Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Per la difesa nazionale. Un Comizio a Roveré della Luna

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Un Comizio a Roveré della Luna

Il discorso dell'on. Degasperi a Milano

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Alcide de Gasperi 2 occorrenze

Degasperi a Milano

Rodinò e dichiara di sentirsi a disagio nel pronunciare un discorso in mezzo ad amici che meglio forse avrebbero affidato tale compito a un giovane sul cui animo non sia ancora passato il soffio gelido dell’esperienza, che oggi potrebbe meglio trovare le parole d’incitamento perché vergine di vittorie e di sconfitte. Non può sfuggire al pensiero che qualcuno possa ricordare al presidente del gruppo parlamentare popolare e a chi da tre anni oramai è membro della direzione del partito come le sue parole possano risentire delle apparenti o reali sconfitte che il gruppo parlamentare ha in questi ultimi anni sofferto. E infatti considerando la sua attività ricorrono alla sua memoria tre quadri che paiono riassuntivi.

Concentrazione per il partito o per l'amministrazione cittadina? La rappresentanza proporzionale degli interessi - appello al buon senso

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Alcide de Gasperi 4 occorrenze

Egli ed i suoi colleghi, guardano piuttosto indietro: ...come quei che con lena affannata uscito fuor del pelago a la riva, si volge a l’acqua perigliosa e guata. (Ilarità) Poi continua: «Ho il dovere di esporre per incarico del Comitato ai signori invitati quale sarà la nostra tattica di fronte alle prossime elezioni. Confesso che poche volte mi sono trovato in una situazione così difficile, poche volte fu così scabroso trovare la via esatta o la classificazione precisa degli avversari».

Qui l’oratore riassume ed illustra le proposte della minoranza, concludendo ch’essa è riuscita a: «l) muovere la discussione sulle finanze comunali, mentre prima, secondo una confessione insospetta del Popolo, ogni discussione era abolita. A Trento c’è un Consiglio comunale in cui prevalgono i poltroni, inerti, gli eremi muti. Le discussioni sono state abolite… (Popolo, novembre 1909). 2) ravvivare l’interesse dei cittadini per l’amministrazione pubblica. Prima si addormentarono con paroloni, ora si risvegliano colle cifre. E questo clericalismo? 3) costringere la maggioranza a rivedere e a correggere in buona parte le proposte della Giunta. Si risparmiarono così ai cittadini quasi la metà delle imposte minacciate e si sospese il locativo, perché la minoranza dimostrò che almeno per quell’anno non era stabilito che l’imposta fosse necessaria. E questo clericalismo? Abbiamo anche presentata una proposta perché entro un dato tempo si costituisca una commissione indipendente per l’amministrazione delle imprese municipalizzate. E questo clericalismo? No davvero, perché la proposta venne votata da tutti. Vero però che non s’è fatto nulla. E veniamo al quarto punto.

Ma a parte anche la precarietà del metodo che si propone di seguire questa volta, noi non vogliamo nemmeno che si stabilisca per legge un simile sistema che duri nell’avvenire. Esso è quello che si dice del voto limitato. Nei comuni italiani ogni elettore può votare per soli quattro quinti dei seggi da occuparsi, in modo che un quinto rimane alla lista che resta in minoranza. Tale sistema, che viene deplorato da tutti i partiti là dove esso è da lungo trafficato non accetteremo mai come surrogato della proporzionale: 1. Perché il voto limitato non sempre assicura alla minoranza una rappresentanza propria potendo accadere che un partito forte competa per la maggioranza ed anche la minoranza. A Trento c’è il pericolo di una coalizione radico-socialista fatta in odio a noi. 2. Perché in ogni modo non si tratta di una rappresentanza proporzionata. Se vi sono in lotta due partiti soli, la minoranza può riuscire tanto con otto, quanto con ottocento voti. 3. Se vi sono poi più di due partiti o gruppi d’interessi, come sarà il caso a Trento, con tale sistema, oltre la maggioranza, potrà ottenere dei seggi solo un secondo partito. Il terzo o il quarto rimarranno fuori».

Noi crediamo che sia utile, anzi sia necessario per il Comune di Trento, data la speciale posizione della città e per i motivi già adottati d'introdurre la proporzionale, che è regola di giustizia, la quale darà a noi e ai singoli interessati quel che loro perviene. Questo lo vogliamo in nome della giustizia e dell’equità stessa. Quelli che sono per noi, votino per noi, quelli che non sono d’accordo con tale programma votino per gli altri. Ma non vengano fuori con equivoci. E gli equivoci, signori, i liberali li hanno cercati, per impedire che si metta netta la questione della proporzionale. Essi hanno detto: “Noi presentiamo una lista di nove candidati per ogni corpo. Quindi ci avete posto anche voi. Ma che cosa succede? Supponete che il loro partito conquisti nove seggi. E gli altri tre? Questi tre devono venire discussi e contrastati una seconda volta in ballottaggio. Siete poi sicuri che la seconda volta gli avversari non vadano a votare e facciano spuntare quegli che più accomodano a loro e non a noi? Ci hanno già fatto intravedere che alla maggioranza riservano un certo diritto di placet?”

Il dovere dei popolari nell'ora presente

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Alcide de Gasperi 3 occorrenze

Rispondiamo piuttosto a coloro i quali, nonché a diminuire, tendono invece a sopravvalutare le possibilità tattiche dell’opposizione, creando così uno stato di attesa miracolista e di impazienza morbosa, con scadenza a termine fisso. Non bisogna dimenticare che codesta (e ci si perdonino i termini bellicosi, applicati ad un’opposizione inerme) non è battaglia alla bersagliera, ma guerra moderna, che viene vinta da chi ha i nervi più resistenti; né si trascuri che le forze morali che combattono per la nostra parte vanno avanti non a sbalzi, ma per un processo di permeazione. Già esse hanno fatto un enorme cammino. Chi può negare ch’esso è dovuto in buona parte al fatto politico eccezionalissimo della secessione parlamentare, la quale ha riscosso tutto il paese, costringendolo ad affrontare in tutta la loro crudezza i termini estremi del presente conflitto politico? I congressi di queste ferie ne sono una prova. Secondo l’oratore conviene dunque affrontare l’avvenire con fiducia, con fermezza e senza impazienti nervosismi; e bisognerebbe che i popolari ovunque si trovino, sul terreno parlamentare o nei comitati locali, di queste virtù della milizia politica sapessero dare l’esempio.

A questo punto l’on. Degasperi spiega i rapporti dei popolari cogli altri partiti di opposizione. Dopo il 27 giugno ci troviamo sulla stessa linea tattica cogli altri partiti di opposizione: gli uni accanto agli altri, non frammisti, né confusi; non vincolati da alcun patto per l’avvenire, ma istintivamente solidali nella difesa dei diritti costituzionali contro la tirannia dello Stato—partito. Fino a tanto che lo scopo non sarà raggiunto e fino a tanto che il metodo legalitario sarà da tutti accettato ed osservato, questa linea difensiva comune va mantenuta. È vero: le differenze di origine, di programma e di finalità fra questi partiti sono essenziali; con leale reciprocanza esse non vengono né attenuate né dissimulate. Senonché sull’Aventino non si discute, non si delibera, non si combatte per la costituzione dello Stato-avvenire; ma si rivendicano i diritti naturali, comuni a tutti gli uomini e la validità delle leggi presenti, garantita a tutti i cittadini. Notate del resto che proprio l’accordo tattico, nonostante così profondi e non dissimulati contrasti, è la prova più decisiva dell’altissimo grado di pressione che aveva raggiunta la situazione politica in Italia e della irrefrenabile forza di resistenza ch’essa aveva suscitato. A fornire questa prova, il Partito popolare contribuisce coll’integrità delle sue forze morali, colla tradizione dei suoi principii legalitari, col suo carattere riformatore e ad un tempo antirivoluzionario; onde è spiegabile come le ire si appuntino proprio contro di esso e come si tenti di spezzare questa linea tattica che, prevalentemente in causa della nostra partecipazione, si potrà difficilmente presentare all’Italia e al mondo come la trincea dei cospiratori contro il presente ordine sociale. Eccovi così fugacemente accennate le cause degli sforzi fatti dagli avversari per staccarci dalle opposizioni ed eccovi nello stesso tempo adombrate le ragioni per cui noi a tali sforzi dobbiamo opporre la fermezza più perseverante.

Già in una circolare del luglio scorso la direzione del partito invitava le sezioni tutte a vigilare e ad operare, affinché le caratteristiche del partito venissero nettamente e vigorosamente affermate. Bisogna insistere oggi più che mai su tale direttiva. Dopo la limitazione e, spesso, la cessazione forzata di ogni attività, conviene oggi pensare ad una ripresa generale. Se nel campo organizzativo e delle pubbliche manifestazioni dobbiamo ancora tener conto della pressione governativa, ci rimane però la possibilità di attrezzarci per le battaglie di domani. A ragione l’Avanti! ricordava nelle recenti polemiche che «il moderno movimento democratico cristiano è indubbiamente (per i socialisti) più temibile del vecchio clerico—moderatismo». Per noi trentini che abbiamo opposto all’avanzata del socialismo il baluardo delle nostre organizzazioni, che ci costarono tanti anni di lavoro, non è necessario ricorrere ad esempi lontani. La preparazione e la maturità dei nostri fu tale, che quando la proporzionale amministrativa ci portò alla collaborazione con tutti i partiti, la nostra energia propulsiva non subì attenuazioni. Ma per ricordare esempi illustri di grandi predecessori, pensate a Decurtins che poté senza compromissioni o confusioni convocare il primo congresso internazionale per la legislazione del lavoro, aprendo le porte a tutti i partiti, appunto perché aveva fatto precedere un intenso lavoro di organizzazione e di chiarificazione entro gli operai cattolici svizzeri, o rievocate il fatto eminentemente caratteristico che il più autorevole delegato del Centro il quale assieme al Gröber e al prelato Mausbach fu chiamato in un’ora grave a cercare e concludere un modus vivendi coi socialisti più temperati, alla vigilia della costituzione di Weimar, fu proprio quel canonico Hitze, al quale si deve la legislazione sociale dell’impero germanico, opera che mirava a sottrarre i lavoratori alle seduzioni del socialismo. Non cito questi esempi per farne delle applicazioni a casi concreti che in questo momento non sono oggetto delle mie considerazioni, ma per avvalorare la mia tesi che tanto più i partiti sono attrezzati a sopportare una situazione di fatto che venga imposta dai rapporti di forza sul terreno politico, quanto maggiore è la loro chiarezza e la loro fermezza sul terreno delle dottrine e quanto è più intensa la vitalità del loro programma e della loro azione autonoma. È forse questa una conclusione troppo ovvia, ma io sento il bisogno di dirla, perché si sappia che nel momento in cui esigenze imprescrittibili della vita politica e civile portano i popolari a manifestazioni comuni con uomini e con partiti lontani dalle loro dottrine, essi sentono però nel tempo stesso il dovere di assicurare al loro programma cristiano tutta la virtù intrinseca di attrazione, di assimilazione e di rigenerazione politica e sociale.

Criteri direttivi

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

La questione viene studiata a lungo ed è in parte anche risolta, solo che è piuttosto necessario che mediante questo congresso e la nostra stampa gli amici conoscano bene il pensiero della Direzione. Dell’organizzazione professionale dei contadini i cattolici si occuparono già ai primordi della loro azione e il D.r Cappelletti nel congresso di Pergine presentò a suo tempo uno statuto per le Unioni professionali agricole. Di poi sporadicamente e per iniziative locali sorsero società che ebbero nome e scopo agricolo, come la lega della Valsugana, la lega degli agricoltori in Vallagarina, ecc. Altre società ebbero lo scopo di classe se non il nome. Quattro anni fa nel convegno di Bolognano convocato dal Comitato Diocesano si discusse la fondazione d’una società di classe per i contadini, mezzadri. Più tardi il D.r Carbonari nella maggior parte dei casi senza previo accordo colle nostre centrali, ma per iniziativa sua, cominciò la sua propaganda che si andò svolgendo poi anche in unione con altri propagandisti durante la lotta colla Lega d’Isera. Venne frattanto la campagna elettorale e in questo periodo non si ebbe naturalmente tempo di determinare i criteri più opportuni della propaganda; ma subito dopo in tre adunanze frequentatissime di fiduciari a Sacco, a Vezzano e a Ponte delle Arche, il Comitato Diocesano sottopose ai convenuti in gran parte contadini, la questione dell’opportunità e delle forma della nuova organizzazione. In tali occasioni l’oratore richiamò l’attenzione sui seguenti punti: È un errore il credere che la forza vitale del nostro movimento possa trovarsi nel modificare organizzazioni economiche esistenti o nel crearne di nuove. La vitalità dipende piuttosto dall’istruzione e dalla formazione delle coscienze e questa va fatta nelle società di coltura e d’istruzione esistenti o che si dovrebbero fondare. Bisogna distinguere tra le condizioni nostre particolari e quelle di altri paesi ove son sorte organizzazioni di classe pei contadini. In Tirolo p.es., nell’Austria superiore ed inferiore, il Bauernbund è essenzialmente politico e sostituisce quell’organizzazione che noi abbiamo nell’Unione politica popolare. In questo campo noi abbiamo quindi il compito non di fondare nuove società ma di organizzare più democraticamente e dare più larga base all’Unione politica popolare. In Baviera invece, p. es., e nelle altre provincie della Germania il Bauernbund è economico, cioè si occupa dello smercio e della compera dei generi di economia rurale. In tali paesi però non esiste una cooperazione del nostro indirizzo, cosicché le associazioni di contadini vengono colà ad esercitare solo una piccola parte delle funzioni che esercita la nostra cooperazione. In queste adunanze abbiamo conchiuso quindi che, in quanto ai loro scopi economici, le leghe non si presentano come necessarie. Se però per altre ragioni d’opportunità si ritenesse utile il promuoverle, si avvenisse bene, che non venissero a collidere con le funzioni e con l’ambito delle società economiche esistenti. Per soddisfare poi ad un eventuale bisogno di organizzazione di classe, che dopo accurato esame delle condizioni locali si ritenesse esistere in una data regione, venne consigliata l’organizzazione professionale ossia il sindacato agricolo di mestiere analogo a quello già esistente per gli operai industriali. Nacque così e con questo carattere, l’Alleanza dei contadini di Valle Lagarina della quale a suo tempo fu pubblicato nella Squilla il manifesto proclama. Lo stesso si fece per il bacino di Vezzano. Parallelamente il d.r Carbonari, in qualche caso per espresso incarico nostro, molte altre volte per iniziativa sua personale continuava la sua propaganda per le leghe dei contadini. Senza dubbio in tutto questo movimento non venne seguito sempre un criterio direttivo eguale, ma ritengo che l’adunanza generale non debba oramai decidere come principio se tali società si debbano fare o non fare; prima perché parte del problema è praticamente già risolto, secondo perché non è possibile applicare un principio generale a tutte le condizioni locali. Noi dobbiamo affermare alcuni criteri direttivi e poi imporre nella pratica a tutti i propagandisti che vogliono farsi iniziatori di tali società, di sottoporre all’esame di un organo a ciò stabilito, le condizioni particolari di ogni singolo caso. Per le società di carattere professionale è senz’altro chiamato a decidere il Comitato Diocesano mediante la sua Direzione o il suo Segretariato. Per le organizzazioni di carattere consorziale dovremmo pregare la Federazione dei consorzi che si assuma l’incarico di disciplinare tale movimento. Ma frattanto poiché si tratta anche dell’opportunità o meno di fondare l’uno o l’altro tipo, sarà meglio invitare i propagandisti e i fattori locali a rivolgersi senz’altro al Segretariato del Comitato Diocesano, il quale a seconda dei casi si rivolgerà per parere anche ad altre persone. L’oratore termina presentando un analogo ordine del giorno.

Le basi democratiche della nostra organizzazione politica

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Alcide de Gasperi 2 occorrenze

Se entro il dicembre non viene data notizia alla Direzione dell’avvenuta elezione, è autorizzata la Direzione stessa a procedere alla nomina provvisoria dei fiduciari distrettuali. La direzione è autorizzata a passare anche subito a tale nomina in quei distretti dove non esistessero gruppi locali dell’Unione politica. Per quei luoghi elettorali, in cui non esistono ancora fiduciari locali, la Direzione è autorizzata a nominarli, previo accordo col fiduciario distrettuale.

L’Unione popolare spiega la propria attività per mezzo degli organi seguenti e colle seguenti norme: a) alle sedute della Direzione, che secondo lo statuto e le esigenze della legge consta di 10 membri, possono partecipare con voto consultivo i deputati parlamentari e dietali in funzione, il direttore p.t. del Trentino, il direttore p.t. della Squilla; b) i fiduciari distrettuali, uno per ogni distretto giudiziario dei collegi elettorali parlamentari rurali, cioè 26 più 4 delegati dalla direzione della «società popolare» in Trento, più 5 fiduciari del collegio urbano meridionale, uno per ogni luogo elettorale, totale 35 fiduciari distrettuali; c) fiduciari locali, cioè uno per ogni luogo elettorale o frazione di esso in cui si trovi un nucleo locale dell’Unione popolare. I fiduciari distrettuali rimangono in carica tre anni e vengono eletti a maggioranza assoluta di voti dai fiduciari locali dei luoghi elettorali del distretto. Per il collegio di Trento essi vengono designati dalla presidenza della «Società popolare», per il collegio urbano meridionale, frattanto, dai soci dell’Unione politica raccolti nei singoli luoghi elettorali. Qualora un fiduciario distrettuale per qualsiasi ragione venisse a mancare durante il suo periodo di funzione, la Direzione centrale potrà nominare un sostituto in quanto e fino a che non venga designato dai fiduciari locali. Il fiduciario distrettuale deve tenere un registro dei fiduciari locali del distretto, sorvegliare l’attività e provvedere assieme alla Direzione alla diffusione della Società. La Direzione convoca i fiduciari distrettuali una sola volta a più riprese in singole regioni almeno una volta all’anno. I fiduciari locali, per quanto riguarda l’iscrizione dei soci, la riscossione delle tasse, ecc. stanno in rapporto diretto colla Direzione. Essi vengono eletti per un triennio dai soci del gruppo (sotto questo nome non si intende naturalmente una società filiale costituita, ma il complesso dei soci di un dato luogo) dell’Unione politica a maggioranza assoluta di voti. Qualora alcuno di essi venisse a mancare durante il periodo di funzione, provvederà alla sua sostituzione interinale il fiduciario distrettuale.

Il contegno dell'on. Degasperi e dei liberali nell'ultima fase

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Alcide de Gasperi 2 occorrenze

Che io in questa faccenda dell’udienza ho agito lealmente basta a dimostrarlo la circostanza che ne avvertii il podestà di Trento e ne feci comunicazione al D.r. Battisti. L’accusarmi d’imbrogli, come s’è fatto nel comizio recente, è aperta slealtà. Presentatomi al Ministro, questi un po’ seccato per tale altalena, mi disse sulle prime di non avere altro tempo a disposizione, poi stabilì che non avrebbe concessa l’udienza al più tardi del giovedì. Poi incominciavano le vacanze. Tengo ancora il biglietto del ministro. Telegrafai allora alla Comunità generale, invitandola ad affrettare le sue risoluzioni ed a venire poi a Vienna, assieme a Trento, che pregai venisse invitato dalla Comunità stessa mentre io lo facevo avvisare anche per mezzo dell’on. Battisti. Nel mio telegramma dicevo che sollecitassero eventualmente a convocare il consesso, quantunque io a questo non ci tenessi molto, primo perché di fronte al Ministero bastava una dichiarazione del comitato tramviario, secondo perché temevo che il consesso potesse anche negare il proprio voto all’avisiana. Si venne così alla conferenza del 5 luglio nel ministero delle ferrovie. Il giorno prima ci eravamo raccolti ad una conferenza nel club parlamentare italiano. Si durò grande fatica a persuadere i delegati di Fiemme a fare almeno una dichiarazione di massima per l’avisiana o per il compromesso, dichiarando essi che a simili impegni il consesso non avrebbe data la sua sanatoria. Temevano evidentemente una tattica dilatoria. Si andò infine d’accordo che il Podestà di Trento avrebbe aggiunto al suo memoriale che anche Trento chiedeva una pronta evasione con riguardo alla prossima presentazione del progetto legge sulle ferrovie locali e che io, quale deputato di Fiemme, m’avrei assunto la responsabilità di dichiarare innanzi al ministro che Fiemme sarebbe disposta a finanziare anche l’avisiana. Così avvenne. L’esito della conferenza è noto. Il ministro fece la proposta Egna-Predazzo e Lavis-Cembra in termini però molto più generali e con molto minor certezza sul modo e tempo di costruzione, di quello che abbiamo oggi. Su domanda del presidente della Comunità, il ministro rispose che voleva una risposta entro i 15 luglio.

Lugano alla stazione della meridionale Egna-Termeno, ove ora partono invece le automobili o i carri, potesse rappresentare la perdita nazionale di Fiemme, noi tutti, a qualunque costo, avremmo dovuto opporci. Ma l’opinione dei più equanimi non condivide tali timori, e basti fra tutti il direttore dell’«archivio per l’Alto Adige», non sospetto certo di tedescofilia o di clericalismo, il quale sostiene che tale linea potrà essere nazionalmente un vantaggio. Quella certa tedescofilia in certi circoli di Fiemme del resto in diminuzione dipende dall’emigrazione temporanea come da essa dipende il volksbundismo in Vallarsa e Terragnolo, che è pur congiunta con Rovereto o di certi paesi della Valsugana, che è pure percorsa da una ferrovia la quale parte a Trento e mette capo a Venezia. Perciò abbiamo concluso: salviamo il salvabile! Non ci siamo piegati per servire nessuno, ma come l’uomo che si piega per non essere spezzato da una forza maggiore e per risollevarsi poi ancora a combattere e a vincere. Certo una cosa non abbiamo salvato, quello che sperai lungo tempo di raggiungere, cioè la solidarietà trentina, d’evitare cioè lo spettacolo doloroso di una lotta fratricida in mezzo a tanti avversari. Ma qui prevalse il vecchio odio di parte, lo spirito anticlericale e la mania della frase rimbombante e tribunizia. Di fronte al quale spettacolo noi continuiamo tranquilli e sereni l’opera nostra, consci della nostra responsabilità e del nostro dovere. Il discorso detto con grande calore e lucidità fu interrotto spesso da applausi ed infine l’oratore, contro il quale in questi giorni si appunta l’ira avversaria, venne fatto segno ad una grande ovazione.

Il congresso degli studenti cattolici a Lavis

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Alcide de Gasperi 2 occorrenze

Il congresso degli studenti cattolici a Lavis

Mira al Cristo, a lui tendi, in lui confida;

Ha la parola l'on. Degasperi

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Alcide de Gasperi 2 occorrenze

Nel febbraio 1912 liberali e popolari s’accordarono alla Dieta per la Egna-Predazzo e la Lavis-Cembra; chi è venuto meno a questo accordo? Il comitato tramviario fiemmese era composto in maggioranza di liberali, e mi scriveva ad unanimità nel maggio e nel giugno 1912, approvando le nostre trattative col Ministero per la linea da S.Lugano e la Lavis-Cembra. Chi poi ha cambiato bandiera? (applausi). Terzo atto di concordia. Ai 10 luglio il comitato tramviario formulava la proposta Egna-Predazzo, Lavis-Cembra. A questa proposta aderiva anche il' liberale D.r. Deleonardi di Cavalese. Chi, tre giorni dopo, nel consesso rompeva questa concordia? (Applausi. Fischi all’indirizzo dei rappresentanti di Cavalese, Degasperi li soffoca subito, pregando i partecipanti a non lasciarsi trascinare dall’incivile contegno del gruppo oppositore. Applausi). Quarto atto di concordia. Quando qualche comune nel consesso dichiarò di non poter votare il contributo, perché non ne risulterebbe una giusta divisione dell’aggravio, allora l’on. Trettel ai 26 luglio convocò i rappresentanti dei comuni a Panchià, perché tentassero un accordo sul contributo. Quale comune si ostinò a non venire e nemmeno a trattare? Cavalese, quantunque prima il suo capo avesse espresso l’opportunità di tale convegno. Furono i nostri avversari che portarono nella valle la menzogna. Ognuno aveva diritto di dir chiaro. Voglio o non voglio la ferrovia, voglio o non voglio la tal linea, ma non di ricorrere ad intrighi, non di scatenare l’odio di parte, d’arrivare alle denigrazioni (applausi vivissimi).

Ma in questo momento è il consigliere di Trento che vi parla e vi dice di non lasciarvi provocare a sensi ostili contro la città che per noi sarà sempre il centro del paese. A Trento non tutti la pensano come i comizianti. Fiemme rimarrà sempre unita al Trentino, rimarrà sempre italiana (applausi). Verrà tempo in cui la storia dovrà ammettere che proprio noi, chiamati oggi traditori nazionali, abbiamo invece rafforzato il senso di solidarietà trentina nella valle dimostrando che per il suo progresso economico noi trentini sacrifichiamo almeno temporaneamente un ideale, per il quale abbiamo combattuto da anni. Io ho l’intima fiducia che verrà presto il giorno in cui vi si potrà chiedere un ricambio di solidarietà, che anche voi ci aiuterete a promuovere la continuazione della Lavis-Cembra. Con questi sensi termino invitandovi a gridare Viva Fiemme, viva il Trentino. (Evviva, applausi, ovazione all’on. Degasperi). Fiemmazzi! Con piacere saluto le antiche bandiere dei vostri liberi comuni e comprendo tutta la vostra fierezza e la reazione che vi nasce nell’animo contro chi vi ha descritti come pecore, soggette alle arti subdole di pochi. Ma in questo momento è il consigliere di Trento che vi parla e vi dice di non lasciarvi provocare a sensi ostili contro la città che per noi sarà sempre il centro del paese. A Trento non tutti la pensano come i comizianti. Fiemme rimarrà sempre unita al Trentino, rimarrà sempre italiana (applausi). Verrà tempo in cui la storia dovrà ammettere che proprio noi, chiamati oggi traditori nazionali, abbiamo invece rafforzato il senso di solidarietà trentina nella valle dimostrando che per il suo progresso economico noi trentini sacrifichiamo almeno temporaneamente un ideale, per il quale abbiamo combattuto da anni. Io ho l’intima fiducia che verrà presto il giorno in cui vi si potrà chiedere un ricambio di solidarietà, che anche voi ci aiuterete a promuovere la continuazione della Lavis-Cembra. Con questi sensi termino invitandovi a gridare Viva Fiemme, viva il Trentino. (Evviva, applausi, ovazione all’on. Degasperi).

Il comizio di iersera per le elezioni comunali

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Degasperi si scusò dicendo di non poter tenere per esteso l’annunziata conferenza perché indisposto, ma di dover limitarsi a brevi cenni. Ricorda come nell’autunno del 1909 in un’adunanza dell’Unione Politica venne lanciata l’idea della rappresentanza proporzionale, com’essa venne dibattuta sulla nostra stampa e in altri giornali, e come da principio trovasse molti increduli e molti oppositori. Nella campagna elettorale che seguì, anche se lo stesso consiglio si era rimangiata la deliberazione, il fatto che il consiglio durante la discussione del preventivo del 1910 aveva in via di massima riconosciuto il principio della proporzionale servì come arma alla minoranza popolare. Tutti ricordano che in seguito alla vigorosa campagna elettorale i popolari conquistarono per la prima volta il terzo corpo e le vicende che seguirono sono note, com’è noto anche che noi non abbiamo lasciato passare occasione di rilevare nel nostro programma tale riforma, finché il pensiero della rappresentanza delle minoranze assunse tale forza morale, che i liberali, nel ripresentare le loro candidature dovettero tenerne conto e lasciare alla minoranza alcuni costi. Questo non poteva però essere se non un espediente provvisorio e i popolari, giunti in Consiglio, insistettero perché venisse fatta la riforma del regolamento elettorale. Dopo ripetute urgenze nella commissione a ciò eletta il 26 aprile 1912, il dott. Viesi, a nome del partito liberale, dichiarava che era disposto a concedere l’introduzione della proporzionale in tutti i corpi, a patto che venissero fatti i quattro corpi, che gli elettori in questi quattro corpi venissero suddivisi secondo il censo ora stabilito e che fosse escluso il voto delle donne. I popolari accettarono, e così si arrivò dopo alcuni mesi di elaborazione alla riforma votata e presentata nell’estate del 1912. Oggi, alla vigilia della sua prima applicazione, sta bene ricordare il progresso di un’idea perché ci serva nell’avvenire come ammaestramento, quanto presto cioè un’idea, se è giusta e se è agitata con energia e costanza, può penetrare nella coscienza pubblica e nell’ordinamento pubblico. Oggi è anche buono ricordare le ragioni che ci hanno mosso a una simile propaganda e ci hanno spinti a una tale conquista. Anzitutto noi volevamo che nella città di Trento la cittadinanza potesse essere rappresentata in consiglio, nell’amministrazione cittadina, non attraverso il monopolio d’un partito, ma direttamente per i suoi mandatari a seconda del loro indirizzo politico o economico. In verità la prima applicazione risentirà l’effetto dei partiti politici e non così facilmente si potranno sostituire amministrazioni che facciano astrazione dalle suddivisioni politiche; ma, come c’insegna la storia dell’applicazione della R.P. in altri paesi e in altre città un po’ alla volta essa condurrà l’amministrazione cittadina a maggiore equità e a maggiore oggettività. Il secondo motivo che ci ha spinti a questa propaganda fu di carattere politico morale. Noi abbiamo visto che Trento, in questo riguardo, è la chiave della situazione per tutto il paese. Qui si crea la confusione fra il partito anticlericale in genere, e attenuando le differenze reali che esistono fra socialisti e liberali, e a tali confusioni e attenuazioni spingeva il sistema elettorale stesso, che facilitava o consigliava connubi e dedizioni e che d’altro canto escludeva dalla partecipazione all’amministrazione in proporzione delle sue forze il partito socialista, il quale così poteva esimersi da un atteggiamento corrispondente al proprio programma. Abbiamo quindi insistito per l’introduzione della proporzionale perché siamo convinti ch’essa presto o tardi arriverà a introdurre nel programma dei partiti e nel loro atteggiamento più logica e più chiarezza. Gli amici nostri ch’entreranno in comune sappiano usare di quest’arma con energia e con abilità. Si servano del potere loro demandato per accelerare la funzione della rappresentanza proporzionale costringendo i singoli partiti a prendere un atteggiamento logico e conseguente, sia di fronte agli affari economici, sia alle relazioni dei partiti affini. Se quest’arma, che l’agitazione e la propaganda di cinque anni da loro in mano, verrà usata bene, le conseguenze non si limiteranno a Trento, ma avranno un’eco anche nel paese in generale. Infine l’oratore, ch’è stato spesso interrotto da applausi, dichiara che, per tagliar corto a inutili insistenze degli amici che gli venivano fatte anche nell’adunanza, non può accettare la ripresentazione della sua candidatura, sovrattutto perché non potrebbe dare che piccolissima parte della sua attività, essendo già aggravato da altre molteplici occupazioni. Permettano gli amici che egli dedichi quella parte ormai poca del suo tempo e delle sue forze che gli resta dopo il disimpegno delle sue cariche pubbliche, alla propaganda delle idee. Il partito non deve commettere l’errore di esaurirsi nel lavoro quotidiano della politica o dell’amministrazione, ma deve ritornare con slancio alla propaganda e alla diffusione delle idee generali che sono la bandiera che sventola sopra le nostre masse in movimento. (Grandi applausi e ovazioni).

Due monumenti

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

L'uno si va elevando lassù tra il verde delle conifere e voi, contadini di Civezzano, quando uscite la mattina al lavoro dei campi siete soliti ammirare quella sua facciata bianca che s’impone sempre più a questa conca di Pergine e alle valli; l'altro, se lo cercate, lo trovate in un giardino pubblico; e gli passa davanti più o meno riverente la folla dei cittadini che si riversa la sera in Piazza Dante cercando svago o spasso o un ritrovo. Questi due monumenti, o amici, son come una pagina della nostra storia modernissima e, ad un tempo, segnano i due cardini fatali intorno a cui si svolgeranno le lotte nostre nel futuro, in un futuro molto vicino. Sorge il primo presso il Santuario della Madonna di Pinè, ove i buoni trentini quasi annualmente vanno in pellegrinaggio a rinforzare e a dimostrare il sentimento religioso e la pietà. Sorge dedicato al Divin Redentore, quasi protesta che il Trentino dopo un secolo rinnegatore dei benefici del cristianesimo, vede sempre in lui, nel Nazareno, la verità e la salute. Sta là come un giuramento che il Trentino rimarrà sempre la diocesi degna di un san Vigilio. Quelli che verranno dopo di noi e leggeranno delle generose offerte dei comuni e dei privati, saranno grati alla generazione presente e la loderanno. Ma d’altra parte vi sono anche dei trentini degeneri che non credono quello che ci insegnano le nostre mamme, non ascoltano più la voce delle nostre campane, dimenticano tutto il buon Trentino passato, seminato di croci e di campanili. Anche in questo Trentino resta un ricordo marmoreo ed è il monumento a G. Canestrini, inaugurato clamorosamente in Trento fra applausi e imprecazioni. Questo monumento —— l’hanno dichiarato essi — non fu omaggio ad uno scienziato più o meno grande, ma omaggio a idee e teorie contrarie a quelle che abbiamo creduto fino ad ora, e quello che si disse e si fece in quell’occasione fu come uno schiaffo in viso a chi sente e pensa cattolicamente, fu una sfida lanciata a tutti che vogliono il Trentino cristiano, dal Vescovo all’ultimo prete di montagna, lanciata a voi buoni contadini, a voi buoni operai. Ebbene, o amici, la storia dovrà decidere se noi cattolici trentini abbiamo accettato coraggiosamente la sfida, e se abbiamo combattuto da valorosi la battaglia. La guerra, la battaglia! Voi abitatori delle valli e dei monti non ne avete ancora sentito che i rumori lontani, ma ora il nemico è venuto ed ha fatto la dichiarazione di guerra. Per cinque anni giravano le città e i villaggi, parlando di vantaggi economici, di progresso e di scienza. Ma ora che ci hanno detto chiaro che cosa essi intendano per progresso, di qual specie di scienza intendevano di dire: baldanzosi per la conquista di un paio di città, si credettero sicuri tanto da calare la maschera e lanciar sfide a tutto il Trentino. Ebbene, noi cattolici, questa sfida l’accettiamo: e l’accettiamo non soltanto per respingere gli aggressori ma anche per conquistare. In queste due parole c’è tutto il nostro programma: formare una falange irremovibile che sostenga qualunque assalto e non lasci passare il nemico e contemporaneamente addestrare delle squadre di cavalleria leggera che muovano all’assalto e alla riconquista: c’è posto per i vecchi e per i giovani. Accenno a ciò qui in questa adunanza, credo opportunamente, perché i battaglioni di questo esercito sono formati quasi tutti dalle Società agricole operaie. Ricordatevene, o amici, sulle Società operaie pesa ora, si può dire, l’esito della battaglia, il destino della patria. Che non avvenga di nessuna di quelle che sono qui rappresentate ciò che accadde a qualcun’altra, la quale limita la sua attività a qualche pratica religiosa in comune, alla bandiera forse issata con qualche entusiasmo e poi ripiegata e messa nell’armadio ove con essa viene seppellita anche la vita sociale. Si ricordino tutti quelli che lavorano nel campo delle società operaie che esse hanno assunto ora — di fronte al Trentino cattolico — un grande compito d’istruzione e di educazione. In piazza ora si parla stortamente e a rovescio dell’inquisizione, di Galilei, dell’evoluzione, della democrazia; ebbene ora conviene spiegare nelle Società operaie che cosa fu l’inquisizione, che ne fu di Galilei, che cosa è l’evoluzione, qual’é la democrazia vera, che cosa vuole la democrazia cristiana. Solo, o signori, a patto di formare nel Trentino una coscienza nuova, d’infondere nelle valli un nuovo slancio di vita, saremo degni della vittoria. Qualcuno mi obbietterà che è cosa difficile, impossibile. A quello io addito Civezzano, perché gli serva d’esempio. Anche questo paese una volta andava a rilento e passava per «malva», ed ora dobbiamo venire da Trento a Civezzano per imparare che cosa sia la vita che cosa frutti un lavoro continuo. Con una settantina di Società operaie come quella di Civezzano noi rideremmo di qualunque sfida. Avanti dunque — dico rivolto alle altre - al lavoro, preparatevi alla guerra! Due grandi eccitamenti, due grandi fiotti di vita sono venuti a noi in questi ultimi tempi: 1) il Congresso cattolico che fu come le nostre grandi manovre, ove si vide il lavoro pratico, sociale prestato in cinque anni dai cattolici, e si sentì anche lo spirito nuovo che informava le masse dei contadini e degli operai poichè, o amici, non era più «la scarpa grossa» isolata, impaurita da ogni cosa nuova che si batteva sui marciapiedi di via Larga, ma erano cinque, anzi diecimila «scarpe grosse» organizzate in assetto di guerra; e passavano via superbi della loro coccarda sotto una bandiera, soggiogati da un’idea comune; 2) il Congresso degli altri, l’offesa recata, la sfida lanciata. C’è qualcuno al quale piacerebbe quel bustarello tolto via donde l’hanno messo e rotolato chissà dove! No, amici, lasciatelo lì anche perché ci serva d’ammonimento. Come quel generale persiano aveva l’incarico dal re di ripetergli ogni qual tratto: «O re, ricordati della sconfitta di Maratona», affinché il re ben si preparasse alla riscossa contro la Grecia, così quel busto ci ammonisca sempre del dovere sacro che abbiamo di rintuzzare l’offesa, di marciare alla riscossa. Se ognuno di voi che passa davanti al busto di Canestrini si ricordasse dell’obbligo di istruirsi, di prepararsi alla battaglia, allora nelle Società operaie si educherebbero tal «rospi» che quel tal dottore, riuscirebbe a stento a schiacciare Allora il nostro esercito — lasciate che m’immagini la nostra conquista morale in modo palpabile — fatto più cosciente più svelto e più leggero, discenderà dai monti nostri, su cui imperano le nostre croci, alle città, e forse allora si apriranno quelle certe finestre dei signori «filistei» che le hanno chiuse al di del congresso, compariranno alla luce del sole certe bandiere che non si vollero issare e faremo campo in piazza Dante dinanzi al monumento di Canestrini. E non l’oltraggeremo, no! ma se l’iscrizione sarà spazzata via dalle ali del tempo (vedi discorso Altenburger) e se gli anticlericali nelle angustie della sconfitta non provvederanno a rifarla, ce la faremo noi la scritta, magari sulle tracce della vecchia, di fronte al Vaticano. E scriveremo: A G. Canestrini — studiò e faticò molto —— ma sbagliò la strada - Ri- posa in pace. Allora l’arma non sarà un trofeo della vittoria del «libero pensiero», come si augurava il barone Altenburger, ma un ricordo della sua sconfitta. E l’unico interprete e testimone fedele dei sentimenti e delle idee della nostra età resterà il monumento alla Comparsa dedicato al divin Redentore il quale disse: Non praevalebunt!

Il popolo trentino, plaudente alla redenzione, reclama il diritto di decidere sui proprio ordinamenti interni

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Alcide de Gasperi 2 occorrenze

Si convincano tutti che il nostro atteggiamento non è determinato da mire egoistiche di parte, tanto è vero che noi, a base di tutto, invochiamo e reclamiamo la rappresentanza proporzionale. È soltanto il grande amore al nostro paese e il desiderio di vederlo retto a regime sinceramente democratico che ci fa parlare. Ai liberali diciamo: non vi mettete più a traverso al progressivo fatale evolversi del nostro paese, tacciando di antipatriottismo tutto quello che non è conforme alle pretese di uomini e di agglomeramenti politici che non sono l’Italia. Non sappiamo quel che del vecchio partito liberale trentino è destinato a sopravvivere, ma i migliori di esso siano uomini dei nostri giorni e si convincano che fra il passato e il presente v’è un abisso che noi non siamo forse ancora in grado di misurare, tanto è profondo; ce ne accorgeremo domani. Diano intanto la loro opera preziosa a costituire un’amministrazione democratica che possa servire d’esempio alle altre provincie. L‘oratore rivolge anche un vivo appello ai socialisti, perché appoggino con forza questa tendenza di libertà, che non si perde in visioni lontane, ma si concreta in istituzioni locali, ove il popolo può addestrarsi a maggiori fortune, e termina con una vivace apostrofe al governo nazionale. Di questi giorni il governo ha promesso di sfruttare le nostre forze idrauliche, per il risorgimento economico nostro e a beneficio d’Italia. Noi applaudiamo con fede a tali propositi. Ma il governo voglia sfruttare anche quelle altre energie vitali che la lotta secolare e la stessa compressione straniera hanno accumulato nel nostro popolo, chiamandolo al libero governo di se stesso; forse qualche scintilla di quest’energia rianimerà qualche energia sopita dal centralismo burocratico anche in altre provincie: e sarà la fortuna d’Italia, poiché vale anche per il nostro Stato quello che dice Wilson della sua grande repubblica nel discorso sulla «liberation of peoples vital energies»: la fortuna dell’America non risiede nella Wall Street, né a S. Louis, né a Chicago, ma nelle libere comunità americane, ove i cittadini possono sviluppare al massimo grado le loro energie vitali.

L’oratore rileva, prima di tutto, che torniamo a radunarci dopo cinque lunghi anni di silenzio. Il primo periodo di questo silenzio è stato penoso e si è svolto dopo scoppiato il conflitto europeo, durante la neutralità italiana, quando noi ingolfati da anni nella politica triplicista eravamo trepidanti in attesa che si sciogliesse il dilemma: o la nostra unione pacifica alla Madre Patria o l’entrata in guerra dell’Italia. Poi è venuto il periodo di silenzio tragico, quello che si è prolungato per quasi tutta la guerra, quando coll’animo straziato noi contemplavamo impotenti rovine e lutti, conculcazioni, ingiustizie e soprusi senza nome e sentivamo il pianto dei bimbi lasciati senza padre, i lamenti delle madri affrante da una terribile lotta per l’esistenza, la pietà per i profughi a centinaia e a migliaia sbattuti, dispersi in paesi lontani, fra nemici astiosi, nel bisogno di tutto, e la rabbia dei nostri soldati che sapevano di non combattere per una patria loro. Poi venne un terzo periodo, di fiducia, di speranza, e fu quando gli avvenimenti prendevano una piega conforme ai nostri desideri svolgendosi a favore dell’Intesa, e i deputati trentini al Parlamento di Vienna incominciarono a potere dar sfogo ai sentimenti del popolo. Infine, dopo la vittoria, tenemmo un silenzio un po’ preoccupato, un po’ forzoso, diremmo quasi diplomatico, in attesa della definizione delle nostre questioni e dei nostri confini, questioni che andavano rimesse ai fiduciari della nazione, e poi anche per timore che la nostra voce e le nostre critiche sembrassero ingratitudine verso i nostri eroici soldati.

Il nuovo governo civile e le nostre autonomie

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Alcide de Gasperi 2 occorrenze

I nazionalisti ed il fascio parlamentare s’opposero vivacemente a tale nomina per ragioni che riguardano il suo atteggiamento durante la guerra. I popolari protestarono per ragioni di principio e tutte le gradazioni dei liberali, meno i più accesi di sinistra, trovarono che a parte ogni considerazione oggettiva era stato per lo meno un errore grave di tattica quello d’inviare in regioni come il Trentino e l’Alto Adige persona della fama e del passato come l’on. Credaro. Bisogna essere vissuti questi giorni a Roma per sapere quante e quanto varie furono le critiche sollevate contro tale nomina. Ne è giunta qui del resto l’eco della stampa nazionale di varie tendenze e si deve solo allo sciopero tipografico, che tuttora perdura nella capitale, se certa stampa, che avrebbe senza dubbio intensificata la campagna, dovette limitarsi allo sfogo di una dimostrazione subito soffocata. Fu con mia non piccola sorpresa che tornato qui constatai che parte della stampa locale s’era ingaggiata a pieno per l’on. Credaro. Evidentemente per la maggior parte, non per ragioni che riguardano il nuovo governatore stesso, ma per il semplice gusto di dare addosso ai cosiddetti clericali, che avevano assunto decisamente un contegno di protesta. Di fronte a tale situazione l’oratore vuol fare alcune semplici e franche dichiarazioni.

Certo se entriamo nel merito delle questioni, che a suo tempo dovranno essere sottoposte al verdetto del popolo, il dissenso fra i singoli partiti è manifesto e lo sappiamo. Quando p.e. l’Internazionale scrive che i socialisti vogliono la religione libera, ma fuori della scuola, noi le opponiamo invece la nostra formula: libertà d’insegnamento religioso nella scuola per chi lo vuole, senz’alcuna costrizione per i genitori, che non lo vorranno. E se il settimanale socialista a questo riguardo ci attende in atto di sfida alle prossime elezioni, noi gli diciamo che affronteremo con tutto l’ardore questa battaglia, chiamando il paese a dire francamente la sua parola. A questo punto l’oratore accenna che parallelamente alle trattative fatte dal partito popolare italiano, anch’egli rendendosi interprete dei suoi amici politici ha cercato di ottenere delle spiegazioni e delle informazioni precise sulle direttive, che dovranno seguire i nuovi governatori. La Libertà ha scritto che s’era recato a Roma a intimare il vade retro Satana, all’on. Credaro. No - esclama l’oratore - non dissi vade retro, ma non dissi nemmeno, se m’è lecito mantenermi sul terreno delle citazioni bibliche: Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum (ilarità). Ma francamente e lealmente abbiamo chiesto al capo del governo quali erano le sue intenzioni e le sue direttive, esponendo lo stato d’animo delle nostre popolazioni, che aveva provocato preoccupazioni e proteste. E quando l’on. Nitti, dichiarando che l’on. Credaro non è massone, ha tenuto a correggere l’opinione che si ha in Italia di lui, gli abbiamo risposto che noi ultimi venuti in Italia troviamo situazioni ormai compromesse e fame fatte indipendentemente dal nostro contributo, e che è su questi elementi che noi e il popolo nostro dobbiamo fondare il nostro giudizio; che ad ogni modo le intenzioni direttive e di imparzialità che il governo assicura voler attuare dai nuovi governatori, se rese pubbliche, potrebbero attenuare almeno l’impressione che la nomina doveva fare. L’oratore si è incontrato anche con l’on. Credaro, il quale ha ripetuto le dichiarazioni di Nitti nel senso di voler venire nel nostro paese semplicemente come rappresentante dell’Italia e non come uomo di parte. Speriamo - aggiunge a questo punto l’oratore - che la sana aria trentina, quando l’on. Credaro avrà abbandonato il nostro paese, avrà guarito o la fama dell’uomo, se i suoi amici hanno torto, o l’uomo stesso, se i suoi avversari hanno ragione. Ma l’accusa che ci si fa di perdere di mira gli interessi generali del paese, per il nostro punto di vista particolare è affatto infondata.

L'assemblea costitutiva del Partito popolare

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Alcide de Gasperi 4 occorrenze

Oh, quante volte nelle ore oscure del lungo esilio un’immensa angoscia ci piombò sull’anima al pensiero che l’opera di tanti anni di entusiasmo e di azione intensa sarebbe forse crollata e che dovevamo assistere impotenti a tanta rovina. Quante volte sovratutto abbiamo temuto di perdere l’anima di questo popolo, la sua anima onesta di lavoratore tenace e di cittadino cosciente. Abbiamo temuto, disperato mai! Ed eccovi qui, vecchi amici, a confermare di persona le nostre speranze. Usciti fuori appena di sotto alle rovine, aggrappativi testé alla riva, dopo l’immane naufragio, arrampicativi appena per il buratto infernale fin su a riveder le stelle, io vi saluto in quest’alba di un mondo nuovo, voi che, lasciate alle spalle le cure di un pauroso egoismo, vi ritrovate a riaffermare i diritti del popolo trentino e a propugnare gl’interessi collettivi del vostro paese (applausi). Molti dei nostri amici sono caduti; sorgiamo in piedi, in segno di pietà (l’assemblea assorge). L’oratore continua: Ma in piedi, amici, voi siete anche per affermare che la vostra volontà dopo tanto schianto, non è spezzata, che il vostro spirito, dopo tanto veleno, non è inquinato, che la vecchia quercia del popolo trentino ha perduta qualche fronda sì, forse qualche ramo, ma il tronco e le radici hanno resistito e tornano a metter foglie e fiori (applausi). Fra voi vedo anche amici giovani, che non conoscono le battaglie di ieri, ma si preparano con entusiasmo a quelle di domani. A loro uno speciale saluto. Il nostro partito non è recinto chiuso e porta nel suo programma i germi di una perenne giovinezza. Chi ama il nostro popolo, chi condivide ed apprezza i suoi ideali, sia il benvenuto, da qualunque parte esso venga. È il momento grave in cui tutte le forze sane devono trovarsi a bordo; solo la zavorra dell’egoismo, dell’interesse personale, delle ambizioni vili getteremo inesorabilmente nel mare! (approvazioni).

Come alimentare quest’entusiasmo, quando a smorzarlo bastava il decreto di scioglimento manu militari di centinaia di nostre rappresentanze comunali, l’indugio che, nonostante reiterate insistenze, si poneva a ricostituire la nostra amministrazione autonoma provinciale, l’indifferenza, se non l’ostilità evidente, con cui fu circondato un nostro corpo consultivo provvisorio - la Consulta trentina - a cui s’era pur voluto dettare lo statuto, gli ostacoli che s’incontrarono, quando si tentò di avere in seno alla «conferenza dei delegati» a Vienna e nella delegazione per la pace a Parigi una rappresentanza dei nostri interessi nella liquidazione della monarchia austro-ungarica e della conclusione della pace? Come non reagire e non protestare quando alla nostra affermazione delle autonomie locali si oppose una burocrazia accentratrice o livellatrice, talvolta attenuata, ma talvolta anche inasprita dalla collaborazione di trentini che, vuoi per malinteso idealismo patriottico, vuoi per ambizione di dominio e con una certa tendenza alla rappresaglia, dedicarono la loro collaborazione a questo sistema di governo che, malgrado il buon volere di parecchi e le cortesie di molti, fu spesso sistema coloniale e quasi sempre antidemocratico? (grandi applausi) Di fronte a questo sistema, che oggi ancora è troppo poco attenuato, il paese non aveva che due alternative: o lasciarsi andare alla deriva, rassegnandosi alla parte passiva degli eterni brontoloni, o reclamare altamente i diritti della democrazia, concretandoli in due postulati fondamentali: l’assetto definitivo della nostra amministrazione può essere attuato solo col concorso dei rappresentanti eletti dal popolo e le nostre autonomie del comune e della provincia devono essere quanto prima reintegrate in tutta la loro essenza.

Noi faremo opera solidale con loro, perché il popolo italiano si conquisti un parlamento ed un governo che siano fedeli esecutori della sua libera volontà; perché siano fatte leggi che assicurino al lavoro il predominio sul capitale e che strappino agli sfruttatori i mezzi di arricchirsi a spese del popolo; perché la proprietà privata venga sottoposta ai limiti morali ed alle condizioni giuridiche che soli ne rendono legittimo l’uso; perché le grandi organizzazioni capitaliste siano soggette al controllo del popolo e sia chiamato chi vi lavora a partecipare ai loro utili; perché lo Stato sostenga con tutti i suoi mezzi le sane energie popolari chiamate a ricostruire la società colla riorganizzazione delle classi, giuridicamente riconosciute, colla cooperazione e col libero sviluppo della piccola proprietà rurale ed industriale, favorita questa in modo particolare nella legislazione tributaria.

., il Governo abbia mancato di avvedutezza e di energia, l’assemblea domanda che venga subito istituita col concorso delle associazioni economiche della regione una commissione composta di fiduciari del paese che d’accordo coi rappresentanti delle altre terre redente provveda nell’esecuzione del trattato a salvaguardare i nostri interessi ed a prepararne una migliore difesa in occasione della stipulazione delle nuove convenzioni commerciali.

Il comizio di Riva

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Stefenelli di menomare l’importanza dei comizi elettorali di Tuenno e di Valfloriana e osserva che i contadini hanno diritto di parlare, perché contribuiscono a mantenere l’università; del resto la maggior parte dei nostri studenti, se non hanno il padre contadino, hanno avuto il nonno. Quanto al fatto che a Tuenno l’ordine del giorno venne accettato ad unanimità senza discussione, esso non può provare altro che gli elettori furono tutti d’accordo, altrimenti la maggior parte dei comizi per l’autonomia non avrebbero avuto nessun valore. Egli venne a malincuore a questo comizio: le predizioni della stampa locale e le idee, oramai fatte pubbliche di alcuni fra i promotori, già dicevano ch’egli si sarebbe trovato di contro a delle persone molto autorevoli di parere avverso in un ambiente predisposto ostilmente. Venne tuttavia per obbedire ad un imperativo della sua coscienza di cittadino, venne, perché dopo aver scritto e parlato durante tutta la lotta universitaria ed averla combattuta da vicino assieme alla giovane generazione, pareva che il mancare nel momento in cui pende la decisione, fosse un disertare. E come non mancò ad Innsbruck, quando l’armonia degli intenti collocò accanto l’uno all’altro gli studenti, malgrado tante differenze, nella difesa contro un urto feroce, così non volle mancare oggi, anche se gli fosse avvenuto di parlare contro tanti alleati d’un tempo. Allora come adesso è l’amore alla causa della nostra elevazione nazionale che lo spinge, è la persuasione intima della necessità di un istituto superiore per la nostra coltura. Si dichiara d’accordo coll’energica protesta contro il Governo e specialmente contro quei tedeschi che sono in Austria il concreto dell’astratto: prepotenza, e in questo riguardo non ha nulla da aggiungere alle nobili parole del barone Fiorio. Venendo al nocciolo della questione, dice che si può partire da due punti di vista: punti che si sono fatti anche pubblicamente valere negli ultimi giorni. «O noi consideriamo, egli dice, il miserabile frutto dopo tante cure ottenuto, consideriamo il tozzo di pane buttatoci come a mendichi, mentre noi avevamo sperato, sognato un banchetto, e allora il sangue ci sale al viso e gridiamo colla voce soffocata dalla rabbia in faccia al presunto benefattore che ci deride: No, no, il tuo tozzo lo butto a terra e lo calpesto; salverò la dignità, anche a costo della fame! E questo è il parere di chi grida “Trieste o nulla”. Ma c’è anche un altro punto di vista, e questo s’attaglia secondo me alle nostre condizioni. Noi siamo un popolo stretto da ogni parte da avversari nazionali, che s’annidano sui nostri valichi alpini che scorazzano le nostre valli come padroni, e mentre ai confini passo passo, piede piede, ci tocca difendere la nostra vita nazionale, anche più addentro dobbiamo parare gli assalti diretti contro il palladio della nostra nazionalità. Su questo piede di difesa in cui ci troviamo in questo accanimento continuo ogni arma nuova che ci viene tra mano serve a rintuzzare l’offesa, è provvidenziale. Da questo punto di vista io considero la facoltà che il Governo, o meglio i partiti, sia pure con intenzione non benevola, hanno fatto passare nella commissione. Faremmo insomma, per ritornare al paragone di prima, come il mendico che strappa di mano al signore il tozzo di pane, lo ingozza perché vuole vivere, vivere per continuare nella resistenza e gli grida: Vivo per combatterti, per vincerti definitivamente! Io vedo insomma nella facoltà una forza che aumenta la nostra resistenza nazionale, e per ciò l’accetto per ritorcela contro i donatori che hanno già calcolato sul mio rifiuto. Ma la facoltà, voi obiettate, è bastarda; anzi l’on. dr. Stefenelli ha accentuato appunto questo. Ebbene, se il progetto dovesse passare tale e quale, dovremmo rifiutarlo tutti. Ma già il Governo, credo per bocca del ministro Hartel stesso, ha dichiarato di voler mutare le disposizioni lesive ai nostri sentimenti nazionali; ad ogni modo, se il Governo non manterrà la sua promessa, per il nulla ci sarà sempre tempo d’agitarsi. Ora veniamo alla questione della sede. Il Governo — c’è chi vuole, in seguito a suggerimenti — nella scelta della sede, dopo aver passato sopra al desiderio comune agli italiani, ha inflitto un’altra offesa al nostro paese. Il pericolo dell’atomismo, parlando di popoli e di stati, e passato. Pochi ma uniti, malgrado la geografia ufficiale, nella nostra coscienza di popolo abbiamo creato un paese, il Trentino, e a Trento tutti — parve almeno tutti — demmo le insegne di capitale, e Trento lo fu anche spesso moralmente. Così non parve ai promotori del progetto. Signori, se il Governo vuole erigere la facoltà nel Trentino, lo possa fare solo a Trento, in nome dell’unità nazionale del paese! Ed ora vengo all’ultima obiezione fatta anche oggi che è forse per alcuni più forte di tutte le ragioni; la solidarietà nazionale coi fratelli della Venezia Giulia. Gli è appunto in nome di questo supremo ideale dell’armonico sviluppo nazionale fra tutti gli italiani dell’Austria che io vi domando la votazione per Trento. Non vi paia un paradosso, o signori! La facoltà a Trento dev’essere provvisoria; lo dev’essere per deliberato nostro, lo dev’essere per l’opera dei deputati. Non si tratta che di uno sbarco momentaneo, per salvarci dal sicuro naufragio finché, passata la burrasca, riprenderemo il cammino verso la meta finale, Trieste. Teniamola viva questa povera figlia della sciagura, fino che momenti politici più propizi, costellazioni parlamentari più favorevoli ci rendano possibile darle una stanza più sicura, più conveniente. Signori! gridando “Trieste o nulla” noi ricadiamo dopo tante lotte nel nulla, senza che si veda modo di cavarsene fuori, dicendo “Trento” noi evitiamo il “nulla”, per poi arrivare a Trieste. E i nostri fratelli triestini che in un momento di delusione, che noi condividiamo, s’oppongono ora ad una soluzione provvisoria, saranno poi grati a chi ha salvato loro il germe di cui raccoglieranno più tardi i frutti. Del resto i miei avversari sono in contraddizione. Come si fa ad appellarsi alla solidarietà coi triestini, mentre contemporaneamente si invitano, come sostiene oggi il dr. Stefenelli, i deputati a rompere l’unico vincolo che è il club italiano al Parlamento? Io non sono tenero però del club italiano, anzi se tutto si avesse a ridurre ad una dittatura dei deputati del litorale venga pure la rottura». Il dr. Degasperi conclude dichiarando specioso l’argomento che in Trento non possa risiedere provvisoriamente una commissione di esami, perché danneggerebbe la coltura generale degli studenti, e nega che a Vienna e a Graz gli studenti trentini siano veramente a contatto con le fonti della civiltà tedesca. Finisce dicendo che non vede per ora come si possa ricominciare di nuovo la lotta, e osserva che la politica del «tutto o nulla» nella questione dell’autonomia, ci ha messo al rischio di perdere nazionalmente oltre la valle di Fassa anche quella di Fiemme. Prelegge in ultimo il seguente ordine del giorno: «Il Comizio riafferma essere unanime volere degli italiani che la facoltà giuridica italiana, rispettivamente l’università completa, abbia la sua sede definitiva in Trieste, e invita i deputati a cogliere ogni momento politico opportuno per eseguire la volontà nazionale. Protesta contro le disposizioni lesive ai sentimenti nazionali contenute nel presente abbozzo di legge. Delibera che vista l’impossibilità per il momento di raggiungere la meta ideale e di iniziare una lotta efficace sul terreno accademico e sul terreno parlamentare, ammesso che il Governo come ha promesso ritiri le disposizioni lesive come sopra, venga affidata a Trento la facoltà giuridica, in via provvisoria, e fino a tanto che agli unanimi conati degli italiani riuscirà di ottenere l’erezione definitiva di un’università italiana a Trieste»?

Una conferenza dell'on. Degasperi a Merano. Il contraddittorio coi socialisti

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Alcide de Gasperi 2 occorrenze

Degasperi a Merano. Il contraddittorio coi socialisti

Nella seconda, egli ricorda che gli amici che lo hanno invitato a parlare sono gli stessi che a Merano hanno da anni potuto sostenere un modesto ma valoroso gruppo di unioni professionali cristiane. Questi sindacati hanno saputo combattere delle lotte in difesa degl’interessi operai, talvolta anche assieme ai socialisti. Ciò gli dà occasione di accennare rapidamente all’attuale momento politico, quale è caratterizzato dall’affacciarsi alla vita politica in forma imponente del movimento operaio. Non è vero, come vanno affermando i propagandisti del socialismo, che movimento operaio e partito socialista siano la stessa cosa. Fin dall’inizio dell’epoca nuova si distinsero accanto a Saint Simon e Louis Blanc, Lammenais, Lacordaire e Montalembert, accanto a Marx Lassalle, Ketteler e Kolping. Due scuole, due teorie e due organizzazioni si divisero il campo in tutte le nazioni latine. Nei paesi anglosassoni, in Inghilterra, in America, in Australia le più grandi organizzazioni operaie sono fuori del socialismo. Questo fatto, che inutilmente si vuol negare, fa riflettere. Ciò vuol dire che la differenziazione non è causata dal non volere le organizzazioni non socialiste rappresentare l’interesse immediato ed il progresso indefinito della classe lavoratrice, ma è motivata dall’idea del materialismo storico, a cui il socialismo educa le organizzazioni sue. Chi non accetta tali principi non può essere socialista cosciente, per quanto sia caldo fautore della classe operaia.

Il Congresso degli universitari cattolici a Borgo

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Alcide de Gasperi 2 occorrenze

Il Congresso degli universitari cattolici a Borgo

Cicerone era piuttosto tra questi ultimi ma noi invidiamo la fortuna di Demostene, perché la chiusa delle sue filippiche era coronata dall’entusiastico grido: «guerra, guerra a Filippo!» Così oggi, sia pure ch’io non sono Demostene né voi gli ateniesi, vorrei tuttavia che alla fine del discorso non dobbiate dire: «Veramente ho capito poco, un bravo oratore però!». Ma invece che siate condotti a dire: «Le ha dette giuste, convien proprio fare così!». Una cosa però non hanno precisato i colleghi di direzione: s’io dovessi cioè tenere questo discorso popolare al popolo in nome loro o viceversa se avessi a parlare in nome del popolo agli studenti. Mi perdonerete, quindi, se, per cavarmi d’impiccio, parlerò un po’ agli uni e un po’ agli altri. Se vi sarà qualcuno che a un certo punto non comprenderà, stia tranquillo; in quel momento non mi rivolgo a lui, ma ad altri.

Comizio di Fondo. La votazione per Trento

388006
Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Il dr Battisti ha affermato che a Trento non si formeranno nemmeno i professori. Constato che i professori si sono dichiarati pronti ad andare a Trento; segno che non vedono in pericolo la loro formazione. Il prof. Menestrina scriveva alcuni anni fa nell’annuario degli studenti trentini le medesime querele sulla poca cultura dei nostri legali venuti da Innsbruck o da Graz e vedeva nella fondazione di un giornale professionale un mezzo per sollevarla. Se si credeva con ciò di riuscire a qualche cosa, non può egli oggi aver fede di conseguire ancor di più con una facoltà a Trento? È vero; il libro ed i professori non sono tutto; ma sono sempre l’essenziale, e non bisogna esagerare l’importanza dell’ambiente. Chi vi dice del resto che gli studenti siano costretti a rimanere tutti gli anni a Trento? Un anno o più potranno frequentare le università maggiori italiane o tedesche. Che coltura offriva infine loro l’ambiente di Innsbruck? Sì, è vero, è una pagnotta, una pagnotta di pane nero, se volete, che ci offre il Governo; ma noi abbiamo fame e dobbiamo mangiarla per continuare la lotta. Riguardo al trasferimento eventuale delle cattedre a Trieste, non si può asserire che sarà impossibile per il futuro; vi furono delle costellazioni parlamentari in cui i deputati italiani diedero il tracollo alla bilancia. È probabile che ritornino. Il contegno stesso che tengono di questi giorni la stampa e i deputati tedeschi, ci dovrebbero persuadere che è far loro un grande favore dichiararsi per il nulla. Sentite come il relatore Starzinsky motivò la preferenza per la sede di Rovereto. Dopo aver ammesso che tutto il resto parla per Trento, egli dice però che a Trento la percentuale della popolazione tedesca è più forte e quindi sono più facili gli attriti. Si nega dunque il carattere nazionale di Trento. E noi dovremo lasciare passare questa offesa con un tanto consenso? Votiamo per Trento anche in protesta contro il Governo ed i deputati avversari. Il d.r Battisti si lagna che si siano tenuti pochi comizi e vuole dare di ciò colpa ai deputati Conci e Delugan. Io gli oppongo che furono appunto questi deputati che si presentarono parecchie volte agli elettori, mentre i «nullisti» hanno taciuto e a Trieste sono fuggiti vergognosamente (applausi vivissimi). Si attaccano i deputati Conci e Delugan che pure furono i soli ad affrontare coraggiosamente l'opinione pubblica; mentre per il Malfatti e il Mazorana ci volle uno studente a proporre il voto di sfiducia e si lasciano in pace gli altri tutti. Il Battisti dice ancora che gli Adriatici non verrebbero qui da una spiaggia tanto lontana. O che dovremo noi fare il medesimo viaggio e assoggettarci alla loro dittatura? Anche l’argomento della guerra civile è una montatura; ma se fosse vero, addio autonomia, addio qualunque altra nuova conquista; al Governo basterebbe provocare una questione di sede, perché noi dovessimo respingere tutto. (Applausi della maggioranza).

La federazione trentina dei ferrovieri - il risultato delle trattative passate - il nuovo memoriale del 7 marzo - Una deputazione a Roma

388019
Alcide de Gasperi 2 occorrenze

La federazione trentina dei ferrovieri - il risultato delle trattative passate - il nuovo memoriale del 7 marzo - Una deputazione a Roma

I ferrovieri che prossimamente si recheranno a Roma vedranno tutte le difficoltà che si frappongono a trattare concretamente e a conchiudere positivamente. Il meccanismo burocratico complicato e gli ostacoli ad avvicinare le persone con cui è necessario trattare, oppongono le prime e non lievi difficoltà. Ma poi c'è dell’altro: per le continue trasformazioni politiche del ministero dei trasporti che ora fa a sé, ora si incorpora a quello delle industrie, ora a quello dei lavori pubblici, si finisce in una vera confusione e non si sa con chi trattare. Dopo aver avvicinato l’on. Devito e aver preso degli accordi con lui, tocca ora rifare tutto col nuovo ministro, che sembra debba essere l’on. De Nava. Dicono che costui se ne intenda delle nostre cose essendosi, a differenza dell’on. Devito, interessato direttamente delle ferrovie ex gestioni, venendo a studiarle sul posto. Meglio così, poiché è appunto di un ministro competente e conoscitore delle cose nostre che si ha bisogno. Ma dobbiamo convenire che quello che in certo modo danneggia di più i ferrovieri ex gestioni è la confusione che regna nella loro stessa classe riguardo al modo come si prospetta la sistemazione delle ex gestioni. Così nella Venezia Giulia per esempio, qualche gruppo domanda la parificazione alle F. S., a noi si vogliono mantenere i diritti acquisiti. È indispensabile, quindi, il più perfetto accordo e la più completa uniformità nelle richieste, e i delegati nostri che si porteranno a Roma bisogno che subito - magari durante il viaggio, quando si troveranno con gli altri delegati - si mettano a discutere e cerchino di accordarsi. L’idea fondamentale che deve regolare la discussione e l’accordo, va imperniata su questi due punti: 1. o mantenimento dei diritti acquisiti; 2. o conquista dei miglioramenti di cui fruisce il personale F. S. Perché i diritti e gli interessi dei ferrovieri possano essere continuamente ed efficacemente tutelati, è necessario che nella commissione centrale sia rappresentata la classe dei ferrovieri. Il concetto della rappresentanza del personale è stato ammesso. Intendiamoci: non si tratta di rappresentanze delle singole società, ma di tutti i ferrovieri. C’è questo, però, che chi ha promesso - l’on. Devito - se ne è andato, ed ora bisogna ricominciare, per ottenere dal successore lo stesso impegno. Gioverà, allo scopo di far rispettare la promessa, la lettera impegnativa, scritta anche a nome dell'on. Devito, dal sottosegretario ai trasporti on. Sanjust, lettera che i nostri delegati faranno bene a portare a Roma. L’oratore si diffonde quindi a dimostrare l’importanza del compito che la nostra commissione dovrà svolgere a Roma, per appoggiare le richieste contenute nell’ultimo memoriale della Federazione trentina dei ferrovieri, specie in punto di rappresentanza di classe e di miglioramenti immediati (300 lire al messe, ecc.). Da ciò l’on. Degasperi trae argomento per illustrare la grande importanza del fatto che nella commissione centrale dell’amministrazione ferroviaria si sia deciso di chiamare la rappresentanza dei ferrovieri. Tutti i ferrovieri che hanno agitato il postulato della compartecipazione al possesso delle ferrovie vedono con soddisfazione questa vittoria programmatica. È vero che la partecipazione del personale alla commissione centrale, da stabilirsi con sistema proporzionale, può non essere ben vista da chi teme di perdere il monopolio delle agitazioni; ma l’importante è che una classe dei servizi pubblici - e si farà lo stesso in seguito, anche per tutti i servizi pubblici - abbia acquistato il diritto di rappresentanza nell’amministrazione centrale. Questo non riguarda per ora i nostri ferrovieri, che, fino all’annessione - salvo uno strappo - non parteciperanno alla nomina dei commissari centrali; ma ciò non diminuisce la necessità di illustrare bene la questione, perché questo segna un passo che formerà come lo spartiacque fra quelli che vogliono la collaborazione con le pubbliche amministrazioni per migliorare le condizioni degli addetti ai servizi pubblici e quelli che la collaborazione non vogliono. Circa le concessioni da noi richieste per tornare ai postulati immediati dei ferrovieri trentini, ne abbiamo di già ottenute e di altre da conseguire (i due anni e mezzo di anzianità, il vestiario, le trasferte). Per il vestiario, il ministero ha assicurato che furono ordinate 500 uniformi alla ditta Callegari, ma qui non sono giunte. Sulle indennità di trasferte, il governo si è mostrato d’accordo in via di massima, e solo aspettava il rapporto favorevole della Delegazione. Voci. È stato mandato. È insoluta, invece, la questione delle trasferte per quelli che durante la guerra furono mandati a lavorare in Germania. Precisiamo: un importo di 14000 corone fu versato alla Banca Cooperativa, ma dal ministero del Tesoro, per quanto se lo sia promesso, non è stato ancora concesso il cambio; per un altro importo di 63000 corone i denari non si sono avuti e ci sono soltanto i titoli accertati di credito. Poiché le cose vanno per le lunghe nelle pratiche fra ministero del tesoro e ministero dei trasporti, e poiché i creditori hanno indubbio ed urgente bisogno di soldi, non c’è che un’unica strada da seguire: che il debito se lo assuma e lo liquidi subito l’amministrazione. Per la richiesta dei caroviveri al cento per cento fu anche dal ministero del tesoro risposto che in via di massima si è d’accordo: rimane soltanto da stabilire il termine iniziale del riconoscimento del diritto alla parità. Fu invece risposto che se ne tratterà dalla commissione che deve recarsi a Roma la questione dei caroviveri mensile posteriore all’occupazione italiana. Infine, riguardo alle licenze, è stato accordato che esse rimangano quali vigevano nella antiche gestioni.

Il contraddittorio D.r Degasperi-Todeschini a Merano

388027
Alcide de Gasperi 2 occorrenze

Il contraddittorio D.r Degasperi-Todeschini a Merano

Che ne è del d.r Battisti, su cui giuravate un giorno e che anche qui a Merano avete applaudito. È stato espulso dal partito, e voi ora lo accusate d’essere divenuto uno di quella borghesia, contro cui ha predicato. Il d.r Colmano s’è ritirato dal partito, e si dice la pensi tutt’altro che da socialista. A Trento avete una serie di sette socialiste, la Camera di lavoro in lotta coi battistiani, entrambi colla dimissionaria direzione della Cassa ammalati. (Un socialista interrompe). Ehi! Signor interruttore, sa niente lei dell’affare della lega metallurgici? (Applausi). Oppure sa qualche cosa di certe persone calate dal Vorarlberg?(Applausi prolungati). Mi rincresce di dover fare delle personalità, ma conviene, se mi sfidate, che dite pane al pane o vino al vino. Questi furono, o socialisti, i vostri capi, eppure voi siete sempre pronti a credere a qualunque avventuriere, a qualunque profugo che vi capita addosso. Io non attacco nessuno ma vi dico: Occhio aperto, attenti ai fatti e non credete alle chiacchiere. (Applausi lunghissimi). Un socialista grida: Voi siete contro gli scioperi! D.r Degasperi: Sono lieto che mi diate l’argomento in mano. Noi siamo solo contro gli scioperi ingiusti. N’è prova lo sciopero dei segantini di Fiemme che ho sostenuto io. Sono qui molti di Fiemme, e lo sapranno. Io non ho domandato ai segantini se sono cattolici, o no, io ho chiesto solo che la loro organizzazione sia di uomini onesti ed escluda qualunque politica socialista. A proposito, mi sapete dire perché l’Avvenire del Lavoratore non ha portato nemmeno una riga di questo sciopero? — Perché hanno paura che gh operai aprano gli occhi (applausi fragorosi). Concludo: attenti ai fatti e non credete alla chiacchiere. Formate organizzazioni cristiane, indipendenti dal socialismo! (Applausi quasi generali).

L'assemblea generale del partito

388037
Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Sul principio il nostro postulato della rappresentanza regionale autonoma, della costituzione di una Dieta trentina, suscitò a Trento stesso le ire sdegnose degli iperpatriotti che ci tacciavano di legittimismo austriacante; ora tutti i partiti trentini lo accolgono. A Roma incontrammo ignoranza o avversione. Quante conferenze, quante discussioni, quanti atti di energia ci vollero prima che l’idea trovasse ospitalità! Ora essa è investita di piena cittadinanza in forza della legge di annessione. Amici, questa vittoria fu potuta raggiungere solo in forza di una fede irremovibile e di un’opera cosciente, avveduta, perseverante. Avremmo mancato in molte altre cose, ma in questa che a noi parve il problema centrale del paese, abbiamo prodigate tutte le nostre energie, e ci pare che per merito di essa ci possiate perdonare le altre nostre mancanze! Per essa abbiamo fatto la più attiva propaganda nella stampa, presa la parola nei congressi del Partito popolare italiano di Bologna e di Napoli, conquistata l’adesione della direzione centrale e del consiglio nazionale del partito, l’appoggio del nostro gruppo parlamentare che ne fece oggetto di pattuizione per il programma della coalizione governativa, cercato e raggiunto l’accordo coi decentralisti e regionalisti d’Italia d’ogni fede politica e trovata infine l’adesione di massima dei governi da Nitti a Giolitti ed il voto di principio delle due Camere. I futuri deputati sono chiamati ad attuare; noi fummo i pionieri che abbiamo aperta la via. Giammai un postulato particolare di una nuova regione trovò Il resto dello Stato così poco disposto a prendere notizia, a discuterlo, ad avviarlo alla soluzione (applausi). Noi abbiamo dovuto svolgere la nostra azione a scatti, con intermezzi di lenti assedi e poi con attacchi frontali, agendo in mezzo ad una crisi politica in permanenza e fra le convulsioni che preparano la rivoluzione sociale. La politica in tempi più normali fu paragonata ad una partita a scacchi; oggi essa assomiglia piuttosto all’acrobatica; Chi non ha il polso fermo e l’orecchio pronto, si rompe il collo. - Noi non ce l’abbiamo ancora rotto, e ci pare già questo un successo così fortunato da dover vantarlo al cospetto di quest’assemblea (ilarità, applausi). Dovrò pur ricordare qui la nostra azione, per la ratifica del trattato di S. Germano, ratifica ch’era indispensabile per giungere all’annessione? In questo nesso avrei da ricordarvi anche le trattative avviate a Trento e finite a Roma per l’assetto politico-amministrativo della provincia in confronto dei postulati dei nostri vicini tedeschi, trattative alle quali collaborarono mons. Gentili e Ciccolini in prima linea, colla loro preziosa energia. Dovrei ricordarvi la nostra opera svolta in paese per ristabilire l’autonomia comunale e l’iniziativa presa dai nostri amici, nostri rappresentanti nel consiglio municipale delle città autonome per l’abolizione dei corpi elettorali? Fu tutta una serie d’iniziative prese seguendo sempre la stessa direttiva: ricostruire il paese su basi autonome e ricostruirlo al più presto possibile.

Congresso degli Universitari catt. a Mezolombardo

388042
Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Congresso degli Universitari catt. a Mezolombardo

Per la difesa nazionale a S. Sebastiano e Carbonare

388054
Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Per la difesa nazionale a S. Sebastiano e Carbonare

L'evoluzione della cultura e la stampa quotidiana

388066
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Ciascuno di voi si sarà per naturale effetto del nostro egoismo che fa del nostro io il centro del tempo e dello spazio che ci circondano — si sarà disegnato un proprio orizzonte al di là del quale è un passato che si propende più a compatire che a studiare, entro il quale è un presente che si adula volentieri e confina con un avvenire, a cui non si pensa. Ma proviamoci un po’ a rompere questo orizzonte: figuratevi che risorgano i nostri padri antichi e camminino per le contrade d’oggi dì. Li meraviglierà anzitutto il progresso meccanico, la macchina a vapore, la macchina elettrica, il telegrafo, il telefono, il fonografo. Ma fino che osservino più addentro la vita sociale. Troveranno anzitutto mutata essenzialmente la nostra vita economica.

E vedranno l’antico droghiere, il piccolo negoziante che vendeva di tutto a tutti, a combattere anch’esso la lotta già perduta dall’artigianato contro i grandi negozi specialisti, i bazars, l’unione e la cooperazione dei consumatori e grande sarà la loro meraviglia di non trovare più nemmeno il contadino signore della terra che coltiva, ma soggetto anche egli a tener conto del raccolto di paesi remoti e ai prezzi che il grande mercato, la borsa, detteranno. Ed ecco la loro conclusione: I rapporti economici sono essenzialmente mutati.

Il potere del giornale anticlericale è giunto a tanto, che non occorre faccia nemmeno cenno di provare quanto asserisce. Basta una delle solite frasi stereotipate, perché l’effetto voluto segua incontrastato. Gesuitismo, clericalismo, manomorta sono le parole-spauracchi che servono a dirigere la folla dove si vuole; laicizzazione, libera scuola, incameramento sono le parole briccone, che legittimano e contestano per i più lo scristianizzamento, l’ateismo nella scuola, la confisca della proprietà, il ladroneccio. A che giova la pastorale del vescovo, la protesta dei cardinali, l’enciclica del pontefice se questa stampa o le sopprimerà o le storpierà a piacer suo? I cattolici, dopo lunga inerzia nella vita politica, si sono scossi ed hanno i loro deputati al parlamento. Ma che giova il loro discorso se, ignorato dalla stampa, rimarrà sepolto negli archivi parlamentari. Perché i cattolici sono rimasti indietro Riscuotiamoci dunque, o amici della causa cristiana, creiamo una stampa forte, rispettata, che s’imponga. Perché abbiamo dormito finora? Io ritorno logicamente là, donde sono partito. Perché non abbiamo compreso l’evoluzione dei tempi nostri, perché della vita che ci trascorre dinanzi non abbiamo avuto la concezione dinamica e reale. Perché noi cristiani, noi credenti abbiamo formato la grande massa inconscia fra i lettori, gli abbonati di siffatti giornali? Perché non avevamo compreso il compito fatale della stampa, quale organo della cultura contemporanea.

Un discorso dell'on. Degasperi a Merano. L'istituzione di un segretariato a Bolzano

388078
Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Degasperi a Merano. L'istituzione di un segretariato a Bolzano

Segantini. Adunanza generale del 21 marzo 1909

388092
Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Vi saranno segnati in parte a sé quelli che non hanno ancora pagata la tassa sociale del 1908. I fiduciari devono eccitarli ad adempiere i loro doveri sociali. L’adunanza decide che chi non avrà pagata la tassa prima della prossima adunanza generale (probabilmente pentecoste) verrà espulso dal nesso sociale. Ogni socio deve avere lo statuto e il cassiere o il fiduciario deve segnare il pagamento della tassa. S’incarica la direzione a studiare quali effetti avrebbe per la classe dei segantini e per la società stessa l’applicazione della nuova legge industriale. Tale questione va messa all’ordine del giorno della prossima adunanza. Si nominano a firmatari del protocollo Zen e E. Ventura. Sia apre quindi una grande discussione sulla istituenda cassa di mutuo soccorso. Si constata che molti sono gli argomenti pro e contro e grandi le difficoltà di fare qualche cosa di buono; infine a titolo di prova si decide di limitarsi per quest’anno a poco, lasciando ad un altr’anno il compito d’introdurre migliorie. Dopo la relazione del d.r Degasperi si conchiude con l’accettare per quest’anno il seguente regolamento colle rispettive disposizioni particolari per il 1909.

Il discorso dell'on. Degasperi al convegno universitario di Mezacorona

388102
Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Conveniva tentare la riscossa su tutti i campi della coltura perché i cattolici sarebbero riusciti a risolvere la questione sociale solo se avessero strappato agli intellettuali il riconoscimento della loro abilitazione scientifica. L’oratore ricorda qui – commosso - il bel tentativo fatto dai nostri accademici e dal nostro piccolo mondo scientifico riuscendo per parecchi anni a mantenere la Rivista Tridentina che, lontana com’era dai centri d’attività intellettuale, non poteva dare nessun contributo alla rinascita che invocavamo, ma che rimane una prova confortevole dello sforzo con cui gli irredenti, chiusi a nord dal confine linguistico e a sud da quello politico, si affermavano nel campo della coltura.

Progetto per la costituzione di una banca popolare a Caltagirone

388118
Luigi Sturzo 1 occorrenze

Progetto per la costituzione di una banca popolare a Caltagirone

Progetto per la costituzione di una banca popolare a Caltagirone

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Luigi Sturzo 1 occorrenze

Progetto per la costituzione di una banca popolare a Caltagirone