Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbandonarsi

Numero di risultati: 37 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Come devo comportarmi?

172182
Anna Vertua Gentile 3 occorrenze
  • 1901
  • Ulrico Hoepli
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Cosi questo bravo direttore, che ha, prima di tutto, imparato a regolare sè stesso, suggerisce alla signorina, il tempo opportuno e il modo conveniente di muoversi, di parlare, tacere, far mostra di non aver capito, capire a volo : di essere contegnosa con gli uni e abbandonarsi con altri a gentile confidenza. Le sussurra i suoi avvisi, i suoi consigli. Oh se le signorine ascoltassero sempre gli avvisi e i consigli del buon senso!... quante delusioni, quante amarezze e mortificazioni e rimproveri eviterebbero! Non vedrebbero nei complimenti diretti alla loro bellezza, al loro spirito, che una cortesia raffinata, quasi gentile menzogna; non crederebbero con cieca fidanza alla sincerità di certe occhiate, di certe strette di mano, di certe paroline armoniose come una musica soave; non intascherebbero come moneta sonante gli applausi fatti alla loro abilità come pianiste, mandoliniste, cantanti, declamatrici, ecc.; non commetterebbero certe mancanze, in urto con la civiltà pia elementare e qualche volta anche con il rispetto e la pietà.

Pagina 132

Non abbandonarsi alga foga di desideri che essa sveglia nell'anima, è rettitudine. La giovinetta deve amare la eletta c gentile società, ma non fuggire un poco di solitudine. Si abitui a star soli; che l'unica maniera di imparare a conoscere sè stessi, di trovarsi al tu per tu con la verità, di capire la pace. Un poco di solitudine una scuola di rifìessione e di serietà.

Pagina 152

E da qui gli improvvisi scatti di sdegno e di collera, gli entusiasmi spiensierati, il subito abbandonarsi alla disperazione od alla pazza gioia, gli inconsiderati slanci d'affetto, le commozioni rapide, i bruschi trasporti, che le facevano pestare i piedi per terra, spezzare oggetti, battere perfino le persone, quando poteva. La fanciullina, passava da un giorno all' altro, anzi da un ora all'altra, anzi da un minuto all'altro con incredibile rapidità, dalla gioia alla tristezza, dal riso al pianto; in certi momenti ciarlava e blaterava da intontire; in certi altri si chiudeva in un mutismo uggioso; un momento era amabile, gaia, gentile; il momento dopo, di un umore pessimo, irascibile, prendeva tutto a traverso, brontolava, si annoiava e annoiava. Spesso prendeva in uggia le persone cui il dì prima aveva dimostrata una simpatia chiassosa e adorava altre che prima sfuggiva. La sua sensibilità si esaltava per i più futili motivi, non si scuoteva alle dolci emozioni; era qualche volta impassibile al racconto di disgrazie lagrimevoli, e piangeva e si disperava per un nonnulla. A un rimprovero severo stava indifferente, e si rabbruscava per una semplice parola male interpretata e mutava in offesa il più semplice scherzo. Il compito della povera istitutrice non era punto facile e se in esso perseverava, è che per davvero era buona e forte. E per vero, prese a voler bene alla povera fanciullina stenta e gracilina, si interessò di lei e trovò che il suo cuore non era punto punto cattivo. Pensò che con una intelligente cura igienica, rafforzando in essa il fisico, sarebbe riuscita a rinvigorirle le facoltà morali, a renderla capace di volere, a educare la sua volontà. E, prima di pensare a renderla buona, lei, che aveva buon senso, si accinse a curarla pazientemente per rinvigorirla; aveva la convinzione, che una volta sana e robusta, sarebbe diventata una fanciulla a modo. Per prima cosa cercò di guadagnarsi l'affetto della piccina insieme con la sua confidenza, senza i quali non avrebbe in nessun modo potuto esercitare la sua influenza morale, nè guidar l'allieva a sua guisa, con l' autorità, che la gentilezza e affettuosità celano, ma non diminuiscono. Forte ne' suoi propositi, ella pensava, che è da tutti, educare una bambina sana e buona; ma che è solo delle nature energiche e generose, il rafforzare e correggere una povera creatura malaticcia, debole e viziata.

Pagina 406

Per essere felici

179402
Maria Rina Pierazzi 5 occorrenze
  • 1922
  • Linicio Cappelli - Editore
  • Rocca San Casciano - Torino
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Ma non è facile incontrarsi in poeti e in dicitori simili a Châteaubriand; comunque, una donna deve sempre serbare la sua grazia contegnosa, saper vincere i propri impulsi, non abbandonarsi all'entusiasmo per quanto giustificabile sia, non esprimere il proprio malcontento e la propria noia anche se ha tutte le ragioni di provarli. Un'ora di benevola attenzione, di silenzio, di immobilità non è poi un martirio; e colui che parla sarà grato al suo uditorio se l'avrà ascoltato cortesemente, come gli sarà grato delle approvazioni e degli applausi, i quali, purtroppo, spesse volte esprimono soltanto la gioia che la conferenza sia finita.

Pagina 102

La felicità ha un volto troppo luminoso per non contemplarla e sorriderle e abbandonarsi alla sua luce e al suo tepore. Nè è necessario che una giovinetta si comporti con freddezza verso il suo fidanzato per darsi un contegno... a cui nessuno crederebbe. Fatta la scelta, approvata questa da coloro che l'hanno amorosamente guidata fin sulla soglia della nuova vita, ella può darsi tutta al suo sogno e non impedire alla gioia di splenderle negli occhi e nel sorriso. Fatta ed accettata la domanda, allorchè il giovane si presenta toccherà a lei stringergli la mano. È nel diritto di una donna che accoglie la prima volta il compagno di tutta la sua vita futura. Al giovane fidanzato la famiglia della signorina farà subito festose ed affettuose accoglienze considerandolo oramai come un figliuolo — colui che dovrà amare, guidare e proteggere la loro cara nelle non facili contingenze della vita. Devono dimostrargli il loro affetto e la loro fiducia, perchè agendo diversamente mostrerebbero di aver poco a cuore la gioia della loro creatura. Se la famiglia della fidanzata si trova in campagna allora il giovane sarà trattenuto a pranzo, tanto più se egli è venuto appositamente dalla città o da un luogo lontano per rendere omaggio alla sua promessa sposa. Se invece le due famiglie abitano nella stessa città il fidanzato potrà recarsi ogni giorno a salutare la sua prescelta ed inviarle omaggi di dolci e di fiori. Anche tra le famiglie dei fidanzati è doveroso un rapporto cordiale di visite onde stabilire fra esse una simpatica ed affettuosa intimità. Tanto il giovane che la signorina potranno già chiamare "mamma„ la futura suocera, ma questo nell'intimità; trovandosi in società sarà bene che seguitano a designarle: "signora„ oppure: "La madre del mio fidanzato„— la madre della mia fidanzata„. E così s'intenda dei padri.

Pagina 127

Una signora può fare eccezione per la propria cameriera allorquando costei la pettina e la veste; ma anche tali conversazioni non devono prendere un'intonazione di eccessività intimità, nè la padrona deve abbandonarsi a confidenze inopportune e imprudenti. Non si sbaglia mai parlando poco specialmente coi dipendenti salariati, i quali non danno mai la sicurezza d'un'affezione disinteressata in modo assoluto.

Pagina 216

E parlo di sigarette; in quanto ai sigari nessun uomo educato si permetterebbe di accenderne uno in presenza delle signore, nemmeno trattandosi dei più fini — se mai potrà ritirarsi con qualche amico sul balcone o in giardino, se proprio non può fare a meno di abbandonarsi alle dolcezze della nicotina. V'è anche qualche signora che non si perita di fumare sigari fini... e non fini; ma sono fortunatamente delle eccezzioni; una donna con un "trabucos„ o un "virginia„ fra le labbra è paragonabile a un barrocciaio, e si arguisce subito qual'è il grado della sua finezza e della sua educazione.

Pagina 238

Non pettegolezzi, non maldicenza; l'arte, il lavoro, la letteratura, le vicende familiari, la beneficenza, lo sport; sono tutti argomenti che offrono un vasto campo di conversazione simpatica, brillante e varia, a cui le signore possono liberamente abbandonarsi senza timore d'incorrere nel chiacchiericcio e nei luoghi comuni. Ma, per carità! Niente serve, niente discussioni politiche le quali lasciano il tempo che trovano — niente maldicenza nè canzonature. Una padrona di casa deve possedere l'arte rara e sottile di bandire dal proprio salotto tutto ciò che sa di mediocre, di falso e di cattivo. Purtroppo quest'arte non s'insegna; è una forma di amabile cortesia che nasce dal cuore, che è materiata di educazione e di bontà, e non è trovatile in nessun galateo del mondo; ma forse basta formarsela da sè a furia di osservazione, di gentilezza, d'indulgenza pei difetti altrui, di severità per i difetti propri. Così, non altrimenti, è possibile formarsi una grazia speciale, capace di cattivarsi la simpatia delle persone più rudi e meno accessibili alla cortesia.

Pagina 74

Il Galateo

180931
Brunella Gasperini 1 occorrenze
  • 1912
  • Baldini e Castoldi s.r.l.
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Aver paura è lecito e normale: ma non è lecito, e neanche normale, abbandonarsi a scene di isterismo e di panico. Mantenete la lucidità, ascoltate i consigli di chi vi assiste, subite con umiltà le eventuali sgridate. Se possibile, non fate troppo baccano. Certe donne si credono non solo in diritto, ma in dovere di urlare forsennatamente per tutta la durata del parto: pensano che gli urli da belva squartata siano parte integrante del loro ruolo. Non è così. A parte lo spreco di preziose energie, l'urlo belluino continuato irrita chi vi assiste, spaventa le altre partorienti, tortura i vostri familiari in attesa, ed è di ben scarso sollievo per voi. Cercate di moderarvi: gli urli da parto, considerati sacri per secoli, oggi sono decisamente out.

Pagina 40

Il tesoro

181816
Vanna Piccini 2 occorrenze
  • 1951
  • Cavallotti editori
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Bisogna astenersi dall'emettere giudizi affrettati, specie ad alta voce; non farsi eco di critiche poco serene o abbandonarsi ai facili entusiasmi. L'arte è una cosa seria, per amarla bisogna comprenderla e averne il massimo rispetto. Altra forma di omaggio all'arte consiste nel far proprie le opere che ci colpiscono per ornarne la nostra casa. Grande privilegio concesso a chi può, e costituisce una ricchezza e un orgoglio per le persone di buon gusto. Le vendite all'asta veggono solitamente una folla elegante che aspira ad accaparrarsi mobili, quadri, ninnoli, oggetti di valore. Anche in questo non bisogna lasciarsi trascinare dalla passione, bensì contenerci nei limiti delle proprie possibilità. A esser sobri negli acquisti non si sbaglia mai e si evitano talvolta delle delusioni, allorchè lontani dalle tentazioni si può esaminare a freddo l'oggetto che si è fatto nostro. È pericoloso spingersi nelle gare con l'idea di « spuntarla » a ogni costo. Giunti ad un certo punto si sappia dir basta a se stessi. Spesso in queste gare a oltranza si è trascinati dalla smania inconfessata di esibirsi: vi è un movimento di curiosità verso chi si cimenta, tutti gii occhi sono fissi su costui; ma passato quel momento, non resta che l'amarezza di vedere alleggerito il portafoglio. Si tenga a mente che le nobili gare sono sempre belle, ma dove c'entra l'ambizione e il denaro non lo sono più.

Pagina 547

Talvolta gli manca anche il tempo per abbandonarsi alla confidenza; la moglie sollecita saprà indovinare, non soltanto le cose essenziale della vita spirituale, ma anche quelle più semplici, riguardanti l'esistenza materiale. La vita di due coniugi è fatta d'intimità, tutto è condiviso nella cerchia ristretta dell'ambiente domestico, il sonno e i pasti in comune, le sieste riposanti, le ore liete e quelle tristi. E non è trascurabile, ad esempio il bisogno di quiete che può provare un uomo, rincasando, dopo una giornata attiva. V'immaginate il disagio che egli risentirà se invece del silenzio, dell'ordine, della calma a cui aspira, la moglie vivace e irrequieta ha intorno gente estranea che non si decide ad andarsene, ovvero giungono dalla cucina i rimbrotti e le querimonie che la signora stizzosa muove alle sue persone di servizio, quando non sono i bambini che strillano e si accapigliano fra loro. E vi sarà l'uomo che si accontenta di tutto quando siede a tavola, un po' per amor di pace, un po' per distrazione, un po' per il regolare funzionamento del suo stomaco; ma nella maggior parte dei casi questo suo stomaco ha delle esigenze, preferisce cibi semplici, o alquanto complicati nelle manipolazioni, gradisce la varietà, certe primizie di stagione, è goloso in una parola. La moglie che non si preoccupa di cogliere a volo queste, chiamiamole pure debolezze del marito, apre il varco ai calamitosi contrasti che hanno per sede l'epigastro del coniuge. E se per contro si studia di allestirgli gustosi cibi, quante dolci sorprese riserba a colui che non a torto giudica esservi della poesia anche nelle delicatezze culinarie,

Pagina 625

L'angelo in famiglia

182590
Albini Crosta Maddalena 1 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
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Vi hanno alcune signorine di ottima indole, di ottimo cuore, le quali guastano l'uno e l'altra per abbandonarsi al dolce far niente, appunto perchè dolce al palato; ma le meschine non pensano che quella dolcezza è ingannevole, e lascia un fondo di amarezza! Dimmi, non ti fa compassione quella signorina che consuma il meglio del suo tempo appoggiata al davanzale della finestra a rimirare i passanti? Povera giovane, forse essa non sa che il mondo la critica, va almanaccando sulla sua condotta, e le attribuisce non solo il male che fa, ma spesse volte anche quello che non fa, e che perfino ignora. Si dice da taluni che se sta alla finestra ci avrà il suo perchè misterioso; si dice che o ha trovato chi la guardi, o lo cerca; si dice che si pavoneggia e fa la ruota; si dice, si dice,... e veramente non si ha il torto di dir tutto questo e peggio, perchè se ora quella giovane non ha simili intenzioni o cattiverie, certo la si espone volontariamente ad un gran rischio d'invischiarsene. L'ozio è davvero il padre di tutti i vizj, e tu, cara amica, tu abborrilo assai quel brutto figuro che colle più ingannevoli lusinghe ti vuol stringere fra le sue zanne, per ferirti ed ucciderti. Quanto ti senti svogliata o stanca, anzichè sdraiarti su di una soffice poltrona, a fantasticare od a borbottare della Provvidenza, degli uomini e delle cose, ove non ti astringa il dovere ad occuparti di alcunchè di speciale, prendi un lavorino, un buon libro, e se non hai voglia di far altro suona, o scrivi, o canta, o rimetti un po' d'ordine dove l'ordine è stato turbato; ma, per carità, non istartene neghittosa mai e poi mai! Mi ricordo d'aver sentito un mio caro congiunto dire una volta a proposito di una signora, la quale tranne le lunghe ore date al riposo, e le altre consacrate all'acconciatura, ai ricevimenti ed ai teatri, passava il suo tempo a deplorare l'abbandono in cui era lasciata, a lagnarsi del marito, della servitù e perfino della Provvidenza che le aveva tolto maggiori risorse, e che aveva formato la società con tante lusinghe e disinganni, quasi fosse questa opera della Provvidenza, e non degli uomini i quali l'hanno volta alla peggio; orbene quel mio congiunto, uomo che copre degnamente un bel posto nella magistratura, e non può essere sospetto di bigotteria, mi diceva essere per lui una gran pena veder sciupare tanto tempo ed una bella intelligenza in una vita così oziosa. Anzi aggiungeva che avrebbe amato meglio vedere quella signora occupata in fare una lunga calza, poi vedergliela a disfare e rifare all'infinito, anzichè vederla esposta o all'ipocondria ed al malumore, o ad avere bisogno di qualcheduno che le facesse passare o meglio ingannare il tempo; quello stesso tempo che per altri è si prezioso, e sì prodigiosamente fecondo. Non istar mai colle mani in mano; lavora, lavora sempre, ed il tuo riposo consista nel variare le tue occupazioni e prenderne anche di gradevoli se vuoi, come sono gli ameni studj, la musica, il disegno, e perfino il passeggio ed il divertimento. Purchè il divertimento sia onesto, meglio divertirsi che far nulla; però meglio di tutto è far qualche cosa, ma qualche cosa di utile e di concludente, affinchè si possa dire di te: quella damigella è simpatica, buona, amabile, ma soprattutto è operosa; e fortunata quella famiglia che sarà destinata a possederla!

Pagina 276

Come devo comportarmi. Le buone usanze

185050
Lydia (Diana di Santafiora) 2 occorrenze
  • 1923
  • Tip. Adriano Salani
  • Firenze
  • paraletteratura-galateo
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Non è necessario dire che a lei, ancor meno che a un uomo, si conviene alzar la voce, far chiasso, darsi a un'allegria smodata: essa cercherà soprattutto di non dar nell'occhio, di non abbandonarsi ad eccentricità, di non mettere in imbarazzo la persona che l'accompagna. Tutti questi suoi doveri diventano ancora più rigorosi e più stretti se è sola o in compagnia d'altre signore. La donna emancipata, dalle pose maschili e dai modi troppo disinvolti, non ha fatto ancora fortuna in Italia, se Dio vuole: e le persone dabbene non hanno per lei che parole di biasimo. Terminato di mangiare e pagato il conto, non si resterà troppo a lungo nel ristorante, specialmente se questo è affollato e si ha motivo di supporre che altri voglia prendere il nostro posto. Ad ogni modo, chi vorrà rimanere ancora a fumare o a leggere il giornale, saprà farlo educatamente, senza prender pose sguaiate, non concesse neppure nell'intimità della propria famiglia. Giunto il momento d'andarsene, si chiederà scusa alle persone che si fosse costretti a incomodare, e si uscirà salutando, come nell'entrare.

Pagina 145

Più che tutti gli esempi tolti dalla vita, gioverà l'esempio vostro: se il padre e la madre, ciascuno per la parte sua, saranno veramente e profondamente onesti, tali riusciranno anche i figliuoli, purchè padre e madre si occupino davvero della loro educazione e non li lascino invece liberi di abbandonarsi ai loro istinti. Purtroppo, in molte famiglie non accade così: la madre, una santa donna, per mancanza d'energia o di cultura, o per le troppe occupazioni, non può più occuparsi con frutto dell'educazione dei figliuoli, quando ormai sono giunti a una certa età; il padre, perfetto galantuomo, è occupato tutto il giorno dalla sua professione o dai suoi affari, e non ha nè tempo nè voglia di sobbarcarsi a un compito così grave, che richiede fatica e costanza. E i figliuoli vengon su come possono, abbandonati a sè stessi, o ai cattivi consigli dei falsi amici. Poi, a un tratto, si sente dire che il figlio del tal dei tali, di quel gran galantuomo che tutti conoscono, ha rubato, ha falsificato la firma del padre, ha coperto d'infamia il nome della sua famiglia. Conseguenze fatali d'un errore d'educazione. E l'esempio varrà anche per inculcare nei vostri figliuoli quell'altra grande virtù dell'amore al lavoro. Il figlio d'un padre ozioso e fannullone, d'una madre che abbandoni la casa a sè stessa per far visite o prender parte a ricevimenti, difficilmente diventerà un lavoratore; preferirà anch' egli di darsi buon tempo, che è cosa tanto più facile. S'abituerà invece a considerare il lavoro come un obbligo, se vedrà il padre occupato seriamente nei suoi affari o nella sua professione, la madre interamente dedita alle cure della famiglia. Il lavoro d'un giovinetto è, nelle famiglie borghesi, lo studio. Ed è un dovere imprescindibile dei genitori di sorvegliare gli studi dei loro ragazzi, continuamente e assiduamente. In molte famiglie, quando si è mandato a scuola i figliuoli, quando si son provveduti di carta, di libri, d'inchiostro e di penne, si crede di aver fatto tutto: tocca al maestro a insegnare, e ai ragazzi a imparare. Teoria comoda, che dà ai genitori l'illusione di viver tranquilli e senza sopraccapi. Ma è proprio un'illusione, che molto spesso riserba delle brusche sorprese: una lettera del preside della scuola, un rapporto dei maestri vi fanno a un tratto sapere che il vostro figliuolo non studia, che è indisciplinato, che manca ogni tanto alle lezioni. Sorpresa generale: lacrime della madre, ira violenta del padre, rimproveri, gastighi.... e poi si ricomincia da capo. Sorprese di questo genere, in una famiglia dabbene, non devono mai verificarsi. Se i figliuoli non studiano, i primi ad accorgersene devono essere i genitori; e se ne accorgeranno facilmente, se avranno l'abitudine di sorvegliarli di continuo, di interrogarli, d'informarsi di quel che fanno giornalmente, di fare ogni tanto una visita ai maestri e ai professori. Se li vedranno distratti, svogliati, più proclivi ai divertimenti che allo studio; se li vedranno tornar tardi da scuola, o imbrancarsi coi compagni, o ricercare amicizie non adatte alla loro condizione, avranno elementi sufficienti per far la loro diagnosi, e dovranno senz'altro correre ai rimedi; ai rimproveri, alle correzioni, ai gastighi, se la persuasione e le buone parole non bastano. Purtroppo, l'educazione dei figliuoli è fra le cose difficilissime di questo mondo, e chi volesse darne le norme dovrebbe scrivere un libro apposta; senza contare che le norme sole non bastano. L'animo del ragazzo è mutevole, incostante, e varia da individuo a individuo; e chi si occupa sul serio d'educazione sa che, caso per caso, individuo per individuo, bisogna saper scegliere il modo di correggere, di rimproverare, di punire. Ci sono dei giovinetti d'animo sensibile, coi quali tutto s'ottiene con la dolcezza e la persuasione; anche nei casi più gravi, basta un'occhiata, una parola severa, per rimetterli subito sulla buona strada; per altri invece le parole non bastano, ci vogliono i gastighi, ci vogliono qualche volta, purtroppo, anche delle correzioni più gravi. I genitori devono saper leggere nell'animo dei loro figliuoli come in un libro aperto, e valersi via via dei mezzi di correzione che si adattano di più al loro carattere. Il rispetto alle persone d'età non è soltanto un atto di buona educazione, una norma di civiltà; è, soprattutto, un dovere, fecondo d'ottimi resultati. Rispettare un vecchio vuol dire riconoscere in lui una persona di grado superiore, per coltura, per senno, per pratica della vita. E poichè molti degli errori giovanili dipendono più che altro da inesperienza, non è a dire quanto sia utile nel giovinetto la convinzione che i vecchi ne sanno più di lui: in tale persuasione, egli non sdegnerà di ricorrere ai loro consigli, quando l'occasione si presenti, e lo farà spontaneamente e con fiducia. Toccherà poi ai vecchi a non abusare di questa fiducia, a non mostrarsi noiosi e esigenti, a non far passare ai giovani la voglia di ricorrere ai loro consigli: ciò che sarebbe un gran danno. Due altre cose devono i genitori sorvegliare con gran cura nei loro figliuoli: la scelta delle letture e degli amici. Giunto a una certa età, il giovinetto prova, in generale, un gran desiderio di leggere; e poichè gli manca l'esperienza della vita, tutto quello che legge crede che rispecchi la verità di quel mondo che ancora gli è in gran parte ignoto. L'adulto legge in una maniera del tutto diversa; e qualunque sia il libro che ha sott'occhio, istituisce sempre, anche involontariamente, un confronto fra quel che in esso è detto e quello che è in realtà; e finisce col far la sua critica, dichiarando il libro o vero, o falso, o esagerato, o troppo crudo, o troppo sentimentale. Il ragazzo no: egli si fida ciecamente di quel che legge, e crede e spera di trovarlo poi nella vita. Non di rado si legge di giovinetti di dodici o quattordici anni, i quali, montatasi la testa coi romanzi d'avventure, hanno improvvisamente abbandonato le loro famiglie e si sono messi a correre il mondo per imitare i protagonisti dei loro libri prediletti; e ci fu un tempo in cui la lettura delle Ultime lettere di Iacopo Ortis, romanzo d'amore che finisce con un suicidio, fu causa della rovina di molte giovani vite. Sorvegliate adunque le letture dei vostri figliuoli, scegliete i libri che si adattano alla loro indole, e se non potrete sempre impedire che leggano certi libri un po' fantastici, che sono la loro passione, sappiate almeno porger loro un contravveleno, invitandoli a leggere anche libri d'altro genere e soprattutto aiutandoli, con la parola e con l'esempio, a separare la fantasia dalla realtà, a riconoscere tutta l'esagerazione di ciò che leggono. Se si deve essere severi e oculati nella scelta dei libri, severità e oculatezza anche maggiori saranno necessarie nella scelta degli amici. Non permettete mai che il vostro figliuolo si accompagni con ragazzi della sua età o maggiori di lui, se non li conoscete in modo da esser sicuri della loro moralità. Non è esagerazione dire che i cattivi compagni sono quel che di peggio possa capitare a un ragazzo, tanto essi influiscono sul suo carattere, sulla sua indole, sulle sue idee. E badate che, in generale, non è per malizia che i giovinetti stringono amicizie equivoche: quasi sempre essi credono ingenuamente d'aver trovato la perla degli amici; e solo più tardi, e insensibilmente, prendono il fare, i modi, le abitudini del cattivo compagno. Siate dunque, in questo, severissimi e sorvegliate anche voi stessi, perchè non accada che, in un eccesso di fiducia, non abbiate ad accogliere in casa vostra chi non è degno della vostra confidenza.

Pagina 82

Galateo per tutte le occasioni

188080
Sabrina Carollo 1 occorrenze
  • 2012
  • Giunti Editore
  • Firenze-Milano
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Abbandonarsi a rumori sgradevoli. Scusarsene in caso di incidente. Accomodarsi mettendo le mani dietro la testa e i gomiti in alto, svelando le ascelle. Allentarsi la cintura a tavola. Appoggiare i piedi sul tavolo. Fa tanto petroliere texano. Appoggiare sul tavolo dove si mangia ciò che si ha in tasca. Arrivare in largo anticipo. Per trovare i padroni di casa in accappatoio e con l'arrosto bruciato ancora da grattare. Attaccare il chewing gum alle poltrone dei locali pubblici o gettarlo in terra, per la gioia delle suole altrui.

Pagina 247

Dei doveri di civiltà ad uso delle fanciulle

188177
Pietro Touhar 2 occorrenze
  • 1880
  • Felice Paggi Libraio-Editore
  • Firenze
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Pagina 121

Se udite alcuno inferiore a voi abbandonarsi a siffatti motteggi, e se la buona creanza ve lo permette, mostrategli con semplicità e con franchezza quanto questo contegno sia sconveniente. Fuori di tal caso astenetevi dall'imprendere discussioni che al vostro sesso non appartengono; basterà il vostro sguardo onesto e severo per far conoscere la vostra disapprovazione. Possiamo apertamente addimostrare il nostro rispetto verso Dio e verso le cose sacre, osservare del pari i doveri della nostra religione, e non aver timore di far palese la nostra divozione; ma conviene sfuggire ogni benchè minima ostentazione; l'affettazione vi espone al ridicolo, e le vostre intenzioni, per quanto pure esser possano, saranno male interpretate. Il vero sentimento religioso è soave, umile, fervido nel segreto dell'anima, scevro di pregiudizi e d'intolleranza; questo solo può dare utile esempio agli altri, e ispirare l'amore della virtù. Qualora nei vostri eserecizi o nei vostri proponimenti di divozione vi avvenga per caso di essere distratte o contrariate, non conviene darsi in preda ad atti di malumore, il che sarebbe opposto alla benignità dell'animo. Ma biasimando l'ostentazione e l'intolleranza, non intendiamo consigliare un'abietta cedevolezza ai rispetti umani. Chi professa una religione non deve temere di farlo conoscere, poichè il vero discepolo non arrossisce del maestro; e giova ripeterlo, qui si tratta soltanto di condannare l'affezione. Dobbiamo dunque: Sfuggire la compagnia degli irriverenti; abbreviare la visita in una casa ove sia chi si permetta parlare con poca riverenza di ciò che alla religione appartiene; dare convenientemente a conoscere la nostra disapprovazione su tal proposito; osservare senza ostentazione i propri doveri religiosi. Non dobbiamo: Legare amicizia con le persone irriverenti; porgere orecchio nè sorridere alle loro beffe; mostrare affettazione o intolleranza in fatto di religione.

Pagina 17

Il pollo non si mangia con le mani. Galateo moderno

188822
Pitigrilli (Dino Segre) 2 occorrenze
  • 1957
  • Milano
  • Casa Editrice Sonzogno
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Questo abuso della «cheville» costituisce il fondo della conversazione: bisogna essere degli stilisti nel parlare e in tutte le altre forme di esprimersi, per difendersi dall'inclinazione ad abbandonarsi alla voluttuosa comodità. Il Vangelo insegna a dire «sì», quando dovete dire sì, e «no» quando dovete dire no. Ma non tutto ciò che il Vangelo insegna, gli uomini lo hanno messo in pratica. La conversazione è lo sport di interrompersi a vicenda e di non permettere all'altro di terminare la frase. Piccolo inconveniente, quando la conversazione è una ginnastica polmonare, ma fatale quando si ha interesse a sapere qualche cosa. Se volete sapere qualche cosa da qualcuno, evitate che una donna assista al vostro colloquio. Esempio: voi volete informazioni sopra il signor X. Il conversatore vi dirà: - Il signor X si è fatta una posizione con mezzi non del tutto encomiabili. La persona che interrompe interromperà: - L'ho conosciuto a Viareggio. Il signore che aveva voglia di parlare del signor X, aggiungerà: - A Viareggio? Noi ci andiamo ogni anno. Quest'anno però ho preferito la Costa Azzurra. A Montecarlo ho giocato alla roulette... E voi non sapete più nulla sul signor X, perchè la conversazione è stata deviata sulla roulette o sulla Costa Azzurra. Colui che sa ascoltare si comporta nel modo opposto. - Il signor X si è fatta una posizione con mezzi non del tutto encomiabili. Quello che non interrompe stupidamente: - Poco encomiabili? - Si potrebbe dire riprovevoli - continua colui che ha veramente qualche cosa da dire. - E' passato da un fallimento all'altro. - Fallimento? - Bancarotta fraudolenta, il che gli fece avere delle seccature giudiziarie. - Giudiziarie? - Ha passato qualche mese in carcere. Immaginate invece che con voi ci sia una donna di quelle che non sanno ascoltare e impediscono agli uni di parlare, agli altri di udire: - Ah, che orrore! Piuttosto che il carcere preferirei mille volte morire. E il primo si metterà a parlare della morte, ma non parlerà più come desideravate voi, e forse ci eravate andato apposta, del signor X. Invece colui che sa ascoltare si attaccherà all'ultima parola: - Carcere? L'altro, incoraggiato, continuerà: Poi venne un'amnistia, trovò nuovi capitali, sposando una vedova ricca, una tedesca. Colui che non sa ascoltare: - Non sposerei mai un tedesco. I tedeschi... E la conversazione gira sopra i tedeschi. Colui che sa ascoltare dice: - Una vedova ricca? - Sì, e la moglie ha pagato, fino al giorno in cui disse «e ora basta», ed è scappata con un direttore d'orchestra. Colui che non sa ascoltare: - Ho conosciuto il direttore d'orchestra Dimitri Mitropoulos: per me è superiore a Toscanini....

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Sconsigliabile è quindi abbandonarsi a manovre leziose, che sarebbero in urto con i princìpi democratici. Non si deve però cadere nell'eccesso opposto, come il precipitarsi sull'unico sedile libero, pensando che qui siamo tutti uguali. Meglio di tutto è occupare un posto, e subito dopo levarsi per cederlo a una signora. Il formidabile argomento «ha pagato il biglietto» che invocano certe madri per consacrare il diritto del ragazzino a stare seduto mentre un vecchio e una donna incinta sono in piedi, è la quintessenza della volgarità. La madre deve essere la prima a invitare il figlio a levarsi. Con questo ordine, quella mamma non farà un semplice piacere al vecchio in piedi, ma collocherà nel cuore di suo figlio il seme della gentilezza d'animo, della quale avrà forse da pentirsi più volte nella vita, ma l'abitudine formerà nel ragazzo una sveltezza altruista e un'agilità morale di cui dovrà compiacersi con se stesso. Al fattorino che dà il biglietto si risponde grazie. E gli si dice grazie, quando porge il resto. Se gli domandi dove dovrai scendere, digli «per favore». Non pensare che tu gli dài del denaro ed egli ti dà della locomozione, e che perciò la vostra bilancia commerciale è pareggiata. Non presentare con aria assente il biglietto al controllore, come se egli avesse compiuto verso di te un atto di sfiducia, e come se tu, nel dimostrargli che hai pagato, mortificassi la sua diffidenza. Un «grazie» nel ritirare il biglietto bucato non diminuisce la tua dignità, e se il controllore è un villano, gli avrai dato una lezione di cortesia. Nulla si perde, nel mondo dello spirito, e tutti si pareggia. «I trappisti, i carmelitani, le clarisse che digiunano tutto l'anno, dormono tre ore per notte in cellette gelate e si estenuano in orazioni interminabili - osserva Paul Sédir - servono a equilibrare il male dei perversi, dei ricchi, per cui la religione non è che uno strumento di rapina, e dei potenti che la usano come leva politica». Tutta la gentilezza d'animo e di modi che noi spargiamo intorno a noi va a neutralizzare la scortesia degli altri. I re in viaggio ufficiale, arrivando nel paese straniero, stringono la mano al macchinista del treno. Mi pare un gesto intelligente. Noi, che non siamo i Grandi della Terra, possiamo, in più modesta scala, testimoniare con un sorriso, una parola, un cenno della mano, la nostra simpatia al conduttore, il cui mestiere è tutt'altro che una sinecura. Accade spesso che mentre un signore legge il giornale comperato allora, quello che gli è seduto accanto vi posi lo sguardo. Non ho ancora capito perchè, ma la statistica potete farla anche voi, nove volte su dieci il proprietario del giornale, come se difendesse i suoi diritti offesi, se lo rimette in tasca con uno scatto seccato, o lo piega altrimenti, o addirittura volge sul vicino un'occhiata indispettita. Il vicino probabilmente aveva posato lo sguardo su un titolo o su una notizia o una fotografia per puro automatismo, per il richiamo ottico che esercita la carta stampata. E giacchè siamo in fase di esperimento, la prima volta che un vicino legga obliquamente il vostro giornale, offriteglielo con un sorriso, e vi ricambierà con un'espressione di riconoscenza. Basterà questo gesto a classificarvi nel suo concetto come un uomo differente dagli altri. Nei lunghi percorsi si può essere tentati di abbassare un vetro; ma è cortesia domandare che ne pensano i signori che sono seduti dietro. Far entrare l'aria perchè noi abbiamo caldo è egoismo; chiuderlo è un diritto. Però anche in questo caso è bene consultare i compagni. Alle donne piccole di statura suggerisco di rimanere in piedi, perchè il ciondolìo delle gambe che non arrivano a terra è ridicolo. Anche agli uomini, comunque essi siano; consiglio di stare in piedi. E' molto più chic. Ho conosciuto a Losanna un re in esilio, che alloggiava in un hotel in un paese vicino. Un disturbo che gli impediva di stare seduto, e del quale soffersero anche Luigi XI e il Re Sole, gli fecero lanciare la moda dello stare in piedi in autobus. Tutti gli uomini di Losanna si misero a viaggiare in piedi. La moda sorge spesse volte così. Nei primi anni di questo secolo si vide, alla corte d'Inghilterra, i lords e le ladies praticare lo shake-hands, cioè la stretta di mano, sollevando il gomito fino all'altezza della spalla. Si seguiva l'esempio dato dalla Regina Alexandra. Ciò che non si sapeva, è che Sua Maestà soffriva di foruncoli tenaci sotto il braccio destro. Quando l'ascella della graziosissima Maestà guarì, il suo saluto tornò alla normalità. Il Re in esilio in Svizzera non guarì, e il giorno che tornerà a sedersi sul trono dei suoi avi rimpiangerà i tempi in cui a Losanna lanciò la moda di stare in piedi in autobus.

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Nuovo galateo

189494
Melchiorre Gioja 2 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
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  • UNICT
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N. mostrereste maggior appetito... ed altre simili goffaggini ti si dicono veramente offensive, e dalle quali non ti puoi liberare fuorchè mangiando più del dovere. » La maniera più sicura di piacere ai commensali sta nello scioglierli da ogni specie di soggezione, a quella onesta libertà abbandonarsi che non tocchi il limite dell'indecenza. I frequenti eccitamenti a mangiare ricordano al convitato ch'egli non isfugge ai vostri sguardi e sono numerati i bocconi ch'egli porta alla, bocca. Altronde se coi vostri eccitamenti voi costringete un commensale a giustificare la sua inappetenza, egli sarà talvolta costretto ad accennare particolarità che possono dispiacere alla delicatezza degli astanti nell'atto che mangiano ». IX. Un'aria piacevole e naturale che nè scioccamente si gloria della splendidezza del pranzo, né va mendicando lodi con ricercate scuse, forma il carattere d'un animo nobile che di si piccole cose non pigliasi fastidio. Il padrone non encomierà dunque il suo cuoco, non vanterà sopra gli altri i suoi vini, ecc. ecc. X. Il trinciare le vivande essendo un incomodo, è naturale cosa che il padrone se ne incarichi, dove non si suole far dividere le vivande da' servi. XI L'adirarsi all'altrui presenza col cuoco, col cantiniere, coi servi é somma impulitezza, giacché da un lato gli astanti provano dispiacere per l'altrui mortificazione, dall'altro suppongono che i servi Ii riguardino come occasione di questi rimproveri. XII. Il padrone dee vegliare attentamente, acciò fiorisca la conversazione in graziosi detti che l'uno all'altro s'appiccano, vivaci, repentini, vicendevoli, ma non mordaci, nè maligni; e soprattutto deve impedire che un commensale divenga il trastullo degli altri, come alla corte di Caligola accadeva al povero Claudio; il quale addormentandosi a mensa, dopo d'avere pranzato, diveniva scherno degli astanti che al volto gli gettavano de' nocciuoli d'ulivo o di dattili, e gli levavano i calzari e vestivano con questi le sue mani, acciò, svegliatosi improvvisamente, al volto li portasse con sorpresa e dolore.

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b) Si vuole attribuire ad un solo le sventure o i cattivi successi cui concorsero molti; e per abbandonarsi al vile piacere di rodere la fama di persona determinata e nota, v'é chi la trasforma nel capro emissario de'Giudei, al quale tutti si attribuivano i peccati del popolo, e quindi cacciavasi a sassate. c) Non è cosa rara che moviamo lagnanze contro chi ci suggerì un consiglio il quale per circostanze imprevisibili non sorti felice effetto; consiglio che chiedemmo noi stessi, ed ottimo lo giudicammo pria d'esporci al cimento.

Pagina 62

La gente per bene

191866
Marchesa Colombi 1 occorrenze
  • 2007
  • Interlinea
  • Novara
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Molti hanno contratta la dolce abitudine di abbandonarsi ad un pisolino riconfortante durante il chilo; e subito dopo un pranzo, in compagnia, cominciano ad inghiottire sbadigli con ogni sorta di boccacce come se ruminassero, se pure non cedono al bisogno prepotente di lasciarli partire come razzi, comunicandoli a tutta la società, che finisce per sbadigliare in coro fino a smontarsi le mandibole. Questi signori abitudinari, che hanno il loro lato buono, perchè facendo tutto per abitudine, anche l'amore, sono dei modelli di costanza, debbono essere gli inventori di quel motto che è la quintessenza dell'egoismo: «Il primo prossimo è se stesso.» Ma sarebbero assai più amabili se si ricordassero un pochino delle giuste suscettività dell'altro prossimo, il secondo. Se un signore sa di dover essere presentato ad un pittore, ad uno scultore, ad un musicista, ad un autore, ad un uomo politico, ad un'illustrazione del teatro, deve se non li conosce già, informarsi dei quadri, delle statue, delle opere, dei libri, delle opinioni e gesta dei trionfi del nuovo personaggio, per poterne parlare con cognizione, e non con quegli accenni vaghi, quegli elogi generici e banali che fanno parer stupido lui, ed offendono l'altro. Si rammenti a questo proposito la bella storiella di quelle vicine del signor De-Amicis, che gli fecero dire che desideravano di conoscerlo, perchè ammiravano tanto i suoi lavori e poi quando lo videro gli dissero: «Lei si diverte a scrivere, nevvero? Ma bravo! bravo! e nel congedarsi gli ripetevano: Scriva sa, scriva!» Ed era chiaro che de'suoi lavori non conoscevano che il titolo, o tutt' al più la copertina, soltanto di vista.

Pagina 215

Saper vivere. Norme di buona creanza

193215
Matilde Serao 3 occorrenze
  • 2012
  • Mursis
  • Milano
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Infine, eccoci al quel simpatico periodo dell'anno, che i francesi chiamano, con frase molto efficace, la trève des conftseurs; essi vogliono indicare, con queste parole zuccherine, quei giorni che passano, fra il quindici dicembre ed il sei di gennaio, tempi in cui si fa tregua ad ogni noia, ad ogni disgusto, ad ogni preoccupazione, per abbandonarsi alle tenerezze natalizie e di Capo d'Anno, tenerezze che sono rappresentate dai doni, principalmente, e i doni sono principalmente rappresentati da'dolci; dunque trève des confiseurs, tregua dei confetturieri, cioè riassunto delle affettuosità annuali, troppo dimenticate e troppo trascurate, in una somma breve e intensa di affettuosità. I francesi hanno usi leggermente diversi dai nostri, perché essi, imitando i tedeschi, fanno l'albero di Natale e non fanno il presepe, mentre da noi, nelle provincie meridionali, il presepio gode assai più grande popolarità. I bimbi francesi mettono la scarpettina sotto il camino, la vigilia di Natale, e i nostri bimbi mettono una calzetta, la notte dell'Epifania. Il colmo dei doni francesi si riunisce nel giorno di Capo d'Anno, giorno più o meno fatale, secondo la capacità delle borse, mentre da noi, i doni alle persone grandi si usano, sì, ma non generalmente e non hanno un giorno ben determinato. Ed è quest'ultimo costume, che dovrebbe acclimarsi pia largamente tra noi: vale a dire, che ognuno, nella misura del suo affetto e dei suoi denari, doni qualche cosa alle persone che ama. Non solo i bimbi sono felici di aver de'doni, ma tutti, più o meno, abbiamo un delicato piacere nel ricevere, un delicatissimo piacere nel dare. È vero, che i bimbi hanno studiato, si son condotti bene tutto l'anno, hanno sopportato, con pazienza, le loro piccole indisposizioni, hanno prese le medicine, hanno rinunziato, senza morrnorare, a ficcarsi le dita nel naso; ed è anche vero che il bambino Gesù viene per essi, e che il Capo d'Anno è, soprattutto per essi, una data gioconda, perché i loro anni sono pochi; ma, Dio mio, anche i grandi, durante l'anno, si sono seccati, ed hanno sofferto, hanno ingoiato pillole amare, hanno usato un'interminabile pazienza, nei disgusti dell'esistenza, e un certo premio anche lo meritano. Il bimbo Gesù viene pure pei grandi, ed è apportatore di consolazione, di amore e di benessere; e se il Capo d'Anno è una data un po' triste, pei grandi, perché non rallegrarla, con qualche dono gentile? Il valore; poco importa, ma l'uso delle strenne da Natale a Capo d'Anno, dovrebbe diventare più popolare, più largo fra noi: procurare una gioia, anche fugace, alle persone, che noi amiamo, non è, infine, fare un dono anche a noi stessi? Sorridere di un sorriso, quale cosa ineffabile!

Pagina 135

Le giovani signore non possono fare questo simpatico chiasso, né sorvolare come farfalle, né abbandonarsi a tante danze, se no, sembrerebbero tante pazze o delle dame ridicole: esse debbono, al ballo, rappresentare la suprema beltà, la suprema squisitezza, ma debbono passare a traverso le feste come Dee, non saltellare, come le fanciulle. Un ballo, senza signorine, tutto può essere, salvo che allegro: e se è allegro, non è allegro bene.

Pagina 85

Ripetiamolo ancora una volta, ed in questo diamo ragione ai poveri mariti, che sono costretti a fare da cariatidi sotto le porte, mentre le mogli danzano, passando di cavaliere in cavaliere; le signore vanno al ballo, per apparirvi, per passarvi, quali sorridenti dee, per lasciare un sussurro di ammirazione dovunque trascorre la loro bella persona, ma non già per abbandonarsi completamente alla gioia troppo puerile della danza. Lo scopo della danza è, anzitutto, un esercizio fisico di grazia e di gaiezza, di cui le signore non hanno nessun bisogno, ed è secondariamente, il permesso di filare, di flirtare, di amoreggiare, ingenuamente, di cui, io suppongo, io credo fermamente, le signore non debbono aver più bisogno. Escludendo le ragazze, le signore rinunziano ad una cornice, che vieppiù farebbe risaltare la loro bellezza, e ingenerano una monotonia di espressione al ballo, che è nemica di ogni successo: escludendole, dimostrano anche varie cose tutte poco graziose, per esse signore maritate. Prima di tutto, le maritate hanno l'aria di non sentirsi più giovani, e di temere, fortemente, la concorrenza delle zitelle. Secondariamente, esse offendono le loro sorelle, le loro amiche, le loro parenti, ancora fanciulle, non ammettendole ad un divertimento, che, quasi quasi, si può dire riserbato solo alle giovinette. Terzo, hanno l'aria di voler accaparrare i corteggiamenti, naturalmente innocenti, de' giovanotti, tutti per esse. Quarto, e questo mi sembra impossibile in una società per bene, hanno l'aria di voler essere troppo allegre, di voler fare discorsi che le signorine non possono ascoltare, e via via dicendo, non oso continuare. Se le signore maritate fossero veramente furbe, e sapessero fare i loro interessi mondani, dovrebbero, viceversa desiderare ampiamente la presenza delle fanciulle, per potersi affermare più belle, più attraenti, più irresistibili, ed anche più libere nella folla, nella confusione del ballo, di esercitare, con tutta innocenza, io credo, le loro seduzioni.

Pagina 87

Nuovo galateo. Tomo II

194794
Melchiorre Gioia 2 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
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Da tale passione pei combattimenti di spirito o duelli di motteggi e di celie erano invasi i Normanni, che anche nell'ardore d'un assedio i nemici sospendevano talvolta le ostilità per abbandonarsi ad una guerra meno dannosa, guerra di motti, di redarguzioni, di buffonerie. Allorché qualcuno dei due partiti era preso da questa vaghezza, si mostrava all'altro in abito bianco, il che era riconosciuto ed accettato come una sfida di celie. La quale cosa certamente non era, riprensibile in tempo di guerra, giacché

Pagina 169

E per abbandonarsi a certe appetenze né molta istruzione si richiede, nè molto raffinamento. Consultiamo ora i fatti. 1.° Ho detto altrove che la poligamia proscritta dagli usi de' popoli inciviliti si trova estesa presso i popoli barbari e semi-barbari; il che dimostra chel'intensità e la moltitudine dei desiderii discordanti dalla monogamia vuol essere attribuita alla naturale costituzione dell'uomo non alla civilizzazione, come pretendono alcuni scrittori che non sono né filosofi né teologi (Vedi l'articolo seguente.) 2.° Le donne de' Bretoni, popoli che si scostavano alcun poco da' popoli selvaggi, erano, giusta il racconto di Cesare, comuni a dieci o dodici individui, particolarmente quelle d'un fratello erano comuni a' suoi fratelli, e quelle del padre a' suoi figli. De Bell. Gall. lib. V. AI rimprovero tatto dall'imperatrice Giulia su quel vergognoso commercio alla moglie d'Argatocoxus principe Bretone, questa non negò il fatto, ma ritorse l'accusa contro le dame romane. 3.° I codici de' popoli barbari che invasero l'impero d'Occidente parlano spesso delle violenze fatte al pudore, e del ratto delle donne; il che rende probabile il ratto delle Sabine attribuito ai Romani nella loro primitiva rozzezza. 4.° Sembra che dopo l'invasione de' Barbari nel V secolo fosse comune ai mariti l'uso di fare infame traffico delle loro donne, benché si fossero pubblicate severe leggi per reprimere questo delitto. « Siquis dixerit coniugi, malam licentiam dando, » Vade et concube, cura tali homine; aut si » dixerit alicui homini, Veni et fac cum muliere » mea carnis commixtionem; et tale malum factum » fuerit, et causa probata fuerit, quod, per ipsum » maritum factum sit, ita statuimus, ut illa mulier, » quae hoc malum fecerit et consenserit, moriatur » secundum anterius edictum; quia nec talem causam » facere nec celare debuit. » Leg. Longobard., p. 1099; ap. Georgisch. Corp. jur. Germ. antiq. In quello stato di società la cosa non poteva essere altrimenti; giacchè da un lato vediamo eccessi nel mangiare e nel bere; dall'altro la scarsezza delle arti prima dal XII secolo non presentava larghe risorse. La nobiltà aveva mezzi per comprare, la plebe aveva bisogno di vendere. Attualmente la plebe ottiene a titolo di lavoro ciò che allora otteneva a titolo di corruzione. (VIII e IX secolo). Carlomagno cambia moglie nove volte senza molte formalità e senza scandalo, il che dimostra che il sistema della monogamia quale fu predicato da Cristo, non era ancora protetto dalla pubblica opinione. Sembra che nelle Gallie parecchi monasteri fossero centri di prostituzione, ove incessanti infanticidi commettevansi. Quia dum illae meretrices sive monesteriales, sive seculares, male conceptas soboles in peccatis genuerunt, saepe maxima ex parte occidunt, non implentes Christi ecclesias filiis adoptivis, sed tumulos corporibus, et inferos miseris animabus satiant. (Canciani, Leges Barbororum, t. III, p. 408. col. 2.). (Avvegnaché quelle prostitute, o monache fossero o secolari, generassero prole concetta nel peccato per la massima parte la uccidevano, empiendo le chiese di Cristo non di figli adottivi, ma i sepolcri di corpi, e l'inferno di misere anime). S. Bonifacio attesta che le dame e le monache inglesi ne' loro frequenti pellegrinaggi a Roma perdevano la castità; cosicché nelle Gallie e in Lombardia pochissime erano le città dove non vi fossero prostitute inglesi. (X secolo). Bettinelli, parlando dell'influenza dell'ignoranza sul costume dopo il 900; dice: Sì, per lei perduti gli studi, i libri, le lingue, ignorossi la legge cristiana e civile. I dogmi e la morale si depravarono sin ne' sacri pastori e ministri; i vizi dunque e le virtù poco si distinsero, e si presero i gravi eccessi degli adulterii, degli omicidii, degli incesti, come fatti da scontrarsi dal ricco, o da perdonarsi al forte. Il sapere era volto in derisione e in biasimo; le leggi stesse e i magistrati giustificavano la scostumatezza. Le leggi e i magistrati giustificavano la scostumatezza sciogliendo da ogni colpa l'accusato che dal duello uscia vincitore. Se prestasi fede a Platina, Genebrardo, Stella, Baronio, le meretrici erano sì numerose e sì accreditate, che esse distribuivano le più illustri cariche, i vescovadi ed il pontificato. Edgard re d'Inghilterra attribuisce i vizi più scandalosi agli ecclesiastici, in un discorso pronunciato dinanzi ad un concilio generale del suo regno: egli rimprovera loro l'ubbriachezza, il gioco e la dissolutezza, e dice senza mistero, che le case degli ecclesiastici sono il ricovero delle prostitute. Dietro queste rimostranze l'arcivescovo S. Dunstan coll'assenso del concilio ordinò agli ecclesiastici di conservare la castità o di abbandonare le loro chiese (Fleury, Hist. Eccl. vol. VIII, pag. 286). (XI secolo). Dal 1003 al 1099 più di 20 concili ricordano la vita sregolata degli ecclesiastici si preti che monaci, la loro coabitazione con più donne ed i loro figli illegittimi. Fleury, svolgendo gli atti del concilio di Pavia del 1020, dice: « Les » actes qui nous en restent, commencent par un » grand discours, où il (le pape) se plaint que » la vie licenceuse du elergé deshonore l'église, » et qu' il dissipent les grandi biens qu'elle a recu » de la liberalité des princes, les employant à entretenir » pubbliquement des femmes et à enrichir » leurs enfans » (Hist. eccles., t. VIII, p.458) « Gli atti che ci restano cominciano da un » gran discorso, in cui il papa si lagna che la vita » licenziosa dei cherici disonori la chiesa, o che sciupano » grandi beni cui ella ricevette dalla liberalità » dei principi, adoperandoli a mantenere pubblicamente » donne, e ad inricchire i loro figliuoli.» Questi disordini indussero i sommi pontefici, gli arcivescovi e vescovi ne' susseguenti secoli a moltiplicare i Seminari, acciò nella forza intellettuale infiancata ed estesa trovasse argine la corruzione che era scaturita dall'ignoranza. La dissolutezza e l'impudenza delle persone potenti giunse al punto in quel secolo, che in Inghilterra molte donne si chiusero in monasteri per sottrarsi alla loro libidine, e presero il velo per salvar l'onore. Cadmer, Hist, t. 3, pag. 57. L'universale corruzione indusse a credere che era vicina la fine del mondo. * Le meretrici che seguivano i re ne' loro campi, ne' loro viaggi nelle loro corti, erano unito in corporazioni regolari, affidate al regime di ufficiali chiamati marescialli delle regie meretrici. Questi uffici avevano annessi de' beni e divenivano titoli di nobiltà ereditaria. * Gilbert Stuard, Tableau des progrés de la société en Europe. t. Il, pag. 92 e 193-194. (XI e XII secolo.) Alla vista d'imminente naufragio partono dal lido navi di soccorso; ai gridi degli assaliti le guardie nazionali corrono alla difesa. Ora ne' secoli di mezzo sorse l'ordine de' cavalieri, che ebbe per iscopo di difendere il sesso debole da' rapitori, come i gendarmi hanno per iscopo di difenderci da' ladri. Tanti cavalieri diffusi per tutti i regni fanno supporre un'aggressione generale e frequente. Il peggio si è che i difensori divennero corruttori; e le donne, o difese, o rapite, o sedotte, furono unite, quasi direi, in celle monastiche dirette da abbadesse, o sia in veri serragli. Fu inventore di quest'uso Guglielmo IX conte di Poitou, valoroso e cortese cavaliere, ma grande ingannatore delle dame, come dice la storia. Historie des Troubadours, t, I. Allorché sulla fine di ciascun secolo, dall'undecimo al decimoquinto i predicatori annunziavano la fine del mondo, le storie ci dicono che si restituivano le robe e le donne altrui. » I possessori de' castelli, dice Saint-Fois, eretti » in ogni parte per trattenere le scorrerie dei » Normanni, diventarono nel seguito un flagello » quasi tanto funesto, quanto lo erano stato quei » pirati. Dalla cima delle loro rocche piombavano » su quanto si mostrava nelle pianure, taglieggiavano » i vincitori, saccomannavano i mercatanti, » rapivano le donne se erano belle: talchè sarebbesi » detto che il brigantaggio, il ratto e lo stupro » erano diventati i diritti del barone... » Le donne e le zitelle non erano più sicure » passando da costo alle abbazie, e i monaci sostenevano » più presto l'assalto che restituire la » preda; se erano troppo pressurati portavano sulla » breccia le reliquie di qualche santo, e quasi sempre » accadeva che gli assalitori, colti da rispetto, si » ritiravano e non ardivano proseguire la loro vendetta » (Ouvres tom. IV, pag. 6o, 6I). » Gettiamo uno sguardo sui costumi del tredicesimo » secolo. Ei fu macchiato da disordini che » si estesero fino ai secoli seguenti. Vedevansi ecclesiastici » aggiungere all' immodestia del vestire » una condotta non meno riprensibile, che frequentavano » le taverne, giostravano ne' tornei, mantenevano » pubblicamente concubine; vedevansi curati » che uscivano colla spada al fianco, che ricoveravano » donne sospette, che esercitavano uffici » nelle giustizie secolari, che prestavano ad » usura ecc. In alcune diocesi il fornicario pagava » ogni anno un quartaio di vino, tassa che non » doveva finire che colla vita. Una volta inscritto » sui registri, bisognava pagare in perpetuo, quantunque » o non si volesse più o non si fosse più » in istato di pagare ». (Idem, ibid., pag. 89). (XIII secolo). Da un lato il numero delle feste era quasi triplo dell'attuale, quindi maggior ozio; dall'altro il sentimento religioso, depravato dall'ignoranza, dalle leggi, dagli usi, non riusciva a reprimere la sfrenatezza de' costumi. I tempi (dal 1096 al 1291) ne' quali tante armate accese di zelo aula andavano a combattere per ricuperare e conservare il santo sepolcro, presentarono lo spettacolo della depravazione più abbominevole, e più universale. I pellegrini e i crociati portarono in Asia i vizi d'Europa, e in Europa quelli dell'Asia. San Luigi, durante la sua pia e memorabile spedizione, non poté colle sue virtù, col sue esempio, colle sue precauzioni impedire la dissolutezza e i disordini che lo circondavano. Egli ebbe il rammarico di vedere i bordelli stabiliti dinanzi alla sua stessa tenda. Joinville, Historie de S. Louis, pag. 32. Più scrittori fanno fede dell'uso tirannico e infame che dava ai feudatari il diritto di dormire la prima notte colle novelle spose vassalle di essi. Questo costume si mantenne in Europa sino al XVII secolo. (XIV secolo). Sotto Carlo il Bello la storia della Guascogna cita l'insurrezione de' bastardi, figli naturali della nobiltà. Il saccheggio e le rapine, lo stupro e il ratto, le frodi ed un coraggio disperato furono le armi con cui que' bastardi tentarono di togliere ai loro fratelli legittimi i castelli paterni. Questa guerra sanguinosa fu si viva ed ostinata, che consumò la prima armata speditavi dal re Carlo. Ne' racconti scherzevoli e ne' romanzi, che sembrano essere stati la principal lettura di chi sapeva leggere nelle età di mezzo, e di chi aveva tempo GIOJA. Galateo. Tom. II. 14 d'ascoltarla, regna uno spirito licenzioso che dimostra una dissolutezza generale nel commercio de' sessi. Questa osservazione, che è stata sovente volte fatta a proposito del Boccaccio e degli altri antichi romanzieri italiani, s'applica ugualmente ai racconti ed ai romanzi francesi si in prosa che in versi, ed a tutte le poesie de' Trovatori. La violazione delle promesse e dei diritti maritali vi è trattata come un privilegio del valore e della bellezza: ed un cavaliere perfetto sembra avere goduto senza ostacoli, ed in virtù d'un consenso generale, degli stessi privilegi a' quali nell'epoca della massima corruzione francese pretendevano i cortigiani di Luigi XV. (XV secolo). Filippo il Buono duca de' Paesi Bassi, il quale nel 1438 institui l'ordine del Toson d'oro ed assunse per patroni la B. Vergine e S. Andrea, volle che ventiquattro fossero i membri o cavalieri del suo ordine, in onore delle sue ventiquattro amanti. Annales des voyages, t. IX, pag. 182 (XV e XVI secolo). Era si estesa la corruzione in questi tempi, che fu proposto da Enrico VIII re d'Inghilterra la pena di morte qual unico freno contro l'adulterio. Allorché nel clero, il quale serve ad altri di scorta e d'esempio, si veggono segni di corruzione, si può a buon dritto conchiudere che maggior corruzione è diffusa nella massa popolare. Ora se prestiamo fede agli storici ecclesiastici, che, avendo a cuore l'onor del clero, avrebbero desiderato di scioglierlo da que' vizi che atteso l'infelicità de' tempi lo screditavano, dobbiamo dire che ne' secoli XV e XVI « il clero, si secolare che regolare, era composto d'individui ignoranti e corrotti, i quali, » trascurando i doveri del loro stato, andavano in » giro con meretrici, e dissipavano le rendite dei » loro beneficai in banchetti ove pubblicamente alla » fornicazione abbandonavansi e all'adulterio» Wilkin, Concil., pag, 573. Sulla porta d'un palazzo appartenente al Cardinale di Wolsey si leggeva: Domus meretricurn domi curdinalis.(Stuart, Tableau des progrès de la sociètè en Europe, t. II, pag. 192-193). Gli storici accertano che il concubinato e la simonia erano delitti comuni, e perciò risonarono sì forte i gridi di riforma negli stessi concili di Costanza e di Basilea. Se crediamo a Clemangis, la corruzione in quegli sgraziati secoli continuava ancora ne' chiostri femminili, giacchè egli accerta che al suo tempo dare il velo ad una giovine era lo stesso che abbandonarla alla prostituzione. - Nissuno ardirebbe fare questo lamento a' tempi nostri. (XVII secolo). Nella vita di S. Carlo Borromeo si scorge a quale depravazione di costumi era giunto il clero secolare e regolare in Lombardia: basterà dire che il santo arcivescovo fu costretto a sopprimere più monasteri di monache, atteso la loro sfrenata scostumatezza. L'ordine religioso degli Umiliati, che si era renduto celebre per la sua condotta scandalosa, mal soffrendo le riforme che andava facendo S. Carlo, suscitò il fratello Farina, acciò con un colpo di fucile, che fortunatamente andò fallito, lo ammazzasse nella cappella arcivescovile. E' noto che l'autore di questo attentato e tre religiosi furono puniti di morte. L'anno 1659 sotto il pontificato d'Alessandro VII fu osservato a Roma che molte giovani spose erano rimaste in breve tempo vedove, e che molti mariti morivano dacchè non piacevano più alle loro donne. Nacquero da ciò più sospetti sopra una società di donne giovani. Garelli, medico di Carlo VI re delle due Sicilie, scrisse verso quel tempo al celebre Hoffmann ciò che segue: » La vostra elegante dissertazione sugli errori » relativi ai veleni ha richiamato alla mia memoria » un certo veleno lento che un infame avvelenatore, » tuttora esistente nelle prigioni di Napoli, » ha adoperato per la distruzione di più di 600 » persone.» Non si può dubitare che l'arte infame di preparare ed amministrare segretamente differenti specie di veleni non sia stata estremamente diffusa verso la metà del XVII secolo a Roma e a Napoli. In Francia, e principalmente a Parigi, ella giunse al più alto grado verso il 1670. Nel 1679 per punire questa specie di delitti fu eretta una corte di giustizia speciale detta chambre de poison, o chambre ardente (camera del veleno o camera ardente). Un certo Exili, italiano, compositore e venditore di veleni, è accusato d'avere fatto perire a Roma più di 150 persone sotto il pontificato d'Innocenzo X (XVII secolo). In Francia, dove diviene oggetto di ridicolo anche ciò che ne è meno suscettibile, il veleno fu chiamato, al tempo d'Exili, poudre de succession. In quel secolo perirono sul rogo due avvelenatrici, la Toffana in Italia, la marchesa di Brinvilliers in Francia. Giusta la testimonianza del celebre Flechier, vescovo di Nimes « ne' bei tempi di Luigi XIV (nel » 1665) furono portate 12,000 accuse per delitti » d'ogni specie davanti ai commissari reali nelle » sessioni chiamate le grands jours d'Auvergne. » Riferendo questo fatto, l'autore osserva che l'accusatore e i testimoni erano talvolta più rei che l'accusato. -» Un de ces terribles chatelains (dic'egli) » entretenait dans des tours, à Pont-du-Chàteau), » douze scélérats dévoués à toutes sortes de crimes, » qu'il appeloit ses douze apoires.» L' abate Ducreux, editore delle opere di Flechier, riporta in quella occasione « l'exécution d' un curé condamné » pour des crimes affreux, et il déplora l'état où » l'ignorance et la corruption des moeurs avoient » fait tomber la societé à cette époque: il y eut » dans un seul jour plus de trente exècutions en » effigie». « Uno di cotesti terribili castellani manteneva » nelle torri a Ponte di Castello dodici scellerati » devoti a ogni specie di delitti, cui chiamava » i suoi dodici apostoli.» -« Il supplizio di un curato condannato per delitti » orribili, e rimpiange lo stato in cui l'ignoranza » e i corrotti costumi avevano degradata la » società a quel tempo. In un solo giorno vi furono » più di trenta esecuzioni in effigie. » * Se fosse vero il principio che la mancanza di felicità conduce alla corruzione, converrebbe dire che i secoli scorsi furono mille volte più corrotti del nostro, giacchè la somma de' mali cui quei secoli soggiacquero, fu infinitamente maggiore dell'attuale, del che parlerò nel capo VIII. *

Pagina 230

Le buone usanze

195479
Gina Sobrero 1 occorrenze
  • 1912
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
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Ella non balla mai due volte di seguito collo stesso cavaliere: può però nella serata accordargli più di un giro; ballando si tiene dritta, ma non stecchita, nè ha l'aria di abbandonarsi tra le braccia del suo compagno; non tiene il broncio, ma non sta bene che chiacchieri troppo o rida col ballerino; non lo guarda negli occhi, nè volge il capo dall'altra parte quasi ne avesse ribrezzo; infine è cortese e seria, prima perchè deve esserlo e poi perchè ha tutto a guadagnarvi. La nostra civiltà moderna dà alle fanciulle una grande libertà d'azione; esse, se sono senza genitori, viaggiano sole e magari non si peritano a presentarsi ad uno stabilimento di bagni, ad una cura d'acque. Io non condanno affatto che si liberi la donna da tanti pregiudizi, che non la si costringa a rendere monotona la sua vita o ad essere di peso agli altri: solo le consiglio di usare una grande prudenza e un tatto eccezionale, se non vuole essere mai giudicata. Sia molto guardinga nella scelta delle sue relazioni temporanee; si tenga piuttosto appartata dalle compagnie troppo allegre; rinunzi alle acconciature bizzarre che consentirebbero il luogo e la stagione; non accetti niente da nessuno. Se fa una partita paghi la sua parte, giacchè essendosi emancipata, ha rinunziato ad una parte dei vantaggi femminili; non riceva facilmente nella propria camera i compagni di villeggiatura: eviti le passeggiate sentimentali, i luoghi troppo solitari, infine si mostri quale vorrebbe parere, se tra il pubblico vi fosse l'uomo che ella sogna compagno della sua vita. Non ho bisogno di dire che per permettersi questa libertà d'azione bisogna aver passato almeno la trentina; non consiglierei mai ad una fanciulla più giovane di presentarsi sola ad uno di questi pubblici ritrovi. Abbiamo tutta una classe di giovanette, ormai, che col loro ingegno, col lavoro attivo, hanno acquistata una personalità spiccata; esse vivono indipendenti, lavorano e guadagnano, fiere di dovere a sè stesse il necessario o il superfluo dell'esistenza. Badino; la loro posizione non le dispensa affatto da tutti i doveri di una squisita educazione, esse sono soggette a tutte le leggi che guidano le meno privilegiate compagne, anzi occorre loro una più grande riservatezza se non vogliono esporsi ad essere classificate tra le insopportabili donzellone che della donna non conservano che le forme, e se non vogliono assoggettarsi ad una eccessiva confidenzialità da parte degli uomini di cui infine occupano il posto. Non affettino trascuratezza nel vestire, seguano pure la moda senza esagerarla; oggi anche i poeti hanno smessa la zazzera, e il pubblico si inchinerà più benevolo a quella conferenziera, scrittrice o maestra che si mostra vestita con grazia semplice, che oltre lo spirito soddisfa pure il senso dell'estetica. Queste signorine possono avere le loro carte di visita, cosa proibita a quelle che vivono in famiglia; possono scrivere una lettera ad un collega in arte, ad un giornalista, per sollecitare i favori della stampa, godono infine qualche vantaggio, che in genere sarebbe riservato alle donne maritate, ma debbono sapere usarne, non abusarne. Non si mostrino sdegnose dell'applauso, ma non lo mendichino vilmente; non affettino di disprezzare il proprio valore, ma non lo impongano a dritto ed a rovescio; sappiano adattarsi all'ambiente in cui si trovano e non posare a spostate quando si sentono circondate da persone meno colte. È certo assai più facile la vita di una fanciulla ritirata, casalinga, che non quella di una emancipata; alla prima basta per guida il suo cuore, all'ultima occorre molto spirito per farsi perdonare la sua originalità.

Pagina 28

Galateo morale

197719
Giacinto Gallenga 2 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino-Napoli
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Informatevi dell'origine di questi miserabili e vedrete che il maggior numero di costoro disertarono il paese e la famiglia per correre in mezzo a gente sconosciuta affinché non venisse scoperta la loro frode; essi non sarebbero tollerati in patria, e si dannano a un esilio volontario onde schivare la fatica che detestano e abbandonarsi senza alcun ritegno alla scioperatezza ed al vizio.

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Del resto ciascuno la pensi come vuole; in quanto a me son di men difficile contentatura; quando io vedo le vispe contadine, le gentili giovanette lanciarsi nei vortici della danza cogli occhi scintillanti di gioia, coll'impazienza che traspira da ogni loro membro, io non posso a men di prender parte al piacere di quelle giovani anime nello abbandonarsi a quello sfogo così naturale, a quell'agitazione propria dell'età in cui la vita è così riboccante di forze, il cuore così avido di sensazioni; e..... e mi pare di tornar addietro di molti lustri e quasi arrossisco a dirlo! il desiderio mi assale di frammischiarmi a quelle volubili ridde, di intrecciare il mio braccio a quello di qualche allegra fanciulla. E la musica non la contate per nulla? E non contate per nulla quel fremito che v'innalza all'udire quelle soavi cadenze? Io, per esempio, non ho potuto giammai ascoltare un waltzer dello Strauss o del nostro bravo Capitani, senza sentirmi profondamente commosso. Essi mi fanno, per così dire, rêver quasi al pari delle meste armonie del Trovatore, della Favorita. Non fa d'uopo, per capire il senso d'una musica, accompagnarla col libretto; essa te lo spiega da sé; o si sposi al canto o regoli le movenze, essa ti parla un suo linguaggio che non può esprimersi a parole; il cuore lo sente, l'anima lo intende,le fibbre sussultano al fremere delle corde, all'urto dei tasti; tutte quelle armonie ti sembrano discendere da misteriose regioni a portarti il saluto o il gemito di creature lontane a cui ti lega la memoria e l'affetto.....

Pagina 455

Come presentarmi in società

199861
Erminia Vescovi 1 occorrenze
  • 1954
  • Brescia
  • Vannini
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Come si fa e come non si fa. Manuale moderno di galateo

200531
Simonetta Malaspina 1 occorrenze
  • 1970
  • Milano
  • Giovanni de Vecchio Editore
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Lo stare in famiglia non significa abbandonarsi alla maleducazione. Se siete di quei mariti che criticano le mogli in vestaglia e bigodini, avete un motivo in più per dare il buon esempio ed essere inappuntabile. Senza contare che una barba non fatta vi invecchia e vi dà l'aria malata: se siete appena un po'vanitosi non dovete assolutamente trascurarvi in questo modo col pretesto di "mettervi in libertà". Farsi la barba una volta al giorno non sempre basta, specialmente per chi ce l'ha molto dura e scura. La sera, soprattutto se avete qualche impegno, dovreste farvela una seconda volta: col rasoio elettrico non vi costerà molto tempo né molta fatica. E un goccio di lozione dopobarba (o after-shave), a operazione compiuta, vi darà una sensazione di gradevole freschezza. Chi ha la barba un po' ruvida, non se l'accarezzi in continuazione. Quella carezza in realtà è un po'rumorosa e potrebbe infastidire chi sta vicino. Se avete la barba lunga o avete intenzione di farvela crescere, ricordatevi che l'onor del mento ha bisogno di cure come un giardino. Una barba ispida e mal curata dà una sgradevole sensazione di sporcizia.

Pagina 49

Le buone maniere

202456
Caterina Pigorini-Beri 1 occorrenze
  • 1908
  • Torino
  • F. Casanova e C.ia, Editori Librai di S. M. il re d'Italia
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L'uomo bene educato e gentile non avendo mai l'idea di offendere volontariamente alcuno, non crede che altri voglia offendere lui: la sua prudenza, è vero, non gli permette di abbandonarsi a credere di tutta schietta farina il pane che la società somministra al grande banchetto della fratellanza universale: tuttavia non è nemmeno portato a diffidare troppo del suo simile, o a prendere subito in mala parte qualche atto che, talvolta, può essere l'effetto di un caso, d'una distrazione o d'una circostanza imprevedibile e indipendente da ogni volontà altrui. Se si crede offeso non piatisce in pubblico e non fa pettegolezzi volgari, specialmente se l'offesa patita gli viene da una signora. Egli non sciupa in risentimenti puerili la sua forza, e sa prendere la sua via anche se ha sbagliato egli stesso, il che può accadere. Il riconoscere un errore e il confessarlo è prova di un grande valor personale; l'atto di scusa di chi ha errato è ancora superiore allo stesso perdono accordato da chi è stato offeso. È più facile essere clemente che umile. La clemenza e l'umiltà sono due virtù ma dipendono da una stessa passione - l'orgoglio; fra esse v'ha questa differenza: che la clemenza esalta il nostro amor proprio e l'umiltà lo abbassa. Ora la scelta è troppo facile fra queste due; ciascuno ama la parte del vincitore più che quella del vinto, siano pure due forti uomini come Carlo V e Francesco I. Colui che sa innalzarsi può giungere a sedere cogli Dei; ma solo ne è degno chi sa comprimerne in sè stesso il desiderio o l'aspirazione. L'uomo bene educato sarà sempre pronto a difendere una donna sola insultata per la strada, a soccorrere un poverello a cui cadesse il bastone o la stampella o il vento portasse via il cappello, anche quando fosse coperto di luridi cenci; e a condurre a casa un bambino smarrito. Esso non reputa cosa vile la pietà che i più Infelici di noi destano nei cuori, innalza fino a sè gli umili, dissimula i risentimenti personali all'altrui presenza e seduto a mensa col suo nemico in casa d'altri, non lo punge nè lo irrita con allusioni pericolose. Egli sta al corrente delle notizie anche indifferenti, quel tanto che basta per potere mettere i suoi amici e conoscenti al contatto di sè medesimo e degli altri; e raccoglie la voce pubblica per sapersi regolare con prudenza e con moderazione, non dimenticando che la voce del popolo, se non è sempre la voce di Dio, è nella maggior parte dei casi la vera pietra di paragone per conoscere i caratteri e i cuori degli uomini. Combatte le calunnie scagliate dagli invidiosi e le insinuazioni dei malevoli a viso aperto, quando può. E quando può, deve; quando non può e non sa, sta in quella forma di forte silenzio per cui a non spuntare gli strali, attutisce il rumore e diminuisce l'urto dei colpi. Non ignorando che una sapiente leggenda tolse dalla costola sinistra del suo cuore, dove si crede abbiano sede gli affetti, la donna, egli la tiene in quel rispetto che rivela un animo gentile ed amoroso, senza sdolcinature, ma evitando quello che ha l'aria di un imperativo, il quale nella crescente civiltà è diventato un vecchio e incomodo elemento di tirannide morale, rifiutato dal progresso e dalla ragione. E posto al contatto di donne loquaci e litigiose o importune si solleva al di sopra delle piccole questioni inevitabili nella vita, con quella fortezza, senza di cui un uomo non potrà mai credere di essere bene educato.

Pagina 87

Eva Regina

203069
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 4 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
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Dunque segregarsi no, ma neppure abbandonarsi intere alla corrente che vi esilia dal dolce nido, dalla quieta solitudine, dagli affetti fedeli. Abbia, la signora, il suo giorno di ricevimento, che le assicura libertà in casa propria per gli altri sei giorni della settimana; non manchi alle visite d'obbligo, d'augurio, di ringraziamento d'ossequio, se il marito ha qualche superiore ammogliato: ma riduca allo strettamente necessario il suo intervento quando ha la scelta tra andare e rimanere, e preferisca i salotti dove la società è più seria e più scelta. Se va ai balli, non vi rimanga sino alla fine, e se il marito le permette di ballare, non abusi della concessione. Ai teatri non faccia delle toilettes audaci in modo da farsi confondere con certe signore con le quali non deve avere nulla di comune. Non sia un'assidua delle passeggiate eleganti che sono in realtà gare di seduzione, di lusso e di civetteria : nei ritrovi sia amabile con tutti, ma si guardi dal dimostrare una preferenza, anche se determinata da sentimenti innocentissimi, verso questo o quel cavaliere. Non si apparti mai con uno di essi: mostri di ricercare più che altro la compagnia delle signore e sia affettuosa e gentile verso il proprio marito, non imitando certe donne, le quali, pur essendo buone e tenere mogli, affettano in società un contegno sdegnoso e leggermente beffardo di fronte al loro compagno, e per timore d'un ridicolo che non esiste se non nella loro mente fatua, cadono nella sconvenienza. Del resto, anche per ciò che riguarda la vita mondana, dovrà la giovine signora mettersi perfettamente d'accordo con lo sposo, secondare i suoi gusti e le sue abitudini. Nessun sacrificio le sembri di soverchio grave, pensando che l' amor vero è tale tesoro nell'esistenza che non si acquisterà mai a troppo caro prezzo.

Pagina 107

Le insegni a detestare la menzogna, ad amare la verità anche se aspra : a riflettere ma non a calcolare: ad abbandonarsi agli impulsi generosi ma a dominare energicamente l'istinto cieco ed egoistico. Le insegni ad essere buona per essere felice; ad essere piacente e graziosa, non per vanità ma per far più prezioso il dono di sè, per elevare con maggior facilità verso l'ideale le anime che l'avvicinano, che subiscono il fascino della sua. La innamori della semplicità, dell' attività, della vita sana e frugale. Secondi le sue inclinazioni per quanto può, e sopratutto non permetta che sull' unica base malsicura dell'amore edifichi tutto il suo sogno d'avvenire. Se l'amore lo sposo verranno, tanto meglio, ma pure additando questo ideale alla fanciulla come il migliore ed il più naturale, dovremmo procurare ch'essa possa sceglierne qualche altro se questo le vien meno. Una signorina è molto più libera, molto più padrona di se, oggi che nel passato. Ha più numerosi mezzi a sua disposizione per estendere la propria coltura, per rivolgere la propria attività a questioni, a opere, che un tempo non esistevano o non la interessavano affatto. L'educazione, l' arte, la beneficenza, gli impieghi, la scienza possono pure darle attività nobili, proficue a sè e agli altri, consolazioni non inutili alla solitudine della sua vita futura. Avvezziamo dunque le fanciulle a contare sopratutto su loro stesse; ripetiamo loro che moralmente e materialmente l'unica cosa essenziale nella vita è quella di operare il bene, in qualunque sfera ci aggiriamo, in qualunque modo Dio permetta ai nostri sentimenti e alle nostre attitudini di esplicarsi.

Pagina 23

E vi possono essere mariti così impulsivi, così poco delicati, da abbandonarsi a commiserazioni e a rammarichi nell' ora stessa in cui possono valersi dei loro nuovi diritti. Ma una donna che ama perdonerà, raddoppierà di tenerezza e di fervore; saprà sempre trovare nei tesori della sua anima e del suo pensiero la parola magica che quieta e risana. « No — ella dirà al suo sposo — tu non devi dolerti di non avermi incontrato prima, di non essere stato il mio primo amore. Perchè è assai più difficile riaccendere una lampada priva ormai di alimento che accenderne una pronta per la festa: è più difficile cancellare, ricostruire, riattaccare pazientemente e solidamente ogni filo per una nuova tessitura, che dipingere su una tela fresca, edificare e tessere con elementi intatti. Vedi, io nasco oggi, la mia vita incomincia da questo momento e sei tu che me l'hai data... »

Pagina 479

Si ha una sola giovinezza, un solo destino, una sola possibilità di abbandonarsi interamente e onestamente all' amore ! La donna, nella nostra società, è come un giocatore che dovesse arrischiare tutto il suo patrimonio su una carta e non avesse che un' unica probabilità di averla buona. Se un uomo si avvede d'avere scelto una professione disadatta al suo temperamento, di aver seguito un corso di studi o un metodo di vita non conformi ai suoi ideali o alla sua salute, li può cambiare o modificare anche in piena maturità. Un uomo ha facoltà di scelta, non solo, ma ha, si può dire, in mano sua parecchi destini. È come se avesse molte vite. Può pentirsi e ricominciare ; può assaggiare molti amori prima d'eleggere l' amore sovrano. E non ci perde nulla : e se ha energia e attività può rinnovarsi fino all' estrema vecchiaia. Mentre noi non possiamo scegliere il nostro destino, e l' esperienza ci viene soltanto quando la nostra sorte è fissata per sempre. La nostra esistenza è una via monotona e dolce, ma unica, a meno di non lacerarci fra i dirupi dei sentieri obliqui.... Se il colpo fallisce, la nostra vita intera è mancata ! » Vi è del giusto, ma non in tutto. Intanto la vita della signorina moderna, la sua libertà d'istruirsi, di dedicarsi a quello che si accorda meglio coi suoi gusti e col suo temperamento le dànno maggior modo di osservare, di riflettere, di farsi un' esperienza sufficente il più delle volte per non errare nelle sue preferenze e nella sua scelta. Credete pure, che quando una signorina oggi si trova ingannata e tradita nelle sue aspirazioni, non è per colpa degli altri ma di sè medesima, che non volle o non seppe riflettere abbastanza, tener conto degli indizî sfavorevoli, secondare il suo senno, seguire gli altrui e i propri avvertimenti. La seduzione d'essere amata, d'una posizione indipendente, della ricchezza, di cambiar vita e abitudini, la decidono, quasi sempre, a fissare il proprio destino, più che l'amore vero. E in quel momento supremo, quando è arbitra di sè, non pensa, allora, che si vive una volta sola — come lo penserà disperatamente più tardi, quando non potrà più rifare la via già percorsa. E appunto perché per lei la decisione della sua sorte è più grave, bisogna che in quel momento unico dell'esistenza raccolga tutto il suo coraggio, tutta la sua ponderatezza per disporre di sè. Certo, un'idealità sfumata, una vocazione perduta, un destino mancato, uno scopo fallito sono più dolorosi per la donna che per l'uomo, poichè la donna non ha dato solo una parte della propria personalità e della propria anima, ma la personalità e l' anima tutta : ed il ricominciare da capo, l' iniziare una vita nuova, anche nei casi in cui le è possibile, le riesce più arduo e penoso. Poichè si vive una volta sola procuriamo dunque che la nostra vita sia proficua, anche se limitata in un dato numero d'anni; ed ascoltiamo Montaigne che scrisse : « L'utilità del vivere non è nello spazio, ma nell' uso : può aver vissuto a lungo tale che pure ha vissuto poco. L'aver vissuto abbastanza sta nella volontà nostra, non nel numero degli anni. »

Pagina 693