Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Concentrazione per il partito o per l'amministrazione cittadina? La rappresentanza proporzionale degli interessi - appello al buon senso

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Nella concentrazione si vedono uomini i quali provocarono a qualunque costo lo scioglimento del Consiglio e la venuta del commissario governativo, mentre ve ne sono altri che nel penultimo Consiglio dicevano indegno di ogni cittadino non solo accettare la nomina di commissario governativo, ma nemmeno dignitoso di prendere una qualsiasi partecipazione all ’opera del commissario governativo. Le testuali si leggono in un protocollo del 21 dicem- bre 1903. Ironia della sorte: questo protocollo in cui si proclamava indegno d’ogni cittadino accettare la carica di commissario o diventare suoi collaboratori, è firmato dal conte Manci, e firmato dal dr. Stefenelli Giuseppe, direttore dell’Alto Adige, il quale volle questa volta lo scioglimento e quindi il commissario governativo e (tragica ironia della sorte imposta ad un uomo dai suoi) è firmato dal signor... commissario governativo, il dr. Silli! (Applausi e battimani). Ci dovremmo quindi chiedere: se tante sono le diversità di linea che si riscontrano nella lista liberale, la quale dichiarava di marciare contro di noi, che cosa è che la unisce? Qual è stato il perché di codesta famosa concentrazione?

In un ambiente sereno

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Ma una delle cause che dobbiamo accettare tutti è quella che si riferisce agli aumentati bisogni. Il conferenziere la rende evidente con un esempio praticissimo: «Entrate in un’osteria di montagna buttata lì alla vecchia: con poco vi sazierete. Entrate invece in un hotel, e qui dovrete spendere il doppio per sfamarvi: ma qui però avrete tutto quel comfort che corrisponde all’igiene, al progresso. Il progresso dunque è per se stesso una causa del rincaro. Altra causa è nell’essenza del sistema capitalista liberale. Esso s’ispira alla teoria della libera concorrenza. La base è errata. Non meno errato è il sistema socialista. Questo combatte, è vero, il sistema liberale; ma in nome di principii materiali. Invece la base di tutto dovrebbe essere il principio morale. E qui si riaffaccia più imponente che mai la questione sociale. Nel sistema economico si dibattono le grandi questioni morali». L’oratore fa qui un appello ai giovani per lo studio della questione sociale e per la rinascita dei nostri studi. Il conferenziere passa quindi a parlare della questione del rincaro nei rapporti del parlamento, riassumendo il dibattito e spiegando l’ultima votazione.

L'adunanza decisiva del Consesso della Comunità generale

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Circa le prime due tocca a voi, essenzialmente, quali amministratori della Comunità e come rappresentanti economici della valle dare il vostro voto ed assumere la responsabilità di accettare o respingere la proposta finanziazione. La terza parte tocca la questione dal punto di vista generale in relazione cogli interessati di Trento e della valle di Cembra; e quale rappresentante politico della valle, raccomando vivamente al consesso di accettare le proposte del comitato, poiché esse non solo esprimono solidarietà a Trento ed alla valle di Cembra, che ora raggiungono solo parte del postulato comune, ma sono un impegno che nell’avvenire tutti gli interessati lavoreranno in comune per ottenere l’intiera avisiana che servirà anche ai paesi della bassa valle di Fiemme. Questa parte contiene anche le condizioni di carattere nazionale. Sono questi raccomandabili non solo dal punto di vita dell’indipendenza della valle, di cui codesta Magnifica Comunità fu sempre gelosa, ma anche dal punto di vista politico. Della proposta finanziazione dovrà infatti occuparsi a suo tempo ed al più tardi nella prossima tornata la deputazione dietale, perché si dovrà proporre il contributo della provincia. Ora è noto, anche perché allora ne ho data ampia relazione ai comuni, insieme al collega Trettel, che l’ultima proposta della deputazione dietale italiana era appunto che si finanziassero contemporaneamente da una parte la linea di San Lugano, dall’altra la Lavis-Cembra. Condizione imprescindibile però era che la linea di San Lugano si finanziasse coi contributi dello Stato, della Provincia e della Comunità, escludendo altri fattori. La Comunità, stabilendo anche per conto suo tale condizione, può quindi avere tutte le prospettive che la deputazione italiana voti il contributo della Provincia. Signori! Il momento è grave per la valle di Fiemme. Vi trovate per la prima volta di fronte a una proposta concreta del Ministero per cominciare la soluzione del vostro complicato problema ferroviario. Voi dovete decidere dal punto di vista della Comunità se volete nella misura e nel modo domandatovi. Decidete in modo affermativo, allora vi raccomando di accogliere anche le condizioni proposte dal vostro Comitato. Qualunque sia la deliberazione del consesso, io mi riservo di spiegare a tempo opportuno queste trattative ed il mio contegno dinanzi ai miei elettori di fronte ai quali sono responsabile. In ogni caso però dichiaro fin d’ora che se il consesso deliberasse di trattare coi circoli di Bolzano o di associarsi ad essi, combatterei a spada tratta tale deliberato, preferendo anche rinunziare alla rappresentanza politica di Fiemme, piuttosto che mostrarmi connivente al suo tradimento.

Il comizio di iersera per le elezioni comunali

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Infine l’oratore, ch’è stato spesso interrotto da applausi, dichiara che, per tagliar corto a inutili insistenze degli amici che gli venivano fatte anche nell’adunanza, non può accettare la ripresentazione della sua candidatura, sovrattutto perché non potrebbe dare che piccolissima parte della sua attività, essendo già aggravato da altre molteplici occupazioni. Permettano gli amici che egli dedichi quella parte ormai poca del suo tempo e delle sue forze che gli resta dopo il disimpegno delle sue cariche pubbliche, alla propaganda delle idee. Il partito non deve commettere l’errore di esaurirsi nel lavoro quotidiano della politica o dell’amministrazione, ma deve ritornare con slancio alla propaganda e alla diffusione delle idee generali che sono la bandiera che sventola sopra le nostre masse in movimento. (Grandi applausi e ovazioni).

Il primo Congresso Cattolico Trentino

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Noi, ricordandoci delle parole di Montalembert, non abbiamo nemmeno supposto di non accettare le condizioni di un’epoca militante. Non bastava conservare il cristianesimo in sé stessi, conveniva combattere con tutto il grosso dell’esercito cattolico per riconquistare alla fede i campi perduti. Contribuire ora e più tardi al ritorno delle classi colte trentine all’antica fede della città del Concilio, e distruggere così l’abisso fatale aperto fra il popolo e la colta borghesia, ricondurre quell’armonia necessaria ad un popolo tendente ad alti destini, ecco quello a cui noi tendiamo e che esprimiamo mettendo a capo del nostro programma la parola cattolici. E a questo scopo ci soccorre la fede che solleva i cuori e la scienza che arma la mente. A chi nega la conciliazione dell‘una con l'altra, risponda Pasteur. Disse una volta ad un cotale che gli domandava se fra i risultati delle sue esperienze e la Bibbia avesse mai trovato contraddizione: Signore, io passai la vita nello studio, e giunto alla fine credo quanto crede un povero contadino della Bretagna. Se vivessi ancora penso che le mie esperienze mi condurrebbero a quella fede che anima la più povera vecchiarella brettone! Signore! signori! I polacchi dicono che per loro polonismo e cattolicismo è la medesima cosa. Polacco significa già cattolico. Parlando di noi trentini potremo dire a più ragione: Cattolici significa già italiani. E avremo una parola di meno nella formula. Ma viviamo, o amici, in un paese di confine, ove valse fin'ora per buon italiano chi giurò spesso d’esserlo, ove una borghesia di petrefatti ricantò nei caffè e nelle accademie ideali vecchi, tramontati già, se non mai sorti, per le masse popolari, belli se commuovono un popolo intero, quando seguirli venga stimato virtù; spogli di splendore, abbrutiti quando non facciano conto della realtà delle cose e dell’anima popolare e vengano rappresentati senza uomini o partiti come passione senza il riconoscimento delle leggi morali e dell‘ordine civile! Questi uomini e questi partiti o giovani, che ne ereditarono il fonografo, ripetono ancora oggi in buona o mala fede una terribile accusa contro i cattolici: mancar essi di patriottismo ed amore alla propria nazione. Ricorderò sempre, o signori, con sdegno la risposta che a me e ad un mio collega diede uno studente radicale in Vienna, quando eravamo accorsi come tutti ad interessarci d’una questione comune: Voi cattolici — lo sapete — non vi teniamo come italiani. Ah! Viva Dio, avremo dovuto rispondergli, i cattolici sono italiani da secoli, da quando sorse la nazione intorno alla cattedra di San Pietro; voi siete — se lo siete — italiani da dieci-dodici lustri. I cattolici hanno dietro quasi due periodi storici che furono guelfi, voi, forse, il ghibellinismo di cinquanta anni. Ma ci parve meglio ridergli in faccia. E così dovrei far oggi e passar oltre e dire: Guardate che cosa hanno fatto i cattolici trentini per la difesa della loro lingua e dei loro costumi, e vi basti. Se oggi sviluppo alquanto il nostro pensiero, non è per rispondere a certi giovanotti che di questi giorni proprio vanno, a rovina della patria e a vantaggio di un partito, ripetendo antiche menzogne, né per ottenere la patente di buon italiano da certi signorini che poi dichiarerebbero, magari dal podio del teatro sociale, di non crederci; ma io penso alle madri ed alle famiglie, ove la calunnia poté trovare credenza. A loro gioverà gridare di nuovo: No, questi giovani che si propongono d’essere anzitutto cattolici, non dimenticano socialmente di essere anche buoni italiani. Difendendo la fede e i costumi dei padri, compiono il primo dovere che incombe ad ogni italiano che non abbia dimenticato Dante, Raffaello, Michelangelo, Manzoni per Proudhon, D’Annunzio o Zola, né san Tommaso per Kant o Nietzsche, né il nostro apostolo latino san Vigilio per il teutonico Marx. La differenza capitale fra noi e gli altri è questa: gli altri coscientemente o no seguono un principio che si ripresenta sotto varie forme dall’umanesimo e dalla rinascenza in poi, per la quale una volta agli uomini fu Dio lo Stato, poi l‘Umanità, ed ora è la Nazione. E come Comte e Feuerbach parlavano di una religione dell’umanità, così ora si parla d’una religione della patria, del senso della nazione, sull’altar della quale tutti i commemoratori delle glorie altrui ripetono doversi sacrificar tutto e idee e convinzioni. Questo concetto trapelò anche da noi in molte occasioni e quando si dice che davanti al monumento a Dante devono sparire tutte le misere divisioni di partito, che cosa si vuole insegnare altro alla gioventù se non altro che la Nazione va innanzi tutto, che essa solo può pretendere una religione sociale, mentre il resto è cosa privata? Signori, non è vero! Noi ci inchiniamo solo innanzi a un Vero supremo indipendente e immutato dal tempo e dalle idee umane e al servizio di questo noi coordiniamo e famiglia e patria e nazione. Prima cattolici e poi italiani, e italiani solo fino là dove finisce il cattolicismo. Pratica: non furono i cattolici che ordinarono i fatti di Wreschen, ma furono coloro che senz’altro ritegno di giustizia e moralità gridano: la nazione soprattutto. No, Iddio, il Vero innanzi tutto! Nella pratica della vita questo principio non ci ha impedito di accorrere ogni qualvolta lo richiedesse l’onore di tutti gli italiani: e noi giovani anche per l’avvenire non perderemo nella nostra propaganda democratica cristiana; rammenteremo sempre che vogliamo creare non soltanto buoni cattolici, ma anche buoni italiani, amanti della lingua loro e dei loro costumi, fieri di appartenere a quella Nazione che fu nella storia la prediletta della Provvidenza. Un’altra parte del nostro programma è espresso nella parola «democratici». Signore e signori! Se le esigenze del Congresso e la ristrettezza del tempo lo permettessero, io vorrei parlare a lungo su questo argomento. E non perderei tempo! A quei signorini universitari che se ne stanno anche durante gli anni dello slancio e dell’altruismo epicureamente lontani dal popolo e s’avvezzano per tempo al caffè donde c’è venuta una borghesia parassitaria, vorrei ripetere oggi questa parola. Anche in questo riguardo il periodo universitario e fatale: dall’università si esce democratici o aristocratici già fatti. O che da giovani ci si avvezza a ridurre il mondo ai giornali che si leggono e ai membri della propria classe, e allora il giovane, divenuto dottore, avvocato, non discenderà fra le grandi masse popolari come fratello ai fratelli, ma come rappresentante di quella borghesia che si attirò nei tempi nostri tanti odi e maledizioni. O che si vede già da giovani oltre la barriera borghese venire una moltitudine di gente che vuole passare e si comprende la giustezza della tendenza, e allora si stende al di là la mano; vi fate a loro compagno e considerate tutta la vita come una faticosa erta su cui dovete salire voi e il popolo ad una meta comune. Non è mancanza di modestia, o signori, se noi, studenti cattolici, ci mettiamo senz’altro fra i democratici. Io credo che nessuna associazione universitaria ha tanti membri che si siano, come molti dei nostri, buttati all’istruzione popolare ed abbiano affrontato con coraggio, quando i loro studi lo permisero, il problema di creare nel popolo trentino democratici cristiani. Ma questo spirito democratico che ci anima, non è, o signori, una concessione alle tendenze di oggidì, ma un frutto di quel cristianesimo compreso socialmente, praticato dentro e fuori dell’uomo, in tutta la vita pubblica. Signore! signori! Con questo programma che abbraccia tutta la vita, abbiamo alzato l’anno scorso, all’autora del secolo XX la nostra bandiera. Questa bandiera l’abbiamo portata in mezzo alla gioventù studiosa, chiamando a raccolta e continuando a combattere. Noi vogliamo creare caratteri, vogliamo chiarezza d’idee. La nostra società è sorta come un’accusa contro i compromessi morali e religiosi. Noi rompiamo questa massa incolore, fortemente, ma lealmente! Numquam incerti, semper aperti! Non tema qualche buono che con ciò creiamo dissidi incancellabili. Vogliamo la guerra, ma per la pace. Quando gli studenti si troveranno di fronte con ideali chiari, con propositi precisi, sarà più facile intendersi. Ma fino a che regna la nebbia e il mare batte furioso, noi — la cavalleria leggera dell’esercito cattolico — stiamo sull’attenti, e al primo rumore che precorre l’assalto, gridiamo rivolti a tutti: Alle dighe; e vi ci lanciamo per i primi!

Il congresso dell'Associazione universitaria cattolica trentina - Relazione del presidente

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

No, no, signori miei, voi evitate la questione prima, in cui vi sentite troppo malsicuri per accettare la prova. Cristiani o non cristiani e socialmente cristiani, ecco la questione. Nel campo religioso e sociale anzitutto erigiamo le nostre colonne, le quali staranno secolari come le colonne dei nostri templi, malgrado le folle che vi si accalcarono d’intorno.

Il popolo trentino, plaudente alla redenzione, reclama il diritto di decidere sui proprio ordinamenti interni

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Non possiamo quindi accettare il provvedimento escogitato dal governo e contro di esso protestiamo. E allora, come si potrebbe risolvere la questione di provvedere in forma legale e non con disposizioni eccezionali al definitivo assetto del nostro paese? Secondo l’oratore ci sarebbero due mezzi: O aspettare un po’, fin che, approvata la riforma elettorale e fatte, con la partecipazione delle terre redente, le elezioni politiche, il nuovo parlamento risolva la questione in via legislativa, alla presenza dei deputati della regione (è ciò che fu promesso all’Alsazia-Lorena). Questa soluzione ha con sé lo svantaggio di un forte ritardo. O indire sollecitamente le elezioni del consiglio provinciale in base al suffragio universale uguale, diretto e proporzionale e dar modo al nuovo ente di decidere, in veste diciamo così di costituente, sul riassetto della provincia. Si potrebbe obbiettare che, per indire le elezioni provinciali a sistema proporzionale, occorrerebbe un decreto reale o del comando supremo, cioè uno di quei mezzi eccezionali che noi deploriamo e deprechiamo. È vero; ma di fronte a una situazione così complessa e delicata, è preferibile far uso per una volta sola di un rimedio di eccezione che tronchi definitivamente la lunga teoria dei decreti e delle ordinanze, anziché perpetuare tutta una struttura assurda politicamente e amministrativamente, dove un’accolta di burocrati dovrebbe assumersi in realtà non solo l’amministrazione statale, ma anche quella provinciale e comunale. Infatti come e quando arriverete voi altrimenti a reintegrare le autonomie locali? L’oratore dice di non voler addossare colpe specifiche e particolari su nessuno; è anzi disposto ad ammettere che al governatorato, al ministero e persino al segretariato generale per gli affari civili si sia animati della più grande buona volontà a nostro riguardo. Ma non si può non convenire che con siffatti metodi e sistemi, che assolutamente non vanno, si ingenera una grande sfiducia nella popolazione e si agevola la diffusione delle tendenze ultra radicali, che si manifestano col sovietismo - la cosiddetta «infezione asiatica» - il quale è possibile, oggi, principalmente perché si mantengono le masse sempre lontane dalla cosa pubblica.

Una conferenza dell'on. Degasperi a Merano. Il contraddittorio coi socialisti

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Alcide de Gasperi 2 occorrenze

Se questa non le vorrà accettare, allora scenderanno in piazza e potranno dire agli operai: Ecco che i borghesi in Parlamento non vogliono cedere: bisogna ricorrere ad altri mezzi. La dittatura del proletariato non deve spaventare: la borghesia non esercita la sua dittatura da secoli? In Russia la dittatura di Lenin c’è voluta per abbattere la dittatura dello zar. I bolscevichi avranno dovuto fare delle vittime, ma quanti milioni non ha ammazzato lo zar? Il Degasperi ebbe facile gioco a replicare: Benché in veste da moderato, il Flor sostiene in realtà il principio della dittatura contro il principio democratico della rappresentanza parlamentare. I deputati socialisti, dice egli, metteranno le loro condizioni: se la borghesia le respinge, scenderanno in piazza. Ciò vuol dire che se la maggioranza della Camera eletta a suffragio universale dai cittadini italiani, non accetta le condizioni della minoranza socialista, essi ricorreranno alla violenza. Ecco il principio con cui non si può andare d’accordo, senza conculcare la libertà e la giustizia sociale. I socialisti, se vogliono attuare il loro programma, devono guadagnarvi l’adesione della maggioranza degli eletti o degli elettori. Altra via legale non esiste. Fuori di essa non c’è che la tirannide. Non è vero che Lenin in Russia sia ricorso alla dittatura per abbattere lo zar. Lo zar era già caduto, la rivoluzione era già fatta pacificamente. Erano al governo socialisti e democratici, ed è contro l’assemblea costituente, rappresentante tutti i cittadini, che Trotzki e Lenin fecero funzionare le mitragliatrici.

Ma intanto quello che certamente non si può accettare è il sistema generale che si è voluto colà introdurre, cioè l’espropriazione violenta mediante la dittatura politica e militarista del governo dei soviet. Il sistema ha portato alla guerra civile. Abbiamo bisogno in Italia di una altra guerra, più sanguinosa e più crudele, perché fratricida? Ha bisogno il nostro paese semidevastato che l’Italia, a cui è appena congiunta, si lanci nel caos dell’esperimento comunista, mentre c’è tanta urgenza che si riprenda il lavoro, si riordinino le finanze, si aumenti la produzione, affinché noi stessi possiamo uscire dalla crisi in cui ci ha lasciato il conflitto mondiale?

Segantini. Adunanza generale del 21 marzo 1909

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

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