In conclusione si accenna alla tenuta della contabilità separata per le imprese strumentali esercitate direttamente dalle fondazioni, proponendo altresì la redazione di un bilancio consolidato per il gruppo no-profit.
In tale ottica si accenna anche al diritto del coerede di continuare la coltivazione del fondo, che pur non costituendo ex se un diritto di prelazione assolve ad una funzione da tale diritto non dissimile.
Per l'aspetto sociale della medicina si accenna ai principi che dovrebbero regolare la sanità, in cui la salute non deve mai diventare merce di scambio. Infine si ribadisce l'essenzialità del rapporto fiduciario tra paziente ed operatore sanitario; in esso andrebbero privilegiati, oltre che la competenza del curante, anche la conoscenza umana ed il rispetto del malato nella sua ontologica unità somatica, psichica e spirituale. Sono riportati peraltro alcuni riferimenti legali ed etico-deontologici che dovrebbero guidare i comportamenti degli operatori sanitari.
L'articolo accenna infine al tema delle competenze comunitarie e nazionali ed alla natura "mista" della Convenzione.
La trattazione accenna anche ai motivi della decennale disputa che a livello comunitario si è sviluppata intorno al problema degli "aiuti" al trasporto professionale.
Nel Capitolo III, l'Autore espone le proprie conclusioni, generalmente favorevoli alla compatibilità, ed accenna brevemente ad alcune possibili soluzioni dei persistenti problemi di applicazione pratica delle convenzioni, sia in una prospettiva attuale, sia in una prospettiva futura.
Nella parte finale, inoltre, si accenna alle altre principali disposizioni contenute negli artt. 12 e ss..
Si accenna al tema della tutela delle minoranze, particolarmente rilevante nelle società in mano pubblica, cui tra l'altro si ricollega la questione dell'applicabilità a tali società delle nuove disposizioni concernenti i gruppi societari, con particolare riguardo a quelle in materia di recesso da società sottoposte ad altrui direzione e coordinamento. Lo scritto tratta poi più diffusamente della nomina di amministratori e componenti degli organi di controllo della società da parte dello Stato o di altro ente pubblico, e delle varie situazioni nelle quali può verificarsi che negli organi societari siedano membri designati da soggetti diversi dal socio di maggioranza, ponendo in luce la dialettica degli interessi sottostanti a tali situazioni, la necessità che questi interessi trovino pur sempre all'interno dell'ordinamento societario il loro punto di equilibrio ed i riflessi che ne derivano sulla soluzione di svariati problemi: in tema di modalità di designazione, di requisiti di eleggibilità e d'indipendenza, di permanenza in carica e di limiti alla possibilità di revoca dei componenti di nomina pubblica in detti organi sociali di amministrazione e di controllo. Si sottolinea infine la necessità che, in via di principio, quando lo Stato nel proprio operare si avvale degli strumenti privatistici offerti dal diritto societario, le regole giuridiche applicabili a quell'operare siano pur sempre desunte dall'impianto privatistico proprio della disciplina del codice civile.
Nella conclusione si accenna a due rischi sempre in agguato in una riflessione teorica e prassi interpretativa, quali quelle del costituzionalismo contemporaneo, aperte alla dimensione assiologica del diritto: il rischio di cadere in una vuota retorica, nonché il rischio di una "tirannia dei valori".
Sono, quindi, affrontate le questioni di competenza e di rito e si accenna alle difficoltà poste dal nuovo modello processuale nei giudizi con pluralità di parti: in particolare, è considerata la questione dei poteri del titolare di situazione giuridica dipendente, quale, esemplificativamente, la società assicuratrice dei convenuti. Si esamina poi l'operatività del rito abbreviato nell'ambito del procedimento cautelare e si accenna alle questioni relative alla revoca degli amministratori delle società a responsabilità limitata, a quelle inerenti alle azioni esercitate dagli organi delle procedure concorsuali, nonché all'arbitrato.
Il commento ad una sentenza della Corte di cassazione, che accenna indirettamente alla tematica dell'affidamento condiviso (e del mantenimento dei figli) permette all'A. di fare il punto sulla l. n. 54/2006, sulla sua interpretazione e prima applicazione, con particolare riferimento al mantenimento dei figli.
Si accenna poi alla questione del conflitto tra l'uso civile e quello imprenditoriale di internet e si conclude nel senso che l'ordinamento giuridico non prevede (quindi non permette) alcuna discriminazione del primo rispetto al secondo.
Si accenna, infine, alla determinazione del danno risarcibile ed alla legittimazione a richiedere il risarcimento.
Si accenna, infine alle difficoltà attuative di siffatta normativa ed ai principali problemi che la tutela degli investitori tuttora incontra sul piano giudiziario: all'alternativa tra azioni di nullità ed azioni risarcitorie nei confronti dell'intermediario scorretto, al possibile concorso di colpa del cliente, alle difficoltà nella prova del danno da quest'ultimo subito.
In quest'ottica, si accenna alle peculiarità della problematica inerente all'esposizione a sostanze nocive e segnatamente ad amianto. Viene altresì affrontata la tematica relativa ai rapporti fra causalità generale e causalità individuale, illustrandosi la problematicità del ricorso alla nozione di causalità generale ai fini dell'individuazione dell'eziologia di eventi singoli. Ci si sofferma infine sulla distinzione fra causalità attiva ed omissiva e sulle implicazioni della stessa in materia di responsabilità professionale e di neoplasie da amianto.
Accenna infine ai rimedi civilistici e ordinamentali.
Prendendo spunto dalla pronuncia del Tribunale di Cagliari si accenna al dibattito che ha a lungo affaticato dottrina e giurisprudenza sul tema della definizione della situazione di pericolo quale presupposto necessario per la sussistenza dell'istituto del soccorso in mare. La transnazionalità del fenomeno navigatorio induce inoltre alla valutazione del tema dall'angolo visuale del diritto interno e di quello uniforme. Si conclude, infine, con un breve riferimento al diverso approccio alla materia attuato nell'ordinamento italiano ed in quello britannico.
Si accenna quindi alla centralità dell'UIF per poi esaminare il nuovo ruolo affidato all'organismo di controllo, ex art. 6 d.lg. n. 231/2001, dagli artt. 52 e 55 d.lg. n. 231/2007, evidenziando alcune incongruenze di tali disposizioni e proponendo le soluzioni interpretative atte a superarle. Si chiude con alcune considerazioni sull'interazione fra disciplina amministrativa e disciplina penale in materia di contrasto al riciclaggio e con la notizia di una possibile imminente modifica degli artt. 648 bis e 648 ter c.p.
Nell'articolo si accenna al lungo dibattito in corso circa la necessità di apportare modifiche sostanziali al giudizio di cassazione onde rafforzarne il fine di garanzia nomofilattica nell'interpretazione della legge, sottolineandosi poi il notevole aumento del carico di lavoro della Corte di cassazione, che l'allontana sempre più dalle media della giurisdizioni superiori europee, e se ne rintraccia la ragione nella contraddittorietà delle disposizioni che regolano l'attività della Corte. Si analizza il lavoro della Corte e il suo prodotto nella prospettiva dell'influenza di esso sui giudici di merito: si guarda pertanto all'efficacia del precedente nell'assetto della giurisdizione nazionale, e il particolare all'Ufficio del Massimario della Corte e ai suoi compiti; si delinea infine una proposta di intervento sui precedenti della Corte al fine di semplificare la linea storica dell'interpretazione e di fornire al giudice del merito uno strumento di riferimento più agile e sicuro.
Si accenna, infine, al confronto scientifico in atto, a livello istituzionale ed accademico, in ordine alle modifiche da apportare all'ordinamento internazionale comunitario e nazionale al fine di individuare, con riferimento alle inchieste tecniche, un punto di equilibrio tra le esigenze di prevenzione e quelle di giustizia.
Si accenna infine alla controversa questione della incompatibilità con la consulenza e si formula qualche proposta "de jure condendo".
Se i city manager analizzati paiono quindi maggiormente orientati ad una reazione privilegiata con gli stakeholder interni, nella parte finale del lavoro si accenna al cambiamento del ruolo dell'ente locale, il quale sembra aprire nuove sfide, che probabilmente impatteranno sull'evoluzione del lavoro del city manager.
Parimenti, per quanto concerne un profilo che la sentenza in commento solo accenna, devono essere sottolineati i dubbi che sorgono dall'indirizzo interpretativo che ripartisce ulteriormente tra conducente e trasportato quella parte di danno derivante dal mancato utilizzo delle cinture di sicurezza.
Infine, l'A. accenna alle possibilità di tutela - giurisdizionale e non - nei riguardi dei provvedimenti nulli oppure viziati da illegittimità comunitaria.
Da ultimo, si accenna al delicato problema della sanzionabilità sul piano amministrativo delle condotte in violazione del divieto di abuso, escludendola essenzialmente per motivi riconducibili ai principi generali del diritto punitivo ma evidenziando anche come la prima giurisprudenza nota abbia battuto la strada delle «obiettive condizioni di incertezza» per raggiungere il risultato della non punibilità della condotta specifica.
Nella parte finale l'A. accenna alle prospettive di ampliamento del campo di applicazione della norma costituzionale anche al di fuori dell'area del lavoro subordinato, nell'area assai più ampia del lavoro che vede il prestatore in posizione di dipendenza economica dall'azienda.
Si accenna infine alle ricerche empiriche condotte sull'efficacia dell'ombudsman nell'incidere sulla percezione pubblica della burocrazia e nel mutarne le prassi.
Il conflitto interpretativo relativo agli obblighi contributivi assolvibili dal socio amministratore di s.r.l. non accenna a placarsi. Dopo la sentenza delle Sezioni Unite n. 3240/2010 è intervenuto il legislatore con la norma di interpretazione autentica di cui all'art. 12, comma 11, D.L. n. 78/2010, quindi la Corte di cassazione con ordinanza n. 22558/2010, che ha sollecitato un nuovo pronunciamento delle Sezioni Unite sulla legittimità costituzionale del nuovo quadro normativo, sul quale si sono intanto espresse tre Corti d'Appello, accogliendo le tre possibili soluzioni alternative sulla efficacia e validità della nuova normativa (innovatività, illegittimità costituzionale e legittimità della stessa normativa).
Accenna anche a quello che riguarda entrambi i casi, recentemente codificato per la Calabria, che commina la sanzione del commissariamento nel caso di inadempimento ad elaborare, in un termine predefinito (nel caso di specie 70 gg.), un piano triennale di risanamento della situazione debitoria venutasi a determinare, quasi incidentalmente, a cura del Commissario delegato per l'emergenza. Conseguentemente, precisa i contenuti dei piani di rientro, analizzando anche la genesi dei debiti da risanare, le fasi di elaborazione e le soluzioni più frequentemente escogitate, sotto il profilo tecnico, dalle Regioni coinvolte. Stigmatizza alcune rilevanti debolezze del sistema dei controlli centralizzati e sottolinea alcune incertezze procedurali dell'impianto informatizzato utilizzato ad hoc. Punta il dito sui limiti delle leggi c.d. dell'emergenza, attraverso le quali le Regioni suppongono di risolvere strutturalmente i loro problemi di mancato contenimento dei costi di esercizio del SSR. Conclude, con l'analisi della recente legge siciliana di riordino del sistema sanitario, non trascurando di precisare alcune difficoltà applicative, soprattutto in relazione all'accorpamento delle aziende sanitarie e ospedaliere.
L'ultima parte del lavoro accenna alla materia delle sanzioni esperibili in caso di violazione del contratto: sia di quelle tipiche della disciplina della proprietà intellettuale (principalmente inibitoria e risarcimento del danno) sia di quelle tipiche della disciplina della concorrenza sleale.
Il contributo in principio accenna ad alcune ricerche circa la condizione giuridica della donna di fondamentale riferimento nell'ambito della storiografia romanistica. Poi, il tema della discriminazione femminile viene ricondotto alla dicotomia inclusione-esclusione nella storia romana, di cui si traccia una molto rapida sintesi. Quindi, si delineano i tratti essenziali dell'alterità-esclusione delle donne, alla luce di una veloce rassegna dei brani dei giuristi romani sulla logica dell'inferiorità femminile. Infine, si descrivono squarci di vicende politiche in materia di presunta emancipazione femminile tra l'età repubblicana e quella imperiale, per puntare l'obiettivo in conclusione sull'intreccio tra ruoli sociali e funzioni riconosciute sul piano giuridico alle donne, soprattutto alla luce del riesame innovativo da ultimo proposto dalla Giunti.
Nella parte finale, si accenna alla amministrativizzazione della legge e al dibattito sull'opportunità di introdurre la motivazione della legge.
Ancora dopo o, meglio, ancor più dopo questo arresto, "La storia dei medici specializzandi, la cui formazione é sostenuta dai contributi europei,non accenna a risolversi ", riconfermandosi quale vera e propria "neverending story": la Corte, infatti, rispetto a pronunce precedenti, ha sostanzialmente dilatato di ben tredici anni il termine prescrizionale delle pretese risarcitorie dei medici specializzandi per danni da tardivo recepimento di direttive comunitarie. In merito a tale dilatazione del termine prescrizionale viene condotta un'analisi in chiave critica dell'iter argomentativo posto a base della pronuncia della S.C.
Sostiene come l'abuso vada considerato sia dal punta di vista del ricorso strumentale alla tutela giurisdizionale, sia da quello - di pari incidenza sul funzionamento del servizio in cui il singolo processo s'inserisce - dell'impiego strumentale di attività interna al processo da parte dei vari protagonisti, ed accenna a quali possano essere le forme di reazione dell'ordinamento. Sottopone poi a critica l'utilizzo da parte della Corte di cassazione, segnatamente con riguardo al processo del lavoro, del principio di ragionevole durata del processo quale canone interpretativo della legge.
A dispetto della endemica crisi del mercato economico europeo di cui si è inermi spettatori già da qualche anno, il settore del "gambling" italiano sembra non averne risentito essendo, al contrario, uno dei pochi superstiti protagonisti di un "trend" di crescita che non accenna a placarsi. In realtà il nesso "causale" tra i due eventi è ravvisabile proprio nella crescente esigenza dello Stato di trovare fonti alternative di entrata, in questo panorama di forte crisi finanziaria, attraverso un sempre più diffuso ricorso al gioco legale. Sfortunatamente, oltre a tenere presenti gli effetti degenerativi del fenomeno sui cittadini, occorre considerare come il settore costituisca un'appetibile fonte di guadagno per la criminalità organizzata. Con il supporto di sofisticatissime tecniche, finalizzate all'elusione dei presìdi di controllo posti dallo Stato, le cosche mafiose si accreditano come l'undicesimo concessionario "occulto". (Questo articolo è presente nella rivista anche in inglese. - The english version of this article is also available in this review)
Quanto alla colpa, premessa l'incidenza del c.d. errore sistemico e la relativa inevitabilità, accenna alle ragioni che nell'ambito del "clinical risk management" hanno condotto dapprima alla diffusione delle linee guida e quindi alla loro individualizzazione, per soffermarsi sul rischio che da tale necessaria individualizzazione la giurisprudenza inferisca un "deficit" di attendibilità delle cautele stesse.
Nonostante sia trascorso più di un decennio dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 74 del 2000, il cui art. 20 ha recepito, sia pure indirettamente e con una formulazione piuttosto laconica, il principio della "autonomia e separazione delle giurisdizioni", il contenzioso giudiziario generato dai problemi di coordinamento e di reciproca interferenza tra processo penale e processo tributario non accenna a diminuire, ed anzi pare addirittura in aumento. In seno alla Suprema Corte, comunque, si è ormai consolidato un orientamento che, in coerenza con la logica di fondo del processo accusatorio, nega al giudicato penale automatica efficacia vincolante nel processo tributario.
Si accenna, infine, all'efficacia delle sentenze dichiarative pronunciate su incidenti dell'esecuzione e, segnatamente, all'efficacia, provvisoria o differita alla formazione del giudicato, delle sentenze che definiscono le opposizioni di merito, anche in caso di disposta sospensione del processo esecutivo.
Si accenna infine ai caratteri principali dell'"astreinte" amministrativa.
Nella descrizione delle caratteristiche farmaco-tossicologiche delle principali sostanze vietate per "doping" si accenna alle principali motivazioni che inducono gli sportivi al loro impiego ed agli effetti dannosi sulla salute. La trattazione riguarda in particolare gli stimolanti quali la cocaina e le anfetamine, i narcotici quali gli analgesici oppioidi, i cannabinoidi quali hashish e marjiuana, gli agenti anabolizzanti quali il testosterone e il nandrolone ed altri ormoni e sostanze correlate come l'ormone della crescita e l'eritropoietina. Infine viene trattato il "doping" genetico definito come l'utilizzo di geni o elementi di tipo genetico che hanno la capacità di migliorare la "performance" atletica.
Dopo un premessa nella quale si dà brevemente conto del contesto delle riforme della giustizia civile e, in particolare, di quelle delle impugnazioni, si accenna alla disciplina transitoria delle nuove disposizioni. Sono, quindi, analizzati i nuovi requisiti dell'atto di appello. Si rileva che la nuova sanzione di "inammissibilità" dell'impugnazione è, in realtà, un'ipotesi di manifesta infondatezza della medesima. Se ne determina, quindi, l'ambito di applicazione nel processo civile ed in quelli innanzi ai giudici speciali. Si affrontano le questioni relative alla impugnabilità dell'ordinanza dichiarativa della manifesta infondatezza dell'appello, ai possibili esiti del giudizio di cassazione, ai rapporti tra motivi di appello e motivi di ricorso per cassazione, nonché i limiti di quest'ultimo nel caso di "doppia conforme". Si dà poi conto delle modifiche introdotte alla istruzione in appello. Si conclude per la inutilità della riforma: l'esame del fascicolo consente la decisione dell'appello in forma semplificata, prescindendo da nuovo orpello.
Si accenna, infine, alle modifiche introdotte alla disciplina della somministrazione di lavoro a termine e dell'apprendistato, atteso che, secondo un modulo ormai scontato, un intervento sul d.lgs. n. 368/2001 si porta quasi sempre dietro un qualche innesto al d.lgs. n. 276/2003 e al d.lgs. n. 167/2011, a conferma del carattere fungibile sul mercato del lavoro tra queste tipologie contrattuali e il contratto a termine.
Si accenna, infine, alle questioni non lievi che si pongono in ordine al ricorso al modello civilistico esaminato da parte delle amministrazioni pubbliche.
Nel quadro di tale direzione di sviluppo del fenomeno si accenna anche alle autorità indipendenti più importanti presenti da tempo nel nostro ordinamento che possono essere considerate atipiche. Ciò serve a far emergere il profilo dell'ANAC ed i tratti salienti di forte atipicità che caratterizzano questa autorità.
Nel quadro di tale direzione di sviluppo del fenomeno si accenna anche alle autorità indipendenti più importanti presenti da tempo nel nostro ordinamento che possono essere considerate atipiche. Ciò serve a far emergere il profilo dell'ANAC ed i tratti salienti di forte atipicità che caratterizzano questa autorità. La seconda parte ha ad oggetto l'ANAC nella nuova normativa sui contratti pubblici, che ha chiamato l'Autorità a coniugare i compiti di autorità anticorruzione con quelli di vigilanza e regolazione in tema di contratti pubblici. L'attenzione viene portata, oltre che sull'art. 213 rubricato "Autorità Nazionale Anticorruzione", su singole disposizioni del d.lgs. n. 50 del 2016 di dubbia legittimità, che evidenziano il profilo atipico dell'Autorità. Emerge al riguardo la tendenza a privilegiare un'ottica burocratica di prevenzione della corruzione che può danneggiare la concorrenza; ancora, la tendenza ad occupare lo spazio della discrezionalità delle stazioni appaltanti e ad invadere il campo proprio dell'autorità giudiziaria. Sotto forma di rilievi a partire dall'inquadramento operato dal Consiglio di Stato nel parere sullo schema di decreto legislativo è quindi affrontato il tema degli atti attuativi del codice ed in particolare del carattere normativo delle linee guida dell'ANAC. È al riguardo evidenziato come il "disagio" nel riconoscere potere normativo all'ANAC sia in definitiva da ricondurre al profilo anomalo dell'Autorità, nella quale è venuta a concentrarsi unampia responsabilità di carattere politico. Rilevata lattuale insufficienza delle garanzie nei confronti dell'ANAC, si accenna infine alle prime linee guida dell'Autorità. La conclusione sottolinea ancora l'ampia responsabilità di carattere politico scaricata sull'ANAC, il rischio conseguente di disfunzioni e di lesione del principio comunitario di concorrenza.
La nota accenna anche alla necessità di rivisitare l'intera tematica dei ricorsi c.d. paralizzanti, alla luce della novità normativa introdotta con il comma 2 bis dell'art. 120 c.p.a. che, prescrivendo un "anticipato" giudizio sull'atto che determina la platea dei concorrenti ammessi, sembra destinato ad incidere sulla tormentata questione dell'ordine di esame dei ricorsi escludenti incrociati.
L'esame sulla "communicatio in sacris" accenna anche la problematica dell'accoglienza nella Chiesa cattolica dei non cattolici, specialmente i fedeli delle Chiese ortodosse e la ragione della loro appartenenza al Rito della propria Tradizione liturgica, che da parte propria è contraria a qualsiasi forma di "proselitismo".
Richiamando un'osservazione della sentenza circa l'importanza e l'utilità dell'istituto dell'Amministrazione di sostegno, accenna ai problemi inerenti ad essa, e suggerisce un'interpretazione più ampia dell'istituto al riguardo.