Se un fiume o torrente si forma un nuovo letto, abbandonando l'antico, questo spetta ai proprietari confinanti con le due rive. Essi se lo dividono fino al mezzo del letto medesimo, secondo l'estensione della fronte del fondo di ciascuno.
Tuttavia i comproprietari che non hanno consentito alla costituzione della società possono liberarsi dalla partecipazione alle perdite, abbandonando la loro quota di proprietà della nave.
Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla patria potestà, alla tutela legale, o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire mille a diecimila.
Nei casi preveduti dagli articoli 306 e 307, non sono punibili coloro i quali, prima che sia commesso il delitto per cui la banda armata venne formata, e prima dell'ingiunzione dell'Autorità o della forza pubblica, o immediatamente dopo tale ingiunzione: 1° disciolgono o, comunque, determinano lo scioglimento della banda; 2° non essendo promotori o capi della banda, si ritirano dalla banda stessa, ovvero si arrendono, senza opporre resistenza e consegnando o abbandonando le armi.
Ai fini degli adempimenti di cui all'articolo 18, comma 1, lettera t), il datore di lavoro: a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di primo soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell'emergenza; b) designa preventivamente i lavoratori di cui all'articolo 18, comma 1, lettera b); c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti a un pericolo grave e immediato circa le misure predisposte e i comportamenti da adottare; d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e dà istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave e immediato che non può essere evitato, possano cessare la loro attività, o mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di lavoro; e) adotta i provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza o per quella di altre persone e nell'impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, possa prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.
Fattore quest'ultimo che, proprio alla luce della trasformazione subita dal settore calcistico, ha assunto sempre di più connotati economico-patrimoniali abbandonando, quasi completamente, quelli meritocratico-sportivi, e divenendo, in tale modo, il principale "bene patrimoniale" dell'azienda calcistica. Del tutto ammissibile e legittimo risulta, pertanto, in caso di fallimento, tanto il contratto di affitto d'azienda che la vendita all'incanto della società fallita.
Il contributo che la scienza medica può fornire per una completa valutazione della nuova ed autonoma categoria del danno esistenziale, infatti, è alquanto rilevante, purché la stessa scienza accetti la sfida, abbandonando vecchie certezze ed aprendosi, con sensibilità oltre che con competenza, a nuovi territori di indagine.
La Corte di Cassazione, con questa sentenza, affronta nuovamente la questione relativa alla rilevabilità ex officio della nullità contrattuale, abbandonando l'indirizzo finora prevalente e ammettendo tale rilievo ufficioso anche nelle ipotesi di azioni c.d. caducatorie, a ciò aggiungendo il corollario per cui il rilievo della nullità del contratto darebbe luogo ad un accertamento incidentale relativo ad una pregiudiziale in senso logico avente vocazione al giudicato a prescindere dall'espressa domanda di parte.
La Cassazione, pur mantenendo fermo il principio della tassabilità in capo ai soci del maggior reddito accertato nei confronti della società di capitali a ristretta base, opera un confortevole passo in avanti nella ricostruzione del modello presuntivo, abbandonando l'inaccettabile affermazione che il fatto noto sarebbe dato dalla complicità tra i soci per spostarsi verso una ricostruzione del fatto noto rappresentato dalla ristrettezza della base sociale. Tuttavia, anche ragionando in questo modo, risulta immediato che il fatto noto non è rappresentato da un dato oggettivo, ma è l'espressione di un giudizio che in quanto tale è insufficiente per radicare un ragionamento di natura presuntiva.
La sentenza costituisce un tassello positivo nel nuovo quadro di principi che la Corte di legittimità ha enunciato, in materia di motivazione dell'atto di classamento, abbandonando del tutto le vecchie enunciazioni assertive e minimalistiche, che consentivano di ritenere legittimi quegli atti muniti di mere affermazioni tautologiche.
La sentenza si inserisce in quell'orientamento restrittivo che modella la decorrenza del termine di impugnazione dei titoli edilizi a seconda della situazione di fatto e del vizio denunciato, abbandonando il più generale termine della fine dei lavori. In questo contesto riprende l'uso dell'affissione del cartello di cantiere e dell'inizio dell'attività edilizia. La pronuncia si presta poi ad un'analisi delle posizioni giurisprudenziali in merito alla decorrenza del termine di impugnazione dei titoli edilizi da parte dei terzi, che l'approvazione del T.U. edilizia ha contribuito a complicare.
Con una decisione a sorpresa (ma attesa da molti) le Sezioni Unite affermano l'attribuzione alla giurisdizione esclusiva amministrativa della privazione degli effetti del contratto, così abbandonando la necessità, sinora sostenuta, della doppia giurisdizione e del giudizio di ottemperanza per ottenere la piena tutela dell'interesse sostanziale dedotto in giudizio. Al giudice amministrativo spetta, da ora in poi, la decisione sul rapporto contrattuale in atto con l'aggiudicatario dopo l'annullamento dell'aggiudicazione. È chiusa ogni questione? Con il giudice ordinario sicuramente sì, ma all'interno del giudice amministrativo si profila qualche complicazione ...
In ordine all'accertamento del nesso causale, essa, di fatto, aderisce a quel problematico orientamento giurisprudenziale che opta per una nozione "debole" della causalità, accontentandosi dell'aumento del rischio (o della mancata diminuzione dello stesso) e abbandonando il rigoroso criterio che impone una probabilità vicina alla certezza. Quanto alla colpa, l'impostazione accolta per fondare la responsabilità degli imputati si inscrive nel discutibile indirizzo interpretativo volto a ritenere sufficiente che l'agente sia in grado di rappresentarsi non l'evento concretamente verificatosi, ma la mera "potenzialità" di un danno che genericamente possa derivare dalla sua condotta. Infine, il ragionamento riguardante la questione delle posizioni di garanzia presenta talune oscurità che si incontrano non tanto nella esposizione dei criteri per la individuazione dei soggetti responsabili, sia originari che derivati, all'interno della organizzazione societaria, quanto nella pretesa di riferire l'evento a tutta la serie dei garanti succedutesi nel tempo.
Di fronte a questo "equivoco di fondo" si impone la necessità di operare una scelta: o privilegiare un meccanismo "sanzionatorio", basato su di una rigorosa responsabilità per colpa, (seppur presunta), con evidente maggiore aderenza al dato normativo; oppure, al contrario, "buttar giù la maschera" e, ponendo l'accento su di un profilo squisitamente "vittimologico-riparatorio", ricondurre la responsabilità in esame al modello della responsabilità oggettiva "di posizione", abbandonando, una volta per tutte, i concetti di culpa in educando e culpa in vigilando. Ciò però a patto che si abbia la consapevolezza di forzare - forse oltre misura - il dettato normativo.
L'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato prende nuovamente posizione sul dibattuto problema dei ricorsi incrociati escludenti, reciprocamente proposti dal ricorrente principale e da quello incidentale, abbandonando l'idea che sia possibile l'accoglimento di entrambi quando da ciò possa derivare l'eliminazione di tutti i concorrenti e la conseguente ripetizione della gara. Nella contesa fra le due parti è il ricorso incidentale che, se fondato, deve avere la meglio in quanto pone una questione pregiudiziale afferente la sussistenza della legittimazione ad agire del ricorrente principale. La decisione affronta temi di cruciale importanza per il processo amministrativo come quelli della natura dell'interesse strumentale e del ricorso incidentale dettando principi di sistema la cui rilevanza va oltre il caso deciso.
Si critica pertanto il recente orientamento delle Sezioni Unite, che, abbandonando il criterio della certezza quale requisito formale del titolo, ne giudica possibile l'integrazione con tutto quanto risulta dagli atti delle parti, dai documenti prodotti, dalle relazioni degli ausiliari del giudice.
Abbandonando il metodo casistico impiegato per oltre un decennio, la Corte Costituzionale ha ricavato, per via interpretativa, dal tessuto dell'art. 34 c.p.p., il principio per cui è incompatibile alla funzione di giudizio sul merito dell'accusa il giudice che abbia adottato, in una diversa fase processuale, provvedimenti cautelari personali. La scelta "esegetica" compiuta dalla Corte può costituire il punto di partenza per una rimeditazione del sistema delle incompatibilità endoprocessuali, che conduca al superamento della regola della "valutazione contenutistica" e valorizzi la distinzione tra le funzioni esercitate dall'organo giurisdizionale in ragione dell'evoluzione, per fasi e gradi, del procedimento penale.
La si può affrontare solo se, senza infingimenti e abbandonando i feticci delle ideologie della governabilità che fagocita la rappresentanza, del bipolarismo che sopprime la pluralità, del sistema maggioritario come soluzione di ogni problema, la si coglie esattamente nello svuotamento della rappresentanza, cioè del fondamento della democrazia moderna. Se si comprende che a risolverla non può che essere una rifondazione della rappresentanza che rispetti e rispecchi la pluralità delle domande, dei bisogni, dei progetti e delle culture politiche, che per la loro consistenza, identificano la Nazione italiana. Per quello che essa è irresistibilmente e sa eludere o infrangere ogni congegno di ingegneria istituzionale che le si oppone. Una rifondazione che ponga tale rappresentanza come presupposto, fondamento, legittimazione del governare, senza artifici, senza distorsioni ed estorsioni, immergendosi nella realtà sociale, senza che l'assolutismo della "governabilità" la schiacci delegittimandosi e risolvendosi nel suo opposto. Ne ha bisogno la democrazia italiana per potersi ricostituire e fronteggiare, con la forza della sua autenticità, le sfide del potere globale che la sovrasta e inverare la Costituzione nella condizioni storiche che si sono determinate.
La Corte, pur non abbandonando la propria tradizionale impostazione sulla natura propedeutica dell'ipoteca rispetto alla procedura espropriativa, giunge alla conclusione che la stessa non può comunque qualificarsi come momento dell'esecuzione. L'obbligo dell'invio della nuova comunicazione preventiva previsto dall'art. 77, comma 2-bis, del D.P.R. n. 602/1973 nello specifico ambito della procedura ipotecaria non sembra a sua volta applicabile nella procedura di espropriazione immobiliare vera e propria. È tuttavia evidente come una simile ipotesi interpretativa appaia del tutto insoddisfacente, mentre appare preferibile ritenere che la comunicazione preventiva debba essere sempre notificata, sia in vista dell'iscrizione ipotecaria, sia in vista dell'espropriazione immobiliare.
Le Sezioni unite hanno inquadrato l'utilizzo abusivo da parte di soggetti qualificati delle utenze telefoniche disponibili per ragioni d'ufficio nel peculato d'uso, abbandonando l'interpretazione che qualificava quasi automaticamente il comportamento illecito in termini di peculato ordinario. Recenti modifiche normative riaccreditano, tuttavia, la configurabilità (a determinate condizioni) dell'abuso di ufficio divenuto nel frattempo reato più grave rispetto al delitto punito dall'art. 314, secondo comma, c.p.
Sul presupposto che in tempi di crisi economica si fa più forte la tentazione dei legislatori di accogliere le richieste di protezione emergenti dalla società, abbandonando i principi competitivi in favore di assetti più rispondenti agli interessi particolari, lo scritto indaga la posizione assunta dalla Corte costituzionale rispetto a simili tendenze attraverso l'esame delle pronunce adottate in tema di concorrenza e di libera iniziativa economica nel triennio 2011-2014. L'obiettivo è in primo luogo quello di comprendere se, in tempi di rivisitazione critica del ruolo del mercato e delle sue regole, il giudice delle leggi abbia assecondato quelle istanze oppure abbia frapposto un argine alle spinte protezionistiche portate dal vento della crisi. In secondo luogo, poiché dall'esplosione della crisi del debito sovrano buona parte della legislazione economica al centro del contenzioso è stata direttamente ispirata dall'Autorità "antitrust", l'esame della giurisprudenza costituzionale offre anche una interessante cartina di tornasole per ricostruire il dialogo a distanza intercorso tra la Suprema Corte e la stessa Autorità. A conclusione della ricerca emergerà che nel triennio considerato le pronunce del supremo Giudice si sono mosse non solo in sostanziale continuità con gli indirizzi emersi nella fase precedente, ma anche in singolare sintonia con le posizioni e i principi affermati dall'Autorità antitrust. Questo dialogo tra le due istituzioni rappresenta uno degli elementi di maggiore novità del periodo e merita un giudizio positivo, poiché si è rivelato decisivo per la "messa in sicurezza" delle liberalizzazioni varate a livello statale. Al contempo, lo stesso non è riuscito a far superare alcuni limiti e inadeguatezze dell'interpretazione giudiziale che, già manifestatisi nel periodo precedente, hanno trovato conferma e, per taluni versi, persino accentuazione nel periodo considerato.
Il giudicato penale, grazie ai ripetuti interventi delle Sezioni Unite, sta mutando fisionomia, abbandonando i rigidi confini che, da sempre, hanno contraddistinto la sua struttura. Di fronte a tale metamorfosi è indefettibile ed urgente l'intervento del legislatore, chiamato a porre un punto fermo in una materia così delicata.
Abbandonando gli schemi argomentativi seguiti dalla Corte di cassazione nelle due sentenze in commento, il presente contributo prova a risolvere il dibattito accesosi sull'art. 168-bis c.p. mettendo in risalto la natura sostanziale della messa alla prova per adulti.
In ambito filosofico e nella epistemologia medica si sta ormai abbandonando l'idea di un modello unitario di spiegazione causale e lo stesso sembra accadere, sebbene per via autonoma, nel diritto penale, dove va emergendo la consapevolezza che lo standard probatorio esigibile vari a seconda degli ambiti di indagine ed anche delle caratteristiche del fatto concreto. L'A. conclude richiamando l'attenzione sull'importanza di costruire correttamente le premesse del ragionamento causale, selezionando soltanto evidenze di qualità ed evitando i più frequenti "biases" conoscitivi.
Lanno 2016 debutta, pertanto, con i nuovi principi del pareggio di bilancio abbandonando definitivamente i vincoli del patto di stabilità interno ed estendendo tale adempimento a tutti i comuni compresi quelli precedentemente esclusi dal citato patto di stabilità.
La Legge di stabilità 2016 (Legge n. 208/2015), abbandonando ogni riferimento a "black list", ridefinisce in via esclusivamente normativa i criteri per l'individuazione degli Stati e territori a fiscalità privilegiata rilevanti ai fini del regime di imposizione per trasparenza degli utili conseguiti dalle imprese controllate estere (CFC), nonché del generale regime di (integrale) tassazione degli utili (dividendi) provenienti dai medesimi Stati o territori. L'applicazione delle nuove disposizioni, peraltro, richiede di tenere in conto quanto previsto dalle corrispondenti misure e raccomandazioni approvate in seno all'OCSE/620 (c.d. Progetto BEPS), attualmente in corso di trasposizione in ambito Comunitario. Il 28 gennaio 2016 la Commissione Europea ha, infatti, emanato i primi documenti relativi allo "EU Anti Avoidance Tax Package", nel più ampio contesto del progetto "Action Plan for Fair and Efficient Corporate Taxation in the EU".