Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il compito dei giovani

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

No, abbiamo occhi per la realtà del presente, ma anche fede inconcussa nell’avvenire. La causa nostra è quella di Cristo e della sua Chiesa; e davanti a Cristo mille anni sono un giorno, e noi dobbiamo lavorare innanzi pazientemente ignorando chi raccoglierà i frutti, ma certi che verranno. Alla fine della nostra giornata il nostro lavoro si aggiungerà al progresso di mille che marciarono tutti verso il trionfo del Bene e del Buono, fiduciosi in questo trionfo, checché ne dicessero i malvagi e gli indifferenti, col semplice motto serviendo consummar. E così rinnoviamo anche questa sera la nostra promessa di buoni cristiani e buoni trentini in seno a quest’alma Unione la quale custodisca e conservi acceso il fuoco sacro per tutta la vita. Soldati di fede e d’entusiasmo, non ci nascondiamo le difficoltà della lotta e soprattutto che gli [anni] nostri sono di preparazione e di studio, ma sappiamo anche momenti in cui vale la parola di Goethe: «In der jetzigen Zeit soll Niemand schweigen oder nachgeben!» Nel mondo degli inganni e delle illusioni accoppiamo ad una fede grande nell’ideale un carattere integro ed irremovibile, tanto che finito il compito nostro col nostro tempo, si possa dire di ognuno di noi: «Né mosse collo, né piegò sua costa!».

Il congresso dell'Associazione universitaria cattolica trentina - Relazione del presidente

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Alcide de Gasperi 3 occorrenze

Nel comizio convocato l’anno scorso a Natale abbiamo offerto alla causa dell’università italiana l’appoggio dei cattolici trentini, cioè della maggioranza del paese. Per tutta risposta ci hanno esclusi dai comitati. Per certa gente sono italiani soltanto i liberali, come Hutten in tedesco voleva dire luterano. Ora si è inaugurata solennemente una nuova tattica: quella di ignorarci. E la tattica del «volere e non potere». e finora non ce ne siamo accorti granché. Noi invece seguiremo attentamente le mosse degli avversari, sempre pronti a discuterle, e del resto continueremo tranquillamente per la nostra via, come abbiamo fatto durante l’ultima fase della questione universitaria. Per tutto questo rimandiamo alle nostre dichiarazioni precedenti.

Solo una cosa abbiamo da deplorare che intorno al periodico edito dall’Associazione non vi sia maggiore intensità di lavoro e maggior buon volere, ma abbiamo ragioni per assicurare che questo lagno chiuderà un periodo triste. L’appoggio che trova il piano finanziario fatto nel I Congresso cattolico, ci dice che molti dei nostri amici non aspettavano che il nostro appello. Li ringraziamo vivamente. Vedano i colleghi di pensare più efficacemente alla collaborazione specialmente quelli che, liberi dalla pressura della propaganda, vi dovrebbero consacrare almeno gli ozi della vacanza.

Noi abbiamo avuto durante quest’anno sociale anche delle tempeste e dei temporali ma furono temporali di primavera; e vi passiamo sopra, per considerare soltanto la bellezza della stagione. L’appoggio dei cattolici, specialmente quello autorevole di gran parte del clero, la solidarietà delle organizzazioni democratiche cristiane di cui offre un esempio così bello questa adunanza, ci testificano che la fiducia in noi è aumentata, che si vede in noi giovani che hanno serietà di propositi, occhio e cuore per i tempi che corrono. Signori! Tutti noi, vecchi e giovani, abbiamo comuni due grandi amori: l’amore alla Chiesa cattolica, e quell’altro complesso di idee e sentimenti, che io chiamerei il «trentinismo», l’amore a questa nostra patria, che vogliamo difendere tanto dai nemici esterni che interni. Conservatori e innovatori ad un tempo, speriamo e prepariamo tutti un mondo nuovo, un’era novella che assomigli a tempi migliori. L’era d’oggi pare anche a noi, come a Fichte, un’ombra che si aggira gemendo sopra il suo corpo, dal quale l’ha cacciata un’infinità di mali, che invano tenta tutti i mezzi per ritornarvi dentro. Aure vitali circondano già quel corpo, ma esso non ha senso per loro, già dentro si sente il rumore di quella vita che dovrà farne una figura si bella; ma non basta. Che dobbiamo fare? Anche l’aurora del nuovo mondo è sorta di già ad indorare le cime dei monti e fa immaginare lo splendore del giorno che verrà. Ebbene prendiamo questi fasci di luce, in cui si intravede la nuova giornata, e teniamo il dinanzi come specchio all’anima avvilita, al corpo morto. E ritornerà l’anima nel corpo e ritornerà la vita e si rinnoveranno i tempi. Signori! Se questo congresso potrà mandare solo un raggio quale specchio salutare sul nostro tempo, oggi celebriamo una festa, che sarà segnata nella nostra storia.

Il legittimismo in Italia

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Sturzo, Luigi 2 occorrenze
  • 1903
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974, pp. 245-249.
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E il mio silenzio non è stato privo da una certa tendenziosità; perché volevo una giustificazione patente alla mossa che io e molti amici del meridionale d'Italia credemmo opportuna fare a Bologna, quando nell'ordine del giorno sulla « Questione Meridionale » abbiamo scritto che era necessario dissipare l'equivoco legittimista del nostro movimento cattolico.

Pagina 245

Concludendo: noi cattolici italiani abbiamo il diritto di volere escluso dalle nostre attività un ideale e una finalità politica di forma di governi che pregiudica di per sé all'azione generale dei cattolici e agli altri scopi per cui si lavora. Non diciamo quindi di dar la caccia alle persone, ma di non volere che queste persone vogliano difender l'altare difendendo troni caduti, e che portino come loro ideale di vita pubblica il legittimismo.

Pagina 249

La questione meridionale

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Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1903
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974, pp. 234-239.
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È necessario sgombrare l'animo da quella serie di pregiudizi, giustificati solo da quella enorme montatura (alla quale noi abbiamo contribuito) che ha creato un Meridionale d'Italia che non

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