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A tutti voi é noto — lo apprendeste fanciulli — linguaggio della Chiesa, la quale vi insegna la presenza ai vostri fianchi di due angeli, l'uno buono e l'altro cattivo, che vi accompagnano nella via e quasi si disputano ad ogni momento l'attenzione e la volontà vostra. Questo poetico linguaggio non simboleggia soltanto i vostri rapporti misteriosi con gli abitatori di un mondo invisibile, diviso più nettamente che il nostro fra coloro che sono nella luce e coloro che sono nelle tenebre; esso è anche pieno di profonda verità psicologica: e ci rappresenta la lotta che è nella nostra coscienza fra opposte direzioni e quasi fra due diverse anime, l'una delle quali tende a purificarsi e salire, l'altra ad immergersi sempre più nella materia: né l'una delle due è mai vinta e soppressa intieramente. Questa eredità del male, questo trovarlo insediato, per l'opera o per l'inerzia di tanti nostri predecessori, nelle più intime fibre del nostro essere, questo, che sentiamo in noi, genio cattivo il quale alberga nei profondi strati del nostro subconscio ed appare ed insorge talora a persuadere il male, ad insinuare lo scetticismo nei più puri entusiasmi, a ridere, d'un sottile riso mefistofelico, sino del bene che si sta compiendo, noi sappiamo che discende dalle oscure origini della preistoria umana introdottasi insidiosamente a turbare i piani d'un divino volere che chiamava l'uomo alla gloria della vita piena; mentre il bene, la liberazione, il possesso intiero della nostra anima nella verità e nell'amore ci appariscono proiettati quasi nella fine dei tempi, come il regno di Dio che deve venire, come il trionfo finale del Cristo, come il paradiso. E la vita morale ci si converte allora in una assidua milizia. Questa molteplicità e quasi disintegrazione della coscienza, l'impossibilità di introdurre negli stati di essa e nelle voci interiori l'armonia e la calma nella quali sembrano essere riposte le nostre pure gioie spirituali, questo cercare faticosamente in noi, come lo scultore nel blocco di marmo, la forma pura e perfetta che ci arride alla coscienza e che ci sembra dover essere come il fiore unico e bellissimo della nostra vita, è la sorte e la vocazione della coscienza interiore; la ricerca affannosa sarebbe certamente rimasta sempre un vano conato, se l'anima in essa non si aggirasse che nel campo vuoto delle sue illusioni, e non prendesse invece contatto, seguendo le voci del bene, con una realtà profonda, misteriosa, divina, con un volere supremo e possente il quale le comunica la forza di cercarsi e di trovarsi cercando Lui e trovando Lui. La dottrina, la ricerca, la conquista di tale realtà e di tale volere è la missione divina e perenne del cristianesimo.
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Ad esse dà pace e gioia il senso di unità di luminosità di benessere spirituale che empie la loro coscienza; e se talora sentono sorgere dal fondo di questa tendenze o affetti ripugnanti a quella pace serena e al dominio del volere, e se questi li inducono ad atti che il volere disapprova, il dolore, la vergogna, il pentimento accompagnano spontaneamente questa constatazione della presenza d'un angolo della propria vita spirituale, inosservato prima, dove ancora il male si annida, d'una disarmonia interiore, d'un male commesso.
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