Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Numero di risultati: 28 in 1 pagine

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Come devo comportarmi?

172800
Anna Vertua Gentile 1 occorrenze
  • 1901
  • Ulrico Hoepli
  • Milano
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La padrona di casa deve provvedere a ciò, che non manchino lenze, ami e reti necessari, e che le vivande per la colazione sieno abbondanti e gustose. Qualche volta anche, specialmente nei laghi, si pesca alla fiocina, di notte, con un lume a prua della barca: il lume illumina i pesci, i quali sono presi dalla fiocina o tridente. Questa pesca di notte è oltre ogni dire divertente. Quel trovarsi in alto lago, allo scuro, in mezzo al silenzio, e far bottino di pesci in piena poesia di scintillio di stelle e scroscio di onde, è cosa quasi commovente.

Pagina 357

Per essere felici

179635
Maria Rina Pierazzi 2 occorrenze
  • 1922
  • Linicio Cappelli - Editore
  • Rocca San Casciano - Torino
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Dote principale di quest'abito deve essere la semplicità; più è semplice, più è signorile; i ricami, le cianciafruscole, le guernizioni abbondanti, dànno un'aria bottegaia che urta; e più di tutto la fidanzata deve portare, come unico gioiello. l'anello ricevuto dallo sposo. Quell'anello è la promessa, è il legame, è la vita di domani; è il segno tangibile che una donna non si appartiene più. Deve imperare solo, sulla persona della prescelta, come il suo stesso destino. Se la sposa appartiene a famiglia altolocata, naturalmente il pranzo, pur mantenendosi fra i limiti della più affettuosa cordialità. potrà avere una speciale impronta di eleganza. I parenti e gli amici vestiranno, la "redingote„ le signore saranno in abito da sera, scollato e in colori chiari. Ciascuno si sarà fatto precedere da un mazzo di fiori per la fidanzata. Se dopo s'improvviseranno quattro salti, nessuno dei convitati inviterà la signorina a ballare; ella potrà astenersene se il fidanzato non balla, o danzerà solamente con lui. Ho detto "quattro salti„ perchè con la mania del "fox trott„ imperversante ai nostri giorni è difficile che trovandosi riunite anche poche persone non cedano alla tentazione dello sgambetto. Ma, in realtà, i ricevimenti per fidanzamenti dovrebbero essere improntati a un carattere di simpatica ma non spensierata allegria, perchè, volere o no, il passo compiuto è sempre grave e deve suscitare nell'animo qualchecosa di più serio che non il solletico del ballo. Regola di perfetta cortesia è questa: non alludere mai, nè da parte dei parenti nè da parte degli invitati, alla posizione finanziaria degli sposi. È assolutamente borghese e di cattivo gusto sentir dire da un padre e da una madre: — Si... veramente, mia figlia fa un buon matrimonio. Lui ha una bella posizione... una fortuna considerevole. Oppure gli invitati, fra di loro: — Quanto le danno di dote? Quanto spenderanno nell'alloggio?... Quanto costerà il corredo? E così via, spinti da una curiosità riprovevole e poco fina — tantopiù che certi particolari non devono avere l'onore della pubblicità. È vero che tanti matrimoni sono fatti per accomodare gli interessi da una parte e dall'altra, ma non è meno vero che questo non deve interessare le persone estranee e molto meno deve diventare oggetto di discorsi e di commenti inutili ed indelicati. Nei tempi passati le regole del fidanzamento non permettevano che i due giovani si dessero del "tu„ sino a pochi giorni prima del matrimonio, e non era loro concesso parlare da solo a sola, avendo sempre a le spalle qualche guardiano. Ora, invece, si lascia ai giovani molta più libertà considerando giustamente che prima di unirsi per tutta la vita con un vincolo inscioglibile, devono conoscere il loro reciproco carattere ed affezionarsi profondamente per vivere una vita di concordia e di pace. Di più un giovane onesto e ben nato non mancherebbe di sentirsi offeso trovandosi continuamente uno sbirro alle costole, nella stessa casa della sua fidanzata; sarebbe por lui una grave prova di sfiducia capace soltanto d'irritarlo e di urtarlo. Occorre quindi che i parenti della sposa trattino con molto riguardo, e pur esercitando una ragionevole sorveglianza, evitino la possibilità di passare per sospettosi e indelicati verso l'uomo che dovrà essere la natural guida e il natural protettore nel domani della loro figliuola.

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Durante il ricevimento tocca a lui presenziare il servizio di buffet e di rinfreschi, avendo cura che l'uno e l'altro siano abbondanti, e di primissima qualità. Settimanalmente egli renderà conto alla padrona di casa del denaro speso, di quello incassato, presentando scrupolosamente fatture e ricevute, onde non rispondere in malo modo alla fiducia riposta in lui.

Pagina 220

Le belle maniere

180225
Francesca Fiorentina 3 occorrenze
  • 1918
  • Libreria editrice internazionale
  • Torino
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E abbiate la stessa cura per i vini, più o meno abbondanti secondo l'importanza del pranzo, e di cui i comuni saran serviti in bocce di cristallo, i più fini nelle loro bottiglie. Tutto qui? No, care; bisogna che anche l'occhio abbia la sua parte, bisogna che la tavola sia degna di ricevere i cibi squisiti da voi preparati, e che i vostri invitati ammirino l'eleganza pratica della padroncina, in ogni particolare. La tavola dev'essere sufficentemente ampia per il numero dei commensali, a cui non garberebbe certo starsene striminziti come acciughe nel barile. Se c'è diversità di seggiole, guarderete sempre di riserbare le più comode alle signore, che avranno più cara l'attenzione d'un panchettino. Alla tovaglia, me l'immagino, avrete dato una sferrata di fresco:non si sa mai, alle volte nel guardaroba si formano delle pieghe secche così antiestetiche! Una leggerissima insaldatura non nocerà, ma sarà indispensabile un perfetto nitore. Della medesima qualità della tovaglia dovranno essere i tovaglioli:o damascati, o di Fiandra, senza o con iniziali. Ma, per carità! non vi scervellate a immaginare forme bizzarre per le salviette: un quadrato quasi perfetto sarà preferibile a qualunque poligono. Le metterete, per caso, dentro il bicchiere? Scusate, ve l'ho domandato per eccesso di prudenza. Mi par già di vedere i coperti disposti in una bella fila: ognuno ha il suo piatto, a cui fan da sentinella tre o quattro bicchieri, quelli necessari per tutto il pranzo, e tengon compagnia il coltello e il cucchiaio a destra e la forchetta a sinistra, dalla qual parte trovo anche il panino posato sul tovagliolo. Non manchino i fiori dal profumo tenue, o disposti in ghirlanda, o affacciati a graziosi vasetti sparsi qua e là, non in trionfi ingombrati, come s'usava una volta, nel Seicento! Se a ogni portata non v'è possibile cambiar le posate, sarebbe almeno necessario farlo quando l'invitato ha lasciato le sue sopra il piatto e, anche, dopo il pesce, il cui gusto è appiccicaticcio. Mi sembra superfluo dirvi che per il dolce bisogna aggiungere al piccolo coltello la forchettina dello stesso servizio, e per le frutta in composta o per la crema il cucchiaino. E guardate di preparare con una certa eleganza anche le frutta e le paste, che devono essere fini e leggere. Sicuro, anche nella loro disposizione si rivelerà il vostro gusto! Il caffè sarebbe meglio servirlo in una tavola a parte, non in quella seminata di bicchieri e di bricciole. Le tazzine si usano piccolissime, perchè s'immagina che la qualità del caffè ne compensi la quantità. Prima che gl'invitati vadano via, sarà bene servire il tè o qualche rinfresco, secondo la stagione. Per finire:non ripiegate neppure in casa vostra il tovagliolo. Sa di provinciale! Badate, io v'ho parlato soltanto di pranzi relativamente modesti, pe'quali basti, a servire, una cameriera giovine, ravviata, con un bel grembiulino bianco ricamato, e, magari, la cuffietta in testa; lascio quelli di gala, a cui bisogna rassegnarsi a sopportare, impalata alle spalle, l'ombra nera de'camerieri, e a vedere i loro guanti bianchi portarci via il piatto, magari nel momento che si cominciava a gustar la pietanza. Che soggezione, mamma mia! Ma di questi pesi sullo stomaco non ne auguro nè a voi nè a me. Intrattenendovi su questo vostro ufficio di padroncine, v'ho immaginate sole col babbo e col ricordo della povera mamma. Se ci sono fratelli, toccherà ugualmente a voi a fare gli onori di casa; se c'è qualche sorella, con lei dividerete i vostri piccoli doveri.

Pagina 199

Voi non siete, fortunatamente, nel caso del povero deforme o della vecchia abbandonata, voi non mancate di conforti, che largamente vi sono offerti dalla letizia della vostra giovinezza, dall'affetto dei genitori, della famiglia, delle amiche. . . abbondanti finchè la gioia è con voi; nè, a dirvela schietta, mi garberebbe sorprendervi col cagnolino addormentato in grembo o col gatto sonnecchiante su'vostri quaderni. Ma, senza esagerazioni sentimentali, dovete voler bene a queste creature inferiori, pensando che anch'esse fan parte della grande opera divina, che anch'esse vengono come noi dalla vita e come noi sono soggette al dolore e alla morte. San Francesco, il grande e umile santo della vera carità cristiana, amava le bestie, e le chiamava sorelle; e Gesù Cristo, entrando in Gerusalemme, non sdegnò di cavalcare la più disprezzata e maltrattata delle bestie, l'asinello. Non sopportate che altri, in presenza vostra, sia inutilmente crudele con gli animali; e, se vedete un vostro fratellino che, per semplice gioco, inchioda un maggiolino, strappa l'ali a una farfalla, disturba un nido di rondini, tira la coda a un gatto, squarcia una rana, spiuma una gallina viva, strazia l'agonia d'un rospo, rimproveratelo severamente, perchè il suo atto è barbarico, è inumano. Ma. . . e le zanzare, le mosche, le piattole, i tarli, i ragni? Ammazzatene quanti più potete, fate pur loro una caccia spietata, da buone massaie, poichè il vostro fine giustifica pienamente i mezzi; e, d'altra parte, è più che lecito sacrificare gli esseri inferiori al vantaggio de' superiori, nello stesso modo ch'è riprovevole far soffrire, sia pure una mosca, inutilmente, e addirittura crudele è gioire di tali sofferenze.

Pagina 255

Chi si dà a questo genere di letteratura deve conoscere a fondo l'anima delle persone a cui si rivolge, deve saper penetrare in esse con delicatezza e discrezione per potervi sviluppare germi preziosi destinati a dare un tempo frutti copiosi ed abbondanti. Ora l'A. dimostra di avere una profonda e vasta conoscenza della psicologia femminile. L'atmosfera e l'ambiente in cui vivono le giovani studenti richiedono per loro dei libri speciali che sappiano infondere nelle loro anime e nelle loro intelligenze i sommi concetti della morale e della scienza vera senza che ease se ne accorgano anzi procurando loro un'ora di sollievo e di ricreazione così necessaria in mezzo agli studi opprimenti che sono frutti degli sbagliati metodi di istruzione addottati nelle scuole pubbliche. Questo libro della Fiorentina risponde in modo esauriente a tutte queste esigenze; dobbiamo adunque salutarlo con gioia come un ausiliario prezioso a tutte le opere che si occupano di questa classe di giovinette. Ciò che contribuisce a renderlo più apprezzabile è la purezza della lingua, altro pregio tanto difficile a trovare ai nostri giorni in cui l'imbarbarimento della lingua va sempre aumentando. Francesca Fiorentina ci fa gustare la prima armonia della nostra bella lingua e questo pregio è certo una raccomandazione di più per un libro da mettersi in mano a delle studenti. L'Azione Muliebre - 1915, Anno XV, 12 - 3 - Consiglierò certamente il libro Cercando la via. . . alle mie alunne, come il libro di lettura scritto bene, dilettevole, istruttivo, vario di contenuto, incitante efficacemente al bene. . . Auguro al volume l'accoglienza più lusinghiera e credo sinceramente che la meriti. MARIA LUCAT della Scuola Normale - Savona. "Cercando la via. . . è un bello e buon libro. All'Autrice la mia più rispettosa ammirazione per l'opera sua fervida e profonda". GIAN BISTOLFI. Or fan tre anni. Il Politeama Regina Margherita sprizzava fiamme di luci e di gemme:tutta la Genova intellettuale era accorsa a recare tributo di applausi e di fiori alla divina Virginia Reiter che, in occasion della serata in suo onore, affascinava coi nobilissimi incanti della sua grande arte, sotto le spoglie di mamam Colibry. Ci eravamo raccolti nell'atrio a commentare le sensazioni dolcissime, Alessandro Varaldo, Pastonchi, Gozzano, Pansieri, il mio povero fratello Giuseppe - il forte e gentile poeta del Sistro d'oro così immaturamente rapito all'arte - Antonio Pastore ed io. Precisamente in quella sera Antonio Pastore - l'autore di Socrate e di Stami di vita - rivolse a noi tutti gentile invito di recarci a visitare la sua scuola; insistendo specialmente con Alessandro Varaldo perchè dalla visita ai bimbi radunati in gaio sciame, avesse a trarre argomento da racchiudere in qualche pagina della sua prosa preziosa. La risposta fu breve come. . . "il motto di un anello o. . . come l'amor di donna "per dirla con l'infelice amante di Ofelia. "E' un campo oramai falciato dal mago De Amicis e non v'è più nulla di nuovo da poter dire"E tutti fummo della stessa opinione. Or sono passati tre anni; e Francesca Fiorentina col suo libro per le giovinette Cercando la via. . . (Torino - Libreria Editrice Internazionale, 1914)ha saputo trovare la. . . medesima per farmi mutare pensiero; procurandomi nuove e sane sensazioni dell'anima, riportandomi ai dolcissimi giorni della prima giovinezza oramai lontana, facendomi rivivere un'ora deliziosa di quei sogni soffusi d'una nostalgica dolcezza, pieni d'incanti e di speranze. Cercando la via. . . è un libro che fa bene all'anima:è un bagno d'ossigeno che ci ricrea e gioconda lo spirito. Siete mai entrati, durante un'afosa giornata d'estate, in una chiesetta romita, sperduta fra le campagne? Avete provato quel delizioso senso di fresco, di silenzio, di pace, che spira dai muri candidi, dalle alte finestre velate di pampini, mobili ad un alito di vento, che riempiono tutta la chiesa di un tremulo riflesso verde? Nell'aria c'è una fragranza sottile d'incenso e di rose appassite; i lini dell'altare odorano ancora di spigo, nel silenzio giunge a tratti un frullo d'ale, un cinguettío di passeri, il tubare d'una colomba, l'eco d'una lontana voce nei campi. Questo senso di riposo e di pace spira nel volume di Francesca Fiorentina. Ella è artista delicata e gentile che sa ascoltare la voce delle cose, appaiano pure piccole ed umili; e con semplicità ch'è finissima arte, casella e racchiude nella trama della purissima prosa e nell'armonia del verso scorrevole, melodioso ed elegante gli affetti più semplici e puri. La prefazione dice tutto il proponimento dell'autrice:parla alla mente e al cuore delle giovinette con una voce amica:non è l'arida precettista che posi a voler scrivere il manuale della perfetta normalista:ma una vera donna e vera e buona mamma per giunta, che, passata attraverso l'aspro cammino degli studi classici, sente di essersi mantenuta donna; e che - son parole sue - "vorrebbe dare alle giovinette il filo che le aiutasse a trovare la strada, ma non con astuzie, non con inganni, non con artifizi:un filo che fosse di luce e le conducesse senza far danno alla serenità". L'autrice vive nel suo libro un anno di vita scolastica con le giovinette: nella classe, in collegio; prova con loro ansie e speranze, gode delle loro virtù:ne studia con carità e arguzia i loro difetti che corregge amorosamente, con parola sobria e serena. Tutto ciò in brevi capitoli che sono mirabili quadretti d'ambiente e che rivelano nell'autrice una profonda conoscenza della psiche umana:e lo stile spigliato, elegante, che sa non riuscire noioso; la lingua pura, sebbene talvolta un po'troppo risciaquata in Arno, la elevatezza di concetti, la diritta e giusta visione delle cose, rilevano nell'Autrice una stoffa oramai elaborata a correr l'alea in lavori di maggior mole nel campo della letteratura. Certi tipi sono così perfettamente miniati nelle pagine di Cercando la via che sembrano saltar fuori dalle righe per sedere con noi e in mezzo a noi:la professoressa Stecchetti ad esempio è cosi palpitante di vita e - forse - d'attualità che basta, come tipo indovinato, a farci conoscere quanto valga Francesca Fiorentina come felicissima scrittrice di quelle"novelle"che ora, purtroppo, van diventando rare. Gigetto, Scemetto, la baita di Cianin, il pastrano del maestro, sono gemme incastonate nel cielo di Cercando la via. . . Sono novelle piene di pregi e altrettante rivelazioni. Quanta delicatezza di sentimenti ne La nostra pelle! Forse ne Le due sorelle l'ideale del sacrifizio è troppo alto per essere contenuto nella odierna umanità; e troppo. . . cauto è il buon frate pittore. . . Ma dinanzi ai pregi di Cercando la via. . . questi appunti non sono che nèi sulle guance di una bella dama del settecento. Se la tirannìa dello spazio non ci urgesse vorrei dir meglio e più a lungo dei meriti di questo libro che non dovrà mancare alla biblioteca delle nostre signore intellettuali. Troveranno in esso un buon amico, un consigliere devoto, zelante, affettuoso. Francesca Fiorentina è pure un'affettuosissima, una dolcissima, una santa mamma. Dal suo cuore materno scendono fiumane d'affetto, che commuovono e incantano! Io non la conosco che attraverso le pagine del suo volume:ma non posso rappresentarla agli occhi della mia mente che circondata dai suoi figli:e tanto è il profumo gentile d'amor materno, che esalano i suoi scritti ch'io - col pensiero, reverentemente, purissimamente, religiosamente, - bacerei le sue mani, che devono essere bianche e sottili come quelle della mia mamma. Il Lavoro, Cenova 13 maggio 1913 GUIDO DE'PAOLI. E' questo il titolo d'un libro testè licenziato alle stampe da una esimia professoressa di una tra le industri e graziose cittadine della bella occidentale ligure riviera. Il volume è dedicato alle allieve maestre che, traverso gli studi faticosi imposti da faticosissimi programmi, cercano la via per inoltrarsi nel delicato ufficio dell'insegnamento. Ed è un lavoro denso d'idee e di pensieri. Le une e gli altri attinti, più che dall'arduo, arido studio dei libri, dall'osservazione serena e quotidiana della vita scolastica, la quale è rappresentata in una serie di bozzetti graziosi, genialissimi, espressivi, riproducenti i pregi e i difetti d'un ambiente che attende ancora non poche modificazioni, quale è appunto l'ambiente morale e intellettuale caratteristico delle scuole normali. Qua e là il libro arieggia un tantino il Cuore del De Amicis:la materia vi si rivela più allargata, più ricca di varietà di contrasti, di episodi. Tuttavia lo spirito intimo che domina nel libro è tutto pascoliano, uno spirito che tranquilla, eleva, riposa in un'atmosfera satura della soave poesia delle piccole cose, fulgida di luce e di bellezza. Lo stile garbato e signorile, il pensiero sempre rigorosamente sintattico, la lingua pura, vivace, agile, il periodare serrato, robusto sono doti che accrescono pregio al volume, da cui le allieve maestre possono ricavare ottimi indirizzi e opportuni consigli. Tutto ciò che è inerente all'età giovinetta, nella stagione degli studi, tutto è vagliato, esaminato, discusso dall'egregia autrice, col fine tatto della donna dal pensiero aristocratico, con quel buon senso pratico che, purtroppo, oggi le non infrequenti indigestioni di cultura male assimilata tendono a soffocare. Tutti i passaggi, or lieti, or bruschi del pensiero delle giovinette alle prese con le fatiche, sovente soverchie, dello studio sono analizzati negli effetti che danno impronta all'animo delle giovinette che muovono i primi passi nella vita, così che chi legge, trova, nei differenti episodi, qualche momento identicamente vissuto, e identicamente attraversato e superato. Epperò quale e quanta messe di pensieri, d'insegnamenti, di conclusioni! Quante lezioni di condotta pratica, e di praticità nella condotta, il tutto esposto con una semplicità che attrae e che solo è prerogativa dei provetti! L'autrice è toscana, nè smentisce la sua nazionalità, il suo temperamento d'artista. La grazia, l'arguzia, l'eleganza tutta toscana, sono diffuse nel libro. La descrizione del paesaggio ligure che s'affaccia tratto tratto, col grande arco fatto dal limpido zaffiro, con le marine inghirlandate di aranceti, dà l'illusione d'un paesaggio primaverile, in cui si agitino e vivano delle creature cui l'età dei sogni e delle speranze sorride e allieta, come sorridono al maggio i cespi di rose tenere, profumate, anelanti alla vita. Così Francesca Fiorentina tesse la sua ghirlanda, scegliendo fiore da fiore, additando alle giovani lettrici, che cercano la via, un sentiero dove, anche tra i primi, erge la sua corolla che mai non avvizzisce, l'eletto fiore della speranza e della virtù. Prof. GIUSEPPE MALATESTA. La scrittrice di questo libro si rivolge alle giovinette durante un anno scolastico, che può essere l'ultimo, dopo il quale esse entreranno nella vita delle loro famiglie, per seguire ciascuna la vita indicata dalla propria vocazione. Le intrattiene, mese per mese, con narrazioni e scene della vita scolastica femminile, onde trae opportunità d'insegnamenti educativi, e con novelle e poesie informate a gentili e nobili sentimenti morali e religiosi. V'è gran ccpia di sagge osservazioni pedagogiche, ammonimenti e riflessioni di moderazione e buon senso contro gli eccessi della"femminilità"e del"femminismo"benchè, qua e là, si desideri maggior precisione di dottrina p. es. sulla carità cristiana verso gli eretici(pag. 150 - 153), e maggior esattezza in qualche espressione(p. es. altruismo invece della parola cristiana carità). La lingua è pura e corretta e lo stile garbatamente vivace e attraente. Civiltà Cattolica(quad. 156:4 - 9 - 915). Cercando la via. . . di Francesca Fiorentina, è un riuscitissimo libro di letture originali, destinato alle giovinette. Scritto con una rara mondezza veramente italiana di espressioni e con una rigida uniformità di morfologia e di sintassi, questo libro è evidentemente destinato a diventare un libro di lettura delle scuole femminili, proponendosi gli scopi ottenuti nelle scuole maschili dalla«Età preziosa»dell'indimenticabile De Marchi. E fra tante antologie, magazzino di grandi e di mediocri, emporio qualche volta mostruoso di tutti i generi letterari di ogni età, crediamo che il Cercando la via. . . avrà buona fortuna, anche perchè l'autrice, accompagnando le giovinette ad osservare se stesse nel piccolo mondo che le circonda, mostra una esperta dirittura di giudizio e, insieme, saldezza di sentimento e affettuosa penetrazione dell'anima femminile. Noi non coltiviamo, per principio, la pruderie, ma il rispetto che l'autrice ha per il suo piccolo pubblico, la commozione che è nelle sue parole, la bontà previdente che traspira dai suoi consigli sono doti commendevolissime. Le giovinette troveranno da educarsi e da dilettarsi. La Tribuna Illustrata. Pochi sono i libri che si possono dare in mano alla gioventù femminile, alla cui avidità di lettura è necessario opporre circospette barriere affinchè non ne venga guastato il delicato sentire, e giovino alla formazione e all'educazione del cuore e della mente. Poichè abbondano le opere dedicate alla donna di casa, alla sposa, alla madre, ci voleva il libro delle giovinette che frequentano la scuola, il libro che esponendo la loro vita interiore ed esteriore, si mettesse accanto ad esse a risvegliar pensieri, suggerir considerazioni, proporre giudizii, con una moralità emergente da tutta la tessitura delle notizie, con una eclettica varietà di forme e con un linguaggio italianamente puro. Questo difficile compito venne assunto dall'A. signora fiorentina di nascita e nutrita di buoni studi, conoscitrice amorosa della gioventù alla quale dedica, nella Scuole medie, un po'del tempo lasciatole libero dalla famiglia; il suo nuovissimo «Cercando la via. . . »sarà letto con piacere e con profitto da tutte le giovinette d'Italia, che vi troveranno sapientemente alternate scene della vita e della scuola, pensieri, considerazioni sul costume, novelle, poesie, ecc. La voce del Cuore, Mestre, 1 - 3 - 1915. Di questo libro che meritò una così lusinghiera accoglienza dal pubblico e tanti favorevoli giudizi di persone autorevoli, si è già parlato con lode su questo giornale. Siccome però il bene che esso può fare al cuore ed alla mente di tante fanciulle ci pare grandissimo, sentiamo il bisogno di ricordarlo ancora, raccomandandolo a quelli che possono farlo conoscere e diffonderlo in mezzo alla gioventù femminile. Porta, come motto, sulla copertina i dolci versi di Dante: . . . . e vo movendo intorno le belle mani a farmi una ghirlanda (PURG. XXVII). E una bella ghirlanda si formeranno davvero le giovinette, che sapranno trarre da questo libro, e serbarli gelosamente per la vita, gli insegnamenti buoni e i nobili sentimenti dei quali è così ricco. La forma semplice, elegante e varia, ne rende la lettura oltre che eminentemente efficace per l'educazione, dilettevole e cara. Se dovessimo consigliare un bel dono da offrire ad una fanciulla non esiteremmo a consigliare Cercando la via. Giornale di Parma, 8 - 4 - 916. E un buon libro, scritto con alto intelletto di amore. Si direbbe di una mamma, tanto vibra in tutte le pagine di quella tenerezza sollecita di affetto che solo sa dare il fatto della maternità. E la vita di un anno, vissuta con giovinette che frequentano le scuole superiori. La scrittrice entra con loro nella classe, nel collegio, le accompagna nella strada fra la casa e la scuola, per sentirne, provarne le ansie e le speranze, per godere di qualche loro virtù per sorprendere qualche loro difettuccio, e, con loro, cercare il mezzo di corregerlo. Per farsi vedere di buon occhio racconta anche qualche novella; novelle di fattura squisita, piene di una sincerità amabile e delicata. Cercando la via. . . è uno di quei libri che hanno tutto l'interesse di un piccolo romanzo, e la utilità di un trattato di educazione. Non alla vita fantastica che seguono tante, la scrittrice vuol preparare le giovinette:ma alla reale, a quella vita che è dovere. Libertà, Sassari, - 10 - 4 - 1915.

Pagina 283

Il Galateo

181474
Brunella Gasperini 1 occorrenze
  • 1912
  • Baldini e Castoldi s.r.l.
  • Milano
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Se avete capigliature abbondanti, ricordate che alla gente non piace mangiare capelli, sia pur bellissimi. Non leggete i giornali o i libri dei vicini, cosa per alcuni oltremodo irritante. Ma neanche pretendete, in un tram gremito, di leggere un libro o un giornale sopra le spalle o le teste degli altri. Non litigate con altri passeggeri, non tirate in lungo le discussioni; qualsiasi discussione in luogo pubblico è di cattivo gusto, e in tram è quasi sempre comica. Una persona sensata preferisce di gran lunga rinunciare a sconfiggere verbalmente l'avversario piuttosto che diventare il centro della curiosità, del «tifo» o dell'ilarità del non sempre raffinato pubblico tranviario. Non perdete i biglietti: se vi succede, e se il controllore vi becca, non dilungatevi in vane e complesse ricerche, non rovesciate l'intero contenuto delle vostre tasche e borse sotto il naso dell'impaziente funzionario, non mettetevi carponi a cercare il biglietto latitante tra i piedi dei passeggeri. Pagate la multa e amen. Se vedete un amico in un tram affollato, non pretendete di raggiungerlo subito fendendo la ressa a colpi di gomito, né intavolate con lui una conversazione altisonante da un capo all'altro del tram. Anche se siete vicini, meglio parlare a bassa voce; e mai di faccende intime vostre, o peggio altrui. Non ascoltate i discorsi degli altri passeggeri: almeno fingete di non ascoltare, mantenendo impassibilità e sguardo vacuo; non state lì con le orecchie frementi a captare ogni sillaba della conversazione. Anche se avvincente, soprattutto se avvincente. Non fissate le persone. So bene che in tram, non avendo niente altro da fare, può essere divertente e istruttivo osservare il prossimo, ma bisogna farlo senza che gli altri se ne accorgano, senza fissare, senza scrutare, senza passare in rivista le persone dalla testa ai piedi e viceversa. Peggio se gli osservatori sono due, e bisbigliano tra loro fissando una terza persona: in tram come in qualsiasi altro posto, è indisponente. Non fate gli equilibristi. Se restate in piedi, cercate un punto d'appoggio. Non fate come quelli che, fidando sportivamente nel proprio equilibrio, continuano a ondeggiare e saltellare, si inchinano di qua e di là a ogni curva, corrono velocissimi in avanti a ogni frenata, precipitano indietro a ogni ripresa, del tutto incuranti dei piedi che pestano, delle membra che acciaccano, delle frane di corpi umani che provocano nei loro repentini spostamenti. Ci sono i sostegni appositi: usateli, su. Anche se siete sportivissimi.

Pagina 180

L'angelo in famiglia

182578
Albini Crosta Maddalena 2 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
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amica mia, nella tua età, l'anima tua ha bisogno di essere lavorata, educata, perfezionata; poichè come la vite, che manda fuori in primavera rigogliosi i suoi tralci, promette inutilmente frutti dolci ed abbondanti in una stagione futura, se l'agricoltore non le sta intorno a lavorarla, a legarla, a puntellarla; la tua esistenza così promettente in adesso, così fiorente, rimarrebbe arida e sterile, giunto il tempo di coglierne i frutti, se tu non la coltivassi fin d'ora. Se adesso ti dai a godere a corpo perduto di tutto quanto ti si presenta, credi tu che il tuo cuore e l'istesso tuo corpo non invecchieranno anzi tempo, e che non tarderà molto e ti accorgerai d'aver varcata la giovinezza in quell'età nella quale altri ne sono nel fiore? Per me è uno spettacolo lagrimevole il vedere una donzella che tocca appena, o di poco ha trascorso i vent'anni, portare impressi tutti i segni della noja sul volto e nel portamento; e la mia compassione aumenta a mille doppj allorchè la sento parlare di disinganno e di mondo cattivo, con un accento che dimostra un'esperienza precoce degli uomini e delle cose; esperienza tutt' altro che necessaria, anzi nociva che le fa raggrinzare sì presto quella fronte che aveva diritto di non corrugarsi, e di conservare ancora lungamente la sua serenità. Per carità, amica mia, per carità, guardati dal diventar vecchia essendo tuttavia giovane di anni. Conserva gelosamente l'ingenuità del tuo cuore, la semplicità delle tue abitudini, se non vuoi trovarti in quel campo nero e triste che ti vanno dipingendo i pessimisti, e che è nero e triste solo per chi lo vuole. Essi, vedi, non sanno più godere delle gioje vere, perchè, come coloro che per l'abuso dei liquori hanno alterato il gusto e non sentono più il sapore delle vivande delicate e neppure del vino generoso; essi hanno bisogno per elettrizzarsi di piaceri troppo sensibili, ma niente invidiabili; di commozioni febbrili, di quei piaceri e di quelle commozioni che io auguro ti restino sempre stranieri. L'aspetto della natura non produce più in essi alcuna impressione; quell' aspetto istesso che all'animo tuo semplice e buono è sorgente inesauribile di gioja e delle più soavi sensazioni, è muto per essi. E perchè vi sono taluni i quali mantengono nei loro vecchi anni quella sensibilità delicata che ci pare ed infatti è una prerogativa delle anime vergini? Oh! perchè essi non hanno appressato mai le labbra alla tazza dei gaudenti del secolo, perchè l'hanno respinta lungi da sè, e avvicinando il mondo solo quel tanto di cui era loro impossibile far a meno, non ne hanno ricevuti quei dolori e quei disinganni coi quali egli paga coloro che ne amano il contatto. Ma se in tutte le età è bene vivere più che si può liberi e svincolati dai piaceri mondani, questo diventa un dovere più stretto in una damigella, la quale come il volto deve mantenere fresco il cuore, e non lasciarlo avvizzire da verun alito profano. Io non intendo no che essa passi i giorni e le notti in continua meditazione, e conduca vita penitente come la Maddalena nel deserto; no, l'ho già detto, io ammiro tutte le vocazioni quando sono buone e vere; ma sono ben lungi dal consigliare alla generalità quanto può essere consigliato soltanto ad alcune anime privilegiate, le quali hanno inteso la voce dello Sposo che le chiama a servire Lui solo per tutta la loro vita. Beate quelle anime! io le ammiro e le invidio! Ma io e tu siamo chiamate da Dio a percorrere la via ordinaria, siamo però chiamate a percorrerla rettamente e santamente: guai a noi se dopo d'aver ricevuto tanti doni e tanti lumi da Dio deviamo dal sentiero del bene e della virtù!... Mia cara, non credere ch'io ti voglia sacrificare all'isolamento e alla tristezza, poichè anzi desidero e voglio come S. Filippo Neri vederti sempre allegra e contenta. Divertiti, divertiti pure; ma il divertimento per te sia uno svago dopo il lavoro, non l'occupazione speciale della tua vita; sì divertiti, divertiti pure, ma non dei divertimenti mondani, chiassosi, colpevoli; ti piaccia godere nella conversazione dei tuoi famigliari, e nelle festicciole che si danno in casa tua. Ti dirò anche di più: promovi tu pure, ove nol vietino circostanze speciali, promovi tu pure o in casa tua o delle tue parenti od amiche ritrovi piacevoli, qualche merenda, perfino qualche recita; e vedrai che questi semplici piaceri saranno più cari al tuo cuore di quelle feste grandiose e turbolente che ti fanno tanta gola perchè le vedi da lontano. Oh! quelle feste, credilo, sono più che mai spinose, strapperebbero dalla tua fronte quel fiore che tanto l'adorna, la cara ingenuità, e pianterebbero nel tuo cuore quell'acuta spina che ahimè! lo farebbe forse sanguinare fino all'ultimo anelito! 18 Non basta però conservare gli anni della giovinezza ugualmente lontani dalla tristezza e dalle folli gioje; bisogna altresì seminarli di buone azioni, e soprattutto immergerli in un bagno di pace e di soavità. Dove si trova questo bagno? Oh! vieni, vieni qui vicino al mio cuore, affinchè io ti mostri l'immagine della Madre nostra, te la presenti a modello, e ti persuaderai agevolmente che imitando la Vergine santa, e adempiendo fedelmente i tuoi doveri, gli anni tuoi correranno sereni; e come la rosa apre olezzanti i suoi petali alla rugiada mattutina, e dal sole e dalla luce prende i suoi vaghi colori, così gli anni tuoi giovanili saranno imperlati e tinti dalla rugiada celeste e dai raggi dell'eterna luce. Ti ho detto in principio: bisogna prepararsi alla vita che ti attende, bisogna prepararsi senza perdere il tempo in inutili vaneggiamenti, anzi non solo inutili ma sommamente perniciosi all'anima; ora soggiungo: bisogna prepararsi all'adempimento dei doveri più gravi di padrona e di madre col perfetto adempimento dei doveri meno gravi di soggetta e di figliuola, Ora, pel momento chiudi il libro: rifletti seriamente in cuor tuo, chiedi a Dio i lumi, ed a rivederci domani. Domani ci intratterremo di te soltanto. Addio.

Pagina 265

Quando poi le lacrime ti cadono amare dal ciglio e l'angoscia ti opprime, cerca nell'esercizio della cristiana carità la tua gioja, la tua pace, il tuo conforto, e dagli occhi tuoi sgorgheranno abbondanti le lacrime di consolazione. Oh! prova e vedrai, come alleviando i mali e le miserie altrui saranno addolcite le tue miserie, i tuoi mali! Prova e vedrai quanta virtù e quanta letizia è nel sacrificio e nell'eroismo di dimenticar sè per gli altri!

Pagina 850

Come devo comportarmi. Le buone usanze

185113
Lydia (Diana di Santafiora) 1 occorrenze
  • 1923
  • Tip. Adriano Salani
  • Firenze
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Un tempo, s'imbandivano dei pranzi pantagruelici, con un'infinità di portate così abbondanti, che più di mezze ritornavano in cucina; oggi, e con più buon gusto, si preferisce la qualità alla quantità, badando più che altro alla delicatezza dei cibi e alla loro elegante disposizione. Ad ogni modo, senza giungere alle esagerazioni dei nostri avi, si provveda a che la roba non scarseggi, e non abbia ad accadere che qualche convitato debba servirsi scarsamente. Un pranzo si compone generalmente dei così detti principî, di una minestra, di alcune portate guarnite, di un dolce o gelato, formaggio, frutta e caffè. I principî possono essere di vario genere, e non è nostro compito indicarne le diverse specie. Ma, di qualunque genere siano, debbono essere fini e delicati e non troppo abbondanti. Servono, come si suol dire, a stuzzicar l'appetito e a preparar lo stomaco ai cibi che verranno: perciò ogni convitato se ne servirà con parsimonia. Quanto alla minestra, l'etichetta vuole che sia servita in piccola quantità; ma a un pranzo che non abbia pretese troppo aristocratiche, si potrà servire, senza incorrere nella taccia di grossolanità, una buona scodella di minestra ben calda. Le portate, per così dire, di prammatica di un pranzo di buon gusto sono tre, raramente quattro. I nostri nonni, su questo punto, erano d'un rigorismo feroce, e i piatti erano sempre gli stessi: lesso, fritto, umido e arrosto; qualche volta, nei pranzi meno sontuosi, si faceva a meno del lesso o del fritto, ma il resto non cambiava; cambiava soltanto la materia prima, per chiamarla così: il lesso poteva essere di manzo o di pollo, l'arrosto di pollo o d'agnello o di manzo, l'umido di vitella o di rigaglie: la scelta, come si vede, era molto ristretta. Oggi invece è ormai sanzionata dall'uso una libertà maggiore; tuttavia, anche nei nuovi e variati aspetti, le portate conservano ancora, almeno nel fondo, il loro carattere primitivo. Ad ogni portata sarà sempre unito un piatto di legumi: così vogliono l'uso e l'igiene. Il dolce sarà fine e abbondante; belle e abbondanti e ricche le frutta; aromatico il caffè. Prima di dire come si debba servire un pranzo, occorre premettere qualche parola sul modo di preparare la tavola; preparazione divenuta nell' uso d'oggi importantissima e da cui traspare il buon gusto e la finezza della padrona di casa. La tavola deve esser disposta e preparata in modo da dare ai commensali un senso d'elegante semplicità. Si eviterà dunque di sovraccaricarla troppo con oggetti incomodi o ingombranti: una candida tovaglia, più fine che è possibile, i piatti e le posate disposti in bell'ordine, i bicchieri di varia grandezza ben allineati; nel mezzo le bottiglie dell'acqua e del vino, le saliere, ecc.; dei piccoli vasi da fiori davanti a ciascun piatto o uno più grande, ma basso, nel centro: ecco quanto è necessario e sufficiente a una bella apparecchiatura. La finezza della biancheria, la bellezza del vasellame, della cristalleria e della posateria contribuiscono più che tutto all'eleganza d'una tavola, anzi si può dire che siano l'unico ornamento di essa. Sbagliano tuttavia coloro che credono di renderla più bella facendo sfoggio di tutta la guardaroba e di tutta l'argenteria; poichè il troppo nuoce, anche se è bello. È quindi da approvarsi l'abitudine ormai invalsa di disporre sulla credenza o su altra tavola tutti gli oggetti che dovranno servire nel corso del pranzo, salvo i bicchieri: sulla tavola da pranzo si troverà soltanto un piatto per ciascun convitato, e una posata. Tovaglia e tovagliuoli di candido lino sono i più adatti in ogni circostanza; potranno anche esser finemente ricamati e traforati con gusto. Oggi, specialmente nei pranzi in campagna e nelle colazioni che abbiano un certo carattere intimo, si fa uso di biancheria colorata; e l'uso non è da disprezzarsi, quando si sappia con gusto scegliere i colori e i disegni. Il pranzo deve esser servito da persone attente e pratiche, in modo che la padrona di casa non sia costretta a correggere gli errori e tanto meno ad alzarsi da tavola. Si cambierà il piatto e le posate ad ogni portata; si serviranno le pietanze alla sinistra di ogni convitato e si eviterà l'uso familiare di posare il vassoio nel mezzo della tavola. Ogni pietanza sarà sempre servita due volte, salvo la minestra e il formaggio; e si farà in modo che fra pietanza e pietanza corra il tempo necessario perchè possano mangiare comodamente anche i più lenti, senza tuttavia esagerare: i lunghi intervalli fra piatto e piatto stancano i convitati e prolungano troppo la seduta a tavola. Nei pranzi di parata, sarebbe una sconvenienza invitare gli ospiti a riprendere ancora di questa o di quella vivanda; ma abbiamo già detto che di tali pranzi non ci occupiamo. In quelli di famiglia, anche se abbiano una certa pretesa d'eleganza, non ci sarà nulla di male se il padrone o la padrona di casa incoraggeranno l'ospite a mangiare con qualche parola cortese; ma, per carità, non s'insista mai su questo punto: detta la parola e ricevuto un cortese rifiuto non è lecito aggiungere altro. Non è neppure segno di buona educazione incitar l'ospite a bere, riempiendogli il bicchiere ad ogni momento, o infastidirlo con dei continui: - Ma Lei non mangia; ma Lei non beve! - L'ospite ben educato sa da sè come deve comportarsi, conosce la capacità del proprio stomaco e ha tutto l'interesse a non levarsi da tavola con la fame come a non prendere un'indigestione. Si lasci dunque fare, o tutt'al più si inviti con parole gentili a non far complimenti e a considerarsi come in casa sua. La parte più scabrosa d'un pranzo è il principio, quando ancora i convitati non si sono ben affiatati, e la tavola è silenziosa. Più tardi, i cibi e il vino, anche se presi in dosi convenienti, faranno il loro effetto: la cordialità regnerà da sovrana e la conversazione diverrà spiritosa e animata. Il padrone e la padrona di casa metteranno perciò ogni impegno a superare quel primo quarto d'ora d'imbarazzo, sostenendo essi stessi la conversazione 7 su argomenti piacevoli e gai; ma sapranno farlo con tatto, in modo da lasciare agl'invitati tutta la libertà di mangiare e di bere. Un pranzo ben riuscito non è soltanto quello in cui siano stati serviti cibi e vini squisiti, ma quello che sia stato rallegrato da una conversazione arguta e piacevole. Quest'ultima qualità essenziale si ottiene soprattutto con una sapiente e prudente scelta dei convitati, invitando persone che per carattere, per cultura, per educazione, per idee, possano stare bene insieme e trovarsi facilmente d'accordo. Esistono individui dotati di particolari requisiti, che sono, in questi casi, veramente preziosi: simpatici all'aspetto, buoni parlatori, faceti, pieni d'un umorismo lepido e castigato. La loro presenza basta a tenere allegra la conversazione, a stabilire legami d'amicizia, sia pure provvisoria, fra i convitati. Un padrone di casa farà gran conto di essi e non mancherà, quand'è possibile, d'invitarli. Finito il pranzo, si suol passare in altra stanza a prendere il caffè e a fumare. Generalmente, si proseguono allora le conversazioni incominciate e la cordialità diviene più espansiva. Il compito dei padroni di casa è quindi di molto facilitato, ma non finito. C'è sempre, fra i convitati, specialmente se numerosi, qualcuno che rimane in disparte, o per naturale timidezza o perchè il genere di conversazione che si sta svolgendo non è adatto per lui. A costui o a costoro si rivolgerà allora l'attenzione degli anfitrioni, i quali troveranno modo di toglierlo dal suo isolamento rivolgendogli parole cortesi o toccando argomenti che sappiano interessarlo. Dopo il caffè, e fatta una mezz'ora di conversazione, gl'invitati prendono generalmente congedo, con parole di ringraziamento, dai loro ospiti. Ma negli inviti che abbiano una certa intimità, e specialmente in campagna, questo periodo del dopopranzo si protrae talvolta a lungo, anche per qualche ora. Se ciò avviene, i padroni di casa hanno il dovere di intrattenere piacevolmente i loro ospiti con qualcos'altro che non sia la semplice conversazione. Se la compagnia è tutta omogenea e vi predomina l'elemento giovane, si troverà modo con molta facilità di passare allegramente il resto della giornata mettendo tutti d'accordo: dei giuochi di sala, i soliti quattro salti, una passeggiata nel giardino o nel bosco sono altrettanti mezzi adatti allo scopo. Ma nel caso, più frequente, di molti gusti da contentare, bisognerà ricorrere a vari espedienti: mentre le persone d'età rimarranno probabilmente in salotto a parlare del più e del meno, gli altri si raduneranno intorno al pianoforte o nella sala da biliardo o scenderanno in giardino all'aria aperta. Toccherà allora ai padroni di casa a farsi in quattro, come suol dirsi, per riparare a questo e a quello, per far sentire la loro presenza dappertutto: fatica non lieve e tutt'altro che piacevole, che si aggiunge all'altra sostenuta durante il pranzo e prima di esso; ma, come dice un proverbio, quando si è in ballo bisogna ballare. Quando gli ospiti si congedano, i padroni di casa li ringraziano dell'onore ricevuto ospitandoli; sicchè, lo scambio di cortesie è reciproco. Dentro gli otto giorni è di regola la così detta visita di digestione.

Pagina 186

Il galateo del campagnuolo

187477
Costantino Rodella 1 occorrenze
  • 1873
  • Collegio degli artigianelli
  • Torino
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Nè lo spargeva fitto nel campo; ne' terreni grassi e buoni i semi rari dànno sempre assai più abbondanti prodotti degli spessi. Di grano, mentre gli altri ne seminavano 80 litri per moggia, cioè 33 are, egli non ne spargeva più di 50 litri. Usava dire: che il più gran nemico del grano è il grano stesso. Aveva riguardo di non seminar tardi, nè per tempo umido; anzi nessuna aratura voleva che si facesse quando il suolo era molle; perchè diceva che s'appesta il terreno, invece di fecondarlo.

Pagina 44

Galateo per tutte le occasioni

187707
Sabrina Carollo 1 occorrenze
  • 2012
  • Giunti Editore
  • Firenze-Milano
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. ✓ È importante inoltre rispettare gli orari dei pasti e di servizio, essere cordiali con il personale, lasciare mance abbondanti.

Pagina 69

Dei doveri di civiltà ad uso delle fanciulle

188242
Pietro Touhar 2 occorrenze
  • 1880
  • Felice Paggi Libraio-Editore
  • Firenze
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Badate bene di non imitare quella malaccorta massaia che vorrebbe mettere sulle bilance il pane della donna di servizio, e che si mostra di malumore se gli avanzi che tornano in cucina le sembrano più abbondanti del solito: se a caso riceve qualche commensale va spiando il contenuto delle bottiglie, dei piatti, della zuccheriera man mano che son levati di tavola; e sotto le splendide apparenze del lusso fa trapelare la gretteria, la sordidezza, la diffidenza. Sfuggite questo mostruoso mescuglio di fasto ridicolo e di abbietta spilorceria. Il quale avvertimento valga sì per l'interna direzione della famiglia che per le convenienze sociali. Dobbiamo: Sfuggire ogni atto di superbia e d'orgoglio nel comandare alle persone di servizio; mostrar loro gradimento dei ricevuti servigi; riprenderle al bisogno con dolcezza; far che abbiano buona maniera e rispetto per tutti; chiamarle col nome di battesimo, senza mai usare titoli spregiativi; vigilare convenientemente le loro azioni e mostrare fiducia nella loro onestà. Non dobbiamo : Lasciarci trasportare da atti di collera contro i servi; permettere che acquistino soverchia familiarità; metterli a parte dei nostri propri affari, nè dar loro a conoscere di avere grandi segreti; permettere che siano vestiti male nè che facciano sfoggio di lusso; acconsentire che prendano parte ai nostri colloqui, che facciano domande indiscrete, che rispondano con cenni e con mal garbo; dar loro del tu, nè umiliarli con atti o parole; nè usare soverchia parsimonia nel provvedere ai loro bisogni.

Pagina 40

Gli altri fannosi ai congiunti, agli amici, in certe date epoche, per esempio, pel capo d'anno, pel giorno onomastico, od in certe particolari occasioni, come al ritorno da un viaggio, alla partenza per paese lontano, nella raccolta di alcuni frutti dopo una caccia o una pesca che siano riuscite abbondanti. I regali esser devono appropriati all'età, allo stato ed alla posizione delle persone alle quali giudichiamo doverli offrire; ed è facile conoscere la ragione per cui sarebbe quasi sempre cosa sconveniente scegliere per farne donativo un oggetto di pura necessità. La posizione sociale, il grado d'intimità, le differenze d'età; le relazioni di parentela, consentono di allargare o persuadono a ristringere i limiti del donativo. A volere che un donativo abbia tutto il suo pregio, deve giungere inaspettato: poichè perderebbe una parte di merito, se non arrecasse il piacere della sorpresa. Sarebbe assoluta mancanza di delicatezza il voler far rilevare il valore d'un regalo nell'atto di consegnarlo, e peggio il tornare a parlarne allorchè la persona che lo ha ricevuto ne ha già reso grazia e dato prova del suo gradimento. Non importerà dire che sarebbe atto d'inciviltà per parte di chi riceve un regalo il mostrarne riconoscenza relativamente al valore del medesimo. Quando si tratta di aver avuto un donativo ragguardevole, è necessario fare una visita alla donatrice, o scriverle una lettera qualora sia lontana. Non è da scordare la mancia pel servitore che ce lo porta. Del rimanente l'uso insegnerà le tante altre più minute avvertenze che rispetto al fare o ricever regali verrebbero in acconcio, ma che sarebbe impossibile enumerar tutte in questo libro. Dobbiamo: Porre ogni studio di garbatezza nel far piacere agli altri: esporre con schietta e semplice afflizione le cagioni che ci obbligano a negare un favore a chicchessia: farlo con premura quando possiamo; adattare i donativi al proprio stato ed ai propri averi; mostrare riconoscenza nel ricevere un donativo ancorchè minimo. Non dobbiamo: Fare alcuna promessa quando non abbiamo intenzione di mantenerla; menar vanto d'aver reso un servigio; essere indiscrete nel chiedere ad imprestito; offrire un regalo come ricompensa d'un servigio ricevuto; mostrar l'intenzione di fare il regalo innanzi di mandarla ad effetto, perche vi è il pericolo di togliergli il pregio; vantarne il valore; studiarci di rinnovarne la ricordanza.

Pagina 85

IL nuovo bon ton a tavola e l'arte di conoscere gli altri

190965
Schira Roberta 2 occorrenze
  • 2013
  • Salani
  • Milano
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L'invito per un dinner può essere alle 19 oppure alle 18.30 per un tea time a base di abbondanti piatti freddi. Lo slurping (trangugiare, bere rumorosamente) va assolutamente evitato anche da loro. Vietato anche «pucciare» in tutto il Regno Unito in qualunque liquido, dal tè all'uovo à la coque. Le mani vanno in grembo se non sono utilizzate, come vedremo. L'abbigliamento deve essere sobrio e i jeans non sono apprezzati, così come le cravatte regimental che indicano l'appartenenza a un club. Gli inglesi amano consumare formaggio a fine pasto e gli stuzzicadenti, al supermercato, non sono mai nel reparto casalinghi, ma in quello degli articoli da party (servono per infilarci le olive e non per pulirsi i denti). Il pane non viene servito a tavola, tranne che imburrato come accompagnamento al salmone. In molte famiglie vige ancora l'uso antico di dividere i due sessi alla fine della cena: le signore sono invitate a powder their noses (incipriarsi il naso) e bevono sherry, mentre gli uomini rimangono seduti a tavola a sorseggiare porto e fumare sigari. Se il porto viene servito in tavola viene passato in senso orario e non si versa mai al proprio vicino: ognuno si serve da solo. Nei paesi del Centro e Sud America le persone di un certo riguardo metteranno Don e Doña davanti al vostro nome. La cena inizia sicuramente dopo le 21 e il ritardo accettato può arrivare anche a un'ora. Ecco, in questa cultura è meglio mandare fiori il giorno dopo e non portare nulla di commestibile, facendo pensare che il menu debba essere rinforzato: è considerato offensivo. Fanno eccezione prodotti come souvenir di un paese straniero. Urge una parentesi. Anche qui, come negli Stati Uniti e nel Regno Unito, tra una portata e l'altra si tengono le mani in grembo. Il francese (come l'italiano) le appoggia sul tavolo fino al polso, mentre l'inglese beneducato le tiene in grembo. Il galateo a tavola, come noi lo conosciamo oggi, si sviluppa in Francia, in un'epoca di veleni e tradimenti, perciò si impose la regola: entrambe le mani ben visibili ai commensali, quindi sul tavolo. L'Inghilterra non poteva accettare un'imposizione francese, era ancora bruciante la perdita dei territori sul suolo continentale dopo la guerra dei Cent'anni (1337-1453). Ecco perché gli isolani decisero per la mano in grembo, anziché appoggiata al tavolo, ben visibile: spirito di contraddizione! Ricordo, a proposito, il motto di una severissima anziana anglofila baronessa fiorentina che diceva: «Jamais, parfois, toujours» e cioè «Mai, qualche volta, sempre», dove ogni avverbio si riferisce a una posizione, rispettivamente: gomiti sul tavolo, avambracci appoggiati e mani in grembo. Tornando al Sud America, l'abbigliamento di sera è piuttosto formale, quindi sono gradite giacche e cravatte e per le signore sconsigliati i pantaloni in alcune cerimonie ufficiali. Ricordate cosa abbiamo detto dello spazio personale e della prossemica: in questi paesi le distanze sono ravvicinate ed è normale che quando qualcuno vi rivolge la parola si avvicini molto; non ritraetevi. Ho potuto verificare di persona; più si va a sud più le distanze si accorciano, più si va a nord più aumentano. Lo stesso avviene tra abitanti di campagna e di città: i primi, insieme a chi vive in montagna, staranno più scostati e vi daranno la mano restando arretrati con il corpo, mentre chi vive in una grande città (abituato a tram e metropolitana affollati) accorcia le distanze. In Sud America evitate, se siete voi che invitate, di cucinare coniglio: è considerato un animale da compagnia. Nei paesi islamici si salutano con rituali lunghi e si baciano più volte; con gli occidentali usano la classica stretta di mano. Tra uomo e donna non deve avvenire alcun contatto fisico. Nella presentazione evitate di tenere lo sguardo fisso sul volto, molto meglio uno sguardo basso e reverenziale. Nella conversazione non ci si informa mai dello stato di salute delle mogli; è considerata un'invasione di campo, così come ogni battutina sulla condizione femminile. Il pranzo è intorno alle 14 e la cena alle 22: siate puntuali. Non intestarditevi a voler pagare il conto, è offensivo, paga chi fa l'invito, come da noi. Di norma non si porta nulla e ovviamente, se il dono è d'obbligo, sono vietatissimi gli alcolici e prodotti che contengano carne di maiale. Se siete voi a invitare, informatevi sul Ramadan che cade in mesi diversi ogni anno. In questo caso ogni convivio slitterà dopo il tramonto. Ricordate che canottiere e pantaloni corti sono un insulto al buon gusto anche se indossati dai maschi. Val la pena aprire una parentesi sull'abbigliamento. L'occidentale che, nell'immaginario di certi paesi, è ricco e stimabile, se arriva seminudo si comporta come un indegno, come uno di una casta inferiore che non può permettersi una camicia. «Questo provoca un vero e proprio cortocircuito mentale in chi lo accoglie nel suo paese» dice anche Barbara Ronchi della Rocca nel suo libro dedicato al galateo del viaggiatore. Lo stesso, come abbiamo visto, vale per i jeans, che da noi sono ormai sdoganati come abbigliamento per tutte le occasioni; in molti paesi non vengono compresi. In Australia, per esempio, sono considerati una divisa destinata ai lavori più umili della campagna, quindi guai a indossarli anche per una cena tra amici. Iran, Siria e molti paesi islamici considerano i jeans un abbigliamento maledetto, per via dell'origine americana. Un po' come camicie e pantaloni stile militare in Zimbabwe, Zambia e Botswana. Se cercano di convincervi che nei paesi islamici è accettato un rutto a fine pasto come segno di gradimento non credeteci, è un gesto al limite tollerato, ma non incoraggiato. In questi paesi, come nel sud dell'India e in Indonesia, la sinistra si usa per la pulizia del corpo, fate quindi attenzione a passare le portate al vostro vicino con la mano destra. In Giappone evitate il più possibile il contatto fisico, anche la stretta è inusuale; meglio l'inchino. Se siete invitati mostrate deferenza e ammirazione verso i piatti che vi vengono offerti. I giapponesi adorano che la propria tavola venga ammirata; infatti le presentazioni dei cibi sono attentissime alle proporzioni, ai colori e alla composizione: I commensali si presentano con il cognome e usano sun davanti al vostro, che significa onorevole. Il che non è un'offesa, come sta diventando nel nostro paese. Usate i biglietti da visita, lì sono indispensabili, e porgeteli con entrambe le mani: è un segno di deferenza. Starnutire, soprattutto a tavola, è uno dei gesti più maleducati che potreste fare, cercate di ricordarlo. Vige l'assoluta puntualità e, se entrate in casa d'altri, toglietevi le scarpe in segno di rispetto. Non portate fiori, tipico dono del corteggiamento; ben graditi i dolci, avvolti nella carta rossa, segno di gioia. Mai però nel numero di quattro e nove, considerati numeri nefasti. A tavola non si usano tovaglioli, ed è apprezzato l'uso delle bacchette per portare il cibo alla bocca; tuttavia, per evitare pasticci potrete chiedere una forchetta, in mancanza di meglio usate le dita. Nella conversazione siate sempre calmi e pacati e soprattutto sorridenti. Non versate nulla sul riso e cercate di non avanzare nulla, sarebbe maleducato. Non servite prodotti caseari fermentati se avete al tavolo giapponesi o cinesi; non li gradiscono e sembra che non siano digeribili per loro a causa dell'assenza di alcuni enzimi intestinali. Nell'abbigliamento, le donne evitino vestiti sgargianti e profumi intensi. Lo stesso vale nell'occidentalissimo Canada, dove il profumo infastidisce quanto una sigaretta. E, per finire, non lasciate la mancia, sarebbe un'offesa, dal momento che il lavoro per loro è una missione. Anche in Cina è molto apprezzata ogni forma di autocontrollo. Durante le presentazioni si osservano rigidamente le regole e le gerarchie, che vedono al primo posto sempre l'uomo più anziano e la persona di maggior prestigio. La cosa vale anche per la conversazione: vietato toccare argomenti delicati. Gli inviti sono rari e di norma sono intorno alle 18, perché dopo le 21 i trasporti pubblici sono scarsi. I regali sono graditi, ma devono essere estesi a ogni componente della famiglia. A tavola si aspetta sempre che sia chi invita a dare i tempi. Accanto al vino ci sarà una coppetta per il tè, mentre l'acqua non è prevista. In Israele usate i biglietti da visita, vi serviranno, ci tengono molto a ruoli e cariche. Gli anziani godono giustamente di grande rispetto e, quando entrano in una stanza, ci si alza in piedi. Nella conversazione tutto è permesso, tranne ovviamente riferimenti alla questione palestinese. Sono apprezzati i fiori e una bottiglia di vino come regali per i padroni di casa.

Pagina 149

La regola è: rarissimi in pubblico, abbondanti in privato. Bacio fraterno. Alcuni popoli ne fanno grande uso. Limitiamo i baci sulle guance alle persone più vicine e con le quali abbiamo un rapporto di amicizia. Le donne fingono di baciarsi, in realtà avvicinano sole le guance le une alle altre per non rovinarsi il trucco; è un'ipocrisia universalmente riconosciuta. Baffi. I baffi sono un ricettacolo di batteri e la regola generale. per chi li porta è pulirsi perfettamente e spesso durante il pasto, prima e dopo aver masticato e bevuto. Bagnadita. Nei ristoranti ho visto di tutto: chi si è bevuto il contenuto della ciotola contenente acqua e limone, chi si è lavato abbondantemente il viso, chi ha guardato l'oggetto con aria interrogativa, chi ci ha spento una sigaretta (quando si poteva fumare). In realtà, questo contenitore che, di norma, è deposto in alto a sinistra dal cameriere dopo un piatto di pesce o che prevede l'uso delle mani, è destinato al lavaggio delle dita che poi andranno asciugate con il tovagliolo. In molti ristoranti si servono salviettine dall'orribile profumo di limone (sintetico), meglio acqua nella quale siano state dissolte alcune gocce di olio essenziale o petali di rosa. Meglio ancora: non usate affatto le mani oppure alzatevi e lavatele in bagno, anche perché il galateo non ne prevede l'uso. Bagno. È il buon rifugio per tutte le situazioni di emergenza: qualsiasi fatto anomalo accada a tavola, nell'incertezza recatevi in bagno. Prima di alzarsi da tavola, ci si accomiata con uno «Scusate». Bambini. Abituare i bambini a stare fermi e seduti al ristorante è una buona cosa, ma sino a che non si è riusciti nell'intento è pura crudeltà e una forma di egoismo obbligarli a seguirci al ristorante. La stessa cosa vale per le cene formali: diciamo che sino ai dodici anni i bambini o ragazzini cenano prima o in un tavolo a parte. Non solo è una sofferenza per loro stare seduti troppo a lungo, ma è anche una limitazione per gli invitati e per chi ospita adattare le portate e i discorsi in funzione della loro presenza. Banane. La banana non è consigliabile in una cena formale. Si tiene ferma con la mano sinistra, e dopo averla sbucciata si appoggia sul piatto, si taglia e si porta alla bocca con la forchetta. Vietato dal galateo sia per gli uomini sia per le donne succhiarla come un ghiacciolo con sguardi maliziosi, cosa invece permessa in privato. Bar. Evitiamo di dare del tu a camerieri e baristi solo perché li abbiamo visti un paio di volte. Non ingombriamo il banco con nostri pacchetti e borse o peggio con i gomiti. Evitiamo di fare «zuppetta» nella tazza del cappuccino. Non monopolizziamo i quotidiani messi a disposizione dai locali pubblici. Nell'ora di punta evitiamo di indugiare davanti al bancone mentre altre persone aspettano il loro turno. All'ora dell'aperitivo non dimentichiamo un minimo di etichetta: prendiamo le olive con l'apposito stecchino per portarle alla bocca e sputiamo il nocciolo con discrezione, nel palmo della mano, per poi buttarlo nel cestino porta-rifiuti (i noccioli rosicchiati nel piattino accanto alle olive offrono uno spettacolo poco piacevole). Le noccioline si prendono con un cucchiaino e si depositano nel palmo. Barzellette. Raccontare barzellette è una vera arte, quindi non cimentatevi se non siete davvero un fuoriclasse, eviterete di vedere i vostri commensali sforzarsi di sorridere alla battuta finale o ancora peggio dire «Non l'ho capita». Per quanto riguarda i contenuti, controllate alla voce «Conversazione». Bere. Bere con moderazione non è solo un fatto di salute, ma anche una forma di rispetto nei confronti degli altri. L'alcol, notoriamente, disinibisce e slatentizza (che non è una parolaccia, ma significa semplicemente che l'alcol fa uscire allo scoperto tutti quei piccoli disturbi della personalità che altrimenti se ne starebbero tranquilli e ben nascosti). Quindi lasciamo tutto com'è, non è piacevole scoprire che potenzialmente siamo dei serial killer, e non lamentatevi se la mattina dopo vi ritrovate in un letto che non è il vostro. Bicchieri. Versando da bere non si deve riempire il bicchiere fino all'orlo, mai, sia per l'acqua che per il vino, il tè, il caffè o i liquori, ma solo un terzo. Quando ci versano da bere il bicchiere non va tenuto in mano, ma poggiato sempre sul tavolo. Sempre. Prima di bere, ci si pulisce le labbra con il tovagliolo, così come dopo aver bevuto Biglietto da visita. Una volta le signore non lo potevano dare a un uomo, adesso c'è la massima elasticità. Evitate per favore di scrive Marchesa o Cavaliere e altri titoli, meglio semplicemente nome e cognome. Non risparmiate sui biglietti da visita: sono il vostro primo lasciapassare per il bel mondo. Un buon biglietto si riconosce dallo spessore del cartoncino. Bottiglia. In una cena formale le bottiglie andrebbero sistemate su un ripiano a parte, e non sulla tavola. La regola è che non compaiano etichette di nessun tipo (sui grissini, purtroppo, ci cascano tutti, soprattutto i ristoratori, che li portano a tavola confezionati), tranne quella del vino, quindi la padrona di casa provvederà a versare in una caraffa anche l'acqua minerale e a predisporre un tavolino di appoggio per le bevande. Si può fare un'eccezione per certe splendide bottiglie di acqua minerale di design. Briciole. È bene toglierle dalla tavola prima di servire il dessert con le apposite spazzoline d'argento o di metallo o, ancora meglio, con un tovagliolo pulito ripiegato si pulirà la tavola facendole cadere in un vassoio. No a tutti gli orribili attrezzi elettrici. Brindare. Non si dice cin cin né si fanno tintinnare i bicchieri se non durante una festa di famiglia senza formalità. Si brinda semplicemente alzando verso l'alto i bicchieri con un sorriso. Brodo. Senza risucchio, please. Nelle tazze a due manici si sorbisce silenziosamente e il cucchiaio, che servirà solo a mescolare all'inizio, si adagia sul piattino sottostante. Buffet. Orribile avventarsi sul buffet sgomitando. Se organizzate un buffet in casa fare attenzione che tutto sia disposto su un tavolo abbastanza lungo affinché si possa avvicinare più gente possibile. Piatti, posate, tovaglioli, bicchieri e bevande vanno sistemati in un altro tavolo. Prevedete anche molti piani d'appoggio, gli ospiti ve ne saranno grati. Buio. Una cena al buio in due è vivamente consigliata dallo Sgalateo. Attenzione! In certi ristoranti per coppie le luci soffuse, anche se hanno la virtù di mitigare le rughe, sono le responsabili dello smascheramento dell'età: chi non riesce a leggere il menu ha bisogno degli occhiali da presbite. Buon appetito. Non si dice. È un'abitudine molto dura a morire, ma benché sia una forma augurale sembra sottolineare che si è a tavola solo per mangiare e non per più nobili fini conviviali. Se qualcuno dei commensali lo pronuncia, si sorride e si risponde grazie. Burro. Se si porta a tavola si sistema alla sinistra accanto al piattino del pane. In genere, non si serve la sera, ma in alcuni ristoranti si usa proporlo aromatizzato. Non si imburra tutta la fetta, ma solo una piccola parte per volta; se vi capitasse di fare colazione in un albergo stellatissimo fateci caso: questa regola la conoscono in pochi. Il coltellino da burro è a lama piatta e corta. Cachi. Sconsigliabile servirli durante una cena formale, in tutte le altre situazioni sistemateli in una ciotola raccogliendo la polpa con un cucchiaino. Caffè. Il caffè precede sempre l'acquavite e viene dopo i liquori. Il caffè, ancora nella caffettiera, viene portato e servito preferibilmente in salotto. La padrona di casa lo versa nelle tazzine, quindi l'ospite si servirà dello zucchero. Lo zucchero si mescola muovendo il cucchiaino dall'alto in basso, e viceversa. Si beve tenendo la tazza con il pollice e l'indice, mentre l'altra mano sorregge il piattino. Da evitare: lo zucchero nella tazza prima della bevanda; succhiare il cucchiaino più o meno rumorosamente; alzare il dito mignolo e lasciare il cucchiaino nella tazza invece che sul piattino. Cameriere. L'approccio con il personale di servizio dirà molto di voi agli altri. Da evitare ogni tono sgarbato o di sufficienza, il tu dato senza chiedere il permesso, il tono confidenziale. Il cameriere da parte sua evita di prendersi qualsiasi libertà nei confronti del cliente, sorride e non interviene assolutamente nella conversazione. Cameriera. Vale tutto come sopra. Si eviti di fare richieste impossibili e soprattutto di gigioneggiare facendo apprezzamenti sulle cameriere sia in presenza di signore sia, e soprattutto, tra uomini. Evitate toni di superiorità con qualsiasi cameriera dando per scontato che sia ignorante come una capra, anche perché spesso dietro le timide ragazze che portano i vassoi ci sono laureande in ingegneria nucleare che parlano benissimo almeno un paio di lingue, mentre qualcuno dei commensali ha ancora difficoltà con il congiuntivo. Candele. Attenzione alle candele a tavola. È vero, scaldano l'ambiente in tutti i sensi e regalano quella calda luce offuscata che mitiga le magagne su cibo, occhiaie e stoviglie asciugate male. Importante, però, è non abusarne e soprattutto in casa vanno sistemate in sicurezza, lontano da pericoli e soprattutto dai capelli dei commensali. Capello. Come già detto la prima regola del galateo è quella di non mettere a disagio nessuno. Se capita di trovare un capello, un insetto o qualsiasi altra cosa nel piatto lo si toglie il più discretamente possibile, facendo in modo che gli altri commensali non lo notino. Dovrebbe essere la padrona di casa ad accorgersi che c'è qualcosa che non va, in quel caso provvederà rapidamente a sostituire il piatto. Al ristorante si può indicare discretamente l'intruso in mezzo al cibo. Importante: gli altri convitati faranno finta di nulla e non indagheranno sull'accaduto. Carciofo. Un ospite attento non servirà i carciofi senza essersi prima assicurato che siano privi delle foglie più coriacee, in questo modo sarà semplice gustarli solo con la forchetta, come prevede il bon ton. Carta. Buona occasione per distinguere la carta dal menu. La carta è quella che chiediamo al cameriere quando ci sediamo in un ristorante e comprende tutti i piatti serviti dalla cucina, mentre il menu (per favore, senza accento), che trova spazio all'interno della carta, è l'insieme delle portate servite in sequenza logica e studiate appositamente dallo chef. Quindi, una cosa è la carta e un'altra è il menu. Caviale. Si serve in una coppa di cristallo adagiata su ghiaccio tritato. L'importante è non usare posate di metallo, meglio di osso, tartaruga o ancora meglio madreperla: le fragili uova di storione non devono rompersi assolutamente. Gli eccentrici miliardari usano cucchiaini d'oro, ma se vi siete svenati per l'oro nero e non vi restano soldi per quello a 24 carati, va benissimo anche un cucchiaino di plastica. Durante le cene private a due, copiamo gli esperti di caviale che lo mangiano appoggiandone una piccola quantità nell'incavo dove si incrociano pollice e indice. Il gesto è molto sensuale. Centrotavola. Mai troppo alto, troppo voluminoso e troppo profumato. Perfetta una piccola composizione di fiori freschi dentro l'apposita spugna da fiorista. Champagne (e bollicine). Oggi c'è libertà nello scegliere dove servirlo, personalmente amo ampi bicchieri da rosso invecchiato. La flûte, il bicchiere dal lungo stelo dalla forma allungata, è un po' superata, mentre è ancora gradevole la coppa da champagne, oggi introvabile. Occhio alla temperatura di servizio, va servito dai 5 agli 8 gradi. Lo Sgalateo prevede, per definizione, una tale dose di creatività che sorbire champagne da un scarpa rosso fuoco con tacco 12 potrebbe sembrare banale. A fine pasto, meglio un vino dolce, ma sono la prima a trasgredire. In tutti i casi, la bottiglia non si stappa rumorosamente, ma si accompagna il tappo delicatamente fuori dal collo della bottiglia. Se volete servirlo prevedete un secchiello da tenere colmo di acqua e ghiaccio. Mai mescolare il prezioso liquido per eliminare le bollicine: sarebbe un sacrilegio. Ciliegie. Meraviglioso frutto per giocare per amore e con i bambini. Il galateo, invece, sconsiglia di servirle in occasioni formali. In tutti gli altri casi si mangia il frutto, si mette il nocciolo nella mano chiusa a pugno, poi si adagia sul piatto. Cioccolatini. Abbiamo visto che regalare cioccolato in gran parte del mondo è un buon modo per fare omaggio alla padrona di casa. Oggi ne esistono decine di varietà e prezzi. I puristi del galateo sconsigliano di regalarli per una cena poiché devono essere per forza aperti in presenza degli ospiti e questo potrebbe disturbare la sequenza dei piatti prevista da chi ha ideato il menu. Se ve li offrono in una scatola non toccateli tutti e scegliete velocemente. Cioccolato sfuso a fine pasto? Sì, se lo avrete già spezzato in comode scaglie monoporzione. Cocktail. Per qualche strana ragione una donna che sa preparare un cocktail Martini comme il faut sale immediatamente nelle quotazioni degli invitati maschi. Conosco pochissime donne che ne sappiano preparare almeno un tipo con disinvoltura, a meno che non sia per professione, quindi esercitiamoci, signore: tutte abbiamo un amico barman condiscendente che ci farà da maestro. Se facciamo un invito per un cocktail ricordiamoci di disporre tutto l'occorrente su un tavolo in modo da non correre continuamente in cucina. Sistemate la casa anche in modo da prevedere alcuni piani d'appoggio: è triste non poter dare la mano a un fascinoso sconosciuto perché abbiamo tra le mani un piatto di vitello tonnato e un prosecco. Comunque fate sempre in modo di avere la destra libera e soprattutto di non farvi beccare con un mostruoso boccone in bocca: c'è sempre un maniaco di Facebook dietro una colonna e voi potreste essere immortalati sullo sfondo. Non voglio entrare nel dettaglio su cosa preparare a un cocktail, non è la sede. Posso solo dire che ciò che rende davvero squallido un cocktail party e infelici gli ospiti più esigenti non è tanto la qualità o quantità di cibo, ma ciò che si beve. In decine di presentazioni, buffet, vernissage, matrimoni, celebrazioni e pranzi in piedi ricordo con piacere soprattutto quelli in cui il vino superava almeno i cinque euro a bottiglia. Chi organizza, anche nelle sedi più prestigiose, commette un errore madornale, se pensa alla cucina e cerca di risparmiare sulla cantina. Se invece siete voi a essere invitati a un cocktail party, evitate di fare come la mia amica americana Dorothy, esperta di finanza e assidua frequentatrice di eventi mondani. Non fermatevi, soprattutto a digiuno, per un drink lungo la strada. Potreste arrivare al cocktail party barcollando e da brilli è facile lasciarsi sfuggire qualche segreto aziendale. Pare che a New York la cosa sia piuttosto diffusa tra i timidi. Non date l'impressione di trovarvi lì solo per riempirvi la pancia, ma siate gentili e sorridenti e approfittatene per aumentare la vostra popolarità. Colazione. Solo in Italia si fa un po' di confusione sul nome dei pasti, dove «colazione» è intesa come veloce pasto del mattino. Poi per influenza anglofona si è cominciato a far slittare il pranzo alla sera, anche perché durante il giorno chi lavora spesso consuma pasti leggeri. Tutto questo genera una gran confusione, quindi sempre meglio quando si invita specificare l'ora e quando si riceve un invito informarsi. Oppure, perché in un rigurgito di nazionalismo non ritornare alla nostra cara ripartizione italiana: colazione, pranzo e cena? Coltello. Prima di addentrarsi nei dettagli d'uso ricordate che il coltello si usa solo se è necessario. È considerato una posata che serve solo per tagliare consistenze coriacee come la carne. Non si usa con uova e frittate, con le insalate e le verdure morbide, e, ovviamente non con il pesce se non quello apposito. Non si porta mai alla bocca, né tanto meno si lecca. Lo Sgalateo lo bypassa sostituendolo con le mani. Anche in caso di costolette d'agnello consigliamo di afferrare la carne con le dita e strapparla a morsi. Pochi impugnano il coltello nel modo corretto: l'indice non dovrebbe mai oltrepassare il manico e quindi non dovrebbe toccare la lama, il dorso della mano è rivolto verso l'alto. Coniglio. Raro e costoso quello di fattoria, non servitelo in cene e pranzi con un minimo di formalità. Il coniglio non è gradito neppure da molti stranieri non vegetariani, che lo considerano un animale domestico. Consommé. Non so perché ho inserito questa voce, in realtà sono decenni che qualcuno non mi serve un consommé. Ma il nome è così chic che non poteva mancare nell'elenco. Diciamo che la regola vale per la maggior parte delle pietanze brodose. Si serve nelle tazze con manici adagiate su un piattino. Si sorbisce silenziosamente e alla fine si lascia il cucchiaio sul piattino. Conto. Sembra superfluo, ma può trasformarsi nel momento più imbarazzante della serata, e proprio per questo è utile e educato evitare ogni fraintendimento. Urge essere subito chiari: chi invita paga il conto, uomo o donna che sia. Nelle cerimonie o cene d'affari, quando non è chiaro chi paga, evitate accuratamente le scene madri che spesso hanno il solo obiettivo di attirare l'attenzione. La persona galante, generosa e brillante si alza qualche secondo prima degli altri commensali, si allontana e va a pagare, poi torna a sedersi senza una parola. Non si fanno commenti sul prezzo e tanto meno discussioni con il proprietario. La cosa migliore è informarsi sui prezzi prima di invitare e, se non è possibile, ricordatevi che il modo migliore per punire un ristoratore disonesto è non tornare più. Oppure segnalatelo a un'amica che di professione fa la critica gastronomica, ci penserà lei. Conversazione. Non si parla di soldi, di sesso e di salute. Per tutto il resto vedi il capitolo dedicato. Lo Sgalateo invece prevede conversazione libera senza tabù. Cozze e vongole, ostriche, frutti di mare. Da evitare nelle cene formali, per quelle con gli amici è meglio corredare il piatto con una ciotola lavadita. Nel caso si tengono strettamente con due dita nella mano sinistra e si estrae il mollusco con la forchettina apposita. Critiche. Le critiche a un piatto non si fanno mai in pubblico a chi ha cucinato in una casa privata, né al ristorante se siamo ospiti. La regola è che si sorride anche per non rispondere negativamente a una domanda diretta. Invece si fanno sempre in tutti gli altri casi. Dal momento che se scrivo male un articolo me lo fanno rifare, perché devo pagare un piatto (spesso profumatamente) se non è all'altezza? Le lamentele si fanno educatamente, garbatamente, ma in maniera ferma. Crostacei. Meglio servirli sempre sgusciati per evitare imbarazzi. In caso contrario, dotatevi delle pinze apposite. Le chele non si portano mai alla bocca, né si succhia il contenuto. Per lo Sgalateo è tutta un'altra storia. Cucchiaio. In Italia, si posiziona con la parte concavo posta in su (in Francia si fa il contrario), a destra accanto al coltello. Non si usa più portare troppe posate in tavola e se servite un gelato o un dolce morbido portate la posata necessaria di volta in volta. Per il gelato quella più adatta ha la forma di una palettina. Il cucchiaio si impugna tra pollice e indice e si porta alla bocca o di lato, evitando i risucchi, oppure introducendolo alla francese, di punta. Non soffiate sulle pietanze nel cucchiaio e non usatelo per gli spaghetti. Denaro. Non se ne parla a tavola, come non si dice mai il prezzo degli oggetti, a meno che non siamo in confidenza con i commensali, ma anche in questo caso non è gentile. Potete vantarvi con le amiche di un bel diamante ricevuto in dono dal fidanzato, senza ovviamente dire il costo. Schiatteranno ancora più d'invidia. Desinare. I toscani lo chiamano desinare, dall'antico francese disner derivato dal latino popolare disiunare, cioè rompere il digiuno; nel francese d'oggi è diner, in inglese dinner. Dessert. Con questo termine si indica l'ultima parte del pasto. Il nome deriva dal francese desservir, che significa «sparecchiare» e raggruppa tre categorie: formaggio, dolce, frutta e quindi non sta a indicare, come si crede comunemente, solo una portata dolce. Ricordatevi che l'invitato non porta il dessert, salvo che non l'abbia preannunciato al momento dell'invito oppure se chiesto espressamente dalla padrona di casa. Prima del dessert si sparecchia la tavola e si tolgono pane, piatti sporchi e bicchieri, eventuali briciole dalla tovaglia e si porta vasellame pulito. Décolleté. Bandito agli incontri professionali e con la futura suocera, alle cene all'oratorio e gite familiari. Consentito in tutti i casi in cui si deve essere dressed to kill, espressione inglese che rende bene l'idea. Dieta. Un consiglio su tutti: se siete a dieta stretta non invitate né accettate inviti, statevene a casa tranquilli. Non c'è cosa peggiore che dividere una cena con compagni immusoniti dalle costrizioni alimentari. Mai pronunciare la fatidica parola a un incontro amoroso: avrebbe un effetto raggelante. Fagiolini. Essendo un ortaggio non si tagliano con il coltello, ma si mangiano solo con la forchetta. Fazzoletto. A tavola si cerca di non soffiarsi il naso, se è necessario lo si fa con discrezione, quando si sente che si sta per starnutire ci si gira di lato, possibilmente lontano da ogni commensale, e si preme il fazzoletto sul naso a protezione. Ancora meglio sarebbe allontanarsi dal tavolo dopo aver chiesto il permesso. Non usate mai il tovagliolo. Fichi freschi. Si mangiano tenendoli con la forchetta nella mano sinistra, si tagliano in quattro spicchi, poi si pelano aiutandosi con il coltello e la polpa si porta alla bocca con la forchetta. I fichi secchi si mangiano con le mani. Figuraccia. L'abbiamo già detto molte volte, le figuracce dei commensali a tavola non vanno sottolineate, anzi sarà premura della padrona di casa stemperare gli imbarazzi. E se siete voi a fare la figuraccia, usate l'arma imbattibile di uno «scusate» accompagnato da un sorriso. Se la figuraccia è rivolta ai padroni di casa un bel mazzo di fiori il giorno dopo sarà di grande aiuto. Fine pasto. Alla fine del pasto si lasciano le posate sul piatto accostate con i manici sul bordo tra le ore 16.20 e le 18.30. Non c'è cosa peggiore che un piatto abbandonato con le posate in disordine seminascoste dai rimasugli di cibo. Conoscere questa semplice regola vi permetterà di «fare la radiografia» ai vostri commensali e, in più, sarete in grado di valutare anche il personale di servizio. Infatti, solo un cameriere che conosce il suo lavoro sa che le posate sistemate in un determinato modo stanno a significare: ho finito, può portare via. Fiori. Ben accetti fiori e foglie come centrotavola, purché non siano troppo alti da oscurare l'altra parte del tavolo. Altrimenti si rischia di non vedere chi ci sta seduto di fronte, se non al termine della cena. È consigliabile che non siano troppo profumati per non interferire con l'aroma delle vivande. Sempre più è accettato e consigliabile utilizzare singoli fiori recisi o a mazzetti come segnaposto o come portatovagliolo. Come dono è meglio farli recapitare qualche ora prima o il giorno dopo; se portati all'ora di cena, infatti, possono creare disturbo alla padrona di casa che dovrebbe perdere tempo a cercare un vaso adatto mentre si occupa di ricevere gli ospiti. Forchetta. Si appoggia a sinistra del piatto e non si impugna come fosse una zappa. Formaggio. Ricordatevi che il formaggio precede il dolce. La regola prevede che sia servito solo a mezzogiorno, ma oggi sempre più spesso viene presentato pure la sera. Se si è avuta l'opportunità di acquistare alcune varietà di formaggio italiano o estero, magari inusuale o introvabile, si può imbandire una cena «a tema»; con composte, confetture o frutta abbinati. Il taglio deve essere fatto in modo che ogni commensale abbia una fetta con una parte di crosta (quando è presente), una parte del centro e del cuore; solo in questo modo non si altera l'aroma e si percepisce il gusto complessivo di ogni formaggio. La quantità servita deve tener conto del fatto che il formaggio, a differenza di altre portate, si dovrebbe offrire una sola volta. I formaggi duri richiedono il coltello e la forchetta; quelli molli la sola forchetta o il solo coltello se spalmati su bocconi di pane. Consiglio per gli intenditori: per gustarli al meglio toglieteli dal frigorifero almeno un'ora prima di consumarli. Purtroppo anche tanti ristoranti se lo dimenticano. Di norma, si inizia dal più dolce e fresco per concludere con il più saporito e stagionato. La mozzarella si consuma quasi tiepida e teme il frigorifero. Fragole. Se ve le propongono in una coppetta si mangiano con un cucchiaino, se su un vassoio intere si prelevano con il picciolo, si mangiano in due bocconi e si deposita il picciolo verde su un piattino. Per le signore e taluni giovanotti: vietato civettare con i commensali mangiando fragole ammiccando, consigliabile invece in un tête-à-tête tra mura sicure, dove potrete sbizzarrirvi. Frattaglie. La maggior parte degli esseri umani non sa neppure cosa siano e al semplice suono della parola scatta la smorfia di disgusto: non si fa. Vi basti pensare che il foie gras, in quanto fegato, è una frattaglia ed è considerato tra i più nobili piatti al mondo. Lo stesso vale per le animelle tanto care a Escoffier, il famoso cuoco francese, la finanziera preparata con le rigaglie di pollo e il rognoncino. Insomma, vale per le frattaglie come per altri ingredienti inusuali: non giudicate senza provare. Sappiate che c'è una stretta correlazione tra apertura mentale e disponibilità ad assaggiare cibi inusuali o appartenenti ad altre civiltà. Quindi se durante una cena privata vi vengono servite, assaggiatele senza prevenzioni. Frittata. Non si mangia mai con il coltello, così come le uova cucinate nelle loro infinite varianti. Frutta. Mangiare la frutta con le posate è assai complicato; se volete bene ai vostri ospiti servitela già pelata e tagliata a fettine. Nota di costume: la classica macedonia è terribilmente datata e quasi sempre si riduce a una poltiglia informe dove i sapori della frutta si mischiano irrimediabilmente. È molto più fresco e moderno servire della frutta già pelata e tagliata a tocchetti o fettine, e spennellata con un mix di zucchero, limone e anice stellato lasciato in infusione, così non diventerà nera. Frutta secca. Noci, mandorle e nocciole si consumano rompendole con lo schiaccianoci e si portano alla bocca. È assolutamente vietato spaccarle con i denti in pubblico, mentre in privato le signore trovano molto virile che vengano aperte da una sfilza di denti bianchissimi. Fumo. Non si fuma sino a dopo il secondo e mai se la padrona di casa non concede apertamente il permesso. I recenti provvedimenti vietano giustamente di fumare a tavola nei locali pubblici, ma la cosa ha risvolti positivi: vuoi mettere quante persone interessanti si possono conoscere nelle sale fumatori o sul marciapiede fuori dal ristorante? Garden party. Se ne organizzate uno, fate attenzione alle temperature tropicali per salse e cibi deteriorabili. Procuratevi del ghiaccio e tenete a disposizione lo spray antizanzare. Gelato. Per gelato e creme, sorbetti e semifreddi si utilizza il cucchiaio. Il «vero» cucchiaino da gelato è una sorta di palettina, ma andranno benissimo anche quelli normali. Gesticolare. Non fatelo davanti al naso degli ospiti, rischiate di essere importuni e di far cadere il vasellame sulla tavola. Giacca. Non si toglie mai nelle cene formali e tra amici si chiede prima il permesso ai padroni di casa; vietato anche togliersi la giacca e appenderla allo schienale della sedia, lo stesso per la cravatta. O si porta per tutta la sera o non si porta. Gironzolare. Quante volte si vedono al ristorante giovanotti e signore fermarsi ai tavoli degli amici abbandonando il proprio: non si fa, si saluta con un cenno della mano discretamente e senza sbracciarsi né urlare da un punto all'altro della sala. Gomiti. Mai sul tavolo e, se è possibile, teneteli stretti al dorso, anche se è difficile allargarsi nei minuscoli tavolini delle tavole urbane. Gossip. Meglio evitarlo a cena, a meno che non siate tra amiche o amici di vecchia data: la gaffe è sempre in agguato. Granchio. Vera crudeltà servirlo agli ospiti con il carapace e non già aperto con la polpa a portata di mano, che si preleva con l'apposita forchetta a tre denti. Grissini. È sempre più diffusa l'abitudine di offrirli ai propri ospiti; in questo caso, vanno tolti dalla confezione e sistemati in un cestino con il pane o da soli sulla tavola. Al ristorante è proibito avventarsi sulle confezioni di grissini senza tener conto degli altri commensali. In tutti i casi non si mangiano a bocconi, ma si spezzano e si portano alla bocca. Imboccare/si. Non si dovrebbero imboccare bambini o anziani in pubblico o al ristorante, ma ricordiamo che dipende sempre dal tipo di locale. Di norma, è meglio non portare alle cene formali i bambini sotto i dodici anni. Non si imbocca mai la fidanzata o l'amico a una cena o un pranzo dove si rispetta l'etiquette. Meglio evitare questa pratica, invece consigliatissima dallo Sgalateo. Se vedete un amico sposato imboccare un'altra donna al ristorante, state alla larga. Insalata. Si serve dopo aver passato due volte il piatto di portata principale per eventuali bis. Si adagia in un piatto o in una ciotola a sinistra del piatto. Come tutte le verdure si mangia con la sola forchetta, però è consentito usare il coltello per tagliare le foglie. Meglio comunque servire l'insalata in modo che possa essere portata alla bocca senza essere tagliata. Invito. Si risponde sempre a qualsiasi tipo di invito e si ricambia entro due mesi. Negli inviti indicate chiaramente il luogo, l'ora e il tipo di abbigliamento richiesto. Si conferma entro tre giorni al massimo e si disdice facendosi perdonare con un piccolo dono floreale. Per gli uomini andrà bene anche una pianta. Invitati. Anche per gli invitati le regole sono molte, limitiamoci riassumere dicendo che si acquista il titolo di invitati ideali quando: non si mettono a disagio gli altri ospiti, quando si contribuisce al divertimento e al piacere di tutti e quando si dimostra gratitudine ai padroni di casa per l'invito. Anche se si viene invitati al ristorante valgono le stesse regole, in più si cerca di non ordinare i cibi più costosi, ma neppure solo i più economici. Se il menu è già stato fissato e vi sono piatti che proprio non potete mangiare per ragioni di salute, chiedete di sostituirli con qualche cosa di semplice, come riso, una bistecca o un pezzetto di formaggio. Un invitato perfetto al ristorante si comporta come se fosse in casa del proprio anfitrione e quindi evita critiche alla cucina o al locale e cerca anzi un motivo per esprimere il proprio gradimento della serata. Chi invita non paga il conto a tavola, ma si alza regolando ogni cosa in privato. Se avvenisse al tavolo, si cerca di ignorarlo, limitandosi a fine serata a ringraziare con qualche commento tipo: «Siamo stati davvero bene» oppure un «Grazie di tutto». Deve essere l'anfitrione e mai l'ospite a concludere la serata; darebbe l'impressione di non gradire la compagnia. Attenzione, quindi, padroni di casa: sta a voi chiudere le danze con garbo. Jeans. In molti paesi del mondo andare a cena o in una casa privata indossando i jeans è sgradito, anche se certe marche costano centinaia di euro. Kiwi. Si taglia a metà e si consuma con un cucchiaino. Legumi. Si tratti di fagioli, piselli, fave o lenticchie i legumi si mangiano con la forchetta. Non si servono fagioli alle cene formali. Liquori. Si servono a tavola o ancora meglio in salotto dopo il caffè. Lisca. Se una vi si conficca in gola non stramazzate al suolo con le mani alla gola, ma alzatevi e andate in bagno dopo aver mangiato un boccone di pane. Ecco perché per evitare imbarazzo è opportuno servire pesce perfettamente pulito. Lumache. L'unica condizione per servirle con il guscio è fornire ai commensali le apposite pinze, in tutti gli altri casi si propongono sgusciate e in umido nelle diverse varianti. Nel primo caso, pinza nella mano sinistra e forchettina nella destra per estrarre la polpa. Make-up. Sì, è vero, non ci si rifà il trucco a tavola e confermo, ma davanti al rossetto non resisto. Mi piace vedere una bella donna tirar fuori dalla borsetta lo specchietto gioiello di famiglia e stendersi un rossetto rosso sulle labbra. C'è chi lo sa fare e chi no: mai durante un pranzo di lavoro. Mancia. In Italia la mancia non è obbligatoria come negli Stati Uniti o nel mondo anglosassone, ma gradita. Si lascia sempre a chi porta i bagagli e a chi vi parcheggia la macchina, al personale di servizio della casa che ci ospita e a tutti coloro che hanno svolto un servizio che non era nelle loro competenze. La cifra deve essere compresa almeno tra il 5 e il 10 per cento del conto totale. Al ristorante non si dà in mano al cameriere, ma è preferibile lasciarla sul piattino con il quale è stato consegnato il conto; se non è possibile si farà scivolare nella mano del destinatario senza farsi notare. Mandarino. Si sbuccia con il coltello tenendolo fermo con la mano sinistra e poi si mangia uno spicchio per volta. I maschi, di norma, non mangiano frutta perché sono maledettamente pigri, ma provate a sbucciargli un mandarino o una fetta di mela, vedrete che apprezzeranno molto il gesto materno! Ricordate però la Teoria del Precedente. Lo Sgalateo consiglia la «sbucciatura della frutta» come merce di scambio: tu fai una cosa per me e io in cambio ne faccio una per te. Mandorle. Vale la stessa regola dell'altra frutta secca. Una raccomandazione: chiudete la sinistra sulla mano destra a protezione, prima di premere le due parti dello schiaccianoci. Si sono visti pezzi di gusci schizzare nei décolleté e colpire il lampadario. Dai latin lover sono considerate cibo afrodisiaco. Mani. Si tengono sulla tavola in Italia e in grembo, nelle pause, se seguite la scuola britannica. Nel mondo occidentale non si mangia nulla con le mani tranne il pane, i pasticcini, l'uva, il cioccolato e il sushi. Sciocco ricordarlo? Prima di andare a tavola bisogna lavare mani e unghie. Lo Sgalateo prevede e consiglia di usare mani e dita quando e come si vuole. Marmellata. Solo quella di agrumi si può chiamare così, è chic sapere la differenza; tutte le altre sono confetture. Non servitevi dal barattolo, è cafone. Mettetene una piccola quantità sul piatto e poi spalmatela sul pane con un cucchiaino o con un coltello da frutta. Mele e pere. Si tagliano in quattro parti sul piatto con il coltello e la forchetta. Le parti si infilzano con la forchetta e con il coltello si eliminano prima la buccia e poi il torsolo, poi si tagliano in pezzi più piccoli e si portano alla bocca con la forchetta. Melone. Dovrebbe essere servito a fette e già sbucciato, se piccolo e maturo può essere servito tagliato a metà, in questo caso si consuma con un cucchiaino. Menu. È cortese, quando si invita a casa, scrivere su un cartoncino la data, i piatti e i vini serviti, sarà utile agli invitati per regolare il proprio senso di sazietà. Quando siete al ristorante chiedete la carta e non il menu. Non soffermatevi su ogni portata un'ora prima di decidere cosa ordinare: è irritante, per il cameriere e per gli altri ospiti. Minestra. Senza rumoracci e senza soffiarci sopra, si sorbisce con il cucchiaio. Non si serve se non per la cena e mai due volte, così recita il cerimoniale. Nel servirla è facile sporcare la tovaglia, quindi è opportuno o tenere a portata di mano un piattino dove appoggiare il mestolo nel tragitto zuppiera-fondina, oppure, ancora meglio, fare le porzioni in cucina e portare a tavola ciascun piatto con grande attenzione. Evitate di offrire una minestra a una cena organizzata per fare conquiste: a meno che non sia una sofisticatissima vellutata di crostacei, ogni altra preparazione in brodo rischia l'effetto «minestrina da ospedale», il che non è affatto sexy. Mollica. Chi non mangia la mollica o la crosta, la ripone in un angolo del proprio piatto; guai a lasciarla sulla tovaglia. Vietato fare pupazzetti con la mollica o, peggio, proiettili da tirare al commensale più odioso. Lo Sgalateo vi lascia liberi di creare con la mollica piccoli cuori da regalare al vostro partner durante la cena. Musica. In casa, una musica di sottofondo è piacevole mentre si aspettano gli ospiti, ma durante la cena dovrete abbassare il volume. Nella scelta, sbizzarritevi: oggi ci sono cd di accompagnamento per ogni esigenza, chiedete in un negozio specializzato. Personalmente adoro, dal tramonto in poi, il vecchio Frank. Per un cocktail in piedi o un garden party, la musica è sempre fondamentale. Una domanda: vi siete mai chiesti dove vanno a prendere quei terribili cd nelle hall di certi alberghi paludati? Naso. Ovviamente ogni operazione di pulizia è vivamente sconsigliata. Nel linguaggio del corpo ogni volta che si toccano le zone periferiche intorno al naso il nostro commensale potrebbe mentire. Attenzione, potrebbe. È il retaggio di un comportamento infantile che porta a mentire coprendosi la bocca con le mani; visto che l'amministratore delegato di una multinazionale non può coprire con entrambe le mani la bocca spalancando gli occhi, ecco che l'inconscio si accomoda sfregando il naso o con movimenti simili. Noccioli. I noccioli della frutta o le parti di scarto, inavvertitamente messe in bocca, non si lasciano cadere direttamente nel piatto. Se sono stati portati alla bocca con una posata si fanno scivolare su di essa e poi sul piatto, ma forse è più facile deporli nella mano chiusa a pugno e riportarli sul piatto. Noia. Sarebbe bello divertirsi follemente a ogni occasione conviviale: ma non è così. Se vi annoiate a morte perché il vostro vicino di destra parla solo di insetti in via di estinzione e l'altro è un distinto ottantenne ma con problemi di udito, tenete duro. Non si guarda l'orologio, né le vie di fuga come la porta d'uscita, né si parla con un tizio nell'altro tavolo escludendo i commensali vicini a voi. Odore. Gli odori di cucina se si invita a casa vanno eliminati azionando le ventole o ancora meglio aprendo le finestre prima che arrivino gli ospiti. Al ristorante sarebbe obbligatorio non narcotizzare i clienti con odori molesti, d'altra parte una stanza completamente asettica non fa buona impressione. Signore, non profumatevi troppo. Olive. Si portano alla bocca con gli stuzzicadenti (unico utilizzo ammesso degli odiosi aggeggi), ma se vengono servite come aperitivo sono consentite anche le mani. Il nocciolo si pone nella mano e poi si lascia in un apposito piattino. In realtà spero sempre di trovare cibo più originale come aperitivo, sia in casa che nei bar, o almeno se volete offrirmi delle olive devono essere buonissime. Ossi. Si lasciano nel piatto e non si toccano con le mani. Evitate, nel tentativo di staccare un pezzo di carne rimasto attaccato all'osso, di farlo schizzare in testa a qualche malcapitato. Lo Sgalateo prevede il contatto con gli ossi da scarnificare e succhiare a piacere come per rivivere un rituale primitivo. Ostriche. Se le offrite voi dovete essere sicuri della qualità superiore, fatele aprire e non gettate via, per carità, la loro acqua di vegetazione. Esistono delle speciali forchettine a tre denti per molluschi che potete usare per estrarre la polpa, in caso contrario potete usare la mano destra evitando il più possibile ogni risucchio. I puristi le degustano assolutamente nature. Nello Sgalateo, ca va sans dire, se ne fa grande uso, sarà per l'alto valore simbolico del mollusco considerato afrodisiaco. Padroni di casa. Dovrebbero essere sorridenti e freschi, anche se in realtà sono stravolti dalla stanchezza. Mai iniziare a mangiare prima della padrona di casa, ma attendere un suo cenno per cominciare. Pane. Una delle poche cose che si possono toccare con le mani, ma non si spezza con i denti. Si fa a pezzi con le mani e poi si porta alla bocca a piccoli bocconi. Evitate di tagliarlo a tavola a meno che non si tratti di un rarissimo pane toscano che desiderate far vedere in tutto il suo splendore, in tutti gli altri casi si taglia in cucina e si porta a tavola in un cestino oppure in un vassoio d'argento. Il piattino del pane, gradito nelle cene formali, si mette in alto a sinistra di ogni commensale. Pasticcini. Si prendono dal vassoio con le mani, insieme alla carta pieghettata che li avvolge. Vietato indugiare nella scelta e soprattutto toccarli tutti prima di sceglierne uno. Pâté. Si mangia con la forchetta e, se accompagnato dai crostini, non viene spalmato ma mangiato separatamente. Pausa. Quando si smette di mangiare per fare una pausa, si mettono le posate con le punte del coltello e della forchetta che si incrociano, con i rebbi della forchetta all'ingiù e la lama del coltello verso il centro del piatto. Come già detto, in questo modo il cameriere o chi per esso dovrebbe, dico «dovrebbe», capire che non deve portar via il piatto. Per piacere e grazie. Ricordiamoci di pronunciarli sempre, ogni volta che chiediamo di passarci qualcosa, quando veniamo serviti a casa o al ristorante, quando chiediamo qualcosa al cameriere. Pesce. Prima il pesce e poi la carne, questa è la regola. Qualsiasi portata di pesce si serve con le posate apposite, se non avete le posate adatte usate solo la forchetta. Pesche. Mangiare frutta intera (purtroppo) con le posate non si fa quasi più, perché difficilmente i ristoranti metropolitani la propongono. È considerata ancora una portata in certe pensioni familiari sull'Adriatico o sulle coste ioniche. Se a una cena formale decidete di mangiare una pesca che vi viene servita intera consideratela una faccenda seria. Si puntano (non infilzano!) i rebbi della forchetta sul frutto e si incide la polpa col coltello per tagliare uno spicchio alla volta, quindi si ferma con la forchetta lo spicchio e lo si sbuccia con il coltello. Si tiene lo spicchio sbucciato sulla punta della forchetta, si taglia un boccone (massimo 2 centimetri) e lo si porta alla bocca senza cambiar di mano alla forchetta, che quindi rimane nella sinistra. Piatti. Quando il cameriere si avvicina per portarci i piatti, e soprattutto per toglierli, non va aiutato. Allo stesso modo, non si impilano i piatti sporchi: perché volete intralciare il lavoro del personale di servizio? Rilassatevi, se pagate il conto avete il diritto di farvi servire. Si può aiutare il personale perché distante, solo se ce lo chiede, anche se non dovrebbe mai farlo. Picnic. Che bello vedere un po' di galateo anche sull'erba, basta poco: piatti di cartone, fazzolettini e tante torte salate. Unica eccezione, mai i bicchieri di carta, mettete dentro un bel cesto di vimini tante flûte di vetro, di certo qualche partecipante al picnic sarà felice di aiutarvi. Il bon ton si rilassa sotto il cielo e diventa più elastico, ma ritorna rigidissimo al momento del dopo picnic. Vietato lasciare mozziconi, plastica e rifiuti abbandonati sull'erba, e vi assicuro che questo è ben peggio che dire «Buon appetito». Piedi. In teoria dovrebbero stare sotto la sedia del proprietario, e questo vuol dire non allungarli incivilmente sotto il tavolo intralciando le estremità altrui e tanto meno lateralmente provocando involontari effetti «piedino». Lo Sgalateo permette di sbirciare sotto il tavolo per, studiare la posizione dei piedi: incrociati, ci sono ancora un po' di riserve. Con le punte all'interno? È rimasto un pizzico di infanzia. Accavallate? C'è ancora qualche resistenza nel vostro commensale. Piedino. Sono due le regole fondamentali da rispettare per il seduttore (uso il maschile, ma vi sono signore grandi esperte nel campo) che usa il piedino come arma di seduzione. 1. Si fa solo se si è certi di non ricevere un rifiuto. 2. Si fa solo se si è certi di non essere scoperti dal resto dei commensali. Pinzimonio. Uno dei pochissimi casi nei quali è permesso usare le dita per mangiare. Le verdure vengono servite già tagliate e ogni commensale ha una scodellina dove intingere carote e sedani. Piselli. È esilarante vedere, come è capitato a me, schizzare i piselli dal piatto come proiettili. Se accade significa che il cuoco era pessimo: dovrebbero essere morbidi. Di norma, basterebbe raccoglierli con la forchetta. Pollo. Anche se un commensale vi ricorda il detto popolare secondo cui pure la regina Margherita mangiava il pollo con le dita, lasciate perdere e continuate a usare forchetta e coltello. Il pollo è difficile da tagliare in tavola anche con il trinciapollo, fatelo in cucina dopo averlo mostrato, se volete, ai commensali. Polpette. Per qualche inspiegabile motivo servire polpette a una cena formale è considerato scorretto, probabilmente perché si può sospettare che siano preparate con gli avanzi. Quindi evitatele, anche se sono un piatto straordinario, in primis quelle di bollito. Sono vivamente consigliate dallo Sgalateo, che incoraggia il consumo di polpettine, cibo da mangiare con le mani e soprattutto da imboccare. Pompelmo. Si serve tagliato a metà e si consuma prelevando la polpa con un cucchiaino. Posacenere. Non si mette in tavola, mai, se non a fine pasto e dopo aver chiesto il permesso di fumare agli altri commensali. Al ristorante non si può più fare, ma non lamentatevi. È così bello ritrovarsi fuori sul marciapiede: si fanno molte conoscenze interessanti. Vietato però abbandonare il proprio ospite o accompagnatrice per interminabili pause. Posate. Oggi si tende a snellire il più possibile il numero delle posate. L'ideale è il tris: una forchetta, un coltello e un cucchiaio, se serve; man mano che si susseguono le portate si cambiano le posate. Posti. L'uomo siede alla destra della donna, le riserva il posto lungo la parete o che comunque le permetta di vedere la sala. Ogni uomo siede a fianco di una signora che non sia sua moglie (o compagna). Nel caso di due coppie, ogni signora siederà alla destra dell'uomo che non è suo marito. Se invece l'uomo e la donna siedono da soli, ai due lati consecutivi di un tavolo quadrato, lui siederà alla sua destra per poter utilizzare il braccio destro e quindi versarle da bere con più agio. I signori siedono un attimo dopo le signore. Lo so, non lo fa quasi più nessuno tranne che in certi adorabili ambienti. Durante il pasto se una signora si allontana dal tavolo, per qualunque motivo, gli uomini si alzano contemporaneamente a lei, si risiedono appena si allontana e si rialzano appena riappare. A una cena in casa privata, ricordate, l'ospite d'onore uomo si siede alla destra della padrona di casa, mentre l'ospite d'onore donna si siede alla destra del padrone di casa. Prenotazioni. Se avete prenotato in un ristorante e poi per qualsiasi motivo cambiate idea, soprattutto se il locale possiede coperti limitati, telefonate sempre per disdire. All'estero nei ristoranti stellati si lascia il numero di carta di credito perché in caso di mancato avviso viene addebitata una mora. Presentazioni. Prima di imparare qualsiasi altra regola, la buona educazione ci impone di presentarci ogni volta che ci troviamo a dividere una tavola. In teoria dovrebbero pensarci i padroni di casa, ma se chi ospita è assente lo faremo noi dicendo il nostro nome con un sorriso accompagnato da un buongiorno o da un buonasera. Prezzemolo. Che dilemma, dire o non dire della fogliolina di prezzemolo tra i denti del nostro commensale. Sì, meglio dirlo. Basta sussurrarlo discretamente in un orecchio. Ribes e frutti di bosco. Si servono in coppette con il cucchiaio da frutta. Reclami. Nel caso di un cibo malcucinato, di un vino che sa di tappo o di una posata o un piatto non pulitissimi, ci si limita, senza recriminazioni, a chiedere che vengano sostituiti spiegando il problema con gentilezza. Con educazione e garbo è giusto sottolineare gli errori da parte della cucina o del servizio, nei locali pubblici. È peraltro di cattivo gusto mostrarsi incontentabili, critici, polemici, commentare la scelta dei piatti al cameriere o parlare dei propri disturbi intestinali agli altri ospiti. Ricci di mare. Solo se volete male ai vostri ospiti li servirete a una cena formale. Meglio lasciare questo ingrediente sensuale per uno spaghetto a due, magari cucinato insieme e consumato su una terrazza al tramonto. Riso e risotto. Si mangia con la forchetta, non si soffia sul risotto e non si allarga nel piatto come si vede fare. Ritardo. Mai arrivare in ritardo a un appuntamento galante, anche se alla signora è permesso un indugio di dieci minuti. Se arriviamo in ritardo in una casa privata o al ristorante è d'obbligo telefonare per avvisare. Sale e pepe. Non si chiede al ristorante di classe se non strettamente necessario, è come sottolineare che il piatto non era perfetto. In casa, durante i pasti quotidiani si mette in tavola, ma è meglio non farne uso. Salame. In una cena formale non si serve. Con gli amici e in famiglia ben venga qualche fetta di salame. Si può prendere con le mani e mangiarlo accompagnato dal pane; si eviti il classico panino, a meno che non ci si trovi a un bel picnic. Salmone. Si consuma con le posate da pesce, se accompagnato da crostini non va messo sul pane ma consumato a parte. Salse. Le salse non si raccolgono se non con il salsacoltello, una posata a forma di cucchiaio, ma con un lato tagliente creata apposta per tagliare e tirar su ciò che rimane nel fondo del piatto. Scampi. Serviteli già sgusciati quando è possibile. Consigliati per le cene private a due. Scarpetta. Mi dispiace, ma il galateo non ammette scarpette di sorta e soprattutto non tollera surrogati, e cioè tutte quelle pratiche che i commensali ingegnosi si inventano per raccogliere un buon sugo dal fondo del piatto. Non esistono deroghe. Via libera alla scarpetta, invece, nelle riunioni familiari e per lo Sgalateo. Segnaposti. È un bel gesto predisporre i segnaposti quando si hanno tanti ospiti e soprattutto se vogliamo mantenere la regia a tavola. Potete sbizzarrirvi con oggetti di ogni genere, che servano da supporto al cartoncino sul quale sarà scritto il nome. Soffiare. È molto maleducato soffiare sul cucchiaio o sul piatto per raffreddare il cibo. Sottopiatti. Sono utili e doverosi nelle cene formali, belli quelli in argento, ma sono ammessi tutti i materiali. Spaghetti. Si mangiano arrotolandoli alla forchetta, che non va puntata sul piatto, ma tenuta leggermente inclinata, quasi orizzontale. Si raccolgono pochi fili di pasta per volta, in modo da portare alle labbra un boccone piccolo. Evitate accuratamente risucchi di ogni tipo e rimasugli di sugo sul mento. Orribile l'utilizzo del cucchiaio o, peggio ancora, del coltello per tagliarli! Spumante. Quello secco non si serve mai a fine pasto insieme ai dolci. Se volete mostrarvi esperto di vino, dite «metodo classico», oggi lo spumante si chiama così. «Bollicine» pare sia superato, ma rende l'idea. Quando si stappa tenete la mano destra sopra l'imboccatura della bottiglia per evitare che il tappo colpisca qualcuno nella stanza e soprattutto cercate di essere silenziosi. Starnuto. L'ideale sarebbe reprimerlo, soffocarlo, ucciderlo, specialmente durante cerimonie e pranzi formali. Quando vi accorgete che lo starnuto sta arrivando, conviene alzarsi e procurarsi un fazzoletto pulito. Se proprio dovete restare seduti, voltate il viso all'esterno del tavolo e starnutite dentro il fazzoletto, badando di fare meno rumore possibile. In Giappone è considerato ripugnante starnutire a tavola. Stuzzicadenti. Come tutte le operazioni riguardanti il proprio corpo, stuzzicarsi i denti a tavola non è ammesso. In realtà i ristoratori dovrebbero mettere il contenitore degli stuzzicadenti in bagno. Se il fastidio è insopportabile, alzatevi dal tavolo. Sushi. Se non sapete usare le bacchette, non pasticciate inutilmente. Usate le mani, che è consentito, oppure chiedete una forchetta. Ogni pezzo di sushi va intinto nella soia dalla parte del pesce, mai dal riso. Le bacchette si appoggiano all'apposito utensile che assomiglia a un poggiaposate, e quando avete finito si mettono allineate sulla ciotola che contiene la salsa di soia. Al sushi bar, se sedete al bancone, non date soldi al maestro sushi presi dall'entusiasmo: non può toccarli. Tavola. Sulla tavola non si appoggia nessun oggetto, niente chiavi, occhiali, portafogli o telefoni. Tè. Si beve sorseggiando dalla tazza senza sollevare il mignolo, per carità. Non vi si inzuppano dolci o tartine, ma si alternano piccoli bocconi e sorsi di bevanda. La padrona di casa che invita per il tè predispone zucchero, latte e fettine di limone, qualche biscotto ed esorta gli ospiti a servirsi da soli dopo aver versato il tè nelle tazze. Toilette. Non c'è bisogno di annunciarlo rumorosamente, se si vuole andare in bagno ci si alza con un semplice «Scusate». Alle signore consiglio di non abbandonare per ore il proprio cavaliere ad aspettare al tavolo. Torta. Si mangia con l'apposita forchetta a tre punte. Tovaglia. La tovaglia, di qualsiasi colore sia, dovrà essere stirata alla perfezione e questo va fatto una volta che viene stesa sulla tavola, sopra un «mollettone», così si chiama il telo morbido di protezione alla superficie del tavolo. Scegliete tessuti naturali in colori contrastanti con i piatti la cui base, sarò tradizionalista, deve essere rigorosamente bianca. Tovagliolo. Solitamente piegato e posato sopra il piatto o il sottopiatto va a destra, ma si può semplicemente piegare a triangolo e adagiare sul piatto. Evitate piegature fantasiose e laboriose. All'inizio del pasto va steso sulle ginocchia, sempre dopo la padrona di casa o, al ristorante, dopo la persona che ha invitato. Non va mai legato al collo. Si usa prima di bere, sempre, e dopo aver appoggiato il bicchiere. Alla fine del pasto si lascia alla sinistra del piatto. In alcuni ristoranti di alto livello, prima del servizio del dolce, il tovagliolo viene cambiato con uno più piccolo. È un atto di grande cortesia. Signore, cercate di non lasciare vistose impronte di rossetto, signori non usatelo per detergervi il sudore dalla fronte. Ubriachezza. Può succedere che un ospite esageri con l'alcol: che fare? Un bravo anfitrione cerca di arginare come può la serata, ma di certo non lo abbandona fuori dalla porta a fine cena. Si preoccupa di accompagnarlo a casa e di assicurarsi che stia bene. Uomo. Uomini, ricordate! Basterà un gesto come aprirle la portiera o alzarsi nel momento in cui lei lascia il tavolo per farsi ricordare a lungo. Insomma, vi verrà perdonato anche qualche sbaglio, se saprete usare qualche galanteria al momento giusto. L'uomo entra per primo in un locale, comunica con i camerieri, versa da bere, si dimostra più interessato alla compagnia che al cibo, conversa e dovrebbe pagare il conto. Uova. Non si usa mai il coltello, in qualsiasi modo siano cucinate. Lo si può usare solo per tagliare il prosciutto o la pancetta che le accompagna. Uva. Va tenuta con la mano sinistra, mentre con la destra si staccano gli acini che andranno alla bocca. Verdure. Non si tagliano mai con il coltello. Vino. Non si versa mai sino al collo del bicchiere. Si stappa sempre davanti agli ospiti, e così pretendete al ristorante. Si fa scegliere alla signora e se questa si rifiuta si prende l'iniziativa chiedendo almeno «bianco o rosso». Chi invita, sia a casa sia al ristorante, propone i vini e chiede se gli invitati sono d'accordo. Il vino non si mescola con l'acqua e non deve essere raffreddato con il ghiaccio. Si lascia in un secchiello di qualsiasi materiale, possibilmente su un tavolino a parte. Zotico. È l'epiteto che si merita chi a tavola pecca di prepotenza e maleducazione. Per neutralizzare lo zotico recidivo è necessaria più fermezza che ironia, la seconda non la coglierebbe. Un seccato richiamo ha più probabilità di venire accolto. Zuppa, zuppiera. Non si soffia sulla minestra o la zuppa. In Inghilterra, il cucchiaio non viene introdotto in bocca di punta, ma appoggiato lateralmente alle labbra. In Italia il cucchiaio viene introdotto in bocca di punta. Ma ciò non vuol dire, beninteso, che lo si debba inghiottire fino al manico. È tollerato che, arrivati agli ultimi cucchiai di minestra, si sollevi appena il piatto inclinandolo verso il centro della tavola. Zuzzurellone. Avete presente quei soggetti che pur essendo adulti si comportano come ragazzini e si divertono a fare i giocherelloni? È il buontempone, il burlone che a tavola gioca con il cibo, estenua i commensali con storielle imbarazzanti, indovinelli, racconti di vita privata e via discorrendo. Basterà ignorarlo senza ridere delle sue battute pesanti per neutralizzarlo.

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Le buone usanze

195588
Gina Sobrero 1 occorrenze
  • 1912
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
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Combinare l'ordine e la natura dei cibi da servire deve essere impegno della padrona di casa, a meno che non vi sia un maggiordomo molto esperto; è impossibile dettar leggi a questo riguardo; un pranzo, una colazione sono più o meno abbondanti e di cibi più o meno fini, secondo la fortuna di cui si dispone. Vi sono però regole generali che tutti possono seguire. Così al pranzo non sono adatte le costolette alla milanese, come per colazione non si gradisce un lesso o un piatto umido. Una volta i pranzi erano interminabili; ora le proporzioni sono diminuite assai, e si preferisce una portata di meno ed un po' d'eleganza di più: badi però l'anfitrione, che di ogni piatto ci sia abbondanza per tutti, affinchè non tocchi, per esempio, ad uno dei suoi ospiti la testa del pesce; ella non sa se ha da fare con un ittiofago, e non a tutti piace questa parte, che certi buongustai ritengono la migliore. Non è necessario offrire primizie, ma chi si permette questo lusso, deve procurare che ce ne sia per tutti, senza che si debba lesinare sul boccone. È meglio evitare di dar pranzi i giorni di magro; è più difficile la combinazione di cibi, senza contare che non si ha il diritto di imporre agli ospiti il sacrificio delle loro opinioni. Nei pranzi in campagna molte cose si semplificano; non sempre si trova tutto il necessario per comporre un pranzo o una colazione secondo le norme stabilite; ma se la padrona di casa è una donnina fine, intelligente, può colle più modeste risorse dare alla sua tavola un aspetto di ricchezza, di benessere, di buon gusto, che tengono luogo di tutte le delizie. L'industria moderna ha trovato modo di conservare nelle scatole tutte le verdure e le carni più fine; io non le ammiro e preferisco sempre un pollo arrosto, una frittata di uova fresche, al salmone, a tutte le golosità conservate; ma con la scienza culinaria si può ottenere un grande aiuto dalle piccole scatole di conserve. Il pesce, il gelato, le fritture, i pasticcini grassi e dolci, il formaggio, vanno posti sopra una piccola tovaglia ricamata, guarnita di trine o di frangie. Ho detto che nei pranzi in campagna lecita una maggior libertà, però anche in una colazione fatta sull'erba, all'ombra fresca, di un boschetto, è obbligo di una donna fina, di un uomo bene educato, il condursi come in casa propria. Qualche volta si fa a meno di posate, ma anche un'ala di pollo può essere presa e tenuta fra le dita con grazia, quando chi la mangia possiede questo preziosissimo fra i doni. Del resto, è tanto facile mettere nel paniere qualche posata, qualche tovagliolo; si evita così di veder le smorfie di qualche raffinato o la grossolanità di altri, che, colla scusa della libertà campestre, si permettono qualunque licenza. Poichè ho parlato di posate, voglio accennare ad un fatto disgustoso che pur troppo accade in molte case: le posate sono male lavate, ed esalano un fetore che par fatto apposta per togliere l'appetito. In Francia, per economia, non cambiano le posate ad ogni portata; e mettono una stanghettina di cristallo, d'argento, o d'un metallo qualunque accanto al piatto di ciascuna persona, sulla quale stanghettina si appoggia la posata dopo essersene serviti, per non macchiare la tovaglia; uso davvero non troppo simpatico, al quale mi pare assai preferibile il nostro di cambiare posate ad ogni portata, non lavando però male e in fretta la posata, ma tenendone in serbo la quantità necessaria, quando è possibile. Nei caffè e nelle trattorie sovente si tengono molto male le posate, ed io non saprei immaginare un fetore più disgustoso ed ingrato di quello come di pesce crudo o d'olio rancido, che esala il metallo mal lavato. Sono ora molto in voga i five o' clock teas, ossia il tea, offerto alle cinque; ci si va in toeletta da visita molto elegante, e anche, se il tea non è che una scusa per fare i quattro salti, si tiene il cappello. La tavola per il tea deve essere presieduta dalla padrona di casa, e messa con tutta la cura possibile, più che mai ornata di graziosi gingilli, di fiori, di buon gusto. Non vi si mettono coperti, ma ognuno deve avere la posatina completa, il piccolo tovagliolo, il piatto. Si mangiano dolci, sandwiches, si beve il tea, il cioccolatte nelle tazze di porcellana fine: se si balla sono necessarie varie qualità di vino bianco, se si può, e rinfreschi in abbondanza. È un lusso esotico, questo ricevimento diurno, e per imitarlo, bisogna adoperare tutta l'eleganza che vi sfoggiano gli stranieri, se non si vuol riuscire ridicoli. Tocca agli uomini occuparsi delle signore, giacchè, molte volte, per dare alla festa un carattere di maggiore intimità, i servi non vi compaiono neppure. A questi ricevimenti si va vestiti come per le visite; gli uomini, in stifelius o frac con cravatta bianca: le signore, eleganti quanto vogliono, ma mai scollate, poichè non debbono deporre il cappello.

Pagina 88

Galateo morale

196542
Giacinto Gallenga 1 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino-Napoli
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I danari intanto sottratti in tal modo ai legittimi padroni, invece che a servire a sollevar la miseria, di chi ricorre a simili fraudi, va in parte nelle bettole e nelle bische a soddisfare la voracità e la cupidigia: la parte maggiore va ad impinguare le tasche agli arruffoni che prestano i loro lumi, il loro appoggio in questi scrocchi vergognosi; specie di legulei azzeccagarbugli, impresari di cavilli, uomini di qualunque genere d'affari, pronti a patteggiare colla vergogna e colla colpa, pur di trovar modo di far abbondanti quattrini.

Pagina 98

Signorilità

198931
Contessa Elena Morozzo Della Rocca nata Muzzati 1 occorrenze
  • 1933
  • Lanciano
  • Giuseppe Carabba Editore
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Indossino un «completo» formato da pantaloni, sottana e giacca «tailleur», una camicetta o un blusone (indicatissimi quelli di maglia di lana che sono ora anche di gran moda), solide scarpe chiodate e calzettoni; portino nel sacco un maglione bianco tipo sport, un ricambio di biancheria, un paio di pantofole, abbondanti fazzoletti, una candela, degli zolfanelli, il piccolo «nécessaire» da lavoro sopra descritto, una minuscolissima farmacia e un «nécessaire» da toilette, di cui vi sono in vendita diecine di tipi. Ognuno può farsene uno praticissimo e punto ingombrante; esso consta di una scatola robusta del tipo di quelle scatole in cui i piccoli scolari mettono le penne e i lapis, e può contenere una spazzola da testa lunga e stretta, un pettine, uno spazzolino da denti chiuso in una custodia di celluloide sottile, per evitargli ogni ingrato contatto, un pezzo di sapone, quel «nécessaire» da unghie della dimensione di un agoraio (vedi pag. 104) e uno specchietto pure lungo e stretto, fissato al coperchio. Questa «nécessaire» va avvolto in un solido asciugamano e in una federa. Sicuro!... Dato che nei rifugi alpini si dorme vestiti, occorre almeno una federa immacolata, per posare la testa su qualcosa che sia veramente di bucato... Il nécessaire così detto sanitario, consta di una scatoletta in metallo ben chiusa, con alcune compresse di sublimato, un tubetto di chinino, un tubetto di vasellina, una fascetta di garza sterile, delle zollette di zucchero, un foglietto dattilografato con i rimedi per casi urgenti. A tracolla la signora o la signorina portino una borsa con una bottiglietta di cognac, un contagoccie con un po' di laudano, e un portacarta topografica, dove tengano anche la carta d'identità prescritta e necessaria a tutti gli italiani. Portino il denaro in una piccola borsa in pelle di guanto bianca, attaccata al collo con una minuscola catenina d'argento, oppure fissata con due robusti spilli di sicurezza al maglione. Se poi una ragazza vuol fare una breve villeggiatura in montagna, porti, oltre che il sacco da viaggio attrezzato come sopra è detto, una valigia con un'aggiunta al corredo, ma senza trascinare un vagone di roba. Sarà sufficiente un vestito intero con maniche lunghe di lana buona e soffice; un golf, un vestito da mezza sera per eventuali quattro salti, un paio di scarpe da passeggio e un pajo da sera con le calze e col sottoabito relativo, un cappellino di feltro e uno, di paglia, entrambi arrotolabili, pel forte sole di montagna. Notisi infine che al ritorno in città, valigie e bauli vanno ben puliti e messi in ordine, prima di essere riposti. I vari «nécessaires» vanno riordinati e riguarniti, per l'eventualità di un'improvvisa nuova partenza.

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Come presentarmi in società

200341
Erminia Vescovi 1 occorrenze
  • 1954
  • Brescia
  • Vannini
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  • UNICT
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Anche per questo, sarà cura degli invitanti preparare una o più sale ampie e ben illuminate, ornate con eleganza severa, e disporre perché circolino abbondanti rinfreschi. L'abbigliamento può essere di gran gala (e allora i padroni avvertiranno) oppure di mezza gala, non mai da visita o da passeggio, ed essi ne daranno l'esempio. I tè sono riunioni che tengono la mezza via tra gli inviti di lusso e quelli intimi, e terminano a volte con quattro salti. Si svolgono fra le cinque e le otto del pomeriggio. La prima cosa per offrire bene un tè... è farlo buono, il che non è sempre facile. Un buon tè dev'essere biondo, chiaro, caldissimo. La padrona di casa serve il tè ella stessa, facendosi aiutare dalle signorine o anche da qualche giovanotto intimo di casa. Sulla tavola coperta di una finissima tovaglietta stanno la teiera, il bricco del latte, il limone o la caraffa del liquore; tartine, dolci e biscotti svariati e abbondanti. Soltanto se il numero degli invitati fosse molto grande, si serve a gruppi, su piccoli tavolini, altrimenti ciascuno rimane al suo posto. Ad ogni persona si chieda, servendola, se gradisce limone, panna o liquore coll'aromatica bevanda, si ripete poi il giro, offrendo una seconda tazza e magari anche una terza. Ma siccome non tutti hanno pel tè una grande simpatia, sarà bene aver anche pronto un bricco di ottimo caffè, nonché vermouth e aperitivi per chi arriva sul tardi. Oltre ai biscotti, ai crostini (non mai paste con crema o panna) si suol mettere sulla tavola, seguendo l'uso inglese, un dolce di larghe proporzioni: torta, marzapane, plum cake o simili, che si taglia per ultimo. Si faranno poi circolare bibite svariate, caramelle e cioccolatini in eleganti coppe. La padrona di casa che offre un tè riceve con un abito elegantissimo, non però scollato; le visitatrici in abito da visita con qualche ricercatezza. Non si toglieranno il cappello. In questo dopoguerra sono venuti di gran moda, sulla scia dell'uso americano, i cocktails, che permettono di invitare anche gli uomini, i quali, essendo occupati durante la giornata, difficilmente possono intervenire a un tè. Si tratta di riunioni che iniziandosi verso le sette di sera, dovrebbero di regola durare due tre ore, ma volendo si possono anche protrarre (comunque, non oltre la mezzanotte) assumendo un po' il tono di cena in piedi, e che possono essere anche danzanti. Ai cocktails non si offre tè, ma aperitivi, vermouth, bibite varie e soprattutto quelle misture di liquori che danno il nome alla riunione: il tutto accompagnato da tartine, pasticcini salati e dolci come per il tè, ad esclusione delle torte. Se la riunione assume il tono di cena si offrirà anche una tazza di brodo, o un risotto, e qualche piatto freddo. Le signore indosseranno per questi inviti un abito più elegante che non per i tè, da mezza sera, che può essere un po' scollato ma non lungo; gli uomini un abito normale grigio scuro o blu. I pranzi di gran lusso, quelli a cui si va in marsina e abito scollato, sono, più che altro, noiose parate di convenienza. Chi è al caso di offrirne ha generalmente a sua disposizione anche un maggiordomo e un capo cuoco coadiuvato da numerosi vassalli (come dice Dante) e non ha bisogno dei consigli di questo libro. La sala ove si darà il pranzo dovrà essere ampia in proporzione degli invitati, riscaldata moderatamente nell'inverno, aereata nell'estate. L'illuminazione deve essere abbondante. Generalmente pendono dal soffitto le eleganti lumiere o circondano i doppieri le pareti, ma qualcuno usa anche mettere bei candelabri con candele di cera. Questione di gusti. La tavola ampia, in modo che ognuno disponga almeno di sessanta centimetri di spazio, sarà coperta da una tovaglia ricadente ai lati: la tela damascata di Fiandra, benchè ancora usata dalle famiglie che ne hanno guarniti gli armadi, non è più moderna, e viene sostituita piuttosto da altre tele di lino, purchè finissime, variamente lavorate. Sotto la tovaglia ci deve però essere una grossa coperta, bianca o di colore adatto alla trasparenza se la tovaglia è traforata, per attutire i rumori e preservare il tavolo dalle eventuali macchie. La decorazione di fiori si può fare in vario modo: grandi coppe larghe e basse, per non impedire la vista, ricolme di fiori variopinti, o vasetti di fino cristallo o di metallo collocati presso ogni convitato, o ghirlandine leggere che corrono lungo la tovaglia. Si badi però di evitare ogni ingombro soverchio. Per questo sono state abolite anche le grandi alzate di frutta e dolci che una volta solevano guarnire le mense. Il tovagliolo va messo alla sinistra del piatto, piegato in quattro, semplicemente: a destra coltello e cucchiaio, a sinistra la forchetta. La piccola posata per frutta e dolce si colloca orizzontalmente davanti al piatto. Tre calici di varia dimensione servono per l'acqua, pel vino da pasto e pel vino bianco. Le coppe dello spumante si possono portare al momento. Sulla credenza e sopra una piccola tavola, ambedue coperte di fini tovagliette, staranno pile di piatti, posate di ricambio, tovaglioli di riserva, bicchieri, boccie di acqua e di vino già pronto, oltre alle bottiglie che vanno sturate al momento. L'argenteria abbondante e massiccia, la fine porcellana, i cristalli delicati sono la gloria e l'eleganza della mensa, oltre la biancheria. E' troppo giusto che gli invitanti sfoggino quanto hanno di meglio in queste occasioni, e non lo fanno certamente per vanità, ma pel desiderio di onorare gli ospiti. I posti sono talvolta indicati da cartelli, e così pure si suol collocare vicino ad ogni piatto la lista dei cibi, in elegante cartoncino fregiato da decorazioni artistiche. Ma questa usanza sa troppo di albergo... o di banchetto diplomatico. Il padrone e la padrona di casa siedono l'uno di fronte all'altro ai due capi della tavola, avendo ciascuno ai lati le persone di maggior importanza. Se vi è un sacerdote, spetta a lui il posto d'onore che è quello a destra della padrona di casa. Il servizio comincia il suo primo giro dalla signora che sta a destra del padrone, il secondo dalla signora che sta a sinistra, il terzo dal signore che sta a destra della padrona, il quarto da quello che le sta a sinistra. Ad ogni portata, si deve far girare due volte il vassoio. Le persone che fanno il servizio devono essere addestrate a farlo con precisione e disinvoltura; la padrona le tenga d'occhio, ma se qualche principiante commettesse una svista, non metta in evidenza la cosa, e si riservi a far dopo le sue avvertenze. Nulla è più spiacevole di sentir a tavola, una signora dar lezione alla cameriera, e peggio ancora se la rimproverasse o mortificasse. La scelta delle portate dev'essere varia e gustosa per avere il gradimento generale. Ora non si usano più, grazie al cielo, i banchetti pantagruelici a cui resistevano, e non si capisce come! gli stomachi dei nostri avi. Ma non bisogna esagerare nell'altro senso. Chi si reca alla mensa altrui ha diritto che sia soddisfatto ampiamente il suo appetito, e il numero e la varietà dei cibi deve in certo modo compensare la libertà ch'egli avrebbe a casa sua, di scegliere e mangiare comodamente, nonchè il sacrifizio delle sue abitudini e dei suoi gusti personali. Bisogna dunque usare una certa larghezza. Francesco Petrarca si compiaceva per conto suo dei pesciolini che gli riusciva di pigliare nelle «chiare, fresche e dolci acque» della sua Sorga, e del pane scuro che si faceva dare dall'ortolano, ma quando riceveva ospiti li trattava splendidamente. Un pranzo di gala è composto di tre o quattro portate oltre la minestra e il dolce. Dopo la minestra si avrà un primo piatto leggero, generalmente pesce con salsa; anche un fritto variato può andar bene. Indi un piatto di carne con contorno, uno sformato o pasticcio, l'arrosto di pollo o vitello con insalata, e finalmente il dolce e le frutta. In pranzi più semplici si sopprimerà il primo piatto di carne e magari anche il piatto di mezzo. Una colazione sarà sempre molto più semplice di un pranzo, poiché si suppone che gli invitati debbano andarsene presto avendo altri impegni per il pomeriggio: in generale avrà al massimo una portata di carne ed una di verdura, oltre, si capisce, dolce e frutta. Alla minestra asciutta si potrà sostituire un antipasto variato (prosciutto, burro, acciughe, sottaceti, insalata alla russa, ecc.), accompagnato magari da una tazza di brodo. Si tenga comunque presente, nell'organizzare un pranzo, che in nessun caso la durata di esso dovrebbe superare l'ora. La minestra non si porta in tavola, ma si serve da un lato, o si fa trovar pronta nelle scodelle. La prima portata deve sempre essere presentata da sinistra, mentre il piatto usato si porta via da destra: le posate si cambiano ogni volta. A tavola non si scalca: i polli devono comparire già fatti a pezzi e la carne tagliata a fette. L'insalata si presenta già condita. Per evitare la sbucciatura delle frutta è molto elegante l'uso della cosidetta macedonia, molto impropriamente chiamata, all'inglese, insalata di frutta. Zucchero e vino bianco finissimo si versa nelle coppe ove prima saranno disposte sbucciate e tagliate a spicchi o a fette le frutta più delicate. Se si serve il gelato, vi deve sempre essere unito un piatto di pasticcini leggeri. Il caffè dev'essere aromatico, caldissimo, abbondante: si serve in eleganti tazzine che sono di stile speciale, oppure analoghe al servizio già usato per la mensa. I vini si servono gradualmente secondo i cibi, dai più leggeri ai più forti. Ogni regione di questa nostra fertilissima Italia ha i suoi, sicché si potrà pasteggiare con Chianti e il Barbera, servir il Capri dopo il pesce, il Barolo dopo l'arrosto, il vin Santo e lo Spumante d'Asti in fine di tavola. Ma nessuna eleganza di preparativi, nessuna squisitezza di cibi o bevande potrà valere quanto la cordiale cortesia degli invitanti. Essi devono tener presente che tutto, in quelle ore, deve contribuire alla gioia e alla serenità dei loro ospiti. L'accoglienza dovra dunque essere improntata al desiderio di compiacerli e rallegrarli in tutto. Essi li attenderanno in una sala attigua, vestiti con eleganza, e pronti un quarto d'ora almeno prima dell'invito; faranno festa ad ogni arrivante e lo presenteranno agli altri, trattenendo la compagnia in piacevole conversazione, sino a che non viene dato l'annunzio che il pranzo è servito. Allora il padrone di casa offre il braccio alla dama più ragguardevole: vengono poi gli altri, a coppie, e ultima la signora di casa col suo cavaliere. Durante il pranzo gli anfitrioni devono vigilare che tutti siano ben serviti. Toccherà a loro mantener nutrita la conversazione, proponendo piacevoli argomenti, ed eliminando avvedutamente ogni soggetto meno che conveniente. Se c'è un festeggiato, il padrone di casa farà, alla fine del pranzo, un breve brindisi in suo onore; se il brindisi è fatto da altri, si alzerà a rispondere in nome di tutti. Avvertiamo che ora, nei brindisi, non si usa più toccare i bicchieri: basta alzarli moderatamente. E dopo tanta... prosa, non dispiaccia la poetica descrizione d'un banchetto, dovuta a quell'impareggiabile artefice di versi che fu Ugo Foscolo:

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Eva Regina

204238
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 8 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
  • paraletteratura-galateo
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Non vegliare molto tardi la sera per abitudine ; levarsi sollecitamente a tutte le stagioni e fare doccie e bagni, abbondanti lavacri seguiti da un buon massaggio ; — nutrirsi di cibi sostanziosi, leggeri e semplici; pochi dolciumi che sciupano i denti e lo stomaco ; pochi acidi che danneggiano il sangue, fare uso di acque minerali ai pasti; moderazione nel consumo di caffè e di thè; nessun liquore. E alternare il più che sia possibile le proprie occupazioni ; fare in modo che un' attività materiale succeda a un' attività del pensiero — così non molte ore immobili alla macchina da cucire, al pianoforte, alla scrivania, ma variare spesso, interrompersi spesso per dare riposo agli occhi ed al pensiero, che riprenderanno poi le proprie funzioni con più lucidità. Ottima l'abitudine d'una passeggiata giornaliera, specie nelle ore del mattino, e il pattinaggio d'inverno, e tutti i giochi da giardino l'estate. Buonissima l'equitazione, la bicicletta; il canottaggio, il nuoto sono pure fra gli esercizi da consigliarsi, segnatamente a chi ha bisogno di sviluppare le braccia e il torace.

Si fa sboffare i capelli sulla fronte e non porta più la treccia cadente, ma la ripiega a metà o stringe i bei capelli abbondanti in un nastro nero sul collo. Va ai concerti, a qualche teatro di musica, a qualche commedia. Ha una bibliotechina di libri a sua disposizione; serve il thè nel salotto della mamma, l'accompagna quasi sempre adesso, nelle passeggiate, nelle visite. Ha fatto un viaggetto sola col babbo e sogna il suo primo ballo...

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Poi c' è la berlina del costume, per quelle di forme troppo... abbondanti, come per quelle di forme troppo... scarse. Ma non importa, le donne amano il mare, il gran mare benefico e purificatore, e gli sacrificano generosamente qualche lembo della loro vanità. Forse ora si fa un po' meno volentieri la vita degli stabilimenti, vivaio di pettegolezzi e d'invidie, ma ogni famiglia ama di avere sulla spiaggia sabbiosa la sua tenda o la sua capanna dove rimanere a fare la siesta in cospetto della cerulea immensità risonante, mentre i bimbi affondano i piedini nudi nell'arena calda e fine, e vanno e vengono dall'onda che si dilata spumosa fra i loro trastulli. Alcune di queste capanne sono vere succursali della casa, veri piccoli luoghi di delizie nell'interno dove non mancano sedie americane, amache, tavolinetti, necessaires, libri, e perfino mobilucci da riporvi le stoviglie per poter far colazione in accappatoio uscendo dal bagno, e prolungare quell'igienica vita da selvaggi e da nòmadi fino all'ora di pranzo. Quest' è la vera vita di cura, a cui una signora di senno, sia che vada per la sua salute o per quella dei suoi piccini, deve uniformarsi. Nè, la sera, rubi le ore al placido sonno che dovrà rinvigorirle le forze e permetterle di essere lesta di buon mattino, o lasci i suoi bimbi, o, peggio, li trascini dietro, per intervenire ai concerti o ai balli nelle sale chiuse, delizia delle signorine in cerca di marito o delle signore avide di... novità. Il più delle volte, poi, una signora è costretta a rimanere ai bagni senza lo sposo, trattenuto in città dalla sua professione o dal suo impiego o dai suoi affari. E allora il suo contegno deve essere ancora più riguardoso, in modo che i maligni non trovino proprio nulla da ridire. Sia pure guardinga nelle conoscenze che contrae : giacchè le può avvenire di ingannarsi sulla rispettabilità di qualche persona, e può stringere inconsideratamente dei vincoli di cui avrà a pentirsi e a vergognarsi; quando non si veda mescolata a qualche intrigo a fatta vittima di qualche soperchieria. La facilità con cui al mare si annodano conoscenze deve consigliarla, almeno, a mantenerle di un carattere superficiale. Non confidenze intime, dunque, non abbandoni d' anima, non espansioni calorose verso una donna che il giorno prima nemmeno salutavate e che, forse, in capo a un mese non rivedrete più. Cortesia con tutti, aiuto vicendevole, anche,giacchè si può dare il caso che una donna abbia bisogno di un' altra donna in qualche triste ora della vita, e nessuna di noi dovrà sottrarsi per il motivo che non è un'amica ma un' estranea colei che attende il nostro soccorso; ma in via normale, intrinsichezza no, almeno finchè non siamo ben sicure che l' oggetto della nostra preferenza è del tutto degno. L'abbigliamento, ai bagni, sia semplice, lindo, fresco, ma nulla più. Molto bianco per le mamme, le giovinette, per i bambini: lunghi veli per riparare il volto dalla brezza troppo rude: cappellini sobri, calzature pratiche. Pochi e meglio non gioielli affatto, perchè si dimenticano nei camerini del bagno o si smarriscono fra la sabbia: fascette elastiche e leggere, in modo da lasciare al torace tutta la libertà di respirare e di muoversi. Accuratezza, decenza ed anche una certa eleganza nel costume incriminato, che alle signore magre consiglierei bianco, di lana ruvida e consistente, con grande collare: alle signore un po'... forti, come dicono le sarte, nero, a lunga blusa.

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Siano pur abbondanti le rendite, siano pur lauti i guadagni dell' uomo, se la sua compagna non conosce la scienza del vero risparmio, dell' equilibrio fra le entrate e le spese, dell' ordine e della regola nell' amministrare il denaro che ha a sua disposizione, la famiglia non potrà mai godere di un tranquillo benessere, d' agiatezza vera. Ed è appunto qui la spiegazione del problema che a molti pare insolubile: la vita comoda condotta da famiglie di mezzi limitati, mentre certe altre che potrebbero trattarsi con una relativa larghezza, tirano avanti alla peggio a furia di sotterfugi e di ripieghi. Una brava padrona di casa è un tesoro inuguagliabile, è per se stessa sorgente di ricchezza, se anche non recò danaro all'uomo che la scelse. Ma non si creda che il buon metodo vero di governare una casa e una famiglia sia retaggio delle menti limitate e porti come conseguenza l' ignoranza e la rozzezza. La vera economia domestica è anzi un complesso di nozioni e di intuizione che richiede spirito pronto, accortezza, riflessione sagace e facilità a comprendere e a ritenere. Gioverà conoscere un poco la chimica per le sue varie applicazioni, per la ripulitura degli oggetti, per la smacchiatura delle stoffe, e per una quantità di piccoli rimedi occorrenti: l' aritmetica per sapere subito quanto si possiede, quanto si spende e si risparmia, e la contabilità per registrare con ordine entrate e uscite e controbilanciarle, sono pure indispensabili. L' igiene, che si estende dalla sorveglianza della nettezza e dell'ordine, all' assistenza dei malati, all'alimentazione e alle cure preventive o ai primi soccorsi nei casi d' urgenza, fa pure parte in certo modo dell' economia domestica, come pure la gastronomia, conoscenza preziosissima per il risparmio, la salute e il buon umore dei mariti; e finalmente l' abilità nei lavori d' ago che permetta alla signora non solo di cucirsi a macchina qualche capo di biancheria, qualche abito da casa e vestire i bambini, ma di rammendare, di rattoppare, di accomodar calze e di tener in ordine il guardaroba della casa, la biancheria e gli abiti del marito. L' esercizio pratico dell' economia domestica consiste pure nella saviezza del bilancio, nella previdenza per le spese eventuali e nella coraggiosa rinunzia alle spese superflue o eccedenti il preventivo : nella prontezza di trovare il male e vincerlo con la modificazione o coll' energico rimedio, nel scegliere tra due metodi il più confacente alle proprie forze e a quello attenersi superando anche, se occorre, il rispetto umano e l' ambizione di parere più di quello che si è in realtà. Per fare tutto questo occorre intelligenza ed anche un po' di coltura. « Non si riflette mai abbastanza — scrive Angelo De Gubernatis — che una buona istruzione dà alla sposa e alla madre vantaggi inapprezzabili nel governo della famiglia.

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Le prime rughe già si disegnano agli angoli delle sue labbra e dei suoi occhi; i primi fili d' argento serpeggiano tra i suoi capelli bruni, ancora abbondanti, ed essa si trova il cuore ricolmo di un'ebbrezza e di un affanno di cui conosce troppo bene il significato. È l'amore venuto insidiosamente a visitarla. È una tardiva rosa di maggio sbocciata solitaria nel suo cuore: un cuore che ha molto sofferto, che nulla ha goduto, che visse per anni e anni nella nebbia, nel freddo, nella solitudine, e che ora prima di arrestarsi per sempre, reclama la sua parte di gioia e di ebbrezza al banchetto della vita. Ed essa invano gli impone silenzio col ragionamento, con l'ironia; invano rinchiude gelosamente quel segreto di passione che le pesa come una colpa. Tutta l'anima sua è fiorita e odorosa come un giardino. È l'ultima primavera, il cui profumo la inebbria e che ha in sè l'ardore di tutte le passate stagioni non vissute e lo strazio dell'imminente addio. « Momento unico e commovente nella vita della donna! scrive il Nencioni. Se bella, la sua bellezza prende allora un carattere di bontà, di tenerezza autunnale : è la bellezza del cuore, del cuore profondo, dei sensi intelligenti, dell' anima passionata; bellezza spirituale che illumina ed armonizza le forme. È il frutto appena maturo punto dall'insetto alato d'agosto e divenuto più dolce: è la donna ferita dal desiderio intenso d' Amore.»

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In generale i capelli più abbondanti e più lunghi sono bruni e neri; è difficile trovare dei capelli biondi e fulvi molto copiosi e prolissi. I più maravigliosi capelli ch'io m'abbia veduto sono stati quelli di un' attrice, la povera Serafini Checchi, morta ancor giovane in America. Alta, formosa, la sua splendida capigliatura le scendeva al ginocchio. Rammento il mormorìo di stupore e d' ammirazione che s'elevò nel teatro una sera che recitava Frine, quando nell'ultimo atto, vestita di un sol manto, si rivolse verso l'areopago concedendo al pubblico la vista di quei stupefacenti capelli d'un bel castano caldo, serici, ondulati, liberi sulle spalle, che la coprivano fino al polpaccio. Anche un' altra attrice della compagnia De Sanctis possedeva una chioma inverosimile. Rammento due treccie brune che scendevano sino alla balza dell'abito bianco. Queste signore non possono certo seguire la moda nella pettinatura. Ma i capelli sono la loro nota personale e possono acconciarli come vogliono. Maggior cura devono usare le donne che non ebbero dalla natura questo dono regale. In questo momento, però, la moda è favorevole agli scarsi capelli, offrendo il soccorso dei toupé, dei postiches, dei rotolini e dei riccioli. Consiglierò sempre però le signore a non sottoporsi ciecamente al modello imposto dall'ultimo figurino di Parigi, ma a seguire la moda nelle sue linee generali, modificandola poi secondo le fattezze del volto, le linee della fronte. Per esempio, una piccola fronte ben disegnata starà bene se si lascia vedere alquanto ; mentre una fronte troppo alta acquisterà a essere nascosta. I visi larghi dovranno preferire le pettinature alte, i visi rotondi le pettinature basse. Ma viene un momento doloroso in cui qualche filo bianco comincia a serpeggiare fra il bruno ed il biondo; e poi il bianco cresce cresce, fino a dominar tutta la massa ancora abbondante. Che fare ? Inutile negarlo: i capelli grigi invecchiano terribilmente, precipitano giù per la china della maturità nella vecchiaia. Vi sono oggi dei preparati innocui per ridonare ai capelli il colore primitivo, e non so perchè una signora non ne dovrebbe approfittare. Soltanto che la consiglierei a farsi fare l'applicazione da un parrucchiere nei gabinetti appositi, dove si possano digrassare i capelli, asciugarli con maggior prontezza e miglior risultato che in casa, dove una mano inesperta può danneggiare. In Francia le signore d' una certa età adottano il biondo, ma chi non è nata bionda difficilmente evita la stonatura fra il colore dei capelli e il proprio tipo. Le bionde hanno una carnagione speciale: la pelle delle brune appare sempre o troppo pallida o grossolana a confronto dei capelli biondi. Meglio dunque serbare il proprio colore naturale. Alcune signore sfoggiano una finissima capigliatura candida che le fa somigliare alle leggiadre figurine dell'epoca di Luigi XVI. Ma è molto difficile arrivare a far diventare i capelli di un candido perfetto: inoltre bisogna che siano di qualità assai fine e soffice. Coi capelli bianchi gioveranno le sopraciglia nere e il volto un po' roseo.

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LA DONNA FORTE Quando le sarte si trovano dinnanzi una signora dalle forme molto abbondanti, per quella conoscenza profonda che esse hanno acquistata della psiche muliebre penetrandovi dal varco più infallibile, quello della vanità, adoperano un aggettivo che pur esponendo il vero stato delle cose toglie tutta la crudezza della realtà, dicono: « La signora è forte.... » E sotto l' usbergo di questa fortezza possono impunemente consigliare e sconsigliare : aiutare a stringere, a raccogliere, a dissimulare: inventare con la cliente nuovi ordigni di tortura. Giacchè questa « fortezza » è tutt' altro che gradita a chi la possiede, ed anzi si fa di tutto per cacciarla.... Ma essa è come l' istinto, cacciato dalla porta torna dalla finestra. In qualche luogo dell' anima o del corpo, istinto, e.... « fortezza » bisogna lasciarli in pace. Tutte le sarte sono però d' accordo nel dire che è assai più facile vestire una signora di forme abbondanti di una che le abbia troppo scarse. Basterà tendere bene la stoffa, far pieghe ed incavi, perchè l'abito stia a pennello. Infatti, solo che la signora sia un po' alta, certi abiti tailleurs, succinti, attillati, sono sul suo corpo una perfezione. Sono gli abiti che una signora « forte » dovrà preferire : scuri, con pochi ornamenti, nessuno vistoso. Da casa porti i vestiti principessa ed anche gli « impero » purchè le disegnino le linee della persona. E il trionfo la aspetta con le toelette di sera, dagli arditi décolletés, dalle spalle che s' intravvedono sotto il velo; le braccia che mostrano il loro modello scultorio sotto la pelle del guanto che non fa una grinza. Lo strascico che le allunga la figura, le dà imponenza regale : i gioielli hanno bel risalto sul suo collo pieno, sul suo seno ricolmo. Con quale sguardo di giusto orgoglio la signora forte può allora guardare le donnine dalla vita di vespa che alla passeggiata le fanno tanta invidia e che nella sala da ballo si difendono male in una nuvola di veli! Ad ogni modo è una compiacenza di breve durata: al mattino dopo, tornano a invidiarle. Pensano ai tormenti del busto, del caldo, e si trovano molto infelici. Un igienista inglese afferma che la causa prima della corpulenza è il troppo mangiare: consiglia quindi un regime di sobrietà. Mangiare, bere, dormire il meno possibile; fare molto moto, in bicicletta, a cavallo, al remo, a piedi, in montagna, per promuovere la traspirazione e il sudore. Astenersi dai cibi grassi, dai dolciumi, dai farinacei, dal latte, dalla cioccolata, dalla birra e dai vini pesanti. Mangiare carne la più asciutta possibile.

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Quindi bagni, abbondanti lavacri, nitidezza nella biancheria, minuziosa cura in ogni dettaglio della toilette intima: semplice eleganza negli abiti e nella acconciatura. Come nella persona, così nei modi. Lo sposo rimanga sempre un poco il fidanzato a cui si desidera esser cara e gradita. Nulla di più poetico e di più dolce che il vedere fra marito e moglie di vecchia data, continuate quelle premure, quelle cortesie, quegli atti d'urbanità, quelle minute e tenere dimostrazioni d'affetto che abbellirono il primo periodo della loro vita in due. E la casa, il nido, rispecchi sempre, per opera della donna, l' accordo, la serenità, la freschezza inalterabile dei cuori. Sentite in che modo delicato e commovente madame Rostand, che vi citavo dianzi come esempio di moglie, esprime il proposito di conservare intatto il suo prezioso tesoro d' amore attraverso la fuga degli anni e le offese del tempo:

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