Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbian

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Giacomo l'idealista

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De Marchi, Emilio 1 occorrenze

Credi che abbian potuto rubarmelo quei vecchi? l'ometto dalla barbetta rossa, se non era il diavolo colle scarpe, era uno de' suoi figliuoli piú vecchi. - La febbricitante, mentre raccontava cosí, a spizzico, sconnessamente, non cessò dal togliersi le forcine dai capelli, che sciolse interamente e spremette colle mani, fissando con un sorriso di tenerezza il suo Giacomo. A un tratto, come se venisse meno ogni motivo di gioia, si rannuvolò, strinse nella mano convulsa una treccia e rimase immobile, cogli occhi fissi sulla brage, simile all'immagine simbolica dell'afflizione. - L'Adda era verde come una biscia, - ripigliò colla voce di chi parla in delirio - ma quando fui al di qua del fiume, non ebbi piú paura di nulla. Di qua ci sei tu, Giacomo; tu sei il mio Gesú. - E sporgendo un piede nudo verso la fiamma, soggiunse con dolorosa ironia: - L'ometto dalla barbetta rossa voleva che lo sposassi; ma io gli dissi: "Levatevi la scarpa: fate vedere il piede. Certo era il diavolo". Detto questo, appoggiò la testa stanca al palmo della mano, chiuse gli occhi, abbandonò il corpo e, se Giacomo non era pronto a riceverla fra le braccia, stramazzava nelle fiamme, rotta dal sonno e dallo strapazzo. Egli lasciò che posasse la testa dolente sulla sua spalla, la sorresse col braccio, circondandola, le ricoprí colla sciarpa i piedi, e se la tenne addormentata un pezzo, rannicchiandosi nell'angolo del vecchio camino, mentre la fiamma si spegneva a poco a poco nella cenere e cresceva la luce bianca del dí a schiarire le cose. Il gallo cantò. Poco dopo, cominciarono le campane a sonare l'avemaria, rompendo l'aria muta e ghiacciata con una specie di domestica cantilena. Era proprio Celestina, che dormiva sulla sua spalla colle labbra aperte a un inerte sorriso, sotto i colpi di piccoli fremiti. Era lei, era la sua povera Celestina, che gli parlava coi gemiti del suo dolore assopito. E nel carezzarne i capelli, sentiva uno strano bisogno di ripeterle cose dolci e soavi; come se tra lor due non fosse mai discesa alcuna fatalità. Nella luce ardente di questo istante presente impallidivano i ricordi del passato. Alla realtà l'animo commosso non sapeva opporre che una morta resistenza. La ragione non parlava piú, finalmente, in lui, ma dall'anima sua buona e commossa traboccava la santa pietà, la santa forza operosa che libera e redime. Che cosa diventano i piccoli argomenti della piccola logica davanti all'onda di quel sentimento di amore e di carità? - Tu sei il mio Gesú - essa aveva detto nell'invocare la sua misericordia; e forse parlava veramente al suo cuore una carità piú grande del mondo, quella che Gesú recò sulla croce e che vinse contro le leggi del mondo. - O povera "Frulin" - le andava ripetendo, parlandole sommessamente nei capelli: - Che cosa hanno fatto di te? perché ti hanno ridotta cosí? che male abbiamo fatto noi due per essere cosí puniti? L'ascoltava essa? pareva che uno spirito vegliasse nell'oscurità profonda di quel sonno letale, che impiombava le sue palpebre e snervava tutte le sue forze, perché alle parole carezzevoli rispondeva talvolta un breve corrugare delle ciglia, un movimento languido delle labbra, che cercavano ancora un sorriso. Di mano in mano che la luce si diffondeva nella stanza e i pensieri della realtà entravano a dominare la sua commozione, Giacomo, nel contemplare quel povero corpo rattrappito nelle sue braccia, quei piedi nudi illividiti, le vesti sciupate, i capelli cascanti sul viso arso dalla febbre, non seppe più trattenere il pianto. Credeva che fosse inaridita per sempre la fonte delle lagrime, e invece se le sentiva colare tiepide e larghe nei solchi del viso, le vedeva scorrere come un vero lavacro dagli occhi suoi sul viso e sulle mani della disgraziata . - Povera Celestina, povera "Frulin"! se ti vedesse lo zio Mauro, che ti voleva tanto bene. Perché dovevo provare questo dolore? no, no, non avrei mai creduto che si andasse cosí lontano nella via del patimento. Se non si muore di questi mali, è segno che veramente c'e in noi qualche cosa che non può morire. Cosí parlava o credeva di parlare a lei, ma in fondo non faceva che ascoltare sé stesso. E intanto non osava muoversi per paura di rompere quel breve momento di riposo e di benedetta dimenticanza, che la ristorava. Pensava che, perché la poverina avesse avuta l'audacia di fuggir da una casa ospitale di notte, e di mettersi tutta sola per una strada piena di neve, affrontando i pericoli e gli sgomenti di un viaggio cosí pauroso, questo voleva dire che la febbre dei suoi mali l'aveva eccitata fino al delirio. Ne' suoi discorsi, nel suo stesso ridere festoso c'era già qualche cosa di troppo, di oscuro, di irregolare; e questa febbre cresceva spaventosamente ad abbracciarla, la faceva gemere nel sonno, emanava in una vampa rovente, in cui cominciava ad ardere egli stesso, come di un fuoco che si propaga . Finalmente sentí muovere nella stanza di sopra gli zoccoletti della Lisa, che poco dopo sonarono sulla loggetta. Aspettò ch'ella venisse dabbasso e, quando la vide entrare in cucina, le fece un richiamo colla mano.

Clelia: il governo dei preti: romanzo storico politico

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Garibaldi, Giuseppe 1 occorrenze
  • 1870
  • Fratelli Rechiedei
  • prosa letteraria
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I soldati, come abbian detto, esitarono un momento; ma i birri che accompagnavano il delegato fecero fuoco sugli italiani, i quali sebbene fossero coperti dalle prime piante del bosco ebbero due padrini feriti, ma leggermente. Il revolver d’Attilio fece immediata vendetta dei compagni feriti e la sua palla andò diritta al naso di Don Sempronio (poiché egli era un prete, vestito da birro) e gliene portò via una metà. Fu quello un colpo da maestro; perché Sempronio con grida e lamenti che destavano le beffe, non la compassione negli astanti se la diede a gambe verso Viterbo lasciando ad altri l’esecuzione del suo famoso piano di battaglia. Non tutti gli ufficiali stranieri erano vergognosi della brutta figura che facevano in questa circostanza: parendo evidente, che per paura di scontrarsi sul terreno cogli italiani, essi avessero preparato la sorpresa della truppa. La sorpresa era dovuta ad un maneggio del delegato di polizia che dalle sue spie, aveva conosciuta la presenza dei tre capi proscritti ed avea preso le sue misure per assicurarne la cattura, sperando con questo di meritarsi un berretto di cardinale. Ma, come dicemmo, non tutti gli ufficiali erano scrupolosi come i sei duellisti (e non lo era certo il capitano Tortiglia, comandante la compagnia di spedizione, carlista sfegatato). Allettato da un’impresa che credeva facile, contro pochi proscritti, si accinse ad inseguirli nel bosco col maggiore accanimento. Fin che durarono le cariche, i nostri amici che avevano pregato i due feriti d’inselvarsi, tennero testa agli assalitori; ma scarichi i revolver, furono obbligati a ritirarsi davanti ai soldati, che il comandante eccitava, spingeva, trascinava alla difficile impresa. Il capitano Tortiglia ripetendo ad ogni istante dei « Voto a Dios! e dei Caramba! »

ABRAKADABRA STORIA DELL'AVVENIRE

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Ghislanzoni, Antonio 2 occorrenze
  • 1884
  • Prima edizione completa di A. BRIGOLA e C. EDITORI
  • prosa letteraria
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Il grande avvenimento venne festeggiato nelle principali città di Europa con luminarie e banchetti, ma tutti ricordano quali immediate prove di ravvedimento abbian fornito ai loro concittadini questi antichi martiri del cenobbio. Dalle finestre sparirono i candelabri, dalle mense le posate e le tovaglie. «Voi avete supposto che le multe, la denunziazione pubblica la nota di infamia e la morte civile potessero costituire, in un secolo illuminato, dei validi freni al delitto. Che faranno i ladri per soddisfare alle multe? La risposta è troppo ovvia: ruberanno. Le denunzie, le note di infamia potranno ancora far breccia, in quelle anime incallite al misfatto? Il più enorme dei vostri supplizi!, la morte civile ucciderà nel delinquente ogni senso di moralità; e voi lo vedrete, dopo i cinque anni di espiazione, ritornare al consorzio dei fratelli coll'odio di Caino nel cuore e con propositi atroci. I pochissimi rigenerati dalla espiazione, disperando dell'oblio promesso, soccomberanno alla lenta agonia del rimorso e della vergogna, o affretteranno il loro fine in una piscina dissolvente24).

«Trascorsi i cinque anni ed un giorno, dacché l'esecutore della Giustizia ti abbia levato il collare di riprovazione e i fratelli ti abbian reso l'amplesso del perdono e dell'oblio, tu riprenderai il tuo nome di casato, sopprimendo il titolo onorifico che ad altri venne trasmesso. Da quel momento verrai riammesso al libero esercizio di tutti i diritti - tu sarai puro ed onorato al cospetto degli uomini come al giorno della tua nascita. Noi confidiamo nella saviezza del popolo, perché i voti della legge vengano esauditi. Quegli stessi che oggi si allontanano dal condannato, troncando ogni rapporto con lui, e cooperando per tal modo alla espiazione della orribile colpa, fra cinque anni saranno i primi ad abbracciare il redento e ad accoglierlo come fratello. «Ed ora, o parricida, la tua espiazione incomincia. L'esecutore del Tribunale faccia l'opera sua. Al terzo squillo di tromba, la piazza sia sgombrata dal popolo - sulla Via della Misericordia che il condannato dovrà percorrere per uscire dalla città, non veggasi persona; - tutte le finestre e le porte dei palazzi si chiudano. - Giorno di lutto è codesto, e gravissimo lutto per l'umanità! Un fratello è morto alla vita civile!» Le parole del Banditore furono obbedite. Appena le trombe mandarono il terzo squillo, i cittadini silenziosi e commossi abbandonarono la piazza. Era triste spettacolo. - Le tribune e le logge nello spazio di pochi minuti rimasero vuote. - I magistrati, i savii e gli anziani erano scomparsi ... I cittadini pei larghi sbocchi delle vie si disperdevano, affrettando il passo come a fuggire un luogo di desolazione. Sulla piazza deserta, poco lungi dal tempio, non rimaneva che un solo essere vivente - e questi, curvato, immobile, incatenato al palco di infamia, dominava la vasta solitudine, simile ad uno di quei neri fantocci che i contadini pongono a guardia dei campi. L'Albani, durante la tremenda cerimonia, aveva provato tutti gli spasimi dell'agonia morale. Atterrito dal silenzio e dalla solitudine, il condannato fece uno sforzo per sollevare la fronte ... aperse gli occhi ... Poi, ricurvando la testa, ruggì coll'accento della disperazione: «Tutti dunque mi hanno abbandonato!» - Non tutti! - rispose una voce melodiosa e soave come la voce di un angelo. - Non tutti! Gli uomini hanno sentenziato nella giustizia, ma Dio viene a te nella misericordia! E l'uomo che parlava di tal guisa, posò la mano sulla spalla del condannato: e questi rianimandosi, levò di nuovo lo sguardo, e vide un giovane levita, coperto di bianche vesti, che con affettuosa pazienza si adoperava a rimuovergli le catene. - Coraggio, fratello mio! - proseguì il sacerdote ... - Voi mi chiamate fratello? - mormorò l'Albani ricurvando la testa. - Io solo ho questo diritto; è un santo diritto, che mi accorda l'altare, che il tribunale degli uomini non potrebbe contendermi. Al condannato, al reietto dalla umana famiglia, la Chiesa accorda un fratello, un compagno di pellegrinaggio, perchè sostenga il paziente sul cammino della espiazione. Questo incarico di sublime pietà venne a me accordato dal grande Levita, ed io gli resi grazie - e il mio cuore esulta di trovarmi teco. - Sorgi dunque! sorgi, cristiano fratello, appoggiati al mio braccio - noi procederemo insieme o insieme cadremo. L'Albani si levò macchinalmente, e discese i gradini del palco sorreggendosi al braccio del giovane sacerdote. Attraversarono a lenti passi la Via della Misericordia Il bianco levita, colla bisaccia sulle spalle, un largo cappello in testa, e un bastone di giunco alla mano, era costretto di soffermarsi ad ogni tratto perchè il compagno riprendesse lena. La lunga via era affatto deserta, le finestre e le porte serrate, la solitudine resa più tetra dalle ombre crepuscolari. Dopo un'ora di cammino, i due pellegrini si trovarono lunge dalle case, all'aperta campagna. Le ombre si eran fatte più dense - la Stella d'Amore spuntava nel firmamento. I due viandanti udirono uno squillo lontano - entrambi si fermarono. - Fratello! - disse il levita - è l'ora di benedizione! Questo suono tu devi conoscerlo. In questo punto tutti i tuoi fratelli piegano il ginocchio, e ringraziano Dio colla preghiera del cuore che in parole non si traduce. Il gran levita dalla torre del tempio inaccessibile, stende la mano a benedire tutti i figli della terra ... Inginocchiati, o fratello! L'Albani piegò le ginocchia - un tremito convulso gli scosse le membra - indi proruppe in uno sfogo di lacrime. Quand'egli levossi per riprendere il cammino: - Ho sentito la voce di Dio! - esclamò l'Albani con accento rassegnato: - io avrò forza per compiere il duro pellegrinaggio ... Espierò la mia colpa ... rivivrò nella stima e nell'amore dei fratelli ... purchè voi non mi abbandoniate! - Abbandonarti! - esclamò il levita colla sua voce d'angelo - qual altra missione può avere il sacerdote di Cristo fuori quella di portare la croce degli infelici, di perdonare e di redimere? I due viandanti si abbracciarono, e di nuovo si posero in cammino. FINE DEL PROLOGO.

Un giorno a Madera

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Mantegazza, Paolo 1 occorrenze

Eccovi le ultime parole di una delle più belle e più sante creature che abbian sorriso e pianto sotto i raggi del sole. L'ultima lettera di Emma portava la data del 14 luglio, vigilia della sua morte. Londra, 14 luglio, 18… William, mi sento morire. Non l'ho detto alla buona zia Anna, non l'ho detto al medico, perché sento che tutto sarebbe inutile. Il dolce clima di Madera aveva messo un velo sottile sulla mia piaga, ma le nebbie di Londra me l'hanno riaperta e più crudele che mai. Io non posso più vivere e solo mi duole che morrò senza averti veduto. Guardo ad ogni ora, ad ogni minuto il tuo ritratto, e ti guardo con così intenso desiderio, che mi pare tu m'abbia a rispondere, che tu abbia a venire a vedermi un'ultima volta - Ma tu non morrai. - E poi mi spaventa ancora il pensiero di dover morire improvvisamente. Sento nel mio petto un fuoco ardente; mi par di sentirvi qualcosa che abbia a scoppiare da un momento all'altro. Tutto questo è nulla, mio William, muoiono tutti: deve esser cosa molto facile il morire. Io ho in me una gioia divina che mi dà coraggio, che mi fa superba d'aver vissuto, che mi fa beata d'averti conosciuto, di averti amato, d'esser stata tanto amata da te! Come siamo egoisti; sto per morire e tripudio come una fanciulla nella beata sicurezza che tu non sarai di nessuna donna, che non sei stato e non sarai d'altri che della tua Emma. M'hai troppo amato! Ti lascio troppo ricco tesoro di memorie, troppo splendida eredità di affetti, perché tu possa essere di un'altra. Questo pensiero mi fa delirar di gioia. Ho bisogno di mettermi le due mani al mio povero seno, e stringerle forte forte, perché il cuore mi palpita tanto che sembra volermi soffocare. La mia fede nel tuo amore è così sicura come la mia fede in Dio. Ah, padre mio, ho fatto il mio dovere. Domani andrò a visitare la tua tomba, andrò a mormorare al tuo orecchio che la tua Emma ha tenuto la sua parola, che è degna di te, che ella muore senza aver messo al mondo altri infelici che come lei sarebbero morti, ma che forse avrebbero maledetta la vita e chi glie l'aveva data. Tu, no, mio padre, non hai avuto colpa alcuna di avermi messo al mondo; tu non sapevi di esser malato quando mi davi la vita. Non vedi, mio William? Io aveva ragione di resistere al tuo amore, di resistere alle tue speranze. Il clima di Madera m'aveva cicatrizzata una ferita, non mi aveva guarita. Se t'avessi dato la mano di sposa, avremmo avuto figli maledetti nel grembo della madre. Un rimorso eterno avrebbe avvelenato il nostro amore; io non avrei potuto pensare a mio padre. Sarebbe stato un inferno. Ma tu devi vivere, mio William, tu me l'hai a giurare, mio William; qui al fondo di questo foglio su cui per l'ultima volta si è appoggiata la mano pallida e magra della tua Emma, tu hai a scrivere il tuo giuramento; tu hai a giurare in nome di questa margheritina, di questo primo fiore che mi hai colto nel Parco di Bath, quando tu mi hai detto, senza parole, d'amarmi. Tu me l'hai a giurare su questa ciocca di capelli, dove tu un giorno, in un delirio d'amore hai deposto un bacio. Sono le reliquie della tua Emma. Quando verrà il tuo ultimo giorno, fatti seppellire con esse; fa di serbarmele, finché ci rivedremo in cielo. Mio William, tu non hai soltanto a vivere, ma tu hai a rendere feconda la tua vita di opere coraggiose, di opere grandi. Il tuo splendido ingegno può trovare dappertutto un campo d'attività. Nella scienza, in viaggi, pericolosi e nuovi, nel terreno ardente della politica, tu puoi, tu devi essere un uomo grande, utile, potente. Fa tutto quel bene che non ho potuto fare io stessa, che non abbiam potuto fare insieme. E anch'io non avrò vissuto inutilmente, perché la mia memoria ti accompagnerà nelle tue lotte, nelle tue fatiche, nei tuoi affanni. Io muoio coll'orgoglio di averti ispirato sentimenti elevati, di averti ispirato opere utili e grandi. Quando nel silenzio del tuo studio il tuo ingegno detterà pagine sublimi che insegnino agli uomini ad essere onesti, ricordati che l'ombra della tua Emma ti sta vicino; che ella incrocia le sue mani sottili e pallide nel suo grembo; sappi che ella ti contempla e sorride al lampo del tuo ingegno. E quando, nella lotta delle passioni politiche, tu combatterai per la libertà; quando nel turbine degli affari lampeggeranno i tuoi occhi battaglieri e sublimi, ricordati che nella folla si nasconde l'ombra della tua Emma; ricordati che ella applaude ai tuoi trionfi, che piange di gioia di essere stata amata da un uomo nobile, grande, e generoso. E quando ti recherai nella casa del povero, e quando asciugherai una lagrima, quando studierai i tristi problemi del pauperismo e del dolore, ricordati che io ti vedo, che io ti ascolto, che io piango e m'allegro con te. E quando contemplerai le bellezze della natura, che abbiamo adorato insieme tante volte come due fedeli sacerdoti del bello, e nell'azzurro d'un cielo sereno, e nel raggio mesto della luna, e nel mistico silenzio dei folti boschi, e fra le erbe dei prati profumati, e nell'onda querula dei laghi, e nel muggito del mare, ricordati ch'io son con te; io nascosta, ma tremebonda di amore; muta ma sospirosa, beata di accompagnarti in ogni luogo, di vivere ancora nelle tue speranze, nella tua memoria. Dedica a me ogni tua opera buona, ogni santo proposito, ogni slancio generoso, e la tua Emma sarà superba di tutto il tuo ingegno, di ciò che farai di grande. Ella ti aspetta, sì, t'aspetta sicura di stringerti al cuore con un amplesso eterno, senza cure, senza affanni, senza rimorsi; sitibonda di una sete che avrà durato per secoli infiniti, ma che l'infinito avrà ad appagare. La tua Emma parte e t'attende dove tu pure verrai. Addio. Vivi e sii grande; vivi e sii uomo utile; vivi e non far soffrire anima viva; vivi e mi ama, come io t'amerò eternamente. Tracciato con caratteri convulsi e tremanti sotto a questa pagina si leggono queste linee: Ti giuro, mia Emma, di vivere. Ti giuro di essere uomo utile e laborioso, te lo giuro per amor tuo. Quito, 27 ottobre 18... WILLIAM. Dacché ho ricevuto le reliquie di Emma e di William, ho sempre atteso religiosamente e in silenzio che una lettera mi dicesse qualche cosa del mio sventurato amico e ho sempre atteso invano. Dieci anni son passati ed io ho diritto di pubblicare queste pagine ardenti di due fra le più nobili creature che io abbia conosciute. Ad onta del mio diritto, ho scritto in Inghilterra più volte a William, alla zia Anna, ma non ebbi risposta alcuna. E dopo aver sperato fino all'ultima ora una parola del mio amico, ho pensato di pubblicare i fogli che mi aveva inviato. Ho la ferma convinzione che l'averli letti non farà male ad alcuno, potrà fare bene a molti.

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Il maleficio occulto

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Zuccoli, Luciano 1 occorrenze

Iddio solo sa ciò ch'egli veda dietro questa parola, che cosa gli abbian narrato di quel paese; ma egli è tutto per l'America; egli per l'America ruba, per l'America uccide, per l'America muore in un ergastolo.... L'America è per lui ciò che il giuoco è per il barone; così a tale distanza di condizioni sociali, due uomini sotto il medesimo tetto vivono serrati in un medesimo bisogno di tentar qualche cosa, di fare qualche cosa per soddisfare a due passioni diversissime in apparenza e identiche nella cieca loro indomabilità....

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