te la faccio veder io, bestiaccia! - La contessa, i bimbi, la Letizia, erano tutti dolorosamente sorpresi da quella scena, che certo non s
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rispondere: - Io sono Moschino dei conti Sernici, originario delle Indie. Mi trovo qui, a dirti la pura verità, perchè son fuggito di casa mia, volendo
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Ma io ve la riferisco in lingua topesca: si chiama La guerra dei topi e delle rane; attenti che incomincio. Il topo istruito si ripulì la bocca, si
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date la Ninì, è lo stesso che se la teneste voi altri. Ve la porto sempre qui; sapete che sta bene, che io la tengo come la tenete voi, anzi
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. - Appena mi lasciano solo - disse fra sè - mi metto io a caccia di quella vagabonda di mia sorella; e le faccio tale una ramanzina, da levarle per
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- Cattivo! cattivo! - si mise a singhiozzare la Lilia. - S' io non avessi la famiglia, alla quale non voglio dare dispiaceri anche maggiori, verrei
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!... - esclamò la Letizia, non potendosi trattenere dal ridere. - Io darei da mangiare a tutte le bestie del mondo, potendo! - rispose Nello, per
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, che si ricordava del povero sorcio ucciso dal gatto davanti a' suoi occhi. - No: vengo dai tetti, io. - O perchè sei tutto bigio, mentre io sono
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seta floscia; più odoroso della vallata delle Rose! Lascia ch' io ti baci gli occhi, che splendono più dei rubini! lascia ch' io ti ripeta che il mio
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del componimento per domani. - E tu, Nello? - Io ho fatto l' asino - disse Nello, ch' era un po' burlone. - Come sarebbe a dire? - L' asino, sicuro, l
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vaga delle medesime avventure, esclamava: - Anch' io, oh, anch' io! - Ma tu non sei un uomo - le faceva osservar Nello, alzando fieramente la testa
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fratello tutto mortificazione e paura - Dodò farà il bibliotecario; io me la sbirberò alla meglio; a Lilia daranno marito per riprodurre là razza; di
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grazia e con tanto spirito! - E disse alla contessa, che assentiva a quelle parole: - Questo topo, mia cara, è il più fìno diplomatico ch' io abbia
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nell' unghie del gatto per la smania di girare. - E tu gira! - diceva Dodò filosoficamente. - Oh, io no! Non voglio mica morire di mala morte, io
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dispiace davvero.... riprese il conte. - Ah Dodò, Dodò! ti punirò io, io ti punirò - soggiunse facendo un atto di minaccia verso la libreria. L
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comuni due grandi amori: l’amore alla Chiesa cattolica, e quell’altro complesso di idee e sentimenti, che io chiamerei il «trentinismo», l’amore a
oltremodo faticoso il lavoro di educazione e di formazione interiore. Eppure in questo proposito si é fatto molto, e s’io volessi oggi riferire tutto quanto
La ragione per cui mi sia indotto io siciliano di parlare della Questione Meridionale a Bologna si è che i nostri fratelli del Nord non ci conoscono
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il mio silenzio non è stato privo da una certa tendenziosità; perché volevo una giustificazione patente alla mossa che io e molti amici del
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Del resto io non arrivo a comprendere che vogliano questi uomini con la faccia voltata indietro, come gl'indovini dell'inferno dantesco.
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Domande vane: quanti siete? io dico a costoro. E se siete i pochi, anzi se men siete come partito civile e politico in Italia, a che, entrando nelle
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Ho accettato, io siciliano, di parlare in Bologna sulla Questione Meridionale non solo per un senso di carità sentita verso il natio loco, troppo
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ospitare?" chiese l'ebreo, dopo averla fatta sedere su un soffice divano. "Sì, io sono Esther Nartico, figlia del negoziante di Tombuctu, morto otto mesi or
?" chiese il marchese, dopo aver interrogato tutti i capi delle due carovane, ottenendo sempre la medesima risposta. "Che io sia stato ingannato e che
e coraggiosi e avranno ben presto ragione. Orsù, prendi i miei uomini e agisci; io mi reco alla kasbah ad incassare il premio che mi è stato promesso
bufera sulla sua tribù. Se il marchese sapesse chi sono stati gli uccisori della missione Flatters, o lo sospettasse, io sarei il primo a subire la
anche dell'acqua bollente," aggiunge Rocco. "Basta salire sulla terrazza e vuotare la pentola." "M'incarico io," disse l'ebreo. "Vi consiglio di non
venite?" chiese il vecchio ministro, dopo averli osservati a lungo. "Io sono figlio d'una nazione potente, che ha esteso le sue conquiste fino al
ancora la giovine. Gli era sembrato di udire un profondo sospiro. "Esther!" chiamò. La giovane aveva aperto gli occhi e stava per alzarsi. "Dove sono io
galleria che è molto bassa. Dove conduca io non lo so; però mi pare che vi siano colà maggiori probabilità di trovare un'uscita anziché rimanere qui
nel Sahara tutti conoscono." "Ma che io ignoro, Ben." "Ricorda una terribile vendetta." "Allora me la racconterete." "Sì, quando ci fermeremo, marchese
," rispose El-Haggar. "Ti rincresce forse, El-Melah? Me l'hai chiesto in un certo modo!" "Quell'ebrea è la più bella ragazza che io abbia veduto nel
vita, è vero?" chiese, dopo qualche istante di silenzio. "Sì, sono stato io a strapparvi dalle sabbie." "Grazie, signore." Poi guardandolo con maggior
lascino insepolto sulle sabbie ardenti del Sahara il mio carcame; che la sete mi strazi le viscere; che gli avvoltoi mangino i miei occhi se io ed i
occhi che si erano fissati subito su di lui. "Ecco la più bella fanciulla che io abbia veduto in Algeri e nel Marocco," disse il corso, salutando la
i loro sguardi su El-Melah. Un grido di sorpresa e anche di gioia sfuggì tosto al capo. "Ah! ... L'algerino! ... " "Sì, sono io, Amr," rispose El
con una certa inquietudine che non sfuggi al suo interrogatore. "Ascoltatemi," disse questi. "Se voi mi narrate quanto sapete su quella tragedia, io vi
il marchese. "Perché dite questo?" "Perché serberemo a voi gli ultimi sorsi d'acqua." "E credete che io accetterei un simile sacrificio? Ah! no
Allah." "Ah! ... Ho capito," disse il marchese, trattenendo a stento uno scoppio di risa. "Ed io niente affatto," mormorò Rocco. Il governatore si alzò
lo libereremo," disse il marchese, "dovessimo dar fuoco a Tombuctu o far prigioniero il sultano." "M'incarico io di ciò," disse Rocco, che tutto
dell'eccellente miele." "E chi se ne incaricherà?" chiese il marchese. "Io, signore," rispose Esther che stava succhiando colle sue piccole labbra, rosse come
alcunché di minaccioso. "Non soffia un alito di vento e tu annunci lo scoppio del simun!" esclamò il marchese. "Hai sognato, El-Haggar?" "Io lo vedo
morto laggiù, dopo aver raccolto una fortuna considerevole." "Io so che quella città è inviolabile agli stranieri e anche agli ebrei." "È vero, signore
sotto la finestra, volendo che salisse prima l'arabo. "Monta," gli aveva detto. "Io sarò l'ultimo." "No," aveva risposto la guida. "Io rimarrò qui in
scambiato alcune parole col capo della scorta, si avvicinò al marchese, dicendogli "Salam-alek [la pace sia con te]. Io sono El-Haggar." "L'uomo che il
più, signore!" "Se l'ho veduto io cadere!" "Eppure vi dico che il suo cadavere è scomparso!" Non l'avrà già divorato un leone senza che noi lo
villaggio. Ricordati però che se tu cerchi di tradirci io ti fucilerò. In marcia e dinanzi a noi! Tu, Rocco, lo terrai per la fascia e non gli
tronco d'una quercia. "Io ammiro la vostra tranquillità," disse il marchese. "Una donna che non trema dinanzi al re delle foreste!" Esther si volse
ricaricato prontamente l'arma, "voi sorvegliate la riva destra mentre io guardo quella sinistra e se scorgete qualcuno fate fuoco." "Ed io?" chiese
"Giuro sul Corano che avrò la tua barba e anche la tua testa, infedele maledetto!" "Ed io il tuo mehari, per ora," rispose il corso, strappando a Ben il