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Il vecchio le prese la mano, gliela baciò due o tre volte, versando due grosse lagrime, e l'accompagnò con lo sguardo fino all'uscio: poi lasciò ricadere il capo sul cuscino con un atto di profondo abbandono, come se non dovesse rialzarlo mai più. La ragazza risalì con la zia sopra coperta, e s'avvicinò alla sua famiglia di contadini, rincantucciata nel posto solito, fra la stia dei tacchini e la botte, come una nidiata d'uccelli. Ma avevan già dato a quel guscio di noce una cert'aria di casa, appendendo alla botte uno specchietto rotondo, e tendendo in alto un asciugamani che li riparava dal sole. La testa d'uno dei gemelli, seduto sul tavolato, serviva d'appoggiatoio alle mani del contadino, e la zucca dell'altro stava curva sotto un resto di pettine fitto, maneggiato dalla mamma, più rotondeggiante che mai; mentre la ragazzina lavava un fazzoletto dentro a un tegamino, posto sopra una valigia scorticata, che faceva da tavolo da lavoro. All'avvicinarsi della signorina, il padre s'alzò, levandosi la pipa di bocca, e tutte e sei le facce sorrisero. Intesi qualche parola, passando. - Sempre ben? - Come Dio vol, - rispose il contadino. - Ma la ga paura che ghe suçeda prima de arivar. E allora la donna, col viso inquieto: - Credela ela, paronçina, che i ghe farà pagar anca a lù el quarto de posto? La domanda doveva essere molto comica perchè per la prima volta vidi la ragazza sorridere. Ma fu come un lampo. Fece cenno di no col capo, - che non credeva, - e si levò di tasca un fazzoletto da collo di lana rossa, che mise in mano alla bimba, dicendo: - Ciapa, vissare, ti to io metterà sto inverno.... quando mi....
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E sanno che cosa sia assistere negli ultimi momenti una creatura che lascia la terra portandosi seco la parte più vitale di not stessi; sanno che ore di strazio sieno quelle che seguono la morte di chi ci lascia in un disperato senso di abbandono e di solitudine. Quando, con pietà e tenerezze di pianto, la cara salma è vestita dell'ultimo abbigliamento terreno e si è trasformata la camera in cappella ardente, ci invade un dolore violento e muto insieme con un'opprimente stanchezza morale e fisica. Si vorrebbe essere soli, al tu per tu con il proprio cuore; si vorrebbe essere soli a rendere l'ultimo tributo di dolore al taro perduto; si soffre crudamente, acerbamente e si desidera di persistere nel dolore, che è un omaggio al morto. Ogni sentimento, ogni pensiero che sia estraneo a lui che ci ha detto addio per sempre, ci pare una profanazione, quasi un insulto allo stato dell'animo nostro. Che cosa è il mondo per noi in quel momento? che cosa sono i doveri, le convenienze sociali ?... Ci pub essere ancora qualche cosa che ci preoccupi, che ci interessi Ed è con ripugnanza penosa che ci si adatta ai costumi e alle convenienze esteriori.
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Tenete con naturale abbandono le braccia senza buttarle alla peggio a destra e a sinistra, e senza, muoverle a scatti. Affinchè il contegno sia irreprensibile, ogni attitudine deve apparir naturale, ogni positura senza studio, ogni moto senza ruvidezza. Il fare onesto e disinvolto, preso fino dalla tenera età, è il più sicuro preservativo da qualsivoglia affettazione. Molte altre avvertenze vi sarebbero da dare su questo proposito: ma volendo, per quanto sarà possibile, sfuggire le ripetizioni, le lasceremo pel capitolo sul Modo di conversare. Dobbiamo: Atteggiare la persona a decenza e modestia; tenere il capo diritto e mostrar la faccia serena; usar passo naturale; aver le braccia sciolte, ma senza dondolarle o buttarle a destra e a sinistra. Non dobbiamo: Fare il cipiglio; guardar fisse le persone per molto tempo; mostrare inquietudine; correre or qua or là; stuzzicare tutto ciò che viene alle mani; andare per le strade con passo frettoloso.
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La moda, il sappiamo, è incostante o capricciosa; una novità che oggi ottiene grande incontro cade tra un mese in spregevole abbandono. Non siate mai la prima a seguirla nè ultima a lasciarla, dice un vecchio proverbio; ed è opportuno aggiungere, non vi curate d'inventarla, chè sarebbe meschinissima vanagloria. Prima anche d'adottare una moda qualunque, aspettate che sia tanto divulgata da non esporvi ad essere mostrata a dito. Che niuno abbia a dire vedendovi: Ecco un vestito, ecco un cappello nuovo foggiati sopra una moda che non s'era ancor vista. Vedasi spiccare il buon gusto nel vostro abbigliamento, ma senza ombra d'affettazione; ogni specie d'esagerazione può farci soggiacere al ridicolo. Oggimai la ricchezza delle vesti non è più distintivo dei diversi ordini di cittadini; il lusso è arrivato a tal punto da agguagliare condizione ed età; e il servire di tutto punto alla moda non basterà, a prima vista, per far conoscere se appartenete o no alla società più educata: sicchè soltanto la semplicità elegante, la lindura delle vesti e il modo di portarle con decorosa disinvoltura potranno conciliarvi favorevole opinione. Nemmeno è cosa conveniente attenersi sempre al taglio e alla foggia di vesti ormai da tutti poste in disuso, chè sarebbe volersi rendere singolare per altro verso; e, in ambedue i casi andare incontro al ridicolo. Queste avvertenze hanno assai maggiore importanza di quello che per lo più le fanciulle non credano; perciò è necessario dar loro per tempo a conoscere come la ricercatezza del vestiario e il tener dietro a tutte le bizzarrie della moda non aggiunga loro alcun pregio, ed anzi le faccia apparire vanerelle agli occhi delle persone di buon senso. Se può mai essere lecita l'ambizione di distinguersi fra le altre, abbiano soltanto quella del sapere, dell'intelletto ornato e delle buone maniere. Ma anche in ciò vuolsi moderazione grandissima, che è quanto dire, modestia, indizio certo del vero merito. Dobbiamo: Prima di seguire una nuova moda aspettare che sia generalmente accellata; vestirci con gusto, ma con semplicità e senza alcuna affettazione. Non dobbiamo: Essere le prime a seguire una moda nè le ultime a lasciarla; nè curarci d'inventarla.
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La ruvidezza, il fare astioso di certi ministri della religione, quell'aria di diffidenza che procede dal sapersi non simpatici a coloro che, a ragione o a torto, li ritengono in conto di nemici dell'umano progresso e delle liberali istituzioni, quel malumore che si suppone derivare dal forzato abbandono di antichi privilegi, di agi, di ricchezze a cui si erano da lungo tempo avvezzi; quel disprezzo che taluni addimostrano per tutto ciò che si riferisce ai più teneri e soavi sentimenti del cuore, non si potrebbero in essi scusare col dire che trovandosi per lo più i loro materiali interessi in urto colle esigenze dell'attuale civlità, questa debba essere da loro reputata quale nemica, per cui sia lecito ad essi il recarle offesa colla loro inurbana condotta. Ciò sarebbe un far grave torto a quella riputazione di distacco dei loro cuori dai beni terrestri, di quella personale abnegazione che dev'essere prerogativa del loro ministero; come sarebbe un far grave torto alla loro sensibilità, a cui non è a credersi abbiano rinunciato vestendo le divise sacerdotali, il supporre che possano rimanere indifferenti ai dolori dei loro fratelli; come mostrerebbero di dimenticare, abbandonandosi alle antipatie e alle vendette contro gli antagonisti del secolo, cito i ministri di un Dio schernito e crocifisso debbono, quand'anche scherniti e crocifissi anch'essi ingiustamente da dispotiche leggi, saper, come Cristo, e soffrire e perdonare.
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Inabili forse ai pubblici affari perchè natura le volle aliene dalle ire e dai tumulti, poche le pareggiano nelle cure domestiche, nessuno nella soave bontà, nel pietoso e mesto abbandono del cuore». Si, la natura stessa della donna, i suoi placidi istinti la chiamano a starsene modestamente nel santuario della famiglia; figlia, essa ci allegra il domestico focolare col suo verginale sorriso: moglie, a sostegno e conforto alle fatiche, ai dolori dell'uomo che la scelse a compagna della vita: madre ella ha diritto alla nostra adorazione. Allontanatela da questo centro di soavi sentimenti, di tranquilli affetti: essa non è più, ordinariamente, fuorché un elemento aggiunto all'agitazione sociale: essa perde tutto il suo prestigio di domestica regina: essa non è più l'angelo consolatore, la tenera custode del marito, del padre, del fratello, dei figli. Ogni altro compito che non sia quello di allevare la prole, di accudire alle pacifiche incombenze della famiglia non la troverà più atta ad esercitare quella serena e benefica influenza che abbisogna, per imporsi, della quiete della vita privata: quella influenza a cui ci ribelliamo ogni qualvolta la donna si sottrae all'adempimento della missione assegnata dalla Provvidenza alla sua modesta e sensibile natura.
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Dico il vero: io non mi sento di approvare quel fuggi fuggi che ha luogo per l'ordinario dalla casa in cui ha cessato di vivere uno stretto parente, un tenero amico, quel repentino abbandono a mani straniere della salma del padre, quel disertare vergognoso dalla stanza in cui giace la nostra morta sposa, il nostro figliuolo morto mi sa di crudele; né so compatire un atto di viltà che cerca la sua scusa in un intenso dolore, né saprei ammettere un atto di debolezza che è in aperto contrasto colle ragioni dell'affetto. Una volta — ed erano tempi di barbarie — si adoprava alquanto più umanamente e civilmente in queste dolorose circostanze. I corpi venivano accompagnati alla loro ultima dimora dai congiunti e dagli aderenti della famiglia; e là, dopo aver pregato sulla fossa, il più prossimo parente aspergeva d'acqua la terra che ne copriva l'esamine spoglia; e dopo di esso, tutti gli altri ripetevano quel rito pietoso; indi, prima di partirsene, andavano visitando le tombe dei loro cari, padri, madri, vedove, fratelli ed amici. E queste usanze durano tuttavia in molti paesi della Germania e della Svizzera. Anche in Francia non si usa licenziare immediatamente i corpi a mani mercenarie; essi vengono portati sul limitare della porta ed i passeggieri ne spruzzano il feretro con un mazzettino posto a' loro lati; poi i congiunti vestiti a lutto si associano al corteo e accompagnano la salma fino al cimitero. I Francesi, pei loro morti, si mostrano più teneri e gentili di noi. Quando vedo le sepolture dei Protestanti, degli Israeliti e assisto a quel lungo sfilare di carrozze e di pedoni dietro il funebre carro dei loro congiunti, e paragono questa pietosa e civile consuetudine all'isolamento in cui i parenti cattolici lasciano i loro poveri defunti, credendo di sdebitarsi abbastanza dei loro pii doveri col pagare a contanti il corteo di sacerdoti e di donne, che precedono, indifferenti, il feretro del loro amato congiunto, davvero mi sento stringere il cuore e mi sento il rossore salire al viso pensando a quella fede che noi andiamo superbamente vantando, senza accompagnarla con quella carità che sola è capace di vivificarla. No, non lasciate la casa allorché un de'vostri muore; non lasciate ad altri il compito di comporne le reliquie; il coraggio che voi spiegherete in tale circostanza, coraggio che il vostro affetto dovrebbe essere sufficiente ad ispirarvi, vi risparmierà in parte lo strazio che vi attende al rientrare dopo alcuni giorni in quella stanza deserta; né sentirete al cuore quello schianto che voi dovreste provare dando uno sguardo a quel vuoto letto; né vi stringerà il rimorso di aver vigliaccamente abbandonato colui al quale era debito vostro sacrosanto, prima che lasciasse per sempre la vostra casa, porgere l'estremo saluto.
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Chi lavora di cervello, non deve lasciare in assoluto abbandono le braccia e le gambe; chi lavora con le mani, deve nutrire con una sana e giojosa lettura anche il cervello.
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Sono quelle che maltrattano i loro figliuoletti, che ne amano uno a preferenza dell' altro, che li spingono sulla via del male col cattivo esempio, con la trascuratezza assoluta, con l' abbandono vile per fuggire verso il piacere egoistico: per posporli a qualche passione bassa e malsana. Sono le madri dal cuore arido e dalla testa leggera, capaci di ricevere gli adoratori e civettare con essi mentre il loro bambino ammalato desidera inutilmente le loro cure: sono le madri egoiste che si procurano tutte le raffinatezze e lasciano mancare i bimbi del necessario; sono le madri corrotte che macchiano le piccole anime candide con l' immoralità della parola e del contegno : che insegnano ai fanciulli a mentire, a spiare, a essere delatori e adulatori; che li sgridano solo quando macchiano il vestito, e li accarezzano quando l' amante le guarda, come l' Aspasia seduttrice del Leopardi. Non dite che esagero : tutte ne abbiamo conosciute di queste madri colpevoli che profanano la loro missione! Tutte abbiamo provato santi impulsi di sdegno assistendo a scene d' infanzia torturata dalla malvagità, dal vizio, dalla squilibrio morale. E abbiamo udito talvolta con strazio profondo, con vergogna indicibile del nostro sesso, i piccoli martiri stessi ergersi a giudici, narrare storie di vergogna, esprimere propositi truci per quando il loro fisico ne permettesse il compimento, augurarsi la morte per sfuggire all' ingiustizia, alla crudeltà! Oh stringiamoci ai nostri bambini e preghiamo! Preghiamo Dio che non conceda la fecondità a certi seni: che non s' oda più chiamare col sacro nome di madre chi non meriterebbe nemmeno di far parte dell' umanità!
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Ha avuto altre amanti prima di lei, lo seppe dalle sue labbra in un momento d' abbandono o da qualche amica inconsapevole, da qualche confidente fedele. Sa chi sono quelle donne e non ha più pace. La loro società è la stessa, s' incontrano, la gelosia la tortura con le sue acute lame crudeli. Talvolta le sembra di vedere negli occhi dell' amante un rimpianto, di sentire in qualche parola una rievocazione triste : crede di cogliere un sorriso, uno sguardo d' intesa e allora gli tiene il broncio, gli fa delle recriminazioni, gli mostra sdegno, lo offende. Alcune volte l' amante è ammogliato... giacchè la passione che l' infiammava non ha trovato dighe capaci di arrestarne il corso turbinoso; e soffre delle attenzioni ch'egli dice esser costretto ad usare a sua moglie — buona e amorosa — alla madre dei suoi figli. L' intrusa sente la superiorità della posizione dell' altra, sente che in fondo costei è la rivale più temibile: e con mille arti spesso malvagie, si studia di demolirla, di abbassarne il concetto agli occhi dell' uomo che vorrebbe tutto per sè. E passa notti insonni, travagliata dal pensiero di quella donna che gli riposa accanto forte dei suoi diritti, e che potrebbe riprenderglielo completamente, un giorno o l' altro, e per sempre. Poi ha le rivali del futuro, oggi quell' uomo è suo, è soggiogato da lei, ma domani ? Ella non è più molto giovine, e la passione e le lotte vanno lasciando le loro orme sul suo viso. Egli invece, come uomo è nel pieno rigoglio della vita. E la sua eleganza, i suoi modi insinuanti, il suo ingegno dispongono favorevolmente per lui i cuori femminili. Vi sono delle signore giovani e belle, più di lei, più ricche e quindi più eleganti di lei... egli le ammira, ne desidera forse qualcuna... qualcuna che domani conquisterà, come ha conquistato lei. Oppure se è scapolo, prenderà moglie. Verrà una giovinetta graziosa, fresca, pura, ed egli la coglierà come un fiore, e lei che non ha potuto dargli la verginità del suo corpo come gli ha dato le primizie della passione, lei sarà disdegnata, abbandonata, riguardata con disgusto, con disprezzo...
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È la partenza della creatura amata, è il suo abbandono, è la sua dedizione a un'altra creatura. E bisogna saper tacere, sapersi separare senza disperazioni, fingere degli auguri, se è un matrimonio che si celebra, e continuare a frequentare tutti i luoghi dove si trovava lui che ora non c'è più, essere liete e sorridenti e gentili con tutti, mentre il cuore geme e l'anima naufraga: comportarsi come se nulla di grave, d'irrimediabile ci avesse colpite; come se per noi non si fosse spento il sole...
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E se le figliuole abbandonate a sè stesse crescono infingarde e civettuole, o peggio abusano dell' abbandono ; se i fanciulli annoiati dalle lunghe permanenze in chiesa, pigliano più tardi la religione in uggia e acquistano un falso concetto della preghiera, di chi la colpa ? Della madre loro... Altre donne si servono della religione come di un manto destinato a coprire le peggiori brutture. Seminano la discordia, opprimono i deboli, impongono il loro egoismo, soddisfano i più bassi istinti della loro natura, passano di scandalo in scandalo non curandosi dei cattivi esempi che dànno nella intimità, ma poi, per proteggere la loro fama, vanno ad inginocchiarsi ad ogni altare, appendono voti, fanno parte di tutti i Comitati di beneficenza, trascinando religione e fede nel fango dell' ipocrisia.
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Innanzi tutto vengono gli affetti teneri, sinceri, devoti, delle persone care che restano, a cui ci si può dedicare con abbandono, in modo da colmare più che sia possibile il vuoto dell'anima. Poi è la soddisfazione, se l'avremo meritata, della deferenza, della stima, della simpatia altrui; della pietà che la nostra posizione desta, dei buoni aiuti spontaneamente offerti : delle attenzioni e delle premure che gli amici veri, quelli che troviamo sempre presso di noi nei cattivi giorni, ci prodigano. Indi l'arte, questa divina, questa immancabile consolatrice, che agli afflitti apre le porte d'oro del suo tempio ideale e quando non li fa creatori, li fa interpreti, li fa estimatori della bellezza vera. Dopo un dolore l'anima è assai più sensibile, assai più vibrante e più atta ad accogliere le impressioni del genio tanto più che il dolore è uno dei maggiori elementi d'arte, e gran numero di capolavori furono composti tra qualche fiera tempesta morale. Allora la passione della musica, la espressione dei volti umani o del paesaggio nella tela, i singhiozzi o il lamento della poesia, gli spasimi delle sculture s'immedesimano con la nostra sofferenza, la sollevano, la trasformano, la idealizzano, e le lagrime che cadono dagli occhi nostri non sono più così disperate, bensì ci arrecano un vago sollievo. Se poi la sorte concesse l' ingegno capace di dar apparenza visibile ai propri sentimenti e alle proprie visioni, che grande, che alto conforto passar tutti nell' opera nostra — sia pur tenue — infondere la nostra anima nelle forme e nelle espressioni, assentarci dalla vita vera, che fu amarezza e delusione, per vivere nel mondo superiore dell' ideale e del sogno ! Allora, tutto quanto piangemmo perduto, può ricomporsi sotto la nostra volontà, al nostro soffio animatore : tutto quanto desiderammo invano e perseguimmo, inafferrabile, può essere afferrato e fissato per sempre nella fioritura del nostro spirito che durerà oltre la vita.... E il lavoro ci darà le sue grandi e severe gioie, ci concederà la pace, il riposo, l' appagamento della coscienza : beni che talvolta anche la più luminosa felicità nega. Infine l'esercizio della filantropia nella misura della propria possibilità e nel cerchio della propria sfera è consolazione efficace, nobile, ricca di nuove forze ritempratrici. Tante volte la sofferenza fu così aspra e continuata che la sola possibilità di gustare la quiete costituisce una consolazione. « La malinconia è una gioia del dolore » scrive Paolo Mantegazza giustamente.
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L'Anemone, il leggiadro fiore che piega, significar Abbandono di sè medesimo. L'Aquilegia, che ha la forma d' un campanellino e ricorda il carnevale, significa: Follia. L'Arancio, il puro fiore delle spose : Verginità. L'Astero o margherita chinese, indica : Eleganza senza sfarzo. — L'Azalea: Tutto per l'amicizia. L'Altea, il grande fiore ingenuo, vuol dire : Dolcezza. La Palla di neve significa : Seduzione; il Botton d' oro : Ricchezza ingannevole; la Begonia : Amor supplicante. Il Basilico che adorna le povere stanze indica infatti : Modestia povera. Il Biancospino, l' araldo della primavera, dice: Dolce speranza; la rossa Bocca di Leone: Ferocia, e la bianca: Superbia. La Camelia non esprime, come si crede, aridità, ma Costanza negli affetti. Se è striata : Bizzarria, se è rossa : Ardore, se rosa: Giocondità. La Campanula significa: Desiderio di vedere il proprio bene; il Caprifoglio: Vincolo d'amore; il Ciclamo, il mio fiore prediletto, dice una cosa per me vera, dice: Solitudine.... Il Crisantemo esprime: Lagrime, e la Cicuta: Perfidia. Il Colchico così dolce nei prati in autunno ha una parola crudele: Impostura. Il volubile Convolvolo indica : Civetteria, e la Bella di notte: Allegria breve. La candida ed odorosa Cardenia significa : Bellezza e candore. La Dalia bianca: Sterilità, la rossa: Abbondanza; l' Edera, ognuno lo sa: Attaccamento eterno. L' Elianto o girasole : Adulazione; l' Eliotropio : Abbandono, infatti il suo profumo è lieve come un sospiro. L' Erica significa : Sciocchezza; il Fioraliso: Vera amicizia; la fucsia rossa: Cordialità; la bianca : Tenerezza; la Gaggia bionda come la testina d'un bimbo esprime: Ingenuità. Ecco i Garofani, i forti e bei figliuoli d'estate; il roseo significa Amor delicato, il bianco : Amor puro, il rosso: Amor vivo, il garofano screziato: Poesia, il garofano cupo: Amor concentrato, il giallo: Amor bizzarro. Il Gelsomino indica : Gentilezza; il Geranio sanguigno: Presunzione, il Geranio screziato : Orgoglio, il Geranio edera : Troppo sentir di sé. Il Giacinto semplice significa: Umanità; doppio: Gelosia. Il Giglio, è noto: Castità; la Ginestra: Amor della famiglia; la Giunchiglia : Lunguore; il Gladiolo : Spontaneità; l' Iris fiorentina : Sensibilità; il fior di lino : Vittoria, e il fior di lavanda: Silenzio. L' Oleandro rosso esprime; Antipatia, bianco: Insofferenza; il Lilla, dal soave odore dice : Prime agitazioni d'amore. Il Luppolo : Antipatia; la Miosotide: Ricordati di me; la Maggiorana: Consolazione; la Magnolia: Bellezza superba; la Malvarosa: Fecondità; il Mandorlo che apre spesso troppo presto le sue fragili corolle: Mente stordita. La Margherita di giardino dice: Giovinezza, e quella dei prati : Bontà. Il fior di Melograno indica : Il burbero benefico; la Menta: Saggezza; il Mirto : Amore; il Mughetto : Ritorno al bene; il Narciso : Vendetta d'amore; il Nasturzio : Fiamma d'amore; la Ninfea: Sterilità. L'Ortensia rosa significa: Freddezza, l'Orchidea comune: Ingegno; l'Orchidea macchiata : Intelligenza superiore; il Papavero : Scempiaggine; il fior di passione, o Passiflora : Tortura dell'anima. La Peonia indica: Vergogna; la Pervinca: Amicizia durevole; la Primula: Adolescenza; il Ranuncolo: Malinconia; il Reseda : Inesperienza. Eccoci alla regina dei fiori, alla rosa. Muschiata dice : Amor capriccioso; gialla o the : Amor ingrato; incarnata : Bellezza senza orgoglio; rossa: Amore ardente; selvatica: Piacere. Il ranuncolo esprime: Poca sincerità; la Scabbiosa o Vedovella: Abbandono; la sensitiva: Pudore; la tuberosa: Ebbrezza voluttuosa; il Tulipano: Amore violento; la Verbena significa : Sincerità d'affetto; la Veronica: Compatimento; la Viola del Pensiero: Pensate a me; la Violaciocca, se bianca: Cuore instabile; se rossa: Volubilità; se gialla: Poca fermezza d'affetti, una variazione della stessa triste cosa. La Viola mammola, come tutti sanno, indica : Modestia; doppia : Bellezza modesta; bianca: Candore; la Zinia dice la cosa più crudele a chi ama : Lontananza.
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Sul sedile, del vagone, nella via popolosa, o sulla terrazza solitaria, la sposina si stringe al suo compagno con un gran desiderio di protezione, di tenerezza, d' abbandono. Come un uccelletto fuori dal nido, quella prima sera che la trova fuori dalla casa paterna, sola con un uomo, le dà un senso segreto d' isolamento, di malinconia. Pensa che a quell' ora la mamma, il babbo, le sue sorelle si riuniscono intorno alla mensa, sotto alla lampada : indovina le loro tristezze per il suo posto vuoto e una lagrima è lì per caderle dagli occhi. Ma lo sposo che le ha letto nell'anima, preme con passione alle labbra la piccola mano che tiene da molto tempo prigioniera o, se son soli, la stringe tutta al cuore e le dice alcuna di quelle parole che sono per la donna amante e amata, il filtro magico d' Isotta e Tristano, che dà l'oblio di tutto e fa beati nell'ardore.
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È terribile pensare che si avrebbero avuti tutti gli elementi della felicità e si disconobbero, si lasciarono in abbandono, si dispersero per seguire ingannevoli fantasmi lusingatori. Il rimorso s' aggiunge al dolore e il pentimento troppo tardivo lo fa più acerbo. È questa l' angoscia che punge il giovine Dante quando nella sua visione ultramondana, alla sponda del fiumicello nel Purgatorio ode la rampogna di Beatrice che lo accusa d'aver vôlto i passi
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Sono queste le mamme che lasciano in abbandono i figli propri per dedicarsi con ardore a qualche beneficenza : le mogli che trascurano la loro casa e lo sposo, per correre a sgonnellare ad ogni congresso e far pompa d'idee umanitarie : le signorine candidate alla gloria che per aver pubblicato un libro di versi si credono emancipate da ogni dovere figliale, da ogni occupazione domestica, e non sognano che la celebrità : Sono spostate morali più dannose che utili, mentre se rimanessero nella loro cerchia potrebbero realmente beneficare. — Dice ancora la nostra buona consigliera, Maria Pezzé Pascolato: « Non soltanto servono alla vita coloro i quali compiono un atto luminoso di eroismo o un' opera di palese utilità generale. Ma ben anco tutti gli umili — ignoti talvolta persino a sè stessi — che si piegano senza lamento e senza viltà al còmpito quotidiano ch' è loro toccato in sorte ; tutti i piccoli che in ogni giorno, in ogni ora della oscura esistenza fanno del loro meglio semplicemente e coraggiosamente. »
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Iddio, la mamma, consentono e benedicono il suo incondizionato abbandono, e la prima visione della maternità già le appare in un visetto roseo contornato da capelli d'oro e consola l'addio alla sua innocenza di fanciulla.
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Il marito si avvede dell' inganno e la giovine sposa non potendo resistere alla vergogna e al dolore dell' abbandono di lui si uccide.... Ora, non tutti questi matrimoni, chiamiamoli così : di frode, hanno queste tragiche conseguenze, ma tutti, certo, portano un terrore, un rimorso, un disprezzo, che possono disgregare dal primo istante un' unione che deve essere indissolubile. In tutti questi casi — sia infermità, sia imperfezione, sia colpa — è indiscutibile il dovere strettissimo di parlare. Ci si confidi a un medico, ci si confidi ad una madre, si impieghino i mezzi più delicati, ma non si vada all' altare con queste nascoste vergogne ; non si giuri la fede col tradimento nel cuore. L' amore, quando è vero, è infinitamente misericordioso, saprà compatire.... transigere.... perdonare.... e l' atto di lealtà e di umiltà dell' altro potrà, forse, avvincere di più: mentre un amore offeso, deluso, tradito, per grande che sia, o appunto per questo, può mutarsi improvvisamente in un gran braciere d' odio.
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Quanto all'espressione del sonno, si accorse che ogni tanto, muovendo il corpo o la testa, Amilah perdeva nei lineamenti il totale abbandono, e gli permetteva di cogliere e segnare nella sua memoria l'immagine di un volto desto e mobile, simile certo a quello che aveva da sveglia. Il suo modello, d'altra parte, era mobile, e non lo si poteva in alcun modo far restare a lungo nella stessa posizione: Gentile accettò da subito di essere paziente, e aspettare ogni volta che la bella tornasse in una utile angolatura o spostare il cavalletto in un diverso punto di vista. Quelle erano certo condizioni di lavoro che mai aveva affrontato, né mai avrebbe immaginato di affrontare: ma da quando era giunto a Costantinopoli, gli sembrava, tutto aveva un carattere straordinario, irreale. Gentile viveva quei momenti, persino quelle praticissime progettazioni, come parti di un sogno continuo, di una stordita eccitante avventura. Quando, dopo tre ore, ebbe un'idea abbastanza precisa di come avrebbe proceduto nel suo lavoro notturno, con gli occhi oppressi, ma non sazi, della bellezza di Amilah, ininterrottamente guardata, il pittore si alzò, raccolse la cassetta che non aveva nemmeno aperto, ed entrò nel boschetto di palme. Senza nessun cenno di obiezione o sorpresa, l'uomo vestito di nero lo segui per la porticina, che richiuse, e poi lungo il corridoio illuminato dalle lampade a boccia, e quelli, oltre la seconda porta segreta, tutti silenziosi. Nell'ampio letto, fra i cuscini dai colori solari, la bellissima ignara avverti tuttavia nel sonno una specie di leggerezza, un togliersi di qualcosa, un vago sgravamento: sospirando lentamente si voltò, mutò posizione, e forse sogno.
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Benito Mussolini provvide ad assistere anche gli Italiani che vivono all' estero, che sono parecchi milioni, e che i Governi precedenti avevano sempre lasciato nel peggiore abbandono. Dovunque nel mondo si trovano Italiani, egli si occupa del loro benessere, e li aiuta a mandare ogni anno i propri figli in Italia, perchè dalla visione delle sue bellezze e della sua forza traggano fermo proposito di conservarsi buoni italiani. L'opera di Benito Mussolini fa rispettare e stimare l'Italia da tutte le nazioni del mondo, e molte di esse vollero stringere con noi trattati di commercio e di amicizia. L'Italia, cento anni fa divisa e schiava, è oggi una delle maggiori potenze del mondo, al quale presenta un mirabile spettacolo di disciplina, di lavoro e di fede. Gli eroi ed i martiri del Risorgimento, della grande guerra, della Rivoluzione Fascista hanno fatto la Patria libera, unita, prospera e forte. Spetta ora a voi crescere sani di mente e di corpo per continuarne l'opera, in modo che l'Italia sia, ancora una volta, splendido faro di civiltà; pronti, come i vostri padri ed i vostri avi, se la Patria chiamasse, a balzare alle armi, ed a cadere serenamente, se la sua salvezza e la sua grandezza esigesse da voi il sacrificio supremo.
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Senza avere ancora messo piede in una grande città, i due fanciulli non sono più nè ignoranti nè selvatici come erano un giorno, quando ancora non s'erano tolti alla vita di abbandono e di solitudine, nella quale la miseria della famiglia, la nessuna istruzione dei genitori e le cure e le fatiche dei campi li avevano fino allora allevati. Maestro Saverio è stato per essi meglio di un babbo. L'amore che i due scolaretti gli portano, è un amor di figliuoli devoti. E benché essi non abbiano dimenticato nè il babbo nè la mamma, pure sentono per maestro Saverio una riconoscenza che, quasi quasi, nel cuor loro non ha l'eguale.
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Era troppo tenero il loro abbraccio, troppo sereno il loro riposo, troppo fiducioso il loro abbandono, troppo placido e innocente il loro respiro. Rimase lì immobile, senza risolversi a fare nulla.
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E rimase lì, in un completo abbandono di sè stessa, come morta anche lei, per giorni, settimane, mesi, anni, chi sa?
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E quel vostro abbandono era sincero!...
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Provo un gran senso di abbandono e di vuoto. Dover pensare soltanto a sè, toglie ogni incanto al lavoro. Su Krogstad, mi trovi per chi e perchè lavorare.
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Ma dopo questo breve momento di abbandono - diremo così - musicale, è mio dovere riprendermi e ritornare cameriere.
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Mi abbandono alla corrente.
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Io abbandono questa casa che ha già un'offerta di trecento settanta mila lire. La scuderia, la rimessa, il mobilio, compresi gli arazzi e la biblioteca, furono calcolati ottanta mila, e cento mila la villa di Brianza che mi era costata oltre il mezzo milione. I creditori prenderanno il settanta per cento. A me non resta nulla. So che il Lauri, che era il mio principale creditore, fu così meravigliato della mia dabbenaggine, che mi diede del cretino, testuale, in piena borsa; ed un altro, amico mio anch'esso, e creditore soddisfatto anche lui, un elegantone, parlando del lavoro ostinato di tutta la mia vita e della mia probità altrettanto ostinata, ebbe a dire che sono un mulo corto - testuale anche questo.
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Ma, appena varcato il portone, la scala mal tenuta cominciava a dare un'idea dello stato di abbandono dell'edifizio caduto in mano di parecchi creditori del duca. Non avendo potuto mettersi d'accordo per spartirselo, essi vi tenevano un amministratore unicamente per esigere i fitti dei piani, senza mai farvi le più necessarie riparazioni. A una parete esterna del bugigattolo del portone stava affissato, da anni, il cartello con la scritta: Da vendere, in grosse lettere perchè desse nell'occhio anche dei passanti. Il portiere però, che sonnecchiava colà tutta la giornata, aggobbito sur una seggiolaccia, non aveva mai visto entrare qualcuno che mostrasse curiosità di visitare il palazzo con l'intenzione di comprarlo. E così esso prendeva sempre più l'aspetto di un edificio pieno di malinconia, dove potevano rifugiarsi soltanto persone disgraziate che volevano nascondere in quegli stanzoni, sformati da tramezzi e da accoltellati, la loro modesta esistenza. Il primo piano, diviso in tre appartamenti, era occupato da un sarto scarso di clienti, e dalle famiglie di un barbiere e di un cappellaio che avevano le botteghe ai due lati del portone. Il Salone egiziano dell'uno non giustificava affatto il pomposo titolo della tabella e la dozzina di cappelli a cencio, lavati, smacchiati e messi ad asciugare al sole nelle forme, indicava a che cosa si riduceva il mestiere dell'altro. Al piano nobile, la pensione Garacci, senza tabella, senza nessun altro segno che la indicasse, teneva spalancata notte e giorno la porta dell'anticamera, per comodo dei pensionati, la maggior parte impiegati, professori, pretori, giudici di tribunale e anche Commessi viaggiatori. I tre usci, uno di faccia e due ai lati, avrebbero dovuto restare sempre chiusi in ossequio della scritta incollata accanto al cordoncino del campanello e che raccomandava quella precauzione ai pensionanti sbadati. Dovevano essercene parecchi di questi sbadati, perchè ogni volta che io andavo a trovare il mio vecchio professore di filosofia teoretica nel buco, com'egli filosoficamente lo chiamava, dove la signora Garacci lo aveva relegato, in fondo a un corridoio buio, stretto ingombro di bauli e di arnesi smessi, trovavo l'uscio socchiuso, e spesso potevo inoltrarmi fino in fondo senza incontrare la sudicia donna di servizio che avrebbe dovuto fare la pulizia della camera.
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Io non ti abbandono, se tu non mi metti colle spalle al muro. Ma te l'ho detto: voglio essere padrone di fare quel che mi pare e piace. Sinora, grazie a Dio, catena al collo non ne ho.
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E rimase lì, in un completo abbandono di sè stessa, come morta anche lei, per giorni, settimane, mesi, anni, chi sa?
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E i quarti d'ora passavano, con gran noia di Dino che avrebbe preferito un altro genere di gastigo, anche più grave, a quella solitudine e a quell' abbandono. Volevano lasciarlo lì tutta la giornata? Che fare? Come occuparsi? Un'idea gli sorse a un tratto, lusinghiera, tentatrice, che lo fece sorridere di compiacenza. — Perchè no? Si sedette a uno dei tavolini, prese la penna, la intinse e cominciò a fare gravemente tutte le firme che mancavano; se non che, invece del nome del direttore, metteva il suo, scarabocchiato alla peggio. Si fermava per osservare l'effetto che faceva quel: Il Direttore Dino Marsà e rideva con risolino malizioso, e riprendeva a firmare. Esauriti tutti i fogli di quel tavolino, passò all' altro, poi al terzo; e quando più non ebbe fogli da firmare, guardò attorno, rammentandosi che alle pareti erano affisse alcune stampe con le parole: Il Direttore, anch'esse senza la firma necessaria, e appose un DINO MARSÀ pure in calce a quelle stampe. Quando si fu accertato che non c'era altro da firmare, si stese su la poltrona, socchiudendo gli occhi, assaporando il piacere di quella nuova discoleria che gli aveva mutato in godimento inaspettato la segregazione dai compagni e la prigionia. ***
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