divenuta viva come un delirio, si prendono le risoluzioni importanti, decisive, senza riflettere: si crea l'irreparabile. Ci si attacca a un individuo che ieri ci era indifferente e domani ci sarà odioso, per dimenticare ; si prende la via dell' esilio incatenando la nostra libertà per un tempo assai più lungo di quello che metteremo a pentircene ; si cambia indirizzo alla nostra vita rinnegando ideali, amicizie, doveri antichi, per spiccare un salto nel buio... che potrebbe nascondere l' abisso. E tutto questo per procurarci la pace che abbiamo perduta, la pace intima, più cara e necessaria della stessa vita. Ma la pace dobbiamo possederla in noi prima di tutto,
diversamente sarà inutile e pericoloso perseguirla fuori. Se avremo questo bene supremo, il destino potrà percuoterci in tutti i modi, potrà privarci di tutto, potrà straziarci con le più ingegnose e moltiplicate torture, ma il talismano è nel nostro cuore ed usciremo vittoriosi da tutte le prove. E questa pace magica, invincibile, segreta, come ottenerla ? È facile e difficilissimo.... Col poter dire a noi stessi ogni giorno questa frase: Gli altri mi hanno fatto piangere: io non ho costato una lagrima ad alcuno.
LABOR OMNIA VINCIT«de toutes les consolations le travail
est la plus fortifiante et la plus saine, parce qu' il soulage l'homme non en lui apportant des douceurs, mais en lui demandant des éfforts.» Così il Taine, il grande storico e filosofo francese, la cui mirabile opera deve avergli dato, se ne abbisognava, efficaci e salde consolazioni, valide difese contro il dolore. Infatti non vi è distrazione, non vi è affetto, non vi è lusinga di vanità capace d' opporre alle tristezze della vita un' energia così possente come il lavoro. Ed io credo che Dio nella sua misericordia infinita, quando lo decretò all' uomo come una pena, volle elargirgli intanto il mezzo più infallibile per sottrarsi alla schiavitù del vero castigo che è il rimorso, per riabilitarsi nobilmente e ricuperare sulla sua fronte affaticata il suggello luminoso dell' immortalità.
Nel lavoro è il più sicuro oblio dei mali, poichè egli reclama il concorso delle nostre facoltà più valide, quelle appunto che il dolore tenterebbe di
scemare e di atrofizzare. Nel lavoro è la più profonda pace, perchè lo sforzo che domanda ci lascia la naturale conseguenza d' un appagamento della fralezza umana che ha superato sè stessa. Nel lavoro è la serenità, perchè siamo costretti ad uscire dall' egoismo per consacrarci all' opera che domanda il nostro amore e la nostra forza : e la dedizione completa è la invulnerabilità, perchè non ci apparteniamo più. Il lavoro è la preghiera, giacchè chi lavora s' eleva sulla scala degli esseri e non commette basse azioni. Il lavoro può cancellare le più gravi macchie dalla coscienza, può rifare un' onorabilità, una purezza, un carattere, può mutare un destino. Amiamola dunque, questa faticosa necessità della vita, come un rifugio, una salvezza, e nei giorni del dolore avviciniamoci più saldamente ad essa e saremo sicuri di non perire.
Scrisse Carlyle negli Eroi: « L'uomo è nato per lavorare, non per godere. L' ideale sta in voi : l' ideale è il momento attuale se lavorerete in tutta coscienza. Lavorate e producete, sia pure la più misera e infinitesimale parte di un prodotto, producete ! Ogni genere di lavoro, dal più intellettuale al più manuale è sacro e dà pace allo spirito umano. Tacere e lavorare : ecco le due virtù eroiche dell' umanità.
E PER LEI NULLA!
Donne gentili, tenere e intelligenti, che interrompete sorridendo il lavoro e la lettura quando udite un noto passo nell' anticamera e movete incontro a lui che amate, e di cui raccogliete il bacio di
rinnovata dedizione sulla fronte pura : poi sedete col vostro sposo alla piccola mensa ornata di fiori, mentre fra voi due è una testina dai capelli d'oro che si volge or verso la mamma or verso il babbo, e le sue braccine si aprono per riunirvi attraverso al suo piccolo corpo così come voi vi siete fusi in lui : donne gentili, avete mai pensato in quelle ore di santa e dolce letizia che fanno bella la vita, alle derelitte che non hanno nulla? A voi tutto, o quasi: agiatezza, amore, pace: ad esse niente : una casa fredda, deserta d' affetti e di speranze : l' inquietudine nell' anima, la povertà.
Eppure anch' essa nacque col diritto che avete voi alla vita e alle sue gioie : anch' essa ebbe una anima delicata, atta a godere raffinatamente : anch' essa s' ornò della ghirlanda di giovinezza per amare ed essere amata, e nel suo cuore e nelle sue viscere palpitavano i vani germi della maternità. Qualche sventura la privò della famiglia e delle sostanze : l' amore non venne perchè era brutta, o non durò perchè era troppo debole, e gli uomini la presero e la lasciarono. Nel suo cuore non è che disprezzo e rancore : nel suo passato che fugacità, nel suo presente che cenere, nel suo avvenire che buio. Ed ella vede gli amanti passare insieme, inebriati : vede le madri baciare i bambini : vede gli sposi fedeli, sostenersi l' un l' altro fino alla morte. Passa la primavera coi suoi inviti, l' estate coi suoi trionfi, l' autunno coi suoi languori, l' inverno con le sue intimità, ed essa, la pallida esiliata dalla gioia, guarda i giardini fuori dai chiusi cancelli, guarda le ville, misteriosi nidi d' amore, fra. il verde, guarda le liete comitive passare per le vie
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campestri che il biondo sole d' autunno indora ; vede, dalla neve bianca, su cui intirizzisce, le finestre illuminate dei tepidi salotti dove si raccolgono i privilegiati e i felici. E per lei nulla! E dileguerà così dalla vita, piccolo fantasma doloroso e silenzioso : piccola insaziata ombra, nell'ombra....
L' AMICIZIA E LA SVENTURA
In ogni tempo e in ogni paese furono levati inni all' amicizia, a questo nobile e puro sentimento riparatore di tanti mali, di tante ingiustizie, di tante malvagità. Accanto ai dolori più inconsolabili, alle catastrofi più tremende, alle colpe più gravi, alle perdite più assolute, il divino fiore dell' amicizia sboccia e odora : il volto dell' amico fedele, dell'amica pietosa sono là a riflettere la nostra angoscia: il loro braccio si stende a sorreggerci, a salvarci dalla disperazione. Per quanti poeti, per quanti filosofi abbiano celebrata la virtù risanatrice dell' amicizia, essa resterà sempre superiore a qualunque elogio. Come la gioia divisa si raddoppia, l' affanno diviso diminuisce, o almeno se ne tempera assai l'amarezza. E le più forti e fedeli amicizie furono sempre fondate più sul dolore che nella letizia. « Il piacere — scrive il Mantegazza — avvicina spesso gli uomini, ma, pur troppo, molte volte essi sono felici di dimenticare d' essersi trovati insieme. Quando invece è il dolore che ci affratella e ci stringe gli uni accanto agli altri, non si dimenticano più le calde strette di mano e i teneri amplessi : e la memoria di aver fatto del bene rimane tesoro imperituro nei palinsesti della vita. »
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Sì, poichè l' amicizia ha questo di soave : che rende immediatamente il benefizio che dà. I conforti dati all' amico sventurato ci tornano in un'onda di dolcezza nel cuore insieme alla gratitudine, alla coscienza del sollievo che possiamo procurare. E a ciascuno è concesso di divenire un buono e fedele amico, poichè non occorre nè ricchezza, nè molto ingegno, nè coltura. Si può essere la creatura più diseredata della terra, più umile, più sola, ma questo tesoro inuguagliabile è a portata della mano : anzi bisogna pensare che, il più delle volte, i ricchi e gli avventurati non possono acquistarlo perché la fortuna fa ciechi e non vedono dove si trova, e sono troppo egoisti per procurarlo ad altrui. No ; l' amicizia è il fiore dell' ombra e delle cime : è l' ideale compenso di chi soffre, di chi opera, di chi crede. L' 'unione nello sforzo fa la vittoria, e nel dolore, la difesa. Alleatevi, o voi che piangete, o voi che le tribolazioni hanno accasciato, e colmerete la vostra anima, e, forse, la risanerete. « Coloro che non hanno sofferto insieme, non conoscono i legami più potenti del cuore. »
Igea
Igiene femminile — Emicrania — Raffreddore —
Nevralgie — Mal di denti — Stomachi delicati —
Mal di gola — Occhi e occhiali — Alterazioni della pelle —
Disturbi nervosi — L' insonnia —
Gli eccitanti — Rimedi semplici —
Non trascurare i sintomi — Il coraggio — La pazienza —
La signora è indisposta — La malattia —
La convalescenza — Il medico delle signore —
La donna e la bicicletta — Il busto —
Il bagno — La donna e l' automobile —
Ginnastica — Ciò che abbrevia la vita.
« Il nostro corpo è il nostro giardino
e suoi giardinieri sono le nostre
volontà. »
SHAKESPEARE
IGIENE FEMMINILE
Gli antichi tenevano tanto in pregio la salute da personificarla in una divinità che chiamavano Igea. Dal nome di questa Diva venne il vocabolo « igiene » che significa appunto quel complesso di regole atte a conservare la sanità. Fra gli altri vantaggi, l'educazione moderna ha pure dato quello di una maggior osservanza e diffusione dell' igiene che da non moltissimi anni trionfa negli stabilimenti pubblici ed è penetrata anche nelle famiglie. Pure vi sono ancora molte signore che ne hanno solamente una idea confusa e superficiale e che si mostrano incredule e poco sollecite in rapporto alle sue leggi, forse perchè l'igiene impone qualche sacrifizio di mollezza e di certe forme ritenute fin qui d'estetica e d' eleganza : forse perchè il pregiudizio, purtroppo trasmesso per tradizione atavica nelle famiglie, ha radici più profonde di quanto si creda e si desideri confessarlo. Però la lotta strenua dei medici, la imitazione delle nazioni estere, dell' Inghilterra specialmente e della Germania, hanno avuto per risultato di ottenere delle vittorie nel campo più
difficile, quello che può meglio convertire alla causa il sesso femminile : il campo della moda.
Vennero dapprima i tacchi bassi a sostituire i dannosi altissimi tacchi che costringevano a camminare in punta di piedi; vennero le camicette semplici, pratiche e sciolte, a lasciare libero sviluppo al busto che si deformava nelle vite ad armature di molle e di balene; vennero i guanti larghi, i cappellini disadorni, le gonne corte, le cinture elastiche a favorire la vita sportiva : venne la moda dei giochi inglesi, della cura idroterapica, dell'Alpinismo, adottati dapprima per amor di novità, divenuti poi un vero bisogno ; e nella vita entrò una semplicità, una freschezza nuova, una forza d' espansione, una praticità, per concorde e palese intento, quasi una giovinezza novella che disperse le romanticherie e i nebulosi sogni tanto cari alla generazione che ci precedette.
La lindura, l'armonia delle membra, la sanità degli organi e l' agile resistenza delle fibre, costituiscono per ogni età le principali doti di seduzione. Conviene quindi adoperarsi a conquistarle per mezzo dell'igiene e del metodo. Non vegliare molto tardi la sera per abitudine ; levarsi sollecitamente a tutte le stagioni e fare doccie e bagni, abbondanti lavacri seguiti da un buon massaggio ; — nutrirsi di cibi sostanziosi, leggeri e semplici; pochi dolciumi che sciupano i denti e lo stomaco ; pochi acidi che danneggiano il sangue, fare uso di acque minerali ai pasti; moderazione nel consumo di caffè e di thè; nessun liquore. E alternare il più che sia possibile le proprie occupazioni ; fare in modo che un' attività materiale succeda a un' attività del pensiero —
così non molte ore immobili alla macchina da cucire, al pianoforte, alla scrivania, ma variare spesso, interrompersi spesso per dare riposo agli occhi ed al pensiero, che riprenderanno poi le proprie funzioni con più lucidità. Ottima l'abitudine d'una passeggiata giornaliera, specie nelle ore del mattino, e il pattinaggio d'inverno, e tutti i giochi da giardino l'estate. Buonissima l'equitazione, la bicicletta; il canottaggio, il nuoto sono pure fra gli esercizi da consigliarsi, segnatamente a chi ha bisogno di sviluppare le braccia e il torace.
EMICRANIA
L'emicrania è comunissima fra le signore, tanto comune che potrebbe anzi definirsi la malattia del sesso gentile. Ed appunto per questa sua facilità di assalire da un' ora all'altra, le signore se ne sono fatta una complice. Una visita noiosa e inopportuna ? La signora ha l' emicrania.... Un puntiglio da sostenere col proprio marito? Una giornata di malinconia ? Emicrania e segregazione... Burrasche in famiglia ? Un' emicrania per non provocare o non esser provocate. È, come si direbbe, il male più alla mano, che se ne va presto come è venuto.... tutti lo sanno, e non è un piccolo vantaggio perchè non mancano le circostanze nelle quali bisogna guarire, o si ha voglia di guarirle, da un'ora all' altra... Una buona notizia, una nube dissipata, un seccatore uscito, e l'emicrania non ha più motivo di essere. Qualunque altra indisposizione lascia delle conseguenze e, per pudore, costringe a un giorno o due di convalescenza; ma l'emicrania no. Poi è un disturbo
carino, interessante, elegante, che non altera l'estetica nè la poesia.
Ma quando l' emicrania c' è davvero, costituisce uno dei mali più dolorosi, penosi, e refrattari a quasi ogni sollievo. Qualche volta dipende da un po' d'indigestione e allora sono da consigliarsi le fomentazioni calde alla testa, seguite da compresse tepide; bevande calde e calde fomentazioni allo stomaco e agli intestini. Quando invece il mal di capo proviene da un principio di congestione e da un senso molesto di fiamme al viso, facendo palpitare le arterie come se la testa volesse scoppiare, allora si otterrà un sollievo con l' applicazione di acqua fresca alla testa e al collo. Si evitino in questo caso i cibi stimolanti, il caffè, i liquori e le droghe. Le persone che soffrono facilmente di emicrania congestionale faranno bene a dormire con la testa rialzata in modo da evitare un troppo abbondante flusso di sangue al cervello.
Vi è anche l'emicrania proveniente da anemia, che è per solito accompagnata da un senso di debolezza nervosa e di vertigine. È utile il massaggio della testa, ma si dovrà curare sopratutto l'intero organismo.
RAFFREDDORE
Il raffreddore, o, come oggi si dice abusivamente « l' influenza » con cui non si dovrebbe confondere, è, al rovescio dell' emicrania, il gran nemico delle signore. Il raffreddore è anzi tutto antiestetico : gli occhi si fanno rossi e lagrimosi, il naso gonfio e intasato ; tosse, sternuti e coriza obbligano a un
continuo uso del fazzoletto : la testa è calda, pesante e dolente ; un senso di oppressione, d' affanno vince. Si potrà con uno sforzo d' energia, sfidare un mal di denti, un mal di gola, una nevralgia per non perdere qualche buona occasione di recarsi in un luogo ; ma col raffreddore una signora è proprio impresentabile e non le rimane di meglio a fare che rifugiarsi fra le coltri del suo letto provvido e misericordioso. Poi, un raffreddore trascurato potrebbe portare delle gravi conseguenze. Un medico illustre consiglia questi mezzi per prevenire le infreddature, sia di testa che di petto :
1. Nella stagione fredda far uso abbondante di cibi produttori di calorico. Le persone soggette a tossi ed infreddature dovrebbero prender ogni giorno un po' d' olio di fegato di merluzzo.
2. Badate di non cambiare le ore dei pasti, specialmente se dovete star esposti al freddo o alle inclemenze del tempo. È più facile prendersi un raffreddore quando si è digiuni, che quando il corpo ha ricevuto il necessario alimento.
3. Evitate i cambiamenti repentini di temperatura; come per esempio quello di passare da una stanza calda a un'altra fredda ; oppure di mettervi al fuoco, poi di lasciarlo spegnere. Evitare pure gli appartamenti mal ventilati e quelli troppo riscaldati.
4 Prendete dell'aria fresca e fate dell' esercizio, ma non eccitate troppo il corpo. I vetturali, i portalettere, i macchinisti ferroviari ed altri che sono esposti ad ogni sorta d'intemperie, sono meno suscettibili al raffreddore, perchè vivono sempre al-l' aria aperta.
5. Non portare mai fazzoletti od altro intorno alla gola.
6. Tenere i piedi asciutti.
Lo stesso medico consiglia di curare il raffreddore con una passeggiata di alcune ore, di giorno, all'aria aperta: con pediluvio lievemente senapato, la sera, prima di coricarsi, e una tazza di latte con lichene o tiglio per provocare la traspirazione. Egli raccomanda pure di non aver riguardo di lasciare la finestra aperta un poco, in alto, nella stanza, affermando che l'aria fresca, purchè non vi siano correnti, non ha mai fatto male a nessuno.
NEVRALGIE
Che cosa v' è di peggio della nevralgia ? È un dolore acuto, spasmodico, che si conficca nella compagine più delicata e sensibile del corpo umano, quella che ci procura ogni sensazione, e che, durante il male ci fa squisitamente sensibili solo per soffrire. Vi sono persone che trascinano nevralgie per mesi, per anni, con intermittenze di periodi di sollievo e di crisi che tolgono il sonno, l'appetito, le forze, ogni volontà di vivere e di agire.
I medici trovano l'origine della nevralgia nella difettosa nutrizione dei nervi, cioè nell' impurità, nella densità e nell' esuberanza del sangue da cui vengono alimentati. Un fisiologo, il Remberg, parlando della nevralgia la definisce: la preghiera dei nervi per avere un sangue sano.
I dolori nevralgici si sviluppano in ogni parte del corpo ma specialmente nella testa, compreso il volto. I medici ordinano molti calmanti, ma sarà
sempre cosa saggia non abusare delle medicine, poichè abusandone viene il momento che l'organismo vi si abitua e non ne risente più effetto alcuno. Un igienista sostiene che il solo rimedio efficace per prevenire e curare le nevralgie è una dieta giudiziosa e l' esercizio. La dieta dovrebbe consistere nell'uso di poca carne, latte a sufficienza, cibi farinacei e una cura di olio di fegato di merluzzo. Aboliti gli stimolanti. Gli esercizi ginnastici all' aria aperta, afforzano il sistema nervoso, purificano il sangue, e sono per questi indicatissimi. Molte persone confondono la nevralgia col reumatismo, mentre sono due malinconici compagni dell'inverno, ma ben distinti. La causa del reumatismo è l' umidità degli ambienti o delle vesti. Il dottor inglese Addison afferma che tra quei popoli che non mangiano carne, nè bevono vino, il reumatismo è una malattia affatto sconosciuta. È bene sapere che il sedano è un eccellente rimedio pel reumatismo. Si taglierà in minuti pezzetti, si farà bollire finchè sia divenuto molle, e si mangerà bevendone anche l' acqua. Si potrà pure servirlo a tavola come minestra insieme alla zuppa di pane abbrustolita.
MAL DI DENTI
Un rinomato dentista mi diceva un giorno che se si cominciasse a nettare i denti ai bambini appena li mettono e se si facesse sciacquar loro la bocca dopo ogni pasto, non vi sarebbe più mal di denti, nè si avrebbe bisogno nell' età adulta di ricorrere tanto spesso al dentista. I denti sono una delle parti dell'organismo alla quale chiediamo una costante
Eva Regina. 33
fatica e del cui mantenimento meno ci curiamo. L'igiene dei denti è pochissimo osservata : e persone civili che si vergognerebbero di farsi vedere con le mani poco pulite, non si peritano ad esporre una dentatura giallastra, incrostata di detriti calcarei, che infiammano le gengive e preparano per tempo la sconnessione e la caduta dei denti.
Pochi, quasi nessuno pensa, terminato di mangiare, a sciacquarsi la bocca e a nettarsi i denti con lo spazzolino e il dentifricio. Il più delle volte, la sera, non ci si alza da tavola che per andare a letto senza aver adempiuto a questo precetto di igiene e di civiltà. Si dice: i contadini hanno in generale bei denti e non adoperano mai lo spazzolino, nè li puliscono in altro modo. Nelle nostre campagne regna la convinzione che la polenta fa i bei denti. E sotto un certo punto di vista è vero, perchè i cibi frugali e semplici lasciano lo stomaco in ordine, e una buona digestione contribuisce moltissimo a mantenere la bocca sana e pulita. Ma noi che usiamo cibi più fini e complicati, abbiamo un motivo di più per impedire che qualche cattiva digestione ci sciupi la dentatura, e quindi ci conviene pulire e disinfettare la bocca costantemente.
Inoltre i denti sono uno dei fattori principali della salute : i denti forti e sani atti a masticare perfettamente il cibo alleviano la fatica allo stomaco che digerisce bene e l'organismo assimila; i denti malati e malfermi non triturano gli alimenti, che tante volte restano nel ventricolo procurando le indigestioni e le malattie.
Gli acidi sono dannosissimi ai denti ed anche i dolciumi. Lo zucchero a contatto dello smalto forma
un precipitato che annerisce i denti e li logora. È dunque necessario appena mangiato qualche cosa di dolce, sciacquarsi la bocca. Danneggiano i denti i cibi o le bevande troppo caldi o troppo freddi, ed anche gli spazzolini troppo duri. Nel nettare i denti bisogna aver cura di agitare il setolino dal basso in alto e non orizzontalmente, per riguardo alle gengive.
Per il mal dei denti bisogna assolutamente ricorrere al dentista. Del resto ogni calmante, finchè la causa, ch'è la carie, perdura, non avrà che una azione incerta e limitata. Giova per un poco una fusione tepida di papavero, qualche granello di cocaina, l'applicazione del ghiaccio o tenere in bocca acqua freschissima finchè lo spasimo s' atrofizzi.
STOMACHI DELICATI
Lo stomaco, come ho detto, ha un' influenza diretta sui denti come i denti ne hanno una sullo stomaco. Bisogna conservarli insieme, mediante un regime igienico. Per lo stomaco l' igiene migliore è la regola e la sobrietà. Molti stomachi delicati o deboli non lo sarebbero forse se la loro legittima proprietaria avesse sempre mantenuto un regime conveniente al suo genere di vita, non avesse mai mangiato più o meno del bisogno, avesse vigilato sulle sue funzioni digestive e... non avesse stretto troppo il busto.
La maggior parte dei disturbi di stomaco delle signore proviene da questa cattiva quanto inveterata abitudine. Lo stomaco, così compresso in una armatura di tela forte e di balena, digerisce male,
lentamente, e si restringe diventando incapace di sopportare una dose maggiore d'alimento o cibi d'un genere diverso. Così si è tormentate dai languori, dai pesi, dalle dispepsie che portano per conseguenza la denutrizione e l'anemia.
Uno dei grandi nemici dello stomaco è il freddo. Le persone che hanno lo stomaco delicato dovrebbero portare nell'inverno sullo stomaco un quadrato di ovatta leggera o di flanella, e non toglierlo neppure durante la notte. Il vantaggio di questa cura semplice sulla digestione è meraviglioso; giacchè la cattiva digestione spesse volte deriva soltanto dalla mancanza di quel grado di calorico di cui il ventricolo ha bisogno per consumare il cibo. Così nuoce appena mangiato affrontare l'aria rigida o afosa, e il moto immediato. Per digerire, lo stomaco ha bisogno di almeno un quarto d' ora di quiete dopo il pasto. Ottimo l' uso di terminare con una bevanda calda. Il ghiaccio, invece, è assai nocivo.
Non mangiate mai senza appetito ; non state a lungo digiuni prima di un pasto copioso : non mangiate fra un pasto e l'altro. Lo stomaco ha bisogno di almeno cinque ore per compiere perfettamente il suo lavoro. Per avere un buono stomaco converrebbe pure mangiare ad ore fisse e non mangiare in fretta nè di soverchio. Non è la quantità di cibo che dà la vigoria e il benessere, ma solamente quello che assimiliamo. Napoleone una volta osservò che muore più gente per mangiar troppo che poco. Anche l' inaffiare troppo copiosamente i pasti con vino, acqua o birra è un pessimo sistema. Il liquido dilata lo stomaco, diluisce i succhi gastrici e turba il processo della digestione. Il tempo
più opportuno per bere è alla fine del pasto, giacchè allora il liquido aiuta la soluzione degli alimenti.
La qualità dei cibi da preferirsi ci è un po' indicata dal termometro e dai prodotti della terra secondo le stagioni. Durante il freddo si preferirà la carne e i farinacei come migliori produttori di calorico ; durante il caldo, i vegetali, le ova, i frutti. I vegetariani vorrebbero escludere assolutamente la carne ; altri tutti i cibi amidacei compreso il pane: ma una dieta mista e moderata sarà sempre la più conveniente per la generalità delle persone.
MAL DI GOLA
Il mal di gola è assai penoso, ma anche questo si può molto spesso evitare per mezzo dell' igiene. Tutti i nostri mali derivano da infezioni, più o meno gravi: quindi la disinfezione preventiva costituisce una delle maggiori difese della salute. Per preservare la gola, sarà bene innanzi tutto tener pulita la bocca, grande veicolo d' infezione, e avere la buona abitudine dei gargarismi fatti con acqua e una leggera soluzione di clorato di potassa, o semplicemente con qualche goccia d'aceto. I colletti alti, le cravatte, le sciarpe intorno al collo, favoriscono i mali di gola. I marinai che espongono ad ogni temperatura il collo nudo, soffrono pochissimo di male alla gola. Anche il respirare con la bocca aperta l' aria fredda, l'esporsi all' umidità, il soffio di una corrente, sono da evitarsi per mantenere sane le tonsille, la faringe e la laringe, che sono le località più facilmente attaccate.
I medici raccomandano di respirare con le narici, non colla bocca. Le narici sono fornite di membrane le quali agiscono come un filtro ed impediscono alle impurità che sono nell' aria, di scendere nella gola e nei polmoni. Il respirare col naso reca inoltre il vantaggio di riscaldare l' aria nell' inverno e di inumidirla nell'estate, impedendo alla gola una brusca sensazione di caldo e di freddo. Quando un male di gola è leggero e proviene più che altro da cause reumatiche, giova un impacco freddo e il gargarismo col ghiaccio. Può arrecare pure qualche sollievo il tapparsi gli orecchi con un batuffolo di bambagia. Tra orecchie e gola vi è una comunicazione diretta; e per tal modo si toglie la via all' aria esterna che mantiene l' irritazione dei muscoli e delle membrane.
OCCHI ED OCCHIALI
Uno scienziato inglese, l' Addison, scrive intorno all'organo della vista : « La vista è il più perfetto, il più prezioso e il più dilettevole dei nostri sensi : essa ci riempie la mente colla più grande varietà di idee: conversa coi suoi oggetti alla più grande distanza e prosegue in quest' azione senza mai stancarsi o saziarsi dei propri godimenti... La nostra vista può considerarsi come una più delicata e diffusa specie di tatto che si estende sopra un' infinita moltitudine di corpi, abbraccia le più grandi figure e mette alla nostra portata alcune delle più remote parti dell'universo.
Le persone obbligate ad una vita sedentaria e di applicazione, logorano presto la vista. Fra le occupazioni
femminili, quella del ricamo in bianco, del cucito su tessuti fini, il disegno d' ornato, la miniatura, il leggere libri stampati a minuti caratteri, l' infilar perle, ogni genere di lavoro, insomma che richiede la concentrazione della vista per un tempo prolungato, stanca i nervi ottici e li indebolisce. Quando davanti agli occhi cala una specie di nebbia attraverso a cui lo scritto o il lavoro appare confuso, o quando si avvertono dolori nevralgici leggeri sopra l'orbita, bisogna cessare dall' applicazione immediatamente, magari interromperla per un poco. Conviene inoltre fare in modo che la luce cada sempre sull' oggetto intorno al quale si è occupati, mai sugli occhi. Il leggere e lo scrivere alla luce scarsa del crepuscolo o al lume oscillante di una candela, è dannosissimo.
Si tenga a mente anche, che tutto ciò che ha un effetto debilitante sull' organismo, indebolisce la vista. Sono nocivi agli occhi i riflessi d'una luce troppo viva, il bianco delle vie, la polvere, il freddo intenso, l'umidità della nebbia. Giova agli occhi stanchi da un lavoro prolungato qualche bagno d'acqua caldissima. È invece da evitare sempre per gli occhi l'acqua fredda che dispone alla congiuntivite. Ci si deve lavare il viso con acqua tepida evitando che l'acqua penetri negli occhi.
La miopia è un difetto assai comune che si corregge con le lenti, al cui uso, però, molte signore sono avverse perchè immaginano che gli occhiali le invecchiano. Per questo stesso motivo sopportano anche l'indebolimento della vista, sforzando gli occhi, con grande danno di essi. Ed hanno torto. Quando l' uso delle lenti si rende indispensabile,
una signora disinvolta le adotta senz' altro. Vi sono anche dei bimbi ai quali sono necessari gli occhiali mentre molti vecchi possono farne a meno. Il loro uso non può essere, quindi, indizio infallibile d' età matura. Del resto le smorfie a cui la miopia condanna il viso, sono assai più antiestetiche degli occhiali. Certi volti, anzi, dal naso un po' grande, se ne avvantaggiano ; e il lorgnon adoperato da una signora elegante, con disinvoltura, conferisce una certa grazia civettuola. Nel settecento, uomini e donne l'usavano per vezzo, ma la montatura dell' occhialetto era diversa, come possiamo vedere da qualche interessante esemplare che si trovi presso gli antiquari o nei musei. L' occhialetto moderno, elegante, ha il manico lungo di tartaruga bionda o bruna od anche d'argento lavorato. Sul manico, una signora può fare applicare in oro o in argento il proprio monogramma o una coroncina nobiliare. Si portano al collo appesi a una fine catenella d'oro o a un cordoncino di seta.
Il lorgnon non serve però che per leggere o per guardare. Per cucire, per scrivere, per suonare occorrono le lenti fisse a molla o a stanghette. Quelle a molla sarebbero più simpatiche, ma hanno il terribile inconveniente di lasciare un solco rosso sul naso. Meglio rassegnarsi agli occhiali a stanghetta da appoggiare sugli orecchi. Si possono far montare in oro con un filo leggerissimo, quasi invisibile.
ALTERAZIONI DELLA PELLE
La malattia che più affligge ed umilia una donna è quella che le attacca l'epidermide. La pelle è uno dei maggiori elementi di bellezza e di seduzione
ma è pure facilissima ad alterarsi. La rosolia, la scarlattina, il vaiuolo, sono le malattie più gravi a cui va soggetta la carnagione, pure anch'esse si curano, ai nostri giorni, in modo che non ne rimane nessuna traccia. Invece, specialmente il vaiuolo, quando colpiva, tempo addietro, era la morte o la completa distruzione della bellezza. Vi sono poi le malattie minori : leggeri eczema, rossori, bollicine, macchie, assai fastidiose, ma che non resisteranno a una cura assidua e bene appropriata. Il freddo dell'atmosfera e dell'acqua ha un' azione nociva sulla pelle : quindi mai acqua diaccia pel viso e le mani, ma tepida; e mai uscire nell' inverno senza un velo sul volto. Per le cosidette eruzioni gioverà molto aggiungere all'acqua un po' di polvere d'amido o di crusca. Un buon metodo è forse pure quello di spalmarsi, a sera, le guancie con la glicerina e poi applicarvi sopra polvere d'amido. Ho veduto eruzioni ostinate guarire dopo qualche tempo di questa cura. Bisogna anche stare attente alla qualità di sapone che si usa, perchè molte volte è il sapone che sciupa la pelle. I saponi semplici e meno profumati sono i migliori. Se si ha facilità alle malattie dell' epidermide, si adoperino saponi leggermente disinfettanti. È necessario pure osservare la qualità della cipria. Spesso la cipria contiene elementi velenosi dannosissimi, non solo alla carnagione, ma all'intero organismo che li assorbe.
Anche i cibi hanno un' influenza speciale sulla pelle, e lo stato dello stomaco. Le bevande alcooliche, gli alimenti troppo grassi, gli acidi, i salati, non favoriscono la bellezza dell'epidermide, mentre le saranno utili i legumi, il latte, i frutti, crudi o cotti, le acque minerali.
La cattiva digestione, i disturbi di fegato, l' insonnia, l'anemia, le abitudini irregolari, dànno alla pelle una tinta alterata e la avvizziscono. Anche il calore troppo intenso del fuoco o del sole la danneggia, come ogni brusco mutamento di temperatura. La luce ha molto potere sulla carnagione: infatti la cura del radium, che si è adottata ora per le più terribili malattie che corrodono l'epidermide, non è che una cura di luce. Tutte le persone costrette a vivere in locali chiusi e semibui hanno un colorito scialbo, come i fiori sbocciati all'ombra.
DISTURBI NERVOSI
Le malattie nervose, in tutta la gradazione, dalla prima, costituita da semplice squilibrio cagionato da un po' di debolezza, all'ultima che fa capo alla terribile nevrastenia, può chiamarsi la malattia del secolo ventesimo. La vita eccitata, febbrile, che si conduce oggi nei grandi centri ne è il fattore principale: vengono poi la dispepsia, l' eccesso del lavoro mentale ed ogni altra sregolatezza.
« Le persone nervose, dice lo Shofield, sono il vero sale della terra. Se volete un primo ministro, un generale vittorioso, un abile amministratore, un giudice integro, un abile medico, un bravo artista, dovete ricorrere ad un uomo di grande energia nervosa. » Questo è vero, ed è vero anche che le persone nervose hanno una più squisita sensibilità, tanto per la gioia, quanto per il dolore. Un po' di nervosismo è utile nella vita per darci lo scatto, per prolungare la resistenza al lavoro, per sostenere nelle prove, per sentirei vivere con intensità.
Ma guai a lasciarsi governare dai nervi. I nervi sono eccellenti servitori e pessimi padroni, giacchè possono trascinare agli eccessi più deplorevoli, ed anche divenire i nostri carnefici per tutta l'esistenza.
I sintomi più comuni di nervosità sono l' irritabilità di temperamento, l'irrequietezza, l'agitazione continua, l'immaginazione di malanni o di difficoltà da superare, il trasalire non appena si oda un improvviso rumore, l'avversione al buio. I medici dicono che il nervosismo è l'effetto d' una qualità di sangue inadatta alla sua azione sui nervi che di sangue sono nutriti. Se questi nervi vengono alimentati da un sangue sano, tutto il corpo risentirà benessere; ma se il sangue è povero, produrrà impressioni non naturali su ogni nervo, e questo moltiplicandosi per un'infinita quantità di esili filamenti, ognuno dei quali ripercuote nel cervello la propria sofferenza, dà una sensazione generale di malessere, di squilibrio, di accasciamento. Dunque tutte voi che soffrite di nervi, care signore ed amiche, dovrete sopra-tutto cercare di correggere il vostro sangue, facendo attenzione ai cibi che prendete e all'aria che respirate. Siano, i cibi, leggeri e nutrienti giacchè, come ho detto, molte volte anche l'alterazione nervosa è prodotta da dispepsia. Abbandonate ogni stimolante, come thé, caffè, liquori, pietanze drogate: fate ogni giorno un po' d'esercizio all'aria aperta, dormite almeno nove ore.
L' INSONNIA
Giacchè il sonno è un grande, un immancabile ristoratore. Esso è necessario al nostro organismo come e più del nutrimento. Il sonno ridona le energie
che la veglia ha disperso, porta il sollievo dei mali, l' oblio delle tristezze, l' interruzione del dolore. Shakespeare definì il sonno: « Balsamo delle menti oppresse ». Dryden lo disse « Ristoratore della pace dello spirito, il cui balsamo ridona nuove forze per il lavoro giornaliero. » Così l' insonnia è la privazione d'uno dei beni maggiori comuni all'umanità,
e costituisce per le persone nervose, per coloro la cui vita è troppo piena d' emozioni, un tormento inuguagliabile.
I medici dicono che l' insonnia proviene dal soverchio affluire del sangue al cervello, effetto di qualunque eccessiva attività mentale che lo dilata e lo riempie, mentre il sonno ritira dal cervello il sangue. Così chi soffre d' insonnia farà bene a dormire col capo un po' alto per facilitare il defluire del sangue, mentre per chi ha il sonno normale è più igienico dormire con un solo guanciale. Chi pensa molto e lavora molto col cervello, abbisogna di un sonno prolungato. Un medico dice che il tempo rubato al sonno è infinitamente dannoso allo spirito, al corpo, alla costituzione.
La tranquillità d'animo è la prima necessità per dormir bene: purtroppo, però, non è in poter nostro di possederla sempre. Ad ogni modo bisogna aiutarci per quanto è possibile : procurare allorchè ci adagiamo nel letto, di escludere dal pensiero, dalla memoria, ogni preoccupazione molesta o dolorosa. Difendiamo, con uno sforzo della volontà, l' isola dell' oblio che sta per accoglierci ; lasciamo alle soglie della vita tutto il suo carico d' amarezze e di miserie per attingere nuove forze onde combattere
e vincere. Una fervorosa preghiera, un atto di abbandono
alla Potenza che regge il nostro destino, aiuteranno a procurarci la calma pel nostro riposo se abbiamo l'anima afflitta o inquieta. Qualche buona ed energica risoluzione se l'anima è in lotta con sè medesima, se la coscienza ci fa qualche rimprovero, è pure, spesso, ciò che decide di un sonno ristoratore. Si eviti inoltre per quanto è possibile, alla sera, quanto può eccitare la nostra fantasia : spettacoli emozionanti, musica, letture di troppo interesse e di soggetto passionale.
Gioverà molto, invece, prima di dormire, qualche lettura noiosetta; qualche preghiera formale ripetuta; contare sino a un numero alto; ripetersi adagio versi noti. Rimedi fisici contro l' insonnia, dei quali è provata l' efficacia, sono pure i seguenti : lavarsi la faccia prima di coricarsi; togliere il guanciale; cercare una posizione incomoda e dopo qualche tempo mutarla nella positura migliore, prendere un po' di latte caldo, ed evitare di coricarsi prima che la digestione dell'ultimo pasto fatto sia compiuta: badare di non aver freddo alle estremità, provocare anzi la discesa del sangue tenendo molto caldi i piedi.
Anche la positura del corpo e la qualità del letto influiscono sul sonno. Le persone non use a spostarsi spesso, non possono dormire quando cambiano letto : altre use a un letto duro saranno molestate da un giaciglio troppo morbido. Se si arriva però, con una giusta attività e una vita regolata, ad ottenere il bene di un buon sonno, anche i mutamenti non lo impediranno più. Gli igienisti dicono che non si dovrebbe dormire supini, ma sul fianco destro, perchè quando il corpo è in questa posizione
lo stomaco resta più libero e il fegato preme meno sui visceri. Dormendo così si eviteranno anche i brutti sogni.
GLI ECCITANTI
I più grandi nemici della vera e sana vigoria fisica sotto la loro subdola e falsa apparenza di validi sostegni e accrescitori di forze, sono gli eccitanti. Ed è anche uno dei pregiudizî più ostinati e difficili ad esseri vinti dai medici. Si dice : una tazza di caffè aiuta la digestione ; un bicchierino d'alcool caccia il freddo; un buon thè raggiusta lo stomaco ; il vino rinforza e nutre ; una sigaretta risveglia dall' intorpidimento : e coll' appoggio di queste teorie, l'uso diventa abuso.
Maggiori fautori ha, tra gli eccitanti, il vino. In Italia è impossibile persuadere le masse che il vino è non solo inutile ma pernicioso: appena da pochi anni non si dà il vino ai bimbi pei quali è un vero veleno : e solamente nelle classi intelligenti. In generale si forzano fanciulli e donne delicate a bere il vino adducendo il motivo che dà freschezza e vigore. Il buon vino fa buon sangue si dice comunemente. Invece non è vero. I medici trovano che l'azione del vino sull'organismo non è che transitoria e lascia facilmente posto all' esaurimento e alla paralisi. Il vino è poi avversario all' igiene della bellezza, giacchè in molti casi di catarro gastro-intestinale, di atonia allo stomaco, irrita straordinariamente e dispone alla dispepsia, la quale per la sua azione sui diversi organi, altera lo stato della pelle, e tutta l'apparenza come l'interno del corpo.
Il caffè, tanto vantato come digestivo, se troppo forte può invece arrestare di colpo la digestione. Le persone irritabili e delicate non dovrebbero usarlo, perchè essendo stimolante senza essere nutritivo accelera il logorio degli organi e produce magrezza e pallore.
Quanto alle bevande alcooliche, è stato tanto detto dei mali che cagionano, che l' insistervi ancora — e in un libro destinato alle signore — mi pare inutile. Ma come la donna è l'educatrice dell' uomo futuro, ne è la previdente compagna e la buona consigliera, accennerò che mai e in nessun modo l'alcool nutrisce il corpo e mantiene la forza o aiuta il processo della assimilazione o diminuisce gli effetti del freddo.
L' azione dell' alcool sul fluido digestivo è quella di distruggere la pepsina che ne è il principio — ed è questo il motivo per cui tanti bevitori d'alcool soffrono di dispepsia.
L'alcool, inoltre, invece di aiutare la formazione del sangue ne impedisce i naturali cambiamenti ed ostruisce le funzioni nutritive e riparatrici. E anzichè costituire una difesa contro il freddo, rende il corpo più sensibile, come ogni calore artificiale che vien sempre susseguito da una sensazione di freddo.
Per dimostrare, infine, che l' alcool abbrevia la vita, basti sapere che il prenderne un' oncia al giorno ha, l'effetto di far crescere di tre per minuto i battiti del cuore, imponendo così maggiore fatica a quest' organo che ne sarà logorato prima del tempo.
RIMEDI SEMPLICI
Io non consiglierei certo nessuna signora a curarsi da sè, ma vi sono certi casi in cui pare superfluo incomodare il medico, eppure si soffre e si desidererebbe un sollievo : o certi altri casi nei quali l'opera sollecita è necessaria e non conviene attendere l'arrivo del dottore. Quindi sarebbe indispensabile che ogni donna a capo di una famiglia conoscesse certi rimedi semplici, alla portata di tutti, e sapesse come e quando sono opportuni. Questi rimedi, appresi dalla viva voce del medico di casa o da qualche libro d' igiene moderna, dovrebbero essere riuniti in un elegante quadernetto da consultare nei momenti di bisogno. Io tengo sott'occhi, appunto, uno di questi buoni e pratici consiglieri, dal quale tolgo alcune norme per voi, o amiche gentili. Sfogliamo insieme il bianco libriccino legato da un nastro azzurro.
È tanto facile scottarsi, o ai fornelli, o alla stufa o con un liquido bollente ! Vediamo il Rimedio contro le scottature : « Si sciolgono quattro once di albume o di solfato d' albumina e di potassa in una caraffa e terzo di acqua calda e si conservi in una bottiglia ben chiusa. Allorchè avvengono scottature, sì per acqua bollente, per ferro rovente, carbone acceso od altro, si applichino immediatamente compresse bagnate in questa soluzione più volte e si guarirà senz'altro. »
Svolgiamo qualche pagina. Ecco un altro rimedio ben utile da avere sottomano, aspettando l' ora di recarci dal dentista. È un Rimedio pei denti cariati: «Si facciano fondere nel fuoco entro un cucchiaio
di ferro un poco di pepe, sale e zucchero a parti uguali : questa fusione si versi sopra un pezzo di carta straccia e con un pezzettino di questa carta, poi, si copra il dente guasto. Il dolore, comunque in quel momento sembrasse crescere, pure cesserà subito dietro una forte salivazione. »
Questo è uno specifico inglese Per guarire la tosse : « Si prenda una mezza bottiglia di latte riscaldato, e dimenandola sempre vi si uniscono due uova ben battute, due cucchiaiate di sciroppo di capelvenere e due di acqua di rose con un poco di noce moscata in polvere. Di questa bevanda si farà uso quando si avrà la tosse. Si avverta che il latte non dovrà più mettersi sul fuoco dopo che vi saranno mescolate le uova. »
Ora quasi nessuno adopera più utensili di rame per la cucina e il pericolo dell' avvelenamento per l' effetto del verderame è, si può dire, scomparso. Pure in provincia, in campagna, il bel rame lucente dai riflessi caldi, delizia delle massaie, si adopera ancora, e un'inavvertenza, un'imprudenza sono presto commesse. Ecco una ricetta per il Contraveleno del verderame: « Si fa prendere al sofferente, fin dal primo sospetto, molti bicchieri d' acqua in ognuno dei quali si sarà fatto sciogliere un bianco d' uovo ridotto a spuma. Il bianco dell' uovo è il più potente contraveleno sperimentato finora : esso decompone il verderame e i sali di rame in modo da lasciar l'ossido in uno stato innocuo. »
In campagna è anche facile essere punti da qualche insetto. Vediamo il Rimedio per le punture delle vespe, delle api, degli scorpioni ed altri insetti: « Si colgono foglie d' alloro, si triturano e si applicano
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sulla parte che è stata punta : immediatamente cesserà ogni dolore. Contro le punture delle vespe e delle api giova anche il latte del fico, ungendone la puntura. Utile è pure la strofinazione col sugo di qualunque erba aromatica, menta, timo, maggiorana, rosmarino, salvia. Giova questo anche per la puntura delle ortiche e perfino sul morso delle vipere. »
La raucedine è un incomodo noioso assai: altera la voce più melodiosa, affatica straordinariamente nel parlare, e pare perfino che paralizzi le idee per lo sforzo che occorre ad esprimerle. Il rimedio suggerito dal quadernetto è un po'..... volgare, ma il male è così insopportabile che si può transigere sulla volgarità. Sentite :
Rimedio contro la raucedine : « Si prenda uno spicchio di aglio ed un poco di sugna, si pestino insieme fino a formare una pomata. Con questa si strofinino bene le piante dei piedi la sera prima di andare a letto e si calzino calze di lana. Si è sicuri di trovarsi guariti, se non dopo la prima dopo la seconda strofinazione. »
Ecco, ora, un rimedio per l'Allegamento dei denti: il noioso incomodo ben noto a chi ha il gusto condannabile delle frutta acerbe : « Masticare un poco d' acetosella o dell' erba detta porcellana. L' allegamento si toglie anche masticando un po' di formaggio piccante. »
Il sangue dal naso che impressiona tanto i bimbi e le loro mammine si può arrestare con qualche mezzo meccanico, come sollevare e tener ritto il braccio dal lato corrispondente a quello dalla narice che sanguina : compresse fredde, ghiaccio sulla
fronte e alle radici del naso. Non bastando si potranno praticare nella narice iniezioni di acqua calda, e di sugo di limone.
Un altro rimedio : l'ultimo — ed è per un incomodo
assai penoso e doloroso che l'inverno regala a chi lo detesta : i geloni.
Veramente anzi i rimedi sono più d' uno, e si possono provare susseguentemente con la speranza o la fiducia di risentirne giovamento. Dunque il primo di questi rimedi consiste nell' immergere le mani o i piedi offesi dai geloni nell' acqua tepida, a cui gradatamente si fa aggiungere acqua bollente finchè si potrà sopportare. Dopo una decina di minuti le parti deturpate dai geloni diverranno livide. Si asciughi poi con un asciugamano molto asciutto. Un secondo rimedio consiste nel ripetuto passaggio dall'acqua caldissima all'acqua freddissima : si spolverano poi le mani con fine polvere d' amido e si fasciano di lana. Anche la tintura di jodio è utile. Per la semplice screpolatura delle mani si consiglia — orrore ! — di strofinarle con sugo di cipolla.
NON TRASCURARE I SINTOMI
Vi ho consigliato dei piccoli, semplici e talvolta rustici rimedi per alcuno di quei malanni che tutti conosciamo, ma che non hanno conseguenza. Non vi consiglierei assolutamente però d' indugiare a chiamare il medico anche per cose lievi, quando siano di natura da lasciar supporre un seguito o un peggioramento. Molte malattie sarebbero risparmiate se si curassero prontamente i sintomi. Invece quasi nessuno vi fa caso. Un po' d' indigestione, una tosse,
qualche fitta, qualche altro incomodo si sopportano, si recano in giro, così, per indolenza, per ritrosìa di farsi visitare, per non aver la briga di interrompere il giro delle nostre occupazioni: tante volte per non allarmare la famiglia, dicendosi che non sarà nulla. Un detto comune e ripetuto è quello che il male come viene, deve andare, cioè, senza nessun soccorso. Invece il male viene da padrone e non se ne va se non è cacciato. I sintomi sono sempre il provvido avvertimento della natura che non accogliamo mai con premura, che non ascoltiamo mai in tempo. Ella ci consiglia a stare in guardia, ad osservarci, a difenderci, e noi sorridiamo, crolliamo le spalle e la trattiamo da inutile brontolona. Ma poi quando i sintomi si sono spiegati nella malattia grave e noiosa, ci si pente della nostra testardaggine, qualche volta della nostra incredulità, se si tratta d'altri. Forse si poteva soffocare il principio maligno rivelato dal sintomo, si poteva sradicare con facilità il cattivo germe che ora è diventato un parassita dalle violente radici. Gli esempi non mancano. Noi tutte abbiamo conosciuta qualche persona che per aver troppo trascurato qualche incomodo, qualche anormalità del suo corpo chiese il soccorso della scienza quando, pur troppo, ogni soccorso era vano. Non si sarà mai, dunque, abbastanza cauti e pronti, quando si tratta della salute, ch' è il supremo dei beni della vita, la cui conservazione è un dovere. E non solo quando si tratta di noi, bisogna essere solleciti, ma anche quando si tratta degli altri. Non bisogna pensare subito che sia affare di sensitività eccessiva, di esagerazione, di insofferenza, di falsità; e, nei bambini, di malessere passeggero o di capriccio. Pensiamo
piuttosto quale sarebbe il nostro rimorso se quei mali di cui l'adulto o il bimbo si lagna, quel malessere che dimostrano, dovessero essere i prodromi d' un' infermità grave, dovessero mutarsi, per la nostra imprevidenza, in lutto per noi ! Attente dunque ai sintomi, agli araldi di malaugurio.
IL CORAGGIO
Il coraggio sembrerebbe essere una virtù riserbata solamente al sesso forte, invece la donna ha bisogno di coraggio quanto l' uomo e forse più. Intanto non è una qualità, diremo così, di lusso, da fregiarsene nelle grandi circostanze, come a tutta prima parrebbe, giacchè pur troppo ve n'è continuo bisogno nella vita: oserei dire anzi che non passa giorno senza che occorra usarne, in piccola o in grande dose. Si tratti di affermare recisamente la nostra opinione o di riprovare con franchezza quella altrui ; sia per dominare i nostri sentimenti o per educare i sentimenti degli inferiori : nelle lotte morali e nelle difese fisiche, è sempre il coraggio che dobbiamo invocare e mettere in atto. Qui però intendo accennare alla forma forse più rudimentale del coraggio, ma ch'è quella appunto che vien meno più facilmente alla natura delicata della donna, il coraggio per le malattie, le sue conseguenze, i pareri del medico. Certo, vi sono delle malattie penose da confessare e più da curare, per le quali bisogna vincere ripugnanze e pudori, ma la renitenza non fa che aggravare le condizioni senza impedire che il temuto momento della visita medica o della cura, arrivi. Mentre con un sollecito
ricorso si può forse evitare il peggio. Si pensi inoltre che il medico curante, avvezzo a vedersi sfilare sotto gli occhi tutto l'esercito delle miserie umane, non può far caso di nulla : per lui la donna più giovane e più bella che richiede il suo ministero non è che un soggetto patologico. Sia dunque rassicurato il pudore, o almeno possa essere dominato quando la necessità lo richiede. C' è sempre modo di avere accanto qualche persona del cuore che accresca il coraggio nei momenti difficili, o un marito, o la mamma, o una sorella, o una diletta amica. Ricordo di aver letto un episodio che mi ha lasciato molta impressione : una signora che aveva bisogno d'una operazione chirurgica ad una mammella e che non potè o non volle essere cloroformizzata, la subì senza gettare nemmeno un grido di dolore, tenendo gli occhi fissi sulla lettera di recente ricevuta d'una persona a lei supremamente cara. L'amore che tante volte, che troppe volte, fa commettere delle viltà, diede origine a un magnifico eroismo, fu più forte della natura umana, egli che alla natura umana, spesso miserevolmente soccombe. E il sentimento che sostenne quella donna, che le diede la volontà di vivere e di vincere da forte la lotta, sia pure quello che sostenga ognuna che possa trovarsi nel caso suo. Chi conta degli esseri cari, ha il dovere di vivere per essi, di difendere la salute e l' incolumità del proprio organismo come se agisse a vantaggio di un' altra persona. Si combattano dunque esitanze, scrupoli, contrarietà, per coscienza: si richiamino tutte le energie, e qualunque cosa il medico consigli di fare, se ha la nostra fiducia acconsentiamo con fermo cuore.
LA PAZIENZA
La pazienza è invece tenuta per una qualità di esclusivo uso femminile. Infatti sebbene anche gli uomini molte volte non possano farne a meno, per noi è la moneta spicciola che bisogna aver sempre pronta. È il filo d' Arianna che ci guida attraverso al labirinto della vita.
« La pazienza, ci disse uno scrittore, è più difficile del coraggio e più meritoria del sacrificio. »Infatti nel coraggio esiste sempre una parte eroica che abbaglia e trascina coloro stessi che compiono l' atto, e le circostanze che lo accompagnano sono sempre così urgenti da forzare anche la debolezza. Scarsi aiuti invece e più scarsi compensi immediati ha la pazienza, che fu detto essere retaggio dei vili, mentre è privilegio dei fortissimi, mentre fu l'antichissima dote dei filosofi, dei savî, degli inventori, che lasciarono una traccia di luce Anzi non v' è conquista, non v' è vittoria senza la pazienza. La medicina moderna che si limita a secondare la resistenza della natura, ad accrescerla se c'è bisogno, chiede alla pazienza il suo soccorso migliore. Ma spesse volte una donnina forte sa assoggettarsi con coraggio a un rimedio pronto quantunque doloroso, e non trova poi la forza della pazienza. Se i suoi incomodi non cedono subito, se un' indisposizione si rinnova, se una malattia si prolunga, eccola ribellarsi, prendersela col medico e col destino, buttare all'aria tutti i rimedi affermando la loro inefficacia, mentre forse la sua impazienza fu solo la causa di tutto. Certo è penoso per un temperamento attivo il vedersi ridotte quasi all'impotenza
per qualche male senza nome e senza carattere, talvolta, o per una convalescenza difficile, o per una di quelle lente malattie che sono la disperazione della scienza; eppure se si pensasse quanta parte ha il morale sul fisico, queste persone s' imporrebbero la calma, la serenità, come la più efficace medicina. Io ho conosciuto più d'una signora, costretta a letto e al riposo per una complicazione di mali durante lunghissimo tempo : un anno, quindici mesi, e che mai, mai perdettero il coraggio della pazienza e del buon umore. Il loro morale era così rialzato da imporre agli altri la fede e la speranza nella guarigione : opponevano l'arguzia alle molestie fisiche, si distraevano interessandosi a mille cose del di fuori, gradivano la compagnia delle amiche e non le affiggevano con geremiadi, ma procuravano di dimenticare ogni sofferenza ed ogni malinconia nella conversazione gaia ed affettuosa. Così riuscivano non solo a temperare il male fisico e le sue conseguenze più fastidiose, ma a fortificare la loro resistenza, affrettando la guarigione.
LA SIGNORA È INDISPOSTA
Una mia amica, anch'essa molto e faticosamente occupata, mi diceva un giorno che talvolta desiderava una piccola indisposizione per essere costretta a riposarsi. Le piccole indisposizioni hanno, infatti, ì loro compensi. La camera da letto è riordinata in una penombra tranquilla. Ha il suo aspetto solito, giacchè per una febbre leggera, per un reumatismo, per un raffreddore non c'è bisogno di veglie, nè di cure complicate. Tutto al più la signora ha fatto
avvicinare al letto un tavolinetto portatile coperto d'una elegante tovaglietta bianca ricamata su cui ha fatto posare le cartine, l'unguento, la tazza di bevanda calda, quanto le occorre. Le sue amiche le hanno portato alcuni fiori, giacchè è sempre un'attenzione gentile quella di recar fiori a un recluso che non può coglierli o provvederli da sè. Fiori dal profumo delicato, cosicchè non possa nuocere alla signora un po' debole: rose, violette, gerani, giacinti, secondo la stagione. Essi rallegrano con le loro tinte fresche e vivide la stanza, e la malata che li ha fatti collocare in un elegante vasetto in faccia a lei per contemplarli meglio. La signora è quasi seduta sul letto, appoggiata a due guanciali, adorni di ricami, di nastri, di trine. Un altro piccolo e morbidissimo guanciale di seta, ricoperto di una federa di batista a tramezzi e a merletti, le è sotto il capo, ed ella lo fa scivolare ora qua ora là, secondo trova comoda la posizione. Tutte le sue amiche sono venute a salutarla, a raccomandarle il riguardo, così essa ha messo nel letto la biancheria più fine e più ornata : e sui piedi un coltroncino di lusso. Ha indossato una camiciola di flanellina rosa o celeste, se è d' inverno; di batista se è d'estate : si è fatta acconciare i capelli semplicemente ma con grazia, dalla cameriera. Alle dita delle mani, che sulle coltri sembrano ancor più bianche, ha infilato i suoi anelli scintillanti: al polso porta il braccialetto d'oro, cara memoria, che non toglie mai: e dal collo, appesi a una catenella aurea, scendono i suoi amuleti : ritratti, capelli, fiori, una medaglia pia. Le amiche conversano con lei, adagio, a voce bassa per non stordirla, ma essa assicura che la loro compagnia
le è di giovamento, e si interessa delle novità e manda e riceve saluti. Se l' indisposizione si prolunga per una settimana, riceve anche qualche vecchio amico, qualche parente che desidera sapere di lei notizie esatte e recarle auguri di guarigione. Questi le portano i cioccolatini come ad una bimba, e la graziosa scatoletta mette una nota lieta sul tavolino destinato ai rimedi, accanto a lei. E quando tutti se ne sono andati, la signora fa il suo leggero pasto : una minestrina, due uova, una tazza di latte, un pezzetto di pollo — secondo il permesso del dottore. La cameriera ha apparecchiato una tavoletta che quattro piedi rialzano quel tanto che basta perchè non tocchi le ginocchia della signora : e alla luce della lampadina elettrica ella si rifocilla di buon appetito, mentre il marito le tiene compagnia dalla poltrona vicina e vuole servirla con le sue mani; i suoi bambini vengono in punta di piedi a sentire come sta e a darle il bacio della sera. Poi vanno a pranzare anch'essi col loro babbo, e allora la signora fa sbarazzare la tavolina che si può rialzare come un leggìo, vi appoggia su un libro, leggero, divertente, una rivista, e legge un poco prima di coricarsi e dormire.
Dal suo letto, intanto, avrà sorvegliato che la stanza sia mantenuta nell'ordine più perfetto: accuratamente spolverata e arieggiata per modo che le persone che vengono a farle compagnia non siano incomodate da quell'odore di rinchiuso e di medicinali che talvolta serbano le camere in cui l' aria non fu convenientemente rinnovata. Naturalmente la degenza nel letto non avrà impedito la signora di fare la sua toilette secondo il solito con acqua profumata :
poichè se l' accuratezza e l' igiene sono necessarie
e piacevoli a vedersi nelle persone sane,
nei malati sono indispensabili per gli altri e per essi.
LA MALATTIA
Purtroppo avviene qualche volta che un'indisposizione apparsa leggera si aggrava ad un tratto, e si muta in malattia. La signora non ha forze nè voglia di ricevere, la febbre le arde le vene e rimane assopita per molte ore nel suo letto nitidissimo ma dal quale ogni superfluo ornamento è stato tolto. Anch'essa non indossa che fine tela candida o un giubboncino di flanella, ma interamente bianco. Tutto, sulla sua persona e intorno a lei deve avere una proprietà igienica ed essere atto a venir mutato o disinfettato con facilità. Dalla stanza sono stati tolti i gingilli ed anche qualche mobile ingombrante : tovagliette nitide sono stese dappertutto,
e recipienti di cristallo si trovano pronti per il ghiaccio, per l' acqua, per quello che occorre al medico
o al chirurgo. Sottomano si trova pure il necessario per le disinfezioni. Nelle ore di sollievo, l'ammalata, con l'aiuto di chi l' assiste, cura la pulizia della persona: si lava il viso e le mani con acqua tiepida e sapone antisettico; si fa pettinare leggermente i capelli che raccoglierà poi in una bianca reticella
o in una cuffietta. Non porta più i suoi gioielli, all'infuori della fine catenella d' oro da cui le pendono al collo i talismani d'amore e di pietà che gioveranno a conservarla — ella lo crede — all'affetto dei suoi cari. Le amiche non vengono più a visitarla in lieto stuolo ma si contentano di chiedere
ogni giorno le sue notizie alla porta, di scriverle dei bigliettini d'augurio, di prepararle colle loro mani qualche cibo leggero e ristoratore. Qualcuna fra le più intime, sale un momento nell' ora che la febbre scema e si trattiene pochi minuti con lei, il tempo di stringerle la mano, di mormorarle qualche parola di conforto e di speranza. Ma poi i suoi cari non la lasciano mai, e si alternano nell'assistenza amorosa della quale l' inferma deve mostrarsi grata. Sembrerà forse fuor di luogo l'accennare qui a un dovere qualsiasi, parendo che l' unico dovere di una ammalata sia quello di guarire. Invece il sentimento deve sempre manifestarsi nella forma più gentile, anche se il corpo è travagliato dal male : giacchè nulla di più triste e penoso che l' ingratitudine, le cattive maniere, i capricci per ricompensa alla fatica e all' ansietà d' una assistenza. Anche con l' infermiera o la suora, se furono chiamate, l' inferma deve mostrarsi cortese e sopratutto docile : in quel periodo si considererà come inferiore e soggetta ad esse che sono le sostitute del medico e seguono le sue prescrizioni. Le ascolti, obbedisca loro, le secondi in tutti i tentativi che fanno per sollevarla, anche se i rimedi le sembrano a tutta prima ripugnanti. È così bello e commovente osservare un' ammalata docile, paziente, dolce nelle maniere e nelle parole con tutti ! Essa vedrà intorno a sè premure più spontanee, volti più affettuosi, devozioni più instancabili.
Più stretto dovere è per la famiglia dell' ammalata, il buon trattamento delle persone che furono scelte all' assistenza di lei. Se è laica, l' infermiera abbia compenso adeguato al suo incarico non facile,
cibo nutriente, luogo acconcio a riposarsi e a rinfrescarsi. Sia aiutata e rispettata. Se è suora, il riguardo sia maggiore, non si tolleri che nessuno osi uno scherzo, un discorso irriverente in presenza sua: si procuri che possa avere gli alimenti che desidera, le si assegni una stanza in libertà : le si evitino i servizi più bassi, per quanto è possibile. Non si discuta di religione con lei, non dimostrino curiosità indiscrete a suo riguardo: il pio mistero delle bende va rispettato.
LA CONVALESCENZA
Nella sua prima fase, la convalescenza è quasi più penosa della stessa malattia che abbatte e intorpidisce e toglie sensibilità all' organismo. Cento piccoli mali, cento piccoli incomodi tormentano, impediscono di sentire il sollievo del miglioramento, della malattia superata. Così anche l' umore s' inasprisce e certi malati pazienti e tranquilli nel periodo più acuto del male, si mostrano insofferenti, bruschi, irritabili, quando s'avviano verso la guarigione. L' organismo, prima di riprendere il suo equilibrio deve lottare ancora, ed essendosi fatto più delicato, si risente dello sforzo. Tutto ciò che il male ha decomposto e logorato e distrutto deve rinnovarsi in breve tempo e ringagliardire come in una adolescenza accelerata. Ma trascorsa la prima fase, quando le fibre si fanno più resistenti al rifluire del nuovo sangue purificato, la convalescenza è una soave esultanza della carne, una dolcezza profonda per lo spirito. Tutto par troppo forte, quasi insostenibile; il sole, la luce, i profumi, i suoni, i sapori ; ma si abbandona
con una specie di ebbrezza la propria fragilità a queste energie che riconducono alla vita.
È una rinascita piena di fascino sottile ; l' esistenza appare sotto colori rosei, gentili, come nella giovinezza ; e l'anima, come il corpo, si sente purificata, leggera, calma, inondata di fede, attratta verso le più poetiche idealità. Gabriele d'Annunzio in un suo romanzo ha analizzato con l'acutezza che gli è propria questo stato speciale dallo spirito durante una convalescenza facile e ne fa risultare una delle voluttà più squisite.
Tutto sorride intorno alla convalescente, tutto le ritesse l' illusione d'un propizio destino, come se si trovasse di nuovo per la prima volta alle soglie della vita. Allungata nella più comoda poltrona della sua camera a poca distanza dalla finestra semiaperta da cui scorge il verde giardino sotto il cielo azzurro di maggio, mentre salgono a lei come il saluto della primavera, il profumo delle corolle fiorite, la signora in una posa di languida grazia parla poco, con una voce ancora debole, ma ascolta e contempla assai. Le sue amiche sono venute ad una ad una a congratularsi con lei, a recarle fiori, dolci, piccoli doni: ed essa per riceverle ha indossato un abito elegante, tutto sciolto perchè non può ancora mettersi la fascetta, ma guarnito con buon gusto, di color delicato e ridente. Ha ripreso i suoi gioielli, meno gli orecchini: gli anelli le sono diventati larghi nella mano diafana e così bianca che pare il pètalo di un giglio. È pettinata semplicemente, ma con cura, e gli occhi sembrano più grandi nel suo volto smagrito: il suo sorriso ha acquistato una dolcezza e i suoi gesti sono pieni d'una remissività che prima
non aveva. Il medico non le ordina più che ricostituenti, e le fa delle visite da amico, raccomandandole di coricarsi presto, cosa che essa fa volontieri, giacchè uno dei sollievi della convalescenza è quello di adagiarsi un po' stanchi in un letto fresco che vi offre col buon sonno il riposo riparatore. Le sue amiche, i suoi parenti la rimettono un po' per volta al corrente di tutto ciò che è avvenuto nel tempo dal suo esilio dal mondo, ma la convalescente guarda ora l'esistenza, le persone, gli avvenimenti, con altri occhi, giudica in diverso modo. La morte ch'essa ha veduto da vicino le ha insegnato il vero valore della vita, le ha dato la lucida percezione della verità su tante cose. Il suo pensiero si è fatto più maturo, più severo, i suoi gusti si sono un poco modificati: la sua sensibilità è così viva che piange per un nonnulla, ma sono lagrime di emozione dolce, giacchè nessuno certo vorrebbe procurarle un dispiacere. E se nel suo passato vi fu qualche leggerezza, se ha a rimproverarsi qualche mancanza al suo dovere, qualche po' d' incontentabilità per la sua sorte, in quest'ora di purificazione soave se ne pente, e forma un voto fervido e sincero nel segreto del suo cuore rinnovato.
IL MEDICO DELLE SIGNORE
C'è un romanzo, credo del Dumas, intitolato « Il medico delle signore ». lo non l'ho letto e non so di quali doti o di quali difetti l'illustre narratore francese riveste un personaggio di tanta importanza. Certo che il medico delle signore dovrebbe avere dei requisiti speciali, non di eleganza, non di galanteria,
non d'adulazione o di indulgente compiacenza, ma di carattere, d'esperienza e di morale per attirarsi la stima e la fiducia della sua clientela. Il medico delle signore non dovrà essere più giovane per non trovarsi troppo suscettibile a provare la passione e ad ispirarla ; per incoraggiare maggiormente la signora che ha bisogno dell'opera sua ad affidarsi a lui, a rivelargli i suoi mali, a lasciarsi esaminare e curare da lui quasi con confidenza figliale. E non dovrà essere vecchio per avere la pupilla acuta, la mano sicura, per seguire i più recenti metodi scientifici e saper suggerire all' occasione i rimedi più energici della medicina e della chirurgia moderna. Dovrebbe avere un sentire delicato per capire tutte le sfumature della sensibilità femminile, ed essere insieme uomo avveduto e fermo per non lasciarsi imporre da capricci o da ingiuste esigenze. Dovrebbe amare i bimbi ed aver pazienza con loro, giacchè il medico delle signore è quasi naturalmente il medico dei loro figlioletti; e alle maniere gentili senza affettazione unire quella discrezione che se è necessaria ad ogni dottore, è assolutamente indispensabile a chi è il depositario dei più intimi e spesso dolorosi segreti delle famiglie. Il medico delle signore dovrebbe pure essere austero d' abitudini, condurre vita illibata, non frequentare la società ma visitare spesso le sue clienti senza cerimonie per sentirsi sempre affiatato con esse. Sarebbe desiderabile che professasse idee umanitarie per secondare efficacemente la donna nelle sue benefiche imprese : amasse il bello, fosse intransigente per l' igiene e si curasse di farla osservare. E infine senza essere un damerino, apparisse sempre accuratissimo, negli
abiti e nella persona. Un proverbio popolare dice :
« Al confessore, al medico, all'avvocato, non tenere il ver celato » e quanto più queste persone che hanno diritto alla nostra piena sincerità ne saranno meritevoli e l' incoraggeranno, tanto più la loro influenza sul nostro spirito sarà possente e il loro esercizio benefico.
LA DONNA E LA BICICLETTA
Molte polemiche si sono accese in addietro intorno al ciclismo femminile: a questo esercizio da prima vivamente combattuto ed avversato, poi adottato con entusiasmo, indi tollerato, ed ora un po' negletto per altre forme di sport e sopratutto per l'automobile. Anche i medici non si trovavano d' accordo — come accade spesso del resto — e varî esaltavano la bicicletta consigliandola alle signore per le sue virtù igieniche, mentre altri la proibivano adducendone la perniciosità per l' organismo femminile. Io trovo che anche qui si può cercare e trovare la soluzione del problema mediante la regola e la moderazione. L' abuso della bicicletta può certo essere dannoso, specie alle signore di complessione delicata: ma una gita in bicicletta non troppo lunga, ad ora debita, non credo possa essere nociva a nessuna. Dal lato morale mi pare poi rigidezza eccessiva riprovarla, giacchè molti esercizi possono parere ed essere più sconvenienti del ciclismo : la danza, il pattinaggio, il nuoto, il remare, e nessuno pensa a scandalizzarsene sul serio. Non mi piacerebbe certo che una signora corresse tutto il giorno sola o in compagnia sul destriero di acciaio, e non
esito a dire che preferisco assai vedere in bicicletta delle signorine anzichè delle spose e delle mamme, siano pur giovani, giacchè ogni esercizio vivace s'addice meglio alla spensieratezza della gioventù che alla maturità dell' età meno lieta o a una posizione piena di grandi e piccoli doveri. Inoltre una signora può trovarsi, anche a sua insaputa, in condizioni fisiologiche tali che il ciclismo costituisca un pericolo per la sua salute o comprometta la sua più nobile missione, la sua funzione più gelosa, quella della maternità. Ma uno sciame gaio di fresche fanciulle agili e destre sulle loro biciclette, mi pare una visione di salute, di energia, di serenità, gradevole e pura. Quanto all' estetica non dubitate! La donna non vi saprà mai rinunziare, tanto è vero che quantunque sia provato che i calzoncini per la bicicletta siano più pratici perchè lasciano i movimenti più liberi nel salire e nel discendere, non s' impigliano nell' ingranaggio, non s'attaccano al pedale, — quantunque si facciano ampi come gonne e se ne dissimuli il carattere, in Italia nessuna li vuole. La donna non sacrificherà mai la sua grazia e la sua eleganza ad un'antiestetica praticità. Le gonne sono più incomode, più pericolose, ma si portano e si fanno lunghe. Del resto non è tanto per la lunghezza come per l'ampiezza che le gonne imbarazzano in bicicletta: l' importante è che siano strette un poco, tre metri circa e di stoffa greve e un po' ruvida. Deve lasciare libero tutto il piede senza però scoprire la gamba. Le calze devono essere nere o uguali all' abito che dovrà essere di tinta tranquilla e tutta unita. È permesso un po' di capriccio nelle camicette : ma per le giornate un po' fresche è necessario
indossare la vita uguale alla gonna, in stile tailleur. Starà sempre bene un colletto bianco con una piccola cravatta. Nere le scarpine, senza tacchi e scollate : d' inverno le uose. In capo una paglietta o un berretto, secondo la stagione e l' abito; ottimi i guanti, larghi e cedevoli, di camoscio. Nessun gioiello all' infuori dell' orologio : anzi qualche signora ha trovato il modo di incastonarlo nel manubrio della macchina.
Molte signorine impiegate o professioniste adoperano la bicicletta come mezzo pratico di locomozione. Questo, però, più nelle città secondarie che nelle principali, dove il grande movimento di carrozze, tram, veicoli d' ogni genere, forma un pericolo serio e continuo, per una ciclista sia pure esperta. Ma per valicare distanze in campagna, o in città che non abbiano il vantaggio dei tram, mi pare anche per la donna un mezzo convenientissimo, se lo userà con disinvoltura e riservatezza insieme.
Per concludere riferirò le parole di un medico che riguardano il ciclismo femminile e che possono servire di norma alle mamme o alle signorine non bene decise ancora intorno a questo argomento.
« L' uso della bicicletta — egli scrive — deve variare secondo le circostanze, età, sesso, stato di salute, resistenza, attitudine respiratoria. La bicicletta è utile nell' anemia, nel linfatismo, nella gotta, nel reumatismo, nella predisposizione alla tisi. Tuttavia l'eccesso produce o aggrava l'anemia. La fatica, la mancanza di sonno, la perdita dell'appetito, costituiscono gli indizi essenziali dell'eccesso.
Bisogna respirare col naso, oppure, in caso di abitudine, inspirare col naso ed espirare con la bocca : arrestarsi o rallentare ai primi segni d' affanno. Respirare profondamente. Evitare l'andatura troppo rapida, le bevande in caso di traspirazione, astenersi dall'alcool. Tra pasti, acqua zuccherata, caffè zuccherato, limonata, birra. Un riposo di un'ora o due dopo il pasto è necessario. L'appetito prova che non vi fu eccesso nella corsa, pure tuttavia apparisce dopo le frizioni e il riposo. Non è consigliabile la bicicletta ai ragazzi minori di dieci anni e alle persone attempate che non sono abituate agli esercizi dello sport : la consigliamo invece all' adolescente, all' adulto, alle signore e alle signorine. La sella deve essere oggetto della maggiore attenzione e non deve essere posta nè troppo alta, nè troppo bassa. La bicicletta sviluppa tutto il sistema muscolare e contribuisce a dare all' adolescente uno sviluppo armonico. »
IL BUSTO
Il busto.... altro soggetto intorno a cui si è esercitata fino all' esaurimento l' eloquenza degli igienisti, alla quale la donna ha opposto sempre la sua invincibile resistenza. Pare che questo indumento le sia molto caro e l' abbia sempre stimato necessario, giacchè l' origine del busto o fascetta risale all'epoca Etrusca e Romana, e se manchiamo delle descrizioni minute intorno al modo con cui venivano fabbricati, la pittura e la scultura ci conservano ancora il modello dei busti leggeri ed eleganti delle donne dell' Etruria, della Grecia e di
Roma. Nell' India, le bajadere se ne foggiano con la scorza d' un albero particolare, la quale riesce altrettanto soffice e pieghevole quanto la pelle, di cui imita anche il colore. Questo busto serve a sostenere il seno racchiudendolo perfettamente e viene allacciato dietro le spalle. Nello scorso secolo la moda dei busti sostenuti da ossa di balena venne portata all'eccesso e fu cagione di gravi incomodi. L' impero soppresse i busti che poi si ripresero, ma più leggieri, più cedevoli, sempre soggetti a modificazioni suggerite più dalla linea della moda che dai consigli dell' igiene. Ad onore dei nostri tempi bisogna però convenire che i busti moderni lasciando libero l'esofago per la loro forma anteriore, seguendo la forma dei fianchi ed evitando d'imprigionare il seno come i busti di venti anni fa, tendono a conciliare la naturalezza e la grazia con le regole igieniche. Anche le fascette elastiche, opportunissime alle adolescenti e alle signore delicate : i reggi-seno, consigliabili alle si-. gnore forti per cui il busto è un supplizio; i busti confezionati con nastri, con tulle, sostenuti appena dalle molle necessarie, ed anche queste flessibilissime, sono risultati confortanti per l'igiene del vestiario sempre più rispettata. Anzi la persistente tendenza della moda allo stile Impero, è sfavorevole al busto ed insegna a farne a meno o con le vesti sciolte o con le gonne munite di alta cintura fortificata di molle finissime.
Un medico francese avverso al busto gli lancia tre accuse principali, e sono :
1. Il busto è nocivo perchè richiude nel basso ventre la massa intestinale, stringendo sopra.
2. Il busto è nocivo perchè la sua costrizione s'esercita su una zona troppo stretta. Non stringe che la cintura.
3. Il busto è nocivo perchè non si presta alle variazioni fisiologiche del volume dell' addome. È troppo rigido.
E il professore Alberto Mathieu scrive un intero trattato di malattie dello stomaco e degli intestini, la maggior parte delle quali riferisce all' uso del busto.
Infatti la follia di stringersi la cintura aveva preso, qualche anno fa, specialmente, presso le signore e le signorine eleganti, proporzioni sgomentevoli. Queste donne e queste fanciulle cercando l' estetica, come molte volte avviene nell' abbigliamento femminile, ne perdevano il senso. Poichè una vita snella reca grazia ed eleganza a tutta la persona, ma una vita a cingere la quale basterebbe un braccialetto è anatomicamente una deformità.
Infine la pessima abitudine dello stringersi, nel turbare le funzioni dei visceri avvizzisce innanzi tempo il volto della donna, le cerchia gli occhi di lividi, e le infligge spesso l' umiliazione amara ma meritata dell'alito cattivo....
Il miglior consiglio da seguirsi circa il busto è di non indossarlo sino alla pubertà : di portarlo leggerissimo dopo : di sopprimerlo affatto nelle gravidanze, nelle convalescenze ; di scegliere la foggia più adatta alla propria persona. Un egregio medico piemontese, il dottor Costanzo Einaudi scrive a questo proposito : « Portate pure il busto; ricordatevi soltanto che non è già la vostra persona
la quale debba adattarsi al busto, che invece è il busto il quale deve modellarsi sulle vostre segrete eleganze. »
IL BAGNO
« Io misuro il grado di civiltà d' un popolo, disse un grande statista, dalla quantità di sapone che esso consuma. » E in questa opinione è una grande verità.
Anche la raffinatezza d' una educazione femminile, direi perfino la sua modernità, si può misurare dal grado di nettezza personale d' una donna. Tempo addietro, l' uso del bagno non era diffuso come ai nostri giorni : in molti luoghi d' educazione ed anche in molte famiglie il bagno era riguardato come una mollezza, come una vanità quasi riprovevole, certo superflua. Ma l' igiene è intervenuta a spiegarne i benefici effetti, a vantarne le qualità preziose anche per la bellezza e la civiltà : ed è a sperarsi che il moltiplicarsi dei pubblici stabilimenti, delle case operaie, possano renderlo sempre più comune fra il popolo e le classi medie che per mancanza di tempo o delle comodità opportune non ne fanno ancora abbondante e assiduo uso.
L'ideale per una signora è di possedere accanto alla sua camera da letto un camerino per il bagno, dalle pareti nitide, dalle stuoie giapponesi, dalla comoda tinozza di marmo entro cui piovono a un lieve tocco della mano, getti d'acqua calda e fredda. Una tavoletta dal piano pure di marmo, per i saponi, le essenze, i cosmetici, larghi bacini per le
abluzioni : un meccanismo per le doccie, grandi spugne, soffici accappatoi candidi, e infine un ' armeria di quei piccoli utensili d' avorio e d' acciaio di cui la cura minuziosa del corpo abbisogna. Ecco l'ideale. Ma, specie nei quartieri delle grandi città, non è facile possedere questo ambiente prezioso ; però una tinozza si può sempre procurarsela, e col soccorso di qualche metro di tela impermeabile e d' un paravento ci si può creare un gabinetto da bagno in qualunque angolo, ed abbastanza pratico. L' importante è di dare acqua al nostro corpo, in abbondanza e con frequenza.
Il bagno freddo è buono per rendere l'organismo resistente all' azione dell' atmosfera, ma non serve per la pulizia, mentre il bagno tiepido, saponoso, è eccellente sotto tutti i riguardi per la conservazione della pelle, per l' igiene e per la nettezza. All'acqua si può associare della crusca, dell'amido, del borace, o della gelatina. Il bagno di gelatina, per cui occorrono 500 gr. di glicerina neutra per bagno, si consiglia alle pelli rugose, alle carnagioni che invecchiano, a quelle che sono la sede di pluriti o che hanno tendenza alla congestione. I bagni acidi, alcalini, solforosi, dissipano le efflorescenze cutanee, le desquamazioni superficiali, ma l'uso di questi bagni deve essere strettamente subordinato alle prescrizioni mediche. I bagni di piante aromatiche, di acqua di Colonia, di tintura di benzoino, di essenza di timo, di borato di soda, sono eccellenti per combattere igienicamente le secrezioni esagerate e nauseanti della pelle. Il bagno di tiglio, poi, ha fama di essere un calmante ideale.
Viene consigliato in particolare alle persone nervose ed è uno dei più piacevoli. Si impiega circa un chilogramma di tiglio che si lascia in fusione per un'ora in dieci litri di acqua bollente.
Le frizioni e il massaggio debbono sempre seguire il bagno tiepido per facilitare la reazione generale. Inoltre eccitano il buon funzionamento della pelle e la normale nutrizione del tessuto cellulare. I bagni caldi, i bagni russi, bagni di vapore, l'idroterapia, l'abuso dei bagni di mare, sono piuttosto sfavorevoli alla bellezza femminile. Anticamente le dame dell'impero romano e della Grecia usavano bagni d' olio, di vino e di latte. Madame Tallien faceva, bagni di fragole e di lamponi ; qualche altra bellezza celebre s' immergeva nello Champagne : ma questi pretesi segreti di forza e di seduzione sono affatto privi d' ogni importanza scientifica che ne giustifichi il valore.
LA DONNA E L'AUTOMOBILE
L'automobile ha ucciso la bicicletta ed ha messo in seconda linea l'equipaggio e l'equitazione.
Il sogno di una signora elegante, giovino, vivace, non è più quello di pedalare veloce su una abile bicicletta dalle ruote simili a ragnatele d' argento, lungo le bianche vie suburbane ; nè quello di percorrere i viali mollemente adagiata sui cuscini d' una signorile victoria o d' un maestoso landau ; non è neppure il sogno di galoppare, stretto il corpo snello nella veste nera e prolissa, su un cavallo docile e pronto ad inseguire ogni chimèra. Il sogno d'una signora moderna è di avvolgersi in
un ampio mantello quasi informe che cancella ogni linea di grazia della persona ; di fasciare la faccia in un fitto velo, e fra i sussulti spasmodici dell'automobile, il puzzo di benzina, la polvere, divorare insaziabilmente centinaia di chilometri, far colazione a Torino, prendere il the a Bologna, pranzare a Firenze, cenare a Roma. La corsa, rapida fino all' ebbrezza, fino alla vertigine : la soppressione delle distanze, la vittoria sullo spazio e sul tempo. L'automobile, ecco l'idolo del momento, idolo feroce che esige di tanto in tanto vittime umane : ecco il mostro per cui le più belle damine del secolo ventesimo riserbano i loro più espressivi sguardi d' ammirazione, di desiderio, d' invidia ; le carezze più dolci delle loro mani inguantate, i sorrisi più luminosi e più alteri delle fresche labbra giovanili. Non è più un gioiello, ora, che mette in pericolo e prova la virtù muliebre, è un' automobile: non è più la villa, la toilette, l' equipaggio, il palco al teatro che si invidia all' amica ricca, è l' automobile ; non si parla più di mode, di pettegolezzi, di cose d' arte, di sentimenti, di letture, ma d'automobili ; non si discute più sul valore di un artista, sulla bellezza d' un' idea, su un metodo d' educazione, ma sull' eccellenza d' una fabbrica, sulla valentia d' uno chauffeur, sulla velocità d' un rapporto, sull' energia di un motore....
Per amore dell'automobile, la donna ha superato la fragile delicatezza, la sensibilità della sua natura ; sfida il pericolo, si espone alle intemperie sciupandosi la pelle, sopporta gli urti, il tanfo della benzina, la polvere, i ceffoni del vento giacchè non è dato a tutte di possedere o di approfittare
d' un' automobile perfetta come quella della Regina Margherita che sembra il veicolo d' una dea quando trasporta la bionda signora, biancovestita, rifulgente di gioielli, chiusa fra i cristalli illuminati vivamente nell'interno dalla luce elettrica. Finora i medici non hanno trovato che l'uso dell'automobile sia dannoso come quello della bicicletta all'organismo femminile : ma per me rappresenta un altro pericolo, un pericolo morale. L' automobile assai più della bicicletta rapisce la donna alla casa, all'amore del chez-soi pieno di raffinatezza e di previdenze gentili : le fa prendere il gusto alla vita nòmade, provvisoria ; la rende incapace alla quiete solitaria, opportuna ai diligenti lavori, alle opere meditate, alle letture serie e rinvigoritrici, all'elevazione, alla comunione dell'anima con l' infinito. E temo sopratutto che la dimestichezza con questo esercizio febbrile, che esclude assolutamente la calma e la pazienza, la renda insofferente, inetta alle opere e alle mansioni proprie al suo sesso e alla sua posizione nel mondo. Allevare un bambino, scrivere un libro nobile e benefico, assistere un ammalato, creare una squisita opera d'arte muliebre, non mi sembrano cose conciliabili con la passione dell' automobile. Sbaglio? Me l'auguro, care amiche....
GINNASTICA
Sarebbe un errore il credere che la ginnastica sia da lasciare all'infanzia e alla prima giovinezza. La ginnastica è utile a tutte le età e perfino alla vecchiaia. Non sono molti anni che la ginnastica è entrata nell' educazione della donna, giacchè dominava
il pregiudizio che l'esercizio fisico, pei movimenti larghi ed energici a cui costringe la persona, potesse togliere alla donna la grazia delle movenze e la gentilezza dei modi ; che potesse renderne rozzo il corpo e nuocere al suo pudore. Ma la corrente sana e viva venuta a noi da nazioni più giovani ha persuaso che non solo la donna non scapita, nè nel fisico nè nel morale, ma acquista grazia con la destrezza e la vivacità, bellezza con la maggior salute, agilità ed armonia di proporzioni con l' esercizio bene ordinato e adatto alla sua femminilità.
Poichè una donna che non voglia far l'acrobata non salirà certo sul trapezio, non farà la ginnastica alle sbarre, agli anelli, non giocherà al foot-ball come i giovanotti : ma potrà benissimo giocare al tennis, alle boccie, al cricket, remare in un canotto, pedalare sulla bicicletta: potrà benissimo, in una sala di ginnastica femminile o in qualche verde praticello in campagna, esercitarsi al sollevamento dei pesi con le mani, ottima ginnastica per rinvigorire i muscoli delle braccia é del petto : compiere qualche evoluzione col bastone per migliorare il respiro e aumentare la capacità dei suoi polmoni. Naturalmente il genere e la durata dell' esercizio devono essere sempre proporzionati alle forze e all' età della donna che vi si cimenta. Una bimba di quindici anni, una giovinetta di venti, avranno
più elasticità di una signora che ha passato i trenta anni. Però la ginnastica iniziata nell' infanzia e continuata gradatamente, porterà anche nell' età matura maggior resistenza alla fatica dell'esercizio, al suo genere e alla sua durata.
Se ogni signora impiegasse mezz'ora al giorno a fare qualche movimento ginnastico nel suo gabinetto di toilette dopo il bagno al mattino, e la sera prima di mettersi a letto : e in giardino o in campagna non lasciasse passare un giorno senza prender parte a qualche giuoco all' aperto, il suo corpo ed anche il suo spirito ne risentirebbero grande giovamento. Giacchè è provato che l'esercizio fisico, mentre dona vigore ed elasticità ai muscoli, reca all'anima la serenità e la pace : disperde le nebbie delle malinconie senza motivo, allontana i cattivi pensieri, placa il fermento delle passioni, rende un po' della spensieratezza della gioventù. Inoltre per il continuo sforzo che esige dalle nostre fibre, per la prontezza e l' agilità dei movimenti, il colpo d'occhio sicuro, l'equilibrio, l'audacia, la ginnastica può avere un benefico effetto sul morale, ridonando energia e risolutezza a un carattere debole e incerto, padronanza di sè a un'impulsività violenta ; ordine, armonia, regola, dove abbisognassero.
L' antica Grecia, maestra di grazia e d' estetica, tenne la ginnastica in grande onore. Nei ludi e nei giuochi floreali vi si esponevano le fanciulle come i garzoni, eppure le donne greche furono modelli di bellezza perfetta, d'intelletto e di sapere: furono i modelli delle muse e delle dee dell'Olimpo classico.
Un rapido sguardo ai costumi adatti ai diversi generi di ginnastica, giacchè non vi è circostanza della vita in cui una donna possa essere dispensata dal pensare al suo abbigliamento.
Per il Law-tennis si sono sempre adoperate finora le camicette di tela, di seta o di flanella, di modello maschile. Alcune signorine aggiungono la
cintura a bretelle, altre preferiscono le molli sciarpe di seta. Si fanno anche dei costumi uniti, assai capricciosi ; rosso a filetti bianchi, bleu e scozzese, verde e bianco. Le bluse, in questi costumi, sono ornate di tasche e di piccoli bottoni. Indispensabile con questi abiti il berretto a visiera.
I costumi da canottaggio sono sempre gli stessi, meno le piccole modificazioni che la moda impone : bluse alla marinara con la maglia che rispunta nella scollatura. Il bleu e il bianco sono da preferirsi. Le signorine molto giovani possono adoperare sulla gonna la maglia soltanto.
Le amazzoni si fanno, al solito, in panno oscuro, nero, bleu, marrone, verde-bottiglia, attillate alla vita. In testa la paglietta o il cappello di feltro duro.
Dianzi ho accennato alla ginnastica per i vecchi. Certo ad essi non consiglierei giuochi d' equilibrio e d' agilità, ma c'è un genere di ginnastica adatto a tutti e che gli igienisti proclamano anzi il migliore, quello di camminare. L'uno d'essi consiglia di tenere, passeggiando, le spalle alquanto indietro e di usare passo alquanto sollecito. « Camminando, scrive un medico inglese, il Forsyth, si promuove l'appetito e la traspirazione : il corpo viene mantenuto in una temperatura ' uniforme, lo spirito si ravviva col succedersi dei cambiamenti di scena, i polmoni si rinforzano e il loro funzionamento si facilita, e la rigidezza e le contrazioni delle gambe che sono conseguenza dello star troppo seduti, vengono rimosse.
Malattie molto ostinate e molto noiose e penose, malanni isterici e ipocondriaci, sono stati guariti con questa specie d'esercizio....»
CIÒ CHE ABBREVIA LA VITA
È provato dagli studi e dalle statistiche, che la causa principale delle morti immature non risiede tanto in qualche germe nascosto nell' organismo, come nell' imprevidenza, nella ostinazione, nella sregolatezza nostra. Molte vite furono abbreviate da queste cause che a tutta prima sembrano lievi e trascurabili, ma che, come la goccia scava la pietra, insistendo, logorano la tessitura vitale che avrebbe potuto ancora resistere per parecchi anni. Sono le piccole omissioni, le infrazioni contro le leggi di natura, imperiose e immutabili : sono le influenze fisiche, esteriori, morali e mentali, che esercitano un' azione nociva sulle nostre fibre e sulla nostra anima. Un igienista anglo-sassone ci fornisce un elenco di questi invisibili ma formidabili nemici che abbreviano la vita umana. Secondo lui, le abitazioni malsane, le stanze poco ventilate, l'aria cattiva, il clima insalubre, sono fra gli insidiatori al nostro benessere e quindi contrari alla longevità, nè potremo contraddirlo sapendo quanta parte ha l' aria nella salute e nella vita. Vengono poi gli alimenti adulterati, l' abuso di droghe, i pasti irregolari, le tarde cene, gli eccessi nel mangiare, la cattiva masticazione dei cibi: ed è giusto, giacchè lo stomaco ha pure un ufficio di somma importanza per la vita dell' uomo, e quasi tutti i centenari sono stati temperantissimi tanto nel bere come nel mangiare e vissero con un regime semplicissimo. Paolo l'Eremita, per esempio, che campò fino a 115 anni, visse i primi quarant'anni di datteri ed acqua, e il rimanente, di pane e di acqua.
Abbreviatori di vita sono pure gli esercizi spossanti — i corridori e gli atleti muoiono presto: — le occupazioni antigieniche, la mancanza d'esercizio, la mancanza di pulizia, il far tardi alla sera, il sonno insufficiente, gli sforzi mentali, la sensualità, il matrimonio troppo precoce, lo smoderato uso del fumare. Ed oltre a queste cause fisiche di logoramento della macchina umana, l'igienista americano ne indica altre d' ordine morale e sarebbero : la collera, la coscienza inquieta, le emozioni violente, la gelosia, l' invidia, l' infingardaggine, l'odio, l'inazione, la gioia eccessiva, l'ansietà, i crucci, il dolore — effetti, questi tre ultimi, che purtroppo non dipende da noi impedire, per quanto dannosi possano essere. Tuttavia dall'enumerazione che ho trascritta si deduce come la maggior parte di ciò che abbrevia la vita sia in nostro potere di evitare, o regolando le nostre abitudini su un metodo più igienico, o moderando i nostri istinti, o vincendo con qualche sforzo di volontà la nostra natura. « Signori, io lascio dietro di me tre grandi medici — disse un celebre dottore agli ultimi istanti della sua vita ai colleghi e ai discepoli che addolorati per tanta perdita gli stavano intorno. E richiesto quali fossero questi tre medici, rispose: « Esercizio, Nettezza, Temperanza ».
Infatti coll'aiuto di questi possenti protettori noi potremo, se non arrivare ai cent'anni, allungare la vita fino ai termini del possibile e serbarci sane e vigorose anche nella vecchiaia.
Bellezza femminile — Il fascino — La simpatia
— La grazia — La personalità — L'intelligenza —
Come correggere la bruttezza — Deforme! —
Le doti della vera bellezza — La
carnagione ed il colorito — Fronte, occhi e naso
— La bocca e i denti — Sopracigli e capelli
— Le orecchie e il collo — I piedi — Le mani
— Il destino nella mano — La voce — Il riso
e il sorriso — La donna forte — La donna
ideale — La statura — Calligrafia e grafologia
— La donna e i gioielli — Il linguaggio dei
fiori — Le lettere delle signore — Il linguaggio
del francobollo — Il fazzoletto — La donna
e la moda — Il linguaggio dei nastri — I
profumi — Ombrellini e ventagli — Linguaggio
del ventaglio — Le ridicules — Il manicotto
— Il guanto — I grembiuli — I cosmetici —
I cappellini — La veletta — I vestiti da camera —
Le donne che piacciono agli uomini
— Gli uomini che piacciono alle donne.« La donna che s' ama di più, che
più dovrà farci soffrire, non é sempre
la più bella contro cui c'era
modo di mettersi in guardia a tempo
opportuno.
A. G. BARRILI
BELLEZZA FEMMINILE
In ogni tempo e in ogni luogo i poeti esaltarono la bellezza femminile, gli artisti la riprodussero, tutti gli uomini l'adorarono, ne fecero una divinità protettrice d'amore. Elena greca fu cagione della rovina
d' una città, ma quando gli anziani che sedevano a consesso la contemplarono, dissero che quella donna era tale che ben meritava si soffrisse per cagion sua. Frine, altra celebre bellezza greca, si difese innanzi al severo areopago solo mostrandosi senza veli e fu assolta. Cleopatra mutò le sorti d'un impero : Ester ebrea salvò il suo popolo. E potrei addurre altri esempi ancora, per dimostrare la potenza di questa forza a cui nulla resiste. Vince l' ingegno, vince la gloria, soggioga i conquistatori, fa sudditi i re : divide o affratella i popoli, regge il mondo. Se la natura elargì alla donna questo incalcolabile dono, la privi pure d' ogni altro, non importa : la vita le sarà sempre facile e dolce poichè troverà ogni volto disposto a sorriderle, ogni braccio ad aiutarla, ogni porta a dischiudersi : ed ogni
desiderio le sarà appagato. L' oscurità, la povertà non la umiliano nè la costringono ; se la Dea l'ha baciata in fronte ella può salir leggera e veloce sino ai gradini del trono. Quasi null'altro le si domanda che di mostrarsi e sorridere. Certo esistono altri motivi di seduzione, ma li troviamo comuni ai due sessi, mentre la bellezza è qualità essenzialmente femminea e nei suoi effetti immutabile.
« Chi nasce bella, nasce maritata » dice un proverbio che ora forse non si inventerebbe più, visto che il dio denaro fa alla bellezza una seria concorrenza per il matrimonio. Ma la bellezza trova poi ugualmente la via per fare la propria fortuna.... sebbene i sentieri su cui s'incammina, troppe volte siano obliqui, purtroppo....
IL FASCINO
Eppure vi sono delle donne dai lineamenti regolari, dalle perfette forme, di cui tutti riconoscono la bellezza completa, insuperabile, ma che lasciano freddi. Manca a loro qualche cosa che la bellezza non possiede sempre, che anzi molte volte si accompagna all' irregolarità delle linee: qualche cosa d' innato, di spontaneo, d' immateriale: il fascino. Che cosa è il fascino? È una qualità indefinibile, perchè non si sa precisamente dove risieda ; se nell'intelligenza, nei sensi o nel sentimento. È nello sguardo, è nella voce, è nelle movenze, è negli atteggiamenti, è nell'espressione, è in un' acconciatura, è in un colore. I francesi per questa dote che le lor donne possiedono spesso in sommo grado, hanno un vocabolo ancor più espressivo del nostro : charme,
che si tradurrebbe con più proprietà « incanto ». Così essi comprendono in questa parola anche il significato spirituale ed occulto del fascino in cui pare entrare qualche arcana magìa.
Le passioni forti e tenaci che donne non belle, né giovani, nè particolarmente intelligenti o colte, poterono ispirare a uomini non comuni, hanno nel fascino la loro spiegazione. Il fascino ha qualche cosa che avvince anima e sensi come un fluido magnetico, che incatena la volontà, addormenta il ragionamento, soverchia ogni voce della coscienza, fa schiavi come l'eroe greco nel palazzo di Circe, come Ruggero nel palazzo di Alcina, come Rinaldo nei giardini di Armida.
« L' eterno femminino non risiede solamente nella bellezza meravigliosa della principessa di Troia, — scrive il De Gubernatis — ma attraversa e penetra sottilmente l' anima della donna: ed è questo femminino eterno che ci attrae e ci incatena, questa femminilità che è più spesso la nostra forza che la nostra debolezza, il nostro entusiasmo e talvolta perfino la nostra immortalità. »
LA SIMPATIA
Qualità modesta, ma efficacissima, per farsi amare, è la simpatia. Anche questa non ha origine nella bellezza. Direi anzi che raramente le donne bellissime ne sono fornite, ma che la natura ha riservato la simpatia come compenso a quelle che ha meno favorito. Quante volte ci è accaduto di udire o di riflettere: « La tale è bella, ma non è simpatica ». E viceversa: « Non è bella, ma è molto simpatica ».
La simpatia ha le sue origini profonde nel morale. Un'anima gentile e tenera che rispecchi nel volto la sua indulgenza, la sua sensibilità, la sua misericordia, ci conquista: un' anima forte e leale che ci venga incontro in uno sguardo schietto, ci attrae, una intelligente bontà che ci sorrida, una lieta giovinezza che ci faccia festa, una fresca ingenuità che levi su noi le sue pupille limpide, ci seducono. È difficile, direi impossibile, che la simpatia emani da un volto il quale sia la maschera di un' individualità falsa, guasta, perversa od anche insignificante, volgare, frivola ed egoista. E che la simpatia deriva da una segreta attrazione morale lo conferma la rapidità con cui si manifesta e spesso la simultaneità. Certe volte la troviamo sul viso di qualche estranea di cui non conosciamo nemmeno il nome o la voce, che incontriamo per la prima volta in treno, in tram, in chiesa, in una sala di albergo ; e al muover dei suoi occhi, all' espressione del suo volto sentiamo ch'essa pure ha provato il nostro sentimento medesimo in nostro favore : che potremmo divenire amiche, farci a vicenda del bene. E un desiderio grande di confidenza ci sospinge, tanto che qualche volta amicizie profonde e tenere nacquero appunto dal caso, così.
Gli scienziati spiegano la simpatia come una forza fisica di attrazione, e l'antipatia come una forza di repulsione : la stessa legge che produce la fusione e il disgregamento dei corpi. Infatti, il trovarci con una persona simpatica riattiva le nostre facoltà migliori, ci dà quasi un senso di vita più ricca, di benessere armonioso.
LA GRAZIA
Altro efficace motivo di seduzione è la grazia.
La grazia è l'armonia dei movimenti, delle attitudini, dei gesti : è l'arte regolatrice della vita, ma un' arte spontanea, quasi inconscia, che non s' impara se non si ha la fortuna di averla in sè.
Ho conosciuto delle donne innegabilmente brutte, ma che pure giungevano con la grazia a far dimenticare la loro disavvenenza. Giacchè ciò che offende più maggiormente l' estetica non è l' irregolarità delle linee, ma il disordine. E il disordine è sempre negli atti scomposti, nelle pose goffe, nella voce stonata, nei gesti incerti e maldestri d'una persona sgraziata. La vera grazia anche vivace ha un ritmo particolare : è agile, pronta, leggera, non dimostra mai sforzo alcuno. Nel riposo è calma e lenta, sobria negli atteggiamenti, nella voce; mai pigra nè inceppata.
Il ballo si presta molto a mettere in evidenza la vera grazia come a far notar subito chi ne è privo. Dal modo con cui una signora appoggia il braccio sulla spalla del suo cavaliere, tiene il capo, segue il ritmo della musica, si vede subito se possiede questo attraente dono così particolare alla femminilità.
Tutti gli esercizi ginnastici e sportivi, al contrario di quanto generalmente si crede, giovano a sviluppare la grazia, perchè costringono a movimenti agili, ordinati, sicuri e pronti. Vediamo invece le donne costrette ad una vita sedentaria, le convittrici dei collegi dal regime antico, essere di rado, nelle loro movenze e nei loro atteggiamenti, graziose.
Ma se la grazia naturale è affascinante, non vi è niente di più ridicolo e antipatico della grazia manierata, la grazia artificiosa che certe donne usano credendo acquistare vezzo e piacere di più. Linguaggio, modi, movimenti, tutto rivela la ricercatezza, ed è così lontano dalla grazia vera come l'oro falso dall'oro buono.
LA PERSONALITÀ
Una personalità decisa, particolare, può altresì conferire una superiorità a chi ne è fornito. Qualità non comune nella donna che in generale risulta meno decisa dell'uomo nelle sue caratteristiche fisiche e morali, e che esige forse un temperamento e un intelletto non atti a lasciarsi livellare. Ma la personalità non è sempre contrassegnata da maggiori elementi d' estetica. Molte volte è bizzarra e ci fa sorridere. Se cerchiamo nei nostri ricordi troveremo certo qualche figura di vecchierella dalle abitudini originali, dall' acconciatura speciale, che fu il nostro segreto trastullo per un certo tempo. Eppure non abbiamo potuto dimenticarla, mentre abbiamo dimenticato tante altre persone che prendevamo più sul serio di lei.
Il ricordo tenace è il vantaggio maggiore della personalità. Una donna che si veste come tutte le altre, che si pettini come tutte le altre, che abbia idee comuni, parole convenzionali, che prenda tutto dalla moda del giorno e dalla sua ricchezza, se anche è bella ed elegante ha molte probabilità di non rimanere in modo speciale nella memoria : mentre una signora che sappia farsi una eleganza
personale, che manifesti preferenze per un colore, per una foggia, per uno stile d' arte, per un profumo; che esprima idee consone al suo carattere, apprezzamenti che risultino frutto d'un' esperienza, d'un pensiero, d'una volontà individuale; che abbia per l'amore, per l'amicizia, parole non dette da alcuna, ma zampillanti dal suo vivo cuore come un getto d'acqua naturale che contiene in sè le proprietà del suolo da cui sgorga ; questa donna che si riconoscerà fra mille, la cui casa avrà un carattere particolare, si profilerà nella nostra memoria nettamente, anche se non è bella, nè ricca, nè mondana. Si è affrancata dalla grande massa oscura ed emerge per la forza delle sue linee in rilievo: è una stella che splende di luce propria fra gli altri pianeti che ricevono luce dallo splendore altrui.
L' INTELLIGENZA
La bellezza è una sovranità per la donna, ma accanto ad essa ve n' è un' altra di pari potenza : quella dell' ingegno. La bellezza senza una luce interna che la riscaldi è una forma arida per sè stessa, un inutile tesoro, una fonte di delusioni per l'arte e per la vita : poichè la perfezione delle linee suggerisce il desiderio, il bisogno d'un' altra perfezione : la perfezione dello spirito che si fonda con lei e ne risulti una divina armonia. Quando non si trova si rimane offesi come per un inganno, e il trasporto d' amore oltrepassa di poco la linea dei sensi, e l'emozione estetica crea un'arte fredda, a meno che l'artista non l'alimenti con qualche cosa che è in sè e che esisterebbe ugualmente. Quasi tutte le donne che protessero gli artisti, che li animarono,-
che li aiutarono a sviluppare la propria personalità, a rivelarsi, non furono belle ma intuitive, cioè intelligenti al sommo grado, giacchè l' intuizione è il carattere vero dell'ingegno muliebre. Alla donna intelligente si può dir tutto senza paura d'essere fraintesi ; essa intende i sogni più arditi come le idealità più delicate, divide ammirazioni, entusiasmi, giudica le vostre preferenze, segue i vostri studi, misura le vostre fatiche, rende più dolce col suo elogio l'ora del trionfo, ridà le energie col suo conforto, nell'ora della sconfitta. Una donna intelligente può essere insieme amante e compagna di lavoro, rispetta raccoglimenti e riposi dell'artista perchè ne conosce il significato e il valore ; se ha dei figli sarà una madre valida, ben conscia dell' importanza della sua missione. La bellezza nel giro di pochi anni sfiorisce e dilegua, e una donna che non ha potuto essere che bella, di rado tramonta con dignità serena, mentre l'intelligenza si afferma anzi con gli anni, si amplia con la maturità e non cessa di risplendere fino alla più tarda vecchiaia. Se anche la donna intelligente non potrà vantare la perfezione d'una scultura classica, lo spirito vivo e adorno che fiammeggia in lei darà al suo sembiante sempre nuove attrattive. Un giorno parrà una bimba lieta e spensierata e rallegrerà chi le sta accanto col suo limpido riso : un altro giorno inebbrierà con la sua passione sapiente; un altro giorno ancora conquisterà con la sua dolce melanconia o con la sua arguzia scintillante. Chi possiede una donna intelligente ne possiede molte, perchè nell'anima di quell' una trova tutta la gradazione della psiche femminile.
COME CORREGGERE LA BRUTTEZZA
Si nasce brutti come si nasce belli. La nostra volontà non influisce originariamente sul nostro fisico, può però correggerlo grado grado, sino a modificarlo. Lavater dice: « Non esiste uomo sulla terra che non sia ogni giorno influenzato in bene o in male della fisionomia; non esiste un uomo che alla vista d'un altro uomo non provi simpatia o avversione e neppure esiste uomo che vedendo o trattando un altro uomo non lo giudichi in conformità del suo aspetto. »
In primo luogo, dunque, per correggere la bruttezza miglioriamoci moralmente. Come è provato che l' ira, l'invidia, la gelosia, la superbia, l'apatia, possono imbruttire il volto più bello, così la dolcezza, la bontà, l'amabilità, lo spirito pronto ed operoso possono supplire con l' espressione che danno al volto, all' irregolarità delle sue linee. Poi si coltivi la mente. L'intelligenza affinata ed esercitata dà agli occhi una luce e un' eleganza che spesse volte la perfezione del taglio e la vaghezza del colore non possono dare. Osserviamo, inoltre, le regole igieniche. Già nel capitolo dedicato alla salute vedemmo quanta influenza può avere nel fisico un regime di vita sobria e regolare; come, invece, l'abuso dei cibi, dei dolciumi, delle bevande alcooliche sia dannoso oltre che all'organismo, all' aspetto d' una persona.
Quante volte guardandoci allo specchio abbiamo osservato che il nostro viso era meglio o peggio del solito ! Era una consolazione ciò che ci abbelliva, era una tristezza quello che ci imbruttiva.
Non c'è volto per quanto disavvenente che la gioia non trasformi col suo raggio divino, che la speranza non ringiovanisca, che la calma non ricomponga in armonia. Una creatura vissuta sempre nella tristezza e che un giorno, finalmente, abbia la sua parte di sole, si rinnova anche nell' aspetto fisico. È un fenomeno che ci avviene non di rado d'osservare : ed è così che molte donne già al tramonto hanno una nuova primavera; che molte donne ancora nel mattino della vita furono precipitate nella notte dalla decadenza da qualche immenso dolore.
Vi sono donne soggette ad una maggior variabilità d'apparenza : e questo accade sopratutto alle nature nervose, impressionabili, irritabili. Altre sono più belle vedute tra le pareti della casa che all'aria aperta. Altre più belle di sera che di giorno. Talvolta il colore di un paralume sapientemente scelto, la trasparenza d' una veletta, il riflesso delle tende, la foggia d' una pettinatura, il taglio d'una veste giungono a correggere i difetti di un viso o d'una figura. Molte signore per modificarsi giungono sino ad infliggersi dei veri tormenti di fascette rigide, di scarpe piccine, di pettinature complicate. Ma c'è un vecchio proverbio che dice: « Chi bella vuol comparire, qualche dolor l'ha da patire ».
A Parigi e a Londra sono state istituite di recente delle case di cura « estetica ». Col massaggio, con l'elettricità, con incisioni sotto-cutanee si pretende di correggere la natura. E si assicura che gli effetti sono soddisfacenti e che le clienti vi accorrono.
DEFORME!
Vi sono dei casi, però, nei quali l' influenza del morale, l'igiene, gli artifizî non bastano, ed è quando la bruttezza si confonde con la deformità. La deformità è triste per l' uomo, ma è ancor più triste per una donna, naturalmente più inclinata al desiderio di piacere e di farsi amare. Povere creature rattrappite, gibbose, zoppe, nane, escluse dalla festa della vita, che non dovrebbero aver anima nè sensi, e che pur troppo molte volte sono invece sensibilissime : che non dovrebbero avere occhi per constatare ogni giorno, con muta disperazione rinnovellata, la differenza che esiste tra esse e le creature normali ; che non dovrebbero aver udito per non sentire le parole d' amore indirizzate ad altre e che esse non riceveranno mai, esse che troppo odono o intuiscono i commenti grossolani, o d' una pietà che le colpisce come una pugnalata, del prossimo !
Sembra però che la natura dopo aver messo al mondo alcuno di questi infelici, quasi presa da rimorso tenti ricompensarli in qualche modo. Ho osservato che le sciancatelle hanno dei volti gentili e soavi ; che le donne gibbose hanno grandi occhi e finissime mani e sono d'intelligenza arguta; che le rachitiche sono il più delle volte creature d' ingegno non comune. Anche in questi casi dolorosi, il morale, lo spirito, possono molto compensare. Poi l' ortopedia coi suoi grandi progressi, fa dei veri miracoli, e molte creature che cinquant'anni addietro sarebbero state relegate tra gli scarti umani, possono in grazia di qualche cura sapiente e coraggiosa, affrancarsi dalla deformità.
LE DOTI DELLA VERA BELLEZZA
« Non è bello ciò che è bello, ma è bello quel che piace » dice uno dei tanti proverbi sulla bellezza. Ed è forse vero ; pure la vera avvenenza ha delle doti, direi, classiche, che ben pochi potranno contestarle. Ad alcuno potrà piacere più una capigliatura bruna che una bionda, ma per essere bella, in entrambi i casi dovrà essere abbondante, fine, lucida, ondulata. A nessuno potrà piacere una chioma scarsa e ispida, di qualunque colore essa sia.
Così per il resto. Intanto la qualità della carnagione, l'espressione dello sguardo, i denti candidi e serrati, le linee ben proporzionate della persona, sono caratteri indiscutibili ed essenziali di bellezza. Uno spirito arguto volle darci una specie di decalogo d' estetica femminile, e la compendiava così:
« I trenta grani di bellezza che costituiscono una donna perfetta, sono : Tre cose bianche : la pelle, i denti, le mani. — Tre cose nere: gli occhi, le sopracciglia e le ciglia. — Tre cose rosee : le labbra, le guancie e le unghie. — Tre cose lunghe: i capelli, il corpo e le mani. — Tre cose corte: i denti, gli orecchi e i piedi. — Tre cose larghe : il petto, la fronte e le ciglia. — Tre cose strette la bocca, la vita e il collo del piede. — Tre cose grosse : le spalle, le braccia e le gambe. — Tre cose sottili : le dita, i capelli e le labbra. — Tre cose piccole: la testa, il mento, il naso. »
Fra tutte queste terzine non ha messo quella delle tre età di bellezza della donna che trovo in un libro inglese. La prima va dalla nascita fino alla pubertà: uno stadio di formazione e se non
vi domina la stabile regolarità delle forme, vi domina la freschezza. La seconda età si estende dal pieno sviluppo femminile fino ai quarant'anni. « A questo punto, dice l' autore, il cuore della donna cresce in grossezza, la voce assume un timbro diverso, gli occhi si fanno più lucenti, la bellezza diviene più impressionante ed attraente. »
La terza età va dai quaranta ai sessanta. Questo periodo suole chiamarsi « età di ritorno » per significare che accade in esso quasi un rifiorimento. Così nella natura, in autunno si rivedono le violette, le margherite, e gli alberi mettono gemme in primavera.
Non si può negare che lo scrittore inglese sia un perfetto cavaliere, poichè estende l' età della bellezza femminile per la durata di tutta la vita, o almeno sino ai limiti in cui la donna
è suscettibile ad annettervi importanza. Del resto la storia ci ricorda che le donne celebri per la loro bellezza e gli amori che suscitarono non erano più molto giovani nel momento
del loro maggior trionfo. Elena greca aveva quarant'anni; Aspasia, l'amante di Pericle, ne aveva trentasei quando lo sposò; Cleopatra aveva passato i trenta quando si incontrò con
Antonio; Diana di Poitiers ne aveva trentasei quando vinse Enrico II, assai più giovane di lei; Anna d'Austria aveva trent'ott'anni quando si diceva che era la più bella d' Europa.
Madame de Maintenon contava quarantatrè anni allorchè si uni al Re Luigi, e Caterina di Russia ne aveva trentatrè quando salì al trono che occupò per altri trentatrè anni.
Infine la famosa Madame Rècamier, ebbe il suo massimo grado di splendore dai trentacinque ai quarantacinque.
LA CARNAGIONE ED IL COLORITO
La carnagione bianca e fine e il colorito delicato sono per la donna uno dei doni più preziosi. Vediamo delle signore passar per belle in grazia di questa qualità, se anche non ne possiedono altre. Gli occhi ed i capelli hanno maggior risalto su una pelle candida e liscia e fresca : ogni colore torna a vantaggio e gli abiti da sera, a intera o a mezza scollatura, scoprendo il seno e le braccia, aggiungono alla seduzione.
Ma queste signore hanno il dispiacere di perdere relativamente presto il carattere principale della loro bellezza; poichè una carnagione fresca e delicata male resiste al tempo, è più facile a cedere al solco delle rughe, ad alterarsi con la temperatura, a fiorire talvolta di quelle macchioline giallastre dette lentiggini. L'igiene serve molto pel mantenimento della pelle, quindi è da raccomandare alle signore le frequenti abluzioni d'acqua tepida con un po' d'amido o di crusca: sapone poco profumato e leggermente disinfettante; qualche po' di glicerina se la pelle è troppo asciutta o un po' ruvida per l'azione del freddo. Ottime le creme quando si è esposte al sole e alla polvere, ed anche per fare un lieve massaggio, buona precauzione per prevenire le rughe o dissiparle nei primordi della loro formazione. A Parigi è in uso tutto il metodo di cura per questi incomodi « sentieri dell' esperienza », come le definisce uno scrittore, ed io leggevo testè, in una elegante rivista femminile, che le signore dopo due ore d'applicazione di cura elettrica e di
bende, uscivano dal gabinetto con un volto ringiovanito.
Le donne hanno sempre dato grande importanza, e a ragione, all' epidermide del loro volto, così l'uso dei cosmetici per abbellirla è antichissimo. La civiltà greca e romana non solo, ma persiana, fenicia, babilonese, indiana, lo attestano. E l' uso generale della cipria, la inseparabile cipria, da che cosa proviene se non dal desiderio di possedere una pelle più bianca e più vellutata ? Una cipria molto fine e aderente, usata con sobrietà, giova alla bellezza d'un volto ; ma vi sono molte signore e signorine che coll'uso esagerato della cipria si mutano addirittura la faccia in una maschera di gesso che dà loro un' apparenza spettrale, quando si vedono al chiarore delle lampade elettriche. Poi il pallore non sta bene a tutte; certi tipi bruni e appassionati se ne giovano, certi visetti di bionda sono molto più attraenti quando appariscono delicatamente coloriti in roseo. Quindi alcune signore farebbero bene a sostituire la cipria bianca con cipria rosata.
FRONTE, OCCHI E NASO
La fronte è la sede della spiritualità. L'orgoglio o lo sicura coscienza la fa ergere, la timidezza o la vergogna la inchinano. Essa accoglie i baci più casti, traduce il pensiero, s' addensa di nubi o si spiana con letizia serena. Una fronte alta è indizio di intelligenza, una fronte troppo stretta di pochezza. Ma la fronte femminea per essere perfetta non dovrà avere troppo ampi contorni, ma essere regolare e disegnare un bel semicerchio dall' una
all' altra tempia come le fronti delle statue classiche. Generalmente si dice che le rughe della fronte sono scavate dal pensiero: infatti l'atto del corrugare la fronte per raccogliere le idee viene fatto con facilità. Vi sono delle piccole fronti sfuggenti che sembrano fatte per il sorriso; ve ne sono altre che paiono create per accogliere tutta la luce del dolore.
I poeti e i prosatori più ideali hanno dato tutti qualche canto e qualche sogno alla fronte femminile: candide fronti verginali tra i bipartiti capelli: fronti altere e indomite ricche di volontà ; fronti appassionate e malinconiche di frequente recline sulle mani, fronti che l' amore irraggia o che la sventura sconvolge.
Ma gli occhi hanno una tradizione più ricca nei fasti della bellezza, dell'amore, della poesia. L' antico detto che l'occhio è lo specchio dell'anima, gli conferisce come alla fronte, un'importanza tutta spirituale; di più lo sguardo ha una potenza d'espressione a cui la fronte non arriva. Infinite cose, che le labbra non vollero o non poterono dire, furono dette dagli occhi, con una fissità, con un lampo, con una malinconia. Gli occhi hanno un efficace linguaggio di tenerezza, di passione, d'odio, di comando, di preghiera. Ma, sopratutto, sono indizio sicuro della personalità intima, morale. Diffidiamo delle persone che sfuggono continuamente gli occhi nostri; è segno che nella loro anima è qualchecosa da nascondere. Non prendiamo troppo sul serio coloro i cui occhi non esprimono che il sorriso; buoni, forse, ma superficiali. Fidiamoci degli occhi franchi e limpidi, che sostengono il nostro sguardo senza incertezze, che riflettono in una gradazione d' ombre
e di luce i sentimenti che loro comunichiamo con la parola. Se siano da preferirsi gli occhi neri o gli occhi celesti, è una questione oziosa. La bellezza principale dell'occhio è l' espressione che lo avviva. Vi sono dei magnifici occhi neri, dei meravigliosi occhi cerulei, degli incantevoli occhi grigi e perfino degli occhi verdi, occhi da ondina, di un fascino strano e possente. Il taglio dell' occhio è importante per dare o togliere la bellezza: pure vi sono certi occhi obliqui, certi occhietti piccini che vincono col fulgore, con la vivacità, con l'eloquenza, la perfezione d'un occhio di taglio regolare. Gli occhi delle giapponesi sono un po' sfuggenti all'insù, invece quelli delle circasse e delle spagnuole hanno l'angolo alquanto più basso. Le orientali tingono gli occhi per accrescer loro splendore ed anche molte italiane lo fanno. Pure io consiglierei loro di lasciare questo uso alle donne di teatro e a quelle... di cattivo genere. È un artifizio che si scopre subito e indispone sul volto d' una signora per bene.
C' è un proverbio che dice: « Ogni bella donna pecca al naso », per significare che il naso è il più difficile a raggiungere quell' armonia voluta dalla bellezza. Ed è vero infatti. Un naso troppo lungo, troppo largo, a curve bizzarre, è molte volte l'unica cosa che guasta irrimediabilmente un visino possessore di due occhi seducenti e d' una bocca adorabile. Molte donne odiano il proprio naso come un nemico, lo svillaneggiano, lo mettono in canzonatura. Già il naso porta sempre seco un po' di ridicolo, non si sa perchè. Ogni infermità desta compassione, ma se si racconta d' aver male al naso bisogna ridere e lasciar ridere.
Di recente si è inventato un mezzo per correggere i nasi irregolari. Si fanno delle iniezioni nei puliti manchevoli, il liquido dilata i tessuti e mette tutto il naso allo stesso livello. Ma un medico mi osservava che il metodo non è senza pericolo per alcuni: giacchè la sostanza usata non agisce su ogni epidermide nello stesso modo, ma secondo il genere di essa.
Il naso rosso è un altro tormento per molte signore. Un igienista mi disse che deriva spesse volte da alimentazione troppo succulenta o troppo stimolante. Un' altra causa dei nasi rossi è lo stringersi troppo. Trovato il motivo del male è presto trovato anche il rimedio.
Si dice che il naso indica il carattere. Un naso lungo denota superiorità. « Per quanto strano possa sembrare — diceva Napoleone I — quando mi occorre di far eseguire qualche lavoro speciale, scelgo sempre un uomo dal naso lungo. » Le piccole narici sono sintomo di timidità, d' incapacità nelle imprese. Le narici larghe, aspiranti, inquiete significano una sensibilità che può giungere sino al sensualismo. Un naso greco, affilato, indica raffinamento di carattere, amore alle arti, astuzia, sottigliezza e maggior tendenza alle azioni indirette che alle azioni dirette. Il naso aguzzo esprime disposizione alla collera; il naso grosso e depresso, basse tendenze; il naso pieno, solido, schiacciato, è segno di coraggio e di audacia; un naso ad uncino rivela uno spirito superiore; ma se inclinato da una parte, guardatevene ! è il naso di un traditore o.... di una traditrice !
LA BOCCA E I DENTI
La bocca che attira, promette e rende il bacio è il punto del volto più sensuale, su cui indugiano
di preferenza gli artisti pagani, voluttuosi adoratori della forma e cercatori di materiali piaceri.
Bocca baciata non perde ventura, — dice l' uno d' essi, — anzi rinnova come fa la luna » : e i poeti moderni e i prosatori ci hanno celebrato e descritto a sazietà la curva delle labbra, il sanguigno colore della bocca delle loro belle. Una bocca piccina, vermiglia, che s' apre su una doppia fila di denti candidi, regolari e piccoli, immersi a metà nelle gengive rosee come i chicchi del melograno nella polpa del frutto, è certo una gran dote d'avvenenza. Però vi sono bocche grandi più simpatiche delle piccole bocche e più espressive. Per solito, le labbra tumide tradiscono l' indolenza e la sensualità, e le labbra sottili la freddezza e l' avarizia. Le labbra che si chiudono senza sforzo, in una linea di riposo e di pace, dicono la discrezione e la fermezza : una leggera sporgenza del labbro superiore denota bontà : il labbro inferiore un po' concavo nel mezzo significa fantasia.
Gabriele d'Annunzio, con nuova e felice immagine, paragonò la curva delle colline a quella di labbra femminili chiuse nel silenzio :
« e ti dirò per qual segreto
le colline su i limpidi orizzonti
s' incurvin come labbra che un divieto
chiuda, e perchè la volontà di dire
le faccie belle
oltre ogni uman disire »
Bocca e denti formano uno sol tutto. Uno scrittore americano ha detto che non potrà mai considerarsi brutta una donna coi denti belli. Ma le americane, da donne pratiche, pensano che i bei denti quando non li fornisce monna Natura, può fornirli un buon dentista; quindi vi ricorrono con tutta facilità, non solo quando hanno i denti malati, come facciamo noi, ma quando s'accorgono di svilupparli brutti e irregolari, o appena l' età li scalza dalle gengive. Con la massima disinvoltura le donne americane si fanno spezzare i denti incisivi e canini per sostituirli con altri perfetti. E in grazia di questo metodo draconiano, esse possono sempre mettere in evidenza una doppia fila di denti superbi. Non di rado in mezzo al bianco riluce l'oro. Possedere un dente d' oro è per le americane un'ambizione straordinaria.
Noi dovremmo imitarle, non in questo gusto di cattivo genere, ma nell'importanza e nella cura ch' esse dànno ai denti. L' igiene e l' estetica vanno d' accordo in questo, e una sana dentatura è tanto necessaria alla salute come alla bellezza. Si dovrebbe, al minimo disordine, ricorrere al dentista: un dente un po' tocco dalla carie si cura facilmente: un dente che cade è presto rimesso; un dente irregolare non è cosa irrimediabile, mentre, trascurando, il male si diffonde e si aggrava, i difetti peggiorano e si dovrà ricorrere a rimedi radicali, oppure l' opera del dentista resterà inefficace.
« Ridare al viso umano la perduta bellezza è non lieve cosa per la fragile umanità » osserva uno scrittore inglese a proposito, appunto, dell'odontojatria.
SOPRACIGLI E CAPELLI
E a proposito delle sopraciglia, Quintiliano dice:
« Le sopraciglia dànno maggior risalto agli occhi. Esse fanno increspare la fronte, l'innalzano o l'abbassano. La collera è manifestata dalla contrazione delle sopraciglia, il dolore dalla loro depressione, la gioia dal loro rilasciamento. »
Oltre essere una protezione per gli occhi, sopra i quali sono come un piccolo baluardo di difesa, le sopraciglia ne fanno risaltare lo splendore, ne abbelliscono le linee. Le donne tengono molto a questo ornamento naturale e ne correggono volentieri la scarsezza o la interruzione con qualche ingegnoso tratto di matita bruna. Certi tipi forti hanno le sopraciglia foltissime, prolungate, sino quasi a formare una linea non interrotta alla radice del naso. La voce popolare dice che è sintomo di gelosia.
Deux longs sourcils noirs qui se fondent ensemble, così celebrò queste sopraciglia un poeta.
Altre sopraciglia sono appena indicate da un tratto leggero, elegante; altre fuggono in alto agli angoli e conferiscono alla fisionomia un'espressione strana, che non dispiace. Si dice che le sopraciglia folte vicine agli occhi denotano un temperamento tenace, volonteroso; un po' collerico, anche.
È raro che le sopraciglia non abbiano lo stesso colore dei capelli; ma quando sono diverse hanno una gradazione più oscura, mai più chiara. Così le bionde dalle sopraciglia brune sono bellissime, per il contrasto del volto bianco e dei capelli d'oro.
Oh bei capelli femminili, degni « di poema magnifico e di storia » !
Come l'uomo ha l' ambizione dei suoi baffi e della sua barba, segnali di virilità, la donna ha l' ambizione dei suoi lunghi capelli, dolce prerogativa della femminilità. Chiome nere, folte, lucide come velluto, dai riflessi d' acciaio; chiome bionde, leggere come un nimbo d'oro ; capelli del candido e fosco colore delle foglie autunnali, ondulati come la sabbia del mare dopo il passaggio dell'onda: capelli fulvi come la fiamma e attorti in capricciose volute com' essa; pallidi capelli color del lino cadenti in treccie languide; capigliature riunite in tutte le gradazioni del bruno, sfuggenti ai piccoli pettini di gemme e d'argento: voi passaste certo nell'ultimo sogno del vecchio don Giovanni come uno dei più acuti rimpianti.
Sarebbe uno studio poetico e gentile quello delle capigliature femminili che lasciarono ricordo di sè: dai prolissi capelli di Eva bionda che coprirono come
un manto la sua nudità non più casta, alle chiome che i nostri poeti moderni celebrarono in rima nel ricordo delle loro amanti. E non bisognerebbe dimenticare
nè i capelli biondi di Maddalena che asciugarono i piedi di Gesù, nè la chioma fulva delle eroine delle cronache cavalleresche, nascoste sotto l'elmo guerriero,
nè i lunghi capelli che protessero il pudore di Lady Godiva quando il marito brutale le ingiunse di attraversare ignuda a cavallo la città di pieno mezzogiorno,
nè i riccioli della sventurata amica di Maria Antonietta :
«Su ricciutella, al tempio! Alla reginaIl buon dì della morte andiamo a dare».
In generale i capelli più abbondanti e più lunghi sono bruni e neri; è difficile trovare dei capelli biondi e fulvi molto copiosi e prolissi. I più maravigliosi capelli ch'io m'abbia veduto sono stati quelli di un' attrice, la povera Serafini Checchi, morta ancor giovane in America. Alta, formosa, la sua splendida capigliatura le scendeva al ginocchio. Rammento il mormorìo di stupore e d' ammirazione che s'elevò nel teatro una sera che recitava Frine, quando nell'ultimo atto, vestita di un sol manto, si rivolse verso l'areopago concedendo al pubblico la vista di quei stupefacenti capelli d'un bel castano caldo, serici, ondulati, liberi sulle spalle, che la coprivano fino al polpaccio. Anche un' altra attrice della compagnia De Sanctis possedeva una chioma inverosimile. Rammento due treccie brune che scendevano sino alla balza dell'abito bianco.
Queste signore non possono certo seguire la moda nella pettinatura. Ma i capelli sono la loro nota personale e possono acconciarli come vogliono. Maggior cura devono usare le donne che non ebbero dalla natura questo dono regale. In questo momento, però, la moda è favorevole agli scarsi capelli, offrendo il soccorso dei toupé, dei postiches, dei rotolini e dei riccioli. Consiglierò sempre però le signore a non sottoporsi ciecamente al modello imposto dall'ultimo figurino di Parigi, ma a seguire la moda nelle sue linee generali, modificandola poi secondo le fattezze del volto, le linee della fronte. Per esempio, una piccola fronte ben disegnata starà bene se si lascia vedere alquanto ; mentre una fronte troppo alta acquisterà a essere nascosta. I visi larghi dovranno preferire le pettinature alte, i visi rotondi le pettinature basse.
Ma viene un momento doloroso in cui qualche filo bianco comincia a serpeggiare fra il bruno ed il biondo; e poi il bianco cresce cresce, fino a dominar tutta la massa ancora abbondante. Che fare ? Inutile negarlo: i capelli grigi invecchiano terribilmente, precipitano giù per la china della maturità nella vecchiaia. Vi sono oggi dei preparati innocui per ridonare ai capelli il colore primitivo, e non so perchè una signora non ne dovrebbe approfittare. Soltanto che la consiglierei a farsi fare l'applicazione da un parrucchiere nei gabinetti appositi, dove si possano digrassare i capelli, asciugarli con maggior prontezza e miglior risultato che in casa, dove una mano inesperta può danneggiare. In Francia le signore d' una certa età adottano il biondo, ma chi non è nata bionda difficilmente evita la stonatura fra il colore dei capelli e il proprio tipo. Le bionde hanno una carnagione speciale: la pelle delle brune appare sempre o troppo pallida o grossolana a confronto dei capelli biondi. Meglio dunque serbare il proprio colore naturale.
Alcune signore sfoggiano una finissima capigliatura candida che le fa somigliare alle leggiadre figurine dell'epoca di Luigi XVI. Ma è molto difficile arrivare a far diventare i capelli di un candido perfetto: inoltre bisogna che siano di qualità assai fine e soffice. Coi capelli bianchi gioveranno le sopraciglia nere e il volto un po' roseo.
LE ORECCHIE ED IL COLLO
In generale non si guarda molto alle orecchie, eppure sono un elemento di bellezza da non trascurarsi e raro a riscontrare perfetto. Per esser
belle, le orecchie devono avere la forma d'una conchiglietta, di color roseo e non sporgere dal capo. Si vuole che il lobo delle orecchie perfettamente attaccato alla testa significhi ventura: che le orecchie grandi, un po' accartocciate su sè medesime indichino delinquenza. Si afferma che il brutto difetto degli orecchi sporgenti si possa correggere, specie nell' infanzia, legando un nastro piuttosto largo intorno agli orecchi e tenendovelo tutta la notte. Vi sono anche cuffiette speciali, ma non credo questi mezzi efficaci per gli adulti. L' unica cosa che può fare una donna afflitta da orecchie antiestetiche, è nasconderle più che può con la pettinatura. Si pretende che la caratteristica pettinatura à la vierge di Cléo de Mérode non abbia altro motivo che quello di nascondere due orecchie bruttissime. Almeno così dicono le sue amiche....
Dalle orecchie al collo il passo è breve. Altro e più pericoloso scoglio dove spesso s'infrange la bellezza femminile. O troppo lungo, o troppo corto, o troppo magro, o troppo grasso. Sono rare le donne dal bianco collo di cigno, svelto e ben proporzionato, a cui ogni colletto torna bene e che esce vittorioso da una piccola come da una grande scollatura. Vi sono certi colli ai quali non si adattano che colletti bassissimi e che guadagnano a essere veduti scoperti, cinti da un filo di perle o da una leggera catenella d' oro. Altri, al contrario, quando sono nudi appaiono troppo esili e lunghi, ma cinti da un severo colletto inamidato con cravattina su un vestito tailleur dànno a tutta la persona un aspetto slanciato e aristocratico.
Il collo è la parte che prima reca le tracce dell'età :
bisogna quindi abbandonare prestissimo le fogge che lasciano di giorno il collo scoperto, o almeno sostituire il colletto con qualche sciarpa di velo, qualche nastro di velluto o di seta. Per la sera sono veramente provvidenziali quei cosidetti collier de chien in piccole perle sostenuti da barrette di pietre dure, che lasciano alla scollatura la sua grazia e nello stesso tempo adornano un collo un po' magro o non più fresco.
I PIEDI
Souvent vous portez de petits souliersQui coquettement découvrent vos piedsEn leur petitesse,Sur leurs hauts talons vous m' apparissiez Comme un fin pastel des siècles passés, Marquise ou comtesse.
Così Paolo Bourget, intelligente ammiratore della fine bellezza femminile. Infatti il piede piccolo ed elegante è nella donna gran segnale di finezza.
Raramente una beltà formosa, appariscente, di quelle che a prima vista abbagliano e seducono, potrà vantare estremità snelle e graziose.
I piccoli piedi sono riserbati alle figurine mignonnes, come i piedi sottili alle donne slanciate e magre. Giacchè non è
assolutamente necessario che un piede per esser bello abbia la proporzione del piede di Cenerentola. Il piede deve esser proporzionato
alla statura; ma in ogni modo bisogna che sia snello, e ché si assottigli molto nel principio della gamba.
Le parigine sono ammirabili per la grazia e l' eleganza della loro calzatura sempre assortita all'abito
e appropriata secondo l'ora della giornata. Nel mattino infilano i piccoli piedi coperti di calze di seta rosa o celeste, a seconda del colore dell' abito da camera, in un paio di pianelline ricamate d'oro, intessute d'argento e di porpora, simili a quelle di qualche profumato harem d'oriente. Più tardi la signora esce; e allora sono severe scarpette nere, che salgono un poco sul malleolo e non spiccano dalla calza di seta nera o bruna. Nel pomeriggio la signora riceve o esce in carrozza a prendere il thè da qualche amica, e sulle calze ricamate del colore dell'abito, indossa un paio di scarpine ad alto tacco Louis XVI con una fibbia di strass. E alla sera per il teatro, per le riunioni, avrà calze traforate, finissime, e scarpine a larga scollatura, di raso ricamato in perline o in oro.
A Parigi, ed anche nelle principali città italiane, adesso vi sono pedicuri, ossia persone che esercitano la professione di curare i piedi, tenerne in ordine le unghie, ammollirne gli indurimenti, vigilare che non si formino i dolorosi calli o gli ancor più dolorosi occhi di pernice. Si vuole che questi siano un regalo della civiltà. Infatti un selvaggio li ignora. Per impedirli bisogna evitare le scarpe strette o dure. Anche i geloni ai piedi sono un male comune e fastidioso. Il miglior preservativo è portare calze di lana e fare del moto. Un buon rimedio sono le frizioni con l'unguento di jodio.
Vi sono alcune persone i cui piedi trasudano facilmente in estate mandando un odore nauseabondo. Chi soffre di questo penoso incomodo dovrà portare scarpe leggere e fare frequentissimi bagni ai piedi con acqua calda aggiungendovi un po' di sale ammoniaco o di cloruro di calce.
2 - LE MANI
La mano, per solito, segue il carattere del piede.
Chi ha un piede troppo grosso e breve ha la mano corta, larga e grossa: possiede mano affusolata, agile, chi ha un piede slanciato e aristocratico. Una bella manina candida, dalle unghie d'alabastro velate di roseo; una pallida mano allungata, come quelle che davano alle sante e alle poetiche allegorie i pittori quattrocentisti, è per la donna uno spirituale elemento di bellezza. Come le chiome, anche le mani femminili ispirarono in ogni tempo i poeti, servirono ai romanzieri di motivo per pagine soavissime, furono accarezzate dal pennello dei pittori e dalla stecca degli scultori. A differenza dei pittori primitivi, che davano alla mano un alto senso di spiritualità, i pittori della rinascenza misero nella mano una floridezza morbida e sensuale, come quella che vedevano nelle cortigiane d' allora. I pittori secentisti dipinsero brutte mani muliebri, larghe, dal grosso polso, corte, volgari. Ridonarono alla mano femminea, tutta la sua squisita aristocraticità i pastellisti del settecento. Io credo infatti che nessuna epoca come questa delle raffinatezze e degli amori, vide mani più meravigliose nelle donne che le curavano meticolosamente con le paste, con le ciprie, i profumi.
L'età moderna inclinata allo sport non è favorevole alla mano femminile. La bicicletta, i giochi inglesi, la fanno più forte e più dura. Bisogna che la donna vigili molto oggi per non perdere questa sua caratteristica di bellezza così nobile e così gentile.
Il Petrarca cantò non solo la mano ma il guanto di Madonna Laura, un mezzo guanto di trina finissima come si usavano allora. E una canzoncina popolare spagnuola tradotta dal Menasci ha questa graziosa strofa:
Son cinque dita vaghe e delicatefragili nell' aspettoe pur le carni m' han dilaniate,mi sono entrate in petto,mi sono entrate in petto ed han rubato il mio povero cuore....
Sully Prudhomme parla della soavità pura della carezza d'una mano sulla fronte e aggiunge:
Cette main-là, pas de lévres au mondeEn douceur ne l' égaleront
Ed Enrico Carlo Read scrive:
J'aime la blancheur de la main,Les doigts bien fins l'ongle bien rose, La pâleur auprès du carminRépose.
Gabriele d'Annunzio dedica alle mani una delle sue liriche più belle, se non più originali, del Poema Paradisiaco : e la descrizione delle mani delle Vergini delle Rocce resterà sempre una delle sue pagine migliori.
Non vi è nemico più insidioso della polvere per la bianchezza e la finezza della mano. I guanti ne sono quindi i protettori più efficaci. Gioverà alla signora adoperarli anche in casa quando attende a qualche faccenda del ménage. Anche il sole estivo offende le mani delicate, le abbronza, come il fuoco le arrossa. La glicerina spalmata di sera, prima di
coricarsi, sulle mani, ne conserva la finezza; la farina di mandorle amare — tanto in onore presso le nostre bisnonne — le imbianca. Vi sono poi nella profumeria moderna creme e paste emollienti per la mani, e che giovano moltissimo.
La cura delle mani, va estesa alle unghie, che ne sono il complemento, quasi l' ornamento. Non devono essere tenute nè troppo lunghe nè troppo corte : nè si deve raschiarne la superficie. Si adoperi molto lo spazzolino che è il mezzo migliore per mantenere le unghie alla perfezione.
IL DESTINO NELLA MANO
L'arte di leggere il destino nella mano è remotissima e ci viene dalle prime indovine di mestiere, che l'hanno tramandata a noi per mezzo delle tribù erranti. Nelle fiere dei villaggi e nelle piazze delle città le zingare ci offrono di leggere nella palma della mano ciò che ci riserba l' avvenire; e a Parigi questa professione di nuova specie è esercitata da qualche donna di condizione civile, con pretese scientifiche. Del resto, recentemente, Cesare Lombroso pubblicava un articolo nel quale affermava che lo studio della forma e dei segni della mano costituiva per lui forse la guida più sicura della diagnosi del carattere e delle tendenze psichiche individuali.
La mano elementare è il tipo inferiore e indica lo stadio più basso di mentalità: è corta, tozza, col pollice assai breve, generalmente solcata da poche linee nella palma. — La mano quadrata è la mano utile, dei metodici al lavoro, di coloro che sono
perseveranti e tenaci, pratici più che idealisti ; di poca fantasia ed originalità. Questa mano si presenta quadrata al polso, alla base ed all'estremità delle dita. — La mano dalle dita a spatola, è il tipo attivo, nervoso : significa ingegno, indipendenza di spirito e amore per ogni nuova dottrina. — La mano filosofica è nodosa, lunga: indica personalità distinta, misticismo, abitudini ed idee singolari. — La mano conica indica amore all'arte e alla bellezza, accompagnato però da natura impulsiva. Le persone che la possiedono mancano di volontà per una seria applicazione, quindi le loro cognizioni sono superficiali. Le donne con queste mani non possono vivere senza amore, ma non sono fedeli... — La mano psichica è la più bella e la più rara, poichè presenta una perfetta armonia nelle sue linee: ha le dita sottili e affusolate e indica temperamento idealista e fantasioso. — La mano mista, ossia che presenta tutti i caratteri dei tipi precedenti, denota grande versatilità e insieme mutabilità di propositi.
Le linee sulla palma rappresentano la vita (quella che scende al polso), la mente (quella del centro), il cuore (quella verso le dita). Secondo la loro lunghezza e le piccole croci, che l'attraversano, il destino è più o meno favorevole. Una lunga vita senza malattia è rappresentata dalla linea che contorna il pollice e si prolunga assai sul polso senza interruzioni. Avrà una bella mente chi possiede quella linea alquanto retta e di lunghezza giusta, perchè troppo retta e troppo lunga indica aridità. Per possedere buon cuore è necessario che la linea sia molto lunga verso l' indice, ciò, che significa pure amore ideale. Se invece la linea si ferma sotto il
medio vuol dire che la persona ama coi sensi solamente. La linea della sorte è quella che attraversa la mano verticalmente e va dal polso alla radice del medio; per avere una buona sorte bisogna che la linea sia ininterrotta e non attraversata da nessun'altra.
Il matrimonio d' amore è rappresentato da due piccole linee in croce sotto l'indice: ma se nella stessa posizione si trova un quadrato significa chiostro o prigione. Molte croci nel palmo della mano tra la linea della testa e il polso denotano viaggi in mare più o meno lunghi secondo la lunghezza delle linee. E per ultimo una stella sotto l'anulare esprime la celebrità funesta...
LA VOCE
Il fàscino della voce somiglia al fàscino della musica. È un incanto in cui anima e sensi hanno la la loro parte di festa. Vi sono voci calde, morbide, dalle cadenze sonore e profonde, e voci argentine, trillanti, scintillanti, armoniose come lo scrosciare d'una cascatella alpestre. Vi sono voci in tono maggiore, fatte per l'impero, per la vittoria, per la gioia: e voci in tono minore per la tenerezza, per la passione, per la preghiera. Vi sono voci fortunate che possiedono tutti i toni, tutte le sfumature, e sanno le modulazioni sapienti, i crescendo di forza sino al prorompere in una squillante fanfara, e le smorzature sino a perdersi in un mormorio lieve come un sospiro. La voce troppo stridula o la voce troppo bassa sono ugualmente difettose nella donna. Il parlare a voce soverchiamente alta è scorretto : tutte le persone volgari urlano e strillano. Anche il par-
lare troppo spedito e come volgarmente si dice :
« mangiando le parole » è riprovevole : ma una parola lenta, inceppata, a lunghe pause, ristucca. Non so chi ha osservato che ora si parla più in fretta che nel passato, e inclino a crederlo, giacchè essendo la vita moderna più concentrata, più ricca d'impressioni, anche il linguaggio che la rispecchia dovrà farsi più sintetico e veloce.
Per un' artista drammatica, per una dicitrice di versi, per una conferenziera, la voce è un elemento essenziale per il successo. La « voce d' oro » di Sarah Bernhardt è famosa; ma è pure indimenticabile la voce tutta speciale, delicata, di grazia infinita, di Eleonora Duse. Certo, il timbro è un dono naturale, ma non è meno certo però che è suscettibile a migliorarsi con l' esercizio e l' attenzione. Gioverà alle voci un po' deboli e sorde la lettura ad alta voce, crescendo sempre gradatamente di tono mano mano le corde vocali e il petto si afforzano, e procurando di renderne il timbro più chiaro e intonato che sia possibile, non mantenendolo sempre uguale ma modulando secondo quello che la frase esprime. Nel melologo, questa sapiente e squisita fusione di prosa parlata e di musica, la voce giunge alla sua più alta vittoria, giacchè non cessa di essere voce umana parlata, mentre il canto rientra quasi nel dominio degli istrumenti.
In una poetica novellina di Andersen, lettura preferita della mia infanzia, era la storia di una giovine sirena che aveva sacrificata la sua voce armoniosa per mutare la sua coda di pesce in un corpo di donna onde farsi amare da un principe gettato da un naufragio nei dominî di lei.
La sorte di quella povera fanciulla mi commoveva profondamente: ella aveva sacrificato, infatti, uno de' doni più preziosi della natura. Quando Paul Verlaine sogna per sè la donna ideale, non dimentica di vagheggiarne la voce:
et pour sa voix, lointaine, calme et grave, elle a l'inflexion des vois chères qui se sont tues.
IL RISO E IL SORRISO
Edmondo De Amicis in un suo bellissimo libro troppo a torto, ora, dimenticato: Gli amici, osserva che la donna quando ride smodatamente perde la sua delicatezza. « Essa, continua, non ha che il sorriso : il riso abituale, il largo riso comico le sforma il cuore e l'aspetto. A capo a un certo tempo si pregherebbe l' amica di non ridere più.... »
Ho sempre rammentato questo frammento quando mi sono trovata con certe signore che pare non abbiano altro modo di manifestare i loro sentimenti e le loro emozioni che ridendo. Per un po' quella loro vivacità pare freschezza di spirito e solleva e distrae, ma a lungo stucca e tradisce la superficialità e il vuoto della loro anima. «Le rire est le son de l' esprit» disse Goncourt. Dopo un poco ci sembra che quelle donne non possano amare nè sentire amicizia sul serio. L'amore per esse deve essere una scherma gaia e spiritosa, un tuffo rapido nel piacere, una follia passeggera che non lascia traccia. L'amicizia una lieta alleanza, una cordiale intesa da compagnoni che hanno interesse a favorirsi uno coll'altro, che sono contenti d' essere insieme per divertirsi meglio, per meglio dimenticare le malinconie
della vita. Così finiremo per mettere in un mazzo queste persone con tutte le cose ridenti e superflue, buone soltanto per le ore di buon umore, inutili e moleste nei giorni in cui si ha bisogno d' un vero conforto, di un aiuto efficace per vivere.
Il sorriso è invece suprema arte, suprema bellezza, suprema bontà femminea. Vi sono dei coraggiosi sorrisi che toccano l'eroismo; vi sono dei sorrisi malinconici che esprimono più d' un severo rimprovero ; vi sono dei sorrisi fulgidi che cantano un poema di gloria e di felicità. Per negare il suo sorriso, una donna deve avere un forte motivo, e quella privazione può riuscire più amara di qualunque
castigo. Ben lo seppe il giovine Dante quando Betrice gli tolse col suo sorriso dolcissimo la sua
« beatitudine ». Giacchè la donna, o bella o buona, non è avara dei suoi sorrisi conoscendone la benefica virtù.
Le donne intelligenti, dallo spirito critico, hanno dei sorrisi arguti che tagliano come lame e sgomentano l' avversario più pugnace: le donne amorose hanno sorrisi così dolci da vincere ghiacci del polo, da disarmare la collera più fiera.
Anche il sorriso femminile, quante volte fu cantato dai poeti e afferrato dai romanzieri per tramarvi tutto intorno una rete di psicologia! L' enigmatico sorriso della Gioconda di Leonardo ha fatto delirare centinaia d' artisti per analizzarlo.
Un sorriso sulle labbra d' una donna può essere salvezza suprema o suprema rovina....
LA DONNA FORTE
Quando le sarte si trovano dinnanzi una signora dalle forme molto abbondanti, per quella conoscenza profonda che esse hanno acquistata della psiche muliebre penetrandovi dal varco più infallibile, quello della vanità, adoperano un aggettivo che pur esponendo il vero stato delle cose toglie tutta la crudezza della realtà, dicono: « La signora è forte.... » E sotto l' usbergo di questa fortezza possono impunemente consigliare e sconsigliare : aiutare a stringere, a raccogliere, a dissimulare: inventare con la cliente nuovi ordigni di tortura. Giacchè questa « fortezza » è tutt' altro che gradita a chi la possiede, ed anzi si fa di tutto per cacciarla.... Ma essa è come l' istinto, cacciato dalla porta torna dalla finestra. In qualche luogo dell' anima o del corpo, istinto, e.... « fortezza » bisogna lasciarli in pace.
Tutte le sarte sono però d' accordo nel dire che è assai più facile vestire una signora di forme abbondanti di una che le abbia troppo scarse.
Basterà tendere bene la stoffa, far pieghe ed incavi, perchè l'abito stia a pennello. Infatti, solo che la signora sia un po' alta, certi abiti tailleurs, succinti, attillati, sono sul suo corpo una perfezione.
Sono gli abiti che una signora « forte » dovrà preferire : scuri, con pochi ornamenti, nessuno vistoso. Da casa porti i vestiti principessa ed anche gli « impero » purchè le disegnino le linee della persona. E il trionfo la aspetta con le toelette di sera, dagli arditi décolletés, dalle spalle che s' intravvedono sotto il velo; le braccia che mostrano il loro modello scultorio sotto la pelle del guanto che
non fa una grinza. Lo strascico che le allunga la figura, le dà imponenza regale : i gioielli hanno bel risalto sul suo collo pieno, sul suo seno ricolmo. Con quale sguardo di giusto orgoglio la signora forte può allora guardare le donnine dalla vita di vespa che alla passeggiata le fanno tanta invidia e che nella sala da ballo si difendono male in una nuvola di veli!
Ad ogni modo è una compiacenza di breve durata: al mattino dopo, tornano a invidiarle. Pensano ai tormenti del busto, del caldo, e si trovano molto infelici. Un igienista inglese afferma che la causa prima della corpulenza è il troppo mangiare: consiglia quindi un regime di sobrietà. Mangiare, bere, dormire il meno possibile; fare molto moto, in bicicletta, a cavallo, al remo, a piedi, in montagna, per promuovere la traspirazione e il sudore. Astenersi dai cibi grassi, dai dolciumi, dai farinacei, dal latte, dalla cioccolata, dalla birra e dai vini pesanti. Mangiare carne la più asciutta possibile.
LA DONNA IDEALE
Una mia illustre e spiritosissima amica fiorentina ha inventato per le donne all' opposto di quelle a cui ho accennato, un appellativo delizioso, quello di donne-anima. Le sarte le chiamano con la loro solita intuizione, signore delicate. Ed esse, per consolarsi, amano dirsi donne ideali... C' è, è vero, il soccorso immancabile delle sarte che aggiungono quanto manca perchè il loro abito non faccia troppo... magra figura; ma insomma è sempre un' umiliazione quella di dover ricorrere a degli imprestiti. Tanto
che alcune signore non vogliono assolutamente saperne, e portano in giro la loro... idealità con una specie d'eroismo, contente dell'agilità dei loro movimenti, dei cinquantaquattro centimetri della loro cintura: adorando le camicette sboffanti, le larghe pellicce, le cravatte di velo, gli abiti di mussolina a colori chiari dalle complicate fatture, a volanti, a trine, a prudenti trasparenze: i lunghi boa di piume intorno al collo troppo lungo e alle spalle troppo magre, le larghe maniche chiuse al polso, le gonne rotonde, svelte, che lasciano scoperto il piede....
Ma, ahimè, tutta la baldanza se ne va di sera, quando è di prammatica mostrarsi con l' abito di gala, scollato. Questo cerimoniale, infrangibile ai balli e ai pranzi del Quirinale, mi dicono sia il segreto tormento di molte signore « ideali ». Hanno un bel ricorrere alla vaporosità dei veli, qualche centimetro quadrato di pelle bisogna mostrarlo, e quando sotto quella pelle si disegnano con troppa fedeltà anatomica le ossa, lo spettacolo non è certo molto gaio. E allora si chiede aiuto ai gioielli, alle perle, false o vere, alle collane a ciondoli, ai velluti costellati di diamanti, ai braccialetti larghi.... ah quelle braccia, che tormento! Se si potessero tagliare certe sere ! E le donne ideali guardano con invidia le donne forti che al mattino alla passeggiata hanno deriso...
Il solito igienista inglese dice che l'eccessiva magrezza può derivare da difetto d' assimilazione, regime di vita sbagliato, eccesso di lavoro o di studio, dispiaceri, mancanza di riposo. Consiglia perciò di fare poco esercizio, dormire dieci ore, procurarsi
tutta la serenità possibile, far uso di grassi e di latticini; evitare il caffè, l'aceto, i frutti acerbi, i liquori spiritosi.
LA STATURA
Un altro cruccio è per molte donne la statura. Chi si lagna d' un' eccessiva piccolezza, chi si vergogna di un' altezza superiore al livello comune. Quanto all' altezza non c'è proprio rimedio, ma mi pare una caratteristica così simpatica e invidiabile che consiglio chi la possiede a non dolersene. Se è di forme sviluppate, la donna alta acquisterà in proporzione: se è di forme scarse sembrerà ancor più agile ed elegante. Una delle più belle giovinette ch' io m' abbia conosciute, bionda e bianca e spirituale come un angelo del beato Angelico, era alta appunto un metro e settantacinque centimetri — la statura d'un uomo piuttosto alto : e un' altra ricordo, un' artista dagli occhi d' ondina, la cui figura di Walkiria raggiunge l' altezza rara di una donna, di un metro e settantasette....
Per le donne piccole c'è la consolazione dei dannati.... ossia quella di trovarsi in molte; poi c' è un altro conforto più efficace che viene dal calzolaio, quello dei tacchi alti, tanto da guadagnare qualche centimetro, che talvolta basta a far raggiungere la media comune. La modernità ha pure inventato gli « elevatori automatici», specie di tappi che si applicano alle scarpe e che mi si dice ottengano ottimi effetti. E l' igienista inglese che ho più volte citato, insegna un regime atto a raggiungere l'altezza della statura. La luce del sole, l'aria
fresca, l'esercizio regolare, l'andare presto al riposo, il lungo sonno, sono, secondo lui, mezzi favorevolissimi per crescere. Anche i farinacei portano un grande contributo allo sviluppo del corpo umano. Si afferma che la bella statura degli Scozzesi sia da attribuirsi in gran parte al loro nutrimento favorito : « oat-meal porridge » una polenta di farina d'orzo.
Del resto la bellezza della figura più che nell'altezza è nell'armonia. Una donna piccola ma ben proporzionata vale più d'una donna alta dalle gambe troppo lunghe o dalle spalle troppo strette. Si dice che un corpo umano per essere ben proporzionato deve misurare sei volte la lunghezza del piede. La faccia, misurata dall'alto della fronte al mento, deve essere un decimo dell'altezza: e l'altezza dal tallone alla sommità del capo, dovrà essere uguale alla lunghezza delle braccia distese, da un medio all'altro, passando attraverso il petto.
CALLIGRAFIA E GRAFOLOGIA
Lo studio della calligrafia per indovinare il carattere morale d'una persona è cosa tutta moderna, ma non priva di base scientifica. L' illustre psichiatra Lombroso ne fece argomento di un intero trattato, da cui rilevo le indicazioni principali ad uso delle mie amiche lettrici. Le assicuro, intanto, che queste regole sono presso che infallibili, come ho potuto esperimentarle io stessa sulla calligrafia di persone a me perfettamente sconosciute che mi si mandava per analisi, il cui risultato, al dire dei conoscenti, era sempre conforme a verità.
Dunque, per analizzare la calligrafia d'una persona occorre avere di essa uno scritto qualunque su carta senza righe, ove entrino molte maiuscole. Lo studio sarà più sincero se fatto dietro un frammento copiato da un libro qualsiasi.
Gli individui miti, compassionevoli, civili, hanno una scrittura rotonda, ricca di curve; i crudeli, gli spietati, gli ostinati, l' hanno angolosa e acuta. Le lettere aperte superiormente accennano a carattere espansivo, franco : quelle chiuse, a carattere freddo e riservato. Le iniziali grandi, ornate di svolazzi, indicano disposizioni artistiche; le maiuscole a stampatello accennano a un interesse per la letteratura e le scienze, e denotano anche semplicità rifuggente dalla pompa e dall'artificio, e preferenza per la chiarezza e la bellezza. Chi trascura e sfigura molte lettere è trascurato nel vestire e nel portamento. Invece le curve a spirale e lo sviluppo esagerato di alcune parti secondarie delle lettere, indicano gusto ad ornarsi in tutta la gamma, dall'accuratezza alla vanità. I pretensiosi sottolineano spesso con la coda di una grande iniziale il resto della parola. L' arrogante usa per solito iniziali molto grandi ; il modesto le fa basse. Le maiuscole o le lettere finali con un'appendice rivolta all' indietro, danno segno d'eroismo ; le linee finali ad uncino indicano costanza e tenacia nel lavoro. Una lunga linea alla fine della parola è segno di diffidenza: così pure nella firma la linea girata a elisse intorno al nome è segno di natura diffidente, che si chiude in sè stessa. Chi ha molto sviluppato il senso dei numeri, dà involontariamente a certe lettere la forma di cifre. Le lettere separate significano
fantasia, intellettualità; le lettere unite, senso pratico, natura prosaica. Se la grandezza delle lettere cresce dal principio alla fine della parola o della riga, è segno che chi scrive ama la verità, è schietto, ingenuo; se invece termina a serpentello, chi scrive è astuto e ingannatore. La scrittura pendente a destra è di chi obbedisce al sentimento ; quella verticale, di chi obbedisce alla ragione. La scrittura inclinata a sinistra può indicare simulazione. Quando in una pagina le linee tendono a salire a destra, è segno di ottimismo: quando scendono di pessimismo.
La scrittura di moda adottata dalle signore e dalle signorine d'oggi non si presta alla grafologia, perchè non è affatto personale, ma il risultato d'un artificio che nel dare tutta l' importanza all'estetica dell'apparenza nasconde la verità dell' istinto, delle tendenze, del sentimento.
LA DONNA E I GIOIELLI
I gioielli hanno formato in ogni tempo la delizia delle donne, che dalle prime epoche di civiltà se ne adornarono con passione onde accrescere la loro bellezza. Per la donna il gioiello possiede una possente virtù fascinatrice : molte virtù, a guisa di quella della bionda fanciulla del Goethe, non hanno resistito innanzi a questa formidabile arma di corruzione e di seduzione. Dai grossi solitaires rappresentanti il valore di un piccolo patrimonio che la dama o l'artista appende al lobo delicato del suo orecchio, alle piccole granate chiuse tra le perline che la cameriera sfoggia nei giorni di festa: dai
primi orecchini minuscoli che la bimba sostituisce ai cerchiettini d'oro posti pochi giorni dopo la nascita, agli ultimi orecchini di vecchi diamanti, antichi gioielli di famiglia, che la nonna porta con orgoglio, dall'umile vezzo di corallo della contadina alla collana di perle dell'aristocratica : dal braccia-lettino d'argento della fanciulla al diadema principesco : dall'anellino di zaffiri della piccola borghese al superbo figaro di brillanti e smeraldi della milionaria, i gioielli rappresentano per la donna qualchecosa di più del valore materiale, sono i compagni delle sue ore più liete, sono le tradizioni della sua famiglia, sono le memorie di giorni solenni, sono l'aureola e la caratteristica della sua femminilità. Quando una donna si priva dei suoi gioielli, si priva non di una ricchezza, ma di qualchecosa di ben più radicale, di ben più necessario alla sua vita. Il primo segnale di lutto, d' indifferenza desolata verso il mondo, è per la donna lo spogliarsi dei suoi ornamenti che la fecero più bella nei giorni di festa e di felicità. Il buon gusto, la goffaggine, le tendenze artistiche, il fasto, la finezza, l'artificio, si rivelano secondo i gioielli che una signora porta, secondo li mette e quando. Il caricarsi troppo di gioielli è da provinciale, come il metterli troppo simmetricamente. Quando s' hanno due begli orecchini non occorre anche la spilla e i braccialetti uguali.
La gioielleria moderna dà dei capolavori di finezza, di eleganza. Certe collane, certi medaglioni, certi fermagli, certi diademi, non sembrano più gioielli, ma fiori, ma farfalle, ma idealità indefinibili. Dal gioiello più ricco al più modesto, disegno, montatura, armonia di gemine, squisitezza di lavoro,
è delicato e improntato all'estetica. L'uso dei gioielli intimi, giornalieri, mi piace. Un braccialetto che nasconde una memoria e che non si toglie mai : un anello con una data incisa: una catenella con appeso un amuleto che si lascia intravedere sotto la scollatura di trina, acquistano una spiritualità suggestiva. L'uso degli anelli dovrebbe venir sottoposto alla forma della mano: certe mani si abbelliscono con gli anelli, certe altre no. Gioverà più avere pochi anelli ma ricchi, che molti e di poco valore o di gusto comune. Finora la moda delle lunghe maniche non è stata favorevole ai braccialetti, ma ora le maniche corte li rimetteranno in uso. Una signora di buon gusto preferirà i braccialetti leggeri, anche di lusso, ai braccialetti massicci, larghi, troppo sfacciatamente adorni. E una donna che possiede senso d'arte farà in modo di intonare lo stile dei suoi gioielli e il colore delle pietre al genere della propria bellezza. Ma, a questo proposito, ecco il curioso significato che gli antichi attribuivano alle diverse gemme. Servirà alle gentili superstiziose per guardarsi da alcune di esse o per ricercarle.
L'agata e la corniola rallegrano. Il topazio consola e domina l' incostanza. Il diaspro guarisce le malattie di languore : la turchese impedisce ed attenua le cadute, è buona anche contro gli svenimenti e le malinconie. L'ametista vince l'ebbrezza. Lo zaffiro rappresenta le aspirazioni elevate dell'anima, conserva il vigore delle membra ed allontana la paura. La calcedonia rappresenta la carità o fa vincere nelle lotte. L'onice significa candore ; il berillo la scienza teologica; il rubino accheta la
collera, lo smeraldo rafferma fede, la rende incorruttibile e si spezza non appena chi lo porta non è più casto. Le perle significano lagrime; l' opale parta sventura.
La regina d'Inghilterra è la sovrana che possiede i più bei diamanti, fra i quali il kohinoor, che finora è considerato come la più fulgente fra le gemme. La regina Margherita è, come tutti sanno, innamorata delle perle. Ne possiede una collana di centoquaranta dalla quale non si separa mai. Anche l'imperatrice di Germania ha magnifiche perle; e una celebre collana di 186 perle nere fu ereditata dall'arciduchessa Valeria dopo la morte dell'imperatrice Elisabetta. L' imperatrice di Russia ha un tesoro notevole per il valore storico e la lontana provenienza delle sue gemme. Ogni nascita nella famiglia imperiale ne accresce la ricchezza, poichè lo Czar festeggia l'avvenimento col dono di brillanti e smeraldi. Si dicono miracoli dei gioielli delle principesse orientali, ma non è dato ad alcuno di ammirarli, ed essi scintillano nei chiusi harem tra i profumi e i vapori inebrianti, fra i veli del mistero.
IL LINGUAGGIO DEI FIORI
Già accennai in un passato capitolo all' importanza che hanno i fiori nella vita femminile. Importanza per l'affinità che la donna sente fra sè e le silenti e profumate creature della terra: importanza per la vaghezza del naturale ornamento che le forniscono, per le memorie d' amore e di dolore che le suscitano; per la gentile e consolante occupazione
che le dànno e infine per l' espressione loro, così viva, così efficace, ch'essa ne trae argomento di buono o di cattivo augurio, ed affida loro i messaggi più intimi, più teneri e trepidi del suo cuore. Quando le parole mancano soccorre un fiore. È il primo segno di predilezione che il giovanetto offre alla fanciulla, è la prima risposta di consenso di lei. È il timido araldo della riconciliazione, l' ideale suggello di pace, il muto grido della passione ribelle ai divieti, lo spasimo d'un addio senza ritorno....
Ogni donna trova di questi fiori parlanti nella sua vita: fiori che sanno il suo più dolce e triste segreto, il suo più inconsolabile dolore. Ogni fanciulla ama ornarsi d'un fiore come di un simbolo: rose nei giorni lieti, violette nei giorni in cui l' amore timidamente batte alla sua anima come l'aprile alle porte del mondo; crisantemi quando l' amore e la speranza sono morti, viole del pensiero quando l' amore vive fedele....
E per il ricordo e per la speranza, segno qui la espressione dei fiori più conosciuti.
L'acacia, il grappolo candido dall' acuto profumo indica : Amor platonico — forse perchè è così alto che non si può cogliere... L'Anemone, il leggiadro fiore che piega, significar Abbandono di sè medesimo. L'Aquilegia, che ha la forma d' un campanellino e ricorda il carnevale, significa: Follia. L'Arancio, il puro fiore delle spose : Verginità. L'Astero o margherita chinese, indica : Eleganza senza sfarzo. — L'Azalea: Tutto per l'amicizia. L'Altea, il grande fiore ingenuo, vuol dire : Dolcezza. La Palla di neve significa : Seduzione; il Botton d' oro : Ricchezza ingannevole; la Begonia : Amor supplicante. Il Basilico
che adorna le povere stanze indica infatti : Modestia
povera. Il Biancospino, l' araldo della primavera,
dice: Dolce speranza; la rossa Bocca di Leone:
Ferocia, e la bianca: Superbia. La Camelia non
esprime, come si crede, aridità, ma Costanza negli affetti.
Se è striata : Bizzarria, se è rossa : Ardore, se
rosa: Giocondità. La Campanula significa: Desiderio
di vedere il proprio bene; il Caprifoglio: Vincolo d'amore;
il Ciclamo, il mio fiore prediletto, dice una
cosa per me vera, dice: Solitudine....
Il Crisantemo esprime: Lagrime, e la Cicuta: Perfidia.
Il Colchico così dolce nei prati in autunno ha
una parola crudele: Impostura. Il volubile Convolvolo
indica : Civetteria, e la Bella di notte: Allegria
breve. La candida ed odorosa Cardenia significa :
Bellezza e candore. La Dalia bianca: Sterilità, la rossa:
Abbondanza; l' Edera, ognuno lo sa: Attaccamento
eterno. L' Elianto o girasole : Adulazione; l' Eliotropio :
Abbandono, infatti il suo profumo è lieve come
un sospiro. L' Erica significa : Sciocchezza; il Fioraliso:
Vera amicizia; la fucsia rossa: Cordialità; la
bianca : Tenerezza; la Gaggia bionda come la testina
d'un bimbo esprime: Ingenuità. Ecco i Garofani,
i forti e bei figliuoli d'estate; il roseo significa
Amor delicato, il bianco : Amor puro, il rosso: Amor
vivo, il garofano screziato: Poesia, il garofano cupo:
Amor concentrato, il giallo: Amor bizzarro. Il Gelsomino
indica : Gentilezza; il Geranio sanguigno: Presunzione,
il Geranio screziato : Orgoglio, il Geranio
edera : Troppo sentir di sé. Il Giacinto semplice significa:
Umanità; doppio: Gelosia. Il Giglio, è noto:
Castità; la Ginestra: Amor della famiglia; la Giunchiglia :
Lunguore; il Gladiolo : Spontaneità; l' Iris
fiorentina : Sensibilità; il fior di lino : Vittoria, e il
fior di lavanda: Silenzio. L' Oleandro rosso esprime;
Antipatia, bianco: Insofferenza; il Lilla, dal soave
odore dice : Prime agitazioni d'amore. Il Luppolo :
Antipatia; la Miosotide: Ricordati di me; la Maggiorana:
Consolazione; la Magnolia: Bellezza superba;
la Malvarosa: Fecondità; il Mandorlo che apre spesso
troppo presto le sue fragili corolle: Mente stordita.
La Margherita di giardino dice: Giovinezza, e quella
dei prati : Bontà. Il fior di Melograno indica : Il
burbero benefico; la Menta: Saggezza; il Mirto :
Amore; il Mughetto : Ritorno al bene; il Narciso :
Vendetta d'amore; il Nasturzio : Fiamma d'amore; la
Ninfea: Sterilità. L'Ortensia rosa significa: Freddezza,
l'Orchidea comune: Ingegno; l'Orchidea macchiata :
Intelligenza superiore; il Papavero : Scempiaggine;
il fior di passione, o Passiflora : Tortura dell'anima.
La Peonia indica: Vergogna; la Pervinca: Amicizia
durevole; la Primula: Adolescenza; il Ranuncolo: Malinconia;
il Reseda : Inesperienza. Eccoci alla regina
dei fiori, alla rosa. Muschiata dice : Amor capriccioso;
gialla o the : Amor ingrato; incarnata : Bellezza
senza orgoglio; rossa: Amore ardente; selvatica: Piacere.
Il ranuncolo esprime: Poca sincerità; la Scabbiosa
o Vedovella: Abbandono; la sensitiva: Pudore;
la tuberosa: Ebbrezza voluttuosa; il Tulipano: Amore
violento; la Verbena significa : Sincerità d'affetto; la
Veronica: Compatimento; la Viola del Pensiero: Pensate
a me; la Violaciocca, se bianca: Cuore instabile;
se rossa: Volubilità; se gialla: Poca fermezza d'affetti,
una variazione della stessa triste cosa. La
Viola mammola, come tutti sanno, indica : Modestia;
doppia : Bellezza modesta; bianca: Candore; la Zinia
dice la cosa più crudele a chi ama : Lontananza.
LE LETTERE DELLE SIGNORE
Dal fiore il pensiero vola alla lettera, che spesso lo reca da cuore a cuore, da labbro a labbro, profumandone la carta come l' amore che lo getta e l'amore che lo accoglie. Gentili lettere femminili, ben vi conosco poichè così frequenti venite alla mia solitudine per consolarla di carezze spirituali. E non solo dalla calligrafia, ma dalla carta, dal-l' inchiostro, dalla ceralacca, dal profumo, si intuiscono tante cose : abitudini, posizione sociale, vanità, bontà, civetteria, semplicità....
Ecco le lettere delle signore e delle signorine eleganti, modelli di moda, ma poca personalità: carta ruvida, pesante, dall' orlo sfrangiato : inchiostro violetto, calligrafia alta e angolosa : profumo d' iris o di violetta : suggellate con ceralacca d'oro dove è impresso uno stemma o un monogramma.
Ecco le lettere delle adolescenti : carta piccola, gaia, in tutti i più delicati colori dell' iride : celeste, rosa, viola, giallo, verdino : scrittura da scolare, che hanno sempre dieci in calligrafia : profumo di eliotropio : ceralacca d' ogni colore e qualche volta un fiore, una vedutina ingommata dove la lettera si chiude. Care letterine buone, che tante dolci parole mi portate, tanta energia infondete al mio lavoro coi vostri entusiasmi, le vostre espressioni, le vostre carezze figliali, io vi serbo tutte in grossi pacchi come il mio più prezioso trofeo di vittoria.
Ecco le lettere delle signore affaccendate : insegnanti, professioniste, padrone di casa e madri di famiglia : sono forse le più personali, sebbene la carta e la calligrafia non differiscano molto : carta
comune bianca, o leggermente azzurreggiante, sottile, in modo che una busta possa contenere all'occorrenza anche cinque fogli, calligrafia rapida, viva, non bella, ma chiara e spontanea armonizzante coi pensieri, coi sentimenti che esprime. La busta non reca suggello, non si aveva tempo di farlo; è una busta modesta, come la carta, qualche-volta diversa, una busta colorata, commerciale.
Ecco le lettere delle intellettuali : la carta è semplice, ma spesso reca un motto in un angolo, un emblema sul suggello ; e ognuna dimostra le tendenze,
le aspirazioni, o romantiche, o fiere, o scettiche,
o appassionate, della individualità muliebre che rispecchia. E le lettere delle scrittrici? Io conosco la calligrafia di tutte le autrici d' Italia, da quella maschile di Matilde Serao alla piccola scrittura rattrappita di Neera che però ha una bella firma ; dalla calligrafia larga, chiara, simpatica di Ada Negri alla calligrafia minuta e delicata di Elda Gianelli ; dalla calligrafia piena di slancio, come i suoi versi della povera Vittoria Aganoor a quella appuntita in inchiostro violetto di Térésah; dalla calligrafia vigorosa di Grazia Deledda alla scrittura molle di Luigi di S. Giusto. E tante e tante altre che sarebbe troppo lungo qui enumerare. Molte di queste lettere che serbo con compiacenza sono pagine squisite di grazia, di arguzia, di sentimento, d' idealità, di poesia, ma in generale tutte le lettere femminili, anche le meno sapienti, hanno un profumo di gentilezza, una spuma di vivacità, una punta di finezza che pare siano speciali all' anima della donna. E giustamente Angelo De Gubernatis osservò che « nella letteratura espistolare sono generalmente
le donne che portano il vanto ; giacchè se appariscono qualchevolta artificiose e poco simpatiche quando scrivono per il pubblico, esse si rivelano incomparabili nel parlare intimo, nei loro monologhi profondi e delicati, sopratutto nella loro corrispondenza »
IL LINGUAGGIO DEL FRANCOBOLLO
L'ultima forma di linguaggio simbolico scoperta è quella del francobollo. E il più facile da imparare, tanto più che non trae il suo significato dal colore, ma dalla posizione che occupa sulla busta e dal modo con cui è attaccato. È quindi un alfabeto convenzionale molto prezioso e molto.... pericoloso! Per esempio, il francobollo a destra, in alto, come si applica generalmente, significa calma perfetta, dunque.... niente : ma se lo applicate capovolto, sempre a destra, significa nientemeno che la domanda di un convegno.... A sinistra è la risposta : sì o no ; sì, se è dritto; no, se è rivoltato. Sotto l'indirizzo significa Tenerezza; dietro la busta Segreto d' amore ; collocato di sbieco, in modo che abbia un punta in alto, vuol dire : Volubilità; due francobolli alle parti opposte della lettera, l' uno a destra e l' altro a sinistra esprimono: Il mio cuore è impegnato; ma una fila di francobolli lungo il margine superiore dice: Per sempre tua!
IL FAZZOLETTO
Anche il fazzoletto sostiene una parte principale nella vita muliebre, e la donna, per riconoscenza, da indumento pratico lo ha elevato al grado di gingillo, d'accessorio ricco e grazioso. Quale differenza
tra i fazzoletti che usavano le donne di un tempo e i nostri ! Io rivedo spesso un quadro del Guercino nel quale una bionda Maddalena dagli stupendi capelli, inginocchiata a piedi della croce, si terge il pianto con un fazzoletto bianco che ha le dimensioni di un grande tovagliolo.... Così dovevano essere i fazzoletti delle dame del seicento; e di poco più piccoli, sebbene di tessuto più fine, forse, e ornati di merletto, i fazzoletti che le svenevoli marchese dal toupé incipriato laceravano nelle crisi di dispetto amoroso o portavano alle nari profumato di acqua di Melissa per non svenire.
Le nostre nonne possedevano nel loro corredo dei fazzoletti ricamati a mano o adorni di Malines, di Bruxelles, di Chantilly, che tenevano in mano quando si recavano alla passeggiata o a far visite. Di quei fazzoletti, di proporzioni ancora ragguardevoli, le fortunate nipoti fanno colletti, veli da poltrona, plastrons, guancialini da spilli, davanti di camicette, sproni di camicia. L'abolizione assoluta delle tasche ha ridotto i nostri fazzoletti alle minime proporzioni, anche per i fazzoletti da uso, che bisogna nascondere fra le pieghe delle camicette, nella cintura, entro le maniche, nelle taschette esterne, dovunque si possa trovargli un ricetto. Per uscire si sono adottate le borsette, i portafogli, d' inverno c' è il manicotto. E con le toilettes di sera si nascondono bene nella scollatura o nella cintola.
I fazzoletti di lusso sono ali di farfalle, pètali di fiore, ritagli di veli di fata; qualche cosa di poetico, d'immateriale, quasi. Assortiti all' abbigliamento di seta e di trine, di batista e di ricami aerei, rappresentano oramai un complemento necessario all' eleganza
femminile di cui riassumono la raffinatezza, la indicano anzi, insieme al profumo.
Vi sono i fazzoletti mistici, tutti candidi, trinati, che la comunicanda e la sposa portano all' altare avvolgendo in essi gli steli dei fiori simbolici, vi sono i fazzoletti dall'orlo nero, che si bagnano di pianto; vi sono i fazzoletti casalinghi dal semplice orlo a giorno che la bimba toglie alla mamma per farne il lenzuolo alla bambola, e che la mamma solerte adopera per le cure dei bébé: ora è una gamba sbucciata che il provvido fazzoletto avvolge : ora un ditino punto, ora una testa ammaccata da un urto : e si profumano d' arnica e d' aceto e s' intridono nell'acido borico, i buoni fazzoletti protettori. Vi sono i fazzoletti mondani, rosa, celesti, lilla, gialli, che passano spesso come pegno d'amore nelle tasche di qualche galante cavaliere che può farsene una collezione svariatissima.... vi sono i fazzoletti tragici, che si macchiano di sangue ; i fazzoletti rivelatori dalle cifre traditrici, discendenti dal fazzoletto fatale di Desdemona, ma non sempre innocenti come il loro progenitore.
Ogni donna, io credo, che abbia un poco vissuto trova, risalendo il corso delle sue memorie, l' eloquenza di uno di questi nonnulla che recano il suo nome e il suo profumo. Ella ne pensa alcuno, rimasto reliquia discreta nella tomba di qualche amore sepolto in esso come un sudario : qualche altro perduto, ma forse raccolto da una segreta devozione : pensa a quelli che ricevettero le sue più cocenti lagrime e seppero le sue ansie più vive, i suoi tormenti più sottili, le sue delusioni più profonde. E pensa anche, ahimè ! alle lagrime future che qualche ancor ignoto fazzolettino accoglierà...
LA DONNA E LA MODA
Donna e moda ; ancora due vocaboli che non si possono disgiungere. Anche intelligentissima, anche di carattere serio, anche d' alti ideali, ma parlate di moda ad una donna ed essa vi risponderà tosto, come un istrumento percosso nella sua parte più sensibile. Del resto è il discorso più opportuno da avviare in certi casi ; è, direi, il discorso diplomatico femminile, quello che serve all' affiatamento, quello che impedisce la maldicenza, che allontana ed evita le espansioni, che aiuta a nascondere il fondo del proprio pensiero a chi non merita di conoscerlo ; che accomuna signore d' intelligenza, di educazione e d' ambiente diverso : giacchè tutte, dalla piccola borghese alla gran dama : dalla intellettuale alla bella ignorante : dalla fanciulla sbocciata appena alla signora che sfiorisce, tutte ci interessiamo, ci occupiamo anzi, della moda. Non so più chi scrisse che nel prepararsi a un atto qualunque della vita che richieda una comparsa ufficiale, l'uomo si domanda sempre : « Che cosa dirò » ? E la donna invece : « Come mi vestirò » ? Infatti l'abito è per la donna una questione essenziale : un motivo importante per accettare o per rinunziare d' intervenire; mezzo efficace di vittoria o di sconfitta....
Quando s' indossa un abito per la prima volta, funzione sempre poco simpatica, per diminuirne la banalità non c'è che da pensare quanto possa divenirci eloquente e caro quell' abito che al presente non ci dice nulla ; di quante dolcezze possa diventare il confidente, di quante ore aspettate, sperate, il testimone. Chissà che cosa sarà avvenuto quando avremo finito d'indossare quell' abito ? chissà quali
cambiamenti in noi e intorno a noi? Giacchè esso ci accompagnerà per un certo tratto della vita, e non v'ha periodo, per quanto breve, scevro totalmente di gioie o di amarezze. Amiamoli dunque questi involucri che non sono soltanto parvenze di vanità; e senza farne il pensiero dominante o il fine principale dell' esistenza, non dimentichiamo mai di occuparcene con cura e con discernimento. Giacchè se fa cattiva impressione di vedere un uomo con un colletto passato di moda, con un paio di guanti stridenti, con una cravatta troppo bizzarra, fa peggior impressione una donna che porti le maniche larghe quando s'usano strette, i cappelli piccini quando s'usano grandi, e così via.
Ora poi la moda è arrivata a tal segno di raffinamento e di dettaglio che una signora non può essere brutta, assolutamente brutta, se proprio non si ostina a rimanerlo. Le fogge, pur essendovene una dominante, sono molteplici e si può preferire quella che si addice di più alla propria persona; e la stessa cosa è dei colori, delle guarnizioni, dei cappelli, delle pettinature.
Carmen Sylva, una delle donne più artiste, più intelligenti e più elevate del nostre tempo, si occupa con cura del proprio abbigliamento : e scrisse :
«La toilette n'est pas une chose indifférente. Elle fait de vous un object d'art animé, à condition que vous soyez la parure de votre parure».
IL LINGUAGGIO DEI NASTRI
Il linguaggio dei nastri ci viene dal medioevo.
Quando i guerrieri partivano per le rischiose imprese,
le donne mettevano qualche cosa di gentile
sulle corazze d'acciaio, sugli elmi che cingevano la fronte valorosa, alla guardia delle spade impugnate per la buona causa. Fu allora che i nastri divennero eloquenti e molte cose si potevano indovinare dal colore ch' essi portavano a tracolla.
I nastri bianchi significavano felicità. Il cavaliere che li portava ignorava i tormenti del dubbio, le tristezze del disinganno. L' argento esprimeva la gelosia: «Amo ma temo, amo ma soffro, amo ma mi consumo.... » Il rosso indicava ira, superbia, sete di vendetta, o nobile orgoglio, e desiderio di cose grandi. L'azzurro rivelava cortesia: il verde letizia, amicizia sincera, speranza. Il giallo era un colore penoso; diceva la fierezza chiusa in sè medesima; l' impazienza, l' incertezza, il sospetto. Il cavaliere che portava la tracolla d' oro dimostrava animo costante, magnificenza, cortesia inalterabile. Il lilla diceva : « Ricordati »! L'amaranto era il colore dell'indifferenza e della freddezza: il fulvo esprimeva passate tempeste : il color paglia secca indicava diffidenza e disinganno. Nell'olivastro era l'invidia della felicità altrui, nel verde bruno la segreta speranza. E il nero diceva: « Tutto è finito »!
I PROFUMI
I profumi non hanno un linguaggio emblematico, ma possono essere per qualche fine osservatore indizio sapiente dei vari caratteri della psiche femminile. Le donne sensuali amano i profumi acuti e ne usano eccessivamente. L'Opoponax, il Cuir de Russie, il Peau d' Espagne, il Chypre le fanno somigliare a quei fiori che uccidono. Le donne appassionate preferiscono i profumi penetranti, e usano
il Trèfle, il Mille-fleurs, il Tuberose, l' Ilang Ilang, il Gelsomino. Un tenace ricordo d'amore è per esse avvinto all'una o all'altra di queste fragranze, come per le donne sensuali il ricordo d'una ebbrezza; e par che l'aroma dello stesso loro affanno segreto sia quello che odora sulla lor traccia. Le donne pure, dalla tenerezza dolce, cercano i profumi miti com' esse : l'eliotropio, la violetta, il reseda, l' iris, il giacinto. La grande delicatezza del loro profumo esprime che esse lo serbano solamente a chi le ama e a chi amano. La donna che ha rinunziato all'amore e alla ammirazione non fa uso di essenze, ma d'acqua di toilette, così ella odora solamente dopo il bagno e i lavacri mattutini. Acqua di lavanda, acqua di verbena, acqua di Colonia, Athénienne, ella ha scelto per sè questi profumi, per il suo istinto naturale di finezza e di pulizia, non per farsene un'atmosfera o un'arma di seduzione.
La marchesa di Maintenon faceva sfogliare a centinaia gigli e magnolie nell'acqua del suo bagno, e i bagni pieni di pètali di rosa erano in grande favore presso le mondane del settecento. È noto che i romani della decadenza spendevano in profumi somme favolose, e le donne della Grecia antica abusarono talmente dei profumi che ad Atene, sotto Solone, per un certo tempo si dovettero proibire con una legge. Se ne cospargevano perfino le piume dei colombi, così quando si levavano a volo lasciavano ricadere sugli Ateniesi una fine nebbia odorosa di cui si impregnavano abiti e mantelli.
Profumarsi troppo, ai giorni nostri, è indizio di poca finezza, ma un po' di profumo che sia come l'indizio materiale della nostra personalità è una
squisitezza a cui una signora elegante non può rinunciare. Conviene però che il profumo adottato sia sempre quello, per gli abiti, pel fazzoletto, per i capelli, per la biancheria, per la carta da lettera, per i guanti. Si useranno dei piccoli sachets che si possono anche cucire nella fodera dei vestiti. Per gli abiti di stoffa spessa e di colore resistente, per i capelli, per l'atmosfera delle stanze, si può usare il polverizzatore.
OMBRELLINI E VENTAGLI
Se ad una donna ricca ed elegante venisse la bizzarria di conservare, classificati e ordinati in un luogo apposito, tutti gli ombrellini e tutti i ventagli che ha adoperato nella sua vita : dai primi agli ultimi, che collezione interessante per la storia della moda e per i ricordi sentimentali ! Non potendo variare la forma, negli ombrellini in ispecie, si é variato nelle dimensioni e nella materia. Dagli ombrellini minuscoli di seta verde dal manico d'avorio delle nostre bisnonne, che per difendersi meglio dal sole li torcevano con una molla e talvolta li adoperavano così per ventaglio, alle grandi cupole di taffetà e di merletto dei nostri giorni, quale differenza! Per quante dimensioni sono passati gli ombrellini, e quanti capricci vi hanno lasciato su la loro impronta! Si sono fatti con la fodera, senza fodera, con la stoffa a due dritti, unita, a disegni grandi, a disegni piccoli, a righe circolari, e a righe verticali, ornati di merletto, poi di molti merletti sovrapposti, poi d'un solo merletto col trasparente, e, ancora, di garza, di veli, di étamine, di mussolina, di satin, di moire.
La vita moderna a base di praticità, pur rispettando ogni raffinatezza ed ogni stravaganza, ha creato l'en-tout-cas che non tramonterà mai più : il simpatico e severo ombrellino così snello, così leggero, così poco ingombrante : che chiuso passa quasi per un anello : aperto resiste al sole, alla pioggia, alla polvere e al vento; che va con tutti gli abiti e in qualunque stagione. Sono i primi ad aprirsi in febbraio, gli ultimi a chiudersi in novembre. Sono anche gli ombrellini dell' autunno dell'età, gli ombrellini della rinunzia alle pompe mondane e giovanili, gli ombrellini delle mamme buone, delle signorine serie o giudiziose, delle donnine attive e previdenti, delle creature malinconiche; gli ombrellini che si vedono errare solitari nei pressi di qualche chiesa, in qualche viale appartato, fra le siepi dei camposanti.
I grandi ed eleganti ombrellini di colore acceso, fiammante, nudo o velato dalle vaporosità di un merletto, fanno una civettuola aureola a una giovane e graziosa testa muliebre. Certi visi pallidi di bruna al riflesso purpureo di un ombrello color fuoco sono molto attraenti; come a un fresco volto di bionda i riflessi azzurri o verdastri o violetti, o semplicemente uno sfondo bianco, sono assai favorevoli. I profili sugli ombrellini spiccano con una finezza di cammeo, e quelle tinte di liquida gemma alterano fantasticamente ma gradevolmente il colore naturale della pelle.
Nei ventagli, la fantasia si è sbizzarrita anche più. Infatti questo grazioso accessorio si presta ad ogni raffinamento del gusto e dell'arte e può costituire da solo un delizioso compendio di gentilezza, di
rarità, di memorie. E perdonate voi il mio insistere blando e dolente su questa nota sentimentale. La ricerca dello spirito nelle,cose, l' interpretazione del loro linguaggio è sempre stata una delle mie innocenti manie, uno dei miei piaceri intellettuali più squisiti. Per questo adoro i ventagli, i confidenti discreti e sapienti di tante piccole e grandi debolezze, di tante piccole e grandi dolcezze; delle vanità nostre, di qualche ora di spensieratezza vissuta lietamente, di qualche ora di noia sopportata coraggiosamente; di tutte le nostre nervosità, di alcun probabile eroismo. Quante lagrime e quanti sorrisi i ventagli, dal tempo del re Sole in qua, hanno protetto e celato! E che prezioso aiuto per gli sbadigli, per le piccole confidenze, per gli imbarazzi, per le ilarità proibite ! Per questo, forse, la donna predilige tanto il fedele e facile ausiliario, e la sua mano ha per lui carezze così dolci, e non se ne separa mai nè d'inverno nè d'estate, variandolo solamente. I morbidi e profumati ventagli di piuma, i vaporosi ventagli di velo dipinto o incrostato di lustrini, gli squisiti ventagli di merletto, gli artistici ventagli di stile, si aprono solamente alla chiara luce artificiale dei luoghi di convegno mondano, o nella penombra di qualche salotto nelle ore d'eleganza degli ultimi giorni della vita estiva cittadinesca: per i bagni e per la campagna v'ha poi tutta la moltitudine dei ventagli giapponesi che gli amici riempiono di versi madrigaleschi e le amiche di sentenze melanconiche e romantiche. Ma io non disprezzerò l'uso poetico e geniale che ci permette di recar sempre con noi la parola d' una persona cara, la traccia della sua mano, il profumo del suo
pensiero, che dà per noi sole al rustico ventaglietto da pochi centesimi un valore inestimabile. Sarebbe interessante la collezione di tutte le poesie che i ventagli hanno ispirato e raccolto tra le loro pieghe di carta, ma non facile, forse, per la legittima gelosia delle graziose proprietarie. Come modesto saggio di questa « letteratura del ventaglio » ecco una prosa poetica che io scrissi su un ventaglio destinato ad una Fiera di beneficenza.
« Ave, ventaglio ! confidente discreto e sapiente di piccole e grandi debolezze, di piccole e grandi dolcezze; fedele e lieto ausiliario delle grazie giovanili, provvido scudo alle malinconiche offese degli anni! Fragile, bizzarra compagine che come una farfalla batti l'ala ai raggi luminosi e al freddo la raccogli — vela che lentamente guidi verso il sogno e che talvolta la passione infrange.... Ave, ventaglio, scettro e poesia femminile! »
LINGUAGGIO DEL VENTAGLIO
Un così intimo e fedele amico nostro doveva divenire eloquente, non vi pare ? E lo è divenuto, infatti. Anche al ventaglio abbiamo appreso un linguaggio : un linguaggio psicologico, amoroso, convenzionale come quello dei fiori, dei colori, dei francobolli... Una lingua di non molte parole, certo, ma così espressive che possono ben tener vece di un lungo discorso. Attente dunque.
Il ventaglio tutto aperto e fermo contro il petto significa : « Perchè non vi decidete? il mio cuore è libero ». Il ventaglio agitato lentamente vuol dire : «Vi voglio bene ». Agitato con forzar «Vi amo con passione ». Chiuderlo rapidamente con un colpo
solo indica : « Inutile seccarmi, il mio cuore è impegnato ». Chiuso lentamente, stecca per stecca, denota: « Chissà? Sperate.... » Chiuso, contro le labbra significa : « Non posso amarvi ». Passato da una mano all'altra : « Vi aspetto domani». Tutto aperto sulla bocca: « Siate prudente ». Chiuso e abbandonato sulle ginocchia o sul parapetto del palco dice: « Il mio cuore è morto, non vi amo più.... »
LE RIDICULES
Un altro oggetto eminentemente femminile che ebbe gran voga, che passò ed è ricomparso con le mode del primo Impero è la ridicule. Anche il nome è rimasto lo stesso, e non so spiegarmene l'etimologia. Ridicola perchè la borsetta tanto comoda ? Il piccolo sacco provvidenziale che accoglie ecletticamente le cose più disparate : fazzoletto e cioccolatini, un lapis e i guanti, un libretto per le annotazioni e un braccialetto che si ha paura di perdere, la chiave di casa e l'orario delle ferrovie, la cipria e l' orologio ? Non so se al tempo della loro invenzione, le « ridicules » avessero l' ufficio di sostituire le tasche, come l' hanno ora, ma certo furono di grande soccorso a quelle nostre ave, come a noi. Allora le facevano grandissime, della stessa stoffa del vestito, e si chiudevano con lunghi nastri : ai nostri tempi si sono fatte nere, di preferenza, o molto scure, di raso con qualche fiore dipinto, di amoerro, di faglia; ricoperte di trina grossa, nera, di ricami a perline. Ora però si torna all'uso antico e si copiano fedelmente le autentiche ridicules dell' Impero. Si fanno anche in pelle di camoscio di color naturale o bianca, per l'estate; e per teatro si creano dei veri
gingilli in seta a tinte languide e spumeggianti trine candide o color avorio. Sono destinate a contenere il cannocchiale, la bomboniera, il fazzoletto di merletto, il programma, la scatolina d'argento della cipria e l'astuccio degli spilli.
Nelle uscite mattutine in città, a piedi, per fare piccole commissioni, le « ridicules » sono deliziose. Contengono il portamonete, il libretto degli indirizzi e il pro-memoria, campioncini di stoffe, gioielli da accomodare, e infine le minute spese che si fanno. Giacchè queste borsette magiche sembrano piccole ma contengono tutto quanto vi si fa entrare e quando, a caso, le rovesciamo sulla tavola, gli altri si meravigliano della loro misteriosa capacità. Nei viaggi affidiamo loro quanto occorre aver sottomano e che sarebbe troppo incomodo chiudere nelle grandi valigie: denaro, chiavi, giornali, lapis, guanti di ricambio, ventaglio, fialette, cioccolatini.... E se andiamo a far compagnia a qualche amica convalescente o ci rechiamo a passar la sera da qualche altra, è sempre la impareggiabile « ridicule » che accoglie il libro, il ricamo, il pezzo di musica, il giornale di moda, il lavoro a maglia.
L' esame di una di queste borsette che serbano il profumo della signora e non di rado qualche più o meno innocente segreto di lettere e di fiori, fornirebbe materia per qualche fine pagina a un psicologo-dilettante. Potrebbe designare il grado d'eleganza, le abitudini, le tendenze, e quasi l'età della proprietaria, giacchè non si troverà un paio d' occhiali nella borsetta di una donna giovine nè un piccolo specchio in quella d'una signora matura. Recentemente le « ridicules » di stolta hanno ceduto
il campo alle borsettine di pelle a cerniera, di tutte le tinte e di tutte le forme, e a quelle più ricche di maglie d' oro o d' argento. Ma le ultime arrivate sono più piccole, c' entra appena il fazzolettino e un minuscolo portamonete; le suggestive, le misteriose, le più personali e interessanti rimangono sempre le « ridicules » che forse dalle loro progenitrici raccolsero e serbarono il profumo più acuto della femminilità.
IL MANICOTTO
Il manicotto era, qualche anno addietro, il precursore delle « ridicules » giacchè le signore in mancanza di tasche, s' ingegnavano a rimpinzarlo degli oggettini che ingombravano le loro mani, ma oltre che nel manicotto erano molto meno sicuri; avveniva che le mani stesse non trovassero più posto, scacciate dai numerosi inquilini.
Fra i miei rari tentativi drammatici ho un « lever de rideau » intitolato Il Manicotto, che è infatti il vero protagonista, perchè dallo scambio di manicotto fra due signore, l' una delle quali lo ha sbadatamente lasciato in casa d' un giovinotto, si formano una quantità di equivoci. E si formano appunto perchè nel manicotto, in balla degli amici del giovine, stanno una quantità di cianfrusaglie che dànno pascolo ai loro maligni commenti.
Sempre per il ritorno all'antico, oggi i manicotti si rifanno grandi, così da affondarvi metà del braccio, dopo averli fatti così piccini che vi entravano solamente le punte delle dita. E nei manicotti eleganti si mescola la pelliccia alla stoffa e alla trina con effetto grazioso. Vi sono poi dei manicotti che sono
veri gingilli, di chiffon, di merletto, di fiori, che hanno ogni ufficio fuorchè quello di riscaldare.
Ora i veri manicotti di volpe azzurra, di skunz, di martora, di zibellino, di lontra, di tutte le pelliccia più preziose, che si foderano di sete morbide e profumate, dove le agili mani si affondano voluttuosamente, sono quelli che dànno meglio la simultanea visione dell'inverno e della donna, la quale quando soffia l' arietta pungente vi affonda, con una mossa graziosa, il mento e la bocca e lo imperla col suo respiro ; che vi punta su con uno spillo i primi mazzolini di violette campestri offerte dai contadinelli; che se ne fa uno schermo ai primi soli quando non ha ancora ripreso l' ombrellino. E nella raccolta intimità d' un coupé che dolcezza attirare nel manicotto, fra le nostre mani, la mano dell'uomo che si adora, e in quella piccola prigione morbida, tepida e profumata, sentirne la stretta tenera e ardente!
IL GUANTO
Ma anche la spoglia che la sua mano riveste, attraverso alla quale tanti fremiti d'amore le sono comunicati, tante espressioni tenere manifestate, tanti convulsi addii significati in una stretta breve, anche il guanto la donna ama. Il guanto che si modella così strettamente alla sua mano da serbarne la impronta come una forma d' argilla, da costituire per l'amante il più caro e dolce ricordo. Nessun oggetto del nostro abbigliamento è così spirituale e materiale ad un tempo come il guanto che si può serbare, memoria tangibile d' un sentimento come d' un avvenimento : ideale e realtà insieme. Io so
d' una signora che serba tra i suoi ricordi più sacri i guanti candidi del suo abbigliamento nuziale ; e tra i suoi ricordi più dolorosi un altro paio di guanti neri che le rammentano un giorno, un'ora, un luogo indimenticabili. Un guanto rievoca tutto un avvenimento, tutta una catena di pensieri, tutto un ordine di sensazioni. I lunghi guanti bianchi, infilati sempre un po' nervosamente, ci parlano di ore mondane, del parapetto di velluto d'un palchetto mentre una musica divina ci invadeva l' anima e ne risvegliava appassionati accenti all'indirizzo d'un lontano, d'un perduto... ; a una sala da ballo, a un' ora d'innocente ebbrezza, mentre quel guanto bianco posava su un frak nero e soavi parole erano susurrate al nostro orecchio e ci trasportava un' armonia nella leggerezza d' un volo. Quell' altro guanto grigio ci ricorda un addio, triste come la morte, all' angolo di una strada; quel guanto oscuro ci parla di un' altra mano audace che cercò la nostra mano e la trattenne il tempo per confermarci quello che già sapevamo, per inondare l' anima di gioia. Ah quante volte un amore non conosce altra gioia che questa, preludio ed epilogo insieme ! Quante volte una stretta di mano è l'unico abbandono, l'unico possesso ! E allora la sottile spoglia, conscia della dolcezza profonda e fuggitiva, diventa a chi ha amato e desiderato e sperato indarno, qualche cosa di privilegiato che non guardiamo senza tristezza profonda e senza un intimo amaro orgoglio....
Il guanto non fece la sua apparizione che all'epoca del Rinascimento e furono l' Italia e la Spagna a produrre i primi campioni. Nel Medio Evo i guanti erano ancora molto primitivi, giacchè consistevano
in un paio di ruvidi sacchetti di cuoio in cui si chiudevano le mani nell' inverno. Più tardi Caterina de' Medici e la sua corte fecero uso di guanti elegantissimi ornati di ricami, pizzi, perle e pietre preziose. Il prezzo dei guanti di quell' epoca era addirittura favoloso.
Ai tempi di Luigi XIII un paio di guanti semplicissimi costava settanta scudi ; ma nonostante il prezzo elevato il consumo era enorme. Un uso molto in voga alla Corte, allora, uso che si estese poi alle famiglie nobili, consisteva nel far girare attorno dopo le cene un bacile contenente varie paia di guanti profumati che le signore sceglievano, secondo il loro gusto. Nei secoli XVII e XVIII il portar guanti era considerata una assoluta mancanza d' eleganza e di riguardo. Gli aristocratici tenevano i guanti piegati nella mano che reggeva il cappello. Di quell'epoca ci rimangono però dei veri capolavori del genere. Pochi anni fa fu venduto a Londra un guanto della regina Anna ricamato in oro con merletti dell'epoca, per quattromila lire. E settemila fu pagato un guanto veneziano del secolo XVI adorno di risvolti dipinti a guazzo.
Ricordate il sonetto del Petrarca per il guanto di Laura ? Un giorno la donna bella e schiva lasciò cadere uno dei suoi guanti di seta. Petrarca lo raccolse agognando serbarlo come una reliquia del suo amore ardente e infelice ; ma la donna non lo consentì ed egli dovette restituirlo.
« Candido leggiadretto e caro guanto
Che copria netto avorio e fresche rose,
Chi vide al mondo mai sì dolci spoglie ?
Così avess' io del bel velo altrettanto.
O incostanza dell' umane cose !
Pur questo è furto, e vien ch' i me ne spoglie ».
I GREMBIULI
Un grembiule di ragazza è nei ricordi di ogni primo amore virile. Sia il grembiule nero di una sartina o di una collegiale, il grembiule celeste o roseo d' una cuginetta, il grembiule scarlatto d' una kellerina o il grembiule bianco d' una cameriera, il grembiule a nastri d' una signorina amica o d'una vicina di villa, anche questo accessorio, questo complemento dell' abbigliamento muliebre, ha un' eloquenza sentimentale, galante e profonda. Le fanciulle accrescono la loro grazia giovanile con questo indumento che adorna il loro abito da casa, e le variazioni sull' unico tema sono fantastiche ed infinite. Da quelli piccini di trina e nastro per servire il thè nel salotto della mamma o sulle terrazze dei villini, a quelli di mussolina « all' educanda » per fare i còmpiti o il tirocinio di piccole massaie, i modelli sono numerosi. Per la primavera, la stagione delle passeggiate in campagna o delle lunghe soste in giardino, sono graziosi e adatti i grembiuli di foulard o di satin a fiorellini, fatti di un sol pezzo di stoffa lungo circa due metri e largo uno: tutto diritto, increspato al collo intorno a cui si sostiene con un nastro, e rialzato un poco sotto la cintura in modo da formare una piega profonda chiusa ai lati e fissa nel mezzo, che fa le funzioni di tasca. Si stringe alla vita con un altro nastro, e nella tasca si può riporre il libriccino che si legge passeggiando, i guanti, i fiori che si colgono, il lavoruccio a crochet — così diventa una specie di bisaccia provvidenziale. Questi grembiuli si fanno anche con tre grandi fazzoletti a vivaci colori, uniti insieme.
I grembiuli portati dalle signore, mi garbano meno. I grembiuli dànno un tale aspetto di semplicità ingenua che una signora, se non è molto giovane e molto snella, non li può adoperare senza stonatura: i soli grembiuli permessi alle signore, sono quelli messi unicamente per salvar l' abito, per far qualche faccenduola, per giocare coi bambini; i grembiuli ampi, di lana nera o grigia che l'infanzia adora come tutte le cose che sanno di bontà e di vecchiezza; i provvidi grembiuli che asciugano le lagrimette, che si riempiono di balocchi, che si chiazzano di polvere e di fango, che servono così bene a far lo strascico legati alla cintola delle bambine; i grembiuli che restano nei ricordi del-l' età ignorante e lieta insieme al viso grinzoso d' una governante, alla dolcezza dei baci materni.
I COSMETICI
Ovidio, sovrano nella scienza amorosa, disse: « La donna che ama deve essere pallida, poichè il pallore è l' unico colore che le convenga ». E le dame romane usarono paste profumate e rare, quali l'halenium, il lomentum e l' alcionica che rendeva tersi e lucenti i loro volti. Tutt' una schiera di schiave era addetta alla toilette intima della dama. Si chiamavano cosmete, da cui derivò forse il termine cosmetici per indicare le pomate, le ciprie, le tinture, i profumi: i mille segreti d'abbellimento femminile.
Petronio, Ovidio, Properzio hanno scritto dei veri trattati sull' arte dei cosmetici, le pommades des Jouvence come li chiamano graziosamente i francesi; e Plinio cita diverse pomate per tingersi i capelli,
a dose di mirto, di cipresso, di peluria di frutti bolliti, di mallo di noci. Erano profumate di essenze orientali costosissime e si conservavano in scatole d' oro, d' avorio, di onice, di alabastro o di tartaruga.
L' arte dei cosmetici ai nostri giorni ha raggiunto un grado di perfezione insuperabile. I prodotti più fini ci vengono di Francia, dove se ne fa grandissimo uso. Nel paese della galanteria e dell' amore, le donne non vogliono invecchiare, e quando le loro guancie perdono la freschezza naturale esse la sostituiscono con una freschezza d' artificio. Un po' di bianco sul volto, uno strato di véloutine, una lieve tinta di carminio ai pomelli e alle labbra, ed ecco la dama ancora giovane, ancora attraente per l'ammirazione e per l'amore. In Italia i cosmetici si usano meno generalmente. Le signore si contentano di chiedere aiuto alla cipria, ma un velo di véloutine è tutta la concessione ch' esse fanno all'artificio, normalmente, almeno. Si sa che per qualche serata di teatro, per qualche ballo, qualche infrazione alla regola si può fare.
Ma la cipria, la cipria è la compagna inseparabile. Gli uomini la detestano, forse perchè le sue traccie sono facili e palesi sugli abiti oscuri virili, ma le donne l'adorano e non ne farebbero a meno per un tesoro. Sulla toeletta della gran dama come su quella della sartina si trova la scatola della cipria; quella della signora ricca sarà una véloutine da sei lire alla scatola contenuta in un recipiente artistico e prezioso; la cipria della fanciulla povera costerà una lira e sarà in una scatola di cartone; ma tutte due, al primo momento libero sguscieranno
nella loro camera e davanti allo specchio si passeranno il piumino sul volto. Quanti petti di cigno dànno la loro fine veste morbida e bianca per le guance femminili, migliaia di guance o fresche o avvizzite, o pallide o rubiconde, o pienotte o scarse, o liscie o rugose ! Quando viaggia la donna porta la cipria con sè, nella borsetta che reca in mano, per averla più presto; e se rimane un momento sola in vagone, ecco che presto trae lo specchietto, la scatola, il fiocco, e lo passa sul viso. Appena giunge all'albergo, cerca la cipria nella valigetta, se è invitata fuori a pranzo o per tutta la giornata, l' offerta che più gradisce dall' ospite è quella d'un po' di cipria a sua disposizione. Non è solo un abbellimento è un refrigerio: non è solo una civetteria, è il conforto delicato d'una carezza che lascia una soave traccia di freschezza e di profumo. Io credo che non vi sarà femminismo capace di distruggere la cipria ; giacchè essa troverà sempre per rifugiarsi un estremo baluardo dove indugi intatta la femminilità
Una mia amica, fidanzata, mi fece vedere un giorno una elegantissima borsetta in pelle di coccodrillo, donatole dal suo futuro sposo. Fra le piccole tasche, nell'interno, conteneva anche un comodo ripostiglio per la cipria, e la mia amica ne era molto contenta. Ebbene l' attenzione di quel giovane che aveva saputo così bene intuire questa piccola necessità, questa debolezza muliebre, e non la condannava, anzi, con indulgenza la secondava, mi parve un indizio di finezza e di superiorità da farmi concepire liete speranze per la sorte avvenire dell'amica mia.
I CAPPELLINI
Il cappellino è il primo sogno di vanità dell'adolescenza, (oh il ricordo d'un lontano cappellino bianco, guarnito di rose e di mughetti, ideale raggiunto !) è l' ultima debolezza dell' età matura. Il primo sogno, perchè dà alla bambina l' illusione di essere già una giovinetta da prendere sul serio e le è complice favorevole nell' arte di acconciarsi i capelli meno puerilmente, di allungarsi la gonna più di quanto la mamma desidererebbe. L' ultima debolezza perchè dà alla donna non più giovane o a quella che il dolore e la passione hanno precocemente avvizzita, un'altra illusione non meno pietosa, quella di rivedersi ancora per qualche ora della giornata come negli anni belli, e qualche volta per la sapiente disposizione d'un nastro, d'una ciocca, d'una tinta, d'un velo, meglio di allora....
Tante cose il cappellino nasconde o attenua misericordioso : scarsità di capelli, fili d'argento inopportuni, una pettinatura mal riuscita o scomposta. A tante cose rimedia un cappellino fresco e armonioso : a un abito troppo modesto, a una giacca di taglio un po' passato di moda, all' eccessiva severità di un costume o a qualche ardimento d'un altro. Ed è per questo che tutte le donne, anche le più assennate e disinvolte, anche le più forti contro le tentazioni della vanità, hanno una specie d' indulgenza verso il cappello e si fermano alle vetrine e ne discutono, e qualche volta anche si lasciano vincere a fare una spesa superiore allo stabilito o non assolutamente necessaria. Ma, ripeto, un cappello per una signora è una specie d'eloquente
riassunto. Può anche dare a qualche osservatore acuto indizî interessanti per uno studio psicologico muliebre.
Si potrebbe dire ad una donna : « Fammi vedere il cappello che porti e ti dirò chi sei ».
Tanto può rivelare un cappello di serietà, d' ingenuità, di finezza, d' incoscienza, di leggerezza, di semplicità, di contraddizioni, di corrompimento morale, di pedanteria, oltre il buono e il cattivo gusto. Nelle ore di lutto e di dolore, la donna si allontana da questo compagno di serenità e di piacere, o almeno ne esclude il sorriso dei colori e i capricci della forma. Il segnale del lutto più grave, quello della vedova, ci viene appunto dall' acconciatura del capo ridotta a una piccola cuffietta da cui scende come un manto il triste crespo nero.
Il cappello femminile ha pochi secoli di vita, lo direi anzi il più giovane dei nostri oggetti di vestiario, poichè sono meno forse di cento anni che ha acquistato importanza, e poche decine d'anni che è divenuto artistico e si è moltiplicato così esageratamente. Eppure questo più femminile dei nostri abbigliamenti è divenuto così pericoloso sovvertitore da impensierire perfino le autorità. Il bando dai teatri è stato decretato ai cappellini, pena di levarselo e mostrare una testa spettinata!
LA VELETTA
La veletta è un' appendice del cappello, appendice non necessaria, ma opportuna per preservare il volto dal freddo, dalla polvere, dal vento, dal sole, e per abbellire, anche. Infatti certi veli pare
non abbiano altro ufficio: per esempio quelli così detti « illusione » per sapiente antonomasia, perchè come le illusioni si lacerano subito, e attraverso ai quali il viso acquista una delicatezza gentile, una freschezza nuova, specie se lo avvolgono in una nube vaporosa. Anche i veli a rete contesti di fili fini come quelli che si vedono luccicare sui campi di grano nelle asciutte giornate estive, non riparano molto, ma dànno al volto morbidezza e leggiadria. E i tulle punteggiati di palline bianche come minuscoli bioccoli di neve, o neri come i capricciosi nèi settecenteschi che si posano all' angolo delle labbra, sulla guancia, sulla fronte, pieni di malizia e di suggestione ?...
Vi sono anche le foltissime garze o i fittissimi tulle ricamati di cotone, lavabili, che proteggono la faccia, come una maschera lasciandone soltanto indovinare in modo vago i lineamenti. Ho notato che sono questi i veli che più attirano gli sguardi maschili, forse per il mistero, grande o piccino, che sembrano nascondere.
Vi sono le garze di tutti i colori : rosso per le brune e pallide; celeste per le rosee e bionde; violetto per chi ha una carnagione di cardenia; rosa per le giovanissime, giallino e bianco per tutte. Vi sono i fini veli con la trina intorno da ricacciare indietro sul cappello, l'estate, e i lunghi veli da automobile nei quali così poeticamente s' avvolgono le belle signore acquistando una vaga somiglianza con le odalische che passano lente sul Bosforo nei bei tramonti di giugno.
Vi sono delle donne che non vogliono o non sanno portare la veletta. Le prime hanno torto,
giacchè se la veletta copre un poco il cappello e non lo lascia esposto in tutta la sua pompa all' ammirazione del pubblico, la veletta lo armonizza meglio col viso, tiene a posto la pettinatura, lo spiritualizza, quasi, lo fa più personale. Un cappello posato sui capelli senz' altro, ha sempre un po' l' aria di appartenere più alla modista che alla legittima proprietaria. Ma alcune — è vero — non sanno mettere il velo; lo annodano troppo lungo, troppo corto, gli fanno fare delle pieghe false, riuniscono i lembi in un grosso viluppo che toglie l' armonia delle linee al cappellino. Giacchè l' arte di mettersi la veletta è tutt' altro che facile e richiede assai più tempo e maggior attenzione che puntare il cappello.
Il velo é una poesia della femminilità. Conserviamolo. Esprime modestia e dà agli occhi un più vivo splendore, attenua le offese del tempo, del dolore, delle sofferenze fisiche; spiritualizza la giovinezza, cancella pietosamente la vecchiaia, finalmente dona il fàscino di ciò che s'intravede, tanto più squisito della cruda esposizione. Anche i poeti hanno cantato il velo. Ricordate il noto verso:
Oh les premiers baisers à travers la voilette !
E il nostro Carducci :
Una pallida faccia e un velo nero Spesso mi fa pensoso della morte:
e non ho bisogno di aspettare il novembre, continua il poeta, e la malinconia di tutte le cose o la festa dei morti per provare la tristezza della visione dolorosa. Anzi nel pieno maggio, quando gli uccelli
han canti e le fanciulle danzano liete, la dolente imagine mi appare e mi rattrista:
Veggo tra 'l sole e me sola una faccia, Pallida faccia velata di nero.
In un sapiente romanzo del D'Annunzio, una di quelle donne nobili e pure che l'autore si compiace spesso di mettere a contrasto con la corrotta nequizie dei suoi protagonisti, una donna dal dolce nome di Maria, si toglie dal cappellino il velo nero che portava quel giorno sul viso, per legare un mazzo di violette e lasciarle sulla tomba di un giovine e grande poeta idealista, Percy Byssie Shelley. E l' atto d' incomparabile gentilezza basterebbe a idealizzare una materia anche meno poetica per sè stessa quale il velo.
I VESTITI DA CAMERA
C' è un abito a cui una signora, per quanto in posizione modesta, non rinunzia, ed è l'abito da camera. Questi vestiti destinati all' intimità, alla famiglia, alla casa, che non oltrepasseranno mai la soglia, che non conosceranno mai il fango della via, come rimangono intrisi del profumo dei lavacri mattutini, io penso rechino il profumo spirituale della creatura che rivestono. Dolci segreti d'amore e segreti di tristezze, di languori, di pentimenti all' indomani di qualche serata mondana; veglie angosciose d'attesa o di vigilanza a un capezzale d' infermo ; notti tragiche, insonni, o delicate rinascenze di vita : primordi di maternità e cure materne; ore di studio, ore di riposo, ore di attività domestica,
ore di pigrizia, ore di confidenze, ore di lagrime. Tutto questo io colgo nel profumo dell' abito che armonizza più degli altri con le pareti del nido, l'abito che nella sua foggia austera e molle insieme, fa pensare alle tuniche delle Greche antiche e alla veste sacerdotale.
I francesi, maestri di raffinatezza, hanno moltiplicato questo modello in molte gradazioni. Dal più semplice ch' essi chiamano saut-de-lit e che noi traduciamo, male, al solito, con scendiletto, e che si compone d' una specie di cappa ad ampie maniche, aperta fino al lembo e facilissima da infilare, che non ha occhielli, nè ganci, nè bottoni ma tutt' al più un nastro, si passa, al pégnoir, sempre sciolto, ma disegnante meglio le forme della persona, ornato quasi sempre d'uno sprone e della piega Watteau: e dal pégnoir al déshabillé nel quale la molle trascuratezza del taglio è un pretesto alla massima civetteria di adornamento ; come nella matinée, che si compone sovente di una camiciola, e nel négligé dalle grandi maniche medievali. L'ultimo grado, in questa scala di eleganza, nella quale si adunano le sete più morbide, le tinte più delicate, i merletti più fini, i tessuti più soffici, i ricami più minuziosi le combinazioni più armoniose, è rappresentato dalla robe d' intérieur, la più recente creazione dovuta a quel senso di praticità, mista alla ricerca estetica, che caratterizza ogni trovata moderna. La robe d'intérieur, che una signora elegante può indossare a colazione e non mutare al thè delle cinque, e nemmeno a pranzo se non ci sono invitati di riguardo, congiunge la ricchezza un po' vistosa degli abiti da sera alla comodità degli abiti da camera. Sono
sciolte nella parte anteriore, quasi tutte, o appena fissate con un grazioso drappeggio su un fianco o sotto il seno con un nastro, secondo la moda Impero: si fanno di stoffe finissime in colori chiari, si adornano molto, certune risultano una deliziosa mescolanza di garza, di trina, di velluto, di sete e perfino di pellicce; intanto la signora con questi abiti non è costretta in nessun modo e può metterli sopra una leggera fascetta priva di ossa di balena, senza timore che le linee della sua persona appariscano alterate.
LE DONNE CHE PIACCIONO AGLI UOMINI
Quali sono le donne che piacciono agli uomini ?
« La donna che ci somiglia ci è antipatica, disse Ernesto Renan — quello che amiamo nell' altro sesso è il contrario. »E questa sentenza ci dà lume a sciogliere molti enigmi inesplicabili. Ci dice perchè l' uomo ama nella bellezza muliebre le forme più accentuate, le linee più morbide, i lunghi e serici capelli, la finezza e la bianchezza delle carni, la piccolezza della mano e dei piedi. Perché preferisce la dolcezza tenera dello sguardo, l' infantilità del gaio riso o la grazia d'un sorriso soave. Ci spiega perchè ama nella donna la raffinatezza, l' eleganza, la delicata arte della seduzione, talvolta la procacità e la civetteria. Ma ci dirà pure il perchè l' uomo in generale preferisce la bella bambola che lo diverte alla creatura appassionata che gli offre per sempre tutta l'anima sua, l'ignoranza che lo riposa all' intelletto che seconda il suo, la sottomissione passiva e graziosa alla personalità definita e pensante; la donna che ricama alla donna che scrive.
L'uomo ama generalmente nella donna quello che soddisfa la sua vanità, i suoi sensi, i suoi bisogni, il suo egoismo del momento. Essa ha il privilegio (poco invidiabile davvero !) di ridestare anche nelle nature superiori la « bestia umana », voluttà, comodità, piaceri: di rendere falsi e vili e disonesti quelli che nella società civile passano per leali, forti e galantuomini. L'uomo ha due morali, due coscienze, l'una per il suo sesso, l'altra per il nostro.
Provate a parlare a un uomo comune (le teorie non si mostrano con l'eccezione) d' una donna colta, seria, studiosa. Dirà: « È una pedante ». Provate a parlargli d'una donna onesta, dirà: « È brutta o insignificante ». Parlategli d'una donna di alte aspirazioni, dirà: « È un'esaltata ». Additategli una donna che non abbia gusti comuni, che sia personale, che viva diversamente dalle altre, dirà: « E' una posatrice ».
Con quale entusiasmo, con quale ammirazione essi parlano invece di quelle che non conoscono se non l' arte di piacere : le donne egoiste, le donne leggere, le donne stupide, le donne volgari, le donne crudeli ! Con quali sguardi le seguono per la via, con quale umile ossequio le salutano, quali sacrifizi fanno per loro, quali prodigi di volontà, quali miracoli di dedizione! Mentre quali ricompense hanno la modestia, la superiorità, l'abnegazione, la fedeltà femminile?
Se la donna fosse creata per l'uomo sino ad annullare la propria individualità di essere umano, visto la preferenza che essi hanno, dovrebbe tenere un indirizzo solo, e molto, oh, molto pedestre... Ma la donna prima di essere compagna dell'uomo nel
senso fisiologico, lo deve essere nel senso spirituale: non ne dovrà quindi secondare le debolezze e gli istinti meno nobili, ma lo dovrà persuadere coll'esempio, con la sua forza d' attrazione che lo stesso bene di lui non è dove crede, ma altrove.
GLI UOMINI CHE PIACCIONO ALLE DONNE
Vediamo ora quali sono gli uomini che piacciono alle donne.
Anzitutto c' è una qualità morale che tutte le donne apprezzano altamente, qualunque sia il grado della loro intelligenza e della loro educazione, una qualità eminentemente virile, ed è il coraggio. Il coraggio per l' uomo è quello ch'è per la donna la grazia, può tener vece della gioventù e della bellezza; e ha tanto fascino per il mondo femminile che le donne gli sono indulgenti anche quando si ammanta del noioso paludamento della spavalderia. La simpatia della donna per la casta militare, che ha dato origine a tante satire più o meno pungenti, non deriva che da questo naturale impulso della sua natura debole verso ciò che è forte, eroico, forse per legge di compensazione. La divisa fa presupporre in chi la indossa il coraggio, l' audacia, la fermezza, la lealtà. Tutte le qualità eroiche per cui la donna, come il fanciullo, prova una riverenza innata e grande. E tutte le donne, dalla dama alla pedina, sono e saranno sempre senza pietà per il vile, per il pusillanime, per il timido, per il prudente, per il debole.
Altra qualità che la donna apprezza moltissimo, e che scaturisce forse dalla stessa fonte del coraggio,
è la calma, il cosìdetto sangue freddo nei momenti difficili della vita. La donna che è per sua natura impulsiva, tratta ad esagerare sentimenti e sensazioni, vittima dei suoi nervi e dei suoi fantasmi, risente necessariamente per colui che sa dominarsi, che non perde l' esatta nozione delle cause e l'equo giudizio dei fatti, nè il sentimento della sua dignità, per forte che sia la tempesta nel suo mondo morale, la stessa simpatia fatta di ammirazione e di rispetto che la attira verso gli eroi.
Un'altra dote che seduce i cuori femminili, e che nell'affrettata e nervosa vita moderna va facendosi alquanto rara è la cortesia. Anche questa può tener vece della bellezza, della gioventù, del sapere, tanta è la gratitudine che la donna prova per chi interpreta e seconda le delicatezze della sua anima, le aspirazioni del suo sentimento. Io non voglio già parlare di quella insulsa galanteria adulatrice che non può appagare se non le scioccherelle e le collegiali, ma di quella cortesia naturale, tranquilla e costante, che tempera le angolosità e le rudezze insite nei figli di Adamo, e come toglie una delle più facili cause d' urto fra i due sessi, dispone moltissimo la donna alla benevolenza e alla predilezione.
Lo spirito brillante, caustico, la vena satirica, epigrammatica, è pure una sfaccettatura attraente le simpatie muliebri. Di rado però l' uomo che non sa che ridere troverà fra il numeroso stuolo delle ammiratrici un amore tenero e profondo. La donna diffida un poco di questa spuma preziosa, vi teme sotto l'aridità, il nulla. Essa flirta volentieri coi cavalieri spiritosi, ma passata l' ora lieta non ci pensa più.
La stessa diffidenza, complicata ed aggravata da una quantità di strani dubbi, provano le donne in generale per gli uomini d' ingegno. Toltane la non numerosa falange delle donne di mente superiore che restano spesso crudelmente ingannate nel ricercare fra i signori dell' intelletto il fedele magico specchio dell' anima loro, la maggioranza femminile si commuoverà per qualche madrigale scritto nell'album, per qualche romanza, cantata a mezza voce in un momento opportuno, ma sfugge, si sottrae all' impero dell' ingegno grande e possente. La donna, generalmente parlando, intuisce nell' arte una rivale ignota e terribile contro cui forse sarebbero vane le facoltà del suo cuore e le doti della sua persona. Ella sente che non potrà possedere mai quell' essere tutto intero, che anche tra le dolcezze del suo amore, tra le serene gioie d' una vita domestica felice, lo roderà una nostalgia sottile, una cura inquieta, un desiderio e un'ansia, a cui lei è estranea, a cui lei non può partecipare.
E la bellezza?...
L'avevo quasi dimenticata! Certo la bellezza è la qualità che accende le simpatie più rapidamente, ma è anche quella che, se le lascia spegnere, non le sa riaccender più.
La bellezza è come lo zero, accanto ad altre cifre può dare un valore favoloso, ma accanto ad altri zeri, siano pure un milione, significherà sempre la ricchezza del nulla!
Fuori del regno — Il paradiso perduto — Fu Eva
o il serpente ? — La nostalgia — I sogni vani —
L'amarissimo rimpianto — Ciò che avrebbe
potuto essere — L'inutile ricchezza — I fantasmi
della gioia — Abdicazione volontaria —
Abdicazione forzata — La tavola di salvezza
— Casa altrui — Il pro e il contro — Dopo
l'ultima pagina — I piccoli fiori dei margini
— Le grandi cause — L'edera sulle rovine —
L' esempio degli umili — Il limite — Quando
non siete infelici sappiate essere felici — L'ombra
e il buio — Si vive una volta sola ! — Mutuo
soccorso — L' oblio di sè — Sua Maestà
il Destino — Quello che una donna può fare per
bastar a sè stessa — L' ultima Dea.Non v' ha così basso luogo
da cui non si possa levare lo
sguardo al cielo.
BONGHI.
FUORI DEL REGNO
Uno dei più bei romanzi di Alphonse Daudet s'intitola I re in esilio e ci narra la triste storia di coloro che nati per il dominio e gli omaggi ebbero dalla sorte avversa l'oscurità e le privazioni, e dovettero soggiacere a un amarissimo destino affatto contrario alle loro tendenze e alle loro aspirazioni. Ma oltre i re, vi sono delle regine in esilio : regine d' una sovranità più intima e dolce, più libera e lieta di quella del regno : regine della casa, dell' amore e della vita, che non ebbero in casa nè amore, nè gioia — o perchè non le poterono conquistare, o perchè, conquistate, per colpa propria o d'altri le perdettero. Povere regine spodestate, che sanno tutta l'asprezza della via dell' esilio, che dovranno vivere fuori dal regno soave per cui si sentivano create, per cui abbellirono il loro corpo e adornarono il loro spirito : che sognarono nei sogni più fervidi della giovinezza, e a cui tesero invano le braccia ; oppure da cui caddero tragicamente come Icaro quando il troppo ardore del sole gli ebbe staccato le sue ali preziose. Le regine che
non sono più regine, o che mai ebbero scettro e corona, sono fuori del regno, esuli, abbandonate, smarrite. Esse si sentono inutili a sè e agli altri, inservibili rottami, pietosi avanzi di naufragio. Camminano su una terra straniera : l' acqua che le disseta, il pane che te sfama, non sono quelli del loro paese ideale : l'aria che esse respirano non è quella che può dilatare il loro petto in un' ebbrezza di felicità. Spodestate, amareggiate di continuo dalla potenza altrui, dall' altrui noncuranza o dall'altrui compassione, le regine esiliate incedono col lutto nel cuore, gli occhi pieni di pianto o tragicamente asciutti ; le labbra suggellate per sempre o schiuse a un sarcastico sorriso. Qualche volta l'affanno accumulato
sull' anima loro si converte in veleno e allora diventano malvagie e non potendo possedere un regno s'adoperano per farlo perdere anche alle altre ; talvolta invece il dolore le affina, le eleva, ne fa dei puri spiriti capaci di tutte le abnegazioni e di tutti gli eroismi.
IL PARADISO PERDUTO
Sia per colpa sua o per colpa d'altri che la donna si trova fuori del proprio regno, che è la casa e la famiglia, essa rivolgerà il capo a contemplare dolorosamente il paradiso che ha perduto. Se ha peccato e ne è stata cacciata dalla spada fiammeggiante dell'arcangelo giustiziere, si rivolgerà verso quello che non è più, le sue delizie passate, con un sentimento d'amaro rimpianto. La sua vita trascorreva felice, tranquilla, accanto a quella d' un uomo che l' adorava, che aveva riposto in lei la sua fiducia, la sua dolce ambizione, l' ideale del suo riposo, la
speranza d' un placido e onorato tramonto. Perchè si ruppe l'incanto ? Perchè prestò ella orecchio alle parole lusinghiere? Perchè non paga della sua gioia serena volle conoscerne altre più violenti, più vertiginose e cedette alla perfida suggestione di chi le prometteva ebbrezze ignorate, e adulava la sua bellezza e corrompeva grado grado il suo spirito sol per giovarsene all'occasione ? — Ora l'incanto è sfatato, il paradiso è perduto. Essa non potrà riconquistarlo mai più ; essa dovrà ora lungamente, duramente espiare la sua credulità, la sua debolezza, il suo errore che peserà su tutto il suo avvenire.
Se poi non ha peccato, e la casa, la famiglia, la sua dolce sovranità si sono disgregate e distrutte per l' abbattersi crudele della falce della Morte, o per la comparsa dello squallido spettro della povertà : la donna si rivolge al chiuso paradiso dei suoi anni belli, che furono così pochi e così brevi, con un accorato addio. Ma la sua coscienza pura mette nel rimpianto un elemento poetico e sacro che gli fa chiudere il ricordo di quello che fu, come una religione nel suo cuore, e accarezzare il passato con tenerezza mesta, e spesso vi attinge forza ed energia. E sogna : sogna che quando il turbine della sventura sarà passato, che qualche bimbo caro vicino a lei si sarà fatto uomo, e che con l' economia paziente, il provvido risparmio, l' indefesso lavoro, avrà potuto crearsi di nuovo una posizione indipendente, sogna di rifarsi un nido novello e più saldo, di vedere ancora spalancarsi prima della vecchiaia la porta del paradiso da cui nessuno la scacciò, ma dal quale dovette esiliarsi da sè per
ricorrere al soccorso dei buoni. E piangendo sorride alla sua patria lontana.
Qualche volta il paradiso che si perdette s'intravide appena, fu appena una promessa. Ma a lei affidavamo già tutti i sogni del futuro. Già conoscevamo i più bei recessi dell'incantato giardino, e non mancava che di prenderne possesso. Poi.... la unione vagheggiata con l'uomo prediletto non potè effettuarsi, e il compagno dei nostri sogni non fu quello della nostra vita. Quasi sempre il destino dispone di noi in modo diverso da quello che avremmo desiderato, che ci ostinammo a volere fino al brusco scioglimento che ad un tratto rimetteva nel suo corso normale voluto dalla Potenza misteriosa, arbitra del nostro destino, la corrente della nostra esistenza. Forse questo destino era quello di una triste solitudine, di un difficile apostolato, dell'assunzione ad una più alta sfera : ma da qualunque luogo, dall'ombra, dalle aspre roccie, dal sole, la donna rivolge gli occhi al lontano paradiso sognato, intraveduto appena, e in qualche ora gli tende le braccia con una nostalgia. Forse, nella sua realtà, il bel giardino di rose non avrebbe avverato tutti i sogni, soddisfatto tutti i desideri, ma poichè è lontano, perduto per sempre, irraggiungibile, appare ancora circonfuso di tutta la luce dell'ideale intatto.
FU EVA O IL SERPENTE ?
Per quel seme d' orgoglio germogliante in ogni animo umano, quando accade qualche cosa di irreparabile si è tratti sempre a cercare la giustificazione,
la scusa, a gettare su altri la responsabilità dell'accaduto, anche quando questa non può ricadere che su noi. Vi è una specie di triste sollievo a persuadere e a persuaderci che la nostra volontà non poteva salvarci, che abbiamo dovuto soggiacere ad una forza superiore ed irresistibile contro cui si spuntarono tutte le nostre armi di difesa. Quando Eva commise il primo fallo nell'Eden, tentò di difendersi accusando il serpente come cattivo consigliere. Ma essa poteva bene non ascoltarlo, non mettere in pratica il maligno suggerimento. Il discernimento del bene e del male ci è stato infuso dalla nascita, e nulla inceppa il nostro libero arbitrio di seguire la via retta o la tortuosa via. Le circostanze possono essere più o meno fatali, le seduzioni più o meno tentatrici, ma se dagli anni della adolescenza avremo esercitato la volontà ad obbedirci, avremo nutrito il nostro spirito d'alti pensieri e di nobili proponimenti, passeremo incolumi fra le prove che le vita può riserbàrci. Una donna elevatissima, Maria Pezzé Pascolato scrisse : « La forza di volontà, l' energia, sono i maggiori beni di questo mondo; l' arte di comandare a noi stessi è principio e fine d'ogni saviezza. La nostra vita è nelle nostre mani. »
Se potessimo ben persuaderci di questa verità molti mali ci sarebbero risparmiati ; tutti quelli, almeno, che si riferiscono alla nostra vita morale, e all'occorrenza non incolperemmo altri delle disavventure, delle perdite, delle sconfitte che la nostra debolezza, la nostra irriflessione sole poterono procurarci.
NOSTALGIE
Vi è un male terribile, profondo, incurabile, che ha le sue radici nell'intimo dell'essere e pare logorare l'esistenza alle sue fonti : un male che coglie coloro che sono obbligati a rimanere lontani per un tempo indefinito dalla terra che li vide nascere, dal clima, dalle consuetudini, dagli aspetti e dalle cose a loro famigliari. Questo male è la nostalgìa. La nostalgìa è la malattia degli esuli e qualche volta può condurre alla tomba. Ma vi è un' altra forma di nostalgìa, di carattere tutto morale, che può assalire nella propria città, nella propria casa, fra le proprie abitudini: ed è il desiderio costante, tranquillo dapprima, poi struggente, di un bene che non si potrà mai possedere o non si possiede più e che pur si vede in proprietà d' altrui, di cui si può valutare giorno per giorno la ricchezza e la dolcezza, la luce che ne emana. Sarà per una sposa senza figli la vista dei bimbi degli altri; dei bei bimbi sani e intelligenti da amare, da curare, da crescere buoni e forti, al cui braccio appoggiarsi un giorno con orgoglio. Sarà per una moglie disamata, trascurata, l' aspirazione verso un compagno affettuoso, fedele, pieno di premure come ne vede al fianco di qualche amica ; sarà per colei che piange sotto i suoi abbrunati veli qualche caro perduto, lo spettacolo di qualche famiglia riunita in una bella catena d' amore di cui la morte non ha spezzato nessun anello : sarà per la zitella matura il sogno ostinato d' una casa, d' un nido suo ; per la triste relegata in un sanatorio il desiderio del suo piccolo regno domestico dove rientrare fiorente
sovrana ; sarà per la donna che le vicissitudini hanno impoverita del suo palazzo e delle sue ville, il ritorno doloroso del pensiero e del cuore verso quelle pareti, quelle piante che contengono i più sacri ricordi del suo passato e ch'ella non rivedrà più.
Nostalgie segrete, intime, inconfessate, delle anime femminili, da cui uscite mute e fragranti come il profumo dal calice d'un fiore: nostalgìe che nessuno deve sapere e che costano le lagrime più amare, le veglie più spasimanti, le torture più cocenti : nostalgìe d'un paradiso chiuso, d'una terra promessa eternamente invisibile all' orizzonte, male squisito insanabile; è per voi forse che gli occhi della donna brillano d'un fuoco più vivo o s'adombrano di mistiche violette o s' illanguidiscono in una dolcezza misteriosa : è per voi che il loro sorriso si vela di seducente malinconia o si piega in una strana amarezza pur tra le apparenze della gioia ; è per voi, forse, che la donna diviene più mite, più compassionevole, più altruista e pia. « Tutta la vita si svolge dal di dentro al di fuori » scrive ancora Maria Pezzé Pascolato. Infatti ogni nostra azione ha un movente interno, determinato dalle tendenze e dalle passioni, e spesse volte un' aspirazione che non potè essere appagata, con la forza del suo impulso, spinse a grandi cose.
I SOGNI VANI
Il sogno è la ricchezza unica dei miseri, è la sola libertà degli oppressi, è l'ultimo conforto degli afflitti, ed è il compenso ideale che il destino elargisce quando ha troppo incrudelito su noi. Le persone felici, le persone che non conoscono il desiderio
e la privazione non sanno sognare. La loro esistenza si rinchiude nella cerchia ristretta e materiale delle azioni quotidiane. Il passato non ha rimpianto per loro perchè è inferiore o uguale al presente ; l'avvenire non ha promesse perchè tutte le realizza l' ora che passa. Ed è per questa mancanza della possibilità di sognare, che la vita delle persone felici è priva di quell'idealità, di quell'atmosfera spirituale che solo quello che è inaccessibile, quello che non si può vivere, può conferire. Per quanto vano, per quanto assurdo un sogno possa essere, viene un momento nel quale ci abbandoniamo a lui quasi come ad una speranza. E i raggi d' una nuova aurora pare spuntino su dal cuore che lo accolse. Le esiliate dall'amore, dalla felicità, le fuorviate dalle loro naturali tendenze, si rifugiano tutte in questa plaga sovrumana dove possono vivere secondo le loro aspirazioni e illudersi per qualche attimo almeno che il sogno sia vita e la vita sia sogno. Ora è la culla bianca con entro un angioletto dalle guancie rosee e dai capelli d'oro, che la sposa sterile vede accanto al suo letto : è il cerchiellino della fede nuziale che la fanciulla senza amore, la fidanzata tradita, arresta come il primo anello di una soave catena all' anulare della sua mano. È una quiete riposata, favorevole allo studio, all'opera intellettuale, che la giovine
costretta contro la sua volontà a qualche còmpito materiale mentre le ferve nel cervello un tumulto d'ispirazioni impazienti di prendere forma d'arte, intravede nei tormenti del vano desiderare : è un salottino elegante proprio, arredato di oggetti personali e cari che qualche triste pellegrina errante
della vita vagheggia nell'irreale. E per qualche altra può essere la giovinezza perduta irrimediabilmente e non apprezzata abbastanza, o un amor vero sempre sognato, non posseduto mai.
Vi è una malinconica ma giusta filosofia che vuol dimostrare come solo nel sogno, cioè in quello che non si ha e non si può ottenere, risieda la vera bellezza, la felicità perfetta. Infatti molte cose vedute di lontano sembrano senza difetti, datrici della massima gioia, mentre se potessimo possederle e conoscerle da vicino, vedremmo che anch'esse sono soggette, come tutto al mondo, a qualche macchia, a qualche deficienza. Meglio dunque sognare ciò che ci piace piuttosto che vedere il nostro idolo infrangersi al primo tocco della mano. Sentite quello che scrisse un poeta a proposito del sogno e dell'amore :
Non è l'amor serie di giorni insieme
vissuti nella cura dei minuti
così sotto un comune ospital tetto :
amore è nel desio di sovrumane
ebbrezze non godute, di dolcezze
che mai non si godranno. Amore è l'ansia
di giorni non vissuti e che anelando
mai non vivremo: amore è la follia
che ci trae vagabondi per le rosee
plaghe del sogno, onde non vale il bacio
onde non vale la carezza a spegnere
tanta inesausta sete d' infinito Di Gustavo Balsamo Crivelli..
L' AMARISSIMO RIMPIANTO
Ma il rimpianto più amaro per gli infelici non è dato dalle gioie non godute, non da quello che sognarono e desiderarono invano, sibbene da ciò
che fu in loro possesso e che non seppero conservare. È terribile pensare che si avrebbero avuti tutti gli elementi della felicità e si disconobbero, si lasciarono in abbandono, si dispersero per seguire ingannevoli fantasmi lusingatori. Il rimorso s' aggiunge al dolore e il pentimento troppo tardivo lo fa più acerbo. È questa l' angoscia che punge il giovine Dante quando nella sua visione ultramondana, alla sponda del fiumicello nel Purgatorio ode la rampogna di Beatrice che lo accusa d'aver vôlto i passi
per via non veraImmagini di ben seguendo falseChe nulla promission rendono intera
è l'angoscia che segue ogni soddisfazione illeggittima la quale reca prima o poi seco il suo castigo: è la tristezza della riflessione in ritardo, del senno del poi, che può solo servire a dare una dura lezione d'esperienza. Quella moglie troppa esigente, che ha stancato il marito a furia di lamenti e di gelosie infondate, s' avvede troppo tardi che lo sposo è stato fin troppo tollerante con lei, che fu persuasivo, prudente oltre i limiti, e che se alfine si è allontanato la colpa non è d'altri che sua. E allora quale rimpianto di non aver frenato a tempo il suo carattere, di non aver saputo tacere ! Paga care le sue soddisfazioni di sfoghi e di querele ! E pensare che dipendeva da lei, esclusivamente da lei, di mantenere la pace, di attaccarlo sempre più alla loro piccola casa, di affezionarlo più a lei ! Ora piange sola in una casa deserta e sente che non ha neppure il diritto di essere compianta....
Oppure è la donna che a furia di ambizione, di lusso superiore ai suoi mezzi, di capricci e di mal governo della famiglia, è stata cagione della rovina di tutti i suoi, e dall'agiatezza, dallo sperpero anzi, ha dovuto passare alla ristrettezza d'un sistema che le impone l' economia più rigida e le impedisce quasi di provvedere il necessario. Così i suoi bimbi che vestiva di velluto e di trine e si trascinava dietro nelle più costose stazioni climatiche, languono ora nella privazione d'una cura ricostituente in poveri abitini ch'ella sa malamente confezionare : lo sposo che fu sempre coscienzioso lavoratore e non si valse mai per il suo benessere individuale dei propri guadagni, trascinato da lei nella catastrofe deve rimettersi ad un' occupazione ancora più dura negli anni in cui gli sarebbe stato benefico e in cui vagheggiava un po' di riposo. Ed ora, dal profondo della sua miseria pensa che non le sarebbe stato impossibile fermarsi a tempo, porre un argine alle pazze spese, avere il coraggio di fare qualche piccolo sacrifizio : allora avrebbe sacrificato il superfluo, mentre ora le è forza fare a meno del necessario. Ed anche questa donna non può incolpare che sè stessa delle misere condizioni in cui si trova ; e per un resto d' alterezza comprime il rimpianto, il rimorso, in fondo al cuore.
Invece in questi casi disperati, più che l' orgoglio di Lucifero gioverà l' umiltà di Giobbe. Sottomettersi all'espiazione, raccogliere il frutto dell'esperienza per quanto tardiva, non sarà mai inutile ; se non gioverà più a noi, gioverà per mezzo nostro agli altri.
CIÒ CHE AVREBBE POTUTO ESSERE
Un'altra forma di rimpianto a cui non si mesce nessun rimorso ma che adombra una infinita malinconìa è quella di ciò che avrebbe potuto essere e che non fu. Che cosa impedì l' avvenimento che avrebbe potuto mutar corso al nostro destino ? Spesso una minimissima causa, una circostanza comune : eppure esse impressero una deviazione fatale, impedirono un compimento felice. Perchè di due giovani che dimostravano amarla, la signorina scelse appunto quello che non seppe comprendere le sue migliori aspirazioni e non potè renderla felice ? Per il caso fortuito d'un incontro, per le parole d'una amica, per l'impressionabilità di un momento. Essa credette la sua preferenza conforme a saggezza o determinata dall'amore perchè fra i due il prescelto era il più ricco, il nobile, il più cavaliere con lei : perchè si esprimeva con maggior eloquenza e le sue strette di meno erano più ardenti e i suoi sguardi più espressivi. Ma dopo le nozze, dissipati i fumi dell'ebbrezza della luna di miele, la fanciulla fatta donna si avvede del suo poco discernimento. Ella volle per sè la parte più ghiotta al banchetto della vita e la sua avidità la deluse e la perdette. Fra l'oro e l'orpello ha scelto l'orpello perchè luccicava di più e l'oro era avvolto ancora in uno strato di materia grezza. E mentre è obbligata a constatare penosamente, giorno per giorno, la superficialità, la fallacia delle prerogative che l'hanno sedotta; e il marito ricco sarà un avaro o un vizioso, e la nobiltà dei natali non gli impedirà di cercare i suoi piaceri nel fango, e l'eleganza
della parola, il fascino magnetico dello sguardo si rivolgeranno presto a qualche altra donna che lo alletti ancora con la poesia dell' ignoto : mentre la povera moglie s'addolora sulle rovine della sognata felicità, ecco l' altro, il rifiutato, rivelarsi a lei d'un tratto come il più degno. Anch'egli si è sposato, con una buona fanciulla che seppe subito indovinare sotto l' apparenza un po' rude e la deficienza delle qualità mondane il vero valore del carattere e la garanzia d' una futura felicità ; infatti le sue abitudini di sobrietà e di lavoro, il suo amore alla casa e alla famiglia ; la delicatezza di sentimento, i riguardi gentili che spiega in ogni occasione, tutte, infine, le manifestazioni della sua personalità così nobile d'animo sebbene non vanti un blasone, rivelano ogni giorno più i tesori che sono in lui e col confronto involontario, abbassano sempre più l' altro, il rivale vincitore, agli occhi e all'anima della delusa rendendo più amaro il rimpianto dell' irrevocabile. E se dalla finestra del suo palazzo, dalle fredde stanze ove rimane per tanto tempo sola ; o dalla sua carrozza stemmata dove cerca inutilmente di sfuggire al suo cruccio segreto ; o dal suo palchetto al teatro in cui fa pompa dei suoi gioielli con l' anima chiusa alla gioia e avvelenata dalla gelosia — vede la coppia bene assortita e felice, non potrà a meno di sostituirsi mentalmente a quella sposa avventurata e pensare che così avrebbe potuto essere di lei se fosse stata meno ambiziosa, meno romantica, meno sollecita del proprio egoistico bene. Ecco là ciò che avrebbe potuto essere : la pace, l' amore, la serenità ; ecco la visione beata del paradiso di cui ella non varcherà la soglia d'oro mai più.
L'INUTILE RICCHEZZA
Che val che sotto la verde siepe fiorisca Il fiore, se nessuno sente il dolce profumo ?Che giova che nell' alto splenda la stella per l' uomo Che va pel suo sentiero chinando il capo a terra ?
scrisse M. Lessona pensando quanti doni, quanti tesori vanno perduti nel mondo perché appunto non trovano sempre chi si avveda della loro esistenza o sappia degnamente apprezzarli. E così accade spesso, oh assai spesso! nella vita femminile. Ecco una creatura che sortì da natura il dono meraviglioso della bellezza. Essa sarebbe stata degna di risplendere sul trono del regno più possente, e le stoffe più ricche, i gioielli più preziosi avrebbero potuto appena essere ornamento adeguato alle sue forme di dea. Ma il suo destino la fece nascere in un umile casolare sperduto fra le montagne ; ed ella sbocciò libera e solitaria come un fiore nascosto; le fatiche la sciuparono presto e sopravvenne precocemente la decadenza e la vecchiezza. Nulla, neanche un ritratto, ha conservato la memoria di ciò che fu, del tesoro che nessuno scoprì mai. — Ecco un ingegno vivido, schietto, possente, rigermogliato attraverso chissà che lungo e strano ordine atavico in una giovinetta cresciuta in una famiglia all'antica, sotto un regime ferreo, devota a tradizioni secolari e alla superstizione d'una religione ristretta, paralizzante ogni iniziativa spontanea, ogni libera manifestazione individuale. Ed ecco la fervida mente creatrice che avrebbe potuto dare all'arte fiori divini, scolorirsi, deviare a poco a poco,
incolta e sterile, rifugiarsi forse in un misticismo esaltato logorante la vita. — Ecco un tenero e appassionato cuore, una vergine anelante alla dedizione di tutta sè stessa, avida di cullare i figli del suo amore, tra le braccia ; di profondere la sua ricchezza di sentimento, la sua virtù d'abnegazione, le sue qualità pratiche a vantaggio d'una famiglia propria, passare invece « senza nozze e sospirosa » in una languida e vana attesa ; ecco il bel corpo sfiorire infecondo, spegnersi ad una ad una le luci brillanti dell'anima : ecco la sposa, la madre mancata divenire una vecchia zitella inacidita, inflessibile per gli altrui peccati d'amore, tenera soltanto del gatto o del canarino — ultimo e supremo rifugio dei suoi affetti....
Triste, triste nella vita, il peso dell'inutile ricchezza ! Eppure potrà, dipendere da noi di non lasciarla inutile affatto, di non permettere che il tesoro intatto si deteriori, che il frutto non colto divenga velenoso. Basterà indirizzare al bene tutte le nostre qualità e le nostre attitudini, e in mancanza d' una esplicazione più vasta, contentarci di svolgerle nella sfera dove il destino ci ha fatto nascere ; e farcene una forza per migliorarci e migliorare.
I FANTASMI DELLA GIOIA
Un viandante che s'attardi a notte per vie insolite e a lui straniere, passando sotto alle finestre illuminate d'un palazzo, davanti a un teatro, a un ristorante di lusso, guarda e prova in fondo al cuore un involontario senso d'invidia. Quegli esseri
sconosciuti, al riparo dal freddo, ben satolli, riuniti in cordiali conversari gli sembrano tutti fortunati, tutti felici. E la sua povertà gli appare più dolorosa, la sua solitudine più intollerabile. Così avviene molte volte alle donne che le circostanze gettarono in qualche posizione difficile. Esse credono di scorgere dappertutto i fantasmi della gioia. Ogni signora che incontrano con un uomo deve necessariamente essere amata e felice. Ogni mamma che intravedono coi suoi bimbi, è per loro una maternità fortunata. Ogni casa di cui oltrepassano il limitare è alle loro pupille un sicuro asilo di pace e il tempio della concordia. Fatalmente sono inclinate a un roseo ottimismo quando si tratta degli altri, a esagerare le apparenze di un destino favorevole; come sono pessimiste per loro medesime e tratte ad aggravare con preoccupazioni eccessive la loro situazione. Se pensassero invece queste donne come le apparenze ingannano, e quante volte le persone che noi reputiamo felici sono degne di compianto. Se pensassero che spesso il tradimento, la menzogna, la discordia ed anche l'avversione profonda, possono separare irreparabilmente l' uomo e la donna che camminano vicini e che ci dànno la falsa visione della perfetta armonia : se riflettessero che per una maternità felice vi sono cento maternità dolorose ; che nella casa più grata all'occhio per eleganza, ordine, quiete, si annida il suo cruccio segreto, il germe d'una possibile dissoluzione : se pensassero a tutto questo, la loro invidia sarebbe meno amara e la loro condizione non apparirebbe poi ad esse così disgraziata. Meglio, si, piangere il proprio compagno perduto, vivere nella
memoria della sua costante tenerezza, che versare lagrime per un marito brutale, infedele, giocatore, donnaiolo. Meglio non conoscere le emozioni dolci di essere madre piuttosto che dirsi madre d' un giovane disonesto, di cattivo cuore, d' una ragazza dal cuore arido, egoista ed ambiziosa. Meglio non aver famiglia, vivere in una solitudine triste sì, ma tranquilla, piuttosto che essere costretti a trascorrere l'esistenza fra i litigi, le scene, lo spettacolo di esempi cattivi, la costrizione delle nostre tendenze migliori. Così quando vedremo passare innanzi ai nostri occhi bruciati dal pianto i fantasmi della gioia come un' irrisione al nostro dolore segreto, alle nostre intime nostalgie, non affrettiamoci a sentirne invidia, ad esclamare : « Ecco, essi hanno tutto, io non ho nulla ! » ma pensiamo piuttosto : « Di che cosa soffriranno quegli sconosciuti fratelli nell'umanità ? » Non ci fidiamo di ciò che appare agli occhi del mondo : « Agli occhi degli altri si può sembrare d' essere un eroe — scrive Carmen Sylva — perchè non si sa quello che l'albero prova nelle sue radici quando la tempesta scote la sua cima. Si ammira perchè è rimasto fieramente ritto, ma forse intanto i suoi nascosti rami si schiantavano ».
ABDICAZIONI VOLONTARIE
Nella storia dei regni succede talvolta che motivi di Stato d' una gravità eccezionale rendano necessario da parte del sovrano il sacrifizio supremo della rinunzia al potere. Il re abdica, lascia la reggia, la nazione che gli aveva tributato omaggi,
proteste d' entusiasmo e di fedeltà, e se ne va a vivere malinconicamente in esilio. E come negli Stati, anche nelle famiglie accadono talora fatti così dolorosi e tremendi che la sua regina, colei che ne reggeva lo scettro d' impero, si trova nella necessità d' abbandonare il suo posto, di prendere la via dell' esilio. Le cause possono avere origine diversa : o una passione illecita e colpevole che parla al cuore della donna più forte degli altri suoi affetti e dei suoi doveri e la strappa dalla casa coniugale che è oramai divenuta un carcere per lei e la costringe, come attirata da un fluido ipnotico, fatale, a compiere l'irreparabile : — o una insofferenza giunta oramai all' estremo limite di convivere ancora con lo sposo il cui carattere, le cui abitudini, si trovano in perfetto contrasto con quelli di lei e dànno origine continuamente a violenze scandalose. Oppure qualche offesa ricevuta che non si vuol perdonare, che si vuol punire con la separazione assoluta, con l' abbandono. Ad ogni modo il motivo deve essere d' una potenza straordinaria per costringere una donna alla risoluzione suprema d' abdicare al suo regno, di spezzare la catena dei suoi affetti, delle sue dolci consuetudini, di sacrificare forse i figliuoli, di rinunziare alla sua casa, alla sua città, alle sue amicizie, e fuggirsene sola verso l'ignoto, forse verso la catastrofe. E per quanto maturato questo partito che le pare il solo a cui le sia possibile oramai di appigliarsi, pure nel momento di mettere in atto la determinazione il cuore le si schianta, la testa le turbina, il senso della vita le vien meno come ad una moritura. È lei che lo vuole, sì ; essa non obbedisce che alla
propria volontà, che al proprio istinto, forse : si sente arbitra sola del proprio destino ; ma questo appunto le dà un brivido di sgomento, uno spasimo d'angoscia. Eppure non voile ascoltare nessun consiglio, e non lo ascolterebbe neppure in quell' ora — ma la sua solitudine, la sua indipendenza stessa, le dànno le vertigini. Ed affretta, affretta i preparativi per togliersi al più presto di là, per mettere al più presto l' irreparabile fra l' avvenire e il passato : per togliersi ogni possibilità di pentimento, di riflessione, di transazione. « Ciò che deve avvenire avvenga ! » è il grido disperato dei suicidi ; ed essa lo ha sulle labbra in quell' istante in cui rinunzia per sempre al suo posto di battaglia che doveva occupare sino alla morte : al suo regno che mai doveva essere privo della propria regina.... Anna Robertson Brown giustamente scrisse: « Consideriamo bene la vita da tutti i lati, prima di gettarci a capofitto in un nuovo cammino dal quale non sarà poi sempre facile ritrarci. » Infatti quante volte queste donne impulsive, sconsiderate, insofferenti, credendo di raggiungere il meglio, precipitarono nella rovina !
ABDICAZIONE FORZATA
Altre volte però l'abdicazione è forzata. Nè traviamento di passione, nè rimorsi, nè discordia, nè insofferenza, nè sdegno obbligano la sovrana ad abbandonare il suo regno, ad esulare da esso. Non è felice, giacchè mille indizî la fanno oramai consapevole che il suo sposo non l' ama più, che l'amore di cui era altera e lieta si è andato raffreddando grado grado sino a giungere a una indifferenza
distratta che la stringe al cuore, che le dà acute pugnalate di gelosia, poichè nemmeno ignora che il suo sposo, il padre dei suoi figli, ha l'anima e i sensi rivolti altrove. Conosce anche il nome di questa donna, le circostanze che determinarono la attrazione fatale, che ne favorirono lo sviluppo ; spesso la incontra per la via, a qualche ritrovo, a teatro. È bella e giovine, più bella e più giovine di lei che la tristezza consuma : è elegante e raffinata, provocante, perchè nessun scrupolo la trattiene dal fare spese pazze, dall'adottare le mode più impudiche : e sulle sue labbra, e nel suo sguardo la moglie infelice legge quell'espressione d' ebbrezza e di vittoria che fu già sua, che le è stata tolta. Eppure tutto tollera e comprime nel suo segreto, perchè è virtuosa, perchè ama ancora e nel suo intimo spera. Spera che si tratti soltanto di un traviamento passeggero, che la sua dolcezza, la sua indulgenza le rendano prima o poi lo sposo tenero e pentito. Ma gli uomini non solo non vogliono essere contrariati nelle loro tendenze e nei loro desideri, ma nemmeno tollerano intorno la tristezza, le lagrime, la rassegnazione dolorosa, tutto ciò che li costringe a pensare al loro errore, a sentire più o meno pungente l' aculeo del rimorso. Essi vogliono essere liberi d'amare, di disamare, di prendere, di lasciare, secondo dice loro l' istinto, e non soffrono il più lieve impedimento e si sentono tratti a sbarazzarsi la via ad ogni costo, anche a quello di commettere un delitto....
Dopo aver cercato invano di stancare la pazienza, la bontà della moglie con l'abbandono e le cattive maniere per obbligarla a cedere il campo, visto
che il sentimento che ancora sopravvive in lei è più forte della sua crudeltà, quel sentimento ch'egli si nega di riconoscere e chiama caparbia, ostinazione, sfida : istigato senza posa, esasperato dalle perfide suggestioni dell'amante e dai consigli di lei, l' uomo, un giorno compie il supremo atto di viltà. Schiaffeggia quella guancia smorta, afferra quella fragilità che non si ribella e la scaccia dal suo trono e dal suo regno dove vagheggia condurre un'altra regina, la bella che lo inebbria e lo soggioga. E la povera offesa, la povera reietta ancora obbedisce, sopporta e tace. Se ne va stringendo al seno i figliuoletti, traditi come lei, se ne va piangendo mentre le si spezza il cuore nell'abbandonare il suo nido d'amore, il suo regno di cui prevede la profanazione. E l' accolga pietosamente la casa che la vide nascere, o cerchi rifugio fra estranee pareti dove ricomincierà la vita dedicandosi tutta ai suoi bimbi innocenti e sventurati, ella si sente pròfuga, errante, sperduta, senza tetto. Giacchè la vera dimora a cui la donna aderisce con le più delicate e tenaci fibre dell'anima non è quella dove nasce o dove morirà, ma quella dove l'amore le rivelò il mistero della vita, e le diede le indimenticabili emozioni della maternità. Fuori di essa non vi è che l'esilio.
LE TAVOLE DI SALVEZZA
Quando più imperversa la tempesta nell' oceano della vita, e le tragiche onde del dolore, della passione, della morte minacciano di travolgere la nostra debole navicella, l' istinto della conservazione spinge ad afferrare la prima tavola di salvezza che
viene a vicinanza della mano. E pur sbattuti, estenuati, naufraghi, dobbiamo elevare un sentimento di gratitudine verso la Provvidenza che mise alla nostra portata quel mezzo di non perire.
Quali sono queste tavole di salvamento ? Diverse, e proporzionate alle forze, allo slancio d' ognuno. Per qualche donna sarà la fede: una fede indiscussa e indiscutibile, che le dà la certezza d' un premio futuro, il sollievo di mistiche consolazioni presenti ; l'eroismo della rinunzia o della rassegnazione, poichè ciò che perde essa offre in supremo olocausto al suo Dio che offerse sè stesso per la salute degli uomini. Il tempio è il suo rifugio quotidiano ; e ai piedi dell' altare luminoso di ceri e fragrante d' incenso ella rinnova ogni giorno le sue energie morali come dissetandosi ad una fonte pura. Senza la religione che sinceramente la pervade, si sarebbe uccisa ; ma la sua fede le insegna che il sottrarsi alle prove inflitte dall'Onnipotente, o ai giusti castighi è da vili : che bisogna sottomettersi umilmente, adorando, ai decreti sovrumani. E in mezzo al suo dolore piove una calma celeste che la fa sicura anche fra i colpi più tremendi.
Per un'altra donna sarà la maternità. Ha perduto tutto, ma le rimane un tesoro, un figlio, un piccolo essere che essa nasconde gelosamente come temendo che qualche potenza malvagia le rapisca anche quello, invidiando la profonda dolcezza che la inonda pur sotto il flagello del dolore. Ha un figlio, dunque un'alta, forte, dominante ragione di vivere e sperare, di credere ancora in un avvenire più sereno, di lottare per aprire una via all' innocente tuttora debole e ignaro delle insidie e dei
pericoli dell'esistenza. Il destino ha incrudelito contro di lei, ma se il suo martirio avrà potuto servire a riscattare suo figlio dal pagare il suo umano tributo di sventura, ella proverà riconoscenza verso chi glie lo inflisse. E nella sua tenerezza che s' addensa e si moltiplica col crescere degli anni, attingerà una forza inesauribile, un conforto sempre rinnovellato. La maternità è il suo faro. Ella non potrà più perire.
Per una terza sarà l'arte. Natura le diede ingegno superiore, fibre squisite, intuizione meravigliosa, ricca fantasia. L'amore fu per essa una serie amara di delusioni e di sconfitte ; la realtà dura della vita infranse le sue più preziose idealità di sogno. Ed essa pianse e s' afflisse della sua sorte, ma dal fondo della sua sventura una voce le comandò di sorgere, ed essa uscì come Lazzaro dal sepolcro, rinata a nuova vita. Il suo dolore si trasforma a poco a poco in materia fragile e rara ; raggi d'oro scendono a lei da una plaga a lei sola visibile ad illuminare la sua notte; canti le sgorgano dal cuore con la fresca spontaneità della sorgente fra le roccie. Essa ha la sensazione d' essere trasumanata; essa sente in sè la potenza creatrice d' un nume. E la sua vita grado grado si concentra in un mondo invisibile ove può moltiplicarsi all' infinito in alite vite derivate dalla sua, che rispecchiano il suo dolore e i suoi sogni come i mille pezzetti d'uno specchio infranto, ma abbelliti da una idealità che nulla ha a temere dal tempo. E si rifugia trepida e obliosa nella sua torre d' avorio, affrancata oramai, redenta.
E per altre ancora, le tavole di salvezza possono
Eva Regina 43
essere i piaceri della vita elegante, un grande amore che faccia rinascere l'anima dalle sue ceneri, una missione severa e pia, una dedizione totale ad altri sofferenti, il lavoro, semplicemente, amato per la fatica a cui obbliga e pel dolce riposo che concede. Tutto sta, nei momenti decisivi della vita, di saper guardare in noi e fuori di noi per scorgere dove sia la salvezza ed afferrarla. « Bisogna con siderare la propria attività dal di dentro — scrive Charles Wagner ; bisogna sforzarsi di penetrare abbastanza profondo nella propria carriera, nella propria vocazione, da scernere attraverso alle forme che prima ci apparivano grigie ed opache, gli affetti di una luce che piove dalla eterna altezza ››.
CASA ALTRUI
Ho scritto che il vero regno della donna è la casa dove ella è sola regina, la casa sua e del suo sposo, e tutto il dolore che la strazia quando per la propria o l' altrui volontà le è forza andare in esilio. Eppure l' affetto di altri consanguinei, la preoccupazione di rifarsi alla meglio un nido, dove riposare la sua amara stanchezza, possono deviare il suo pensiero dal rimpianto, darle qualche luce di speranza.
Ma nulla più può sperare e tutto deve rimpiangere colei che vide la sua casa distrutta; che dovè ricoverarsi sotto il tetto altrui. Niente le appartiene di ciò che usa, di ciò che tocca, di ciò che la vede vivere. Sia pure, il tetto che l'alberga, quello d'un sontuoso palazzo, siano i pavimenti rivestiti di ricchi tappeti e le pareti adorne delle più rare opere d'arte, essa non si sentirà paga nè consolata
perchè niente è suo, non può disporre di nulla, nemmeno del più piccolo oggetto : non può far valere il suo gusto individuale nemmeno mutando posto a un ninnolo. Quei muri, quei mobili, non parlano al suo cuore, non hanno ricordi per lei, e sebbene sontuosi, sebbene artistici le sembrano volgari come quelli delle stanze d' affitto. E tenta di colmare quella sensazione di freddo, di vuoto, mettendo nella camera a lei assegnata una nota intima, personale, con le fotografie dei suoi cari, -ricami da lei eseguiti, oggetti che le appartengono particolarmente, gingilli che le furono donati nel tempo felice e che ora costituiscono per lei sacre e dolci memorie. E quando, dopo molte ore faticosamente vissute a disposizione degli altri, o presso una vecchia dama intollerante e bisbetica, o presso una giovine signora capricciosa e altera, o presso una fanciulla svogliata e petulante, o accanto a due o tre bimbi viziati e disobbedienti — trattata da tutti come una serva, come una schiava, senza riguardo alcuno per la sua condizione di nascita, molte volte superiore a quella della famiglia dove si trova, per la sua educazione fine, per la sua posizione che meriterebbe pietà : — quando finalmente può rifugiarsi nella sua stanza, ella depone la maschera della serenità, della sottomissione, e abbracciando con lo sguardo pieno di tragico dolore i ricordi del suo passato, si ricompone ancora col pensiero fedele il caro nido distrutto, la casa che fu sua, rivede i volti amati ora spariti nelle ombre della morte e piange, sola sola, e alleggerisce il suo povero cuore da tutto il peso d'amarezze e di ribellioni che vi si è accumulato in quelle ore di
asservimento. « Oh, pensa la meschina, meglio possedere una capanna, un tugurio, una soffitta ed esserne la sola regina, piuttosto che vivere in un palazzo ed essere la schiava! » E i versi dolenti di Dante pròfugo le risuonano nella memoria :
Come sa di salelo pane altrui, e come è duro callelo scendere e il salir per l'altrui scale.
IL PRO E IL CONTRO
Tutti gli avvenimenti e le condizioni di questo mondo sono a doppio lato, come le monete, e bisognerebbe sempre avere la serenità di spirito e la forza d'animo necessaria per considerarli a dritto e a rovescio, per non fare troppo a fidanza con la buona sorte e non disperarsi eccessivamente nella cattiva fortuna. Si muore, sulla terra, ma anche si nasce, e le culle consolano delle bare. Ci si separa, ma anche ci si ritrova e la dolcezza dell' emozione del rivedersi vince l'amarezza degli addii. Si impoverisce ma anche si arricchisce ai nostri tempi di industrie, di speculazioni, con relativa facilità ; e molte volte mentre l'agiatezza faceva neghittosi e imprevidenti delle persone fornite di ottime qualità, il bisogno le rende improvvisamente attive, accorte, prudenti, e da esseri inutili li muta in individui degni di divenire esempio d' operosità e di energia. La perdita d'un palazzo monumentale, d'una pittoresca villa, di ricchi equipaggi, di preziosi gioielli, di vasti possedimenti, è certo crudele : ma dopo i primi tempi di acerbo rimpianto, la signora divenuta invece proprietaria d'un piccolo appartamento, d'un semplice chalet, e che si deve contentare borghesemente
dei tram e di gioielli falsi, si dovrà avvedere come è più facile e semplice la vita senza tante complicazioni. Una sola persona di servizio da sorvegliare, invece di una turba di servidorame ; un solo salotto da tener in ordine ; non più ospiti da intrattenere e far divertire; non più automobili che minacciano la vita ; non più tesori di brillanti e di perle da temer di perdere o di farsi rubare. Quel poco che le è rimasto le par più suo, lo ama di più, perchè lo conosce meglio e gli appresta le sue cure. E l'impossibilità di ottener più certe cose costose ha limitato la cerchia dei suoi desideri e delle sue aspirazioni, le ha tolto molte inquietudini, molte invidie, molte trepidazioni. Uno scrittore inglese, il Thoreau, ha scritto : « Perchè cercar sempre di possedere di più? Perchè non cercare piuttosto di contentarci di meno ? I più saggi vissero sempre vita più frugale e semplice dei poveri ». E la salute nella frugalità, nell' attività, migliora. Tutti noi abbiamo da porgere esempi di qualche persona nervosa e malaticcia, che ricuperò forza e serenità con una vita di lavoro. Ma non è facile, purtroppo, nelle contingenze vagliare i vantaggi dai danni, e ben disse il Balbo quando osservò che solo gli animi grandi possono vedere il pro e il contro : solo i retti tener conto dell'uno e dell'altro in ogni cosa.
DOPO L' ULTIMA PAGINA
Più nulla ! Il libro è stato letto, è stato chiuso, nè si rileggerà più, mai più. Forse era un delicato poema, ideale e vago come un sogno, pieno di raggi, di rose, di sorrisi e di malinconie. Forse era
un romanzo strano, appassionato, ardente, ricco di emozioni profonde, d'ebbrezze sovrumane, spezzato con violenza a metà della pagina più bella; od era un dramma che dal principio lasciava intravedere la sua fine tragica. Poteva anche essere una fiaba fantasiosa e mesta, tramata in un paese d' incanto inesistente sulla terra, oppure una novelletta ingenua, da scolari e da vignette romantiche del buon tempo antico.
Ad ogni modo quella storia ci fu cara perchè fu la storia del più grande amore della nostra vita; e noi avremmo voluto chiudere il nostro cuore come un fiore disseccato fra quelle pagine, per non sopravvivere ora che il libro è chiuso, che fu letto l'ultimo foglio. Ogni ragione d' esistere pare scomparsa, la terra e il cielo — realtà e sogno — s' allontanano, ci sentiamo sospesi nel vuoto, con le vertigini dell' abisso, come se fossimo improvvisamente caduti in un altro pianeta, in un mondo dove tutto fosse ignoto, atmosfera e vegetazione, uomini e linguaggio, religione e costumi.
Scriveva una fervida e mistica anima di poeta, morto a ventisei anni :
Amour est mort. Tu ne le sais pas?devant tout malheur je suis fort,et personne ne s' en doutera.Cependant je tremble. Amour est mort,Or que ferai-je de mon âme?et que ferai-je de mon core ?Comme une barque perdues les râmesje ne vaux plus rien. Amour est mort.
Per un' anima dolce e sensibile di donna, non facile a consolarsi d' un amore morto con un amore
nascente, l' esilio dalla reggia del piccolo dio bendato è forse il più doloroso. Nella vita virile l'amore non prende che una piccola parte, di rado impedisce l'uomo di occuparsi attivamente d'altre cose, anzi vi sono certe passioni, come la politica, il giuoco, lo sport, la scienza, che possono usurpare in lui il posto dell'amore. Ma nella vita della donna, invece, l'amore è il sostegno, è la luce, è la guida, è la ricchezza. Per la piccola operaia come per la giovine principessa, l'amore è il pensiero dominante, e quando vien meno, pare che la vita non abbia più appoggio, più direzione, come una barca che abbia perduto i remi, appunto. E la piccola operaia come la principessa, impazzisce, s'uccide, si chiude in un chiostro, si getta nel vortice della dissolutezza. Ma bisognerà che le madri e le educatrici dell'avvenire diano un altro indirizzo all'educazione femminile ed eviteranno così le grandi catastrofi e forse anche i grandi delitti.
La vita non può essere tutta o idillio, o romanzo, o tragedia. La vita è storia, ed ha le sue pagine gloriose come le sue pagine oscure, ha le sue vittorie come le sue sconfitte. Anche fuori del regno d' amore si può essere felici, utili, e farsi voler bene.
I PICCOLI FIORI DEI MARGINI
Non vi è sentiero per quanto remoto e immerso nell'ombra che non abbia sui margini qualche fiore. Non vi è vita per quanto sventurata ed oscura che non conti qualche conforto d'affetto o di simpatia, che non abbia qualche abbellimento spirituale. La pace che segue un periodo di tragiche sciagure e
che ha una soavità stanca e profonda : il compianto sincero dei buoni e le manifestazioni della loro simpatia; un'occupazione provvidenziale che viene a distogliere dall' inutile rimpianto ; la distrazione di un viaggio, d'un invito, di qualche bel dono; il ritrovarsi impensato con una cara amica d'infanzia nel cui cuore fedele possiamo versare tutto il dolore dell'anima nostra, il compiersi di qualche avvenimento desiderato — ecco i piccoli fiori che la vita non nega nemmeno ai più grami e che bisogna saper apprezzare.
Vi sono delle persone morbosamente sensibili ad ogni male, ad ogni contrarietà, e cieche e sorde ad ogni concessione della sorte. Invece non bisogna essere ingrati verso i piccoli fiori dei margini, e non fare loro una colpa se non sono fiori di serra. Si rifletta che senza quei fiori che non si vogliono avvertire e si calpestano sbadatamente, la nostra vita sarebbe ancora più squallida, più deserta, più triste. Avvezziamoci invece a opporre al dolore la fortezza e la rassegnazione e a tendere l' anima verso ogni conforto, sia pure il più piccolo e il più lontano. Ognuno di quei semplici fiori può nascondere tanta bontà di profumo e vaghezza di colore da bastare alle nostre aspirazioni. Non dimentichiamo che molte volte la felicità e la fortuna amano prendere forma umile e venire a noi nascostamente e che domani potremmo pentirci di non avere indovinato il grande valore celato nella modestia d' un involucro comune. Dai fiori più appariscenti non si distillano che essenze odorose per la vanità; ma dalle umili erbe e dai modesti fiori del prato si ricava il farmaco che ritorna alla salute e salva la vita.
LE GRANDI CAUSE
Vi sono delle consolazioni che si possono cercare se non s'incontrano, a cui, chiunque serba in sè la fede, l' entusiasmo, l' abnegazione necessaria, può rivolgersi quando ogni altro scopo della vita vien meno e furono tradite le più legittime e care speranze. Per molte nobili e tenere anime femminili il cruccio che più le tormenta quando le circostanze non permisero loro di comporsi un nido e una famiglia o di dare tutto il loro affetto ad un essere amato, è quello di considerarsi e di essere considerate inutili al mondo. Quante fanciulle non più giovani, quante vedove senza figliuoli, quante madri a cui la morte tolse l' unica creatura adorata, si sentono amaramente esclamare : « Che sto a fare io al mondo ? Per chi, o per che cosa debbo vivere ? Chi ha più bisogno di me ? ›› E non pensano in quei momenti di sconforto quanti bimbi senza mamma esistono, quante fanciulle abbandonate e pericolanti, quanti vecchi a cui la solitudine e la povertà rendono ancor più gravosa la loro età inoltrata. La beneficenza ai giorni nostri ha preso l' importanza d' una vera istituzione civile, ed una donna che senta il lodevole desiderio di giovare ad altrui non ha che a guardarsi intorno per scegliere quella fra le grandi cause dell' umanità che le inspira più interesse e simpatia. Nè vi è più bisogno di cingere bende e pronunziar voti religiosi, ai giorni nostri, per esercitare questa missione austera e pia. Potrà rimanere nella società, non rinunziare al suo grado e alla sua posizione, continuare a vestire elegantemente se ne ha l' abitudine,
e vivere nella sua casa e nella sua città, poichè dovunque vi sono miserie da soccorrere, anime da dirozzare, mali fisici e morali da guarire.
Ecco gli asili d'infanzia e i patronati scolastici : una legione di bimbi da proteggere, al cui sano sviluppo organico e spirituale vigilare con previdenza materna, visitandoli, tenendo conto dei più bisognosi e negletti : ecco le provvide istituzioni dell'Infanzia abbandonata, delle Case di deposito e di soccorso per i piccoli derelitti che hanno conosciuto il dolore e la malvagità umana prima ancora di sapere che cosa è la vita : ecco i Ricreatorî festivi per le fanciulle operaie da ingentilire, da ritemprare alle prove della vita, da mantenere nella retta via dell'onestà e del lavoro: le scuole domenicali e le biblioteche per illuminare le loro menti e fornire loro sane e profittevoli letture. Ecco tutte le opere di previdenza sociale, le unioni di beneficenza intese a dar lavoro ai disoccupati : le case di redenzione il cui nobile programma sta tutto nel loro titolo : il patronato dei minorenni condannati col beneficio della legge del perdono e rimasti nelle loro famiglie : le Amiche della giovinetta, opera internazionale che si prefigge di occuparsi delle fanciulle straniere che arrivano in cerca di lavoro; la Cassa d'assistenza per la maternità, bellissima istituzione che vuol garantire la madre e il neonato nei periodi critici della gestazione e del parto ; l'Aiuto materno, che si assume la sorveglianza dell' allattamento, e distribuisce latte sterilizzato e indumenti per i piccini ; le Cucine popolari ; le Amiche dei poveri che dànno lavoro a
domicilio equamente retribuito ; le Società per il patronato dei ciechi, che mettono in opera ogni mezzo suggerito dalla scienza e dalla pietà per alleviare la massima fra le sventure ; l'Ufficio indicazioni ed assistenza, il quale si occupa di stendere suppliche, ottenere certificati, elargire consigli ed aiuto, delle visite a domicilio dei poveri ed anche di piccoli prestiti a cui l' indigente può ricorrere sottraendosi alla rapacità degli usurai.
A tutti è nota oramai la Cooperativa delle industrie femminili, che oltre rilasciare all' operaia il guadagno netto, si è fatta scuola d' arte e di buon gusto;
e una felice innovazione già tentata con buon esito in qualche città è quella delle Cucine per i malati poveri, intesa a fornire a poco prezzo cibi
sostanziosi leggeri e igienici per le convalescenze, prima che il malato torni al lavoro e al suo regime frugale. Vi è pure il Comitato contro la tubercolosi,
per diffondere fra il popolo nozioni utili d'igiene e di previdenza, visitare gli infermi, distribuire gli alimenti, mandare a cure climatiche i deboli, distribuire sussidî, rendere infine sempre più efficace la lotta contro questo flagello terribile. E con questa avanguardia di soccorso si apre la beneficenza degli ospedali, le cui candide corsie silenziose sono per certe anime percosse dal dolore un salutare rifugio morale. Ecco le Scuole di infermeria e della Croce rossa ; ecco gli Ospizi di maternità, gli Ambulatorî per le malattie infantili ; le Case di convalescenza poste in luoghi ridenti e salubri : gli Ospizi marini dove tanti poveri bambini deboli trovano le forze e la vita. E forse in questa lunga enumerazione ho ancora dimenticato
qualche opera provvida, ad ogni modo ne avrò sempre accennato abbastanza per dimostrare che non mancano occasioni di fare il bene secondo
qualunque intendimento o tendenza ; di giovare al prossimo nobilmente ed efficacemente; di proporre alla propria attività e al proprio cuore un còmpito utile ed alto.
O Carità, più grandide l' umana sventura le bianche ali tu spandi. Rapisardi.
L' EDERA SULLE ROVINE
Il tempo distrugge ogni cosa. Templi magnifici, palazzi superbi, fieri castelli dominatori sono ora un piccolo mucchio di rovine, dove une torre merlata, qualche colonna,
l' arco elegante d' una porta o l'architettura tipica d'un balcone soli rimangono a testimoniare delle passate grandezze. Lo spettacolo delle rovine rende sempre meditabondi
e malinconici perchè ci ammonisce della caducità di tutto : ma la vista dell'edera che mai si disgiunge da esse, e pietosamente le allaccia e le ricopre col suo manto di
freschezza e di grazia agile e forte, riasserena lo spirito nella visione d'un'ideale poesia. Così nella vita, non v'ha rovina, non v' ha decadenza, non v'ha tristezza che non
conosca la sollecita e fedele pietà d' uno di questi sentimenti più forti della morte e della distruzione. Scrisse Ugo Foscolo : « Quando le rose dell' amore si sono
appassite, la divina amicizia le deve raccogliere e respirarne la fragranza. » Quando si sono perduti tutti i beni della vita, sia l'amore, sia la salute, sia
la giovinezza o il denaro ; quando tutto è morto, tutto è spento, perfino la speranza, ecco la pietosa amicizia, ecco qualche devozione tenace a nascondere le miserie, a dare un aspetto di nobiltà e di poesia allo sfacelo. Ed è fra l' edera e le vecchie mura crollanti uno scambio segreto di sensi caldi e profondi: « Lasciami — dice la decrepita muraglia — la tua devozione, la tua generosa pietà sono inutili oramai : tu non giungerai a nascondere agli occhi del mondo la mia decadenza spaventosa, il mio intimo sfacelo. Giorno per giorno sento le molecole che mi compongono disgregarsi, lentamente tornare in polvere, come è sorte d'ogni cosa. La tua forte e pura freschezza si contamina al mio contatto : dirigi piuttosto le tue spire agili e veloci verso qualche alto fusto, verso qualche nuovo edificio che s'abbellirà di te. Qui non puoi essere che un panno funebre : abbandonami. »« Non panno funebre, sibbene manto regale — risponde l'edera fedele — quale si addice alla tua sovranità passata che ancora resiste al tempo, s'impone agli uomini col fàscino possente delle memorie. Che importa se senti la tua intima compagine disgregarsi ? Finchè io t'allaccio con le mie spire tu non cadrai, io sono vigorosa e tenace e ti rivesto d'una eterna giovinezza. Gli alti fusti e gli edifici recenti male mi sopportano e non hanno bisogno di me per sostegno, io preferisco te che sei debole, te che tutti hanno abbandonato — te, che sei coraggiosa e ancora t'ergi dopo tante offese e tante vicende. E quand'anche di te non rimanesse pietra su pietra, io continuerei a effondere sul luogo ove esistesti le mie rame fresche, che gelo o sole non
ingiallisce e a tener viva agli obliosi la memoria di te. »
Questo si dicono l' edera e le rovine ; e parole presso a poco uguali sono forse scambiate fra qualche creatura caduta nella più profonda abbiezione, dal fondo d' un carcere, d' un luogo di vergogna, d' un rifugio, con l' ultima onestà con cui è ancora in contatto, l' ultima voce che le dice parole di speranza e di pietà : — forse una pura figurina di vergine cinta del mistero delle bende ; forse una virilità
onorata e austera che segue la sua missione di luce e di bene.
L' ESEMPIO DEGLI UMILI
Il Metastasio scrisse nella sua semplice e onesta filosofia :
Tutti a tutti siam necessari, e il più felice spessonel più misero trovache sperar, che temer.
dipingendo la bella fratellanza umana. Infatti le ricchezze, la posizione sociale eminente, il potere, non possono rendere l'uomo indipendente al punto da essergli possibile di fare a meno dell' opera dei suoi simili. Dice bene il vecchio poeta : Tutti abbiamo bisogno di tutti : e ogni uomo può nuocere ad un altro uomo. Pure può anche essergli giovevole e non solo con l' opera, ma col semplice esempio. L'esempio vivo, pratico, che quasi sempre è più efficace della parola, giacchè noi dimenticheremo il discorso più eloquente, l' esortazione più ingegnosa, ma non sapremo dimenticare un fatto, una condotta, una regola di vita che abbiamo avuto
sott'occhi e che ci abbia impressionati come una lezione, come un modello da imitare. E in questo, quante volte gli umili possono essere di specchio ai favoriti dalla sorte ; i poveri ai ricchi ! Quale esempio di pazienza ci dà quella misera inferma, a cui l'indigenza non può dare nessuno di quei conforti che accettiamo senza calcolarli dalla nostra posizione agiata e che pure mitigano le sofferenze fisiche e morali. Non stazioni climatiche per la poverella, non sanatorî di lusso, non cibi delicati e cure tenere e assidue. In casa le privazioni, e fuori di casa un letto d'ospedale ; eppure essa è paziente e grata a chi la soccorre, e confida in Dio.
E quest'altra, cui la morte e l' emigrazione fecero la dimora deserta e costrinsero a ramingare per le case degli altri, offrendo i propri servigi, spesso non equamente ricompensati e che si mantenne onesta, volonterosa, mansueta, e seppe rassegnarsi al suo triste destino.
E quell'altra, che lavora eroicamente per provvedere ai suoi bimbi o ai suoi vecchi, da mattina a sera, in una fabbrica, in un laboratorio, senza mai chiedere o sperare nulla per sè, contenta quando ha il necessario, diligente e amante del lavoro, sprezzante la fatica, incapace dell' ozio, e che solo chiede al Signore la salute per continuare così. Sono belli e proficui esempi per chi è insofferente delle proprie sventure e si ritiene l' essere più infelice del mondo, mentre guardandosi intorno si vede che il dolore e l' infelicità formano una scala infinita, di cui non si scorge l' ultimo gradino. Spesso l' entità d' un danno dipende dal modo col quale vi facciamo fronte o tentiamo di ripararlo.
Quindi più che la somma dei mali, avvezziamoci ad enumerare i rimedi e i conforti che possiamo opporre. Maria Pezzé Pascolato, scrive : « Uomo o donna, nessuno di noi può, il più delle volte, scongiurare gli avvenimenti della vita o alterarne le vicende ; ma il punto di vista dal quale consideriamo questi avvenimenti, queste vicende, il modo in cui li sopportiamo, sono scelti da noi della vita non possiamo mutare il corso, ma è in nostra facoltà l'accettarla serenamente o no ; è in nostra facoltà il modo di prenderla, che può illuminarne ogni gioia, mitigarne ogni dolore. »
IL LIMITE
Non tutte siamo nate a compiere grandi cose, e non tutte possiamo cercare in un ampio cerchio motivo alle nostre azioni o conforto nelle vicissitudini della vita. L'ingegno, l'indipendenza, la ricchezza, non sono comuni, ma non dovremo troppo dolercene, nè farne carico a noi medesimi. Noi non ne abbiamo colpa alcuna. La nostra responsabilità individuale cessa al limite delle nostre facoltà. Il poeta inglese Roberto Browning lasciò scritto : « All'ultimo non ci verrà domandato che cosa abbiamo fatto, ma che cosa ci siamo sforzati di fare. » Ed è proprio vero. Se ognuna di noi senza guardare lontano si contentasse di compiere scrupolosamente il proprio dovere, di fare tutto il bene che può nella sfera ove la natura e il suo destino l'hanno messa a vivere, basterebbe, e non dovrebbe rammaricarsi di non aver potuto compiere opere d' importanza maggiore. Vi sono delle donne non convinte di questa verità e che si sentono spinte
dall' inquietudine a tentare alti voli, ad esercitare la loro attività dove non è necessaria, solamente perchè il campo d' azione è più vasto e visibile e la loro vanità più soddisfatta. Sono queste le mamme che lasciano in abbandono i figli propri per dedicarsi con ardore a qualche beneficenza : le mogli che trascurano la loro casa e lo sposo, per correre a sgonnellare ad ogni congresso e far pompa d'idee umanitarie : le signorine candidate alla gloria che per aver pubblicato un libro di versi si credono emancipate da ogni dovere figliale, da ogni occupazione domestica, e non sognano che la celebrità : Sono spostate morali più dannose che utili, mentre se rimanessero nella loro cerchia potrebbero realmente beneficare. — Dice ancora la nostra buona consigliera, Maria Pezzé Pascolato: « Non soltanto servono alla vita coloro i quali compiono un atto luminoso di eroismo o un' opera di palese utilità generale. Ma ben anco tutti gli umili — ignoti talvolta persino a sè stessi — che si piegano senza lamento e senza viltà al còmpito quotidiano ch' è loro toccato in sorte ; tutti i piccoli che in ogni giorno, in ogni ora della oscura esistenza fanno del loro meglio semplicemente e coraggiosamente. »
«QUANDO NON SIETE INFELICI,
SAPPIATE ESSERE FELICI»
Era un grande spirito luminoso, il Carlyle, che raccomandava questo. Quando non siete infelici, sappiate essere felici — ossia, quando non avete cause reali e gravi d'infelicità, abituatevi a sopportare filosoficamente i piccoli mali, le contrarietà. Purtroppo dalle grandi sventure non possiamo sempre
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guardarci, ma il più delle volte dipende da noi il peggiorare o il guarire le piccole infermità dello spirito, dar corpo alle ombre della nostra fantasia o dileguarle : farci insomma delle cause d'infelicità che con un po' più di energia o di virtù avremmo potuto evitare.
La natura umana è cosiffatta che tende continuamente a turbarsi, così che quando non si hanno cause di sofferenze si cercano di continuo. Non vi sono, al mondo, esseri meno felici di coloro che potrebbero dirsi felici — e questo appunto perchè si fanno dei tormenti di cose che sono di mediocre importanza. Giusta è quindi la savia ammonizione dell' autore degli Eroi, di allontanare dal nostro intimo e dalla nostra vita le preoccupazioni troppo affannose, gli sgomenti prematuri, le inquietudini e i motivi di contrasto che nascono soltanto dalle suscettibilità del nostro carattere. Per essere felici, dunque, o almeno per imparare ad esserlo, dovremo vigilare sul nostro temperamento ed emendarlo da tutte quelle piccole macchie d' invidia, di gelosia, di puntiglio, d' ambizione, d' egoismo e simili, che sono come le male erbe parassite e impediscono al sereno fiore della felicità la sua libera espansione nel nostro cuore e nella nostra vita. Ed è per questo che vediamo spesse volte delle persone godere d'una esistenza tranquilla in condizioni che a noi sembrerebbero tristissime e con correnti a formare l'infelicità. Ma quelle persone hanno un'anima forte, contro cui le piccole pene, i piccoli attacchi non valgono : hanno una mente superiore nutrita di pensieri nobili, di idealità elette, usa a considerare con indulgenza e a sopportare con filosofia
quello che non si può evitare e che non impedisce al cuore di godere dei beni elargiti dal Creatore. Vi sono anzi donne così bene equilibrate che si rallegrano quasi d'avere qualche piccolo dispiacere, qualche tristezza nella loro vita, parendo ad esse che quell' amarezza, quella deficenza, le salvi dai dolori reali. E' come un tributo che pagano al destino.
Noi dobbiamo pensare sopratutto a questo : che la pace e la felicità completa sono impossibili al mondo : che dobbiamo guadagnarci tutto con uno sforzo, persino quella relativa parte di felicità che ci è concessa. Non trascuriamo quindi d' imparare la scienza per procurarcela.
L' OMBRA E IL BUIO
Un proverbio dice che per il cieco anche il guercio è un veggente, per significare che a chi è afflitto da una grande sventura, ogni minor disgrazia appare quasi invidiabile. E di questo possiamo pur farne la prova da noi stessi, quando presi da una malattia ci auguriamo riavere gli incomodi di cui pure ci siamo tanto lamentati : o quando colpiti da un vero dolore ci chiamiamo sciocchi d' esserci afflitti per cause lievi. Il salutare, classico avvertimento del « voltarsi indietro », del trarre esempio e conforto dalla vista di chi è ancora più infelice di noi, è pieno di saviezza. Il santo dell' amore, Francesco d'Assisi, diceva che provava grandissima vergogna quando incontrava alcuno più povero di lui : e noi dovremmo avvertire un sentimento consimile quando ci troviamo in cospetto di qualche
sventura profonda, dopo esserci lagnati dei nostri piccoli crucci dichiarandoli insopportabili. Una mamma desolata d' aver perduto il suo piccino nelle fasce incontrò un giorno una signora matura che piangeva morto il suo unico figliuolo nel fiore della giovinezza, e da quel giorno il suo dolore, pel confronto, le parve meno amaro. Una giovinetta tradita dal fidanzato ascoltò gli sfoghi d' una moglie abbandonata e si sentì quasi inclinata a ringraziare Dio che le aveva risparmiato uno strazio più grande. Una madre di famiglia sgomenta e addolorata di dover abbandonare una casa dove abitava da molti anni e nella quale erano nati tutti i suoi bambini, non osò più lamentarsi dopo le tragiche vicende di Reggio Calabria e di Messina : e infine una signora di mia conoscenza costretta da rovesci di fortuna a guadagnarsi il pane in casa altrui, dopo aver conosciuto una disgraziata che non ha nemmeno la salute e non riesce a provvedere a sè e al suo figliuolo, disse: « Ho potuto constatare che al mondo vi è sempre chi sta peggio di noi. »
« Possiamo salvarci da molti guai semplicemente col guardarci attorno — scrive la Pezzé Pascolato — con l' osservare quel che accade agli altri e col dire : Così potrebbe accadere anche a noi. »
Prendere le sventure che toccano agli altri come proficui avvertimenti ; riguardare quasi come un privilegio l' immunità da danni maggiori ; quando si è all'ombra non osservare invidiando quelli che stanno al sole, ma meditare su quelli che sono al buio : ecco il vero rimedio nelle traversie della vita.
SI VIVE UNA VOLTA SOLA !
Ma io sento un grido di ribellione disperata : « Si vive una volta sola! Si ha una sola giovinezza, un solo destino, una sola possibilità di abbandonarsi interamente e onestamente all' amore ! La donna, nella nostra società, è come un giocatore che dovesse arrischiare tutto il suo patrimonio su una carta e non avesse che un' unica probabilità di averla buona. Se un uomo si avvede d'avere scelto una professione disadatta al suo temperamento, di aver seguito un corso di studi o un metodo di vita non conformi ai suoi ideali o alla sua salute, li può cambiare o modificare anche in piena maturità. Un uomo ha facoltà di scelta, non solo, ma ha, si può dire, in mano sua parecchi destini. È come se avesse molte vite. Può pentirsi e ricominciare ; può assaggiare molti amori prima d'eleggere l' amore sovrano. E non ci perde nulla : e se ha energia e attività può rinnovarsi fino all' estrema vecchiaia. Mentre noi non possiamo scegliere il nostro destino, e l' esperienza ci viene soltanto quando la nostra sorte è fissata per sempre. La nostra esistenza è una via monotona e dolce, ma unica, a meno di non lacerarci fra i dirupi dei sentieri obliqui.... Se il colpo fallisce, la nostra vita intera è mancata ! »
Vi è del giusto, ma non in tutto. Intanto la vita della signorina moderna, la sua libertà d'istruirsi, di dedicarsi a quello che si accorda meglio coi suoi gusti e col suo temperamento le dànno maggior modo di osservare, di riflettere, di farsi un' esperienza sufficente il più delle volte per non errare
nelle sue preferenze e nella sua scelta. Credete pure, che quando una signorina oggi si trova ingannata e tradita nelle sue aspirazioni, non è per colpa degli altri ma di sè medesima, che non volle o non seppe riflettere abbastanza, tener conto degli indizî sfavorevoli, secondare il suo senno, seguire gli altrui e i propri avvertimenti. La seduzione d'essere amata, d'una posizione indipendente, della ricchezza, di cambiar vita e abitudini, la decidono, quasi sempre, a fissare il proprio destino, più che l'amore vero. E in quel momento supremo, quando è arbitra di sè, non pensa, allora, che si vive una volta sola — come lo penserà disperatamente più tardi, quando non potrà più rifare la via già percorsa. E appunto perché per lei la decisione della sua sorte è più grave, bisogna che in quel momento unico dell'esistenza raccolga tutto il suo coraggio, tutta la sua ponderatezza per disporre di sè. Certo, un'idealità sfumata, una vocazione perduta, un destino mancato, uno scopo fallito sono più dolorosi per la donna che per l'uomo, poichè la donna non ha dato solo una parte della propria personalità e della propria anima, ma la personalità e l' anima tutta : ed il ricominciare da capo, l' iniziare una vita nuova, anche nei casi in cui le è possibile, le riesce più arduo e penoso. Poichè si vive una volta sola procuriamo dunque che la nostra vita sia proficua, anche se limitata in un dato numero d'anni; ed ascoltiamo Montaigne che scrisse : « L'utilità del vivere non è nello spazio, ma nell' uso : può aver vissuto a lungo tale che pure ha vissuto poco. L'aver vissuto abbastanza sta nella volontà nostra, non nel numero degli anni. »
MUTUO SOCCORSO
Se alcuni individui dello stesso popolo s' incontrano in terra straniera, si ricercano, si legano d'amicizia, si aiutano e difendono scambievolmente. Così avviene degli infelici, degli esiliati dalla gioia. Chi non possiede una famiglia propria, un nido, degli affetti, ricerca istintivamente chi è privo al pari di lui di quei beni, e nella confidenza reciproca dei dolori, delle nostalgie, tenta confortarsi, attingere forza per continuare il deserto cammino. È forse questa la condizione della vita che dà le amicizie più sincere, più assolute, più fedeli : si sono viste creature dare anche quel minimo che possiedono per salvare l' amico ; esporre la vita per lui, compiere i maggiori atti d' abnegazione e d' amore. E sono esempi edificanti e commoventi che passano davanti ai nostri occhi, o in una corsia d'ospedale, o in una sala d'ospizio, o in un giardino d'orfanotrofio, o sul ponte d'una nave che va verso l'ignoto, o in una soffitta, o in un laboratorio — ovunque la miseria morale e materiale tocchi un' altra miseria, e forse una miseria più grande. Nella natura umana vi è l' istinto d' allearsi per fortificarsi a vicenda, per compensarsi quanto è possibile di ciò che non si ebbe dalla fortuna : per tal modo tutti possiamo sentirci utili e sentirci a nostra volta protetti ed amati.
La vicina che custodisce il bimbo della sua casigliana povera come lei mentre va al lavoro : la bimba che si reca alla bottega per la vecchierella che non può muoversi : la buona donnetta di cuore che fa il bucato per la puerpera o le va a preparare
il cibo, sono gli atti più elementari di quel mutuo soccorso che in una sfera più superiore e nel campo dei sentimenti si manifesta nell'orfana che va a far compagnia alla vedova sola; nella vecchia fanciulla che s' accompagna per via alla maestrina lontana dal suo paese e dalla sua casa, per fare ad un' ora un po' tarda la strada insieme. I felici, i privilegiati, non conosceranno mai tutta la dolcezza e il profumo di queste belle alleanze. Il più delle volte l'egoismo, l'invidia e gli interessi personali distruggono la vera amicizia : e lo affermò anche brillantemente il Foscolo quando scrisse che vi sono sette amicizie : la di cuore — 2a di mente — 3a di compagnia — 4a di gentilezza — 5a di co-noscenza — 6a di diplomazia — 7a di cappello : e che tutte le ultime sei si combinano in infinito tra loro per distruggere sempre la prima.
L' OBLIO DI SÈ
Il vero e infallibile rimedio contro la sventura, contro la solitudine del cuore, contro i disinganni e le offese è quello di obliare sè stessi, la propria personalità coi suoi desideri, i suoi bisogni, le sue aspirazioni, per vivere nella sfera superiore delle grandi idee, delle assolute dedizione. In alcuni paesi dell'Oriente, la maggior beatitudine è stimato il nirvana che è uno stato dell'anima d' insensibilità e d' incoscienza individuale, mentre è tutta assorta nel sogno dell' infinito. Dunque meno ascoltiamo noi medesimi, meno ci sentiamo vivere e più penetrerà in noi la pace, l' appagamento, una celeste dolcezza. Ma sopprimere il senso della vita per una
oziosa contemplazione sarebbe una specie di suicidio morale per noi che abbiamo ideali e fede così diverse da quelle dei popoli dell'Oriente. L'oblìo di sè non sarà permesso ed encomiabile e proficuo se non ci porterà a vivere per qualche cosa o per qualcuno. Dimenticheremo di soffrire o d'aver sofferto per adoperarci tutte ad alleviare i mali del prossimo, a confortarne i dolori : ci faremo insensibili ai lamenti della nostra anima ferita dalla crudeltà del destino o dalle ingiustizie, per non impietosirci che ai casi dolorosi e alle ingiustizie altrui. Bandiamo le vane fantasticherie, i lunghi rimpianti che a nulla giovano se non a sfibrarci, per sostituirli con l' azione, energica, pronta, assidua, a benefizio di chi ne abbisogna. Ed ogni volta che un pensiero, un ricordo, un rammarico, un senso ribelle, sorgerà dall'intimo nostro lo combatteremo, lo debelleremo come un pericoloso nemico, come un ostacolo alla libera esplicazione delle nostre facoltà migliori — lo recideremo come un vincolo che ci trattenga dal volo. Darsi, darsi con l'anima tutta, ad una missione di bene, grande o piccina, morale o materiale ; fatta di luce di pensiero o d' azioni benefiche, ecco il divino rimedio, ecco il farmaco onnipossente contro le più acerbe sciagure, contro i danni più irreparabili. Sentite con che armoniosi versi un poeta del passato, G. B. Guarini, esalta questo altruismo generoso :
Anime pellegrine che bramateamando essere amate,se volete gioir, morendo in vuirinascete in altrui.Non vi divida mai nè tuo nè mio, sian confusi i voleri, le speranze, i pensieri, faccia una sola fede, un sol desìo di due alme e due cori un'alma, un core, nè sia premio d'amore, altro che amore.
E nemmeno quando questo unico premio venisse a mancare (poichè l' ingratitudine è umana purtroppo) nemmeno allora si deve rallentare l'alacrità, intiepidirsi l' ardore. Fare il bene per averne in cambio la dolcezza dell'amore e della riconoscenza sarebbe cosa troppo facile e gradita. Il difficile e il meritorio sono nel bene compiuto senza aspettarsi il ricambio : il bene che non chiede altra soddisfazione se non l' opera per sè stessa, l' approvazione della coscienza segreta. È il solo bene spoglio da ogni egoismo; il solo che dà la pace inalterabile e il profondo conforto.
SUA MAESTÀ IL DESTINO
È il sovrano dei sovrani, l' arbitro dei re, degli imperatori, di tutti i potenti della terra. Non vale nascere in una culla d' oro o su un mucchio di paglia; recare sul volto le luminose impronte della bellezza o l'irregolarità della disavvenenza; nutrire nel cuore e nell'intelletto il germe d' ogni virtù o celarvi ogni deficenza. La Maestà severa e inflessibile dispone secondo il capriccio, o forse secondo gli eterni decreti d' una Volontà inaccessibile alla comprensione umana. Con la stessa legge per cui certi fiori si schiudono in superbi giardini, dove, coltivati con cura, possono far pompa della loro bellezza; e certi altri sbocciano a fatica sul margine
d' una via, non curati e calpestati di continuo, S. M. il Destino governa la vita degli uomini, commette le grandi ingiustizie, pronunzia i fatali dinieghi, decreta le feroci ironie. « Che giova nella fata dar di cozzo ? », rifletteva non scorato, ma sdegnoso, Dante Alighieri. Infatti non giova a nulla, e noi ci ribelleremo invano per raggiungere una riva che non siamo destinati a toccare mai.
Quindi, per vivere il meno penosamente possibile dovremo secondare il nostro destino, seguire la linea principale da esso indicata, anzichè tentare di uscirne per seguire una via più conforme alle nostre inclinazioni ; senza ostinarci a dare la scalata a una muraglia marmorea, ad aspettare che si apra una porta inesorabilmente suggellata per noi. Se il nostro destino non vuole che diventiamo spose e madri di famiglia, artiste, monache, letterate, inutile perdere tempo e forze a lottare contro l'inesorabile ; se il nostro destino non consente che noi arriviamo a sposare l' uomo che forma il nostro ideale di felicità, inutile logorarsi in una sterile ostinazione, in una vana attesa. Noi dobbiamo essere pronte e docili al comando Divino e seguire senza ribellioni la via che dalla nascita ci è stata decretata, persuadendoci che in qualunque condizione ella sia, una donna può foggiarsi una vita utile, fare del bene, amare ed essere ricambiata, e raggiungere quel grado di pace intima, di soddisfazione morale che è preferibile ad una fugace ebbrezza di gioia o ad una egoistica felicità. Occupiamoci dalla giovinezza a interrogare replicata-mente il nostro destino, ciò che richiede da noi, la missione che vorrà affidarci : procuriamo d' interpretare
esattamente la nostra vita, e anzichè studiarci di seguire i nostri impulsi, spesse volte inconsulti, e le nostre inclinazioni, le quali possono anche essere solamente passioni egoistiche — procuriamo di adattarci a esplicare la nostra attività e le doti d'intelletto e di cuore che possediamo in quella direzione verso cui la mano invisibile e possente ci piega. Un giorno sapremo il perchè di certe deviazioni violente, di certe troncature crudeli, di certi inesplicabili dinieghi. Obbediamo intanto al volere più forte del nostro, come le erbe che s'inclinano docilmente dalla parte che il vento le piega ; come il rigagnolo che scende per la sinuosità della roccia preparata dai secoli.
QUELLO CHE UNA DONNA PUÒ FARE
PER BASTARE A SÈ STESSA
Sia che il destino non lo abbia decretato, sia che e circostanze non le volgano favorevoli, ma un marito non si presenta sempre alla fanciulla, onde toglierla dall'imbarazzo di scegliersi una professione per bastare a sè stessa. Quindi io consiglierei sempre alla donna nubile di pensarvi subito, appena uscita dall'adolescenza; prima ancora di trovarsi nella possibilità d' accettare una proposta di matrimonio. Meglio non farsi illusione : queste occasioni vanno facendosi sempre più rare : una casa, una famiglia, costano assai più ora di una volta, ed è perciò che i signori uomini o si decidono tardi, quando hanno una posizione sicura, o non si decidono affatto. Del resto, se lo sposo viene, invece di dote gli porterete l' equivalente d' un guadagno ; se non viene, potrete vivere onestamente e decentemente senza essere di carica a nessuno.
Parlo, naturalmente, di quelle donne che non possono contare nè su una rendita nè su un'eredità; cresciute in una famiglia che deve tutto al lavoro del suo capo. È quasi un obbligo per la fanciulla, sana, intelligente e buona, di contribuire come può al benessere della sua casa, prima : indi alla sua indipendenza particolare.
Nel passato, alla donna civile non si offriva che la professione di maestra, d' istitutrice, oppure di ricamatrice, se non aveva avuto l' opportunità di seguire gli studi. Ma specialmente delle prime si fece una tale abbondanza che persuase la giovinetta a scegliersi altre vie. Venne la volta allora degli impieghi governativi al telegrafo e al telefono, nei quali, ad ogni concorso, sboccano decine e decine di ragazze. Ma anche qui l'abbondanza formò presto un ristagno ; e la donna allora tentò le porte degli uffici privati e del commercio : divenne cassiera, computista, dattilografa : occupazioni che oltre rispondere alle sue naturali attitudini d' ordine, di precisione, di dettaglio, le procurano un guadagno discreto, la collocano in una posizione decorosa e in ambiente ove in generale è rispettata e sicura. Vi sono però altre professioni adatte alla donna e ancora non sfruttate come quelle che ho riferito. Per esempio la stenografia che si impara in breve ed è benissimo compensata : la pittura ornamentale e la miniatura, per quelle che hanno tendenze artistiche; il disegno per lo svariatissimo assortimento di ricami in bianco, oggi tanto in voga ; il rilegare libri, dalle semplici legature alle legature di lusso; provare i pianoforti per gli acquirenti nei magazzini di musica ; o suonare nei tea-room ; fare da
guida nelle gallerie e nelle chiese agli stranieri invece dei volgari e ignoranti ciceroni, ed anche tenersi, nei grandi alberghi, a disposizione di quelle signore che desiderassero conoscer bene la città ove si trovano e i dintorni. Nel ramo delle scienze, la donna potrà dedicarsi con profitto allo studio della chimica e della farmaceutica, alla medicina, specializzandosi per i fanciulli. Anche la professione d' infermiera, esercitata con coscienza e sapienza, è affatto femminile poichè richiede una base d'abnegazione e di pietà. Non mancano quindi, ai giorni nostri, i modi di occuparsi proficuamente e decorosamente, qualunque sia il grado d' intelligenza e d'istruzione d'una donna che voglia davvero crearsi una posizione indipendente nel suo avvenire e vivere senza preoccupazione gli anni della maturità. E se nessuna delle occupazioni citate corrispondesse al suo temperamento o alle sue possibilità materiali, io consiglierei sempre una fanciulla a mettersi senza falso amor proprio a un mestiere manuale, a far la sarta, la modista, la pettinatrice, la cucitrice, la merlettaia, la commessa, piuttosto che intristire nell' inazione, vivere del piccolo e insufficente risparmio e della generosità altrui. Dice ancora Maria Pezzé Pascolato, consigliando l' operosità alle fanciulle ed esortandole a vincere dinnanzi alla bontà e alla dignità del lavoro ogni rispetto umano : « Se, purificata l' anima dalla vanità e dall' ambizione, credete vostro dovere di cercarvi un impiego o di abbracciare una professione : se avete bisogno di guadagnarvi la vita, o se, lavorando, potete alleggerire la vostra famiglia di un peso, amate il vostro lavoro e siatene fiere ».
L' ULTIMA DEA
Ricordate la leggenda mitologica di Pandora ? Recava un' urna suggellata piena di mali, quando il vaso le sfuggì, si ruppe, e tutti i mali si sparpagliarono sulla superficie della terra.
Ma in fondo all'urna infranta era rimasto il divino rimedio della Speranza.... Spes, ultima dea ! esclama il poeta antico. Quanti inni furono innalzati alla Diva
consolatrice ! Quante invocazioni s'elevarono a lei dagli uomini ! La speranza è una immensa pietà diffusa nel mondo per neutralizzarne le crudeltà e il dolore. Che sarebbe la terra,
che saremmo noi, senza la speranza ? Dalla grande celeste speranza dell'immortalità, alle piccole, dolci, benefiche speranze che ogni giorno attenuano le nostre pene, confortano
le nostre afflizioni, mettono un raggio nelle nostre tristezze ?
La speranza è una delle facoltà che emerge prima nella vita e che ultima ci abbandona. Spera già il bimbo che ha appena la possibilità di formare il desiderio :
spera il morente, quando più nessuno spera intorno a lui. Grande forza motrice è la speranza, grande contingente di vita e d'energia. Mai ci sentiamo più validi,
più forti, più buoni, che sotto l' impero d' una luminosa speranza. Bene è dunque coltivarla in noi, provocarla quando tace, riaccenderla quando accenna a languire,
trattenerla quando vuole abbandonarci o sostituirla subito da un'altra se vien meno. La speranza è indispensabile al nostro mondo morale come la luce, come l' ossigeno. Sperate contra spem ha raccomandato uno dei Padri della Chiesa : sperate oltre ogni speranza. La
circostanza più comune, un'ora, un attimo, bastano per mutare in un destino favorevole un triste destino : per aprire un nuovo orizzonte, per salvare. Tutto è mistero in noi e intorno a noi e tutto è possibile, anche il prodigio....
FINE.