Nell'assicurazione della responsabilità civile l'assicuratore è obbligato a tenere indenne l'assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto. Sono esclusi i danni derivanti da fatti dolosi.
Il direttore di aeroporto quando abbia notizia di un incidente aeronautico accaduto nella sua circoscrizione, ne dà immediata comunicazione all'autorità giudiziaria e procede ad inchiesta sommaria, d'accordo, se occorra, con l'autorità di pubblica sicurezza.
In caso di perdita dell'aeromobile, alla compilazione dei processi verbali di scomparizione e alla loro trasmissione alle autorità indicate nell'articolo precedente provvede il direttore di aeroporto nella circoscrizione del quale è accaduto il sinistro, o, all'estero, l'autorità consolare.
I processi verbali anzidetti sono compilati, se il sinistro è avvenuto in acque territoriali, dal capo del circondario nella circoscrizione del quale è accaduto il sinistro medesimo, o diversamente dal comandante del porto nel quale approda la maggior parte dei naufraghi. Se nessun naufrago approda, ovvero si tratta di perdita presunta, gli atti sono compilati dal comandante del porto di iscrizione della nave.
E' quello che è accaduto all'emanazione della disciplina fiscale delle c.d. spese di rappresentanza; il legislatore ha dimenticato di indicare la nozione, orientamento questo che, in campo civilistico, è seguito normalmente, come attestano le nozioni che, per i contratti tipici, precedono le rispettive regolamentazioni. Ne derivano contese a non finire fra fisco ed imprese. Il primo è portato ad immettere fra le spese di rappresentanza anche oneri indispensabili per la gestione, come le spese di vendita, mentre le imprese tentano di fare dei distinguo. Per stabilire se una data spesa è o meno di rappresentanza, ora vi è il diritto di interpello, ma la procedura da seguire al riguardo è molto macchinosa. I comportamenti aziendali sono i più diversi. Un'importante società del comparto dei mobili ha condotto coraggiosamente una lunga battaglia per fare trionfare la tesi dell'appartenenza alle spese di gestione interamente deducibili degli oneri che vengono sostenuti in occasione della periodica "Fiera del Mobile" per accogliere ed intrattenere i clienti. Ora la Cassazione, emettendo una sentenza modello, ha aperto la strada ad una corretta demarcazione fra spese di gestione (in particolare di vendita, di pubblicità e di propaganda) e spese di rappresentanza.
E' accaduto, infatti, che solo per pochi mesi di differenza nell'apertura della successione vi sia chi ha pagato due imposte (la globale e il tributo sulla quota), chi solo il secondo e chi nulla. Di qui la necessità, tuttora rilevante, di verificare la legittimità costituzionale della c.d. "tassa sul morto".
La responsabilità della banca viene affermata evitando assolutamente di ricorrere all'istituto della nullità (come, invece, è accaduto in altri precedenti giurisprudenziali) e facendo, invece, corretto riferimento alle norme in tema di responsabilità precontrattuale.
Di fronte alla sempre maggior complessità e instabilità dei mercati, con una regolamentazione che spesso non riesce a tenere efficacemente il passo con la rapidità dei cambiamenti ed a garantire la necessaria tutela dei risparmiatori, le assicurazioni contro eventuali condanne degli operatori finanziari a seguito di azioni di responsabilità diventano uno strumento essenziale non solo per gli intermediari stessi ma anche per i clienti attori i quali, così protetti, non rischiano - come accaduto più di una volta - di ritrovarsi in ultima analisi i risparmi di una vita bruciati in una fumata nera dei mercati.
Alterare l'ordine dei giudizi sfalsa il risultato finale e fa correre il rischio di imputare al gestore di un'oasi naturale (come è accaduto nel caso di specie) eventi occasionati dall'intervento di fattori da lui né prevedibili né evitabili (morte di un visitatore a seguito della reazione allergica scatenata dalla puntura di un calabrone) pur se occasionati da condotte (quale l'omessa rimozione del nido), negligenti ma non illecite.
L'analisi del contenuto della transazione, tuttavia, è operazione ermeneutica non sempre agevole ed in molti casi è il giudice tributario, sollecitato, come è accaduto nella sentenza n. 10972 del 2009 della Corte di cassazione, da una istanza di rimborso da parte del lavoratore, a dover verificare puntualmente l'oggetto dell'accordo e stabilirne il trattamento tributario.
Come era accaduto per la decretata manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale sollevate riguardo all'azione di risarcimento dei danni subiti dal terzo trasportato dettata dall'art. 141 del Codice delle assicurazioni private, i giudici della Consulta rigettano le censure avanzate verso la procedura di risarcimento "diretto" dell'art. 149 dello stesso codice perché non è stata ricercata, dai giudici rimettenti, un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma impugnata, atta a consentirne la sopravvivenza. La conservazione nel sistema della nuova procedura, se da un lato lascia invariate le numerose questioni applicative che il suo discordante raccordo, specie con il regolamento di attuazione hanno generato, solleva dall'altro lato nuovi problemi, specie in ordine alla verifica della possibilità da parte del danneggiato - legittimato a promuovere le ordinarie azioni di responsabilità civile - di esperire anche l'azione diretta contro l'assicuratore del responsabile.
Da ciò è derivata l'ulteriore presunzione dell'intervenuta corresponsione di interessi (ed, ancora, la presunzione che ciò fosse accaduto nello stesso anno di maturazione degli stessi) e la contestata violazione dell'obbligo di operare le ritenute d'acconto ex art. 26 del d.p.r. n. 600/1973.
La Corte costituzionale rigetta la questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Biella e richiamando i propri precedenti in materia conclude sostenendo che nel vigente sistema di diritto processuale civile è da tempo acquisito il principio secondo cui, nei casi di interruzione automatica del processo, il termine per la riassunzione decorre non già dal giorno in cui l'evento interruttivo è accaduto, bensì dal giorno in cui esso è venuto a conoscenza della "parte interessata alla riassunzione medesima".
Ma è vero anche che ciò che è accaduto e accade, per precisa scelta politica, è il punire che si riduce a sorvegliare: non altro, solo sorveglianza, controllo o custodia o sicurezza o come diavolo vogliamo chiamarla. E' la definizione del carcere che non vogliamo e che non vuole la legge, ma che si è realizzato e sta strutturandosi sotto i nostri occhi.
Il primo tipo di errore, cioè dimenticarsi quanto è accaduto, è purtroppo familiare a ciascuno di noi, a un punto tale che possiamo anche simularlo. Il secondo tipo di errore, cioè ricordare fatti non accaduti o ricordarli in modo distorto, ha aspetti più curiosi: come può un ricordo che sembra tanto vivido e chiaro non esistere? I falsi ricordi includono molti disturbi che vanno dai deficit osservati nelle patologie cerebrali alle false confessioni di crimini e alle confabulazioni momentanee in soggetti senza deficit neurologici o psichiatrici. Da cosa originino gli errori della memoria, quali fattori possano influenzarli e come sia possibile identificarli è tuttora oggetto di studio. La conoscenza di questi fenomeni è di ovvia rilevanza in ambito forense.
In senso retrospettivo la responsabilità riguarda un fatto già accaduto; in senso prospettico essa riguarda una situazione futura. Di fronte ai nuovi problemi posti dallo sviluppo tecnologico l'idea tradizionale di responsabilità si trova messa in crisi: sul piano etico e filosofico si è avuta l'affermazione del "principio responsabilità" da parte di Hans Jonas. Su quello della sua imputazione giuridica, si è progressivamente affermato il principio di precauzione, il quale mira a realizzare un modello di regolazione ex ante della responsabilità distinto dai tradizionali meccanismi giuridici di responsabilità, invitando così ad una riconsiderazione della stessa nozione giuridica di responsabilità. A partire da queste premesse, delineate nella prima parte, lo studio ripercorre alcune delle più influenti ricostruzioni del concetto giuridico di responsabilità, analizzando quindi più in dettaglio alcune proposte teoriche che meglio di altre sembrano valorizzare la dimensione prospettica della responsabilità giuridica. In particolare, l'analisi della dimensione prospettica della responsabilità giuridica è condotta discutendo la nozione di "responsabilità per ruolo", elaborata da Herbert Hart, e sviluppandola in relazione ad alcune delle più recenti analisi della responsabilità in campo teorico-giuridico.
Alle lacune normative ha spesso supplito la giurisprudenza (attribuendo, per esempio, rilevanza ai canoni di leasing ai fini della determinazione del valore contabile dei beni riscattati), sebbene - in mancanza di univoche prescrizioni legislative - con conclusioni talora difformi rispetto a fattispecie analoghe, come accaduto per la questione relativa alla efficacia temporale della rendita catastale attribuita ai fabbricati strumentali per natura, attualmente all'esame delle Sezioni Unite.
In Europa e nei Paesi più sviluppati l'orientamento, come dimostrano le recenti riforme, è tendenzialmente incanalato su un doppio binario: la giustizia riparativa, da un lato, e la maggior repressione dall'altro (si pensi a quanto è recentemente accaduto in Belgio, Francia e Svizzera). Nei Paesi emergenti, di cui si riportano in questo articolo i casi di Afghanistan e Mozambico, l'orientamento delle recenti riforme è invece rivolto all'introduzione/rafforzamento della "restorative justice" ossia della "giustizia riparativa".
L'attenta analisi critica dei pronunciati delle S.U. sul delicato tema del nesso di causalità evidenza l'adesione ad una concezione giuridica dell'evento, della condotta e del nesso causale, sintesi tra quel che è accaduto e quel che sarebbe dovuto accadere. Si constata l'adesione scientifica alla teoria dell'umana dominabilità della situazione effettuale e della concreta impedibilità dell'evento. La variante è processuale: all'accertamento penale rigoroso, al di là di ogni ragionevole dubbio, si oppone l'accertamento civile probabilistico, secondo il criterio del più probabile che non.
E' accaduto da ultimo con la presentazione della riforma costituzionale della giustizia voluta dal governo Berlusconi. Anche in questo caso si è invocata l'Europa con il seguito di "vincoli" da essa imposti al legislatore italiano. A torto, ancora una volta, perchè le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dicono tutt'altro, e che la disciplina italiana vigente è analoga a (o comunque sullo stesso tenore di) quella prevista negli ordinamenti della stragrande maggioranza dei Paesi.
Lo stesso non è accaduto nello scontro fra il medesimo portale e il gruppo italiano RTI, ma in entrambi i casi si tratta solo del primo grado di giudizio.
Molto è accaduto da allora, ma senza che i riferimenti fondamentali fra le due discipline abbiano subito profonde modificazioni concettuali. Ci si limiterà pertanto ad illustrare il tema con i necessari aggiornamenti.
A differenza di quanto accaduto con la semplificazione dell'autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità, oggetto di un regolamento di delegificazione, la riforma del procedimento autorizzatorio ordinario, predisposta da una commissione del Ministero, non ha trovato la vis della iniziativa legislativa. Con il d.l. 70/2011 (convertito con l. 106/2011) sono state perciò introdotte limitate modifiche all'art. 146 del Codice, che disciplina le autorizzazioni ordinarie, che vanno: dalla trasformazione in silenzio assenso della mancata espressione, entro 90 giorni, del parere del Soprintendente (ma solo se si tratta di parere obbligatorio); all'inserimento degli enti parco tra quelli cui la Regione può delegare la funzione autorizzatoria; alla esatta definizione, come proposta, dell'atto conclusivo del procedimento in sede locale, sulla quale il Soprintendente si deve esprimere; all'affidamento al Soprintendente del procedimento ex art. 10 bis l. 241/1990, nel caso di preannuncio di parere negativo; alla eliminazione dello stand still di 30 giorni per l'efficacia delle autorizzazioni; alla sottoposizione degli interventi concernenti cave e miniere al procedimento autorizzatorio ordinario.
Sul piano applicativo comporta invece la necessità di operare la liquidazione secondo una logica differenziale, stabilendo in via ipotetica che cosa sarebbe accaduto se l'illecito non vi fosse stato. Questa logica va seguita non solo per il calcolo del lucro cessante e per quello degli utili del contraffattore, ma anche per individuare e poi per liquidare le componenti riconducibili al danno emergente, operando anche qui nella prospettiva di una ricostruzione delle condizioni di mercato in cui avrebbe potuto trovarsi il titolare dei diritti in assenza della contraffazione.
Il fenomeno dell'effetto estensivo dell'impugnazione (e della conseguente decisione), a cui la dottrina e la giurisprudenza del passato hanno dedicato particolare attenzione, sembra essere stato trascurato dal legislatore del 1988, al pari di quanto accaduto - peraltro - rispetto all'intero sistema delle impugnazioni. Il rilievo della materia - certamente non centrale, ma non per questo meno importante - è, invece, sottolineato da alcuni problemi interpretativi ed applicativi che si sono prospettati e ai quali, peraltro, la giurisprudenza di legittimità ha risposto fornendo delle soluzioni che non sempre appaiono coerenti con i dati normativi che regolano l'istituto ed in linea con il ruolo che al meccanismo andrebbe riconosciuto, tanto all'interno della più ampia disciplina dei controlli della sentenza, quanto rispetto ai diritti spettanti ai beneficiari.
La scelta, tuttavia, avviene in un quadro di generale contenimento della spesa pubblica, che impedisce, diversamente da quanto accaduto all'inizio degli anni Novanta, specifici investimenti in nuova capacità amministrativa. Per questa ragione, si è operato soprattutto nel senso di aumentare i compiti e il carico di lavoro delle autorità esistenti. Infine, dopo la riduzione del numero dei componenti dei collegi, bisogna completare la riforma con la messa a punto di alcuni meccanismi fondamentali nel funzionamento delle autorità, alla luce dell'esperienza fin qui accumulata e del mutato quadro europeo.
Talvolta però le norme legali e contrattuali di carattere procedimentale possono condurre a trasformare la forma in deteriore formalismo, com'è accaduto soprattutto per i vincoli procedimentali nei licenziamenti individuali e collettivi, in cui per formalismo s'arriva ad omettere l'esame del merito pur in presenza di vere e reali giustificazioni. L'A. riconduce il discorso ai rapporti tra forma e sostanza, che nel processo non sempre coincidono o, più realisticamente, raramente sono coincidenti. Quantomeno sarebbe necessario che le questioni formali fossero decise in limine dal Giudice.
Al contempo, gli AA. affrontano nuove problematiche in materia emerse dall'analisi della prassi operativa, cercando di offrire ipotesi di soluzione che dovrebbero essere in ogni caso guidate dalla "ratio" stessa sottesa alle operazioni di risanamento, ossia di "benevolenza" verso i soggetti, debitori e creditori, coinvolti nelle operazioni in parola, analogamente, peraltro, a quanto accaduto in materia di fiscalità "diretta".
Il che non significa che Strasburgo non possa contribuire alla tutela dei diritti sociali in Italia, come già accaduto nei confronti dei cittadini non comunitari. Ulteriori evoluzioni capaci di rendere la giurisprudenza CEDU una fonte più ricca di spunti possono giungere grazie all'aumento di sinergie tra la prassi del Comitato europeo dei diritti sociali e quella di Strasburgo, nonché grazie all'integrazione dei cataloghi tra Convenzione e Carta di Nizza, ove molti dei diritti della Carta sociale hanno trovato riconoscimento.
Qui, però, a differenza di quanto accaduto negli anni novanta, non vi è solo l'esigenza di fare cassa, ma anche, e soprattutto, quella di rafforzare gli strumenti di politica industriale. La soluzione prescelta, infatti, pone al centro dell'operazione la Cassa depositi e prestiti. che, pur essendo un soggetto privato posto al di fuori del perimetro delle pubbliche amministrazioni, rimane un'istituzione al servizio dello sviluppo del Paese.
.), afferma che in sede assembleare il notaio non è ''dominus negotii'', ma attestatore di quanto accaduto in sua presenza. A tale soggetto sul piano della responsabilità penale potrà essere addebitato il delitto di falsità ideologica in atto pubblico solo qualora non abbia fedelmente riportato quanto a lui dichiarato dal presidente sulla convocazione e costituzione dell'assemblea, ovvero qualora abbia reale conoscenza di irregolarità, che si verifichino in sua presenza e rilevabili ''ictu oculi'', o della falsità delle attestazioni del presidente, avendo il dovere di rifiutare il suo ministero in caso di risultati palesemente contrari alla veridicità.
Ciò è accaduto mentre il legislatore delegato, in attuazione delle deleghe contenute nelle legge di finanza pubblica ed in quella sul federalismo fiscale, ha costruito limpianto dellarmonizzazione basandolo, dal punto di vista dei contenuti, sui principi contabili e, dal punto di vista del metodo, sulla sperimentazione. In questo lavoro si fa emergere la fisionomia giuridica che ha assunto larmonizzazione, la sua autonoma valenza rispetto al "coordinamento della finanza pubblica", i punti di inevitabile impatto con lancora vigente ordinamento contabile delle Regioni e degli enti locali utilizzando, come filo conduttore, proprio il tema dei principi contabili e dei diversi percorsi attraverso i quali - a livello internazionale, europeo e nazionale - il loro essere norme tecniche, elaborate da organismi tecnici, si trasforma in regola giuridica.
Come già accaduto in materia di misure di prevenzione, lo svolgimento del procedimento per la riparazione per l'ingiusta detenzione in udienza camerale partecipata nel grado di merito trova oggi un ostacolo nella sentenza 10 aprile 2012 della Corte europea dei diritti dell'uomo, nel caso Lorenzetti c. Italia, che ha sancito la necessità che anche in questo procedimento sia offerta all'imputato quanto meno la possibilità di richiedere una trattazione in udienza pubblica.
Come già accaduto in materia di misure di prevenzione, lo svolgimento del procedimento per la riparazione per l'ingiusta detenzione in udienza camerale partecipata nel grado di merito trova oggi un ostacolo nella sentenza 10 aprile 2012 della Corte europea dei diritti dell'uomo, nel caso Lorenzetti c. Italia, che ha sancito la necessità che anche in questo procedimento sia offerta all'imputato quanto meno la possibilità di richiedere una trattazione in udienza pubblica.
E' accaduto: in seguito alla modifica che ha esteso il limite alla custodia cautelare relativo al pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede (art. 274, comma 1, lett. c, c.p.p.); in occasione dell'introduzione della fattispecie autonoma di furto in abitazione e furto con strappo (art. 624-bis c.p.); più recentemente, per effetto delle innovazioni relative allo spaccio di lieve entità (art. 73, comma 5, t.u. stup.[testo unico sugli stupefacenti]). Ogni volta che muta il quadro normativo processuale o sostanziale di riferimento s'impone la necessità di meglio ponderare gli effetti e le ricadute applicative sul particolare sistema processuale differenziato oggetto del d.p.r. n. 448/1988, tenendo conto delle esigenze specifiche e dei particolari obiettivi della giustizia penale minorile.
Come accaduto nel nostro ordinamento per gli Enti fieristici, nei confronti dei quali è ormai nota l'impossibilità di stabilirne a priori la riconducibilità nel novero delle amministrazioni aggiudicatrici, anche nei confronti degli ordini professionali, il giudice europeo sottolinea la necessità di un'interpretazione funzionale che prescinde da mere qualificazioni astratte. Così, mentre nel nostro ordinamento, alla cassa forense e a quella dei dottori commercialisti è stata riconosciuta la natura di organismo di diritto pubblico, l'ordine professionale dei medici tedesco non rientra nella nozione perché, sebbene il finanziamento sia previsto dalla legge attraverso contributi versati dai membri di tale ordine, l'importo dei contributi è fissato dall'assemblea dello stesso ordine e soprattutto l'ordine rimane completamente autonomo in merito alla determinazione della portata e delle modalità di esercizio delle sue funzioni istituzionali. Tali circostanze fattuali escludono che possa verificarsi quell'influenza pubblica sulle decisioni dell'ordine che imporrebbe l'applicazione delle procedure di gara disciplinate dalle direttive sugli appalti pubblici.
Nel processo tributario, l'estinzione del processo estingue l'azione ed è per questo che, rendendo inefficaci gli atti processuali, determina il definitivo consolidarsi degli effetti propri dell'atto impugnato; una volta che ciò sia accaduto, non è più proponibile alcuna azione per rimuovere tali effetti e per tal motivo anche il cd. principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione finisce col risultare concretamente inutile dopo l'estinzione del processo susseguente alla cassazione con rinvio. Se l'estinzione del processo tributario avviene in secondo grado, peraltro, tutto ciò non accade, in quanto, stante l'autonomia del giudizio d'impugnazione, la propagazione dell'inefficacia degli atti processuali conseguente all'estinzione s'arresta all'atto iniziale del giudizio d'impugnazione (nel caso: appello) e l'effetto che ne consegue è, e resta, soltanto il definitivo stabilizzarsi di una sentenza di primo grado che ha annullato o non annullato il provvedimento impugnato.
La violazione del suddetto obbligo comporta, intanto, conseguenze giuridiche differenti nei vari ordinamenti nazionali (trattandosi di un aspetto che il legislatore europeo non ha inteso armonizzare), ma soprattutto può determinare, (come è accaduto nel caso in esame), anche in attuazione del principio dell'"interpretazione conforme", la disapplicazione delle sanzioni statali che si rivelano "inefficaci, sproporzionate e scarsamente dissuasive" rispetto alle finalità della direttiva 2008/48/CE sul credito ai consumatori.
La Cassazione si pronuncia sull'esatta portata della fattispecie di "denuncia di un sinistro non accaduto" di cui all'art. 642 c.p.
Nella prima parte della nota, l'A. analizza la fattispecie di "denuncia di un sinistro non accaduto" di cui all'art. 642, comma 2, c.p., introdotta nel 2002 nell'ambito della riforma delle assicurazioni R.C. [Responsabilità Civile] auto, per, poi, affrontare la questione su cui si è pronunciata la Corte di cassazione, relativa al significato da attribuire al concetto di "sinistro". Infine, l'A. offre le proprie riflessioni sui rapporti intercorrenti tra la fattispecie esaminata e le altre ipotesi delittuose previste dall'art. 642 c.p. e sulla compatibilità di tali reati con il principio di offensività.
Il saggio giustifica la negazione dell'irretroattività dell'annullamento pronunciato dalla Consulta per la "RH Tax" a carico dei "petrolieri": essa può essere oggi sostituita da un "contributo ambientale", com'è accaduto per gli insediamenti produttivi all'interno del pip. Illustra, inoltre, le norme per la copertura delle minori entrate e considera la circolare MEF n. 18/E del 2015 come un parziale compenso fiscale per i petrolieri delusi.
Come era già accaduto in altra occasione, non ha avuto esito positivo il nuovo tentativo del Governo di qualificare, in via normativa, come "d'impresa" il reddito conseguito dalle società tra professionisti [s.t.p.] costituite ai sensi della legge n. 183/2011. Infatti, le problematiche emerse durante il confronto con le commissioni di Camera e Senato hanno indotto il legislatore delegato ad eliminare la relativa disposizione dal decreto legislativo sulle semplificazioni fiscali. Il regime fiscale cui assoggettare il suddetto reddito, dunque, deve essere individuato in via interpretativa. In proposito, pur non potendosi negare le problematiche che discendono da tale inquadramento, il reddito prodotto dalle società tra professionisti costituite in forma di società commerciali pare configurarsi quale reddito d'impresa, in forza della presunzione contenuta negli artt. 6 e 81 del T.U.I.R. [Testo Unico delle Imposte sui Redditi]
Al pari di quanto già accaduto in materia di permessi e congedi, gli interventi normativi affastellati, una prassi amministrativa tesa alla riduzione applicativa dei benefici, una giurisprudenza intenta a stanarne un deplorevole uso distorto (specie nel Comparto Sicurezza e Difesa), complicano la ricostruzione giuridica delle fattispecie e la delimitazione dei confini tra i diversi valori giuridici in campo.
Qualora l'Agenzia delle entrate intenda sostenere, come è accaduto nel caso affrontato dalla sentenza della Corte di cassazione n. 25758 del 2014, che il contribuente avrebbe eluso, attraverso il "lease back", la disciplina degli ammortamenti tecnici, essa è tenuta a interrogarsi sulla "ratio" delle disposizioni che consentono la deduzione delle quote di ammortamento. È tenuta, inoltre, a verificare se, rispetto a quest'ultima "ratio", il comportamento del contribuente realizzi una situazione di conflitto.
La Cassazione, dunque, ha ritenuto che la disposizione ex art. 38 comma 6 d.p.r. 600/1973, pur non prevedendo esplicitamente la prova diretta che determinati redditi siano stati utilizzati per coprire determinate spese contestate dal fisco, richiede d'ora innanzi una mera prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere. Viene così accantonato il nesso eziologico ovvero la prova diretta tra provvista patrimoniale e spesa contestata. Una congrua valutazione del rapporto tra entità e durata della provvista, in relazione alla spesa contestata, costituisce sufficiente elemento fattuale e circostanza probatoria atta a superare la presunzione sintetica.
Quando in ambito medico si verifica un evento avverso, la logica d'indagine cui si ricorrere per comprendere le cause di quanto accaduto è di tipo accusatorio. L'approccio accusatorio, nella ricostruzione del decorso causale che ha condotto all'esito infausto, si focalizza solo sulle mancanze dell'operatore per ultimo intervenuto nella cura del paziente. L'attuale sistema penale di tipo accusatorio, tuttavia, appare in contraddizione con le moderne acquisizioni della psicologia cognitiva sull'origine sistemica dell'errore umano. Si evidenzia, inoltre, come il tradizionale modello accusatorio fondato sulla previsione di illeciti colposi d'evento, in chiave preventiva, sia tutt'altro che efficace poiché si limita a sanzionare, "ex post" quando il fatto lesivo si è ormai realizzato, il sanitario ritenuto colpevole e tralascia qualsiasi intervento di rimozione delle falle del sistema che, a monte, hanno indotto il medico a sbagliare. Sulla base di tali riflessioni, si prospetta, dunque, la necessità di ricorrere a categorie dogmatiche nuove, come la colpa d'organizzazione, che sembrano meglio adattarsi alla logica sistemica.
In particolare, le minacce al diritto alla protezione dei dati personali che ne derivano provocano costantemente problematiche nel momento in cui ci si trova di fronte alla necessità di bilanciare diritto alla riservatezza ed esigenze di sicurezza, come spesso accaduto nei rapporti tra UE ed USA. La differente collocazione del diritto alla "privacy" nella scala dei valori statunitense rispetto a quella europea ha frequentemente imposto l'obbligo di trovare punti di incontro tra il sistema europeo e quello americano. I vari accordi internazionali stipulati in materia di regolazione dei flussi internazionali di dati personali confermano la presenza di questa necessità. In proposito, è possibile rilevare che ricorrono costantemente pressoché gli stessi aspetti critici verificati durante i vari negoziati tra UE e Stati Uniti, comprese le recenti operazioni volte ad introdurre uno strumento sostitutivo dei superati "Principi di approdo sicuro", dichiarati non conformi al diritto dell'Unione con la recente sentenza della Corte di giustizia del 6 ottobre 2015.
Tale orientamento, che si colloca nel filone maggioritario sia in giurisprudenza che in dottrina, presenta criticità a livello interpretativo poiché, non solo rischia di eliminare la funzione selettiva svolta dal dolo specifico, ma tende anche a far rientrare casi concreti all'interno di fattispecie caratterizzate da pene più elevate, come accaduto nella pronuncia in questione in cui la S.C. ha ravvisato il delitto di rapina, anziché il meno grave delitto di violenza privata di cui all'art. 610 c.p.
Un indirizzo interpretativo di segno diverso, che ponga l'accento - come accaduto talora in altre pronunce - più che altro sull'intento elusivo e sulla fraudolenza degli atti posti in essere, infatti, comporterebbe una restrizione intollerabile della libera circolazione dei beni, oltre che un "aggiramento" del necessario accertamento del "pericolo in concreto" come elemento costitutivo della fattispecie.