Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Numero di risultati: 4184 in 84 pagine

  • Pagina 2 di 84

Come devo comportarmi?

172299
Anna Vertua Gentile 4 occorrenze
  • 1901
  • Ulrico Hoepli
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Lo stesso Legouvé, l'uomo virtuoso e forte, dopo la visita a un suo coetaneo gravemente colpito da malattia senile, ebbe a dire: «La vue de ce malheureux m'a tellement saisi, que je n'ai pas trouvé un mot cle réconfort a lui dire. En m'en allant, je fis un retour sur moi meme, et mes idees un cours qui leur est assez abituel, s'arrangérent dans ma tete sous forme de vers.» Ah! ce n'est pas la mort que je crains, c'est la vie; A voir de quels tourments la vieillesse est suivie, Je trembìe, mes amis, de descendre au tombeau Lentement, membre a membre, lambeau par lambeau, Ne vous laissant de moi, comme image supreme, Qu'une caricature affreuse de moi meme.

Pagina 115

E dice a proposito del cuore del vecchio: «Est-ce une branche morte sur laquelle rien ne repousse ?... Est il condanné comme les arbres de nos verges, à voir tomber successivement à ses pieds, ses fleurs, ses fruits, ses feuilles, et a rester dépouillé, dénudé, noir, en proie à l'hiver? » Soggiunge : « Je ne le crois pas.» E tira via a parlare dell'affetto degli avi, affetto commovente, illuminato dall'esperienza, fatto indulgente dalla saggezza. E dice delle tarde amicizie serene, sicure, feconde di consigli, di ricambio di cortesia.

Pagina 116

Prenda parte ai divertimenti, a serate, a gite, balli, concerti, senza timore, ma senza spavalderia. Invitata a suonare e cantare, lo faccia se ha la coscienza di farlo bene. Ma la smania di sfoggiare la sua abilità, non la spinga a desiderare troppo palesamente l'invito e molto meno a impadronirsi del pianoforte, che deve essere a disposizione di tutti. Negli stabilimenti principali vi ha, di solito, una persona incaricata di suonare il piano quando si balla o di accompagnare chi canta. Questa persona non sarà per certo, un artista, che non si adatterebbe a quella umile parte. E la fanciulla a modo, non si mostrerà troppo difficile con questa persona, se mai la accompagnasse mentre ella canta; nè la offenderà con sogghigni, o ammicchi scambiati con le compagne, o osservazioni a voce alta e non sempre cortesi. In uno stabilimento, la signorina non ballerà mai con un giovinotto prima che questi non sia stato presentato a la mamma, o al babbo, o a chi ne fa le veci.

Pagina 150

Il giovine gentiluomo non offre doni che a sua madre a sua sorella o alla fidanzata quando sia ben sicuro che diventerà sua sposa. A una signora che l'abbia ricevuto cordialmente in casa sua, potrà mandare dei fiori, o portare degli zuccherini, dei libri, della musica.

Pagina 190

Enrichetto. Ossia il galateo del fanciullo

179091
Costantino Rodella 1 occorrenze
  • 1871
  • G.B. PARAVIA E COMP.
  • Roma, Firenze, Torino, Milano
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Enrichetto, come quegli che a queste esercitazioni doveva la salute, e la sveltezza e gagliardia del suo corpo, vi dava opera con tutta l’anima; non però da diportarvisi senz’ordine e moderazione. Non era impetuoso nè sbadato; non scorazzava senza consiglio quà e là, dando spintoni a dritta e a sinistra, calpestando i piedi, o rovesciando chi si trovava sul suo passaggio. Né si compiaceva in burle inurbane, e che potessero recar danno, come dare il gambetto al compagno, per vederlo inciampare, barellare, e stramazzare a terra; o torre di dietro la sedia a chi si fosse alzato, per farlo andar a gambe in aria, quando avesse fatto per sedersi di nuovo; cose tutte villane e da cagionare chi sa che malanno, le quali non poteva patire, quando le vedeva da altri praticare. Non alzava mai le mani, neppur per celia, addosso chicchessia; avendo ognora presente il detto:giuoco di mano,giuoco da villano. Pensava che v’era modo a scherzare e a divertirsi senza ricorre a questi mezzi sconvenienti e contadineschi. è brutto vezzo di alcuni, che per saluto e per dar segno di amicizia e intimità, picchiano maledettamente sulle spalle, o pizzicano le braccia, o premono il naso, o chiudono fra due dita le guancie o le labbra a segno da cagionar acuto dolore; oppure strappano le orecchie o tirano dolorosamente i capelli; senza dire di colore che per far pompa della loro forza muscola stringono affannosamente per mezzo il corpo, o afferrano le braccia o le mani o le dita de’ più deboli, e le premono, godendosi di farli guaire; quasi con ciò dimostrino una grande virtù. Bella valentia davvero da far onore a un facchino! L’Istitutore di ballo, era un ometto magro e stecchito, una specie di caricatura; portava un giubbino a falde lunghe della moda che fu; parlava un italiano grottesco -che stagano bravi- era suo motto d’ordine. Figuratevi se gli alunni non facevano un carnevale di costui! Uno lo stiracchiava per una falda, l’altro gli tirava fuori un pizzo della pezzuola di tasca, chi di dietro sotto il bavato dell giubba gli appiccava una lunga coda di carta; ed egli gridava - ma che stagano bravi – e si arrovellava. Enrichetto per un po’ rideva pur egli, ma quando vedeva che la celia trasmodava, allora se ne sentiva dolere il cuore, e avrebbe dato sulla voce a’compagni; ma se ne rimaneva per non darsi aria di maggioranza. Però a quando a quando con bei modi si intrometteva facendo conoscere che la facezia non deve diventare sfregio; che quando la burla eccede o fa danno, non è più pulitezza mantenerla, e che si doveva aver riguardo all’età. Ebbene tanto seppe insinuarsi nell’animo de’suoi compagni, che a poco a poco si disciplinarono pel ballo; e il povero maestro fu lasciato in pace, con grande sua meraviglia e contento; segnalando questa squadra a tutte le altre come modello.

Pagina 30

Per essere felici

179247
Maria Rina Pierazzi 2 occorrenze
  • 1922
  • Linicio Cappelli - Editore
  • Rocca San Casciano - Torino
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E ve lo conducono in sala, dopo una prefazione pomposa che sembra una conferenza, a recitarvi qualche squarcio poetico o a deliziarvi con la sonatina, o a leggervi, nè più nè meno, qualche componimentino che manda in visibilio il parentado. La madre, la nonna, la zia, le sorelle, magari persone educatissime e distinte, non esitano ad imporre ai loro ospiti questo tormento, scambiandosi fra loro occhiate trionfanti, o suggerendo a bassa voce qualche parolina, perchè è facile che il fenomeno finisca con l'impappinarsi e resti lì a bocca aperta, guardandovi con occhi imbambolati. Agli ospiti, s'intende, non rimane altra via di escita che quella di prorompere in esclamazioni ammirative e di aiutare i parenti a empir di vana gloria le testoline di quei piccoli mostri che finiranno, probabilmente, col riescire a venti anni dei poeti senza rima e senza fortuna, o delle dattilografe sbagliate. Signorine, per carità! Ove nella vostra famiglia esistesse disgraziatamente un bimbo fenomeno, non esibitelo mai all'altrui ammirazione. Vi è una forma di cortesia a cui non si può transigere e che vieta di importunare le persone dalle quali riceviamo una gentilezza poiché ci vengono a visitare, ripagandole così malamente e costringendole prima a mentire con voi, perchè ai "prodigi„ di sei o sette anni nessuno ci crede all'infuori della famiglia abbacinata dal troppo affetto, e poi a sorridere... e magari a ridere dietro le vostre spalle, onde rifarsi del mal sopportato martirio...

Pagina 15

L'ansia, la fatica, la disperazione accasciano una persona per quanto possa essere robusta e forte — e costringerla a parlare a riaprire continuamente la propria ferita per rispondere a domande spesso intempestive è una crudeltà. Le visite di condoglianza si faranno a suo tempo; dopo almeno un mese, per lasciare ai superstiti la possibilità di riprendere la vita. Anche le lettere scritte a coloro che furono colpiti da una sventura devono avere un carattere di schietta affettuosità senza però stemperarsi in frasi pompose e prolisse; anzitutto suonerebbero male e poi, tenendo conto della quantità ricevuta, costringerebbero chi le riceve a risposte troppo lunghe e faticose, aumentando loro il disagio e il dolore. Per il conforto bastano poche parole.

Pagina 277

Si fa non si fa. Le regole del galateo 2.0

180611
Barbara Ronchi della Rocca 1 occorrenze
  • 2013
  • Vallardi
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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A bordo della Queen Mary o di un traghetto scassatissimo, uno dei piaceri della navigazione è senz'altro quello di scoprire la nave, passando da un ponte all'altro, ma bisogna sempre rispettare le zone «vietate», perché si tratta di prescrizioni dettate da ragioni di sicurezza. Dobbiamo attenerci scrupolosamente anche agli orari di ritorno a bordo durante gli scali a terra. Sulle navi da crociera comportiamoci come su un buon albergo della terraferma, limitando l'uso del costume da bagno al bordo della piscina. A pranzo, possiamo andare a tavola in abbigliamento sportivo, ma non in copricostume, canottiera, ciabatte; alla sera, niente jeans e, nelle sale ristorante più eleganti, obbligo di giacca e cravatta per gli uomini e di abito o pantaloni non sportivi per le signore. Per il resto, la comune buona educazione basterà a gestire tutte le situazioni. Come l'eventuale condivisione di una cabina con uno sconosciuto, che richiede la più assoluta discrezione per evitare promiscuità imbarazzanti. Nei limiti del possibile, stabiliamo dei turni per l'uso del bagno: al mattino, il primo che se ne serve farà bene a uscire dalla cabina, così da rispettare la privacy dell'altro. Naturalmente, è vietatissimo fumare in cabina e sconsigliato cospargersi abbondantemente di profumo.

Pagina 155

Il Galateo

181468
Brunella Gasperini 1 occorrenze
  • 1912
  • Baldini e Castoldi s.r.l.
  • Milano
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Un posto a sedere è solo un posto a sedere: non un traguardo per cui battersi selvaggiamente, rischiando l'incolumità e la dignità personale. Se potete raggiungere un posto senza colluttazioni, spintoni, sgambetti, acrobatiche torsioni del busto e di quel che al busto fa seguito, bene. Altrimenti pazienza, starete in piedi: dopo tutto una persona sana e civile dovrebbe aspirare a qualcosa di meglio nella vita che a un posto a sedere in tram. A chi cedere il posto? Il galateo tradizionale dice che un uomo deve sempre cedere il posto a una donna, una persona giovane a una più anziana. Oggi, col livellamento dei sessi e delle età, si cede il posto solo agli invalidi, alle donne con un bambino in braccio, a quelle che visibilmente ne aspettano uno, alle anziane che siano inequivocabilmente e esplicitamente anziane, agli uomini che siano inequivocabilmente ed esplicitamente decrepiti. E basta. Naturalmente, se uno è proprio nato cavaliere... Ma ci vada piano con la cavalleria, perché può anche essere male interpretata. Comunque, l'uomo che cede il posto a una signora non si alzerà dicendo a gran voce, con gesto da moschettiere: «Prego, si accomodi!» E neanche le si fermerà davanti, statua del Vero Cavaliere, obbligandola a un regime continuato di gratitudine tranviaria. Si limiterà ad alzarsi con un breve cenno e si allontanerà subito. In quanto alle signore che restano in piedi, sono pregate di non lamentarsi, di non fare amari commenti sulla cavalleria che è morta, sui bambini che non hanno più educazione, e così via. Un uomo che torna da una giornata di lavoro, un bambino con una cartella più grossa di lui, possono essere più stanchi di una signora che è stata a far spese in centro, e avere più di lei diritto al posto. La storia del sesso debole, cosa volete farci, non funziona più. E a parte questo, non c'è come pretendere un posto per far passare a chiunque la voglia di cedervelo. La signora non più giovane non si varrà quindi dei suoi capelli grigi, forsanco tinti, per dire imperiosamente: «Tu, ragazzino, non ti vergogni a star seduto mentre c'è una signora in piedi?» o: «Giovanotto, non faccia finta di leggere e favorisca cedermi il posto!» Se è proprio anziana e proprio stanchissima, potrà dire a bassa voce: «Mi scusi, sarebbe così gentile da farmi sedere? Non mi sento molto bene». Anche il più screanzato dei giovani d'oggi, anche il più immerso nella lettura, non potrà non esaudire una così umile richiesta.

Pagina 178

Il tesoro

181901
Vanna Piccini 1 occorrenze
  • 1951
  • Cavallotti editori
  • Milano
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Davanti a ogni commensale si pone solo un piatto; a destra cucchiaio e coltello, a sinistra la forchetta. Un bicchiere per l'acqua e una serie di bicchieri corrispondenti ai vini che si serviranno. Fra un commensale e I'altro si lascia un certo spazio, affinchè si possa avere libertà di movimento. I piatti vengono cambiati a sinistra a un'altezza conveniente. Prima viene servita la signora che sta alla destra della padrona di casa, poi quella che sta alla sua sinistra, indi le altre, e si termina servendo la signora e le sue figliole. Infine si servono i signori, a cominciare da quello che sta alla destra della padrona di casa. I vini si servono a destra. Con i vini più fini non si riempiono completamente i bicchieri. L'acqua sarà sempre a disposizione del convitato. La minestra deve coprire appena il fondo del piatto. Quando il commensale ha finito di mangiare, la persona addetta al servizio ritira non solo la fondina, ma anche il piatto di sotto, sostituendoli subito con un piatto caldo. La minestra viene presentata una sol volta; le altre portate due volte. In un pranzo d'importanza come in un elegante pranzo fra amici, i liquori non si servono a tavola, ma in salotto, ed è la padrona di casa, aiutata dalle sue figliole, che serve i ospiti.

Pagina 590

Il saper vivere

186903
Donna Letizia 14 occorrenze
  • 1960
  • Arnoldo Mondadori Editore
  • Milano
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Quanto agli asparagi, in famiglia e tra amici è permesso mangiarli servendosi delle dita, ma nei pranzi formali sarà meglio usare la forchetta, a meno che la padrona di casa non dia l'esempio, mangiandoli nell'altro modo. In certe case, viene servita un'apposita posata a pinza scomodissima e generalmente poco gradita. Una volta il Principe di Galles (Edoardo VII) ricevette a pranzo certi Principi indiani ai quali vennero serviti degli asparagi. Era un piatto assolutamente nuovo per loro, ed essi credettero di cavarsela correttamente gettandone i gambi dietro le spalle. I camerieri allineati lungo le loro sedie resistettero impassibili a quell'improvvisa gragnuola e anche il Principe, per non mettere a disagio gli ospiti, fece altrettanto. Naturalmente, questo esempio non è da prendersi alla lettera, visto che dovrebbe essere sempre la buona educazione a imporsi a quella cattiva.

Pagina 115

A nessuno è permesso arrivare dopo di lui per il pranzo:gli ospiti dovranno essere al completo al suo arrivo. È poco probabile che si debba ricevere il Capo dello Stato, un Nunzio Apostolico, qualche Monarca o Altezza Reale. Comunque se, per esempio, un Alto Prelato è stato invitato a pranzo, la padrona di casa gli cederà il posto a capo tavola e siederà alla, sua destra (A). E ora facciamo conto che una coppia di personalità, marito e moglie, venga invitata a pranzo: se la signora che riceve non ha marito, l'ospite eminente siede di fronte a lei, al posto del padrone di casa; avrà ai lati le due invitate più di riguardo (B). Se l'ospite eminente è una signora, avrà i due invitati maschi ai suoi lati e siede a capotavola. Di fronte avrà la padrona di casa se la disposizione di posti lo permette. Nel caso che si debbano invitare due Altezze Reali, ecco la disposizione dei posti:

Pagina 120

Non parlo d'altro da quando sono tornata, e a casa tutti ormai conoscono per filo e per segno ogni ora della mia villeggiatura. Spero tanto di non averLa stancata: so di essere a volte troppo turbolenta e Lei è stata sempre così paziente e buona con me! Vorrei però poterLa convincere che tra i miei molti difetti non c'è quello dell'ingratitudine e che non dimenticherò mai la sua benevola e affettuosa accoglienza. La prego di volermi ricordare al Professore. A Titti e a Puccio mando un abbraccio; a Lei, signora Maria, i miei più rispettosi e grati saluti."

Pagina 137

E al padrone: «Il signor avvocato torna a casa per colazione?». Ai figli dei padroni, dovrebbe dire: « Il signorino» e «La signorina ». Oppure « signorino Mario » e « signorina Maria ». Ma non si può pretendere che lo dica quando si tratta di bambini piccoli. In questo caso, alludendo a loro con i padroni, dirà: « il bambino » e « la bambina ». La signora, dal canto suo, avrà il buon senso di non ordinare alla domestica: « Assunta, va nella nursery a vedere se il signorino Totò è ancora sul vasino da notte ». A volte, le persone di servizio non sanno rispondere al telefono in modo corretto. A proposito di questo argomento, do un esempio di telefonate a pag. 203.

Pagina 139

Il posto di riguardo,se guida l'autista, è quello in fondo a destra. Se guida il proprietario della macchina è quello accanto a lui. Il signore che guida non dev'essere mai lasciato solo: verrebbe scambiato per l'autista.Se è accompagnato da due signore, la moglie e un'amica, la prima si accomoda dietro, la seconda accanto a lui (a meno che non ci sia posto per tutti e tre davanti: in tal caso, l'amica siede tra i due coniugi). Se marito e moglie invitano un'altra coppia, l'invitata siede accanto a lui, l'invitato accanto a lei (ma se due amici desiderano parlare tra loro possono pregare le rispettive mogli di lasciarli vicini davanti e di accomodarsi insieme dietro.) Se tra gli ospiti c'è una signora anziana, le si chiede se preferisce il sedile anteriore o quello posteriore; gli altri si sistemano in conseguenza. Come dovrà regolarsi il signore che sale in tassì con una signora? A lei, si sa, spetta il posto di destra, a lui quello di sinistra. Dovrà lasciarla salire per prima e poi passarle davanti? Dovrà, piuttosto, precederla e poi aiutarla? Dovrà fare il giro del tassì ed entrare dallo sportello di sinistra, rischiando di essere travolto da qualche macchina? Si regolerà secondo le circostanze e il buon senso, adottando l'una o l'altra di queste tre soluzioni. Il signore scende sempre dalla macchina per salutare una signora che si accinge a salirvi o a scenderne. Ne è dispensato solo se la macchina è al completo e questa manovra lo costringe a disturbare tutti. Recandosi a prendere una signora, il signore, appena giunto davanti al portone, scende dall'automobile (a meno che per qualche motivo non possa abbandonare il suo posto di guida). Se è accompagnato dall'autista sarà questi ad aprire e chiudere gli sportelli; ma lui dovrà ugualmente aspettare sul marciapiede. Le signore, invece, si aspettano a vicenda in macchina. La più giovane lascia alla più anziana il posto migliore.

Pagina 167

In casa la vera signora non gira in pianelle, non si presenta a tavola in vestaglia. I bigudini non oltrepassano la camera da letto. Non fa pesare le sue emicranie sugli altri. Se la donna di servizio rompe un piatto non la rimprovera davanti a tutti, né aspetta che il marito sia rincasato per punire i bambini se hanno combinato qualche guaio. Piuttosto, appena egli suona alla porta d'ingresso, corre a ravviarsi per farglisi incontro sorridente e in ordine. Della bolletta del gas, del rubinetto che non funziona non farà parola, almeno fin dopo il caffè. Quando riceve, la signora non cerca di brillare a scapito del marito. Se lui è timido, lo aiuta a fare bella figura. « Racconta quella buffa storia che ti è successa la settimana scorsa a Torino »: simili frasette sono ottimi trampolini di lancio; il marito troverà il coraggio di tuffarsi nella conversazione e, più tardi, gli amici commenteranno concordi quanto siano rare al giorno d'oggi le coppie così bene affiatate.

Pagina 169

Non starò a dilungarmi sull'organizzazione di un ballo in grande. Chi si accinge ad affrontare una faccenda così complicata ha generalmente dietro di sé molta esperienza e molti balli in case altrui. Comunque l'organizzazione di un ballo verrà affidata a un esperto: per esempio al direttore di un albergo che provvederà a procurare camerieri supplementari, sedie, tavole da buffet, tavolini, tovaglie, stoviglie, e soprattutto organizzerà il bar e il buffet e suggerirà una buona orchestra. Il buffet, in piedi o a tavolini, viene servito tra la mezzanotte e l'una. Fino a quell'ora, gli invitati bevono champagne (di ottima marca) e wisky (ma si avrà una riserva di altri liquori e di succhi di frutta per le signore). Salatini e dolcetti leggeri a loro disposizione. Non si dimenticherà di offrire da bere ai componenti l'orchestra e di concedere loro una pausa al momento del buffet: anche a loro sarà offerto da mangiare.

Pagina 196

Una volta, chi era invitato a un pranzo importante doveva fare, nei giorni seguenti, una visita di "digestione" alla padrona di casa. Quest'uso è stato ormai abolito. Ci si sdebita di un invito a colazione o a pranzo con dei fiori Anche le visite di Capodanno sono in via di sparizione; rimangono obbligatorie solo negli ambienti ufficiali.

Pagina 201

A una signora che gli dimostra amicizia, il signore può scrivere: "Cara Amica" con la "A" maiuscola. Scriverà: "Cara Giovanna", se lei lo ha autorizzato a chiamarla per nome. Lei gli risponderà: "Caro Rossi" o "Caro Piero". "Gentile Signora" si addice a rapporti più cortesi e formali. Il semplice "Gentilissima", è snob e ricercato. "Cara Signora", "Caro Professore", "Cara Contessa" sono le formule correnti tra persone della stessa educazione. Una lettera d'affari incomincerà: "Egregio Avvocato", se chi scrive è un uomo. La signora invece preferirà, più femminilmente: "Gentile Avvocato" o "Caro Avvocato".

Pagina 233

Non è sconveniente adoperare penne a sfera, che sono ormai entrate nell'uso comune, purché naturalmente funzionino a dovere. In alto del foglio, a destra, si scrive la data, che può essere abbreviata.

Pagina 238

Se viene mandato a una persona amica si cancella con un tratto di penna il titolo professionale e il cognome: a questi biglietti si aggiungono generalmente alcune parole affettuose. Esempio: AVV. MARIO DANZI (a mano) con tanti affettuosi auguri Se viene mandato a una signora con cui si è in rapporti formali, si cancella solo il titolo professionale. Per esempio, dopo un invito a pranzo: AVV. MARIO DANZI (a mano) con devoti ringraziamenti Altro esempio: CLEMENTE e FRANCA MARTINI (a mano) ringraziano infinitamente per i bellissimi fiori. Il biglietto da visita può essere mandato per posta al momento di lasciare una città se manca il tempo di fare personalmente una visita di commiato. È un sistema formalmente ammesso, ma spicciativo e freddino. Chi ritiene di adottarlo, aggiungerà qualche parola chiarificatrice: scrivere (nell'angolo in basso a sinistra) soltanto le tre lettere "p.p.c." è un sistema troppo sbrigativo. Può anche capitare che chi riceve il biglietto non sappia interpretare "per prender congedo" e fraintenda in qualche modo le tre lettere come accadde alla moglie di un commerciante, notoriamente indebitato, che credette di dover capire: "pregovi pagare cambiali". Il biglietto da visita può essere mandato in ringraziamento per delle congratulazioni o delle condoglianze. In questi casi, i frettolosi se la caveranno con le due lettere "p.r.", a meno che non abbiano addirittura ordinato dei biglietti con la dicitura "per ringraziare", in basso a sinistra. Chi ha tempo di essere più cortese, preferirà aggiungere a mano alcune parole a quelle già stampate. Il biglietto da visita viene lasciato alla persona di servizio per farsi annunciare alla padrona di casa, se ci si presenta senza essere stati espressamente invitati, oppure, se la padrona di casa è malata e si tiene semplicemente a darle una prova di sollecitudine. Può essere lasciato alla persona di servizio (o al portiere) con le parole "per condoglianze" tracciate a mano, nell'angolo in basso di sinistra, se nell'ingresso della casa in lutto non è stato esposto l'apposito registro per le firme. Se la persona che ci si è recati a trovare non è in casa, il biglietto da visita che si lascia al domestico va piegato lungo il lato destro a circa un paio di centimetri da questo; alcuni preferiscono ancora piegarne l'angolo, come si usava tempo fa.Se la padrona è in casa, il biglietto dato al domestico per farci annunciare, non va piegato. Una signora non si presenta con un biglietto da visita a un uomo, né glielo manda per ringraziare. In questo caso, ricorre a un cartoncino, con poche parole. Finché dipendono dai genitori,le ragazze non hanno biglietti da visita: incominciano ad averne quando s'impiegano, quando fanno lunghi soggiorni fuori casa, quando viaggiano sole. Biglietti sobri: nome, cognome e basta. Un giovane dispone di biglietti da visita quando incomincia ad accompagnare delle signorine, a esser invitato da solo, appena, insomma, ha degli obblighi sociali. Anche per lui: nome, cognome e basta.

Pagina 246

. - Prenderli in giro davanti a terzi (i bambini hanno raramente umorismo). - Umiliarli raccontando qualche loro marachella davanti a un estraneo. - Parlare in loro presenza di cose sconvenienti, dir male del prossimo, criticare una persona alla quale essi debbono rispetto. - Portarli a degli spettacoli inadatti alla loro età. - Lasciare a portata di mano dei ragazzi libri o giornali che non devono leggere.

Pagina 29

Può succedere ancora che passati i ventitré o i venticinque anni, la ragazza che fino a ieri era un fiore, incominci improvvisamente ad appassire, diventi acida e nervosa. La madre accorta non tarda a "capire". Capisce cioè che quello che angustia la poverina è il fatto di non aver ancora trovato marito, e che è giunto il momento, per lei, di intervenire. Con estrema discrezione comincerà a darsi da fare: riaggancerà i rapporti con la signora X, che forse non le è simpatica ma ha tre figli in gamba, tutti scapoli. Solleciterà il consiglio e l'aiuto dell'immancabile amica che "conosce tutti". Spronerà il marito a invitare a teatro il giovane ingegner Rossi che è povero, ma promette un brillante avvenire, o l'avvocato Bianchi che non è più di primo pelo, ma ha una vasta clientela e un appartamento arredato. Dal canto suo, il padre studierà la possibilità di mandare moglie e figlia per la stagione estiva a Viareggio o a Cortina, anziché, come al solito, dai nonni a Castelline in Chianti. E se da questo tramestio verrà fuori, com'è probabile, l'agognato fidanzato, il merito sarà tutto dei genitori.

Pagina 44

Del resto, le notizie di questo genere volano rapidamente e, in quei periodi di crisi, è consigliabile tenersi appartati, parlare il meno possibile e soprattutto non lasciarsi andare a sfoghi rancorosi contro l'altra parte, sfoghi che tutti, naturalmente, son pronti ad accogliere avidamente e con apparente simpatia, per poi trarne conclusioni raramente benevole. In caso di separazione, dovrebbe essere il marito a lasciare il domicilio coniugale. La moglie si deciderà a questo passo soltanto se la situazione sarà diventata insostenibile per lei: andrà ad abitare, almeno provvisoriamente, in casa dei genitori o di qualche prossima parente. La moglie continuerà a portare l'anello nuziale e a firmarsi col nome del marito finché non avrà ottenuto il divorzio o l'annullamento del matrimonio. Ottenuto l'uno o l'altro restituisce al marito i gioielli "di famiglia" che le ha regalati. La signora separata dal marito sarà cautissima nel contrarre nuove amicizie e nel ricevere in casa. Eviterà tutto ciò che potrebbe nuocere alla sua reputazione. Non farà confidenze indiscrete a Tizio e a Caio e soprattutto resisterà alla tentazione di descrivere il marito come un bruto o un Barbablù (e se stessa, di conseguenza, come una pecorella raggirata e delusa). Cercherà di mantenere rapporti per lo meno cordiali con la famiglia di lui. Non ostacolerà gli incontri tra i suoceri e i bambini, se ne ha. Continuerà a mandare alla suocera e alle cognate cartoncini di augurio a Natale e a Pasqua. E il marito, se qualcuno ha il cattivo gusto di sparlare in sua presenza della moglie, non rincarerà la dose, ma cambierà discorso o la difenderà cavallerescamente. Non toglierà il saluto agli amici che continuano a frequentarla. Se la incontrerà a un ricevimento non le volterà con ostentazione le spalle: piuttosto si accomiaterà non appena possibile, perché tocca a lui cederle sempre il posto. Una raccomandazione, infine, all'uno e all'altra: non ponete un aut aut ai vostri amici: "o lei o me. O io o lui". Non metteteli a disagio chiamandoli a giudicare dei fatti che non li riguardano. Abbiate il buon senso di ricordare che fino a poco tempo prima vi sareste ritenuti offesi se avessero azzardata la più lieve critica contro l'uno o l'altra di voi.

Pagina 88

Galateo per tutte le occasioni

187861
Sabrina Carollo 1 occorrenze
  • 2012
  • Giunti Editore
  • Firenze-Milano
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I parenti, a differenza degli amici, non si scelgono. Questo significa che esiste chi riesce ad avere rapporti idilliaci con i propri familiari, ma anche che spesso ci troviamo a dover sopportare legami - a volte stretti - con persone con cui non abbiamo una vera sintonia. Eppure il legame di sangue è qualcosa di forte, che non si può dimenticare alla stregua di un ragno in soffitta, pena gravi scompensi, come insegna Freud. Dunque è forse più saggio imparare a farci i conti, aiutandosi con un po' di buona educazione (ma non di ipocrisia). Non si tratta (solo o sempre) di egoismo: a volte si preferirebbe trascorrere pomeriggi interi a fare volontariato con estranei piuttosto che dedicare un'ora a quei due brontoloni che ci hanno messi al mondo. Non c'è niente di più complesso della gestione di un rapporto familiare. Tuttavia, riuscirci regala un bonus di serenità enorme.

Pagina 145

Il pollo non si mangia con le mani. Galateo moderno

188758
Pitigrilli (Dino Segre) 1 occorrenze
  • 1957
  • Milano
  • Casa Editrice Sonzogno
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Riassumendo: Abitua i bambini a evitare le domande come: «Sai che cosa ho pensato?» «Sai chi ho incontrato?» e le frasi «Te la dò in mille a indovinare», «Mi faccio tagliare il collo se...», «Scommetto 100.000 lire contro un soldo che...» e le esclamazioni «Ah, se si fosse dimenticato di venire», « Ah, se domani facesse sole!» Sono abitudini che i bimbi prendono in casa, nelle case dove si parla a vanvera, così. Abituali a non usare i modi «Chissà, chissà quando, chissà se» e gli inopportuni «non è vero?», gli «eccetera eccetera, e una cosa e l'altra, i non so se mi spiego». Abituali a telefonare, quest'operazione che dovrebbe essere un esercizio di buona educazione: a chiedere scusa quando sbagliano numero, a non inveire se ha sbagliato l'altro; quando chiamano qualcuno al telefono, non domandino villanamente «con chi parlo?», ma dicano: «io sono il tale e desidero parlare al signor X». Se poi tu sei il signor X, educa tua moglie, tua figlia, la serva, la segretaria a rispondere che ci sei o che non ci sei. Non possono ignorare se sei in casa o se sei uscito, e la risposta «vado a vedere se c'è» sarà un mezzo di difesa contro gli importuni che hanno un disco a portata di dito, ma le preoccupazioni per non farsi cogliere al telefono sono la risorsa di coloro che comperano a credito dal macellaio.

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Nuovo galateo

189610
Melchiorre Gioja 1 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Quindi a Roma il marito nel giorno delle nozze spargeva nell'appartamento nuziale delle noci, a fine di dare ad intendere che ai giuochi e alle inezie della gioventù rinunciava, e che

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IL nuovo bon ton a tavola e l'arte di conoscere gli altri

190537
Schira Roberta 1 occorrenze
  • 2013
  • Salani
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Se dovete rinunciare a un invito all'ultimo minuto, scrivete un biglietto di scuse e fatelo recapitare alla padrona di casa dal fiorista insieme a un piccolo bouquet (una pianta nel caso di un uomo). Assolutamente consigliato anche nel caso si tratti di una donna che avete invitato a cena.

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La giovinetta educata alla morale ed istruita nei lavori femminili, nella economia domestica e nelle cose più convenienti al suo stato

192492
Tonar, Gozzi, Taterna, Carrer, Lambruschini, ecc. ecc. 7 occorrenze
  • 1888
  • Libreria G. B. Petrini
  • Torino
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  • UNICT
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Orlo piano - Cucitura a soppunto, che si fa nella stoffa allorché si rivoltano due volte i lembi della medesima, non muniti di vivagno, perché non ispiccino. Orlo a traforo - Si eseguisce nella medesima direzione dell'impuntura a traforo, avvertendo tra un punto e l'altro di prendere anche il margine dell'orlo. Costura - Cucitura a punto cieco o a minutella, che si fa a qualche distanza dai lembi della stoffa e parallelamente ai medesimi. La costura può essere aperta e rivoltata. È aperta quando i lembi si lasciano liberi per essere spianati in direzione opposta, e se non sono muniti di vivagno si sopraffilano a punto di sopraggitto lungo e molle. È rivoltata quando la si fa con ribattitura. Spianati i lembi della cucitura, si rivoltano in dentro a guida d'orlo, lasciando una larghezza proporzionata alla finezza della stoffa. Conviene ritagliare un pochino il lembo interno, acciocchè la costura riesca sottile e piana; quindi si ferma il lembo rimboccato col soppunto. Increspatura - Dovendo unire due pezzi di stoffa d'una lunghezza disparata, si riduce in crespe il più lungo, facendo una filza a punti più o meno distanti, secondo l'ampiezza e la qualità della stoffa, ma sempre uguali. Si ritira il filo delle crespe, finchè le due lunghezze siano pari. Le crespe si strisciano prolungando con un ago adatto l'incavatura, e quindi si attaccano una per volta a soppunto. Pieghe - Piccole baste, che servono d'ornamento ai davanti delle camicie, ai corsetti, ai grembialini, ecc. Per eseguirle s'incomincia dal segnarne la piega, facendo scorrere l'ago a dritto filo al disotto di essa. Poi si leva un filo dalla tela, là dove si vuol segnarne la larghezza, e su questa si fa una filza o un'impuntura con punti di due fili ciascuno. Volendo cucirle traforate s'imbastiscono al rovescio e si procede come per l'orlo a traforo. Occhiello - Taglio oblungo (fig. 10) o circolare (fig. 11) entro cui passa il bottone che l'affibbia. I lembi si cuciscono a punto d'asola ed alle estremità si fanno due magliette a punto smerlo (vedi Cap. Ricamo) Asola - Maglietta di filo, che si fa alle due estremità dell'occhiello (fig. 11). Maglietta - La maglietta propriamente detta è formata da più fili uniti fra loro da punti ad asola, e che fa le veci dell'occhiello (fig. 12) Fig. 10 Fig. 11 Staffa - Piccola spranga a punto d'asola che ferma gli sparati (fig 13). Fig. 12 Fig. 13 Rammendo - Il rammendo consiste nel rifare con aghi appositi, lunghi e flessibili, infilati di cotone, di Fig. 14 seta o d'altro, i fili del tessuto e del ripieno (fig. 14). Quando il rammendo è mal fatto dicesi frinzello. Rattoppo - La toppa o il rattoppo consiste nel soprapporre un pezzo di stoffa a un capo di vestiario nella parta rotta o stracciata, attaccandovelo a sopraggitto, e facendo la ribattitura a sottopunto (fig. 15 e 16) Quando non si ribatte, si spianano i lembi della cucitura e si sopraffilano. . Nelle toppe il più difficile sono le cantonate (Bulgarini). Fig.15 Fig. 16 Marca - Contrassegno che si fa alla biancheria combinando con una serie di punti in croce iniziali e numeri. La marca (iniziale e numero d'ordine) é indispensabile in qualunque capo di biancheria.

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I lembi sono orlati a soppunto ed uno degli angoli è segnato colle iniziali e col numero d'ordine. Quelli tessuti ad opera ed ornati di frangia si chiamano tovaglioli (macramé). Questi si marcano a qualche distanza dalla frangia a metà del lembo inferiore. Grembiali - Panno grossolano di canapa, che si ferma con trecciolo attorno alla vita e serve a riparare gli abiti. Si fanno anche con pettorina fermata attorno al collo con nastro. Il lembo inferiore è munito d'orlo, e ad uno degli angoli del superiore si fa la marca. Canavacci o strofinacci - Cenci grossi di canapa orlati alle estremità e marcati in un angolo. Servono ad asciugare e strofinare qualsiasi masserizia. Tovaglia - Pannolino orlato, tessuto ad opera, di grandezza varia, che si distende sulla tavola per apparecchiare la mensa. Quelle d'uso comune si marcano in rosso con punto in croce in un angolo ; quelle di maggior riguardo si contrassegnano colle iniziali intrecciate o distinte fatte a punto di ricamo alla metà di due lati opposti. Salvietta o tovagliolo - Pannolino tessuto ad opera come la tovaglia. La dimensione è quasi sempre segnata dal disegno di contorno, ed è press'a poco di m. 0,85 di quadratura. Si appunta al petto o si tiene in grembo per riparare gli abiti quando si è a mensa. Se ne orlano le estremità, e si marcano a punto in croce in un angolo o a punto di ricamo in mezzo o lateralmente. Chiamansi pure tovaglioli quelli che si adoperano per il thè. Lenzuola - Ampi pannilini, che si mettono nel letto subito dopo il materasso e fra i quali si giace. Sono composti di due o più teli secondo la larghezza del letto ; ciascuno di essi è munito lateralmente di vivagno ed ha una lunghezza che varia da m. 3,30 a m. 3,50. I teli si uniscono fra loro a sopraggitto e si orlano alle estremità. Al lenzuolo eli sotto, cioè a quello che avvolge il materasso da capo a piedi, basta un orlo a soppunto di cm. I di larghezza. All'estremità superiore del secondo, cioè a quella parte che si rovescia sopra le coperte e che dicesi rimboccatura, si fa un orlo in impuntura o a traforo largo da cm. 5 a cm. I0. Per le lenzuola di lusso si tesse appositamente della tela detta crès avente due e anche tre metri di larghezza per evitare la cucitura dei sopraggitti. Queste si contrassegnano con iniziali ricamate o a metà del telo, o in un angolo a qualche distanza dall'orlo della rimboccatura. Federa - Guscio del guanciale fatto a guisa di sacchetto. Si fanno d'ogni sorta di tela, come le lenzuola, ma ordinariamente di maggior finezza. La larghezza della tela deve superare di qualche centimetro quella del guanciale per l' abbottonatura. La lunghezza é due volte l'altezza di esso, per essere piegata in due a dritto filo e cucita in costura alla parte inferiore. A destra si uniscono i due vivagni a sopraggitto e a sinistra si fanno due orli larghi cm. 3, uno superiore e l'altro inferiore. Per dividerli l'uno dall'altro si fa alla parte superiore della federa un taglio orizzontale lungo cm. 6 (due volte la larghezza dell'orlo), poi se ne piegano in dentro cm. 3 per formare l'orlo superiore (essendovi vivagno basta piegare una sola volta). Per l'orlo inferiore si piega due volte in dentro la larghezza del primo, così facendo acquista maggior solidità per resistere all'attaccatura dei bottoni. La parte superiore, superando la seconda per tutta la larghezza dell'orlo, questo, munito d' una fila d'occhielli, si può con tutta facilità sovrapporre all'altro, a cui si attaccano i bottoni, che l'affibbiano. Il primo si cucisce al diritto con impuntura, il secondo a rovescio e a soppunto. Le federe d'uso comune si marcano a punto in croce in un angolo sotto l'orlo inferiore, quelle di riguardo con iniziali distinte o intrecciate fatte a punto di ricamo superiormente o in un angolo della federa. Coperta - Ampio panno di diversa stoffa, col quale si copre tutto il letto. Si orlano le estremità e alle parti laterali si attacca trina o frangia secondo la stoffa.

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Quindi con cotone apposito si ordisce il ricamo ossia si contorna il disegno a punto di filza, poi si fa il ripieno, che consiste nel rilevare con una serie di punti d'imbastitura fatti in senso opposto a quelli di ricamo, le parti che debbono avere maggior rilievo. Fatto questo lavorodi preparazione, si ricopre il ripieno col punto buono od a raso, il quale non é altro che un soprammano di maggiore o minore larghezza, i cui punti sono ugualmente serrati e vicini gli uni agli altri, in modo da non accavallarsi, ne lasciare Fig. 1 Fig. 2 il menomo spazio tra di essi (Plumetis) (fig. 1). La linea di contorno deve riuscire nitida e corretta. Il cordoncino si ordisce e poi lo si ricopre con sopraggitto. Serve a contraffare il contorno delle foglie, le nervature, i gambi dei fiori ed altre minute particolarità del disegno. Il punto smerlo (fig. 2) è una specie di punto occhiello inverso. Rende solidi i contorni del disegno, si che frastagliando la parte superflua di esso, la stoffa non ispiccia. Si fa lavorando da sinistra a destra, tenendo la curva del disegno rivolta verso di noi. Quindi si passa il punto sull'orditura tenendo il filo e l'ago come viene indicato nella figura. Quando lo smerlo comprende una superficie largha si fanno 2 orditure ed il ripieno tra l'una e l'altra. Lo smerlo a centina (fig. 3) è uno smerlo con più smerlini Fig. 3 attorno e con doppio contorno. Tra l'uno e l'altro vi un piccolo spazio in cui si fa il ripieno. Il punto penna (fig. 4) è una varietà del plumetis. I punti si dispongono obliquamente come le barbe d'una penna. Fig. 4 Fig. 5 L'impuntura e il punto sabbia (fig. 5) servono a rendere più leggiere alcune parti del lavoro. Volendo ad esempio eseguire una foglia, quella parte, per la cui disposizione può supporsi maggiormente colpita dalla luce, si fa a punto buono, l'altra si contorna a cordoncino e si riempie ad impuntura o a punto sabbia. Affinché questi punti Fig. 6 riescano di maggior effetto si dispongono in fila ed alternati. Il punto a nodini (fig. 6) consiste in una serie di nodi, che s'adoperano talvolta invece del punto sabbia ; e si fanno nella parte interna del fiore per contraffarne i semi . Il punto a rammendo (fig. 7 e 8) si fa sul tulle o sul Fig. 7 modano. Consiste nel riempiere a seconda del disegno i fori della stoffa con punti a ripresa. Il punto a retina si fa nelle parti interne del disegno per rendere il lavoro leggero e trasparente. Si fanno diverse specie di reti, sia lavorando a traforo i fili della stoffa, sia tagliando via la parte del disegno destinata a questo lavoro per rifarla poi a punto smerlo, combinato in modo da formare diverse specie di reti (Vedi Imitazione di Pizzo). Fig. 8 Un traforo facilissimo è quello fatto a punto scala. Si tolgono longitudinalmente i fili della stoffa, poi se ne prendono tre o quattro sull'ago e si uniscono tra loro col cordoncino. Questo lavoro produce tante sbarre separate da altrettanti fori uguali. Un altro di bell'effetto è quello lavorato in quadrato. Si levano i fili a due a due o a tre a tre in quadrato; poscia si affranca ciascun contorno con un sopraggitto molle, fatto con filo sottilissimo e lavorando in linea obliqua.

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Lucida, vasta, aperta all'aria è la cucina; a travi il soffitto; tre usci, quattro finestre. A giusta distanza da quelle due che guardano a ponente, s'alza il focolare ; a' muri, che di frequente s'imbiancano, stanno addossate le credenze e gli stipi. Nel mezzo, eccoti una gran tavola d'abete, ai servigi della cuoca e delle fantesche. A manritta i fornelli, a sinistra l'acquaio. Appiccati agli arpioni e con bell'ordine, stanno sospesi gli utensili atti ad apprestar le vivande. Basterà ch'io ne ricordi i più usuali. Vedi su pulita rastrelliera ogni guisa di stoviglie, e un'apposita scanceria ; a fianco di questa, ha col mortaio il pestello, le grattugie, stacci e staccini, taglieri, mestole e matterelli da rispianar paste o tramestar la polenta ; lo scotitoio dell'insalata, i bossoli del sale e delle spezie. E non guardi lungi puoi metter mano sopra il tamburo da tostare il caffè, col molino per macinarlo, la cioccolattiera col frullino, le caffettiere. Il girarrosto a peso pende a fianco del camino; e su questo le molli, l'attizzatoio, la palletta, il soffietto. A un passo di là, infilate su lungo bastone, stanno scumarole, ramaioli, forcine, treppiedi. Nelle caldaie, nel paiuolo, nelle pentole, si mette a bollire acqua, carne e che altro si voglia allessare; cucinansi nelle casseruole gli stufati o più fini manicaretti. L'arrosto s'infilza nello spiedo o schidone, sorretto dal fattorino; ed affinchè l'untume non coli sulle bragie, vi si soppone la ghiotta. Nella padella si frigge, s'arrostisce sulle gratelle. Nelle brocche, ne'secchi, ne'ramini si infonde acqua, brodo o altro liquido che si voglia. La cucina dev'essere scopata spesso, lavata, assestata in ogni sua parte. E le figliuole di casa per ischifiltà o soverchia delicatura, non se ne tengano lontane. Noi v'entriamo a certe ore del dì, non a scioperìo di tempo o per arraffare qualche cosuccia o scuriosare che vi si appresti, ma sì per accudirvi alle incombenze che a volta ci sono imposte.

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Limpidissima v'entra la luce da un finestrone che s'apre a poggiolo, e una vite di caprifoglio, sottesa a pergolato, l'abbraccia al di fuori. Ha vista sopra il giardino, che è lieto d'ombre e fresco di acque correnti. Semplici e pochi ne sono gli arredi. Nello sfondo del soffitto abile pennello ritrasse Minerva co' simboli dei lavori donneschi ; non seggiole, ma un divano ricorre tutto all'intorno, al quale, in cambio di stoffa: fa coperta un ricamo a punto di croce che affigura fiori e fogliame. In un canto, appoggiato sui trespoli, vedi sempre il telaio con su disteso qualche lavoro ; giacchè ove le sopravvanzino anche pochi minuti, la mamma mette tosto mano a qualcosa. E se non ricama, recasi il tombolo sulle ginocchia, e agucchia o rappezza. Fila talvolta ; ed addestrava me pure a trattare la rocca ed a trarne il pennecchio col fuso. Né manca qui l'arcolaio per dipanare le matasse o l'aspo per incannarle. « Umili mestieruzzi, mi dice ella talvolta, sono codesti, e che poco si tengono ora da conto, se pure non vanno spregiati; ma oltrechè a' tempi antichi non v'era gran signora o principessa che li sdegnasse, una fanciulla non deve ignorar nulla di quanto s'appartiene a donna. Perciò m'apprese a scantonare, a marcare, a far calzette. Ed io, beata dello starle vicina, passo qui entro le ore rattoppando gli sdruci nei vestiti de' miei fratellini, ovvero rimendando panni, sieno essi di lino o di seta. Nè havvi punto, dei tanti che si richiedono a ben cucire in bianco, onde ella non mi sia divenuta maestra ; lo che, per suo avviso, è più utile d'ogni ricamo. Nel quale, come e quanto industriosamente si adoperasse mia madre sino dagli anni suoi giovanili , lo dicono a sufficienza le pareti di codesto stanzino. Nè quadri più appropriati potrebbero ornarlo ; paeselli, con monti, alberi, acque, uccelli e fiere, fiori e frutta di ogni maniera. Li diresti disegni a matita, eppure son fatti coll'ago. E vi piace sapere ove serbi gli strumenti che si domandano al femminile lavorio? Tirate un po' la maniglia di quel tavolino e ci vedrete ditali, agorai di argento e d'avorio, cesoie di forma e grandezza diversa, uncinetti, ferri e ferruzzi di ogni natura, piombini per ordire cordoni, torselli o guancialetti da infiggervi gli spilli e refe di seta, di lana, di cotone, di lino e d'ogni sottigliezza e colore.

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Il salotto di ricevimento è destinato ad accogliere le persone amiche e benevoli, che di tanto in tanto vengono a visitarci. Vi si entra per due usci, posti fra loro a giuste distanze, rimpetto a cui si aprono le finestre, le quali sono guernite al di dentro da cortine di mussolina bianca, trapunte a fioretti rossi e con frangie dello stesso colore: e le gelosie, onde vanno chiuse al di fuori, giovano ne'giorni estivi, a scemare il caldo e la troppa luce. La stanza, di forma quadrata, ha le pareti messe a carte di Francia simulati una stoffa cilestre, rabescata a striscie e meandri d'argento; il pavimento va commesso a pietruzze, quali bianche, quali giallognole, altre verdi, altre nerastre. Dipinto a chiaro scuro il soppalco, e con tanta singolar maestria, che gli ornati, a chi li guarda dal basso, sembrano fatti a rilievo. Di fino cristallo e lavorato a facce è la lumiera sospesa nel mezzo; e quando avvenga che di notte se ne accendano i dieci bracciali di metallo dorato, se ne spicca una luce viva e brillante. Seggioloni all'antica circondano il sofà o canapè, foderato di raso verde ; lungo il muro seggiolini leggeri leggeri, e che, da quanto intesi, vengono da Genova. Tra il vano delle finestre grandeggia uno specchio con fregi ed incassature di mogano ; e vi soggiace una mensolina di marmo, su cui stanno candelabri d'argento e vasi d'alabastro, che mi dissero etruschi. Bello il tavolino posto a ricontro: non rotondo ma oblungo, si regge sovra una colonnina spirale che finisce in quattro zampe di fiera. Coprirlo di tappeto sarebbe peccato, giacchè mostra nel mezzo un paniere di fiori sormontato da due colombelle, stupendo lavoro di tarsia.

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Un dì sua madre le diede a sgrovigliare una matassa intricatissima. Laodice si pose innanzi il suo arcolaio, e diessi a cercare il bandolo. Una grossa ora era passata, e la matassa si faceva più che mai arruffata. Ma a forza di girare e rigirare, cercar da una parte, tentar dall'altra, il filo prese a svolgersi; e Laodice ne vestì parecchi gomitoli.

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Galateo morale

197566
Giacinto Gallenga 9 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino-Napoli
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  • UNICT
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Vi sono degli avvocatini di fresco pelo che si fermano disputando a ogni osso di formica e affollano un torrente di parole da affogare tutta quanta l'udienza; ma allo strizzar che farai di quelle interminabili parlantine non sarai buono da farne uscire un'oncia di salde ragioni. Causa pur troppo è questo di perditempo ai presidenti ed avversari, costretti a tapparsi un orecchio per non uscire balordi dall'aula; poiché nulla stanca più il cervello che il vociferare a vuoto di chi non ha nulla d'importante da dire. A codesti armeggioni che s'affannano a gonfiare delle bolle di sapone, ed il prossimo per giunta, è inutile raccomandar la discrezione: togliete loro la lingua; cosa ne rimane della loro avvocatura? Vox, vox, proetereaque nihil!

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La musica ci crea desiderii infiniti da cui l'anima sorge esaltata a virtù, a coraggio, a sacrifizio, ad amore; quante belle azioni non si videro in pace e in guerra a cui venne l'uomo eccitato a compiere dalla influenza esercitata sulle sue fibre, sul suo cuore dal suono e dal canto? Sofocle, Tirteo, Dante, Camoens, Koerner, Mameli furono prodi guerrieri e cantori; la loro poesia era uno sfogo generoso, spontaneo del più puro amor patrio, un appello a difenderla, cui facean seguire essi stessi l'esempio scendendo in campo a combattere, a morire per lei; e non già un impotente corruccio, una stupida imprecazione contro nemici con cui non osassero misurarsi. Il sacrifizio? il poeta, il vero poeta vi è rassegnato, pensando che:

Pagina 312

Intanto io, vi farò un quadro della vita domestica della maggior parte dei contadini; quadro di cui più volte fui testimonio nella mia giovinezza, in gran parte trascorsa in mezzo a loro. In molti paesi le mogli, le sorelle, soventi le madri istesse dei contadini non seggono a mensa coi mariti, coi fratelli, coi figli, ma in disparte su un trespolino o accoccolate in terra. Esse vengono riguardate in casa come creature di molto inferiori agli uomini; non è mai che le vengano ringraziate degli umili e faticosi lavori a cui si avrebbe scrupolo di assoggettare gli stessi animali da soma. Trottano da un pease all'altro senza giammai fermarsi a prendere il menomo ristoro; si arrampicano sulle più erte cime a tagliar legne o a falciar delle erbe che poi trascinano a stento su per le aspre roccie o portano in fasci enormi sul capo, onde quello schiacciamento cerebrale che è poi cagione di istupidimento in parecchie di quelle povere creature. Alcune muoiono precocemente, affrante da quel bestiale lavoro; qualcheduna precipita dalla vetta di un monte e giù per le falde rotolando arriva sciancata, sanguinolente fin nel letto del torrente, o rimane appiccata a qualche ramo sporgente sull'abisso, dove il marito ha poi l'incomodo di doverla andar a prendere e trasportare a casa. Vedrete la maggior parte de' nostri contadini desolarsi assai più delle malattie, delle morti del loro bue, del loro ciuco, del loro maiale che non di quella delle loro mogli, delle loro figlie, della loro sorelle. Nel primo caso, cioè se cade inferma la bestia, corronno issofatto, di giorno e di notte, dal miglior maniscalco cui vanno a cercare anche lungi dal paese e non guardano a spese ed a fatiche per farla tornare in salute; ma se non è che una donna quella che si ammala, si strascinano lemme lemme da un medico purchessia, più sovente anche da un empirico perché si rechi a visitarla — oggi o domani; — spendono, maninconiosi, il men che possono in visite e medicine, e non rifiniscono di brontolare e di piagnucolare se l'ammalata sta un pezzo a rimettersi... o a partire. Se vedrete un villano aver buon cuore per la moglie e pei bimbi, prendetene nota e fategli di cappello come a un'onorevole eccezione; ma state pur certi che egli sarà per di più, per quanto lo richiede la sua condizione, per quanto lo permette l'ambiente in cui vive, costumato e pulito.

Pagina 395

Siate puntuali a pagar loro il salario; prima per coscienza, poiché a ognuno si ha a dare a tempo dovuto il fatto suo; poi per interesse; una lira sottratta all'avere dei servi vi porterà in cassa l'ammanco di uno scudo. È naturale! voi date loro l'esempio dell'immoralità, del furto; essi crederanno la loro coscienza al coperto, contraccambiando le vostre azioni con azioni somiglianti. È difficile che vediate prosperare un negozio, una casa in cui si nega o si fa tardar la mercede agli operai, ai servitori. E poi? non avete voi l'ambizione di esser tenuto per gentiluomo? e come lo sareste se non vi deste premura di pagare i vostri debiti? E non è il salario a chi lavora un debito d'onore uguale almeno a quelli che voi incontrate, sulla parola, giuocando? Non mettete i servi a parte dei segreti e degli interessi vostri; date loco bensì quella confidenza limitata ed amorevole, mostrate loro quell'interessamento che non possono dar luogo a infedeltà, a indiscrezioni, a mancanze di rispetto. Abbiate in presenza dei servi i massimi riguardi alla moglie, ai figlioli; evitate in loro presenza i diverbi, le rivelazioni di fatti che richiedono la massima segretezza; onde non venga meno in loro la reverenza a voi, alle donne vostre, ai vostri figli, amici, congiunti; e non diasi occasione a dispiaceri e a danni di cui possono rendersi autori quei servi che non fossero modelli di discrezione. Marito, non prender parte coi servitori contro la moglie; moglie, non contro il marito; figli, non contro il padre e la madre vostra, contro le sorelle, contro un vostro superiore o compagno, qual ch'esso sia. Non permettete, genitori, in soverchia famigliarità dei servi verso di voi o verso i vostri; ciò non conferisce al rispetto che avete diritto e dovere di esigere per voi e per gli altri da loro.

Pagina 405

Ma se giova alla morale e alla civiltà che si venga dai ricchi in aiuto alla povertà leale, involontaria, pudibonda; vuolsi ad ogni modo schivare la carità inconsiderata che vale soltanto a promuovere l'infingardaggine, il vizio mascherato di una finta o colpevole miseria. «Un uomo, dice Montesquieu, non è sempre povero perché manca di tutto, ma perché gli manca, il più delle volte, la volontà di lavorare». Narrava testé un giornale che a Parigi, appena proclamata la pace, col risuscitare dell'attività soffocata per tanto tempo dal doloroso assedio sofferto, alcuni industriali si affrettarono a riaprire i loro opifizi, e invitarono perciò gli operai disoccupati a riprendere i lavori. Ebbene, ben pochi di essi risposero all'appello. Gli altri, avvezzi a percepire un assegnamento giornaliero di trenta soldi, fornito dal Governo mentre si trovavano sospesi i lavori, non seppero adattarsi a ritornare subito alle vecchie fatiche, mostrando così di preferire il pane della carità pubblica alla mercede dell'operaio. Il vero povero è dignitoso, e se a voi ricorre nei suoi assoluti bisogni, esso

Pagina 413

Bisogna salutare chi entra, cortesemente, cioè non si deve invece di saluto scuotere lievemente il capo o torcere il collo senza muovere il corpo o guardar l'arrivato, come si dice, a mezz'occhio. Non avvicinarti a person che parlino sommessamente. Il curioso è stretto parente del delatore. Non immischiarti a un colloquio di persone a te superiori od anco uguali, senza esserne invitato. Deggionsi guardare in faccia le persone a cui si parla. Non si deve susurrare all'orecchio del vicino, né accennare colle dita e cogli occhi a persone lontane, né ridere scioccamente e sghangheratamente, né ammiccare maliziosamente onde non dar luogo a sospetti e a mormorazioni. Non portare la mano davanti a una persona per porgere o ricevere cose da un'altra. Non isputare sul fuoco né stuzzicarlo con mollette, ramicelli od altro. Non iscaldarsi i piedi col dorso al camino, né coprirne la bocca colla tua persona. Non leggere carte, lettere od altro in presenza altrui prima di esserne stato pregato.

Pagina 436

Siete invitati a pranzo? Sarebbe cosa incivile da parte vostra il farvi aspettare, ma non sarebbe guari più civile l'anticipare sull'ora fissata il vostro arrivo, obbligando nel primo caso i commensali ad aspettare i vostri comodi, costringendo nell'altro i padroni di casa a trascurar le proprie faccende per occuparsi della vostra persona. Se invitati, tu e la donna tua, ad un pranzo non condur teco anco la figliuolanza; tanto meno gli amici, i conoscenti tuoi senza esserne decisamente autorizzato da una larghissima confidenza. Sarebbe peggior cosa lo abusare del parente, quando ei si trovasse a villeggiare in campagna isolata, lontana dal paese, mettendolo nell'impiccio mortificante di dovere a te, a'tuoi fare magra accoglienza e sottostare a spese, a disturbi gravi, obbligandolo a lanciare le persone di servizio, i figliuoli in ogni direzione per apprestarti un decente convito. La libertà della campagna non autorizza l'indiscrezione di queste grate soprese. Peggio poi se la tua comitiva intendesse di prendere alloggio presso l'ospite tuo, costringendolo a metter sossopra la guardaroba, il mobilio onde improvvisare i letti da potervi accogliere tutti.

Pagina 485

Alcuni padri sanno a gran pena acconciarsi all'agitazione, al movimento tanto naturale alla tenera età: ogni grido li turba, ogni rumore li indispettisce: non si ricordano d'essere stati essi pure fanciulli; non san farsi piccoli coi piccoli, non hanno a mente le parole di colui che disse: lasciate i pargoli venire a me - e che oggi come allora

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Non abbiate paura d'un filo d'aria che vada a colpire i vostri bambini: non vi spaventi un piccolo mal di capo, una leggera infreddatura: insomma non opprimeteli di cure soverchie che avranno per effetto di renderli timidi, cagionevoli, inetti. Avvezzateli dai loro teneri anni alle privazioni, ai sacrifizi; avvezzateli a soffrire, avvezzateli insomma alla vita quale si presenta poi nel corso degli anni. «Ma non basta — è sempre il D'Azeglio che vi parla — avvezzateli a soffrire il caldo e il freddo, le intemperie, perchè sapete che inevitabilmente dovranno esporsi in appresso a soli ardenti, a nevi, a pioggie, ecc.: e, poi non potendo ignorare che i figli saranno esposti ugualmente a delusioni, a sventure, pensate anche da questo lato ad avvezzarli a soffrire. Insomma i bambini hanno diritto di non essere sacrificati ad inopportune e dannose tenerezze. Bisogna avvezzarli a patire, ed ubbidire quando il dovere e la necessità lo impongono». Non s'hanno quindi a soddisfare tutte le voglie, tutti i capricci dei fanciulli, e conviene anzi qualche volta lasciarli alle prose coi disinganni e coi dispiaceri. Né ciò vuol mica dire contrariarli sistematicamente, poiché ciò servirebbe unicamente ad irritarli, e predisporli alla ribellione. Guai se essi s'accorgono che voi siate dalla parte del torto, che le vostre opposizioni sono guidate, piuttosto che dalla ragione e dall'affetto, dal capriccio e dall'ostinazione. Non seguite la moda ridicola e dannosa di mandare in volta, i ragazzi colle gambe nude per far pompa delle loro carni morbide, bianche, rigogliose, come fareste di una poppatola, a costo di far guadagnare a quei poverini delle costipazioni; non fate dei figli vostri, dei soggetti da esposizione; avvezzateli anche da fanciulli alla dignità e al riserbo. A qualunque condizione essi appartengano, sia il vestir loro decente e modesto, onde non abbiano ad inorgoglirsi osservando la differenza tra i loro abiti costosi e brillanti con quelli dei fanciulli delle classi inferiori; poichè ciò farebbe nascere in loro un sentimento di disprezzo per la mediocrità e povertà, mentre voi sapete che il disprezzo voi non dovete in quei teneri cuori ispirarlo fuorché per il vizio.

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Signorilità

198540
Contessa Elena Morozzo Della Rocca nata Muzzati 2 occorrenze
  • 1933
  • Lanciano
  • Giuseppe Carabba Editore
  • paraletteratura-galateo
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Un elemento molto usato per un salotto dove ci si vive, per uno studio, per una stanzetta da fumare (fumoir), è ora il cuoio, specie sotto forma di poltrone e di sofà o di quei «tabouret», che vorrei chiamare tipo «Lenci», perchè sono spesso a spicchi, a disegni geometrici. Questi ultimi si comperano molto vantaggiosamente a Tunisi e anche a Tripoli, e sono poco ingombranti pel trasporto. Si montano, riempiendoli solidamente in crine. I sofà e le poltrone ora vanno preferibilmente in cuoio naturale tirato, ma costano moltissimo; sempre però sono belli e di moda i sofà e poltrone di marocchino color rosso scuro, in cui la persona femminile pigramente affonda, e in cui è molto dolce fumare una buona sigaretta... E che può esservi di più intimo di due belle poltrone di cuoio rosso, in un angolo di salotto, accanto a un tappeto color fiamma, e a un immenso vaso di bronzo pieno di foglie?... o di un piccolo sofà veneziano, sotto ad un arazzo del 700, accanto ad un tavolino laccato di verde, con una panciuta «cogoma» d'argento e delle «chicchere» dorate? O di due poltroncine medioevali accanto a un ricco tavolino con gli scacchi? o di un sofà dorato, ricamato a mano con la «tapisserie» francese, accanto a uno stipo in legno di rosa?

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Qualsiasi lettera cominci con due sole formule, a seconda della confidenza che si ha colla persona a cui ci si rivolge: gentile o gentilissima oppure con quella inglese, che è molto usata: «cara» o «carissima»... lasciando per sempre i «colendissimo, illustre, nobile, onorata, stimatissimo ecc.». Ogni lettera finisca con tre sole formule - «dev. suo, obl., aff.» lasciando «dev. servo» al fattore, quando scrive alla padrona. Rivolgendosi a un sacerdote, si mette: «al M. R. (molto reverendo) Don»; rivolgendosi a un prelato: «M. R. Monsignore»; a un Vescovo: «Eccellenza»; a un cardinale: «Eminenza»; al Papa: «Santità». E non si mandano «saluti» o «cordialità» ma «ossequi devoti» oppure «prego l'E. V. di gradire l'espressione della mia devozione». Scrivendo al Pontefice (come può succedere per pregarlo di una speciale benedizione o preghiera... Quante volte ci rivolgemmo a Lui per i nostri gloriosi prigionieri di guerra!), la formula di congedo deve essere particolarmente rispettosa - quale era quella della Regina Margherita nelle Sue lettere a Vescovi e Cardinali «con figliale affetto e colla massima devozione e reverenza, della Santità Vostra umilissima e devotissima».

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Come si fa e come non si fa. Manuale moderno di galateo

201088
Simonetta Malaspina 3 occorrenze
  • 1970
  • Milano
  • Giovanni de Vecchio Editore
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Egli deve sentirsi amato, ma non autorizzato a sfruttare la pazienza e l'amore dei grandi. Naturalmente non bisogna cadere nell'eccesso opposto. Non umiliate un bambino, soprattutto in presenza d'altri, e neppure castigatelo senza una vera ragione: i bambini devono essere persuasi col ragionamento, non con le grida o le minacce. I bambini devono imparare il più presto possibile a curare la propria igiene personale, a non sporcare, a essere ordinati: anche la pulizia fa parte della buona educazione. Devono imparare anche a mangiare con garbo, da soli, usando a poco a poco tutte le posate. Difficilmente un bambino imparerà tutte quelle regole che rientrano nella prassi della normale educazione, se i genitori non gli avranno dimostrato di saperla mettere in pratica per primi. Un bambino bene educato, di solito, a un bambino nato e cresciuto in una famiglia serena, tranquilla, dove nessuno litiga, nessuno alza la voce, nessuno a ostentatamente sgarbato verso gli altri. È ingiusto pretendere da un bambino ciò che gli adulti non sono capaci di fare: è da questa incoerenza dei genitori, nei primi anni, che nasce spesso la futura e reciproca incomprensione tra padri e figli. In conclusione, i bambini accettano istintivamente una guida: e i bambini ben guidati sono sempre più soddisfatti e contenti di quelli che fanno ciò che vogliono e non riconoscono autorità alcuna. Un bambino non nasce maleducato ma lo diventa a volte per l'imperizia o la troppa indulgenza dei genitori.

La cameriera (o il cameriere) porta a tavola, per ogni persona un piattino con le posate da frutta disposte in posizione verticale. Soltanto quando si è molto in confidenza con gli invitati, e soprattutto quando la padrona di casa non può contare sull'aiuto di una cameriera, le posate da dessert si mettono davanti a ogni piatto (fin da quando si apparecchia la tavola) in posizione orizzontale, cioè tra il piatto e i bicchieri. Ogni commensale mette a destra del suo piatto le posatine da dessert. Se sul piatto, insieme con le posatine, è stata portata anche la coppetta lavadita contenente acqua tiepida e un petalo di rosa (o una fettina di limone), egli la metterà alla sua sinistra col relativo salviettino (a meno che non abbia già pensato a mettercela la persona che serve a tavola). Alla fine del pranzo immergerà la punta delle dita nell'acqua profumata e l'asciugherà col tovagliolo. Questo gesto e simbolico poiché si presume che nessuno si sporchi le mani a tavola. Tuttavia resiste ancora per tradizione, e conclude spesso alcuni pranzi di una certa importanza. Chi non dispone di un servizio adeguato può farne benissimo a meno. Non servite il caffè a tavola. (V. la voce Caffè.)

Andare a teatro comporta una certa preparazione, un certo rispetto per determinate regole, un certo abbigliamento. Tanto per cominciare, si comprano i biglietti con un certo anticipo: e già questo particolare costringe a prendere un impegno a distanza di giorni, e all'osservanza della puntualità. In secondo luogo si crea qualche discriminazione: chi siede in poltrona ha doveri e diritti diversi da colui che ha un posto in balconata. Entrando in teatro, andate al guardaroba. A dire la verità la regola vorrebbe che la donna non lasciasse in guardaroba né cappotto né pelliccia. Ma la praticità, che supplisce al galateo in molti casi, consiglia di non formalizzarsi troppo. Quindi, sia l'uomo sia la donna lascino pure cappotto o pelliccia in guardaroba, piuttosto che tenere un informe fagotto sulle ginocchia o scoppiare dal caldo durante lo spettacolo. La puntualità e l'educazione impongono di arrivare a teatro per tempo, cioè prima che si alzi il sipario. Ciò è doveroso non solamente verso gli attori che lavorano, ma anche verso gli altri spettatori che già hanno occupato il posto. Il chiedere scusa non basta a giustificare i ritardatari. Le maschere farebbero bene a non ammettere più nessuno in platea quando le luci sono spente. Ammesso che arriviate a teatro puntualmente, non rimanete nel ridotto fino all'ultimo momento. E quando la maschera vi ha guidato al vostro posto, compensatela con una piccola mancia, che dovete tenere a portata di mano. Nella fila fate sempre entrare per prime le signore: in ogni caso queste non devono occupare le poltrone che danno sul corridoio. Se gli uomini sono due, la signora sarà seduta nel mezzo. Se invece due sono le donne l'uomo occuperà la poltrona che, rispetto al palcoscenico, è più scomoda. La regola della comodità vale anche per la disposizione dei posti nei palchi. Il posto più comodo, rispetto al palcoscenico, spetta sempre alla signora (e, nel caso di più donne, a quella di maggiore età). Se le donne sono due, l’uomo siederà al centro. I biglietti vanno tenuti sempre a disposizione, in caso di involontari errori o contestazioni. Non si occupa mai, comunque, il posto di un altro nella speranza che questi non venga: sedetevi al posto segnalato sul vostro biglietto. Se c'è una contestazione non abbandonatevi mai a discussioni che darebbero fastidio a tutti: rivolgetevi alla maschera che risolverà il problema. Dobbiamo proprio ricordarvi che a teatro non si succhiano caramelle (e tanto meno si sgranocchiano) e non si fuma durante la rappresentazione? Aspettate l'intervallo per accendere la sigaretta e gustare caramelle. Se siete raffreddati o soffrite semplicemente di tossette nervose e fastidiose, non andate a teatro. Oltre a infastidire la gente, creereste in chi sta bene l'improvviso bisogno di schiarirsi la voce: un bisogno irrefrenabile, che l'aria viziata e calda dell'ambiente contribuisce ad accentuare. Non cominciate a fare commenti ad alta voce e a parlare con il vostro vicino. Per quanto a bassa voce possiate parlare, le vostre chiacchiere disturberebbero sempre gli spettatori seduti accanto a voi o davanti o dietro. Se poi avete già visto lo spettacolo, non siate spietati: non raccontate come andrà a finire né quello che succederà nell'atto successivo. Potete chiedere garbatamente a un vicino il programma: ma perché non lo comprate? Anche se lo spettacolo è scadente, non date la croce addosso a regista e ad attori. Siate sempre discreti nel giudicare, sia in bene sia in male, ed esprimete il vostro giudizio con signorilità e semplicità. Quando lo spettacolo non è all'altezza della vostra aspettativa, applaudite ugualmente la fatica degli interpreti. In ogni caso non fischiate. Non dovete umiliare gli artisti che hanno fatto il possibile per accontentare il pubblico: siate almeno indulgenti e tenete conto della loro buona volontà. Durante l'intervallo, se volete, potete recarvi nel ridotto o aspettare al vostro posto che lo spettacolo ricominci. Si recheranno nel ridotto tutti coloro che vogliono fumare, bere qualcosa, fare un po' di conversazione, incontrate qualche amico. Chi resta in sala non farà niente di tutto questo; se è accompagnato parlerà con le persone che sono rimaste, ma a bassa voce, e senza gesticolare per salutare chi eventualmente dovesse vedere seduto nei palchi. Se incontrate nel ridotto un amico, vi fermerete per salutarlo: ma se questi è in compagnia di persone che voi non conoscete, limitate il saluto a poche parole cortesi, a meno che non sia l'altro a insistere per fare quattro chiacchiere con voi. L'uomo che è in compagnia di una signora presenterà sempre l'amico a quest'ultima, e non permetterà che lei rimanga in disparte ad aspettare. L'abito da sera è necessario solamente quando la serata a eccezionale: una gala o una prima all'opera. Per uno spettacolo di prosa, l'uomo indosserà semplicemente un abito scuro e la donna un abito elegante, ma non da sera. Anche quando si hanno posti lontani dal palcoscenico, bisogna ubbidire a quelle regole mondane ormai codificate e accettate ovunque. Perciò le signore, anche se non hanno avuto il tempo di cambiarsi andando a casa dall'ufficio, risolveranno il loro problema di abbigliamento con un vestito semplice, a tinta unita, che potranno indossare in ufficio con un particolare sportivo, per esempio un foulard intorno al collo e la sera con un particolare elegante, per esempio una spilla o una bella collana. Se lo spettacolo è di pomeriggio, si può dare al proprio vestiario un tono più semplice senza peccare di cattivo gusto: in questo caso è molto indicato un bel vestito da pomeriggio per le signore, e gli uomini potranno fare a meno dell'abito scuro, ma non per questo si presenteranno a teatro con maglione e camicia sportiva. Quando lo spettacolo è finito, non affrettatevi a raggiungere il guardaroba togliendo agli artisti la soddisfazione di un bell'applauso. Se poi non volete applaudire, allontanatevi in silenzio senza mostrare con fischi o commenti negativi la vostra disapprovazione. Una signora può andare a teatro da sola? Si, perché non dovrebbe? A maggior ragione potranno andare a teatro da sole due o più donne: per fortuna certi pregiudizi sono superati da un pezzo.

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Eva Regina

203095
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 1 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
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E Cyrano di Bérgérac, il più infelice fra gli amanti, perchè obbligato a conquistare per altri la donna che ama, definisce a Rossana il bacio così:

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