Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbandonata

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Il discorso dell'on. Degasperi a Milano

387757
Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Il nostro paese non uscirà dalla presente stretta se abbandonata ogni violenza ed ogni pervertimento materialista, non verrà restaurato il senso morale e cristiano della vita e l’autorità della legge, espressione superiore delle esigenze collettive di tutte le classi sociali». L’idea di riforma economica sociale che dominava allora i nostri propositi venne però sviata dalla manovra dell’on. Giolitti il quale, pur accettando il principio antisociale del controllo nelle aziende industriali, meditava già di sfruttare la situazione per spingere verso la collaborazione ministeriale, giovandosi anche della tolleranza che egli lasciava alla già forte pressione fascista. Fisso in questo scopo, egli scioglieva nell’aprile 1921 la Camera e nella relazione al Re faceva appello ai lavoratori perché «invitassero i loro rappresentanti tutti a prendere nella vita politica una parte attiva anziché limitarsi alla funzione della sola critica»; e, tra amici, diceva: «bisognerà che si decidano a calar giù dall’albero». Cosicché il calcolo parlamentare soffocò il tentativo sociale e i popolari non hanno la fortuna di un periodo relativamente tranquillo come fu quello dell’ultimo decennio del secolo XIX nel quale il Centro germanico elaborò e fece votare la legislazione sociale più progredita del mondo. Non è però che i nostri sforzi si allentassero e che sia mancato ogni risultato. Basti accennare alla regolazione dei contratti agrari (legge Micheli e Mauri), al latifondo, alle proposte per le camere dell’agricoltura, ai progetti per la registrazione delle associazioni sindacali e per il Consiglio superiore del lavoro. Ma è certo che la bufera politica sopravvenuta troncò o rese nulla gran parte dell’opera legislativa che un partito come il nostro, venuto dalla scuola cattolica sociale, avrebbe voluto e potuto svolgere in favore del paese. Un altro punto sul quale si concentrarono in questi ultimi anni gli sforzi del partito, fu quello dell’organizzazione del Parlamento che è anche il problema della formazione parlamentare del governo. Ma si ricordi come scoppiò la crisi Bonomi. Labriola, che era allora nella grande compagine della democrazia, proclamò che bisognava «liberare il governo dalla triennale schiavitù dei popolari». Di Cesarò rimproverò ai ministri popolari di essere stati in Vaticano in occasione d’un grande lutto. Di fronte alla crisi, la direzione del partito confermava che la collaborazione del gruppo popolare non è possibile senza garanzie di carattere programmatico ed organico che diano maggiore stabilità alla vita parlamentare. Il quadro sintetico e conclusivo di questa situazione è dato da quella seduta dei direttori dei gruppi democratici e popolari che si raccolsero nel febbraio del ’22 nella sede della democrazia. Fu là che, frustrato ogni tentativo di corridoio e di manovra subacquea, i democratici addivennero con noi ad una discussione che portò ad una intesa programmatica sulla libertà d’insegnamento (esame di Stato), e alla proclamazione del principio del comitato di maggioranza che doveva organizzate il governo. Ben si ricorda però che ogni soluzione logica della formazione della maggioranza venne frustrata dalla spregiudicata manovra di Mussolini che, smentendo Federzoni, dichiarò di votare per l’ordine del giorno Celli. E si venne così a Facta, ministero che doveva cadere per la contraddizione interna e perché vano si dimostrò ogni sforzo di raggiungere una tregua fra i due estremi. Mussolini aveva parlato della possibilità dell’insurrezione contro lo Stato e i socialisti proclamarono lo sciopero generale politico. La situazione si svolse così, che il Consiglio nazionale popolare, raccolto il 20 ottobre 1922, a due anni dalla riunione che abbiamo citato nel principio, si credette in presenza di una minaccia della rivoluzione di destra, onde l’appello diceva: «Non è vano il timore che siano in pericolo le istituzioni dello Stato italiano», ma continuava «non si può tornare indietro e credere di poter governare senza mantenere saldo il regime democratico non nella forma inorganica e accentratrice di ieri, ma nella forma organizzata e decentrata di domani», e concludeva facendo appello alle nuove forze della nazione di voler decidersi a vivere entro le istituzioni costituzionali rinunciando alle organizzazioni armate. La collaborazione che venne data poi, a rivoluzione compiuta, non rinnega queste tendenze perché, come verrà proclamato a Torino, essa mira alla normalizzazione costituzionale. C’è bisogno di dire, conclude l’oratore, che anche su questo terreno, a giudicare dai risultati immediati, noi siamo dei vinti?

Il popolo trentino, plaudente alla redenzione, reclama il diritto di decidere sui proprio ordinamenti interni

387925
Alcide de Gasperi 1 occorrenze

L’oratore accenna qui alle conseguenze previste dal Tolomei per gl’istituti provinciali (bilinguità) ecc. per concludere che la questione è troppo grave, troppo decisiva, perché possa venir abbandonata alla decisione di un decreto reale o di pochi consultatori. Il popolo ha assolutamente diritto di dire la sua parola. Non possiamo quindi accettare il provvedimento escogitato dal governo e contro di esso protestiamo. E allora, come si potrebbe risolvere la questione di provvedere in forma legale e non con disposizioni eccezionali al definitivo assetto del nostro paese? Secondo l’oratore ci sarebbero due mezzi: O aspettare un po’, fin che, approvata la riforma elettorale e fatte, con la partecipazione delle terre redente, le elezioni politiche, il nuovo parlamento risolva la questione in via legislativa, alla presenza dei deputati della regione (è ciò che fu promesso all’Alsazia-Lorena). Questa soluzione ha con sé lo svantaggio di un forte ritardo. O indire sollecitamente le elezioni del consiglio provinciale in base al suffragio universale uguale, diretto e proporzionale e dar modo al nuovo ente di decidere, in veste diciamo così di costituente, sul riassetto della provincia. Si potrebbe obbiettare che, per indire le elezioni provinciali a sistema proporzionale, occorrerebbe un decreto reale o del comando supremo, cioè uno di quei mezzi eccezionali che noi deploriamo e deprechiamo. È vero; ma di fronte a una situazione così complessa e delicata, è preferibile far uso per una volta sola di un rimedio di eccezione che tronchi definitivamente la lunga teoria dei decreti e delle ordinanze, anziché perpetuare tutta una struttura assurda politicamente e amministrativamente, dove un’accolta di burocrati dovrebbe assumersi in realtà non solo l’amministrazione statale, ma anche quella provinciale e comunale. Infatti come e quando arriverete voi altrimenti a reintegrare le autonomie locali? L’oratore dice di non voler addossare colpe specifiche e particolari su nessuno; è anzi disposto ad ammettere che al governatorato, al ministero e persino al segretariato generale per gli affari civili si sia animati della più grande buona volontà a nostro riguardo. Ma non si può non convenire che con siffatti metodi e sistemi, che assolutamente non vanno, si ingenera una grande sfiducia nella popolazione e si agevola la diffusione delle tendenze ultra radicali, che si manifestano col sovietismo - la cosiddetta «infezione asiatica» - il quale è possibile, oggi, principalmente perché si mantengono le masse sempre lontane dalla cosa pubblica.

Trattato di economia sociale: introduzione all’economia sociale

389731
Toniolo, Giuseppe 1 occorrenze
  • 1906
  • Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, voll. I-II 1949
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La quale filosofia della storia in tutta la sua ampiezza, volta a rivendicare in particolare l'azione della Provvidenza sulle vicende umane, non fu più abbandonata fino a Cantù, a Balbo, a Costanti e Lavollée. — La seconda di tali innovazioni metodico-sociali provenne da un altro corso più positivo di studi storici,cioè la «storia della civiltà» celebre (sebbene non sempre corretta) quella di F. Guizot (1787-1874) sulla «civilisation en Europe» (1845), accompagnata da analoghe indagini generali o speciali, in ordine particolarmente alla vita sociale nell'incivilimento cristiano in tutta Europa (Balmes, Cortes, Ozanam, Montalembert, fino a Kurth e Gruppe). Storia della civiltà, che in Germania («Kulturgeschichte») sollevò la questione di metodo nella occasione di una polemica fra Ranke (storico, insegnante dal 1825) e Gervinus con altri pensatori (Carlyle), intorno alla prevalenza dei fattori individuali ovvero collettivi nelle vicende dei popoli; rinnovata di recente da Kart Lamprecht (Was ist Kulturgeschichte?,1896, e Individualität undsozialpsychische Kraft, 1897) di fronte ad altri critici (Rachfals, Schnürer, Pirenne). — Duplice corrente storica, che al fine di illustrare gli elementi psichici del progresso umano venne ad incontrarsi col rinnovamento filosofico della psicologia empirica,la quale si presenta dapprima come disciplina sociale. Già G. Humboldt (nei suoi scritti) parla dello «spirito nazionale» («Volksgeist») figlio di una virtù o forza insita ad ogni individuo («Urkraft»), la quale si allarga alla collettività umana; ma i veri fondatori della psicologia sociale furono i professori Steinthal (di linguistica, Università di Berlino) e Lazarus (di psicologia, Università di Berna), i quali sulle tracce di G. Humboldt, svolsero ampiamente (nella rivista Zeitschrift für Vólkerpsychologie,fondata nel 1860) le loro dottrine sociali; da cui risulta che ogni gruppo etnico compone una unità psichica collettiva (da quella individuale), della quale la lingua rivela la genesi educativa storica, per concorso di tutte le energie spirituali (dalla cultura alla religione) sovr'essa operanti, improntandola del carattere di nazione. Però spetta a G. Wundt dell'Università di Lipsia, fisiologo, elevatosi a psicologo-empirico, e infine a filosofo e moralista, coi suoi scritti, dal 1867 (fra cui un Trattato di logica e di metodologia) e dal 1900 colla «Vöikcerpsychologic», il merito di ricongiungere la psicologia empirica individuale (interna) con quella collettiva e storica (esterna); riuscendo a tramutare così quelle singole psicologie nazionali in una psicologia veramente sociale generale; e da ultimo a favorire remotamente il passaggio dalla psicologia sperimentale a quella razionale-speculativa, cioè alla filosofia propriamente detta. Contribuì in tal modo col Lange, Fechner, Paulsen, alla riabilitazione della metafisica, anche nelle scienze sociali, giusta la sua proposizione: «se la evoluzione del costume (egli scrive) rientra nella psicologia dei popoli, l'origine della morale e del diritto appartengono alla scienza etica e dell'incivilimento».Tutto ciò invero non ancora in forma così decisa e sistematica da emanciparsi dai pregiudizi di una psicologia individuale-sociale evoluzionistica e soggettivista (tuttora rappresentata dal prof. Ludwig Stein, a Berna); ma bastevole a ridestare nella Germania lo zelo di rivendicare l'autonomia delle scienze morali (Dilthey, Geist oder Moralwissenschaften, 1883; Eucken, 1893, ecc.) dapprima considerate quasi capitoli della biologia trasformista, e ad illustrare la prevalenza dei fattori spirituali e religiosi nella sociologia storico-evolutiva (cfr. p. e. Schäffle, Das gesellschaftliche System der menschlichen Wirtschaft, 1878; Id. Bau und Leben des sozialen Körpers,1875-78).

Pagina 1.144

Per il 1° anniversario della sezione operai S. Giuseppe e per l’inaugurazione della compagnia del ven. n. Suplrizio in Caltagirone.

398252
Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1896
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974, pp. 17-29.
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Però la sua cura principale è stata la gioventù popolana, abbandonata da tutti e stimata come l'infima parte della società. Pur questi fanciulli, questi giovanetti, hanno un cuore come il nostro, anzi più innocente; hanno un fine soprannaturale come lo abbiamo noi, e perché deboli e ignoranti delle vie della religione e della società però più degni d'aiuto. Perciò la Sezione Operai cominciò lo scorso anno insegnare il catechismo nella parrocchia S. Pietro; ma vedendo come è necessario non solo istruire la mente ma formare il cuore della gioventù, istituì questa Compagnia sotto la protezione del Ven[erabile] Nunzio Sulprizio.

Pagina 27

Giornalismo ed educazione nei seminari

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Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1902
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974, pp. 217-233.
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La società rimase in gran parte e nelle sue appartenenze di vita pubblica abbandonata a sé stessa, in preda degli errori del filosofismo prima, del liberalismo poi; e se non si oppone un riparo, anche del socialismo in avvenire.

Pagina 219

Crisi economica e crisi politica

399312
Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1920
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 132-161.
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Così Smirne è data ai Greci, così viene segnata l'intesa di Tittoni con Venizelos, così viene abbandonata l'occupazione albanese e viene compromessa la situazione dalmata; così si torna a discutere sullo stato autonomo di Fiume congiunto o no all'Italia; si abbandona ogni pretesa coloniale, si smobilita completamente l'esercito e si dà l'amnistia ai disertori; si rende possibile uno stato di inferiorità politica estera perfino in confronto con la Jugoslavia, al punto che alla vigilia del convegno di Pallanza il patto di Londra, pur riconfermato a San Remo come ancora effettivo diplomaticamente e giuridicamente, aveva perduto ogni consistenza politica da far valere nelle contrattazioni con gli jugoslavi. Su questa strada si è arrivati, sotto Giolitti, come logica conseguenza, al ritiro delle truppe italiane da Vallona, e alla situazione umiliante fatta alla nostra nave da guerra a Spalato.

Pagina 145

La regione

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Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1921
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 194-231.
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Però vi sono delle grandi organizzazioni da fare, come nel campo igienico la lotta contro la malaria e quella contro la tubercolosi; nel campo della beneficenza l'assistenza agli orfani di guerra o all'infanzia abbandonata, assistenza che pur avendo i suoi sviluppi provinciali, dovrà avere un coordinamento regionale per meglio raggiungere gli scopi. All'ente regionale può essere riserbato il controllo di secondo grado sulle opere pie che oggi esercita lo stato (ministero degli interni).

Pagina 210

La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi

400039
Murri, Romolo 3 occorrenze
  • 1907
  • Murri, La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi, Roma, Società Nazionale di Cultura, 1907, 1-297.
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E, in altre parole, ciò vuol anche dire che la coscienza religiosa dell'umanità, abbandonata a sé stessa, si avvolge nella cerchia insuperabile delle proprie concezioni soggettive, e che l'opera di Dio nella storia e nelle anime non ha in nessun uomo e in nessun caso il sigillo di ciò che è assoluto e divino ed eccede visibilmente i limiti dello spazio e del tempo. Se dunque Dio vive ed opera nell'umanità, e la via che conduce la coscienza umana a lui è la via buona e sicura, Gesù Cristo è Dio; negata la divinità di lui non solo il cristianesimo, ma ogni religione positiva, ogni certezza del divino si risolve nell'errore di anime vaganti per i campi delle loro creazioni.

Pagina 168

Tutte le manifestazioni esteriori e le documentazioni storiche di questa dottrina e di questa morale sono, nella loro fenomenologia, la quale fa parte in varia maniera di tutto il più vasto processo storico, soggette a critica ed a revisione; ma d'altra parte questa critica non può essere abbandonata ai singoli e deve avere un controllo, essere criticata a sua volta da un principio autorevole. Ora questo non può essere altro, nella realtà, che una comunione di credenti, alla quale i credenti singoli rimettano con deferenza il deliberare sulla fede comune; in altre parole, una Chiesa. V., in Cattolicismo e il pensiero moderno, il capitolo il cattolicismo e la critica.

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Nella civiltà antica, pagana, che il materialismo moderno tende a rinnovare, l'uomo non era considerato se non per ciò che egli era esteriormente: la sua sorte era abbandonata senza riparo al corso delle cause naturali e sociali od al capriccio dei più forti; i suoi dritti gli venivano, non da quest'anima medesima e dalla destinazione di essa, ma dalla società cui apparteneva, dal possesso dei mezzi di imporsi, dalle conquiste, dalle violenze; sicché alcuni avevano tutti i diritti, incluso quello di disporre a loro capriccio delle esistenze di altri esseri umani, altri non ne avevano nessuno. Ed appena il concetto cristiano del valore dell'anima umana sparisce, le stesse tendenze tornano a riapparire. La schiavitù, fu detto, si è trasformata ma non è sparita ancora dalla terra: poco meno che schiavi furono da Leone XIII dichiarati i lavoratori nell'economia capitalistica; innumerevoli sono, come forse vedremo più innanzi, le violazioni dei principii d'umanità e di giustizia compiute a danno del debole. E ai fatti si associano le dottrine e fatti peggiori preparano. Ai programmi di violenza formulati in nome del numero rispondono oramai programmi di violenza formulati in nome dell'individuo più forte. È recente ancora in Europa, e va raccogliendo anche oggi discepoli numerosi ed entusiasti, la voce la quale malediceva al cristianesimo, per aver esso consacrato il diritto degli umili dei deboli degli oppressi, e proclamava di nuovo il dritto della forza e della conquista. E non era, quella, la voce geniale ma strana di un pazzo, ma sì l'interpretazione ovvia e logica di una dottrina scientifica la quale, riassumendo tutto l'essere umano nel determinismo della materia, non riconosce in ciascuno di noi che un gruppo di fenomeni, ed annulla con ciò stesso, insieme con la realtà del nostro essere spirituale, ogni appello a un dritto assoluto e perenne di ciascuna coscienza ed anima umana.

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