Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbandonati

Numero di risultati: 25 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Come devo comportarmi?

172903
Anna Vertua Gentile 2 occorrenze
  • 1901
  • Ulrico Hoepli
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

La donna nubile abbia o non abbia senso materno, cerchi di interessarsi dei bambini, di aiutare i piccoli derelitti, gli Innocenti infermi, i poverelli, gli abbandonati o trascurati. Si avvicini all'infanzia, entri nelle amicucce dei bimbi, impari a capirne i desideri e le aspirazioni, a comprenderne i piccoli dispiaceri, i crucci ed i dolori. La pietà, da prima imposta dal volere, finirà per recare il suo compenso; si sveglierà il sentimento di madre nel cuore fino allora chiuso all'interesse dell'infanzia, e basterà a riempire il vuoto di un'anima solitaria. Provvedere ai bisogni dei bambini poveri, assistere i piccoli malati, raccogliere e far raccogliere i miserelli abbandonati, non tutte lo possono fare. Ci vogliono mezzi, ci vuole una speciale condizione, qualche potere e molte conoscenze nella società. Ma tutte possono studiarsi di rendersi utili ai bambini con i primi insegnamenti morali, con l'imparare a conoscerli profondamente e con intelletto di amore. A voi sembra che il sereno dell'infanzia debba essere costantemente sgombro di nubi. Ma non è sempre cosi. I bambini, i quali si abbandonano intieramente al dolore come alla gioia, hanno qualche volta una pienezza d'affanno, di cui le persone adulte sono incapaci. Ci sono bambini che soffrono crudelmente senza che nessuno ne sappia indovinare la causa; senza manco, che nessuno se ne avveda. O se qualcuno avverte l'espressione malinconica di un visetto infantile, o l'aria di abbattimento della piccola persona, ne cerca tosto la causa nella salute; e crede di guarire con ferro e olio di merluzzo un male morale, che avrebbe bisogno di affetto, di carezze, di dolce persuasione. Ora, chi può usare di tali rimedi per ritornare la serenità sul volto dei bimbi, mi pare ne abbia da risentire una dolcezza infinita. E una tale dolcezza se la può procurare senza fatica, anzi ubbidendo spontaneamente al proprio cuore, la signora nubile, che può consacrarsi allo studio dell'infanzia senza le distrazioni e gli impegni di chi ha famiglia.

Pagina 389

I remi mi erano sfuggiti di mano; si era abbandonati all'ira della tempesta. Fu un momento terribile; abbracciai la sorellina e mi lasciai andare con essa sul fondo della barca, sbalordito dallo spavento, dal rimorso, dal dolore; tutto uno schianto di affetti. Mariuccia che mi si era avvinta al collo singhiozzando, ad un tratto rallentò la stretta, smesse di piangere e si lasciò andare bianca e inanimata che pareva morta. Cacciai un urlo disperato e chiusi gli occhi per non vedere più nulla. Un tremendo scossone mi fece credere che la fosse finita; guardai. La barchetta eta stata buttata con impeto su la riva, a pochi passi dal paese.... Mariuccia giaceva sempre in fondo alla barca bianca e inanimata! La presi fra le braccia; la portai fuori della barchetta. Intanto la gente era accorsa; tutto il paese era lì, palpitante, commosso. - Gliel'avevo detto io ! - sentii mormorare il vecchio Giacomo. - Oh il piccolo temerario ! - esclamò il curato. Mariuccia mi fu tolta dalle braccia. Camminavo come in sogno. A casa mi destarono il grido della mamma e l'aria addolorata e severa del babbo. (Cambia tono) Ah la mia sorellina!... la mia Mariuccia adorata! - Come starà adesso ? (si accosta all'uscio d'uscita e sta in ascolto). C'è gente giù a basso; sento un brusìo di passi e di voci. (Con spavento) Che Mariuccia stia male ? che sia morta?... Ah Signore Iddio! no! no! no!... fate che non sia! (con desolazione) Qualcuno sale le scale! (sta in ascollo) si ferma.... apre l'uscio! (corre per vedere) Ah! il babbo!... Babbo!... Salva?... Mariuccia è salva?... Grazie! grazie! (farà come se parlasse con alcuno di fuori) Oh lo giuro! non sarò temerario mai, mai più! (nel mezzo della scena; con espressione) Lo giuro babbo! oh stai sicuro! sono corretto per sempre!... Ah Mariuccia mia cara! (esce correndo).

Pagina 427

L'angelo in famiglia

182201
Albini Crosta Maddalena 4 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

per pietà, per pietà, anima sorella, buttati nelle acque salutari del Giordano, in quelle acque che Dio ha santificate col suo tocco, abbandonati alla divina misericordia, supplica, prega; e pei meriti di Colui che vero capro espiatorio dell'umanità ha dato la vita per essa, sarai liberata dal terribile male che ti minaccia. Io non voglio conturbare il tuo sguardo col quadro desolante dell'egoista, di quell' egoista che, sia pur fortunato quanto può e vuole nella società, e sia poggiato su uno dei suoi gradini più elevati, è sempre un mostro che disonora non solo il proprio grado ed il proprio ingegno; ma perfino il suo medesimo essere di creatura ragionevole. L'egoista è sempre e veramente un miserabile! Preghiamo per lui. Rincrudisce la stagione e, come nell'inverno trascorso, languono i poverelli senza risorse e senza lavoro? L'egoista si gode solo il suo bene che gli viene unicamente da Dio, o tutt'al più si contenta di divertirsi allo scopo di beneficenza, e pagando il suo biglietto sotto questo pretesto, s'illude di aver giovato al fratello. Come? ei pretende giovare al fratello che langue perchè gli manca il bisognevole, che muore di fame?... Ed allora perchè gavazza, e ride, ed aumenta nei vortici della danza quell'ebbrezza che lo invade?... Oh! l'egoista non vuol abbandonare il suo danaro all'indigente, senza averne la sua parte nel godimento o di una veglia sfrenata, o di una fiera annunciata colle testuali parole:Baldoria e carità, come io con quest'occhi miei ho letto negli affissi a lettere cubitali; o senza per lo meno ottenere il plauso e l'encomio della moltitudine ammirata, nel dare il proprio obolo, col proprio nome, in una lista destinata a fare nel mondo il giro più lungo che sarà possibile. L'angelo dell'annegazione invece non contento di risparmiare sul superfluo, risparmia fino sul suo necessario, per recarsi nel segreto di un'oscura soffitta a portare un po' di sollievo non al corpo soltanto; ma all'anima ancora di coloro che sotto il peso delle maggiori sofferenze, covano un fondo di sdegno contro l'umanità che si figurano gaudente e... Vivi sicura, dove penetra l'angelo dell'annegazione, si smorzano gli strali del comunismo e degli odj inveterati; il pugnale affilato si spezza, e la parola della maledizione si muta in preghiera! Siamo nella seconda metà del secolo XVI. Agli anni d'abbondanza è successa la carestia, alla carestia la peste. L'egoista si nasconde, fugge, e porta via con sè tutto quanto possiede, geloso che una sola sua moneta gli sfugga di mano o gli venga carpita. La città è pressochè unico asilo d'infermi e d'indigenti; la peste aumenta ogni dì il suo dominio, perchè sua maggiore sorella è la fame. Ma Iddio ha suscitato l'angelo dell' annegazione e di un'annegazione eroica; questi non si contenta di dare il superfluo, dà lo stesso bisognevole: vende le suppellettili preziose, i giojelli, perfino i sacri arredi, ed ancora non basta. Gli resta un principato, vende quello ancora, ne distribuisce il prezzo ai poveri, ai quali non il solo suo denaro, ma dona tutto sè stesso. Ecco Carlo Borromeo, e con esso la numerosa schiera di quelli che il mondo dice egoisti, e che sono i ministri di Dio; eccoli dentro gli spedali, al letto degli ammalati, vivere con essi, perchè con essi sono pronti a morire!... Mia dolce amica, è tardi, t'ho già soverchiamente intrattenuta; ma dimmi, dimmi, se la storia ha registrato i fatti di coloro che ci hanno preceduti, quali essa ha scritto con colori più brillanti ed incancellabili, i nomi degli eroi della carne od i nomi degli eroi dello spirito? Quale più t'intenerisce e più ti trae ad imitarlo, il nome del primo Napoleone o del Borromeo? Pensa e decidi, e vivo sicura che dovunque toccherà il tuo piede sarà bandito l'egoismo, ed avrà vita quell'eroismo piccolo, minuto, nullo, se vuoi, agli occhi degli uomini; ma preziosissimo agli occhi di Dio, poichè quell'eroismo non è altro se non quella morte continua della nostra volontà che ci viene insegnata dall'Apostolo.

Pagina 299

Domani, mia cara, ti risponderò: oggi rialza l'animo tuo abbattuto, rianima il tuo cuore; abbandonati nelle braccia della Provvidenza, di quella Provvidenza che ci è madre amorosa, e vivi sicura: tu sarai piùforte che oste schierata in campo contro i nemici della tua salute.

Pagina 30

Raccomanda i tuoi parenti, gli amici, i domestici a Colui che se di tutti è padrone, a tutti è altresì padre e padre amoroso, e 4 con questi pensieri abbandonati alla speranza, e riposa. Oh! l'Angelo tuo santo distenda le sue ali sul tuo sonno, lo renda lieto, pacifico, affinchè al tuo destarti, la dimane, il tuo spirito rinnovato riprenda alacremente la via che a Dio conduce. Dormi bene, figlia mia, il Signore sia sopra di te, il manto di Maria ti avvolga e ti riscaldi di divino amore, e quando nella preghiera ti levi alla sorgente d'ogni bene, prega anche per me che tanto ne ho bisogno.

Pagina 38

Talora permette la bonaccia per provare la nostra fedeltà, e vedere se sappiamo ricordarci di Lui anche quando tutto cospira a renderci egoisti e dimentici: ma più spesso la bonaccia è una delle più terribili punizioni ch'Egli infligge a chi lo nega, e pretende di vivere senza di Lui; dapprima li ha provati colle sventure, coi rimorsi, ma vedendo che questi anzichè convertirli li irritavano, Egli li ha puniti lasciandoli abbandonati a sè stessi... Pure è il suo sole che li illumina e riscalda; pure sono le pecore da Lui create e tutte le sue creature che lor provvedono vesti e comodi; pure è il grano ch'Egli fa germogliare, che dà loro il pane, tutto il necessario alla vita! Ma essi nulla intendono: giaciono sull'onda immobile dell'immoto oceano, si specchiano in quella quiete fatale, vivono nel contentamento delle loro passioni, e trovano che Dio è un'invenzione, od un pleonasmo. Ma siccome io credo che pur troppo nella nostra società regni e domini l'ateismo per così dire, teorico, ma presto pochissima fede all'ateismo pratico, così penso che molti lo dicano, ma assai pochi credano davvero che Dio sia un'invenzione; mentre tengo per fermo che molti e molti lo negano a parole, o se ne burlano, appunto perchè lo credono un pleonasmo che si può sopprimere, senza verun danno, e di cui essi si vantano di volere e di poter fare a meno. Buon Dio! e chi toglierà quei poveri ingannati ed illusi a quella fatale bonaccia, più terribile per essi della più fiera tempesta? Ecco là; un vapore si avanza, si appressa, manda i suoi ministri ad offrire un infallibile ajuto... Il capitano marittimo non ha saputo resistere alla generosa offerta di salvamento; ma l'uomo mondano non crede al pericolo, rimanda e deride chi a forza d'amore lo vuol salvo... e perisce, ahi! pur troppo perisce se persiste a rifiutare il suo ajuto. Ma tu, figliuola, se a bordo della tua agile navicella custodisci ed ami il vapore della cristiana carità, sarai giovata dalla quiete del mare, e la bonaccia anzichè di pericolo ti sarà di premio, poichè togliendoti alla lotta ed alla furia dei venti e delle onde non sarai ritardata nel corso. Che se tu privassi la tua nave di quella forza possente, se tu confidassi nelle sole tue forze...? No, non voglio essere l'uccello del cattivo augurio; non voglio farti minacce; ma ad imitazione di Colui che dolcemente c'invita, ci esorta, ci obbliga quasi con una legge tutta di amore, mi proverò a dirti qualche cosa della carità ch'Egli è venuto a portar sulla terra, e ti ripeterò la sua dolce parola:Venite a me tutti, io vi ristorerò, io vi consolerò; venite a me!

Pagina 615

Galateo popolare

183576
Revel Cesare 2 occorrenze
  • 1879
  • Vinciguerra
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

come « reprimerebbero i loro grossolani appetiti, se « si vedono abbandonati all'intemperanza? « come serberebbero intatta l' innocenza « nativa, se voi non temete d'oltraggiare « davanti ad essi il pudore con atti indecenti « o con oscene parole? « Voi siete il vivente modello sul quale « si formerà la pieghevole loro natura. « Dipende da voi che i vostri figli riescano « uomini o bruti ». E potete educare colla parola. Parlate loro di patria, di ciò che'essa fu, di ciò che deve essere. Quando la sera, dimenticate, fra il sorriso della madre e l'ingenuo favellìo dei fanciulli seduti sulle vostre ginocchia, le fatiche della giornata, ridite ad essi i grandi fatti dei popolani delle antiche nostre repubbliche: insegnate loro i nomi dei buoni che amarono l'ltalia e il suo popolo e per una via di sciagure, di calunnie e di persecuzioni, tentarono migliorarne i destini. Instillate nei loro giovani cuori, non l'odio contro gli oppressori, ma l'energia di proposito contro l'oppressione. Imparino dal vostro labbro e dal tranquillo assenso materno, come sia bello il seguire le vie della virtù, come sia grande il farsi apostoli della verità, come sia santo il sacrificarsi, occorrendo, pei propri fratelli. Infondete nelle tenere menti, insieme ai germi della ribellione contro ogni autorità usurpata o sostenuta dalla forza, la riverenza alla vera, all'unica autorità, l'autorità della virtù, coronata dal genio. Fate che crescano, avversi egualmente alla tirannide e all' anarchia, nella religione della coscienza inspirata, non incatenata, dalla tradizione. La nazione deve aiutarvi in questa opera E voi avete, in nome de'vostri figli, diritto di esigerlo. Senza educazione nazionale non esiste veramente nazione.

Pagina 15

La carità, dirò con GIULIANO, è la prima delle virtù che rendono gli uomini somiglianti agli dei: « Il genio della « carità ha sempre ispirato il cuore degli italiani anche nei foschi tempi in cui « parvero da ogni altro genio abbandonati. » La vita e l'anima dell'Italia, disse MOREAU CRISTOPHE, stanno nei suoi istituti di beneficenza. Se un uomo è da altri accusato, non siamo troppo pronti a giudicarlo, senza sentirne la difesa; se è veramente colpevole, usiamogli la carità di ammonirlo e procuriamo d'indirizzarlo nella via della virtù. Se è dubbioso o ignorante, siamogli cortesi dei nostri consigli; se è brutto o difettoso di corpo, apprezziamo i pregi del suo spirito, e compatiamo i difetti della natura. Pur troppo tutti i giorni vediamo, deridere e disprezzare un tale, perchè gobbo, altri perchè di deforme o misera apparenza; ecco un contegno degno di biasimo e che nota in chi lo fa povertà di spirito e la più completa ignoranza del come si debba stare in società, perfetta mancanza di galateo. Così pure veniamo meno a noi stessi ogni volta che cerchiamo per noi soli i comodi della vita, quando gelosi del nostro bene serriamo nel nostro cuore la gioia, e invidiosi del bene altrui, ci affatichiamo di turbare la pace del nostro prossimo.

Pagina 40

Come devo comportarmi. Le buone usanze

184954
Lydia (Diana di Santafiora) 1 occorrenze
  • 1923
  • Tip. Adriano Salani
  • Firenze
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

E i figliuoli vengon su come possono, abbandonati a sè stessi, o ai cattivi consigli dei falsi amici. Poi, a un tratto, si sente dire che il figlio del tal dei tali, di quel gran galantuomo che tutti conoscono, ha rubato, ha falsificato la firma del padre, ha coperto d'infamia il nome della sua famiglia. Conseguenze fatali d'un errore d'educazione. E l'esempio varrà anche per inculcare nei vostri figliuoli quell'altra grande virtù dell'amore al lavoro. Il figlio d'un padre ozioso e fannullone, d'una madre che abbandoni la casa a sè stessa per far visite o prender parte a ricevimenti, difficilmente diventerà un lavoratore; preferirà anch' egli di darsi buon tempo, che è cosa tanto più facile. S'abituerà invece a considerare il lavoro come un obbligo, se vedrà il padre occupato seriamente nei suoi affari o nella sua professione, la madre interamente dedita alle cure della famiglia. Il lavoro d'un giovinetto è, nelle famiglie borghesi, lo studio. Ed è un dovere imprescindibile dei genitori di sorvegliare gli studi dei loro ragazzi, continuamente e assiduamente. In molte famiglie, quando si è mandato a scuola i figliuoli, quando si son provveduti di carta, di libri, d'inchiostro e di penne, si crede di aver fatto tutto: tocca al maestro a insegnare, e ai ragazzi a imparare. Teoria comoda, che dà ai genitori l'illusione di viver tranquilli e senza sopraccapi. Ma è proprio un'illusione, che molto spesso riserba delle brusche sorprese: una lettera del preside della scuola, un rapporto dei maestri vi fanno a un tratto sapere che il vostro figliuolo non studia, che è indisciplinato, che manca ogni tanto alle lezioni. Sorpresa generale: lacrime della madre, ira violenta del padre, rimproveri, gastighi.... e poi si ricomincia da capo. Sorprese di questo genere, in una famiglia dabbene, non devono mai verificarsi. Se i figliuoli non studiano, i primi ad accorgersene devono essere i genitori; e se ne accorgeranno facilmente, se avranno l'abitudine di sorvegliarli di continuo, di interrogarli, d'informarsi di quel che fanno giornalmente, di fare ogni tanto una visita ai maestri e ai professori. Se li vedranno distratti, svogliati, più proclivi ai divertimenti che allo studio; se li vedranno tornar tardi da scuola, o imbrancarsi coi compagni, o ricercare amicizie non adatte alla loro condizione, avranno elementi sufficienti per far la loro diagnosi, e dovranno senz'altro correre ai rimedi; ai rimproveri, alle correzioni, ai gastighi, se la persuasione e le buone parole non bastano. Purtroppo, l'educazione dei figliuoli è fra le cose difficilissime di questo mondo, e chi volesse darne le norme dovrebbe scrivere un libro apposta; senza contare che le norme sole non bastano. L'animo del ragazzo è mutevole, incostante, e varia da individuo a individuo; e chi si occupa sul serio d'educazione sa che, caso per caso, individuo per individuo, bisogna saper scegliere il modo di correggere, di rimproverare, di punire. Ci sono dei giovinetti d'animo sensibile, coi quali tutto s'ottiene con la dolcezza e la persuasione; anche nei casi più gravi, basta un'occhiata, una parola severa, per rimetterli subito sulla buona strada; per altri invece le parole non bastano, ci vogliono i gastighi, ci vogliono qualche volta, purtroppo, anche delle correzioni più gravi. I genitori devono saper leggere nell'animo dei loro figliuoli come in un libro aperto, e valersi via via dei mezzi di correzione che si adattano di più al loro carattere. Il rispetto alle persone d'età non è soltanto un atto di buona educazione, una norma di civiltà; è, soprattutto, un dovere, fecondo d'ottimi resultati. Rispettare un vecchio vuol dire riconoscere in lui una persona di grado superiore, per coltura, per senno, per pratica della vita. E poichè molti degli errori giovanili dipendono più che altro da inesperienza, non è a dire quanto sia utile nel giovinetto la convinzione che i vecchi ne sanno più di lui: in tale persuasione, egli non sdegnerà di ricorrere ai loro consigli, quando l'occasione si presenti, e lo farà spontaneamente e con fiducia. Toccherà poi ai vecchi a non abusare di questa fiducia, a non mostrarsi noiosi e esigenti, a non far passare ai giovani la voglia di ricorrere ai loro consigli: ciò che sarebbe un gran danno. Due altre cose devono i genitori sorvegliare con gran cura nei loro figliuoli: la scelta delle letture e degli amici. Giunto a una certa età, il giovinetto prova, in generale, un gran desiderio di leggere; e poichè gli manca l'esperienza della vita, tutto quello che legge crede che rispecchi la verità di quel mondo che ancora gli è in gran parte ignoto. L'adulto legge in una maniera del tutto diversa; e qualunque sia il libro che ha sott'occhio, istituisce sempre, anche involontariamente, un confronto fra quel che in esso è detto e quello che è in realtà; e finisce col far la sua critica, dichiarando il libro o vero, o falso, o esagerato, o troppo crudo, o troppo sentimentale. Il ragazzo no: egli si fida ciecamente di quel che legge, e crede e spera di trovarlo poi nella vita. Non di rado si legge di giovinetti di dodici o quattordici anni, i quali, montatasi la testa coi romanzi d'avventure, hanno improvvisamente abbandonato le loro famiglie e si sono messi a correre il mondo per imitare i protagonisti dei loro libri prediletti; e ci fu un tempo in cui la lettura delle Ultime lettere di Iacopo Ortis, romanzo d'amore che finisce con un suicidio, fu causa della rovina di molte giovani vite. Sorvegliate adunque le letture dei vostri figliuoli, scegliete i libri che si adattano alla loro indole, e se non potrete sempre impedire che leggano certi libri un po' fantastici, che sono la loro passione, sappiate almeno porger loro un contravveleno, invitandoli a leggere anche libri d'altro genere e soprattutto aiutandoli, con la parola e con l'esempio, a separare la fantasia dalla realtà, a riconoscere tutta l'esagerazione di ciò che leggono. Se si deve essere severi e oculati nella scelta dei libri, severità e oculatezza anche maggiori saranno necessarie nella scelta degli amici. Non permettete mai che il vostro figliuolo si accompagni con ragazzi della sua età o maggiori di lui, se non li conoscete in modo da esser sicuri della loro moralità. Non è esagerazione dire che i cattivi compagni sono quel che di peggio possa capitare a un ragazzo, tanto essi influiscono sul suo carattere, sulla sua indole, sulle sue idee. E badate che, in generale, non è per malizia che i giovinetti stringono amicizie equivoche: quasi sempre essi credono ingenuamente d'aver trovato la perla degli amici; e solo più tardi, e insensibilmente, prendono il fare, i modi, le abitudini del cattivo compagno. Siate dunque, in questo, severissimi e sorvegliate anche voi stessi, perchè non accada che, in un eccesso di fiducia, non abbiate ad accogliere in casa vostra chi non è degno della vostra confidenza.

Pagina 82

Il saper vivere

185948
Donna Letizia 1 occorrenze
  • 1960
  • Arnoldo Mondadori Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Sarà lui che provvederà al ritiro dei bagagli, che accompagnerà la coppia alla stazione (dopo essersi accertato che lo sposo abbia i biglietti e i passaporti in tasca), che controllerà il numero dei bagagli e i posti prenotati, ben sapendo che, eccitati e distratti come sono, gli sposi, se abbandonati, potrebbero finire sull'accelerato di Rieti anziché sul rapido di Parigi, con due o tre valigie di meno.

Pagina 81

Il galateo del campagnuolo

187392
Costantino Rodella 1 occorrenze
  • 1873
  • Collegio degli artigianelli
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Si sdraiano sugli scalini, si urtano, si pizzicano, si battono, si nascondono la pezzuola, il berretto, parlano, ridono, sghignazzano, che è una distrazione continua; sembrano fanciulli abbandonati. Come volete che questi ragazzi crescano col rispetto del prossimo e col timor di Dio, se nel luogo più venerabile, più santo, commettono tante irriverenze? E quel che fa più dolore è che lì in chiesa vi saranno i padri e le madri, i quali non se ne dan per inteso; e come niente fosse, non volgono neppur un rimprovero ai loro figli. Ma Dio non paga il sabato, e voi non avrete ad andarvene a pentir a Roma. Quel figlio, che lasciate ora alle impertinenze, verrà su ozioso, maligno, disubbidiente; non avrà più rispetto di sorta nè delle cose, nè degli uomini, si riderà di voi, delle leggi, di tutto, vi spoglierà della roba e dell'onore, e dopo avervi ridotto nella miseria, amareggiata la vita in tutti i modi, in quell'età che dovrebbe essere il sostegno e l'orgoglio de' vostri anni cadenti, sarà là a marcire in un carcere. E allora, non avrete che a coprirvi il viso e a picchiarvi il petto, recitando il mea culpa. Queste cose le diceva piano e forte il signor Enrico, e narrava fatti e proferiva nomi, sicchè il suo dire riusciva persuasivo a più doppi.

Pagina 18

Galateo per tutte le occasioni

187707
Sabrina Carollo 3 occorrenze
  • 2012
  • Giunti Editore
  • Firenze-Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Tali furgoni sono particolarmente difficili da parcheggiare, e dunque o vengono abbandonati dove capita con quattro frecce, o vengono parcheggiati "a orecchio" (sulla base cioè del rumore di lamiera). Se si lascia l'auto con quattro frecce in posizione irregolare - occasione che dovrebbe verificarsi raramente in un anno - ricordarsi di prestare attenzione ed essere pronti allo scatto per spostarla. Ricordate sempre che gli altri possono avere urgenza di muoversi. ✓ I principianti. Si sa, le macchine dell'autoscuola fanno al massimo i quindici all'ora. Ognuno di noi ne è consapevole, ognuno è rassegnato quando se ne trova una davanti. Del resto ci siamo passati tutti, forse anche Schumacher. Ma esiste una forma di principiante non dichiarato che è capace di infastidire anche il più pacato degli automobilisti. È legittimo non saper guidare ancora tanto bene, prudente e consigliabile andare piano. Ma almeno che si metta una bella P dietro, così tutti gli altri si possono regolare. ✓ Gli abbaglianti. Si usano in montagna, nelle stradine buie di campagna, nelle notti senza luna e in mancanza di illuminazione sufficiente. NON sono uno strumento per intimorire il prossimo mentre gli si piomba alle spalle in autostrada con un bolide da sbruffoni a un centinaio di chilometri circa oltre il limite. ✓ Il telefono. O vi comprate l'auricolare, oppure subite gli auguri peggiori che vi rifila quello dietro perché state cambiando più lenti di un'era geologica. Comunque non si sta al telefono a chiacchierare, mentre si guida, perché la disattenzione è assicurata. ✓ Ultimo caso di vistosa maleducazione al volante, il finestrino. Se abbassato, serve per far entrare aria fresca, per asciugare i capelli lavati di corsa o per annusare il profumo di primavera quando si attraversa la campagna in maggio. Entrare. Tendenzialmente non dovrebbe fuoriuscirne nulla. Tantomeno cartacce e spazzatura varia. In ordine di maleducazione, i fumatori vincono di gran lunga la competizione: con la precisione metodica con cui un ecologista ricicla ogni cosa, essi sono in grado di gettare dall'auto in corsa ogni parte inutile che riguardi la propria passione, dalla plastica trasparente che avvolge il pacchetto alla cenere accumulata nel posacenere (che fosse solo quella... ), dal filtro all'intero pacchetto vuoto e accartocciato. Professionisti della zozzura, non hanno ben capito che il resto del mondo che sta fuori dall'abitacolo non è esattamente un enorme cassonetto. Anche gli habitué della gomma da masticare salgono sul podio, con lanci articolati onde evitare il ritorno in cabina della pallina disgustosa, seguiti da presso dai parenti stretti, gli scartatori di caramelle, che naturalmente non immaginano che si possa buttare la carta che avvolge il confetto nel posacenere dell'auto. A tutti costoro ricordiamo che usare le strade come immondezzaio comune è pratica medievale e altamente cafona.

Pagina 180

I guanti per raccogliere frutta e verdura, le liste e altri rifiuti vari non vanno abbandonati lì dentro ma gettati negli appositi contenitori; ✓ le persone che lavorano nei supermercati non sono trasparenti. Salutarle, magari con un sorriso, è doveroso; ✓ infine una attenzione generale: se si ha tempo, perché in pensione o con orari di lavoro diversi dalla maggioranza, è bene cercare di evitare i momenti di maggiore affollamento del supermercato (dopo le cinque e il sabato). Non si tratta solo di una cortesia, ma di un banale accorgimento che potrebbe agevolare tutti. Perché in tanti paiono dimenticarsene?

Pagina 239

. ✓ Dunque la camera non si lascia nel caos totale, soprattutto con indumenti abbandonati ovunque, piena di sabbia o con i bagni in condizione impossibile. ✓ Se l'albergo non fornisce teli di spugna per la spiaggia, non usate quelli in dotazione per il bagno. Sicuramente esisterà un negozio nella zona dove poter acquistare ciò che si è dimenticato. ✓ Gli adolescenti in gita scolastica sono vagamente tollerabili, ma gli adulti che fanno confusione, corrono e parlano ad alta voce per i corridoi non sono scusabili. ✓ Se si devono svegliare presto gli amici della stanza accanto non si va a bussare vigorosamente loro sulla porta spaventando tutta l'ala, ma si usa il telefono. ✓ È importante inoltre rispettare gli orari dei pasti e di servizio, essere cordiali con il personale, lasciare mance abbondanti.

Pagina 69

IL nuovo bon ton a tavola e l'arte di conoscere gli altri

190504
Schira Roberta 2 occorrenze
  • 2013
  • Salani
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Vietato lasciare mozziconi, plastica e rifiuti abbandonati sull'erba, e vi assicuro che questo è ben peggio che dire «Buon appetito». Piedi. In teoria dovrebbero stare sotto la sedia del proprietario, e questo vuol dire non allungarli incivilmente sotto il tavolo intralciando le estremità altrui e tanto meno lateralmente provocando involontari effetti «piedino». Lo Sgalateo permette di sbirciare sotto il tavolo per, studiare la posizione dei piedi: incrociati, ci sono ancora un po' di riserve. Con le punte all'interno? È rimasto un pizzico di infanzia. Accavallate? C'è ancora qualche resistenza nel vostro commensale. Piedino. Sono due le regole fondamentali da rispettare per il seduttore (uso il maschile, ma vi sono signore grandi esperte nel campo) che usa il piedino come arma di seduzione. 1. Si fa solo se si è certi di non ricevere un rifiuto. 2. Si fa solo se si è certi di non essere scoperti dal resto dei commensali. Pinzimonio. Uno dei pochissimi casi nei quali è permesso usare le dita per mangiare. Le verdure vengono servite già tagliate e ogni commensale ha una scodellina dove intingere carote e sedani. Piselli. È esilarante vedere, come è capitato a me, schizzare i piselli dal piatto come proiettili. Se accade significa che il cuoco era pessimo: dovrebbero essere morbidi. Di norma, basterebbe raccoglierli con la forchetta. Pollo. Anche se un commensale vi ricorda il detto popolare secondo cui pure la regina Margherita mangiava il pollo con le dita, lasciate perdere e continuate a usare forchetta e coltello. Il pollo è difficile da tagliare in tavola anche con il trinciapollo, fatelo in cucina dopo averlo mostrato, se volete, ai commensali. Polpette. Per qualche inspiegabile motivo servire polpette a una cena formale è considerato scorretto, probabilmente perché si può sospettare che siano preparate con gli avanzi. Quindi evitatele, anche se sono un piatto straordinario, in primis quelle di bollito. Sono vivamente consigliate dallo Sgalateo, che incoraggia il consumo di polpettine, cibo da mangiare con le mani e soprattutto da imboccare. Pompelmo. Si serve tagliato a metà e si consuma prelevando la polpa con un cucchiaino. Posacenere. Non si mette in tavola, mai, se non a fine pasto e dopo aver chiesto il permesso di fumare agli altri commensali. Al ristorante non si può più fare, ma non lamentatevi. È così bello ritrovarsi fuori sul marciapiede: si fanno molte conoscenze interessanti. Vietato però abbandonare il proprio ospite o accompagnatrice per interminabili pause. Posate. Oggi si tende a snellire il più possibile il numero delle posate. L'ideale è il tris: una forchetta, un coltello e un cucchiaio, se serve; man mano che si susseguono le portate si cambiano le posate. Posti. L'uomo siede alla destra della donna, le riserva il posto lungo la parete o che comunque le permetta di vedere la sala. Ogni uomo siede a fianco di una signora che non sia sua moglie (o compagna). Nel caso di due coppie, ogni signora siederà alla destra dell'uomo che non è suo marito. Se invece l'uomo e la donna siedono da soli, ai due lati consecutivi di un tavolo quadrato, lui siederà alla sua destra per poter utilizzare il braccio destro e quindi versarle da bere con più agio. I signori siedono un attimo dopo le signore. Lo so, non lo fa quasi più nessuno tranne che in certi adorabili ambienti. Durante il pasto se una signora si allontana dal tavolo, per qualunque motivo, gli uomini si alzano contemporaneamente a lei, si risiedono appena si allontana e si rialzano appena riappare. A una cena in casa privata, ricordate, l'ospite d'onore uomo si siede alla destra della padrona di casa, mentre l'ospite d'onore donna si siede alla destra del padrone di casa. Prenotazioni. Se avete prenotato in un ristorante e poi per qualsiasi motivo cambiate idea, soprattutto se il locale possiede coperti limitati, telefonate sempre per disdire. All'estero nei ristoranti stellati si lascia il numero di carta di credito perché in caso di mancato avviso viene addebitata una mora. Presentazioni. Prima di imparare qualsiasi altra regola, la buona educazione ci impone di presentarci ogni volta che ci troviamo a dividere una tavola. In teoria dovrebbero pensarci i padroni di casa, ma se chi ospita è assente lo faremo noi dicendo il nostro nome con un sorriso accompagnato da un buongiorno o da un buonasera. Prezzemolo. Che dilemma, dire o non dire della fogliolina di prezzemolo tra i denti del nostro commensale. Sì, meglio dirlo. Basta sussurrarlo discretamente in un orecchio. Ribes e frutti di bosco. Si servono in coppette con il cucchiaio da frutta. Reclami. Nel caso di un cibo malcucinato, di un vino che sa di tappo o di una posata o un piatto non pulitissimi, ci si limita, senza recriminazioni, a chiedere che vengano sostituiti spiegando il problema con gentilezza. Con educazione e garbo è giusto sottolineare gli errori da parte della cucina o del servizio, nei locali pubblici. È peraltro di cattivo gusto mostrarsi incontentabili, critici, polemici, commentare la scelta dei piatti al cameriere o parlare dei propri disturbi intestinali agli altri ospiti. Ricci di mare. Solo se volete male ai vostri ospiti li servirete a una cena formale. Meglio lasciare questo ingrediente sensuale per uno spaghetto a due, magari cucinato insieme e consumato su una terrazza al tramonto. Riso e risotto. Si mangia con la forchetta, non si soffia sul risotto e non si allarga nel piatto come si vede fare. Ritardo. Mai arrivare in ritardo a un appuntamento galante, anche se alla signora è permesso un indugio di dieci minuti. Se arriviamo in ritardo in una casa privata o al ristorante è d'obbligo telefonare per avvisare. Sale e pepe. Non si chiede al ristorante di classe se non strettamente necessario, è come sottolineare che il piatto non era perfetto. In casa, durante i pasti quotidiani si mette in tavola, ma è meglio non farne uso. Salame. In una cena formale non si serve. Con gli amici e in famiglia ben venga qualche fetta di salame. Si può prendere con le mani e mangiarlo accompagnato dal pane; si eviti il classico panino, a meno che non ci si trovi a un bel picnic. Salmone. Si consuma con le posate da pesce, se accompagnato da crostini non va messo sul pane ma consumato a parte. Salse. Le salse non si raccolgono se non con il salsacoltello, una posata a forma di cucchiaio, ma con un lato tagliente creata apposta per tagliare e tirar su ciò che rimane nel fondo del piatto. Scampi. Serviteli già sgusciati quando è possibile. Consigliati per le cene private a due. Scarpetta. Mi dispiace, ma il galateo non ammette scarpette di sorta e soprattutto non tollera surrogati, e cioè tutte quelle pratiche che i commensali ingegnosi si inventano per raccogliere un buon sugo dal fondo del piatto. Non esistono deroghe. Via libera alla scarpetta, invece, nelle riunioni familiari e per lo Sgalateo. Segnaposti. È un bel gesto predisporre i segnaposti quando si hanno tanti ospiti e soprattutto se vogliamo mantenere la regia a tavola. Potete sbizzarrirvi con oggetti di ogni genere, che servano da supporto al cartoncino sul quale sarà scritto il nome. Soffiare. È molto maleducato soffiare sul cucchiaio o sul piatto per raffreddare il cibo. Sottopiatti. Sono utili e doverosi nelle cene formali, belli quelli in argento, ma sono ammessi tutti i materiali. Spaghetti. Si mangiano arrotolandoli alla forchetta, che non va puntata sul piatto, ma tenuta leggermente inclinata, quasi orizzontale. Si raccolgono pochi fili di pasta per volta, in modo da portare alle labbra un boccone piccolo. Evitate accuratamente risucchi di ogni tipo e rimasugli di sugo sul mento. Orribile l'utilizzo del cucchiaio o, peggio ancora, del coltello per tagliarli! Spumante. Quello secco non si serve mai a fine pasto insieme ai dolci. Se volete mostrarvi esperto di vino, dite «metodo classico», oggi lo spumante si chiama così. «Bollicine» pare sia superato, ma rende l'idea. Quando si stappa tenete la mano destra sopra l'imboccatura della bottiglia per evitare che il tappo colpisca qualcuno nella stanza e soprattutto cercate di essere silenziosi. Starnuto. L'ideale sarebbe reprimerlo, soffocarlo, ucciderlo, specialmente durante cerimonie e pranzi formali. Quando vi accorgete che lo starnuto sta arrivando, conviene alzarsi e procurarsi un fazzoletto pulito. Se proprio dovete restare seduti, voltate il viso all'esterno del tavolo e starnutite dentro il fazzoletto, badando di fare meno rumore possibile. In Giappone è considerato ripugnante starnutire a tavola. Stuzzicadenti. Come tutte le operazioni riguardanti il proprio corpo, stuzzicarsi i denti a tavola non è ammesso. In realtà i ristoratori dovrebbero mettere il contenitore degli stuzzicadenti in bagno. Se il fastidio è insopportabile, alzatevi dal tavolo. Sushi. Se non sapete usare le bacchette, non pasticciate inutilmente. Usate le mani, che è consentito, oppure chiedete una forchetta. Ogni pezzo di sushi va intinto nella soia dalla parte del pesce, mai dal riso. Le bacchette si appoggiano all'apposito utensile che assomiglia a un poggiaposate, e quando avete finito si mettono allineate sulla ciotola che contiene la salsa di soia. Al sushi bar, se sedete al bancone, non date soldi al maestro sushi presi dall'entusiasmo: non può toccarli. Tavola. Sulla tavola non si appoggia nessun oggetto, niente chiavi, occhiali, portafogli o telefoni. Tè. Si beve sorseggiando dalla tazza senza sollevare il mignolo, per carità. Non vi si inzuppano dolci o tartine, ma si alternano piccoli bocconi e sorsi di bevanda. La padrona di casa che invita per il tè predispone zucchero, latte e fettine di limone, qualche biscotto ed esorta gli ospiti a servirsi da soli dopo aver versato il tè nelle tazze. Toilette. Non c'è bisogno di annunciarlo rumorosamente, se si vuole andare in bagno ci si alza con un semplice «Scusate». Alle signore consiglio di non abbandonare per ore il proprio cavaliere ad aspettare al tavolo. Torta. Si mangia con l'apposita forchetta a tre punte. Tovaglia. La tovaglia, di qualsiasi colore sia, dovrà essere stirata alla perfezione e questo va fatto una volta che viene stesa sulla tavola, sopra un «mollettone», così si chiama il telo morbido di protezione alla superficie del tavolo. Scegliete tessuti naturali in colori contrastanti con i piatti la cui base, sarò tradizionalista, deve essere rigorosamente bianca. Tovagliolo. Solitamente piegato e posato sopra il piatto o il sottopiatto va a destra, ma si può semplicemente piegare a triangolo e adagiare sul piatto. Evitate piegature fantasiose e laboriose. All'inizio del pasto va steso sulle ginocchia, sempre dopo la padrona di casa o, al ristorante, dopo la persona che ha invitato. Non va mai legato al collo. Si usa prima di bere, sempre, e dopo aver appoggiato il bicchiere. Alla fine del pasto si lascia alla sinistra del piatto. In alcuni ristoranti di alto livello, prima del servizio del dolce, il tovagliolo viene cambiato con uno più piccolo. È un atto di grande cortesia. Signore, cercate di non lasciare vistose impronte di rossetto, signori non usatelo per detergervi il sudore dalla fronte. Ubriachezza. Può succedere che un ospite esageri con l'alcol: che fare? Un bravo anfitrione cerca di arginare come può la serata, ma di certo non lo abbandona fuori dalla porta a fine cena. Si preoccupa di accompagnarlo a casa e di assicurarsi che stia bene. Uomo. Uomini, ricordate! Basterà un gesto come aprirle la portiera o alzarsi nel momento in cui lei lascia il tavolo per farsi ricordare a lungo. Insomma, vi verrà perdonato anche qualche sbaglio, se saprete usare qualche galanteria al momento giusto. L'uomo entra per primo in un locale, comunica con i camerieri, versa da bere, si dimostra più interessato alla compagnia che al cibo, conversa e dovrebbe pagare il conto. Uova. Non si usa mai il coltello, in qualsiasi modo siano cucinate. Lo si può usare solo per tagliare il prosciutto o la pancetta che le accompagna. Uva. Va tenuta con la mano sinistra, mentre con la destra si staccano gli acini che andranno alla bocca. Verdure. Non si tagliano mai con il coltello. Vino. Non si versa mai sino al collo del bicchiere. Si stappa sempre davanti agli ospiti, e così pretendete al ristorante. Si fa scegliere alla signora e se questa si rifiuta si prende l'iniziativa chiedendo almeno «bianco o rosso». Chi invita, sia a casa sia al ristorante, propone i vini e chiede se gli invitati sono d'accordo. Il vino non si mescola con l'acqua e non deve essere raffreddato con il ghiaccio. Si lascia in un secchiello di qualsiasi materiale, possibilmente su un tavolino a parte. Zotico. È l'epiteto che si merita chi a tavola pecca di prepotenza e maleducazione. Per neutralizzare lo zotico recidivo è necessaria più fermezza che ironia, la seconda non la coglierebbe. Un seccato richiamo ha più probabilità di venire accolto. Zuppa, zuppiera. Non si soffia sulla minestra o la zuppa. In Inghilterra, il cucchiaio non viene introdotto in bocca di punta, ma appoggiato lateralmente alle labbra. In Italia il cucchiaio viene introdotto in bocca di punta. Ma ciò non vuol dire, beninteso, che lo si debba inghiottire fino al manico. È tollerato che, arrivati agli ultimi cucchiai di minestra, si sollevi appena il piatto inclinandolo verso il centro della tavola. Zuzzurellone. Avete presente quei soggetti che pur essendo adulti si comportano come ragazzini e si divertono a fare i giocherelloni? È il buontempone, il burlone che a tavola gioca con il cibo, estenua i commensali con storielle imbarazzanti, indovinelli, racconti di vita privata e via discorrendo. Basterà ignorarlo senza ridere delle sue battute pesanti per neutralizzarlo.

Pagina 160

E non è finita qui: «Talora a guisa di porci col grifo nella broda tutti abbandonati non levar mai alto il viso e mai non rimuover gli occhi, e molto meno le mani, dalle vivande. E con ambedue le gote gonfiate, come se essi sonassero la tromba o soffiassero nel fuoco, non mangiare, ma trangugiare: i quali, imbrattandosi le mani poco meno che fino al gomito, conciano in guisa le tovagliuole che le pezze degli agiamenti sono più nette? Con le guai tovagliuole anco molto spesso non si vergognano di rasciugare il sudore che, per lo affrettarsi e per lo soverchio mangiare, gocciola e cade loro dalla fronte e dal viso e d'intorno al collo, et anco di nettarsi con esse il naso, quando voglia loro ne viene?» Ebbene, è diffuso vedere in cene formali (di norma, dopo la terza portata) chi trangugia con «il grifo nella broda» e si soffia il naso nel tovagliolo. Mi direte: «Scusa, ma tu chi frequenti, con chi mangi per vedere tali spettacoli?» I miei commensali rappresentano la più varia umanità: giornalisti, scrittori, imprenditori, fanciulle in attesa del ballo delle debuttanti, tronfi dirigenti, signore ingioiellate e gli amici di mio figlio adolescente. Ma vi posso assicurare che mi è capitato spesso di registrare comportamenti simili anche intorno a tavole titolate. «Quando si favella con alcuno, non se gli dèe l'uomo avicinare sì che se gli aliti nel viso, perciò che molti troverai che non amano di sentire il fiato altrui, quantunque cattivo odore non ne venisse». Solo per questa annotazione. Monsignor Della Casa si merita un encomio: è una sorta di anticipazione di tutte le teorie sul linguaggio del corpo e della distanza di sicurezza teorizzate centinaia di anni dopo da Desmond Morris in avanti. E questo principio, lo leggete voi a signori e signore settantenni seduti al tavolo vestiti come i loro figli trentenni? «Ben vestito dèe andar ciascuno, secondo sua conditione e secondo sua età». Al delicatissimo tema della conversazione a tavola, al quale dedico un capitolo, il nostro Monsignore dà il suo onorevole contributo: «Nel favellare si pecca in molti e varii modi, e primieramente nella materia che si propone, la quale non vuole essere frivola né vile, perciò che gli uditori non vi badano e perciò non ne hanno diletto, anzi scherniscono i ragionamenti et il ragionatore insieme. Non si dèe anco pigliar tema molto sottile né troppo isquisito, perciò che con fatica s'intende dai più». Adeguare toni e argomenti ai commensali, ma chi lo fa, oggi? «Vuolsi diligentemente guardare di far la proposta tale che niuno della brigata ne arrossisca o ne riceva onta». Ed ecco che compare il primo comandamento del bon ton: non mettere a disagio mai, per nessun motivo, i propri commensali e ospiti. «Né a tavola si raccontino istorie maninconose, né di piaghe né di malattie né di morti o di pestilentie, né di altra dolorosa materia». L'autore è riuscito a racchiudere in poche righe, pur mettendo in evidenza il suo carattere vessatorio, tutta la letteratura sulla conversazione a tavola. Pensate che si sia dimenticato di quelli che a tavola raccontano della moglie o dei pannolini dei figli? No, affatto. «Errano parimente coloro che altro non hanno in bocca già mai che i loro bambini e la donna e la balia loro. Il fanciullo mio mi fece ieri sera tanto ridere!» Udite... E ce n'è anche per quelli noiosissimi che raccontano i loro sogni: «Male fanno ancora quelli che tratto tratto si pongono a recitare i sogni loro con tanta affettione e facendone sì gran maraviglia che è un isfinimento di cuore a sentirli». «Non istà bene grattarsi sedendo a tavola. Non istà medesimamente bene a fregarsi i denti con la tovagliuola e meno col dito, che sono atti difformi; né risciacquarsi la bocca e sputare il vino sta bene in palese; né in levandosi da tavola portar lo stecco a guisa d'uccello che faccia suo nido, o sopra l'orecchia come barbieri, è gentil costume. E chi porta legato al collo lo stuzzicadenti erra sanza fallo, ché, oltra che quello è uno strano arnese a veder trar di seno a un gentiluomo». Meravigliosa spiegazione per cui è maleducato usare lo stuzzicadenti. Oggi non lo portiamo più al collo, ma non è improbabile vederlo comparire sulle tavole pubbliche e private. «Lo invitare a bere (la qual usanza, sì come non nostra, noi nominiamo con vocabolo forestiero, cioè 'far brindisi') è verso di sé biasimevole e nelle nostre contrade non è ancora venuto in uso, sì che egli non si dèe fare; e, se altri invitarà te, potrai agevolmente non accettar lo 'nvito e dire che tu ti arrendi per vinto, ringratiandolo, o pure assaggiando il vino per cortesia, sanza altramente bere». Ecco che compare la regola che sconsiglia il brindisi con il tintinnio di bicchieri. Abbiamo visto un piccolo squarcio sui difetti degli italiani a tavola ieri. Oggi, sta a voi decidere se intorno a voi sono ancora diffusi. Un altro autore che si occupa dell'argomento è Baldesar Castiglione, con il suo celebre Il Cortegiano. A lui rubiamo la grande lezione del saper far uso del motteggio nella conversazione e usar in ogni cosa una certa «sprezzatura», termine poi mutuato dalla musica, dalla letteratura e ripreso da Leopardi nello Zibaldone. Il trucco è che il perfetto commensale e conversatore «nasconda l'arte e dimostri ciò, che si fa e dice, venir fatto senza fatica e quasi senza pensarvi... Da questo credo io che derivi assai la grazia: perché delle cose rare e ben fatte ognun sa la difficultà, onde in esse la facilità genera grandissima maraviglia». Si tratta della spigliatezza e del sano distacco con cui ciascuno nasconderà la propria arte e il proprio talento come se non ci si fosse applicato affatto. Insomma: «Sii intelligente, non esserlo per niente» dice l'amico arguto Aldo Busi nei panni di Zsa Zsa Gabor alle signore con un QI troppo alto. Nel caso specifico, la «sprezzatura» si spiega con quell'adorabile disinvoltura con la quale un anfitrione aprirà la porta agli ospiti sorridendo, senza mostrare di essere distrutto per aver organizzato la cena e una serata perfetta. Possedere il decorum, altro termine desueto che mi piace resuscitare. «Noi dobbiamo prendere per guida la natura ed evitare tutto ciò che può offendere gli orecchi: lo stare in piedi e il camminare, il modo di star a tavola, il volto, lo sguardo, il gesto conservino il più dignitoso decoro» dice Cicerone nel De Officiis. Ancora Baldesar Castiglione aiuta a concludere il capitolo con una saggia riflessione, utile al vero «cortegiano» del nuovo millennio: «E non meritano perdono coloro cui le sopra dette cose paiano di picciolo momento, perciò che anco le leggieri percosse, se elle sono molte, sogliono uccidere». Deliziosa similitudine sul tentativo di minimizzare le regole di buon comportamento a tavola da parte di alcuni: un commensale maleducato può «uccidere» definitivamente il nostro giudizio sulla sua persona.

Pagina 20

La giovinetta educata alla morale ed istruita nei lavori femminili, nella economia domestica e nelle cose più convenienti al suo stato

191917
Tonar, Gozzi, Taterna, Carrer, Lambruschini, ecc. ecc. 1 occorrenze
  • 1888
  • Libreria G. B. Petrini
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

E quasi sieno pochi alla carità del suo cuore, la stessa cosa fa coi bambini orfani od abbandonati dai genitori: la schiera che vedesti stamattina è di costoro appunto. La pia donna ragiona loro di Dio (perchè è di qui che la Menica trae la forza della sua carità), insegna ad essi a frequentar la chiesa, ad essere buoni e rispettosi con tutti, massime con quelli che fanno loro del bene: a non mentire, a non toccare la roba degli altri : vedessi come essi la amano ! Non è pericolo che in sua presenza dicano o facciano cosa meno onesta. E non sono i bambini soltanto di cui s'interessi la Menica : poveri, infermi, derelitti di qualsiasi condizione sempre trovano in lei conforto, aiuto e consolazione. Qualche volta ; la si vede dividere coi più bisognosi il poco pane, che le resta per la famigliuola. « Ma la provvidenza, ella dice, non manca »: e non le è mancata fin qui. - Veramente di grandi cose fa la carità: e la Menica è una creatura santa, che la carità l'ha nel cuore , non soltanto sul labbro a parole. Ma io non so dire convenientemente di lei : un nostro poeta (oh s'ispirasse sempre alla virtù la poesia!) ha cantato della Menica, ben s'intende senza metterci il nome. Ti farò vedere i suoi versi. - E la dimane mi mandò le terzine seguenti, poche, ma buone, proprio come i versi del Torti :

Pagina 1

Marina ovvero il galateo della fanciulla

193654
Costantino Rodella 1 occorrenze
  • 2012
  • G. B. Paravia e Comp.
  • Firenze-Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Marina, che metteva in prima riga, dopo i genitori, le maestre, si affliggeva di alcuni atti d'ingratitudine che vedeva fare dalle sue compagne, e aveva registrato alcuni nomi di allieve, che in iscuola facevan proteste di amore e di riconoscenza eterna alle loro buone maestre, piangevano nel congedarsi da loro, e poi, promosse in altre classi, o abbandonati gli studi, o passate in altro istituto, addio proteste, chi n'ha visto n'ha visto; o non le ricordavan più, o, se le ricordavano, era per metterle in canzonatura!

Pagina 29

Galateo morale

197484
Giacinto Gallenga 3 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino-Napoli
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Le guerre al dì d'oggi dovrebbero aver perduto quel carattere bestiale ed atroce per cui eran lecite un giorno le sevizie contro i prigionieri; né può un generale, senza incontrar la taccia di selvaggio, lasciar abbandonati sul campo in preda alle malattie, alla fame, agli spasimi delle ferite i militari della parte nemica, tralasciando di porgere loro quelle cure istesse, quegli stessi conforti che è in dovere di prestare ai soldati proprii; o peggio opponendosi a che queste cure, questi conforti vengano porti loro dai commilitoni, rifiutando, anche a costo di promuovere stragi epidemiche, qei brevi armistizi che sono indispensabili per dar sepoltura agli estinti. Si, la civiltà presente dovrebbe arrossire pensando agli esempi di pietà in guerra di cui ci danno argomento le storie antiche di Grecia, di Macedonia, di Roma. Citeremo un Alessandro, un Scipione che rispettavano nell'ebbrezza delle loro vittorie le madri, le mogli, le sorelle dei loro più fieri nemici; un Epaminonda che non si macchiò mai d'una crudeltà verso i crudelissimi Spartani da lui umiliati e vinti; un Coriolano che rinunciava alla sua vendetta davanti alle lagrime della supplice Veturia; un Scipione Nasica che si opponeva alla fiera ostinatezza di Catone nel volere Cartagine distrutta.

Pagina 378

D'altronde i ragazzi abbandonati alle cure dei servitori prendono a non lungo andare i gusti, le tendenze, le usanze di coloro con cui essi convivono: per cui, dal vestito all'infuori, essi finiranno per rassomigliare perfettamente ai servitori. Ed oltre agli esempi d'inciviltà e d'indecenza a cui i vostri figliuoli saran costretti ad assistere, essi correranno anche il rischio di scavezzarsi il collo. Se il poverino dopo essersi slogato un braccio o fiaccato il naso si getta a gridare ed a piangere, arriva dopo un certo tempo la bonne (vedete che sarcasmo di nome!) la quale indispettita di quell'accidente che disturba i suoi interessanti colloquii coll'amica o col conoscente, strapazza di santa ragione il poveretto, e qualche volta per soprammercato lo batte: e per compierne l'educazione e per risparimiare a sé, quando sarà giunta a casa, i rimbrotti dei padroni, gl'insegnerà a schiccherare una bugia. Se non avete tempo o volontà d'accompagnarli, fissate almeno la località, dove hanno a recarsi coi figli vostri la persona di servizio che vi suppliscono in questa bisogna, e recatevi sovente a sorprenderle. La salute, in civiltà, la moralità delle vostre creature ve ne fanno uno stretto dovere. E così non permettete nemmeno che i servi si arroghino il diritto d'ingiuriare con epiteti indecenti e villani i ragazzi di qualunque età essi siano, o di prodigar loro carezze che possano suscitare in essi delle ignobili sensazioni. Inversamente non tollerate che i vostri ragazzi si avvezzino a comandare a bacchetta ai servi, giacché verrebbero così a prendere quelle abitudini di prepotenza che stentano poi, divenuti grandi, a smettere con uguali ad inferiori ed anche talvolta cogli stessi superiori e per cui diventano poi le person più uggiose del mondo; che si rivoltano ad ogni lieve contraddizione, e tengono con tutti quel fare tranchant che non è il più adatto a procacciar loro benevolenza dei loro simili.

Pagina 61

Tutte queste operazioni sono generalmente dovute a quei ragazzi abbandonati, genie per così dire di nessuno, non privi sempre d'ingegno e di carattere, che potrebbero, ben coltivati, farne degli onesti, e dei galantuomini, e vengono invece adoperati a questi nefandi scherni, che non sono fuorché il preludio dei furti, dei delitti della loro ignobile carriera.

Pagina 91

Signorilità

199308
Contessa Elena Morozzo Della Rocca nata Muzzati 1 occorrenze
  • 1933
  • Lanciano
  • Giuseppe Carabba Editore
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Se l'adornare solo l'altare, anzichè la chiesa, può far sorridere degli ammalati di un tetro ospedale, dei bimbi abbandonati, delle madri povere, non ci sia un momento di esitazione nella scelta... Purtroppo, invece, si può constatare che mai ... eccezione fatta per i nostri amati Sovrani, per i Principi di casa Savoja e pel Duce, nelle recenti liete nozze — si legge, sotto una mirabolante descrizione di doni e di toilettes, una lista di benefiche elargizioni... e ben di rado esse sono state fatte tacitamente!... Quando gli invitati in chiesa sono molti, e la famiglia degli sposi ci tiene che essi siano separati dal popolino, curioso di sfarzosi spettacoli, essa può far dividere la navata centrale della chiesa mediante dei banchi e delle piante, riserbando la porta principale per il corteo, e mettendo nell'entrata i propri domestici in livrea, o degli incaricati per disciplinare l'ingresso. Fra gli invitati al rito nuziale non si dimentichino le proprie maestre d'asilo d'infanzia, le insegnanti, i professori delle scuole. Si facciano assistere, da un coretto o da un banco separato, anche le fedeli persone di servizio, la balia o le balie... Alle nozze della Principessa Jolanda, nel salone che precedeva la cappella Paolina, dove aveva luogo la commovente cerimonia intima, un gruppo di persone civilmente, ma modestamente vestite, faceva ala agli sposi; tra essi spiccava una robusta bellissima contadina, nel costume di ciociara. Erano le cameriere e alcuni fedeli servi della real Casa, con la balia della bellissima sposa.

Pagina 390

Eva Regina

203506
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 3 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Lo vediamo purtroppo anche nei bimbi delle classi agiate, troppo abbandonati ai domestici o a qualche educatore indegno, dalla leggerezza o dalla inesperienza materna. È nell' istinto del piccolo uomo in embrione il desiderio del frutto vietato : il fascino del mistero, la curiosità sensuale sono nei piccini come nei grandi. Vi sono bambini maliziosi che suppongono e imparano spiando, sfogliando libri, porgendo orecchio ai discorsi. E vi sono anche bambini dall' apparenza ingenua e semplice che ingannano sulla loro facoltà comprensiva. Ho sentito molti genitori dire che il loro bambino o la bambina non capiscono niente e non si fanno riguardo di lasciar trascinare libri, illustrazioni, che se anche non sono osceni, non sono nemmeno educativi. Qui spetta alla mamma sopratutto la sorveglianza. Quando in una casa vi sono dei bambini che sanno leggere, bisogna metter fuori dalla loro portata quei libri i cui titoli o le cui illustrazioni potrebbero stuzzicare in essi malsane curiosità, eccitare malsane fantasie. Nè si lascino tra le loro mani trattati di storia naturale, d'anatomia, destinati agli studiosi ; caricature a doppio senso, cartoline illustrate di soggetto erotico, e si abbia occhio anche al dizionario. Sanno i fanciulli che quel grosso libro è fatto apposta per appagare ogni curiosità, per ammaestrare ogni ignoranza ; e dopo avervi cercato la spiegazione delle parole per uso scolastico, vi cercheranno anche la spiegazione di quelle di colore oscuro che i grandi hanno pronunciato in loro presenza, o per cui gli schiarimenti chiesti alla mamma, al babbo, non furono di loro completa soddisfazione. Allontaniamo i dizionari, ma teniamoci pronti ad appagare ogni curiosità, ogni infantile aspirazione di sapere, in modo da contentarle. Se la verità non si può dire, atteniamoci al verosimile, non ricorriamo mai al fantastico, ai termini evasivi, alle risposte assurde. La vita fisica e intellettuale dei bimbi è necessariamente in riassunto, ma le si dia però quell' alimento che possa favorirne in seguito il maggior sviluppo, non ritardarlo e falsarlo.

Pagina 197

Ora la casa è in mano ai domestici, i bambini abbandonati spesso ; il marito è ora solamente per lei un peso da sopportare, da scansare il più possibile, uno sfogatoio per i suoi malumori e le sue irritazioni di nervi oramai frequentissime. Rifugge dalla solitudine che le fa orrore, o la ricolma di letture depravate, di lettere ardenti e folli per colui dal quale soffre di vivere divisa, che vorrebbe sempre vicino a sé. E procura di farsi bella più che può per piacergli sempre maggiormente : studia le acconciature più capricciose, gli abbigliamenti più provocanti, sorda, ostile alle osservazioni del marito : spendendo assai più di quanto i suoi mezzi le permetterebbero, frequentando con febbrile instancabilità tutti i ritrovi, per incontrarsi con lui, trascinando qua e là i bambini, per meglio deludere la bonarietà del marito, e spesso facendoli assistere ai suoi colloqui, con l'amante, in qualche giardino pubblico, in qualche deserta via...

Pagina 248

Domenico, sotto le bianche ali delle poetiche Suore grigie; vanno, misteriose, non contrassegnate che da un nome soave, da un epiteto sacro: vedono tutte le miserie, tutte le brutture, tutti i dolori, tutte le infamie; popolano le carceri, gli ospedali, gli ospizi, l' asilo dei pazzi, il ricovero dei vecchi, il rifugio dei bambini abbandonati. Sulla loro spalla di vergini mistiche e fedeli, reclina il capo l' assassino moribondo, la prostituta pentita, il poeta folle, il trovatello innocente; al suo braccio si appoggia per gli ultimi passi il vecchio ricoverato, la giovine convalescente che esce per la prima volta; il soldato ferito; la puerpera stanca e felice. Le loro pie mani chiudono gli occhi agli estinti, ne compongono le salme: guidano le piccole mani infantili a congiungersi alla preghiera, a disegnare sulla fronte e sul cuore il gesto della Cristianità. Le loro labbra pallide e fini che non hanno mai dato nè ricevuto il bacio che avvince le anime, come non appartenessero già più alla terra, si schiudono solo all' invocazione pia, all' intercessione per coloro che non sanno pregare o non pregano più ; e solo mormorano parole di pace, di carità, di sottomissione, di compianto. Vengono dall'ombra silenziosa e placida dei loro conventi, vanno dove i mali del mondo le chiamano : consolano, beneficano, riconciliano, rendono alla vita o preparano alla morte e poi scompaiono ancora nell' ombra senza lasciar traccia.... Oh, dove sarete voi ora, voi che soffriste meco, che vedeste le mie tristezze e le mie lagrime, voi che pregaste con me, suor Carmelina d'un misticismo ardente; suor Caterina dalla semplicità Francescana; suor Egidia giovanetta soave e tenera che impaurita dalla prima rivelazione dell' amore, fuggiste a rifugiarvi nel chiostro come una colombella sgomenta dall' annunzio dell'uragano? Dove siete voi, sorelle? Continuate nel mondo la vostra missione di pietà o siete partite per la vostra Patria Celeste ? Comunque, voi non leggerete mai queste parole, e mai saprete che incido qui i vostri nomi come su una lapide di memoria e di gratitudine, e ancora vi benedico.

Pagina 404