Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il dovere dei popolari nell'ora presente

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Eccovi così fugacemente accennate le cause degli sforzi fatti dagli avversari per staccarci dalle opposizioni ed eccovi nello stesso tempo adombrate le ragioni per cui noi a tali sforzi dobbiamo opporre la fermezza più perseverante.

L'anima del militarismo

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Se risaliamo più addietro nel secolo XIX troviamo invero che le cause di quelle guerre attraverso le quali l’Europa assunse l’aspetto che ha oggidì sono diverse da quelle accennate. Ma si trovano sempre dalla parte opposta a quella donde muove il Cristianesimo. Fu lo spirito della grande rivoluzione che santificò la violenza e celebrò la conquista sanguinaria. Al canto della marsigliese s’inaugura il periodo cruento e militarista che si chiuse col 1870. Nessuna legge superiore, nessun diritto primo dell’individuo viene riconosciuto. Prima di venir applicata sotto il Terrore, la dottrina viene professata e insegnata senza scrupoli. «Noi faremo un cimitero della Francia, diceva il deputato Giacobino Carrier, piuttosto di non rigenerarla a nostro modo». Un altro D’Antonelle, insegnava: «I nemici della libertà, nemici della natura intera, non devono contare fra i suoi figli. Distruggiamoli dunque completamente… Fossero essi un milione, non si sacrificherebbe la ventiquattresima parte di sé per distruggere una cancrena che potrebbe infettare il resto del corpo?». Queste massime dopo la burrasca interna domineranno la bufera napoleonica, ed è su loro che poggia tutto il mi1itarismo napoleonico. Il napoleonismo finisce a Sedan, ma non muore il militarismo il quale vive più che mai nel pensiero della revanche. È qui che la corrente rivoluzionaria confluisce in quella espansionista formando l’immensa fiumana che trascina le nazioni agli armamenti, e qui c’imbattiamo nella questione balcanica, nella questione alsaziana, nella questione di ogni irredentismo. L’oratore conclude a questo punto che questo complesso di cause è superiore all’ambito di un singolo stato e più forte di qualunque partito parlamentare. I socialisti stessi non sanno sottrarsi alla fatalità militare. Quando il generale Duchène ritorna vittorioso dal Madagascar, sarà il maire socialista di Marsiglia che gli declamerà l’epinicio; quando i borghesi vorranno negare ai ferrovieri la libertà dello sciopero generale ricordando che si potrebbe andar incontro ad un disastro in tempo di guerra, il loro capo Clovis Hugues griderà che, quando scoppierà la guerra, i ferrovieri lavoreranno anche sotto il fuoco dei cannoni prussiani. Caratteristico è quanto avvenne al congresso socialista di Conventry nell’aprile di quest’anno. Quelch, uno dei capi socialisti inglesi, dichiarò che i socialisti sono bensì internazionali, ma che gli inglesi devono anche volere gli armamenti necessari perché siano mantenute libere le comunicazioni tra la madre patria e le colonie. Hyndmann, altro deputato socialista, chiese senz’altro una flotta tanto forte da poter tener testa alla Germania. In Germania stessa, terra classica dell’antimilitarismo socialista, si è almeno in teoria dello stesso pensiero. Le Sozialistische Monatshefte (1899) scrivono: «che la Germania sia armata fino ai denti e possa disporre di una flotta forte in caso di una guerra commerciale è di grande importanza anche per la classe lavoratrice». Nella stessa rivista nel 1905 Calver scrive: Non si può pretendere dal proprio paese che assuma una posizione eccezionale che potrebbe diventare fatale. E Bebel stesso ai 15 gennaio 1896 affermava: Date le circostanze attuali, l’esercito è una necessità. Dei socialisti francesi è stato già detto. Il socialismo francese fornì ministri a gabinetti guerrafondai e sotto la sua cooperazione non solo il militarismo non diminuì ma crebbe in proporzioni molto più grandi che nelle altre nazioni. Che dire di Jaurès il quale nell’ultimo dibattito sul bilancio della marina prega la Camera ed il Governo di sospendere la votazione perché il consiglio militare abbia il tempo sufficiente d’approntare il progetto per la costruzione di cannoni migliori, cioè del calibro 34? Più note ancora sono in tal riguardo le ultime vicende del socialismo italiano. Bissolati aveva accettato definitivamente il programma Giolitti compresi gli aumenti militari e cinque giorni fa quando si doveva votare sul progetto governativo per i nuovi cannoni i socialisti più autorevoli Bissolati, Bonomi e Cabrini si assentarono per non votare cogli altri compagni contrari. Lo squagliarsi fu del resto tattica frequente anche dei socialisti austriaci. Dov’è la loro forza d’opposizione, senza dire che sotto il ministero Beck, votando per l’urgenza del bilancio facevano passare anche le spese militari? Il deputato Schuhmeier ha pur dichiarato nelle penultime delegazioni che «egli è contrario alle spese militari nello stato attuale; un altro paio di maniche sarebbe stato si trattasse dello stato socialista». Non è più dunque opposizione di principio ma opposizione politica. Non vengano quindi in tempo elettorale a fare un antimilitarismo a fuoco di bangala e ad accusare i popolari. Questi hanno in tal riguardo un programma molto chiaro: ogni volta che un voto negativo possa raggiungere un risultato od in ogni caso anche in cui l’espressione del volere contrario possa essere utile, i popolari voteranno contro aumenti ed aggravi militari. Può però anche intervenire il caso di un proprietario il quale di fronte alla richiesta, non voglia vendere il suo campo, ma che infine lo venda egualmente, perché sa che là deve passare la costruenda ferrovia. La legge di espropriazione è inesorabile e la ferrovia passerà lo stesso. In tali casi il proprietario vedrà di vendere al più caro prezzo possibile il suo possedimento. Ma si può dire per questo che egli favorisca la costruzione della ferrovia o addirittura spinga il convoglio? Ben altri, come abbiamo visto, sono i motori di questo treno, e non nel campo nostro vanno ricercati i macchinisti.

Trattato di economia sociale: introduzione all’economia sociale

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Toniolo, Giuseppe 1 occorrenze
  • 1906
  • Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, voll. I-II 1949
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Egli si ricongiunse così alle correnti della psicologia sociale e della storia della civiltà, più sopra accennate, in servigio di una futura sociologia, per tipi di progressiva civiltà,in cui trovò cooperatori in K. Lamprecht, Bücher, Kulischer, ecc.

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Costituzione, finalità e funzionamento del Partito Popolare Italiano

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Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1919
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 74-87.
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Le stesse verità etiche contenute nel programma, la stessa ispirazione cristiana che pervade la visione concreta dei problemi e delle soluzioni ivi accennate, che sono il profondo pensiero della umanità specialmente dopo la predicazione del Vangelo, non possono divenire contenuto specifico e pratico di un programma politico, se non quando siano posti come problemi reali e presenti della vita pubblica del momento che si attraversa, e prospettati sotto l'angolo visuale caratteristico dell'attività di un partito. Così, mentre l'integrità della famiglia attraverso i secoli ha avuto lotte e polemiche religiose, filosofiche e morali, e per i cattolici nella sua specifica ragione religiosa è un soggetto di fede dogmatica e di disciplina morale; diventa nel campo delle attività legislative un problema politico, il fondamento etico di una ricostruzione sociale, quale noi vogliamo attraverso una legislazione che meglio ne tuteli lo sviluppo, la forza morale, la ragione sociale e organizzativa della nazione.

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La regione

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Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1921
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 194-231.
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Le piccole questioni storiche o territoriali, quali quelle della Lunigiana o del Monferrato o della Lomellina, accennate anche dai giornali seri come difficoltà antiregionali, dànno invece la più viva prova che l'Italia ha vissuto in ogni suo angolo, come forza perenne della sua razza. Le ventuno regioni italiane rispondono a una realtà, che neppure l'unitarismo burocratico in sessant'anni poteva far scomparire; ecco perché in Italia si può parlare di regioni, non come una eventuale o burocratica o sistematica divisione di territorio, ma come una regione geografica, storica e morale, come una realtà esistente e vivente nell'unità nazionale e nella compagine statale.

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