Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbastanza

Numero di risultati: 222 in 5 pagine

  • Pagina 3 di 5

Come devo comportarmi?

172380
Anna Vertua Gentile 3 occorrenze
  • 1901
  • Ulrico Hoepli
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Una giacca di forma ordinaria con un numero conveniente di tasche ed una fila di bottoni; calzoni corti, abbastanza larghi, con un raddoppio nella parte che sta su la sella; calze lunghe di maglia di lana, scarpe basse fatte in modo da non stringere il piede nè impedirlo nei movimenti, cappello di feltro molle di color chiaro o berretto all'inglese con visiera. Per le corse, invece della giacca, si consiglia la maglia di lana, molto aderente, calzoncini che lascino il ginocchio libero, calze finissime fino al polpaccio, scarpe apposite, senza tacco. E questo un costume che fa spiccare l'eleganza robusta della persona, che lascia perfettamente liberi i muscoli e che sta benissimo. Lungo le strade, il ciclista deve sempre tenere la destra; per sorpassare un veicolo che gli sia davanti, terrà la sinistra. Nel percorrere i cigli stradali avrà molto riguardo ai pedoni, evitando di disturbarli. In città si servirà del campanello badando molto di non seccare il pubblico verso il quale deve serbare sempre un cortese contegno. Non correrà troppo velocemente nelle vie frequentate, non si metterà davanti alle carrozze ad ai trams a rischio di spaurire i cavalli o tenere chi guida in apprensione; accenderà il lanternino la sera. Dovrà poi sempre portare i guanti di filo, d'estate; foderati di flanella col palmo e il di sotto delle dita di pelle come si usano adesso, d'inverno. La posizione da tenersi in bicicletta, deve essere corretta e disinvolta. Si deve evitare di restringersi nelle spalle e incurvare la spina dorsale. Nella corsa, il corridore inarca la schiena, piega ed abbassa il capo per vincere la resistenza dell'aria ed agevolare la respirazione. Ma la posizione di corsa non deve essere la normale, in cui è da evitarsi ogni deformazione del corpo. Non è punto igienica la posizione che si tiene generalmente in bicicletta, con il corpo piegato in avanti e il tronco flesso, in modo da esercitare una soverchia pressione sui visceri addominali. Incontrando una signora, il ciclista staccherà un momento la mano dalla maniglia per portarla al berretto. Che se la signora fosse un'amica di casa e si fermasse mostrando desiderio di parlare, il ciclista si arresterà di botto, balzerà con un salto aggiustato dalla sua macchina, e le si inchinerà davanti reggendo la bicicletta con la sinistra e levandosi il cappello con la destra. Se la signora stendesse la mano il ciclista prima di stringerla si leverà prestamente il guanto, che nel suo caso servendo solo per riparare dalla polvere, non è certo pulitissimo ne elegante. Se con lui è una signora pure in bicicletta, il gentiluomo, misura la velocità della corsa a quella della compagna e si guarda bene dal sopravanzarla. Sta attento agli ostacoli per farli schivare; e quando la signora scende, si incarica lui della sua bicicletta.

Pagina 204

Dunque si abbia ogni riguardo della salute; è raccomandazione non mai abbastanza ripetuta.

Pagina 215

Lasci scoccare i trenta, e saranno a pena abbastanza se la signorina è bella e aggraziata nella persona. E allora, se le circostanze vollero o ella medesima volle, che non sia maritata, rinunci coraggiosamente alle pretese della donna giovine e si metta nel numero di quelle che agiscono per proprio impulso, sentendosi responsabili delle proprie azioni. Si comporti in società, come una donna maritata o meglio, come una vedova. Se ha la fortuna di avere ancora la sua famiglia, ne goda come di un bene inestimabile, ma sia indipendente e faccia di liberarsi d'ogni tutela, d'ogni sorveglianza, che potrebbe tornare ridicola. Uscirà sola, farà le sue visite, le sue compere, riceverà amiche ed amici. Se ne avrà i mezzi, viaggerà sola. Sarà libera di scrivere a chi le pare e piace e nessuno avrà il diritto di leggere, senza il suo consenso, la sua corrispondenza. Avrà le sue carte da visita e farà in modo che tutti intendano ch'ella vive indipendente nella sua famiglia alla quale è legata da affetto vero e vivo, ma dove è considerata come donna, non già come fanciulia, che sarebbe cosa buffa. Se la famiglia ha l'abitudine di ricevere, ella sarà l'anima delle riunioni senza però togliere alla madre il prestigio nè l'autorità della padrona di casa. Giuocherà alle carte, al dominio, agli scacchi se sarà necessario per la partita. Suonerà il piano se sarà invitata a farlo e se ha voce potrà anche cantare, astenendosi però dalle canzonette e dalle romanze d'amore. Alle feste di ballo non interverrà che per accompagnare qualche giovinetta sorella o parente; ma non ballerà. Se la donna nubile ha casa propria e vive sola, si comporterà come una vedova. Non farà toelette eccentriche nè di colori chiassosi: si ornerà di gioielli di famiglia senza esagerazione: porterà pelliccie di valore, prenderà parte a qualsiasi conversazione, senza ridicole sorprese nè rossori da bimba ingenua. Si interesserà de' suoi affari; e nelle riunioni serali, potrà offrire il thè anche agli uomini e ai giovinotti. In mancanza di affetti di famiglia, farà si che la cortesia, la benevolenza, la beneficenza, la simpatia e la coltura letteraria ed artistica, le attirino intorno amici e amiche capaci di comprenderla, stimarla, e goderne la compagnia. Più e meglio delle altre signore, ella avrà cura di arricchire la sua biblioteca di libri antichi e moderni; specialmente dei moderni, che danno argomento al suo conversare, e la tengono in giornata del progresso letterario e scientifico. I buoni libri sono buoni amici; e la signora nubile ha, più delle altre, bisogno di amici buoni, onesti e sinceri, che dicano il vero senza fronzoli e senza poco generosi riguardi. Non dimentichi la Bibbia fra i suoi libri; la Bibbia che Newton leggeva, Cromwel portava all'arcione e Voltaire teneva su lo scrittoio. Per non sentirsi il vuoto intorno, ha principalmente bisogno dello studio serio e meditato delle opere serie e meditate, che tolgono di correre ansiosi in cerca di letture leggiere e vane. La donna nubile, più che di eccitamento alla fantasia, ha bisogno di dare un pascolo al sentimento, si che non si abbandoni a se stessa, non ecceda, e nell'eccesso degeneri a debolezze. Agli eccessi del sentimento, ella deve imparare a dare il correttivo della chiara e ferma ragione. La vita della donna nubile, è certamente meno facile di quella della maritata, che ha il conforto degli affetti. È quindi necessario, che per affrontare la solitudine dell'anima, ella rinvigorisca la sua educazione e si rafforzi nella sicura rettitudine, nella piena coscienza di se, nell'armonia fra il pensiero e l'azione. Io credo che l'ordinata e severa istruzione storica e letteraria, possa dare fermezza e gagliardia alla fibra intellettuale e morale. Più una persona sa, e più basta a se stessa; e quando sa davvero e profondamente, non è mai saccente nè pedante. La saccenteria viene dalla presunzione non dal sapere; e il pedante è pretenzioso, non assennato.

Pagina 383

Enrichetto. Ossia il galateo del fanciullo

179070
Costantino Rodella 2 occorrenze
  • 1871
  • G.B. PARAVIA E COMP.
  • Roma, Firenze, Torino, Milano
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Poveretti, non è già abbastanza misera la loro condizione? essere sempre lì sottomessi a’cenni altrui, trangugiar tanti bocconi amari in silenzio! Quello è pan salato! E se noi dovessimo essere costretti a servire, e ci trattasse duramente!..... Che, ridi? Chi può leggere nel futuro? Un rovescio di fortuna, una disgrazia quale che sia, nostro padre perdesse l’impiego, il fiume portasse via quel po’ di podere che abbiam su nel Monferrato, che dovremmo fare? E chi ti dice che gli antenati di questa stessa nostra Margherita non fossero ricchi al pari e più anco di noi? e ora la vedi? È condannata a servirci e a patire le tue insolenze! Oh le umane vicende! non mediti tu mai sopra que’casi che spesso ci conta il babbo?... Ah non ridi più ora! Dunque rispetta sempre tutti, e non guardare se sia padrone o servo. Sei ben contento che si parli di te sempre in bene, e non solo da’ signori, ma anche da’poveri? E come vuoi che la fantesca possa dire che sei un bravo fanciullo tu, quando la carichi di villanie, come fai? Non posso soffrire que’ ragazzi che, credendosi di far atto di padronanza o di mostrarsi che so io, comandano superbamente e sgridano le persone di servizio, e specie in presenza della gente. Hai inteso anche tu quello che diceva ieri il dottore. Volete conoscere il carattere d’una persona? dimandò. Guardate com’ella tratti i servi e come i servi la amino. E poi osservava che se è bene trattare con dolcezza colle persone di servizio, non bisogna però usar troppa domestichezza, nè discendere a scherzare e a motteggiare troppo famigliarmente con loro come a volte fai tu; perché se ne abusano e si perde l’autorità di comandarle quando è necessario. – Le sorelle anch’esse lodavano le parole di Enrichetto e l’aiutavano a tener segno il prepotentello di Sandrino.

Pagina 19

non applauditelo; quel ghiacciato silenzio gli è già abbastanza di punizione. Ma un poveretto che viene lì, e fa il possibile per divertirvi, voi lo colmate di villanie? Non so che sorta di creanza sia codesta! Tornerebbe il medesimo, come se altri s’affannasse per rendervi un favore e voi lo compensaste con un rimprovero o con una ceffata. Gli piangeva poi maggiormente il cuore, quando sapeva che fra gente così sgarbata vi fossero studenti, e studenti negli ordini più elevati di studi! Aveva egli un’idea così alta della classe di quei che frequentavano le scuole, alla quale egli apparteneva, che avrebbe voluto che tutti i loro atti fossero più che lodevoli, da ripetersi da tutti colla maggior ammirazione. Poveretto, quante volte non ebbe ad arrossire, e chiudersi gli occhi! Chè pur troppo v’ha di tali, che credono d’aver acquistato il privilegio delle insolenze, e delle impolitezze, appunto perché sono studenti. Il signor Carlo faceva notare l’impolitezza di coloro che giunti tardi, si pongono a pigiare la folla, tanto si sforzano, che si mettono innanzi a quelli arrivati prima, e quel che è peggio si tengono il loro cappello in testa da impedire la vista a quei di dietro.

Pagina 44

Per essere felici

179364
Maria Rina Pierazzi 1 occorrenze
  • 1922
  • Linicio Cappelli - Editore
  • Rocca San Casciano - Torino
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Ma qualora esistesse qualche difetto inguaribile che smorza la limpidezza vocale, occorre avere abbastanza spirito per riconoscere tale difetto e cercare di farlo sentire agli altri il meno possibile allorchè ci si trova in società. Mi è accaduto più volte di udire voci stridule raggiungere un diapason tale da rintronare i timpani dei loro vicini, sopraffacendo la conversazione, imponendosi sgarbatamente, dominando con l'impertinenza d'un timbro elettrico. Ed essendo impossibile che la proprietaria di simile malanno non se ne accorga è facile congetturare il grado di educazione di tal persona, anche poco accorta, giacchè non si perita di accentuare un proprio difetto. E se di tali voci se ne trovano disgraziatamente due o tre in un salotto, e ciascheduna vuol inalzarsi sulle altre, vi lascio immaginare che cosa avviene! È indispensabile, quindi, nelle cose tanto grandi che piccole della vita avere il coraggio di "anatomizzarsi„ la persona e di guardarsi bene allo specchio, "Anatomizzarsi„ cioè scrutarsi per entro, osservare i propri difetti e le proprie qualità, senza fare come lo struzzo che per non essere visto chiude gli occhi. In quanto a guardarsi bene nello specchio, ne parleremo più in là... Un semplice e popolare dettato c'insegna: "È il tòno che fa la canzone„ Vale a dire: ha più importanza il tòno della voce con cui si pronunziano le parole che le parole stesse. — Infatti provate a rivolgere una frase gentilissima e lusinghera in tòno brusco o canzonatorio e vi accorgerete subito, dal viso del vostro interlocutore, il, bell'effetto che ha prodotto! Ecco dunque la necessità di avere specialissime cure per la voce senza credere, con questo, di dover diventare un' Adelina Patti.... Saper parlare con gentilezza, con proprietà, è dote posseduta purtroppo, da poche signore; dote, però, che si può, volendo, acquistare con un po' di buona volontà. Anche una voce difettosa è suscettibile di correzione come ogni altra manchevolezza umana. Benchè il timbro non si possa cambiare si riesce sempre a saperla modulare, non alzandola nè abbassandola troppo, soprattutto in società, quando un certo numero di persone parla contemporaneamente. Nelle discussioni, in modo speciale, questa benedetta voce non deve mai oltrepassare il "diapason„ normale. Parlo, s'intende, di discussioni femminili, perché la donna partecipa, generalmente, in modo così attivo all'andamento politico- sociale, da dover gareggiare talvolta in eloquenza coi depuntati d'opposizione.... Ho già detto che nei salotti, in visita, è sconsigliabile qualsiasi genere di discorsi politici; ma qualora in grazia a speciali avvenimenti si divenga a uno scambio d'idee, per carità che la discussione non degeneri in comizio! E la voce non si alzi, e il gesto non infuri, e le opinioni sieno espresse in quella maniera cortese, sebbene schietta, per la quale pur sostenendo le proprie opinioni, non si offende coloro che pensano in un altro modo! Non è certo con l'alzare il diapason della propria voce che si riesce a cambiar le idee nelle teste altrui! A questo dovrebbero pensare e provvedere le mamme allorchè i loro bambini o per averla vinta o per esprimere qualche cosa che ha colpito la loro fantasia, strillano come gazze assordando coloro che hanno la gioia di udirli. Certe forme di educazione devono essere insite nelle animuccie infantili senza ch'esse se ne accorgano, così come le piccole menti imparano a leggere a scrivere senza sforzo e senza fatica; quasi, direi, istintivamente. "L'arte della parole„ è un'arte difficile e preziosa; bisogna tenerne conto, coltivarla, perfezionarla per la grazia compiuta della donna, la quale — checchè ne dicano le suffragiste — è ancor lontana dalla necessità di scendere in piazza e arrochirsi nelle dimostrazioni, per ottenere dei diritti di cui non solo può fare a meno, ma che messi tutti in un mazzo non valgono, per lei, l'ineffabile poesia di un sorriso, nè di una buona parola. Imparate a parlare con dolcezza, signorine gentili; e molte piccole vittorie saranno per voi.

Pagina 85

Le belle maniere

179865
Francesca Fiorentina 2 occorrenze
  • 1918
  • Libreria editrice internazionale
  • Torino
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E voi non li salutate neppure, non li ringraziate se vi fanno un servizio, come se fossero ricompensati abbastanza anche per le sgarberie sofferte per voi; e, se date loro una mancia, gliela fate cadere dall'alto. Non tutte, no! qualcheduna. Ma io vorrei che tutte, invece, vi metteste d'accordo a essere gentili, a trattar bene chi v'insegna, a rispettare la scuola ch'è la vostra seconda casa, a volervi bene fra voi compagne, a incoraggiarvi nel compiere il vostro dovere, a darvi la mano lungo il cammino che assieme percorrete, avviandovi verso un avvenire forte e sereno, di cui la speranza ride a'vostri giovani cuori.

Pagina 154

Davanti alla finestra, che aveva tende di mussola candida, era una tavola ricoperta d'un tappeto chiaro e abbastanza ampia per contenere una bella allineatura di libri, schierati all'orlo con ordine e perfino con una certa armonia di colori, e per lasciare un largo spazio libero alla studiosa. Un quaderno di sunti, su cui forse la giovinetta scriveva prima d'uscire, era restato aperto; e dalle sue pagine limpide, senz'orecchie e sgualciture, una scrittura rotonda, uguale, chiara m'invogliava a leggere. Lo stile piano, uniforme corrispondeva alla nitidezza del quaderno. Alla parete a mancina della finestra era appesa una scansia, dalle cui assicelle pendeva una lista di tela iuta ricamata in lana celeste:e non si sapeva s'essa abbellisse i libri o ne fosse abbellita. Sotto la scansia, un tavolino sosteneva una macchina da cucire a mano e un cestello, dove i rocchetti bianchi e neri sembravano tanti soldatini schierati gli uni contro gli altri, in mezzo a cui scintillavano, armi innocue, le forbici, il ditale, l'uncinetto e un agoraio di metallo. Dall'altra parte della finestra c'era il cassettone di noce con marmo candido, su cui era posato uno specchio a bilico. Nel corsello del letto, da un attaccapanni di legno, pendeva un grembiulone a quadretti bianchi e turchini; al fondo un portacatino di ferro lucido, con la sua catinella e la sua brocca di porcellana e il suo asciugamano ripiegato a striscia e ben disteso. Un raggio di sole, entrando per lo spiraglio delle tende, ravvivava un mazzolino di mammole pioventi da un alto vasetto di cristallo. Era in ogni mobile una semplicità quasi rudimentale; ma ogni mobile aveva una sua fisionomia particolare, pur non stonando affatto con quella degli altri; c'era, fra essi, una specie d'affiatamento, c'era, direi, l'aria di famiglia. Tutte queste cose materiali parevano avere un'anima che togliesse loro la superficiale banalità per renderle strumento di gioia, di tenerezza, di melanconia, di poesia, di raccoglimento. La padroncina a quegli oggetti doveva aver dato molto di sè; tanto che in essi io ci vidi molto di lei. E l'intuizione mia s'ingannava così poco che, quando una voce dall'uscio mi riscosse con un timido"mi scusi", nella giovinetta che m'apparve davanti credetti di vedere una mia conoscenza antica, di cui que' pochi minuti scorsi nell'attesa m'avessero risvegliato il ricordo. La mia allieva era veramente come la sua cameretta me l'aveva rivelata:anche nella sua mente le idee avevano il loro posto, la stessa chiara limpidità di que' semplici oggetti, e, com'essi, erano puri e senza macchia i sentimenti della candid' anima giovanile.

Pagina 55

Si fa non si fa. Le regole del galateo 2.0

180475
Barbara Ronchi della Rocca 3 occorrenze
  • 2013
  • Vallardi
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Per evitare entrambi, basta munirsi di un thermos; -l'eccesso di attenzioni può diventare soffocante («Ha mangiato abbastanza?», «Forse non le piace?», «Vuole bere qualcosa?», «Le porto un altro caffè?», «L'arrosto è troppo/troppo poco cotto?», «Questo piatto non mi è venuto bene... »). Se costringiamo gli ospiti a declinare continuamente cortesissime offerte, ad accettare scuse e giustificazioni, ad affermare che va tutto bene, a farci complimenti, impediamo loro di conversare senza continue interruzioni e li spingiamo ad andarsene prima possibile; -poniamo rimedio a ciò che davvero non va, passiamo sotto silenzio i danni irrimediabili e poi... sorridiamo!

Pagina 101

È invece un gesto poco cortese, perché sembra sottintendere il timore di non trovare la cambusa abbastanza fornita... E se gli invitati non siamo noi, ma i nostri figli? Innanzitutto informiamoci bene: è una semplice merenda o si festeggia un compleanno? Nel secondo caso è d'obbligo un regalo, nel primo mandiamoli tranquillamente a mani vuote. Oppure telefoniamo alla mamma dell'amichetto offrendoci di preparare un dolce per arricchire la merenda dei piccoli, per esempio una ciambella semplice, o una crostata di frutta. Da portare solo se ci è stato dato il via libera. Non c'è niente di male a presentarsi a mani vuote a casa di chi ci ospita per un week-end, anzi. A patto di saper cogliere le buone occasioni: offrire la cena o l'aperitivo, oppure comprare insieme una leccornia locale o un bel dolce per i pasti in casa. È un modo per dimostrare che siamo attenti ai gusti dei nostri amici, senza l'ansia di «sdebitarci» (che brutta parola!) con un dono magari un po' impersonale.

Pagina 120

Nel caso in cui ci venga espressamente chiesta la nostra opinione, caviamoci d'impaccio con un «Non saprei, non lo conosco abbastanza bene». Non facciamo né sollecitiamo confronti tra parenti «nostri» e «suoi» e, se il nostro partner parla malissimo dei suoi farmiliari, evitiamo di fare altrettanto: potremmo far scattare in lui un meccanismo di solidarietà che ci porterebbe dalla parte del torto. Cerchiamo di non fare vistose preferenze, per esempio, difendendo sempre a priori i nostri figli e nipoti nei confronti di quelli dell'altro. Dobbiamo anche accettare che per i bambini non è facile trovarsi di colpo con nuovi «fratelli», e che si può imporre loro la reciproca tolleranza e il rispetto, ma non l'affetto. Al massimo, possiamo sperare che col tempo nasca l'amicizia. Infatti, è meglio non voler stabilire a tutti i costi all'interno della «famigliastra» i rapporti di tipo tradizionale: accontentiamoci (si fa per dire) di costruire una tribù di amici. Il rapporto più delicato e più difficile da gestire è con i figli di primo letto del partner, perché i bambini sanno essere avversari subdoli, crudeli, prepotenti, dispettosi, spesso vendicativi, più irriplacabili di qualsiasi suocera delle barzellette nel trattarci come intrusi sgraditi. Certo, i sentimenti non si possono imporre, però si può impostare un rapporto accettabile agendo sempre con tanto, tantissimo garbo: saremo indulgenti verso il capriccio fatto «per metterci alla prova», tolleranti con la deliberata cattiveria dell'adolescente in crisi, benevoli con il timido che ci sta sempre fra i piedi senza osare prendere confidenza, pazienti con i vittimismi di chi si sente messo da parte. Ma diremo anche dei «no», con cortese fermezza, per abituarli a non invadere gli spazi e i tempi riservati agli adulti, al lavoro, alla privacy. Chi non è genitore non intervenga mai nelle liti e nelle sgridate con commenti, consigli e «prediche» non richiesti, ma neppure si schieri dalla parte del quasi-figlio quando questi disobbedisce o commette marachelle; non lo vizi con dolci e regali senza motivo, non gli compri vestiti e accessori superfirmati per ingraziarsene le simpatie. Dal canto suo, un genitore non chiede ai figli nati da un precedente rapporto di chiamare «mamma» o «papà» chi non lo è, e non deve imporre loro sistematicamente la presenza del nuovo compagno: concedere loro ogni tanto un po' di tempo «in esclusiva» eviterà l'insorgere di gelosie nei confronti del nuovo amore. Solo se siamo davvero sicuri che rancori e risentimenti con l'ex coniuge e gli ex suoceri sono del tutto scomparsi, possiamo riunire tutto il parentado vecchio e nuovo per le feste comandate. Per quanto l'atmosfera possa essere idilliaca, è necessaria una dose massiccia di buone maniere, per evitare invasioni di campo. Chi non ha legami di sangue con i nipoti, sappia fare un passo indietro rispetto a zii e nonni «veri», senza entrare in competizione per il regalo più bello e costoso, o l'uovo più grande... Da parte loro, i genitori inviteranno i bambini a essere gentili con tutti i parenti, senza mostrare vistose preferenze. Se scrivono la letterina augurale, ne inviino una a ciascuno: magari più corta. L'importante non è che ricevano il doppio dei regali, quanto il doppio di affetto, attenzione, allegria. L'errore più grande è accettare la famiglia «allargata» controvoglia, solo per sentirci moderni e senza pregiudizi; per questo, non forziamo nessuno a partecipare, non offendiamoci davanti a un rifiuto. Non è obbligatorio fingere a comando buoni sentimenti e apertura mentale. Anche perché c'è sempre il rischio di insofferenze e conflitti, che finiscono per ferire crudelmente i più deboli, cioè i bambini e gli anziani. Piuttosto, sdoppiamo le feste: cenone della Vigilia di Natale con una metà della famiglia, pranzo del 25 con l'altra metà; pranzo di Pasqua con gli uni, pic-nic di Pasquetta con gli altri, e così via alternando. L'importante è che le due metà della festa abbiano eguale risalto, decorazione, festosità e golosità, onde evitare antipatiche gerarchie.

Pagina 60

Il tesoro

181818
Vanna Piccini 2 occorrenze
  • 1951
  • Cavallotti editori
  • Milano
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La riservatezza in treno non è mai abbastanza raccomandabile. La prudenza e la distinzione, consiglierebbero anzi di non attaccare discorso con persone sconosciute, accontentandosi di rispondere brevemente qualora venga rivolta la parola. Lo spirito moderno è però da contemplarsi, e se tra i compagni di scompartimento si sarà avviata una garbata conversazione, nulla vieta di prendervi parte, usando le stesse norme che sono in uso una conversazione di salotto. Inutile dire che non si nega ad alcuno il diritto di fumare, quando lo scompartimento è per fumatori; in ogni caso un po' di moderazione non guasta. Così pure sarà bene limitare l'uso dei profumi che non sempre possono riuscire graditi. L'andare alla conquista dei posti con l'espediente del cuscino, della borsa, del libro, è cosa ormai condannata. Non si può più essere invadenti in treno, ripetiamo, e accaparrare un sedile non è consentito dai regolamenti. Così non ci si collocherà, ad esempio, davanti ai finestrini, togliendo a chi ha parità di diritti, la veduta dei luoghi, nè si reclamerà aria e sole a scapito degli altri viaggiatori. Se qualcuno mangia, si apra un libro e si guardi altrove, togliendo da ogni imbarazzo chi ha bisogno di rifocillarsi. Se un compagno improvvisato offre un dolce o una sigaretta, si dovrebbe per principio rifiutare. E a proposito di rifocillarsi, chi ne ha l'intenzione porti con sè un bicchiere, una posata tascabile e i cibi siano preparati possibilmente a panini imbottiti. Quando si ha bisogno di un facchino pel trasporto delle valigie, lo si chiami dal finestrino allorchè il treno si ferma, si faccia la consegna, trattando l'uomo con urbanità e con fiducia, essendo egli responsabile dei colli ricevuti. Si remuneri l'uomo secondo le tariffe che prescrivono un tasso per ogni collo, senza lesinare, come quando il compenso si chiamava « mancia ». Questo all'arrivo. Nella partenza, si suggerisca alla persona che effettua il trasporto della valigie quale posto si desidera e in che classe e come si vuol che sia disposto il bagaglio. Per i treni di lusso, poco c'è da dire che gli interessati a questi viaggi non sappiano. La prenotazione pel vagone-letto va fatta in precedenza, come è noto. Due persone che non si conoscono, viaggiando in vagone-letto, siano cortesi fra loro, ma senza entrare in confidenza; non ingombrino la cabina, nè si disturbino reciprocamente nel fare la loro toeletta.

Pagina 548

Perchè a nulla varrebbe conoscersi, se insieme non si fosse animati dalla volontà di correggere le proprie manchevolezze, di vincere la propria natura, di sfuggire anche le tristi occasioni, se non ci si sente ancora fortificati abbastanza per superarle vittoriosamente. Anche ciò fa parte del saper vivere, e abbiamo voluto concludere la nostra riassuntiva esposizione riguardante l'individuo nei suoi contatti col mondo, invitando i lettori all'esame esteriore e interiore di se stessi; perchè non basta sapersi ben comportare verso gli altri, ma è importantissimo essere a posto con sè medesimi, per procedere sicuri e consapevoli nel cammino che dobbiamo percorrere.

Pagina 578

L'angelo in famiglia

183301
Albini Crosta Maddalena 1 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
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Il cinismo è press'a poco la stessa cosa dell'egoismo di cui abbiamo già parlato abbastanza; tuttavia è necessario avvertire anche in questo proposito la somma sua sconvenienza e l'orrore in cui lo devi avere. Se la mamma, poniamo, ti corregge o ti sgrida, e tu fai le le viste di neppure addartene, e un momento dopo ridi o canti come se nulla fosse avvenuto, la tua sarebbe una mancanza grave, imperdonabile, ed io in te non la voglio nè la posso supporre un solo istante, chè ti farei troppo torto e recherei a me stessa troppo dispiacere. La collera è detta molto giustamente rabbia, a dinotar ch'essa rende l'uomo simile al bruto, e neppure al bruto nel suo stato normale, ma al bruto posseduto dalla più terribile di tutte le malattie; da quella malattia che lo rende dannoso a sè non solo, ma altresì a tutti gli altri cui tocca col dente avvelenato, fosse pure il padrone amatissimo, pel quale in altre occasioni ha dimenticato sè stesso ed i proprj bisogni. Oh! la collera è ben la brutta cosa; sorella dell'ira mi pare anche più duratura di lei, ed una volta che ha preso terreno nel nostro cuore, ci riesce assai difficile estirparnela. Essa rinchiude alcunchè di animalesco, rendendoci schiavi dell'imperio delle passioni, ed ho sempre inteso dire che se davanti agli occhi di un collerico si ponesse uno specchio, sarebbe una medicina infallibile, ponendogli sott'occhio la deformità corporale, la quale riflette la deformità morale di lui allorchè è trasportato da quell'insana passione. Ma tu ami troppo i tuoi superiori, gli stimi abbastanza, e rispetti tanto te pure, perchè segnata dal nobile carattere di cristiana, da non avvilirti così, e ne sono certa, appena senti dentro di te un movimento d'ira o anche solo d'impazienza, lo freni, lo tieni soggetto allo spirito, e t'apri in tal modo larga la via alla più completa vittoria. Per un momento ti saliranno le fiamme al viso, il tuo occhio parrà oscurarsi un istante;... ma ben presto tornerà a quello il natural colorito ed a questo il suo naturale splendore, se, soggiogato l'impeto della passione, ti farai forte sopra te stessa e ti procurerai la soddisfazione di trionfare sopra di quella. L'abitudine di questo freno ti renderà più facile o meno difficile il trionfo sul grande nemico che è la tua prava volontà: ma non t'illudere, quello sforzo ti costerà sempre sempre, e sarà quindi continuamente meritorio fino all'ultimo tuo respiro. Quel famoso atleta del quarto secolo che era S. Girolamo, dopo di aver trascinato una lunga, penosa e laboriosissima vita nelle solitudini di Palestina, di essersi continuamente mortificato fino agli ultimi giorni della sua mortale carriera che oltrepassò ventun lustri, sentendosi turbare il cuore da un movimento impetuoso, gettavasi tratto tratto boccone sul nudo terreno piangendo ed esclamando: Perdonatemi, o Signore, perchè son Dalmata, quasi a dinotare non aver egli potuto frenare sè stesso non per mala sua volontà, ma piuttosto per la sua natura ardente. Anche noi prostriamoci ai piedi del nostro divin Salvatore allorchè le nostre potenze tentano di soggiogarci, e Lui che ci è amico, fratello, sposo, accetterà benigno i nostri sforzi e ce li attribuirà a merito benchè in noi doverosi ed obbligatorj. Un'altra cosa io pavento in te, e gli è che tu voglia rispondere alle correzioni che ti vengono fatte, approfittando o piuttosto abusando della somma bontà ed amorevolezza dei tuoi genitori, per mancar loro di rispetto. Calza qui a pennello l'interrogazione fatta dal nostro divin Maestro: E volete voi essere cattivi perchè io sono buono? Certamente, e perchè i tuoi genitori non ti tengono a distanza, in soggezione (come si usava nei secoli passati e fino al principio di questo); perchè non esigono che tu tremi alla loro presenza senz'ardire di levare lo sguardo impaurito fino ad essi, perchè ti aprono amichevolmente le braccia, ti stringono al seno, e ti dimostrano l'amor tenerissimo che ti portano, ti farai tu lecito addolorarli colla tua insubordinazione, colle tue indecorose risposte alle loro correzioni? Povera me! forse quest'oggi io sono o per lo meno ti sembro acre, mia cara, perchè tocco con qualche gravità e durezza argomenti delicati che tuttodì ci cápitano alle mani, ma che a te sono stranieri; ma credi, io indago nel mio cuore e non vi trovo alcuna acerbezza, ma il solo vivissimo desiderio di vedere libero il tuo da ogni benchè minima macchia. Quanto più ci è caro e prezioso un oggetto od un individuo, tanto più vogliamo vederlo scevro e purgato d'ogni benchè minima sozzura; e qual cosa è più preziosa e cara del cuore di una giovinetta sulla quale riposano le speranze della famiglia, della società, della patria, e più specialmente quelle di Dio e della cattolica Chiesa? No, per pietà, non voler mai essere l'ultima a parlare anche allorquando ti pare di aver ragione, poichè non è l'ultima parola detta con orgoglio e vivacità quella che pone in evidenza il torto altrui e la ragione tua; e, lo fosse pure, non ti è permesso riuscire al tuo scopo con simile mezzo, indegno d'un cristiano, e più che mai indegno d'una fanciulla che vuole, deve, e può essere un angelo. Da un predicatore ho sentito dire più volte a questo proposito, che bisogna usare con noi medesime come col caffè in bevanda. Se lo servi al bollore, non ne avrei che una fastidiosa poltiglia; converrà quindi lasciarlo raffreddare alquanto, lasciarlo posare, aiutarlo anzi con un cucchiajo d'acqua fredda, a deporre prontamente il fondo; riversandolo poi ne avrai una bibita limpida, gustosa e confortante. Tal è delle parole che tentano rigurgitare dalle nostre labbra in un momento di fuoco; esse non fanno che compromettere la questione; se noi le lasciamo deporre, se noi attendiamo a parlare dopo tornata la calma all'anima nostra, la verità come olio salirà facilmente a galla, e ci sarà, se la meritiamo, resa giustizia. Se qualche volta il Signore permette tu venga accusata ingiustamente, tolleralo in pace, in ammenda di quell'altre volte in cui non saranno conosciute o rimarcate le tue mancanze; se l'offrirai al Signore, la tua pena ti sarà mutata in dolcezza. La tua discretezza nell'accogliere le riprensioni ti circonderà d'affetto e di simpatia, attutirà l'acutezza di quelle, e renderà più delicata e riguardosa la parola di chi vuol correggerti. Te l'ho già detto e qui tel ripeto: allorchè sei in colpa non voler mentire per iscusarti, poichè la menzogna è l'arme dei vili. Confessa apertamente la tua sbadataggine o il tuo fallo, chiedine umilmente perdono a Dio non solo, ma altresì ai tuoi superiori, ed essi verranno disarmati dalla tua sincerità, dalla tua dolcezza; e a te resterà la coscienza tranquilla di non aver lasciato cadere sugli altri una colpa tua, di aver saputo soggiogare le tue passioni, il tuo amor proprio, e di aver una buona volta ceduto la vittoria all'umiltà.

Pagina 804

Come devo comportarmi. Le buone usanze

184900
Lydia (Diana di Santafiora) 3 occorrenze
  • 1923
  • Tip. Adriano Salani
  • Firenze
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Inconvenienti come questo si evitano, mettendosi in viaggio dopo essersi fatti un'idea chiara dei luoghi che si ha intenzione di visitare, e non lasciandosi poi tentare a prolungare un soggiorno in un dato luogo, quando si è visto abbastanza. Se avete intenzione di recarvi in una grande città, assumete informazioni sugli alberghi, sui ristoranti più adatti da amici e conoscenti che l'abbiano in pratica: vi sarà facile di trovarne. Eviterete così l'inconveniente d'arrivare a caso, stanchi dopo lunghe ore di ferrovia, e di capitare in alberghi non adatti per voi, per esser troppo di lusso o d'una categoria troppo bassa. Per una piccola città, ricorrete ad una guida o alle informazioni di qualche viaggiatore cortese. Se vi recate in montagna o al mare, in stazioni climatiche ove non siano che alberghi, è inutile dire che occorrerà scrivere avanti e far patti chiari e precisi. Se scrivete o telegrafate fissando una camera, ricordatevi che essa sta per voi e che siete obbligati a pagarla anche se non arrivate il giorno stabilito. Non fate dunque riserve o atti di maraviglia: sareste dalla parte del torto. Viaggiando lontano dalla propria città o dal proprio paese, ognuno si sente più libero, più indipendente. È questo un sentimento naturale, al quale non è possibile sottrarsi. Nel luogo dove abitiamo, anche se è una grande città, si finisce sempre col procurarci una quantità di legature, di rispetti umani che c'impediscono di compiere certi atti, innocenti di per sè, ma che potrebbero essere interpretati, dal mondo pettegolo, a nostro danno. Lontani da casa, la situazione è diversa: nessuno ci conosce, nessuno si occupa di noi; e possiamo anche permetterci il lusso di fare il nostro comodo. E sia pure; ma ricordiamoci anche che l'educazione non è una vana parola e che il vero gentiluomo è educato dappertutto. Dunque, maggior libertà, sì; licenza o sguaiataggine, no.

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Il più delle volte il difetto è nel biberon non abbastanza pulito e più specialmente nella parte di esso ch'egli mette in bocca. La boccetta di vetro e il poppatoio di gomma vanno sempre lavati accuratamente con acqua bollente e tenuti lontani da contatti che possano inquinarli. Abbiamo detto che la madre deve seguire scrupolosamente i consigli del medico. Insistiamo su tale particolare importantissimo; e aggiungiamo che, in questo, essa farà bene a non dar retta alle esortazioni delle così dette persone pratiche, siano pure la suocera o la madre. L'igiene è una scienza moderna, che ha pochi anni di vita e che progredisce di giorno in giorno; di più, solo da qualche decennio l'allevamento del bambino è stato studiato razionalmente e scientificamente, sottraendolo all'empirismo d'un tempo. Ne è venuto fuori un complesso di norme e di disposizioni, che le persone della passata generazione guardano con sospetto e spesso anche con palese ostilità; per esse i vecchi espedienti, i vecchi rimedi, sono sempre i migliori. Bisogna che la mammina moderna, con dolce fermezza e senza suscitar risentimenti, faccia a modo suo o meglio a modo del medico; ciò che non le sarà poi troppo difficile, se si appoggia sull'autorità di colui a cui tutti devono riconoscere, in un certo campo, il diritto di comandare e d'essere obbedito. La madre e la suocera, alla lor volta, lascino alla figliuola e alla nuora la più ampia libertà; e si ricordino che l'istinto materno ha, in ogni occasione, vedute e risorse meravigliose.

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È un'abitudine che non si può mai raccomandare abbastanza. Non basta lavarsi la mattina, alzandosi da letto: il viso e le mani sono esposti tutto il giorno all'aria, alla polvere, al fumo, e non possono non insudiciarsi a questi contatti. Del resto, una buona rinfrescata ogni tanto è tutt'altro che spiacevole; e chi una volta ci si abitui, non può più farne a meno. Oggi la moda femminile scuopre molto volentieri il collo e le braccia. Sia dunque cura delle signore che queste parti del corpo così delicate, che esse espongono agli sguardi altrui, siano sempre d'una scrupolosa nettezza, senza neanche la più lieve ombreggiatura. L'uso dei cosmetici, dei belletti, della cipria, del carminio sulle labbra, è assolutamente da condannare. Nel vecchio passato, e fino alla Rivoluzione Francese, di tutta questa roba si faceva un uso smodato; dopo, e fino ai nostri giorni, parve che la metà, più gentile dell'umanità avesse ormai rinunziato, e per sempre, a quegli sciocchi ornamenti; ma proprio in questi ultimi anni la moda di tingersi il viso e le labbra è risorta all' improvviso, e ha dilagato con impressionante rapidità. Sembra quasi che le donne si vergognino di comparire in pubblico coi loro colori naturali! Una signora per bene non adopra cosmetici. Se è giovane e sana, si contenti dei colori che le danno la gioventù e la salute; se ha ormai una certa età, non cerchi di celare, con astuzie che non ingannano nessuno, quei segni che gli anni portano seco, e che non sono nè colpevoli nè indecorosi: è una questione di dignità e di buon gusto. Rifletta anche - ed è una riflessione importantissima - che ogni colorazione artificiale della pelle è gravemente dannosa e non fa che accelerare i danni e le stimmate dell'età. Un giorno, quando, ormai vecchia, rinunzierà per forza a tutti questi pietosi inganni, si troverà ad aver la pelle floscia, avvizzita, piena di rughe; mentre avrebbe potuto, con una cura semplice ed igienica, mantenere, fin negli anni più tardi, una certa floridezza senile.

Pagina 48

Galateo per tutte le occasioni

187654
Sabrina Carollo 2 occorrenze
  • 2012
  • Giunti Editore
  • Firenze-Milano
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Di fronte agli eventi fondamentali della vita, cercare di seguire delle regole di comportamento è infatti abbastanza stonato. Dunque nella misura in cui meglio vi riesce, sforzatevi di non giudicare, né l'orchestrazione dell'evento, né il comportamento altrui. A ogni modo, sia che la cerimonia preveda un buffet all'americana, sia che si tratti di un più sobrio incontro religioso o civile, cercate di accettare il fatto che per una volta non siete voi i protagonisti, e comportatevi in modo discreto. Arriverà il vostro turno. Siate puntuali: non è una festa in cui apparire sul più bello, quindi abbiate rispetto anche dell'ora. Così come non è carino allontanarsi prima della fine delle esequie, sgattaiolando via furtivamente. Affrontare simili momenti è faticoso per tutti, ma abbiate il coraggio di andare fino in fondo. Non trattandosi di un momento di gioia, è meglio evitare gli abbigliamenti chiassosi e i colori sgargianti. Da quando il nero è stato sdoganato dalla moda siete facilitati nel compito. Comunque anche le altre tonalità più scure andranno bene. Se siete facili alle lacrime cercate di piangere il più sommessamente possibile; ma se siete soliti nascondere le vostre emozioni, non giudicate chi secondo tradizione usa il fazzoletto. Il momento delle condoglianze è quello più difficile: si tratta di trovare validi argomenti in poche frasi, capaci di esprimere quanto vorreste. La cosa migliore è riportare alla memoria un ricordo piacevole della persona scomparsa, per aiutarvi a trasmettere ai suoi cari la sua vicinanza attraverso ciò che ha fatto e detto. Più facile è redigere un biglietto di condoglianze per scritto. Farete piacere a chi lo leggerà se ricorderete con stima e affetto chi non c'è più e aiuterete a mantenere viva la sua persona nel cuore di chi è stato vicino al defunto. Cercate dunque di evitare le solite formule che sanno di abitudine e di poca sincerità, e sforzatevi di trovare in voi un sentimento autentico. Se i familiari vogliono pubblicare un necrologio, scelgano per tempo il quotidiano cittadino più diffuso e adoperino una formula asciutta, in cui annunciare il giorno del decesso e quello del funerale, con l'orario e il luogo. Gli amici e i conoscenti che vorranno pubblicare il proprio cordoglio, potranno scegliere la formula che preferiscono, sempre nell'ambito della sintesi. Lasciate la fantasia correre in altri ambiti. Una gaffe in simili occasioni è più difficile da tollerare. Sempre necessario, da parte dei familiari, ringraziare per scritto le persone che hanno partecipato al dolore della famiglia. Che disponiate di biglietti personalizzati o vi affidiate alla fornitura delle società che si occupano delle esequie, rispondete ai messaggi di cordoglio anche solo con un saluto, ma sempre necessariamente a penna.

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La cultura a sua volta, da strumento di conoscenza e democrazia si è trasformata in nuovo mezzo di distinzione, utile per definire gli ambiti di supremazia - forse perché in realtà non ce ne è davvero ancora abbastanza per tutti. Si auspica per ognuno di noi l'esercizio quotidiano di una sana via di mezzo. Tra la algida spocchia e la altrettanto indisponente familiarità caramellosa, è decisamente più cordiale e rispettoso mostrarsi per ciò che si è, nel bene o nel male. Non sono i titoli - o i non titoli, di qualunque natura - a fare una persona, ma i suoi modi garbati e la disponibilità verso gli altri. Se siete una persona di potere non lo nascondete né approfittatene, due modi identici di dimostrarsi villani, così come se avete letto molto, se discendete da antica stirpe o se disponete di ingenti fortune.

Pagina 42

Dei doveri di civiltà ad uso delle fanciulle

188324
Pietro Touhar 1 occorrenze
  • 1880
  • Felice Paggi Libraio-Editore
  • Firenze
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È assai malagevole riparare agli effetti di un'indiscretezza; pensate sempre a questa difficoltà, al allora il vostro buon cuore vi premunirà abbastanza da tali errori. Nel conversare con questo e quello udiamo una quantità di cose per le quali non viene imposto segreto; e nondimeno se fossero ricordate, ridette, potrebbero cagionare pregiudizio alle persone a cui spettano; e per questo giova assuefarci a tacere ogni volta che la prudenza, la discretezza e la carità lo comandano; giova premunirci dal vergognoso difetto di addivenire l'eco di tutti; e una volta che avremo acquistato così utile riservatezza, saremo sicuri di poterla vantaggiosamente e facilmente osservare finchè vivremo. Non sarà fuor di proposito rammentar qui alle fanciulline alcuni di quei casi nei quali la loro inesperienza potrebbe farle peccare d'indiscretezza. Primieramente gioverà studiarsi di conoscere le abitudini delle persone con le quali avete maggiore o minore dimestichezza, a fine di non le molestare nelle loro faccende. Se loro sopraggiungesse in vostra presenza il bisogno di accudire a qualche affare, siate sollecite a ritirarvi; e qualora vi fosse fatta preghiera di rimanere, chiedendovi il permesso di sbrigare qualche cosa di premura, non ve ne date pensiero, se non richieste; volgete ad altro la vostra attenzione, e riprendete il colloquio sol quando vi venisse rivolta la parola; ed anche allora contentatevi di cortesi e brevi risposte. Quando siete in procinto d'entrare in una stanza, e udite esservi più persone a colloquio, fatevi sentire, battete all'uscio, e in tal modo avvisatele che siete lì, qualora non vi fosse un servo per avvisarle della vostra venuta. Se in una comitiva, più persone paressero occupate da qualche particolare negozio, non istarà bene unirvi a loro senza esserne invitata, imperocchè non solo vi addimostrereste indiscreta, ma potrebbe anco venirvene una tacita mortificazione se tosto ciascuno interrompesse il dialogo, e momentaneamente si discostassero tra di loro per poi riunirsi alquanto dopo. Se, di mezzo al crocchio di cui fate parte, due persone si allontanano e vanno a discorrere tra di loro, non dovete seguirle, ed aspetterete che abbiano finito il loro colloquio prima di rivolgere nuovamente ad esse le vostre parole. Quando la persona con cui passeggiate ne incontra un'altra a voi sconosciuta, e si forma a parlare con quella, tiratevi alquanto in disparte, fino a che non vi sia fatto cortese invito di assistere liberamente al loro colloquio. A volte anche sopra il tavolino d'un salotto da conversazione trovansi libri, fogli, stampe, e simili altre cose; non siate avide di frugare, di guardar tutto, a meno che la padrona di casa non vi dica o non vi faccia cenno che appunto quelle cose son lì schierate per chi volesse dilettarsi di esaminarle. Talune, forse per vanità, vi tengono in mostra i biglietti di visita ornati di titoli e di armi gentilizie; altre li lasciano impensatamente o sol quanto convenga per mostrare di farne quel conto che si meritano; comunque siasi non istà bene mettersi a leggerli ad uno ad uno, poichè o non importa che lusinghiate una vanità alquanto ridicola, o non dovete mostrarvi curiosa di sapere quali siano le conoscenze della padrona di casa. Ove nella stanza di conversazione fosse qualche uscio aperto, sarebbe grossolana indiscretezza lo spingere uno sguardo curioso per vedere che cosa vi sia al di là di quell'uscio. Finalmente, in qualsivoglia congiuntura, tenetevi dentro i limiti di savia riservatezza, a fine di non riuscire moleste agli altri, e di non esporvi a qualche mortificazione, a qualche spiacevole incontro, a recar alcun danno involontario a chiunque siasi. Abbiamo forse detto abbastanza per far capire quanto importi rammentarsi di questi consigli; e porremo fine a questo capitolo ripetendo, che se la curiosità può talvolta essere scusabile, l'indiscretezza è imperdonabile sempre. Dobbiamo: Scrupolosamente rispettare il segreto delle lettere, considerandole qual deposito inviolabile ancorchè siano dissigillate; usar discretezza quando ci venga dato a leggere e ad esaminare qualche cosa, ritenendolo sol quanto basti all'uopo; non essere d'impedimento a chi si sia, rispetto alle sue abitudini; ritirarci o assentarci al sopraggiungere di improvvise faccende. Non dobbiamo: Tentar di conoscere un segreto; svelarlo a chi si sia quando ci è stato confidato; Non sarà necessario avvertire che questo precetto non ha luogo ove si tratti dei doveri de' figliuoli verso i genitori, imperocchè nè ai fanciulli sogliono confidarsi segreti, e nulla aver possono i figliuoli da tener celato ai genitori. soddisfare la propria curiosità in faccia a persona estranee, aprendo una lettera od un involto senza chiederne loro licenza; toccare alcun che senza il permesso della padrona di casa; intromettersi fra le persone che fanno crocchio da sè; ove non siamo chiamate da una di esse, ec.

Pagina 70

Il pollo non si mangia con le mani. Galateo moderno

189008
Pitigrilli (Dino Segre) 2 occorrenze
  • 1957
  • Milano
  • Casa Editrice Sonzogno
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E fra la sigaretta e il foot-ball, mi pare che di servitù volontarie ne abbiamo più che abbastanza. Non esagerare in temerità citando le frasi dei grandi uomini («più suonano forte e più mi piace»; « la musica è il più costoso dei rumori»), perchè non faresti altro che esasperare l'amor proprio di colei o di colui che assume il ministero di decongestionarti il timpano. Non so chi ha detto che la musica intenerisce i cuori più duri. Forse ha voluto usare un riguardoso eufemismo per dire che rompe le scatole più robuste. Ignorando questa mia variante, l'appassionato di musica piomberà su di voi, col peso delle sue dieci dita e la violenza dei suoi pedali per ammorbidirvi il cuore. Il tentato proselitismo dei musicisti non ha confronto in nessuna religione e in nessun partito politico. Il motivo? E' molto semplice: se a colui che vi offre il whisky voi dite che non prendete whisky, egli non insiste perchè è tanto whisky risparmiato; ma se vi negate alla musica, voi oltraggiate il povero dilettante; colui che dal vostro rifiuto riceve un danno, è lui; e quello che gli nega qualche cosa siete voi; senza di voi e altra mezza dozzina di cavie come voi, tutte le fatiche del suonatore sarebbero inutili. Il dilettante e la dilettante sostengono che «suonano per se stessi». Ma non è vero; suonano per farsi ascoltare: la vittima designata che si sottrae ai loro esperimenti costituisce un'occasione perduta di farsi sentire. Noel Clarasò ha scritto: «Può darsi che parlare di musica non sia interessante, ma parlare durante la musica lo è sempre: anche coloro che confessano di amare la musica, dormono durante una terza parte dei concerti, e se qualche spirito estremamente sensibile non può conciliare il sonno dopo aver udito una sinfonia, lo si deve unicamente all'aver dormito abbastanza durante l'audizione». Se questo sollievo è possibile in una pubblica sala a pagamento, non riesce in una casa, in mezzo al «circolo di famiglia», dove tutti ti osservano, tutti stanno svegli per il tumulto che li agita: la madre, vibrante per la battaglia vinta sul padre che non voleva saperne; il padre, per i denari sperperati in lezioni, in partiture e negli onorari incontrollabili dell'accordatore che è sempre per casa e non si sa bene che razza di lavoro faccia; le amiche per le quali la suonatrice ha della tecnica («è una macchinetta» - dicono graziosamente) e manca di sentimento oppure ha un po' di sentimento perchè è una stupida, ma sbaglia le note e mette troppo pedale. Finito il saggio si aspettano da voi l'incenso. C'è tutto un vocabolario: «il tocco, i legamenti, i pianissimo, le note brillanti». La frase che fa effetto e non costa più delle altre è questa: - Signorina, sotto le sue dita, la tastiera non è più una tastiera: e tutta un'orchestra. Se proprio ci siete cascato, ditela anche voi questa frase bugiarda, sebbene vi venga la voglia di esprimervi come Labiche, che, invitato dalla padrona di casa a dir qualcosa di gentile al virtuoso, gli domandò: - Ebbene, avete finito, piccolo scocciatore?

Pagina 227

Oltre il Circolo Polare Antartico non si è abbastanza protetti contro il vento, e la difesa naturale del sistema pilifero che l'evoluzione animale non ha ancora eliminato del tutto, ci pareva comoda. Al ritorno delle precedenti spedizioni al Sesto Continente, avevamo visto belle facce barbute e bruciate, che trasformavano i visi sudamericani in tipi di pescatori di Terranova e di esploratori scandinavi. Alcuni componenti della mia spedizione si ripromettevano di sbarcare a Buenos Aires col volto incoronato e inquadrato in una selva di peli ispidi, che rievocasse il tipo Viking delle antiche stampe. Ma il comandante è il solo padrone sulla nave, dopo Dio, e i suoi ordini e i suoi divieti non si discutono. Quando dopo alcuni giorni divenimmo amici, gli domandai perchè aveva proibito le barbe. Mi spiegò: - Perchè il lasciarsi crescere la barba è il principio di una trascuratezza generale. La barba nasconde il colletto anche se non è perfettamente candido, e la cravatta anche se non è accuratamente annodata o se è sfilacciata o se non c'è. Di concessione in concessione, si arriva ai polsini unti e alle scarpe non lucidate. L'atto di radersi ogni giorno impone una disciplina corporea e un'eleganza mentale. Il mio amico comandante aveva visto giusto; ognuno di noi si presentava alla tavola impeccabilmente spazzolato e pettinato, e dal suo viso emanava un profumo di talco alla lavanda e di acqua di Colonia; e quando, dal ponte o dalla passeggiata, assistevamo allo spettacolo stupefacente degli icerbergs, noi conservavamo la nostra Linea di gentiluomini come se il nostro pubblico non fosse rappresentato dalle foche che prendevano voluttuosamente il sole sui banchi di ghiaccio senza occuparsi di noi, ma da signore dell'aristocrazia che ci esaminassero col binoccolo per scegliere i cavalieri da invitare domani a una festa di ballo. Evitare uno scalino della volgarità risparmia di ruzzolare per tutta la scala, mentre il concedere a noi stessi una innocente distrazione, apre le cateratte degli abusi irrevocabili. Enrique Mendez Calzada scrisse che «las estupideces que conscientemente hacemos a diario, llega un momento en que ya no nos parecen estupideces»: le stupidaggini che facciano ogni giorno, a un certo momento non ci sembreranno più stupidaggini. Colui che si alza di tavola con lo stuzzicadenti fra le labbra, lo masticherà tutto il giorno, e colei che entrando in un locale dove c'è un'orchestra cammina a passo di valzer, non si renderà più conto della trivialità ondulante della sua andatura. Parlare col chewing-gum in bocca conferisce un'inguaribile abitudine di ruminante alla quale ci si affeziona, e il far tintinnare le monete nella tasca dei calzoni ci fa scambiare per una nostra innata disinvoltura ciò che è una semplice villania. Le tasche laterali dei calzoni non dovrebbero esistere, o, al massimo, essere simulate e cucite come quelle dei croupiers.

Pagina 59

Nuovo galateo

190247
Melchiorre Gioja 1 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
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Io non sono abbastanza ricco per salutarvi in piazza, diceva uno scroccatore d'impieghi a un ministro decaduto. All'opposto Voltaire celebrò Turgot nella sua celebre Epitre à un homme, allorché Turgot fu balzato di carica. Isocrate comparve sulla pubblica piazza in abito di duolo il giorno in cui l'Areopago fece bevere la cicuta a Socrate. Gli amici comuni sono simili a quegli uccelli che la stagione del ghiaccio e della neve allontana, e che solo a' bei giorni di primavera ritornano. L'onore e la giustizia sono il primo limite ai sacrifizi che si possono ricercare agli amici: ogni lesione all' uno o all'altra non debb'essere nè chiesta né concessa: Ab amicis honesta sunt petenda . Generalmente gli amici volgari, cioè quelli che professano amicizia per interesse, per vanità, per convenienze sociali, pretendono che sagrifichiate loro il vostro onore e la giustizia che dovete a voi stesso e agli altri: per amicizia, se siete giudice, dovete tradire la giustizia; se testimonio, la verità; se impiegato, l'interesse pubblico! Voi dovete decantare i difetti di questi amici come virtù, e seguire il loro partito anche quando hanno torto. Alla loro presenza voi non potete dar lode al merito eminente di chi loro spiace, nè condannare la loro condotta allorché dalle leggi del giusto e dell' onesto si scostano. Comparisce un libro nuovo? Voi non dovete censurarne le nocive teorie, perché l'autore é loro amico, parente, conoscente od altro, ecc. In somma le pretensioni degli amici volgari, promosse da, affezioni private, non mai hanno per norma l'idea dell'utilità pubblica, e spesso direttamente le si oppongono. =* Cosi nella 3.ª edizione; nella 4.ª fu fatta sostituire (ed é facile vederne il motivo ) « emergenti » da affezioni private, si scostano dalla verità e dalla » giustizia, che sono la norma dell'uomo onesto ». Il secondo limite si trova paragonando il sacrifizio col vantaggio; allorché il sacrifizio, che vi richieggo, è maggiore del vantaggio che ne traggo, la mia dimanda é inurbana, e questa inurbanità si desume da quella maggioranza. Un fatto spiegherà meglio la mia idea. Francesco I re di Francia assisteva ad un combattimento di lioni che davasi nel suo serraglio. Una donna di corte lascia avvertentemente cadere dalla loggia, in cui trovavasi, il suo guanto nell'arena ove combattevano quelle fiere, e dice al cavaliere di Lorges, giovine bello, ben fatto e bravo: Se voi mi amate, come dite, andate a prendere il mio guarito. Il giovine discende di sangue freddo, raccoglie il guanto, risale, lo getta con disdegno in faccia alla dama, le volta le spalle, e non vuole più vederla. - La dama, per far parlare di lei e mostrare a qual segno era amata, aveva esposto a pericolo la vita del suo amico. In generale é indiscreto chi ricerca un servizio che reca più incomodi a chi lo eseguisce, che vantaggi a chi lo riceve. Montaigne vuole che tra gli amici il linguaggio sia franco e senza velo; che le parole colpiscano al segno che mira il pensiero: Tu sei uno stolto, tu sogni, tu deliri, e simili. » L'amicizia non é » abbastanza virile e forte, egli dice, se nelle » dispute si spiega con riservatezza e con timore; » giacchè, come dice Cicerone, non si può disputare » senza condannare il sentimento del proprio » avversario. Chi si oppone alle mie idee (segue » a dire Montaigne) punge la mia attenzione, » non eccita la mia collera; io vo incontro » a quello che m'instruisce contraddicendomi: la » causa della verità deve essere comune all'uno » e all'altro, e superiore alla vanità d'entrambi. » Io sono più fiero della vittoria che guadagno sopra » di me, quando mi piego alla forza delle regioni » che mi vengono opposte, che quando mi » riesce di vincere il mio avversario per la sua » debolezza ». Si può rispondere a Montaigne che il discorso, per essere franco, non è necessario che sia ingiurioso, e che la verità non perde alcun diritto quando è presentata con modi gentili. Voi dite che i triangoli d'un triangolo non sono uguali a due retti: io vi contraddico tosto e dimostro che dite un errore; ma aggiungerò io un solo grado di forza alla mia dimostrazione regalandovi il titolo di stolto? Questo titolo irrita il vostro amor proprio, ma non illumina il vostro intelletto. Invece di questo paragrafo, la 3.ª edizione ha quest'altro: » Tutti diranno in generale che Montaigne ha » ragione, ma nel caso pratico quasi tutti si mostreranno » più ligi agl'interessi della loro vanità » che agl'interessi dell'utile pubblico e del vero, » e per non sentirsi offesi nell' amor proprio rinuncieranno all'amicizia .»

Pagina 238

La gente per bene

191405
Marchesa Colombi 1 occorrenze
  • 2007
  • Interlinea
  • Novara
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Queste cose sono già abbastanza elementari, nevvero? Eppure io so di signorini, fino ad un certo punto educati, che non commetterebbero mai nessuna delle sconcezze accennate ne' primi consigli di Melchiorre Gioia, che si dànno l'aria di personcine importanti, che salutano que' di fuori e fanno de'complimenti per sentirsi dire: Che ragazzi gentili! e poi in casa si svegliano domandando ad alta voce la colazione, o magari facendo il broncio e piagnucolando: siedono a tavola prima de'loro genitori; la sera si fanno dire dalla mamma di dare la buona notte al babbo; e, quando escono a passeggio, hanno bisogno che la bambinaia, la quale, poveretta, non ha avuta educazione, li avverta di salutare le persone della famiglia che rimangono in casa. Così, dunque, mi hanno intesa, signorini? Tutti i complimenti che si fanno cogli estranei, li debbono prima di tutto praticare nella loro casa, colla loro famiglia. Questo per la vita di tutti i giorni; ma vi sono giorni diversi degli altri; giorni solenni. Il Natale, il Capo d'anno, gli onomastici, i natalizi di famiglia. È allora che i ragazzi educati debbono dar prova di vera gentilezza. Quando si tratta di festeggiare il babbo, è la mamma che consiglia i bambini, e loro non hanno che a lasciarsi dirigere. Ma se sapessero come soffre la mamma, e che malagrazia hanno loro stessi, quando reagiscono contro la lettera da scrivere, contro il complimento da recitare, contro il lavoro da eseguire; e brontolano che non sanno cosa scrivere; e che il complimento è difficile da imparare a memoria; ed a dirlo poi... non osano... E, al momento di dirlo, quelle esitazioni, que'contorcimenti, quel ridere scemo, quasi che il fare una manifestazione d'affetto ai genitori fosse cosa buffa, quegli straordinari abbassamenti di voce e tutto il corredo di smorfie, con cui i fanciulli sogliono guastare le più care scene di famiglia, lo sanno loro, signorini miei, come si traducono in lingua parlata? - Che ragazzi egoisti! Come sono freddi pei loro genitori! Tutto quello che fanno è una formalità compiuta per forza, e non hanno neppur abbastanza delicatezza per non farsi scorgere. Triste solennità per que' genitori! E triste idea, soggiungo io, che danno quei fanciulli della loro educazione! Vi sono poi fanciulli soprammodo disgraziati, che non hanno più mamma, o non hanno più babbo. Ed altri la cui sventura è più grande ancora: li hanno perduti entrambi. È un parente, un'istitutrice, che tiene il luogo di que'poveri cari. Allora, a quel parente, a quell'istitutrice, debbono gli stessi riguardi che avrebbero dovuto a'genitori. Se è una sola persona che veglia su di loro, debbono ingegnarsi a farle da sè stessi qualche improvvisata che le rallegri i giorni solenni; poichè, naturalmente, non debbono farsi consigliare da lei. Allora non vi sarebbe più improvvisata possibile. In tal caso, un lavoretto semplice che sappiano eseguir bene, qualche fiore, poche parole scritte, venute schiettamente dal loro cuoricino, anche con qualche errore, non importa, ecco quello a cui debbono attenersi. Pregare un maestro oppure un conoscente che scriva per loro una lettera, sarebbe quanto dire alla persona a cui fanno omaggio, la quale conosce troppo la loro capacità per essere ingannata: - «Badi, non ci avevo proprio nulla nel cuore. Non ho trovato una parola per lei, ho dovuto farmela prestare da altri.» Dolorosa novella questa, e tutt'altro che fatta per allietare un giorno solenne. Alle volte però si possono recitare de' versi ed è certo un pensiero grazioso, sebbene difficilmente i versi possano essere scritti dal bambino che li dice. Ma bisogna che siano scritti appositamente per quella circostanza; o, quanto meno, che il fanciullo, leggendoli in qualche buona raccolta, li abbia compresi perfettamente, e vi abbia trovato l'espressione dei propri sentimenti per la persona alla quale vuol dirli. Ma è assai difficile trovare in un libro i versi che si adattino precisamente a' sentimenti, a' rapporti sociali, alle qualità, alle circostanze d'una persona. Una allusione fuor di proposito basta a metter in ridicolo chi li dice, ed anche la persona a cui sono rivolti. Io conobbi, anni sono, una bambina, che non aveva più mamma, povera gioia! Il suo babbo occupava una alta situazione, ed era sempre assorto in gravi lavori. L'educazione della piccina era affidata ad una vecchia signora nubile, buona senza dubbio, come lo sono tutti quelli che prendono cura de' bambini, ma d'aspetto tutt'altro che avvenente, di modi rigida, rigorosa, punto espansiva, austera nel suo vestire che era sempre nero o color tabacco. Una mattina, giocando con un calendario che stava sul camino, la piccola Gemma vide che quel giorno era San Gaudenzio. L'onomastico della sua governante, che si chiamava Gaudenzina. Cosa fare? Non lo aveva saputo prima, ed ormai il babbo era andato allo studio, e non c'era speranza che rientrasse fin all'ora del pranzo. Tuttavia la bimba era compresa del suo dovere, e si sarebbe fatto uno scrupolo di non fare un complimento alla governante. Nel suo imbarazzo pensò di andare in cucina a consultare la cuoca. - Se tu volessi andar a prender de' fiori, Margherita.... insinuò la Gemma colla voce supplichevole. - Sie! De' fiori ai ventidue di gennaio; dove li prendo? - Allora, aiutami a pensare cosa debbo fare per la signorina; (la signorina era l'appellativo con cui si soleva nominare la severa governante, che non era mai discesa alla famigliarità di lasciarsi chiamare col suo nome). Fu un'ardua questione. La cuoca cominciò col proporre alla bimba di fare un sonetto. La Gemma non sapeva cosa fosse un sonetto. - Un sonetto, come quello lungo lungo, che ha recitato lo scorso Natale al babbo, spiegò la cuoca. - Quella era una poesia. - Ebbene, una poesia è un sonetto. Ne faccia uno e lo reciti questa sera alla signorina. - Ma io non so farlo. - Se scrive sempre!... - Sì, ma non so come si fa a far le poesie. So soltanto copiare. - Ne copi una da un libro. Ne ha tanti! Era un'idea. La bimba la trovò subblime, e la proposta fu approvata alla piccola unanimità da quell'ingenua assemblea. La Gemma si mise a sfogliare con gran sussiego il suo libro di lettura, ed a leggerne tutte le poesie. Non ne capiva gran cosa. Ce n'erano di quelle che parlavano della patria: comprese vagamente che non facevano al caso suo. Poi c'erano delle favole: La cicala e la formica; La rana ed il bue; IL cane e la fonte. - Ti pare che una di queste possa andare? domandò alla cuoca. La cuoca trovò che quelle storie di bestie erano fatte per raccontarsi dalle governanti a' bambini, e non dai bambini alle governanti. - E proprio per la signorina non dicono niente, soggiunse. La Gemma continuò a cercare. Finalmente trovò una poesia che le parve messa là per lei. Non la capiva tanto bene, poverina: aveva appena sette anni, e non capiva molto chiaramente neppure la prosa; figurarsi poi i versi! Ma quelli erano dedicati ad una signora, e le pareva ben chiaro che le facessero de' complimenti. La Gemma cominciò a copiarla colla sua più bella scrittura. Vi sciupò un quinterno di carta, con cui la cuoca fece un rogo per nascondere la cosa anche al padrone. Giacchè la grande impresa era riuscita senza il suo concorso, bisognava serbare l'improvvisata anche a lui. La sera giunsero parecchi conoscenti che andavano a fare la partita alle carte col babbo della Gemma e la governante, e quando quella signora fu seduta fra loro, cogli occhiali d'argento e con un bel vestito color tabacco, nuovo per la solennità della circostanza, la Gemma si fece innanzi tutta trionfante colla poesia scritta in mano, mentre la cuoca dalla porta faceva capolino, per godere anche lei di quel trionfo dovuto in gran parte alla sua pensata. Una salva di elogi accolse la bimba. - Come! La Gemmolina era riescita da se sola a combinare quella gentilezza? Era una meraviglia. E dove l'aveva copiata? Nel libro di lettura? Ma che idea luminosa! - Via, leggila tu stessa la tua poesia, disse la signorina. Sarà più accetta a me, e la sentiranno tutti. Incoraggiata così, la Gemma aperse la carta, fece un bell'inchino, e cominciò a leggere:

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La giovinetta educata alla morale ed istruita nei lavori femminili, nella economia domestica e nelle cose più convenienti al suo stato

192125
Tonar, Gozzi, Taterna, Carrer, Lambruschini, ecc. ecc. 2 occorrenze
  • 1888
  • Libreria G. B. Petrini
  • Torino
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Sembrandole poi di non adoperarsi abbastanza in aiuto degli infelici, ricoverò nella sua abitazione alcune donne ammalate, ch'ella medesima assisteva. Insomma, consumò in elemosine ed in altre opere di carità le proprie ricchezze. Volendo nondimeno continuar a prestar soccorso agli indigenti infermi, vendette i suoi arredi preziosi, e fra essi la tabacchiera che avea avuta in dono dall'imperatrice. In tal modo raccolse una somma, con cui mantenne un numero doppio di ammalati. Allora le stanze non bastavano ad alloggiare i miseri che andava raccogliendo; prese pertanto una casa pigione, e in questo modo allarga il suo spedale. Le spese, i travagli, le vigilie, la cura delle malattie schifose non valsero mai ad intiepidire l'ardor caritatevole del suo nobilissimo animo. Il principe Triulzi, vedendo nell'Agnesi tanta virtù, la nominò direttrice per le donne nel Luogo Pio da lui fondato a Milano. Essa fu contentissima di quell'incarico ; e per esercitar meglio il nuovo ufficio, trasportò nell'Ospizio Triulzi il suo domicilio. Qui stando alzata le notti intiere, assisteva le moribonde, apprestava soccorsi e si deliziava nel porgere consolazioni a quelle sventurate. Quindici anni passò l'Agnesi in così penose e lodevoli incombenze; e sì avea omai ottantun anni. Fu allora assalita da una grave malattia, e si pose a letto per non alzarsi mai più. Quante preghiere caldissime furono inviate al cielo! Quanti pianti si versarono per quella donna, che moriva nel bacio del Signore, che tutti nominavano un fiore di virtù, un prodigio di sapienza!

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Invitate a pranzo fuori di casa, non mettetevi a tavola prima degli altri, ma aspettate, che il padrone vi collochi; non ispiegate il tovagliuolino, nè mettetevi a mangiare prima che il padrone o la persona più distinta v'abbia dato l'esempio ; non fate le smorfie; non mostrate predilezione più per una vivanda che per un'altra; lasciate sul tondino la vivanda che non volete più mangiare, che non è necessario di sforzarvi quando n'avete abbastanza ; astenetevi dal tossire, dallo sputare, dal soffiarvi il naso più che potete, e nel bisogno abbiate quei riguardi che abbiamo detto più sopra. Non soffiate sulla minestra, non fiutate le vivande, che ciò fa nausea; non mangiate con troppa fretta nè con troppa lentezza; non succhiate le ossa per trarvi il midollo, nè rosicchiatele per ispolparle, ma staccate la carne col coltello, altrimenti lasciatele; non toccate colla forchetta o col cucchiaio il piatto comune, nè rimettete nel piatto comune ciò che fu già nel vostro ; non presentate ad altri ciò che voi già gustaste, non fregatevi i denti col tovagliuolino, nè con esso asciugatevi il sudore. Quando prendete il bicchiere dove v'hanno mesciuto vino od acqua, procurate d'avere le mani pulite, onde non insudiciarlo, non prendetelo con due mani, nè votatelo in bocca come il votereste in un imbuto, ma bevete con bel garbo, guardandovi dal fare gorgoglio nella gorgia ; tergetevi col tovagliuolino la bocca prima e dopo. Non riempite troppo il bicchiere, nè lasciatelo pieno sulla tavola,onde evitare il pericolo di versarlo, chè questa sarebbe una sgarbatezza. Guardatevi, bevendo, dal tossire. Non porgete altrui il vino che voi avete già gustato, meno che la persona sia domestica. Non fate la zuppa secreta, cioè non bevete con la bocca piena di pane od altro, perchè vi mettereste nel pericolo di sbruffare in faccia ad alcuno, sopra i piatti o di fare altre sconcezze. Non bevete nè a tondini nè a piatti.

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Le buone usanze

195755
Gina Sobrero 2 occorrenze
  • 1912
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
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Sul modo di comportarsi a tavola ho già scritto abbastanza: non è quindi il caso di riparlarne. Accadde però all'ufficiale di marina, capitando in paesi stranieri di civiltà diversa dalla nostra, di trovarsi talora davanti a vivande, a frutta non mai viste nè conosciute, di cui non sa come servirsi nè come mangiarle. Ricorrano in questo caso ad una piccola astuzia: osservino, senza farsi scorgere, come si servono gli altri, e come ne mangiano, oppure si astengano dal prenderne. Ma ciò può talora essere pericoloso: in certa gente la suscettibilità è così a fiore di pelle da prendere un rifiuto come un insulto e ciò che ha poca importanza per un mortale qualunque acquista gravità per l'ufficiale di marina che ha in certo modo l'obbligo morale di stabilire buone relazioni tra il suo paese e quello che lo ospita o almeno di non turbare l'armonia già esistente. Nelle occasioni in cui non si indossa la divisa bisogna osservare rigorosamente le usanze del paese. Ad un pranzo inglese gli invitati assistono in frac e cravatta bianca a cui corrisponde la divisa con o senza spalline secondo il carattere più o meno solenne del pranzo o il grado sociale del padrone di casa. I calzoni bianchi in occasioni di pranzi, balli o altri trattenimenti di questo genere sono da evitarsi; mentre è necessario in tali occasioni il panciotto bianco. Nella zona tropicale si indossa spesso per i pranzi la Dinner-Jacket che è bianca, con la cravatta nera, mai però i calzoni bianchi. In queste occasioni sono indispensabili le scarpe di pelle lucida. Tutti gli ufficiali di marina e gli italiani specialmente, sembrano sviluppare quel sentimento dell'ospilalità che è per sè stesso una caratteristica nostra, e non si può immaginare cosa più simpatica che un pranzo o una colazione a bordo di una delle nostre belle navi da guerra. Nella distribuzione dei posti degli invitati bisogna tener presente se essi parlano lingue straniere ed a quali corpi appartengono; insomma bisogna tener conto di tutto ciò che può contribuire a mantener viva ed interessante la conversazione tra i commensali. Se ad un pranzo partecipano signore e signorine, i loro posti vengono distribuiti secondo il grado dei rispettivi mariti o genitori, in modo però che le signore precedano le signorine e che le prime non vengano a trovarsi vicino al proprio marito, nè le altre accanto ad un prossimo congiunto. È degna d'essere seguìta l'usanza inglese a bordo delle navi da guerra, di dire a tavola solamente un'allocuzione breve, bevendo alla salute della Sovrana o del Sovrano della nazione a cui appartengono gl'invitati. Per lo più un brindisi fatto in una lingua straniera che non si parla a perfezione, verrà detto stentatamente, e un brindisi per quanta vivace fatto nella propria lingua, correrà rischio di non esser capito. Ad ogni modo a coloro che sentono il bisogno di fare dei brindisi, è da consigliarsi caldamente una certa brevità. Ai brindisi fatti in onore della R. Marina e dei suoi rappresentanti si risponde in nome di tutta la Marina, esprimendo la più viva riconoscenza per le parole lusinghiere del propinante. Si possono menzionare in tal caso fatti che abbiano illustrato la storia navale delle rispettive nazioni; e si termina coll'invito a bere alla prosperità della Marina cui i convitati appartengono, e dei suoi insigni rappresentanti. Bisogna essere molto prudenti nel fare allusioni politiche, e nell'esprimere la speranza di combattere uniti, ecc. Si possono benissimo trovare argomenti di risposta esprimendo, per esempio, il pensiero che rimarrà perpetuo ricordo dei giorni passati in così piacevole compagnia, la gratitudine per l'ospitalità goduta, il piacere di aver visitato una città, ecc. Infine nel marinaio ci deve essere un po' del diplomatico, egli deve mostrare più tatto che un ospite qualunque, che il più cortese dei padroni di casa.

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Non sarà quindi mai disapprovato abbastanza lo chauffeur che, con la sua macchina, senza sufficiente esperienza, s'avventura sulle pubbliche strade attentando all'incolumità dei suoi simili, non che alla propria. E poichè occorre un quidsimile di patente per avere il permesso di guidare in pubblico un'automobile, vorrei suggerire che le persone incaricate dell'esame mostrassero altrettanta severità quanta ne incontrano, per la loro laurea, medici, avvocati e ingegneri; così l'automobilista offrirebbe una seria garanzia della sua abilità prima di cimentarsi sulle pubbliche strade. Purtroppo però nemmeno questa patente può impedire, ad un freno di non mordere, ad uno chauffeur di esser preso da vertigine, o di urtare, per inavvertenza altrui, in un qualunque veicolo od in un passante. Sia colpevole o no il malaugurato automobilista, scenda subito dalla sua macchina, non fugga vigliaccamente come un ladro, s'informi dei danni cagionati e nel limite delle sue forte risarcisca generosamente. In Inghilterra, dove pure quando si tratta di sport si accendono vivi entusiasmi, è bandita una vera crociata contro la eccessiva rapidità delle automobili, anche se questa viene esercitata sulle strade di campagna, e se n'è fatta addirittura una questione parlamentare. Ed è giusto che sia intervenuta una provvida legge a stabilire il grado di velocità a cui possono essere lanciate le automobili, nè questa, legge può essere tacciata di pedanteria. Perchè un individuo fortunato può procurarsi il lusso di possedere una macchina meravigliosa, non deve perciò forse, nella lietezza del divertimento, essere più canto, più buono, pensando all'incolumità dei meno fortunati che vanno a piedi? Anche un cavallo può imbizzarrirsi e travolgere fra le sue zampe un pacifico viandante, è vero; ma è anche verissimo che il cavallo ha una volontà propria, che talvolta sfugge alla destrezza e alla forza del cavaliere; invece l'automobile non è che una macchina alla mercè di un individuo che può e deve assolutamente saperla comandare. L'automobile corre sulla sinistra della strada o della via, ma quest'obbligo si capisce che lo si possa trascurare su d'una deserta strada di campagna, correndovi in mezzo, ma incontrando un altro veicolo passa a sinistra, rallentando; dovendo invece sorpassare un altro veicolo che corra nella stessa direzione, passerà a destra, pur rallentando dopo aver dato il consueto avviso. Come si veste in automobile? In verità io credo che il costume ideale non sia ancora stato creato. Finora, almeno in Italia, tranne che in rari casi, l'automobile non ha ancor sostituito la botte, la cittadina, la carrozza d'affitto. L'automobilismo rimane uno sport di alta eleganza; niente fronzoli ai capelli ed agli abiti delle signore; assenza completa di ogni leziosaggine nel costume maschile. L'ampio mantello di caucciù per l'estate, la pelliccia a lungo pelo per l'inverno, sono le più valide difese contro i danni ed i malanni che le pazze corse del teuff- teuff arrecano alla salute dei fortunati che possono darsi a questo davvero modernissimo lusso. La polvere è senza dubbio il peggior nemico dell'automobilista elegante; e soltanto la pelliccia e il caucciù possono difendere il sottostante vestito, dato che lo chauffeur si curi di arrivare a destinazione in istato decente. Le signore, sopra gli occhiali di così detestable effetto estetico, e pure utilissimi, mettono il velo. Guanti d'incommensurabili proporzioni, cravattone-scialli di tutte le foggie possibili, sono adottati dai più brillanti chauffeurs. In conclusione: il verbo ultimo dell'eleganza automobilistica non è ancora stato detto, e ciò è naturale: la legge nasce in seguito a molti fatti simili che hanno prodotto simili conseguenze; l'automobilismo è, fino ad oggi, un fatto straordinario che per sua fortuna vive libero e solo. Tocca al buon gusto ed al senso pratico dei cultori di questo sport indicare le regole migliori per renderlo gradito a quanti oggi gli sono ostili. E voglio finire ricordando ai fortunati possessori di un'automobile, che molti dei loro amici i quali ne son privi, vivamente desiderano di fare almeno una o due volte in vita loro qualche gita in automobile; lo chauffeur non sia quindi parco d'inviti di questo genere, e meglio li estenda alle più umili sue conoscenze: costa tanto poco farsi ben volere procurando qualche ora di svago, qualche ora gaia a chi ardentemente li desidera.

Pagina 225

Galateo morale

197540
Giacinto Gallenga 1 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino-Napoli
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Da noi pur troppo non si osserva abbastanza la natura, la quale sorpresa sul fatto, come osserva giustamente il Macè «vi lascia vedere che il lavoro manuale è per noi una condizione eccellente di esistenza, un raddoppiamento di vita, una superiorità, e che non bisogna per conseguenza guardare troppo d'alto in basso coloro che si guadagnano il pane, come si vuol dire, col sudore della fronte». (MACE', Storia di un boccone di pane). Perché così sovente il contadino vi si mostra scortese e brutale? Perché egli si vede sdegnato da quella società a cui egli sa troppo bene di essere indispensabile; esso non può avere che un sentimento di compassione per i tanti bisogni a cui van soggetti i signori, le privazioni a cui questi si sottopongono per aver il mezzo di assecondare alcune sciocche esigenze della moda; e scambiando questa affettazioni, queste caricature della civiltà per la civiltà stessa, l'una e le altre disprezza in egual maniera. Ma là dove l'agricoltore è considerato per ciò che vale, e tenuta l'opera sua in pregio come la vera sorgente e il vero fondamento del ben essere e della grandezza delle nazioni, la dove il proprietario si occupa della cultura delle sue campagne — esempio l'Inghilterra, l'Olanda, il Belgio, la Svizzera e molti paesi germanici - sta a contatto de' suoi coloni, questi assumano a poco a poco i modi dei padroni, smettono quella burbanza, quella insolenza che nasce dal soverchio e prolungato allontamento dalle classi civili, dalla diffidenza che esiste fra gli uni e gli altri; la simpatia si fa strada nei loro animi verso i loro compagni di lavoro, e così preparato il terreno da questo afflatamento delle caste, la civiltà non tarda ad inoltrarsi e penetra insensibilmente nelle loro capanne, nelle loro vesti, nel loro linguaggio, nei loro costumi. «Educare la famiglia rusticana, sono parole del caro Tommaseo, educarla con la parola fraterna, con l'esempio di miti virtù, con istituzioni che insegnino la parsimonia, la previdenza; educarla alla conoscenza delle patrie leggi, al sentimento dei civili diritti, all'arte di scernere il vero dal falso; vincere l'incuria delle utilità comuni; ai bisogni della intelligenza soddisfare dopo gradatamente eccitatone il sentimento; le sorti dure del villico migliorare antivenendo le leggi, alla elezione buona dei parrochi provvedere e alla loro dignità, rendere al contadino onorato ed accetto lo stato suo, seco convivere, tenerlo come viva parte della felicità propria, quest'è l'ufficio dei ricchi. Corrano a rinfrescarsi nella fonte perenne della santa natura, a ingentilirsi nella sincerità degli affetti, ad innalzarsi nella semplicità delle gioie, a imparare il buon uso di quella ricchezza che colà è preziosa, il tempo; a sentire come il migliore diporto sia la varietà dei lavori, come la rendita migliore sia la parsimonia del vivere, come l'amore dei fratelli sia il benefizio più vero e di certa gratitudine rimeritato. Là, sotto quelle ombre agitate dal vento, là nel teatro dei silenzi notturni rientrando in se stessi, le proprie miserie conoscerebbero, sentirebbero le calamità dei fratelli»

Pagina 398

Signorilità

199537
Contessa Elena Morozzo Della Rocca nata Muzzati 2 occorrenze
  • 1933
  • Lanciano
  • Giuseppe Carabba Editore
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Per quanto riguarda l'igiene della età matura, ricordiamo che l'età lavora abbastanza lentamente alla nostra rovina, quando lavora sola. Non aiutiamola, imaginando di essere vecchie ancora in buona età, (come la famosa contessa di Castiglione, la più bella donna che sia mai esistita, che a trent'anni si chiuse in casa e ruppe tutti gli specchi, per non far vedere e per non vedere il decadimento della sua bellezza...) ma abbiamo l'autosuggestione di non voler invecchiare moralmente, rendendoci utili ai nostri cari e ai nostri poveri, restando attive e fresche di spirito. Sappiamo poi economizzare la vita e risparmiare le nostre forze, appena l'età porta con sè un deperimento organico, rinunciando alla parte faticosa della mondanità, alzandoci presto e coricandoci presto, scegliendo un'alimentazione variata, saporita, con poca carne, senza bevande acide o alcooliche, eliminando con opportuni rinfrescanti e diete la vecchia linfa, sostituendola con nuova. Ricordiamo che, quando una donna ha sorpassato la cinquantina, non ha più nessuno scoglio per arrivare a tarda età. Per ciò che riguarda l'igiene della vecchiaia, salvo i casi di trattamenti speciali imposti da incomodi speciali, occorre che una signora anziana lavori sempre un pochino e senza sforzo, occupandosi della sua casa, del suo giardino, dei suoi fiori; sia riguardata non solo dal freddo, contro il quale non può opporre una valida resistenza fisica, ma da tutti gli sbalzi repentini di temperatura; si guardi dai cibi di non facile digestione; mantenga, mediante frizioni mattutine e serali, sempre attiva la circolazione capillare della pelle; passeggi moderatamente, ma quotidianamente; si alzi presto e si corichi presto e, a letto, sempre mantenga i piedi molto caldi; mantenga lo spirito, per quanto è possibile, in uno stato di giocondità. Venendo poi a considerare l'età matura e la vecchiaia dal lato morale, ricordiamo che, generalmente, ognuno ha la vecchiezza che si prepara. Una gioventù operosa, dà una vecchiaia riposata e tranquilla; una giovinezza sobria, dà una vecchiaia sana; una gioventù amabile dà una vecchiaia amata. E se, da una parte, il giovane non deve mai dimenticare il rispetto verso chi è vecchio, questi, d'altra parte, deve essere sempre pronto a saper comprendere e compatire la gioventù che lo attornia, a ricordarsi anche che è «felice colui che sa sorridere, nella sera della vita, ai piaceri del mattino di essa». La signora anziana, in modo particolare, può e deve dare ancora molto di sè alla gioventù, sotto forma di utili, sani e pratici ammaestramenti, senza ombra di pedanteria. La signora anziana gaia, semplice, spontanea, non deve pretendere d'imporre la propria esperienza, ma deve, con tono convinto, buttare là il consiglio, la parola opportuna, indicare la via di componimento d'una vertenza o di un dissenso, dire la bellezza della rassegnazione, del perdono cristiano; deve dare, sopratutto, alla gioventù che ha intorno, l'impressione di tenerezza e di sicurezza che spesso, purtroppo, i giovani non trovano presso il padre, affaccendato a far danaro, presso la madre affaccendata a buttarlo dalla finestra, colle sue mani dalle unghie dipinte...

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Oggi sono ben poche le malattie che, prese in considerazione dalla prima infanzia, sono inguaribili; oggi abbiamo perfetti mezzi d'indagine e di cura; oggi noi genitori siamo abbastanza istruiti su quella legge terribile dell'ereditarietà, per poter vegliare e provvedere... E, su questo punto, ricordiamo bene che un capriccio, un moto cattivo dell'animo di un nostro bimbo, spesso riproduce il capriccio, il moto cattivo dell'animo nostro e dei nostri padri, e che, allora, egli non va castigato, ma curato con la medicina e con la dolcezza, comprendendo che egli non è responsabile, ma, piuttosto, è vittima. Colla salute, diamo loro la Fede. Benedetto mille volte il Fascismo, che è tornato alla pura fonte della Fede! Infatti, è solo della gioventù profondamente e sinceramente religiosa, l'esuberanza di affetti, di entusiasmo, di poesia, che costituisce la vera giovinezza; è la religione quella che dà ai giovani e alla loro vita uno scopo alto, che mantiene loro la fede nella riuscita di ogni buona impresa, di ogni sforzo, che mantiene in loro la costanza (forza senza la quale nè le azioni hanno grandezza, nè gli uomini fermezza e pace), che li allontana dai malsani divertimenti, dal fango di avvilenti passioni e vizii... Ma poi... anche se noi fossimo delle atee convinte, basterebbe che noi amassimo i nostri figlioli, che pensassimo alla felicità della loro vita nel senso più egoistico, per dare loro, con la certezza della fede, tutte le certezze, tutte le idealità, tutte le rassegnazioni, tutte le speranze!... Dopo la fede, diamo ai figlioli la volontà. Ricordiamo che le nostre ragazze potranno essere belle come Venere, o matematiche come Maria Gaetana Agnesi; che i nostri ragazzi potranno scoprire gli abitanti del pianeta Marte, o strappare più segreti alla natura che Edison e Marconi, ma che saranno sempre zero e che varranno sempre zero, se non sapranno volere,... se non sapranno dirsi quel ferreo «non si può», davanti agli infiniti desiderii, alle infinite tentazioni che ci assalgono ad ogni passo e ad ogni momento!... se non sapranno che la disciplina interiore è quella, è unica, inflessibile, in tutti i campi, sia dello spirito, sia della mondanità, sia della semplice vita di ogni giorno! C'era una volta una cara figliola, che era divisa da dolorose, immeritate, circostanze da un bravo giovane che amava, e che l'amava. Una volta mostrò alla sua migliore amica un quaderno di musica. - Vedi? - le disse. - La mia maestra di canto trova che guadagnerei molto di più, anzichè dando lezione di solfeggio, insegnando queste canzonette da «tabarin». Ma - ed ella la guardò con i suoi limpidi occhi, che avevano versato e ricacciato tante lacrime, - se mi promettessero di poter domani sposare lui per due sole note di esse, rifiuterei... Non si può! Dopo la salute e la volontà, diamo ai nostri figlioli la gioia... gioia semplice e schietta, sotto forma di qualche dolce e di molto sole, di poca pedanteria e di molta tenerezza, di molti bei soggiorni all'aperto, di buoni libri, di viaggi... e diamo loro la gioia di rendere felice qualche compagno povero, mediante un loro piccolo sacrificio. E diamo loro la gioia per agguerrirli nelle future lotte della vita. Infatti, guardiamoci intorno..., e vedremo che gli «schopenhaueriani» a vent'anni, gli sfiniti a venticinque, i finiti a trenta, hanno avuto, anche nella ricchezza, un'infanzia triste, pesante, caliginosa... Ascoltiamo intorno, e osserveremo che, se qualcuno dice: «Bisogna agguerrire fino da piccoli i figlioli, abituarli al dolore»..., non è mai una madre che lo dice! Siamo certi che, se, invece, essi hanno appreso, hanno sentito, fin da piccoli, che il sole c'è, che il sole esiste, che il sole riscalda, essi, anche durante la bufera, penseranno che il buon sole ritornerà certamente. Dopo aver dato tutto questo, insegniamo, di buon' ora, ai nostri figlioli, che l'ottimismo è la più gran forza della vita; che basta non credersi vittima, perchè, il più delle volte, non si sia vittima; insegniamo loro ad avere il senso della responsabilità, a cercare e a trovare le piccole gioie e a sperare nel domani. I primi tre versi che i nostri bambini dovranno imparare e ripetere con noi, fino alla più tarda età, sono questi di D' Annunzio, che sintetizzano una vita serena:

Pagina 517

Come presentarmi in società

200103
Erminia Vescovi 1 occorrenze
  • 1954
  • Brescia
  • Vannini
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Allo sposo poi non è mai abbastanza da raccomandarsi il rispetto ed il raccoglimento, se anche la sua fede fosse scarsa o nulla. E non ho mai potuto leggere senza vivo disgusto ciò che vien raccontato del Principe Girolamo Napoleone, quando impalmò la nostra angelica principessa Clotilde. Fosse affettazione o fosse distrazione (era sempre rimasto in piedi guardando qua e là) si fece ripeter la domanda rituale, e alla seconda volta, come scosso, rispose precipitosamente: Mais oui, certainement oui! I padrini stanno a lato degli sposi, per lo più in piedi, tutto intorno fan corona i parenti e gli amici; e le signore hanno, in tale occasione, diritto di usare le loro più eleganti acconciature, purchè non siano contro il decoro e la modestia. Ma non si può assolutamente approvare nè compatir l'usanza di alcuni paesi, che appena finita la Messa, le amiche (o sedicenti tali) si precipitino addosso alla sposa soffocandola di baci e di auguri. In Francia tale sfogo di tenerezza si fa in sacrestia, dove gli sposi si recano a firmare il registro: da noi sarà meglio rinunziarvi o serbarlo alle pareti domestiche. Ultima triste nota, il funerale. Qui la parte è tutta del clero; gli astanti non hanno altro obbligo che assistere in rispettoso raccoglimento. I prossimi parenti si schierano presso il feretro, gli altri e gli amici e lo stuolo degli accompagnatori nei prossimi banchi. Che nessuna mossa intempestiva, che nessun lieve mormorio turbi la sacra maestà del rito. E nell'uscir dalla chiesa, e nel ricomporre il corteo, silenzio ancora e compostezza. E, per carità, signore, non vesti o cappelli dai colori vivaci! Possibile che nel vostro guardaroba non ci sia un abito nero, o almeno un soprabito, e un cappello scuro?... Ho visto sfilare, dietro qualche feretro, una processione multicolore ch'era una vera irrisione!... E quanto al silenzio e al rispetto, se la parentela col morto o una stretta amicizia non ve li impongono senz'altro, colla forza del dolore, se le vostre relazioni con lui non erano tali da penetrarvi l'anima nel solo rimpianto della sua perdita, basti a rendervi tali quale circostanza lo vuole, la fatale avvertenza: Hodie mihi, cras tibi!

Pagina 166

Come si fa e come non si fa. Manuale moderno di galateo

200807
Simonetta Malaspina 5 occorrenze
  • 1970
  • Milano
  • Giovanni de Vecchio Editore
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Anche se vi piccate di amare l'arte e di conoscerla abbastanza bene, non trattenete l'amico che dà vivi segni di impazienza e vorrebbe andare oltre. Siate quindi discreti e non elargite i frutti della vostra cultura a chi non desidera riceverli. Andate in un museo in comitiva? Allora vi preghiamo di rimanere accanto al vostro cicerone e di non dar fastidio agli altri visitatori impedendo loro di vedere un'opera davanti alla quale formate un robusto e solidissimo muretto. Non disseminatevi per le scale, costringendo la guida a tornare indietro per cercarvi e riunirvi, e facendo perdere tempo agli altri. Se avete accettato di visitare un museo in comitiva, comportatevi secondo le buone regole. Viceversa, se non appartenete al gruppo turistico raccolto intorno al cicerone, non fingete di farne momentaneamente parte per rubare una spiegazione. Se volete sapere qualcosa di più su un'opera d'arte, comperate l'apposita guida. In un museo entrate con rispetto. Non mangiate caramelle e tanto meno altri generi commestibili. Non abbandonatevi sulle poltrone e sui divani con l'intento di restarci a lungo e in pose sconvenienti: riposate, se volete riposare, ma abbiate un po' di considerazione per il luogo che vi ospita. In un museo non si fuma. Se siete in compagnia e volete scambiare qualche parere con gli amici, parlate sempre a bassa voce per non dare fastidio agli altri.

Il buffet di un cocktail è abbastanza semplice. Vengono serviti cocktail, bevande analcoliche, salatini, tartine e qualche pasticcino. Niente torte. Quando ci sono due o tre camerieri (come nel caso di chi affidi l'organizzazione di un cocktail a una ditta specializzata in ricevimenti), le bevande vengono servite su un vassoio, già versate nei bicchieri, e offerte agli invitati. Soltanto quando si può contare su una sola persona di servizio, il cocktail può essere servito al buffet insieme ai salatini e ai dolci, e ciò per semplificare il servizio. Quando il cocktail è molto numeroso occorre preparare più di un buffet. In questo caso, è chiaro, bisogna disporre di locali molto grandi e di un servizio accurato. Se il cocktail invece viene servito a pochi ospiti, manca il tono del ricevimento.È allora lo stesso padrone di casa che prepara e serve le bevande ai suoi amici insieme con qualche salatino. È logico che sia l'uomo a occuparsi di tutto ciò, perché si presuppone che egli abbia più pratica della moglie nel preparare bevande alcoliche. Bisogna tener presente che non tutti amano l'alcool, e quindi bisogna avere sempre nel frigorifero qualche bottiglietta di succo di frutta o altra bevanda analcolica. Non è necessario abbondare con salatini e olive: bastano due piattini, tanto per accompagnare il liquido. A un cocktail gli uomini vestiranno di scuro, e le signore indosseranno abiti da pomeriggio elegante. Se il cocktail è di poche pretese, le signore potranno indossare un semplice abito di tessuto elegante, o un tailleur da pomeriggio ravvivato da un bel gioiello. Naturalmente se il cocktail ha un tono molto elegante, bisogna regolarsi di conseguenza. Le signore, potranno indossare un abito un po' scollato e portare in testa un'acconciatura-cappello: quest'ultima, oltre tutto, è quasi obbligatoria se la signora non è più molto giovane. Le giovanissime, per un cocktail molto elegante, potranno sfoggiare qualche scollatura più audace, meglio se accortamente velata. Nessuna donna, comunque, deve dimenticare che la propria eleganza si misura dal suo saper adattarsi alla circostanza, all'ora e al proprio fisico. Ragazzi e bambini sono esclusi dai cocktail, e non solo quelli degli invitati, ma anche i bambini dei padroni di casa saranno allontanati.

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Un fidanzamento non deve durare troppo, né troppo poco: se tirato per le lunghe diventa noioso; se breve, non permette ai futuri sposi di conoscersi abbastanza bene. Sarebbe il caso di dire che tra l'annuncio del fidanzamento ufficiale e quello delle nozze non devono passare più di sei otto mesi. Oltre questo periodo si entra nel campo delle incognite e delle possibili rotture. Quando la data del matrimonio è ancora lontana, per motivi d'età o di denaro, è consigliabile rimandare anche l'annuncio del fidanzamento. In questo periodo, naturalmente, entrambi i fidanzati cercheranno di farsi apprezzare dai futuri suoceri e di smussare le eventuali divergenze al fine di garantirsi una vita matrimoniale serena anche nei rapporti con i parenti. In caso di litigio, si tengano lontani i rispettivi genitori: un bisticcio fra fidanzati è sanabile facilmente, ma quando cominciano a intervenire padri e madri... Durante il fidanzamento, i due ragazzi potranno scambiarsi regali. Quando lei riceve l'anello, soprattutto, ricambierà immediatamente il pegno d'amore con un altro regalo impegnativo: un orologio, un portasigarette importante, o altro oggetto di valore. In nessun caso regalerà al fidanzato un anello: gli uomini non devono portare gioielli di nessun tipo, e sulla mano maschile è ammessa soltanto la vera. Se per un motivo o per l'altro si giunge a una rottura, è d'obbligo la restituzione delle lettere e di tutti i regali di valore scambiati. Anche l'anello di fidanzamento va restituito. Non è necessario restituire, invece, piccoli regali come libri e dischi. La rottura del fidanzamento non va annunciate agli amici in modo particolare. Basterà dame la notizia dicendo subito che i motivi della decisione sono strettamente personali. Se eventualmente il fidanzamento venisse rotto proprio alla vigilia del matrimonio, andrebbero subito restituiti i doni già recapitati. In questo caso è d'obbligo una lettera o una telefonata di spiegazione.

Pagina 178

In questo caso, giacché il viaggio è abbastanza lungo, comprensibile che si familiarizzi un po' e si stringa un minimo di amicizia, adattandosi alle esigenze di ciascuno e riducendo al massimo il fastidio dell'occasionale convivenza. Poiché lo spazio è ridotto, ognuno deve tenere in ordine le proprie cose e mostrarsi quanto più è possibile tollerante e riservato, in modo particolare durante la toeletta personale. Le amicizie di bordo sono come quelle di villeggiatura: sembrano destinate a durare tutta la vita ma in realtà si spengono poco dopo la separazione. Non bisogna mai andare più in là di una educata cordialità e reciproca simpatia: mai fare o dire troppo. Se viaggiate in prima classe e intendete fare una crociera di gran lusso, naturalmente avrete obblighi diversi da chi invece preferisce la classe turistica. Durante il giorno tenuta sportiva, ma al pasto di mezzogiorno abito decisamente corretto ed elegante: non presentatevi a tavola in bikini o in shorts. Per la cena vestitevi con eleganza. Se viaggiate in classe turistica il vostro bagaglio sarà meno impegnativo e avrete anche più libertà a tavola. Le feste a bordo non mancano mai. Di solito la più importante è quella che conclude la crociera, cioè la festa d'addio. L'abito lungo in questo caso è obbligatorio, e lo smoking per gli uomini. In crociere meno pretenziose, potrà andare benissimo anche l'abito da sera corto e l'abito scuro per gli uomini. In sala da pranzo ognuno ha il tavolo che gli viene indicato. Non è contrario alla buona educazione che due o tre persone sole decidano di mettersi allo stesso tavolo, o che una famiglia inviti una persona sola. Il capitano di solito invita al suo tavolo gli ospiti di maggiore riguardo. Se vi trovate in difficoltà per qualche motivo potete rivolgervi alla hostess che solitamente non manca mai durante i viaggi di questo tipo. Se si tratta di una crociera organizzata, vedrete che sarà lei a fare le presentazioni e a rompere quel senso d'isolamento che al principio potrebbe sorprendere qualche persona un po' timida o alla sua prima esperienza di mare. Alla fine della crociera dovrete dare le mance: anche su una nave non potete esimervi da una formalità che ormai è diventata un obbligo. Come in un ristorante o in un albergo la mancia sarà del dieci o del quindici per cento sul conto totale e dovrà essere divisa fra il personale di bordo. Prima dello sbarco, il capitano offre il solito champagne a tutti: brindate con lui per ringraziarlo delle attenzioni avute e per congedarvi ufficialmente.

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Le bomboniere per la prima Comunione oggi sono abbastanza di moda ma è preferibile servirsi dei tradizionali sacchettini di tulle, molto più adatti alla circostanza. Durante il rinfresco o la colazione o il ricevimento pomeridiano il bambino o la bambina distribuirà questi sacchetti tra le persone presenti o più semplicemente dei confetti sciolti, bianchi o colorati (rosa per una femmina, azzurri per un maschio), prendendoli in numero dispari da un vassoio che un coetaneo terra in mano. I regali non devono essere consegnati al comunicando prima della cerimonia: li avrà al ritorno a casa. Il bambino ringrazierà da se per i regali, senza la mediazione dei genitori, di persona oppure con una letterina gentile (non con una telefonata, come molti usano fare). Quanto alle fotografie, evitate di ritrarre i vostri figli con mani giunte e sguardi estatici.

Pagina 322

Galateo della borghesia

201397
Emilia Nevers 1 occorrenze
  • 1883
  • Torino
  • presso l'Ufficio del Giornale delle donne
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Che dirò di quell'abitudine, abbastanza frequente, che consiste nel girar i negozi senza intenzione di comperare, così, per ammazzare il tempo, disturbando i poveri commessi e gli avventori coscienziosi? Senza che io la condanni, ognuno intende che è usanza biasimevolissima e che non è meraviglia se chi la segue si espone ad udir qualche scortese ripulsa. Nelle pasticcierie è vietato (dalla creanza veh! non c'è cartello!) di toccar qua e là le paste esposte: si scelga cogli occhi. In nessuna bottega sta bene mostrarsi impazienti, pretendere d'esser serviti subito, spinger gli altri, od assumere un far imperioso, se anche si ha fuori carrozza e servitori in livrea: davanti al banco quelli che pagano sono tutti uguali. In chi vende è mal vezzo il non salutare e non farsi incontro a chi viene; questa abitudine è specialmente cattiva nelle pasticcierie, nelle botteghe di balocchi, dove si va con bimbi e si ha bisogno d'una certa indulgenza e amabilità da parte del mercante. Conosco una signora la quale, per colazione, mangia sempre due o tre dolci: vedendola a passare dinnanzi a varie pasticcierie senza entrarvi gliene chiesi il perchè. - Oh! cara mia, in quelle pasticcerie non posso mangiare, mi disse. - Perchè? Non c'è roba buona? - Squisita; ma nella prima i padroni mangiano sempre dell'aglio, e quel profumo vince quello della vaniglia e e del cioccolate, sicchè gianduia e panettoni mi paiono all'aglio: nella seconda c'è una donna mal vestita, mal pettinata, immusonita che fa passar la voglia di mangiare. I dolci, i balocchi ed i fiori bisogna venderli con un sorriso per giunta... Dalle sarte, dalle modiste si deve aver contegno civile: non dar in iscandescenze se la roba non è riescita bene. Il rimprovero è legittimo, ma il modo di farlo è segnato dal decoro. È poi il caso di ricordar il proverbio francese: qui perd gagne: la sarta umiliata si rifà sul conto. Non si deve mai, se s'incontra altra signora estranea, farsele vicino, guardar che cosa sceglie; è una legge di discrezione.

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Le buone maniere

202854
Caterina Pigorini-Beri 2 occorrenze
  • 1908
  • Torino
  • F. Casanova e C.ia, Editori Librai di S. M. il re d'Italia
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Soltanto è da evitare una cosa a cui tutti, seguendo le idee del tappezziere che ha il suo menu come il cuoco, non prestano abbastanza attenzione; bisogna guardarsi dal falso lusso, dalle pretese di eleganza, dalle oleografie e dai falsi ricami, dai falsi merletti e dalle false faenze e dai falsi bronzi, dai fiori di carta e dai gessi dorati di porporina. Nessuno può immaginare l'effetto grottesco di quelle belle arti d'imprestito, di quelle aspirazioni al gusto artistico o alla ricchezza, col combattimento dell' economia e della povertà che ricorda quei famosi versi satirici:

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Se viene un medico a curarvi, voi lo pagate, ma non fate conti, non discutete; gli rimettete le sue propine a casa, con qualche parola di ringraziamento, senza mostrare di credere di averlo compensato abbastanza per quello che ha fatto per voi. Se un operaio vi porta un lavoro, voi gli dite grazie; se andate in un negozio dove altri sia prima di voi, non cercherete, chiunque voi siate, di andargli avanti; chi è primo al mulino, macina. Sarà opera gentile di far precedere una signora o un vecchio o un fanciullino; ma ciò è in voi che siete primo di sentire questo dovere, non ad altri di imporvelo. Se andate da una modista, da un sarto, avrete la moderazione di non trattenerlo troppo lungamente a scapito di altri che aspettano; userete almeno, se v'è assoluta necessità di farvi attendere, l'attenzione di esprimere il vostro rincrescimento. Se altri vi aggredisce con parole vive troppo più che non convenga, risponderete con moderazione; ciò smorza gl'incendi e attutisce i permali; se donate, fatelo senza formalità o millanteria: se ricevete, aggradite sempre qualunque sia il dono che alcuno vi fa: regalare e non gradire, è anch'essa un'altra cosa da morire. Siate sorridenti e benevoli fin dove e quanto potete: salutate quando entrate e quando uscite dai luoghi pubblici: corrispondete al saluto dei piccini, dei poveri, degli oppressi; rispettate l'altrui dignità in ogni tempo e modo; se non potete o non credete di fare la limosina che vi chiedono, abbiate almeno la carità di rispondere una buona parola; e anche nel far valere il vostro diritto, rispettate non solo quelli degli altri, ma anche quelli che essi credono tali in buona fede. La lotta pel diritto è una lotta filosofica e morale che non esclude la cortesia e l'urbanità; più che essere una guerra anche incruenta, è lo scambio di due idee, di due impulsi, di due dignità e di due principii. Il diritto dà la forza, ma la forza senza modo per farsi valere è ancora al di sotto dell'accortezza di giovarsi di tutti quei mezzi, che possono farlo prevalere praticamente. L'accortezza non è l'astuzia o la furberia; l'accortezza è un'altra virtù che ci fa padroni del nostro ambiente morale e che, come la circospezione, ci rende facile di camminare anche fra le ova senza romperle, o fra i rovi senza lasciarci nessun lembo delle nostre vesti. Un'ultima osservazione si potrebbe aggiungere alle molte altre che si saranno fatte intorno alle massime esposte in questo libro per la gioventù che va a scuola: vale a dire come possa essere possibile che tutte le piccole cose della vita esteriore riescano a fortificare il nostro carattere di cittadini. Le risposte sarebbero in questo caso due: ricominciare a leggere il perchè del libro, e richiamare il detto di Egidio Romano: Nella scienza dei buoni costumi, l'uomo dee parlare leggiermente et per esempli.

Pagina 240

Eva Regina

203078
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 10 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
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Un vecchio proverbio, mai abbastanza ascoltato, ci avverte che non bisogna fidarsi dell'apparenze che ingannano. Devono persuadersi, quindi, che l'eleganza e la correttezza del vestiario, la finezza dei modi, la cortesia della parola, non fanno sempre nè il gentiluomo nè il galantuomo: che la loquela facile e brillante nasconde non di rado l' astuto raggiratore, come l' eloquenza poetica e sentimentale vela molto spesso l' assoluta aridità e la bassa menzogna. Innumerevoli donne furono e sono vittime nelle sostanze, nella persona e nell'anima, di uomini, incontrati appunto per caso, che le ingannarono e a cui prestarono fede, illuse da apparenze seduttrici: vediamo quindi di non accrescere la sventurata schiera, che l' educazione moderna, risvegliando nella donna vivamente la coscienza della propria responsabilità individuale, facendola più esperta e forte, non dovrà rinnovare. Ripeto — e mi preme insistere su questo punto — che prudenza e riserbo non significano scontrosaggine e durezza. Se anche non presentata, una signora potrà scambiare qualche parola con una vicina d' aspetto serio e distinto, potrà renderle qualche piccolo servizio, potrà salutare le altre signore quando le incontra nei corridoi dell' albergo o agli stabilimenti termali, in qualche luogo di ritrovo. Potrà anche accettare da un uomo qualche cortesia, prender parte a un discorso, mostrarsi qual è, colta gentile e buona. Ma non dovrà trattare quei compagni d'un' ora con gli stessi modi, con lo stesso linguaggio coi quali tratta nella sua città le sue conoscenze : nè dimostrerà loro lo stesso affetto che dimostra alle sue amiche di anni. In montagna è bene bandire ogni vaporosità di tessuto e di ornamento, ogni esagerazione, ogni eleganza troppo raffinata della moda. Bisogna attenersi alla lana, alla buona lana igienica, morbida; od anche alla rude lana così simpatica, che tanto dona alle giovani e delicate bellezze. I colori siano tranquilli, resistenti; le foggie semplici. Le cinture di pelle, od anche qualche molle sciarpa a tinte vivaci, uguali alla cravattina, saranno pure indicatissime, come le forti calzature alte, a tacco basso, così il piede sarà meglio protetto e sostenuto. Niente piume o fiori nei cappelli : veli azzurri, verdi, bianchi: fettucce di nastro in giro alle pagliette rotonde. Sono adatti e carini i morbidi berretti inglesi, modello Jockey che danno un' aria graziosa ai visetti molto freschi e giovanili. Per le escursioni lunghe e in località assai elevate, occorrono costumi speciali sulla foggia di quelli delle cicliste. Nei cappellini di feltro si può mettere un' aletta o un gruppo di edelweis quando non sia necessario il tocco di pelliccia e una sciarpa di lana.

Pagina 122

Non potrò dunque raccomandare mai abbastanza alle mamme di insinuarlo, specialmente ora che il carattere della vita moderna tende al vagabondaggio, al movimento, alla provvisorietà.

Pagina 194

Invece la giovinetta dovrebbe se sta in famiglia e studia per farsi una coltura d'ornamento, non affrettarsi al termine e continuare a studiare, ad apprendere, anche oltre i quindici anni, nell'età in cui appunto la sua mente si apre meglio ad accogliere le spiegazione delle conquiste della scienza e le visioni della bellezza ideale, e continuare a imparare, ad esercitarsi finchè prenderà marito ed anche dopo, perchè non c'è condizione di vita od età in cui si possa dire: « io so abbastanza » e non desiderare di andare più oltre. Se poi la signorina studia per professione, procuri almeno di applicarsi a quelle discipline verso cui le sue facoltà intellettuali e i suoi gusti la portano maggiormente. E se invece di andare alla scuola Normale andrà ad una scuola professionale non dovrà vergognarsene, giacchè potrà diventare un'abile cucitrice, una brava modista, piuttosto che una cattiva insegnante e sarà tanto di guadagnato per gli altri e per lei. Io vorrei particolarmente insistere perchè alle ragazze d'oggi, in cerca di professione, si desse qualche altro avviamento, per impedire che si agglomerasse intorno a certi pochi rami determinati un soverchio numero di postulanti che divengono poi le spostate. Il commercio, per esempio, la contabilità, la scrittura a macchina, la stenografia, le lingue straniere, la chimica, la botanica, i corsi d'igiene e di infermeria. L'estetica ha una grande importanza nell' istruzione, ma io vorrei che vi fosse infusa più generalmente anzichè vederla limitata all' esercizio delle belle arti che si riduce spesso ad un ozioso dilettantismo o ad una misera profanazione. Vorrei che tutte le fanciulle potessero gustare la bella musica, ammirare i bei quadri, le belle statue, i bei versi, la bella prosa; potessero analizzare, conoscere, preferire, invece di udirle suonare l'obbligato pezzo con variazioni, o vederle insudiciare coi colori dei lembi di tela e scrivere un bozzetto o una lirica piena di luoghi comuni. Le vorrei interpreti, insomma, più che esecutrici o creatrici, a meno di una tendenza speciale verso qualche arte, che allora sarebbe delitto misconoscere o soffocare.

Pagina 28

Per fare tutto questo occorre intelligenza ed anche un po' di coltura. « Non si riflette mai abbastanza — scrive Angelo De Gubernatis — che una buona istruzione dà alla sposa e alla madre vantaggi inapprezzabili nel governo della famiglia.

Pagina 283

Non domanderà a nessuno se il pranzo era di suo gusto o se ha mangiato abbastanza.

Pagina 297

E allora, tra l' uno che si logora o in un impiego o tra gli affari, per ottenere una rendita che non basta quasi mai a tatto, e l' altra che non capisce il perchè non può bastare, e non vuol saperne di sacrifizi e d' economie, parendole sempre di farne abbastanza, è naturale che s' accendano di quei diverbi che ripetuti frequentemente disgregano e alterano il sentimento più dolce e sincero. Bisogna che la donna faccia un po' d' esperienza pratica col denaro suo, guadagnato da lei a prezzo delle sue fatiche, per imparare a tener calcolo e a rispettare il denaro dell' uomo. Inoltre una attività diversa dal semplice disbrigo delle faccende domestiche ch' ella spesso compie con indolenza ed irregolarità, riempiendo ogni intermezzo di pettegolezzo e di vanità ; un' attività più regolata e più grave rassoderà il suo carattere, le darà nuove sorgenti di riflessioni e d' energia. Certe signore che pure avrebbero intelligenza e abilità da far fruttare, se ne astengono per una specie di pudore, parendo ad esse, quasi, d' abbassarsi se si dedicassero a un' opera proficua. Mentre il lavoro non umilia, ma nobilita : non abbassa, ma innalza, perchè è pace, conforto, dovere. Una madre di numerosa famiglia non può, convengo, lasciare in abbandono la propria casa per attendere a un lavoro estraneo che non le renderebbe quanto la sua poca sorveglianza detrae ai suoi ; ma se una donna che possa farsi aiutare da qualche parente nelle cure domestiche, o possa sbrigarle in breve, trova qualche ora libera, che male c' è se le impiega a dar lezione, a ricamare, a dipingere, a far fiori, a scrivere a macchina, dietro un compenso, piuttosto che uscir a zonzo a far dei vani desideri dinanzi alle vetrine o recarsi in qualche salotto a far della maldicenza? Conosco una signora in posizione modesta, la quale dando lezioni di pianoforte raccoglie in capo all'anno una sommetta che le permette di passare un mese al mare coi suoi bambini senza ricorrere al portafogli del marito. Ella dona ad essi salute e vigore, a sè un igienico riposo, fine che non potrebbe conseguire se non si adoperasse o che costerebbe al suo compagno un non lieve sacrifizio. Conosco un' altra signora che provvede le sue toilettes col ricavo d' un' industria ch' ella medesima ha iniziato e dirige attivamente. Una delle mie più care amiche seconda il marito nell'insegnamento, contribuendo e non per poca parte, al benessere della sua famigliuola. Inoltre questi guadagni conferiscono alla donna una libertà maggiore, mentre è sempre un po' umiliante per essa dover ricorrere per ogni più piccola spesa, al marito che tante volte fa pesare il beneficio. Il modo per aumentare le proprie rendite, non è però sempre in un accrescimento di guadagno. Consiste anzitutto nella regola, nel risparmio, nella previdenza ed anche... nel coraggio.

Pagina 326

Un semplice nome, un pronome a piedi d'una ghirlanda o d' una croce, sono abbastanza eloquenti per il mondo : e per il caro spirito a cui s' indirizzano e che legge dall'alto nei nostri cuori, non c'è bisogno di parole scritte. Quanto alle visite al cimitero, non c'è regola che obblighi o che vieti. Ognuno segue il proprio sentimento e interroga le proprie forze. Vi sono delle persone che non hanno mai saputo vincersi e non si sono mai recate a pregare sulla tomba che racchiude un essere diletto: altre invece trovano conforto a recarvisi spesso e a prodigarle le loro cure. Io credo che questo ufficio pietoso sia quasi un obbligo per la donna : poichè nessuna mano sarà più provvida e più pia di quella d'una vedova, d' una figliuola, d' una madre. Meglio dunque imporsi subito il coraggio e iniziare la mesta consuetudine, che passato il primo periodo di emozione procurerà realmente qualche sollievo. Nel tempo del lutto grave non si frequenta affatto la società: non si 'interviene a balli, nè a ricevimenti, nè a ritrovi. Ai teatri e ai concerti è permesso andare dopo sei mesi. Non si riceve più a giorno fisso nè si va a trovare le amiche nei giorni di ricevimento. È bene astenersi dal farsi vedere nei luoghi e nelle ore delle passeggiate eleganti. Se anche il lutto non fu molto doloroso, non si dovrà mai dimostrare troppa premura nel riprendere le abitudini e la vita di società. Ad ogni modo si riprendano gradatamente.

Pagina 463

Si dà anche il caso, penoso, ma abbastanza frequente, che una donna prediliga i figli del secondo marito a detrimento di quelli del primo. Avviene sopratutto allorchè non ha amato d' amore il defunto ma si è data con passione all' altro. E questo caso fa anche più pena, perchè sono tutti frutti delle sue viscere, anzi il bimbo che il destino privò del padre, dovrebbe essere compensato dalla sua tenerezza. Insomma è sempre difficile per una donna rimaritata usare con tutti i figliuoli la medesima misura di affetto e d'indulgenza, segnatamente quando passa poca differenza d'età fra essi. Se la differenza è sensibile, la giustizia è più facile, anche perchè molte volte i grandi prendono ad amare e a proteggere spontaneamente i piccini. E allora l'intesa è bella e gentile fra tutta la famiglia. Ma vi sono poi bambini sdegnosi, bambini gelosi e ultrasensibili che non sanno perdonare alla loro madre di aver ammesso un altro uomo, che per loro è un estraneo, nell' intimità della casa : temono ch' egli rubi ad essi la tenerezza materna, intuiscono la parte che ha nell'anima di lei, vedono in lui un usurpatore del posto del padre morto, ch'essi forse rammentano e rimpiangono ancora. Con queste complicate nature infantili, conviene usare una delicatezza, una bontà infinita. Guai a urtarle! a imporre ad essi un sentimento, una deferenza che non vogliono o non possono sentire! La donna dovrà solamente raddoppiare di cure, di espansioni con loro, per dimostrare che hanno sempre il primo posto nel suo cuore; dovrà coi discorsi, con le memorie, con opportuni richiami, convincerli che il pensiero del povero estinto non si è cancellato ma è divenuto per lei e per loro una vera religione : dovrà con molto tatto dare alle piccole anime l'impressione che il loro nuovo padre è per essi un protettore, una guida, e li ama e li vuol felici. Farà poi di tutto perchè si affiatino con lui: ed ella che conosce i suoi bambini, suggerirà al marito i mezzi più efficaci per conquistarli. Se dalle seconde nozze le nasceranno altri figliuoli, faccia in modo che i bambini vi si affezionino, li interessi subito alla fragilità, ai bisogni, dei nuovi venuti, sviluppi in essi quel senso di protezione a cui ho alluso più sopra e che più facilmente si ottiene con un po' di attenzione dai fanciulli in cui è ancora vivo, per la loro debolezza, l' istinto della alleanza per la difesa comune. Infine, la vedova rimaritata con figliuoli, sia madre, nell' ampio, profondo e severo significato del termine e con questa parola è detto tutto. « Non è l'amante che divinizza la donna — ha scritto il Tarchetti — ma la madre. La lucé di cui rivestiamo la prima, ha dei bagliori profondi, ha degli sprazzi che inebbriano, ma è una luce della terra e svanisce: l' altra è calma e immutabile, non ha che il sereno dell'azzurro, ma è luce di cielo e perdura. »

Pagina 481

Ma, specie nei quartieri delle grandi città, non è facile possedere questo ambiente prezioso ; però una tinozza si può sempre procurarsela, e col soccorso di qualche metro di tela impermeabile e d' un paravento ci si può creare un gabinetto da bagno in qualunque angolo, ed abbastanza pratico. L' importante è di dare acqua al nostro corpo, in abbondanza e con frequenza. Il bagno freddo è buono per rendere l'organismo resistente all' azione dell' atmosfera, ma non serve per la pulizia, mentre il bagno tiepido, saponoso, è eccellente sotto tutti i riguardi per la conservazione della pelle, per l' igiene e per la nettezza. All'acqua si può associare della crusca, dell'amido, del borace, o della gelatina. Il bagno di gelatina, per cui occorrono 500 gr. di glicerina neutra per bagno, si consiglia alle pelli rugose, alle carnagioni che invecchiano, a quelle che sono la sede di pluriti o che hanno tendenza alla congestione. I bagni acidi, alcalini, solforosi, dissipano le efflorescenze cutanee, le desquamazioni superficiali, ma l'uso di questi bagni deve essere strettamente subordinato alle prescrizioni mediche. I bagni di piante aromatiche, di acqua di Colonia, di tintura di benzoino, di essenza di timo, di borato di soda, sono eccellenti per combattere igienicamente le secrezioni esagerate e nauseanti della pelle. Il bagno di tiglio, poi, ha fama di essere un calmante ideale. Viene consigliato in particolare alle persone nervose ed è uno dei più piacevoli. Si impiega circa un chilogramma di tiglio che si lascia in fusione per un'ora in dieci litri di acqua bollente. Le frizioni e il massaggio debbono sempre seguire il bagno tiepido per facilitare la reazione generale. Inoltre eccitano il buon funzionamento della pelle e la normale nutrizione del tessuto cellulare. I bagni caldi, i bagni russi, bagni di vapore, l'idroterapia, l'abuso dei bagni di mare, sono piuttosto sfavorevoli alla bellezza femminile. Anticamente le dame dell'impero romano e della Grecia usavano bagni d' olio, di vino e di latte. Madame Tallien faceva, bagni di fragole e di lamponi ; qualche altra bellezza celebre s' immergeva nello Champagne : ma questi pretesi segreti di forza e di seduzione sono affatto privi d' ogni importanza scientifica che ne giustifichi il valore.

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Tutto sta, nei momenti decisivi della vita, di saper guardare in noi e fuori di noi per scorgere dove sia la salvezza ed afferrarla. « Bisogna con siderare la propria attività dal di dentro — scrive Charles Wagner ; bisogna sforzarsi di penetrare abbastanza profondo nella propria carriera, nella propria vocazione, da scernere attraverso alle forme che prima ci apparivano grigie ed opache, gli affetti di una luce che piove dalla eterna altezza ››.

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