Non le riesce di interpretare un suo sogno recente e questo la inquieta.
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La finestra della stanza in cui riceve affaccia su una piazza dove, dall'alba al tramonto, c'è mercato.
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Ippodromo a Cesena fino a tardi: Gran Premio, diecimila persone, verso la fine un 'oppressione da svenire e prima - appena entrato - il mio disturbo
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«... Alcuni mesi dopo un amico mi lasciò ascoltare il nastro, registrato nella stazione radio di Baronissi. Prima la musica allegra di una
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(Immagina questa coppia. Lei che scosta con il piede la pantofola, il drappo della vestaglia sulle spalle, lui che si avvicina. La pioggia riga i
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E quando resto impigliato nei loro nastri d'asfalto, allora cerco l 'acqua, la guardo e rabbrividisco. Fa freddo.
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Domanda: Ma era davvero necessario che la raccolta si concludesse con questa riflessione?
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Nota. Dicesi «guace» la confusa mescolanza di guerra e pace caratteristica della nostra epoca.
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Racconta che da anni paga la stessa pigione per lo stambugio in cui disegna e dipinge.
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Waste Land. E la sorte del gatto?, ci siamo chiesti. Il gattoprese la forma immortalabile di un minuscolo humandi Nagasaki, un fiore miracoloso di
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A metà settembre torna a Capalbio, per la sagra del cinghiale, carne fra le più fragranti.
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II Solo la descrizione. Due finestre marroni soffocate dall'edera. Un cespuglio di mirto piegato verso sinistra da una raffica di vento. Il cielo
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IV Ognuno racconta la propria storia diversamente. Il mattino sorgerà per tutti, meno che per uno.
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M. va dal medico di turno, che lo riceve urlando e nemmeno lo ascolta. Telefona alla sorella del ragazzo, che rifiuta di assumersi la
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Il resto, la casa, le giornate, lo subisce acquietata. Dentro invece si sbaglia,verso il passato-avvenire.
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La chiesa della Trinità è un piccolo edificio a navata unica appena fuori dal paese e poco distante dal camposanto. Quando vado a visitarla in un
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Lui s'inventa l'amante, lei minaccia di partire. Lui la respinge, lei gli si accuccia a fianco sul divano.
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levava nell'odor lussurioso dei vichi, e la bianca notte mediterranea scherzava colle enormi forme delle femmine tra i tentativi bizzarri della fiamma di
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Non so se tra rocce il tuo pallido Viso m’apparve, o sorriso Di lontananze ignote Fosti, la china eburnea Fronte fulgente o giovine Suora de la
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canzoni senza ritornelli a la Monotonia. Io grido: «non saprò domani tornare per la stessa via! Sono un fanciullo bianco ed è fiorita per i miei
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Dov' era una volta il tennis, nel piccolo rettangolo difeso dalla massicciata su cui dominano i pini selvatici, cresce ora la gramigna e raspano i
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Passata la Madonna dell' Orto e seguiti per pochi passi i portici del centro svoltai poi su per la rampa che conduce all' ospedale e giunsi in breve
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La scena succede nel castello di Renato, in una valle delle Alpi piemontesi. - Gran sala, stile Trecento. - Al levarsi della tela Renato e Iolanda
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Da te lontano, nelle notti insonni, innanzi agli occhi dove anche io miri, sempre ho lo slancio della tua persona come il vento la trae della
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suoni, ti sono un nome, ti son un dei tanti, come un altro sarebbe che per nome e per vista conoscessi. Io non sono per te «io», la mia vita, io, questa
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Ma un vento lieto giù dalla montagna invade la natura senza luce che per pioggia e per nebbia si dissolve e delle nubi oscure la continua trama
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Che più d'un giorno è la vita mortale? Nubil'e brev'e freddo e pien di noia, die pò bella parer ma nulla vale. PETRARCA, Triumphus Temporis Il
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Cade la pioggia triste senza posa a stilla a stilla e si dissolve. Trema la luce d'ogni cosa. Ed ogni cosa sembra che debba nell'ombra densa
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Dalle nevose gole, dai torbidi monti lontani con lena rabida, con aspro sibilo soffia la raffica, rompe la densa greve nebbia, stringe le basse
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. Ed il passero riscuoti con la tua folle ventata nella sua grondaia secca nella siepe denudata. Spazzi i portici e le calli e la nebbia nelle valli e
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mattino, una volta per sempre, nel tepore dell'ultimo sonno: l'ombra sarà come il tepore. Empirà la stanza per la grande finestra un cielo più grande
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un angolo al muro crepitante, sospirosa e pettegola come una vecchia amante, la stufa mi consiglia a non varcar la soglia, e alle dolcezze invoglia del
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Io ho cercato nel mio letto, nelle notti, colui che l'anima mia ama: io l'ho cercato e non l'ho trovato - Ora mi leverò e andrò attorno per la città
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Qui a bu, boira. Come, come restar fra queste mura quando sapete che son fioriti il monte e la pianura, e conoscete, conoscete le valli e le pendici
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Staman nel bosco stavo tutto solo i gorgheggi a tradur di un usignuolo, quando un falco calò sul picciol nido e ripartì con un superbo grido: la voce
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Di tutte le notti fu il lungo lavoro, la dea che mi segue da sera a mattin; amica, due chèrubi parlaron fra loro, per fosco, per duro, per dolce
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Donne, voi somigliate alla natura che, se sorride, gli uomini innamora, e desta la mestizia e la paura, quando minaccia e quando si scolora. Ma
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Quando muoiono i fiori ai davanzali, e quando i vetri la nebbia accarezza, e le rondini in mar battono l'ali, e del negro fanciul di val Vegezza il
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tipi, son tanti i colori, che di farli inoltrar mi venne in testa; ma una donna fra lor, cinta di fiori, mi dissuase, e la ragione è questa: mi disse
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le lagrime dei primi disinganni; del bisogno la maglia non ti comprime il cuore, che eterna, puro e vergine, l'inno del primo amore. Ah! chiudi le
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Oh chi dirà la gioia che sentii stamattina volar dal labbro d'una contadina! Scendea dalla montagna in sottanetta bianca, cantando a tutta gola una
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Spesso io contemplo in estasi la vecchia libreria, la fida amica, l'anima della stanzetta mia, e, quando mesto io veglio, parmi udirla cantare le
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Il lungo e magro professor di greco, che quasi odiar mi fece il divo Omero, fu stamane a vedermi al mio studietto. La tavolozza mia si tinse a nero
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Tu ritorni ben tardi... l'orologio ha sonato mezzanotte; la madre ti ha finora aspettato. Testé, vinta dal sonno, andò triste al riposo... Vedi, già
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Volge la nostra età per via funesta; Cristo è di nuovo in croce; e la vestal nella sua bianca vesta trema e non ha più voce! La libertà che
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È l'ora in cui gli augelli accovacciati la testolina ascondon sotto l'ala; le lucciolette ricamano i prati, e canta a vespro la fulva cicala
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Era l'estate e l'alba - un'alba pura di amaranto, di viola e di carmino - parean soli olezzar nella natura la viola e il gelsomino. Dissi alla Musa
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canta dagli altar : " Lagrima e spera! ", ma chi celebra mai pianto conobbe, né mai di Nesso la camicia nera, né il letamaio del povero Giobbe. Non
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Or vi dirò la cronaca dei mesi come narrar la intesi da un certo vecchierello così pulito e bello, così dolce e giulivo nei modi e nell'aspetto, che
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(Frammento) . . . . . . . . . . . . . Rammento una favola udita da fanciullo. Il buon vento or me la riconduce tutta fresca: la narro. La Cicala, la
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