Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Concentrazione per il partito o per l'amministrazione cittadina? La rappresentanza proporzionale degli interessi - appello al buon senso

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Ma per ottenere ciò è necessario che il Consiglio abbia un assetto stabile, che vi regni un certo equilibrio di forze, perché non le tendenze di partito disturbino o dirigano le sue movenze, come accadde anche recentemente, ma il bene della città sia l’unica mira. Ciò si ottiene colla rappresentanza proporzionale. Per questo il voto che chiediamo agli elettori non è un assenso al nostro partito, ma al nostro programma amministrativo con a capo la riforma elettorale. Siamo invero certissimi del voto della maggioranza dei cittadini, ma se l’attuale sistema dell’88 potrà nel prossimo marzo venir sfruttato ancora una volta per scopi politici, non importa. Sarà per un’altra volta. Noi vinciamo o cadiamo colla nostra bandiera, senza equivoci e senza secondi fini. Abbiamo fiducia che il buon senso trentino finirà col superare l’egoismo delle fazioni politiche. L’oratore termina ricordando una parabola del Mickievicz: «Una donna era caduta in letargia, e suo figlio chiamò i medici. Uno disse: “Io la curerei secondo il metodo di Brown”. Ma gli altri risposero: “È un metodo cattivo. La donna resti in letargia e muoia, piuttosto che essere curata secondo il Brown”. Allora il figlio disse: “Curatela in un modo o nell’altro, purché guarisca”. Ma i medici non volevano mettersi d’accordo né cedere uno all’altro il figlio allora per dolore e disperazione, gridò: “Oh, madre mia!”. E la madre alla voce del suo figliolo, si svegliò e fu sanata. La donna è la nostra alma città che giace prostrata e languente. L’hanno voluta curare coll’anticlericalismo, poi colla democrazia politica, poi col radicalismo, ora colla concentrazione liberale. Ma sono medicine sbagliate. Bisogna che il popolo levi alta la voce del suo buon senso, ed allora l’augusta donna si riscuote, si risolleva e scaccia tutti i medici. Questa parola del buon senso noi la invochiamo dai nostri lettori il dì dei 6 marzo» (Grandi applausi).

Due monumenti

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Che non avvenga di nessuna di quelle che sono qui rappresentate ciò che accadde a qualcun’altra, la quale limita la sua attività a qualche pratica religiosa in comune, alla bandiera forse issata con qualche entusiasmo e poi ripiegata e messa nell’armadio ove con essa viene seppellita anche la vita sociale. Si ricordino tutti quelli che lavorano nel campo delle società operaie che esse hanno assunto ora — di fronte al Trentino cattolico — un grande compito d’istruzione e di educazione. In piazza ora si parla stortamente e a rovescio dell’inquisizione, di Galilei, dell’evoluzione, della democrazia; ebbene ora conviene spiegare nelle Società operaie che cosa fu l’inquisizione, che ne fu di Galilei, che cosa è l’evoluzione, qual’é la democrazia vera, che cosa vuole la democrazia cristiana. Solo, o signori, a patto di formare nel Trentino una coscienza nuova, d’infondere nelle valli un nuovo slancio di vita, saremo degni della vittoria. Qualcuno mi obbietterà che è cosa difficile, impossibile. A quello io addito Civezzano, perché gli serva d’esempio. Anche questo paese una volta andava a rilento e passava per «malva», ed ora dobbiamo venire da Trento a Civezzano per imparare che cosa sia la vita che cosa frutti un lavoro continuo. Con una settantina di Società operaie come quella di Civezzano noi rideremmo di qualunque sfida. Avanti dunque — dico rivolto alle altre - al lavoro, preparatevi alla guerra! Due grandi eccitamenti, due grandi fiotti di vita sono venuti a noi in questi ultimi tempi: 1) il Congresso cattolico che fu come le nostre grandi manovre, ove si vide il lavoro pratico, sociale prestato in cinque anni dai cattolici, e si sentì anche lo spirito nuovo che informava le masse dei contadini e degli operai poichè, o amici, non era più «la scarpa grossa» isolata, impaurita da ogni cosa nuova che si batteva sui marciapiedi di via Larga, ma erano cinque, anzi diecimila «scarpe grosse» organizzate in assetto di guerra; e passavano via superbi della loro coccarda sotto una bandiera, soggiogati da un’idea comune; 2) il Congresso degli altri, l’offesa recata, la sfida lanciata. C’è qualcuno al quale piacerebbe quel bustarello tolto via donde l’hanno messo e rotolato chissà dove! No, amici, lasciatelo lì anche perché ci serva d’ammonimento. Come quel generale persiano aveva l’incarico dal re di ripetergli ogni qual tratto: «O re, ricordati della sconfitta di Maratona», affinché il re ben si preparasse alla riscossa contro la Grecia, così quel busto ci ammonisca sempre del dovere sacro che abbiamo di rintuzzare l’offesa, di marciare alla riscossa. Se ognuno di voi che passa davanti al busto di Canestrini si ricordasse dell’obbligo di istruirsi, di prepararsi alla battaglia, allora nelle Società operaie si educherebbero tal «rospi» che quel tal dottore, riuscirebbe a stento a schiacciare Allora il nostro esercito — lasciate che m’immagini la nostra conquista morale in modo palpabile — fatto più cosciente più svelto e più leggero, discenderà dai monti nostri, su cui imperano le nostre croci, alle città, e forse allora si apriranno quelle certe finestre dei signori «filistei» che le hanno chiuse al di del congresso, compariranno alla luce del sole certe bandiere che non si vollero issare e faremo campo in piazza Dante dinanzi al monumento di Canestrini. E non l’oltraggeremo, no! ma se l’iscrizione sarà spazzata via dalle ali del tempo (vedi discorso Altenburger) e se gli anticlericali nelle angustie della sconfitta non provvederanno a rifarla, ce la faremo noi la scritta, magari sulle tracce della vecchia, di fronte al Vaticano. E scriveremo: A G. Canestrini — studiò e faticò molto —— ma sbagliò la strada - Ri- posa in pace. Allora l’arma non sarà un trofeo della vittoria del «libero pensiero», come si augurava il barone Altenburger, ma un ricordo della sua sconfitta. E l’unico interprete e testimone fedele dei sentimenti e delle idee della nostra età resterà il monumento alla Comparsa dedicato al divin Redentore il quale disse: Non praevalebunt!

Comizi fiemmesi

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È vero che dopo il' ’66 la Giunta non esercitò una sorveglianza così intensa, come prima, ma ciò accadde anche per moltissimi comuni e del resto nel 1870, nel 1879, nel 1883, nel 1886, nel 1888, nel 1889, nel 1890 e nel 1897 intervenne e i tribunali le diedero ragione. Secondo il provvisorio la Giunta non interverrà che in casi di ricorsi, oppure di infrazione del regolamento. Per il resto l’amministrazione è autonoma. Ed infine si oppone che il provvisorio sarà un provvisorio austriaco e durerà in eterno. Ciò dipenderà dai fiemmesi, conclude l’oratore. Se essi, compresi dall’importanza di questo momento affideranno il nuovo consesso in mano di uomini onesti, sinceri, amanti del popolo e del benessere della valle, il provvisorio cederà presto il campo ad un definitivo migliore.

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