Però non basta distruggere, se non si hanno i criteri della distinzione tra funzioni statali e funzioni locali, tra ragione politica e amministrazione, tra economia pubblica ed economia privata. E qui non possiamo tacere la preoccupazione che abbiamo per una confusione che diversi fanno anche oggi fra stato e nazione, diventando statolatri, purché così credono di difendere la nazione; la quale vive di tutto il complesso dei suoi organi, nella distinzione delle funzioni e nella gerarchia dei fini, entro lo stato, che ha in sé i diritti di sovranità e le ragioni supreme della vita nazionale. Guai se la riforma amministrativa rimane come un rimaneggiamento di organi statali, e ripete l'errore di altri accentramenti e di altra burocratizzazione: le economie saranno dubbie, ma la riforma sarà assolutamente mancata.
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Noi popolari, conseguentemente alla nostra concezione statale, combattiamo ogni forma di accentramento, sia perché crediamo che nella società vi sono diritti individuali e sociali, da riconoscersi e da garantirsi da parte dello stato, e anche da regolarsi per quanto riguarda la loro incidenza politica, ma da non potersi né violare, né sopprimere; sia perché il gioco delle libertà e delle autonomie sprigiona forze vitali ed energie sempre nuove, che nel rapporto con lo stato (cioè con un'organizzazione preordinata e ordinata) sono l'elemento dinamico di fronte all'elemento statico. Noi oggi combattiamo per l'autonomia della famiglia, della scuola, della chiesa, degli enti locali, dell'economia — contro i tentativi di accentramenti o di subordinazioni giurisdizionaliste — la battaglia della libertà.
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