Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbandono

Numero di risultati: 60 in 2 pagine

  • Pagina 1 di 2

Come devo comportarmi?

171935
Anna Vertua Gentile 2 occorrenze
  • 1901
  • Ulrico Hoepli
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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E sanno che cosa sia assistere negli ultimi momenti una creatura che lascia la terra portandosi seco la parte più vitale di not stessi; sanno che ore di strazio sieno quelle che seguono la morte di chi ci lascia in un disperato senso di abbandono e di solitudine. Quando, con pietà e tenerezze di pianto, la cara salma è vestita dell'ultimo abbigliamento terreno e si è trasformata la camera in cappella ardente, ci invade un dolore violento e muto insieme con un'opprimente stanchezza morale e fisica. Si vorrebbe essere soli, al tu per tu con il proprio cuore; si vorrebbe essere soli a rendere l'ultimo tributo di dolore al taro perduto; si soffre crudamente, acerbamente e si desidera di persistere nel dolore, che è un omaggio al morto. Ogni sentimento, ogni pensiero che sia estraneo a lui che ci ha detto addio per sempre, ci pare una profanazione, quasi un insulto allo stato dell'animo nostro. Che cosa è il mondo per noi in quel momento? che cosa sono i doveri, le convenienze sociali ?... Ci pub essere ancora qualche cosa che ci preoccupi, che ci interessi Ed è con ripugnanza penosa che ci si adatta ai costumi e alle convenienze esteriori.

Pagina 263

Pagina 51

Le belle maniere

180222
Francesca Fiorentina 1 occorrenze
  • 1918
  • Libreria editrice internazionale
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
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Pagina 253

Il tesoro

181809
Vanna Piccini 1 occorrenze
  • 1951
  • Cavallotti editori
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Nella danza la donna si astiene da ogni svenevole abbandono, ma serba quella compostezza di movenze, che comanda al suo cavaliere il dovuto rispetto. A questo rispetto l'uomo non verrà mai meno, comunque, e nel chiedere un ballo, nell'accompagnare la dama in sala dove si balla o al suo posto dopo la danza, manterrà uno stile sempre riguardoso. Si eviterà di ballare per parecchie volte di seguito con lo stesso cavaliere o con la stessa dama e durante la danza la donna non sarà nè troppo ciarliera nè troppo leziosa, se non vorrà attirare su di sè l'attenzione altrui. Vorremmo pure consigliare di astenersi dal ballo a quelle signore facili a riscaldarsi, a sudare, ad ansimare, a quegli uomini troppo massicci: lo spettacolo che essi danno dopo il movimentato esercizio della danza è proprio penoso. Crediamo però che questa raccomandazione sia inutile, giacchè ognuno saprà da sè regolarsi in proposito. Ripetiamo poi quando già si è detto nel capitolo « Al ballo », che una signora o una signorina non può rifiutare un invito di ballare, a meno che non sia già impegnata. Una signorina non si presenterà a una festa da ballo che accompagnata. Se non ha persona di famiglia che le stia vicino si metterà accanto a una sua conoscente. Il cavaliere la ricondurrà dopo la danza, allo stesso posto dove è andato a invitarla. Mentre restano immutabili le regole del ballo, in un tè danzante può variare l'abbigliamento. Questi tè avvengono di solito nel pomeriggio, e l'abito più adatto è precisamente quello che nel linguaggio della moda si è convenuto chiamare « abito da pomeriggio». Il ballo si svolge durante il tempo in cui si prende il tè, che in una casa privata viene offerto dalla padrona di casa, coadiuvata dalle sue più giovani amiche. In un albergo o in un Circolo privato il ballo avviene mentre gli intervenuti sono attorno ai tavolini a chiacchierare e a sorbire la loro tazza di tè. Gli uomini invitano le signore o le signorine che sono state loro presentate al momento o che già conoscono. La donna rifiuta gentilmente l'invito fattole da un uomo che le è sconosciuto. A questi tè danzanti la donna si reca generalmente in compagnia di amiche o di suoi familiari. Può recarvisi sola se si tratta di invito presso case private che è solita frequentare.

Pagina 544

L'angelo in famiglia

183083
Albini Crosta Maddalena 1 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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La poveretta che sogna e fantastica si trova sempre al disotto d'ogni sua aspirazione, e per quanti sieno gli agi che la circondano, i baci, le carezze de' suoi cari, gli sforzi loro per vederla felice, ella è sempre mesta, cogitabonda, spira da tutto il suo individuo una cert'aria di abbandono e di degnazione, il suo riso è mesto e forzato, il suo sguardo languido con caricatura, e lunghi sospiri escono dal suo petto. Io credo che con questi simulacri di giovinette un solo rimedio sia eccellente ed efficace; sai tu quale? Un bel frustino che suoni nell'aria e ne batta vigorosamente le spalle. Ti parrà forse triviale ed antiquato il mio rimedio, e forse discorde dal mio sistema di medicina per le malattie giovanili; ma che vuoi? in questo caso non mi pare ce ne sia un altro capace a surrogarlo, e finchè tu non me lo additi, io insisto per questo. La mamma difficilmente si decide ad adoperare il frustino, ed allora il Signore, colle anime che vuol salvare dalla mattía dell'immaginazione, pensa Lui a mandare i gastighi o le sventure, affinchè dal campo aereo la fanciulla cada naturalmente in quello della realtà, non altrimenti della sonnambula che nella veglia si ricrede di quanto ha detto o fatto durante il sonnambulismo. Le giovinette non si contentano di crearsi nell'ardente fantasia cocchi, castelli e paggi; ma si creano altresì cavalieri; cavalieri che diventano erranti, che si perdono nell'ombra dell'avvenire, perchè corpo non hanno; che sono un'illusione, perchè in essi non v'ha nulla di reale; che sono un inganno, un doloroso inganno a chi in essi si pasce. Non mi regge l'animo di condannarla; ma mi fa un'immensa compassione quella sconsigliata, la quale si strugge in vani desiderj, in stolte immaginazioni, e di ogni giovane che le faccia di cappello, o la saluti con garbo, o le dica una parola graziosa, si fabbrica tosto colla fantasia uno sposo. Dal primo castello in aria altri ne sorgono e crescono a vista d'occhio, e già le pare di ricevere il dono della promessa, d'indossare la veste nuziale, di stringere in dito l'anello; di ricevere i doni, le poesie, gli evviva, di regnare sola nella propria casa, di fare ogni cosa a sua voglia, di vestire a suo capriccio i figliuoletti, e cento altre corbellerie che non hanno maggior corpo, nè meritano maggior importanza delle bolle di sapone, o delle parole di una ciarliera. Oh! tu, non t'abbassi cotanto, da credere non capace la tua condizione a fornirti pensieri e soddisfazioni sufficienti per cercarli nei sogni dell'immaginazione! Nel contentarsi di quanto si ha, io trovo la vera grandezza d'animo e la sodezza dei principj; orbene, questi sono il verdetto di condanna dei visionarj. Vedere uno sposo in ogni uomo azzimato, o ricco, o giovane, o procace? È troppo serio il pensiero di un collocamento per idearlo od accarezzarlo così all'impazzata senza probabilità veruna. Ho sempre visto che coloro i quali hanno vagheggiato lungamente un matrimonio sotto speciali auspicj, hanno fatto come coloro che allungata la mano ad un frutto lontano od immaginario, allorchè hanno creduto di afferrarlo, non vi hanno trovato che un pugno di mosche... Oh! i sognatori sono come i re di scena; re per un momento e sudditi par tutta la vita. Oh! il frustino, il frustino, quanto bene farebbe! Tu desideri, è vero, un onesto e vantaggioso collocamento, mia cara figliuola? E perchè a questa mia interrogazione ti salgono le fiamme al viso e chini il capo in atto di vergogna? Non c'è ombra di male in codesto, purchè il tuo desiderio sia regolato dal criterio e specialmente dalla virtù, ed anzichè rivolto a cercare nell'aria quello che non si trova che nella terra, o dirò meglio nel cielo, in un dolce abbandono tu lo cerchi a chi solo te lo può dare e conservare. Sì, quel che tu cerchi è nel cielo, perchè tu cerchi uno sposo col quale dividere le gioje, le pene e le fatiche dell'esistenza, ed un simile sposo deve avere il suo cuore nel cielo, sì nel cielo, dove si trova anche il tuo... La religione, la virtù non ti proibiscono un regolato desiderio di formarti tu pure uno stato, una famiglia, ed anzi t'insinuano, ti consigliano ad appoggiarlo colla preghiera. Una vecchia signora, che ora non è più, allorchè con inarrivabile soddisfazione mi raccontava come i cinquant' anni trascorsi insieme al suo consorte, erano stati cinquant'anni di pace e di affetto sempre crescente, mi andava ripetendo con viva compiacenza che il suo sposo lo aveva ricevuto da Dio, il quale aveva largamente esaudita la preghiera quotidiana ch'essa gli aveva indirizzata dai suoi quattordici ai ventiquattr' anni:Signore, se volete darmi uno sposo, datemelo, ma buono, proprio buono, poi tre Avemmaria alla cara Madonna. Le figlie nate da sì bene auspicato connubio provano una volta di più che da pianta sana escono frutti sani, e sono tuttora la benedizione delle famiglie dove sono entrate, e che hanno la fortuna di possederle. Per carità, guardati dal sognare, se non vuoi da un sogno fallace e lusinghiero essere balzata ad una triste realtà. Poi se anche tu raggiungessi ciò che hai ideato, non saresti ancora felice, perchè continueresti a vagare colla fantasia, a fare castelli in aria, ed il tuo stato ti sarebbe penoso. Una signorina, mia conoscente, sognava uno sposo nobile, ricco, amante; trovò infatti uno sposo nobile, ricco, amante, ed ognuno le invidiava la grande ventura, tanto più che un caro angioletto era venuto a rallegrare la sua casa. Senonchè ben lungi dall'essere felice quella casa invidiata, la giovane dama continuava i suoi sogni ed aveva finito col persuadersi come aveva fantasticato, che essa, benchè nata in condizione molto inferiore, meritava non solo quella fortuna, ma ben maggiori riguardi. Il marito allora incominciò a farle sentire il peso che andava unito al titolo che le aveva comunicato, a farle sentire la propria superiorità; e siccome essa si ribellava, egli la fece accorta, benchè troppo tardi, che i suoi sogni l'avevano ingannata, acerbamente ingannata, facendole credere che la gioja conjugale consistesse nell'opulenza, nel lusso, nel grado elevato, e non piuttosto nella parità di principj, di convinzioni, di bisogni, di condizione. Non andò molto ed essa, povera illusa, delusa troppo tardi, e quando era forza subirsi il triste effetto di un fatto compiuto, non ebbe forza di sostenerlo; tornò nella modesta e povera sua casa, rinunciando a tutto e non solo alle agiatezze, ai cocchi, alle gale; ma altresì al proprio bambino che le veniva negato, per trascinare una vita nascosta sì, ma senza umiliazioni. Poveretta! Per vivere è obbligata a lavorare, insegnare la musica... Poveretta! Se tu non sognavi cotanto, avresti ugualmente afferrata la fortuna di uno splendido connubio; ma vi avresti recato l'umiltà, la tolleranza, un criterio giusto, una virtù abbondante, e queste doti t'avrebbero salvata dal nuafragio, e ti avrebbero non solo reso sopportabile, ma leggiero e soave il giogo conjugale. O fanciulla, se Iddio te lo vuol dare uno sposo, e se tu lo cerchi a Lui con dolce insistenza e collo spirito retto e pio della mia povera vecchia amica, Egli te lo darà tale che ti sia di premio, non di gastigo; e se porrai freno alla tua fantasia la quale tenta di traviarti, avrai virtù bastevole a godere il bene che Iddio ti dà, a cementarlo, ad aumentarlo, a comunicarlo a chi ti circonda, a farti pregustare nella vita del tempo quella gioja, quella pace che raggiungeranno poi la massima loro perfezione in quell'avvenire che solo è certo, e nel quale soltanto possiamo figgere desioso e consolato lo sguardo, sicuri di non andare ingannati, poichè in esso risiede il suo regno eterno, beato, ed immutabile l'increata sapienza e l'increata bontà. Non sognare, non sognare: se sogni, pensa al frustino!

Pagina 643

Galateo ad uso dei giovietti

183982
Matteo Gatta 2 occorrenze
  • 1877
  • Paolo Carrara
  • Milano
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Siate sedute con dignitosa compostezza, danzate con leggiadria, ma non con quel soverchio abbandono che sa di svenevole. Passiamo ad altro punto più materiale: e qui dichiaro sul bel principio che il breve sermoncino è più diretto alla sezione maschile che alla femminile. Nelle feste o nelle ricreazioni danzanti c' è spesse volte quello che con vocabolo francese è detto buffetto, e che in italiano significa una credenza lautamente fornita di ghiotti manicaretti, di squisiti dolci, di frutta prelibate, di bottiglie dal cappello d'argento, il tutto accomodato con singolare maestria d'artista. Comprendo bene, miei cari, come la varia fraganza che esala da quella grazia di Dio vi faccia correre l'acquolina in bocca. Mi rendo ragione del fascino di tante leccornìe, stupende per vaghezza e novità di forma, quando anche nol fossero per rara eccellenza di gusto: nè mi sorprende l'effetto che produce su voi quella schiera numerosa di bottiglie, varie di misura, di foggia, di paese, tanto che potrebbero al bisogno servire insieme per una lezione di enologia e di geografia. Ma perciò? Dovreste lanciarvi all'assalto di quelle imbandigioni e mangiarne a crepapelle come affamati? Vi acquistereste il poco invidiabile titolo di golosi e di ghiottoni, e all'indomani, o forse la notte istessa, scontereste con dolori e con un malessere generale la pena della vostra intemperanza. Confortate adunque lo stomaco, solleticate il palato, ma con moderazione: non scegliete il tagliuolo più grosso e non siate troppo corrivi a ripeter la dose. In quanto ai vini, ai liquori, vi basti rinfrescare nella memoria i miei suggerimenti sul modo di contenersi a tavola. Non vi seduca il rumor di quei tappi che saltan per aria nè l'onda di quel vino bianco, vermiglio dorato, che spuma e gorgoglia e ribolle nei calici, spandendo intorno i fumosi suoi spruzzi. Ricordatevi che il vocabolo sobrietà è fratello carnale di sanità, come intemperanza Io è di malattia. Bevete adunque con misura e non ùfate un imprudente miscuglio di vini diversi; poichè la natura, che non perdona, ve ne punirebbe con aspra disciplina. Per voi, mie care fanciulle, ho un altro e speciale avvertimento. Non vi mettete in crocchio a bisbigliar sottovoce, ad indicar colla mano, cogli sguardi, con segni d'intelligenza uomini o donne della festa. Non vi fate a criticar dell'una l'acconciatura del capo, dell'altra i colori troppo vivi dell'abito, di questa i vezzi studiati, di quella il danzare poco leggiadro, e così via. Anzitutto è cattiva abitudine stillarsi il cervello per trovare appiglio a critiche in ogni cosa: poi persuadetevi che, non ostante ogni cautela, ogni circospezione, dareste nell'occhio a qualcuno e vi acquistereste fama di giovinette ineducate e forse maldicenti.

Pagina 122

Ma, pur restando nei limiti del nostro tema, vogliamo toccare di quelle consuetudini e usanze che non si confanno alla gentilezza femminile, e che in onta agli sforzi e agli esempi di qualche bizzarra e capricciosa testolina o fecero mala prova fin dal loro primo arrivo d'oltr'alpe, o caddero ben presto in abbandono. Oggigiorno io credo che in Italia sieno ben poche le donne che hanno l' abitudine di fumare, ma or fa qualche anno la brutta moda era molto diffusa. L' alito di una donna contaminato dall' acre odor del tabacco ! si può immaginare di peggio? Nè ad alcuno verrà in capo, io spero, di citarmi l'esempio dell'Oriente, dove il fumare è uno tra i più graditi passatempi del sesso femminile. Astrazion fatta dalla qualità squisita del tabacco e dagli effluvii che giungono alla bocca purificati dai tortuosi giri e dall' acqua contenuta nel flessibile narghilio, la pipa dei ricchi, vorremo noi, figli della civiltà e del progresso, tôrre a modello i paesi semibarbari, dove l' uomo cerca con avida voluttà il torbido letargo dell' oppio ed il delirio snervante dell' hatschiche? La nostra donna, chiamata a sublimi ufficii, vorrà imitare la donna d' Oriente, che è tenuta in conto di una cosa, di una merce che si compra e si vende, condannata a passare neghittosamente la vita nell' ignobile ozio e nel servaggio dell' harem? E giacchè siamo nell' argomento, mi rivolgo anche a voi, o giovinetti, e vi raccomando di non rovinare la vostra salute coll' uso e, peggio, coll' abuso del fumare; nè fate che si possano mai applicare a voi quei mordaci versi del Giusti: « Il labbro adolescente Che pipa eternamente. » Alla presenza e in compagnia di persone di riguardo o signore non tenete in bocca il sigaro, e nemmeno conducendo al passeggio una donna, sia pure una sorella; e badate che i buffi di fumo non vadano in faccia ad alcuno. Che dirò poi di quelle donne e di quegli uomini che in fresca età hanno l' abitudine di tirar tabacco? La è una mostruosità, uno scandalo, un invecchiare volontariamente prima del tempo. E non sono molto disposto a far buona la scusa che il tabacco sia come un rimedio o preservativo per certi incomodi, e che risvegli la mente di chi si è dato agli studi. Eh via! questo è un crearsi inutili e fittizii bisogni. E poi, ditemi di grazia, quei venerandi barbassori dell' antichità che ci tramandarono opere preziose avevano forse la tabacchiera sul loro scrittoio? - Torniamo a bomba. Quelli che stoltamente sognarono una completa trasformazione nelle costumanze muliebri non istavano paghi al fumare, ma pretendevano che anche la donna avesse a trincare allegramente e senza misura, esercitarsi al tiro della pistola, prendere lezioni di scherma, andare a caccia, guidare cavalli, e va dicendo. In quanto al bere, noi abbiamo già risposto alla sconcia idea laddove toccammo del modo di contenersi a tavola. Riguardo al bersaglio e alla scherma, noi domandiamo a chi ha dramma di buon senso (e può bastare anche il senso comune) se fa bella figura una donna colla pistola appuntata e col fioretto in mano, per giuocar d' assalti, di parate, di finte. E aggiungiamo: a qual pro sciupare il tempo in questi esercizii ? Forse che verranno di moda i duelli anche tra le donne, mentre si vorrebbe trovar maniera di sbandirli tra gli uomini? Lo stesso diciamo della caccia: non piace vedere quest' essere delicato e gentile con uno schioppo in spalla, il carniere ad armacollo, forse un coltellaccio al fianco, impantanarsi fino al ginocchio in paludi e risaie, per far preda di selvaggina, di daini, di cervi, di cinghiali. Sapete quando sta bene il moschetto in pugno alla donna? Quando lo maneggia per la salute della patria, come le Greche della guerra d'indipendenza, come le eroine di Saragozza e di Varsavia. Disdicevole alla donna per mero diletto, la carabina la eleva ai nostri occhi quando essa la tratta per generoso slancio di patriotismo. La caccia antica del falco, oh quella era ben altra cosa! e le signore vi brillavano a meraviglia in mezzo a quel tramestio di cavalli, di scudieri, di mute, di falchi spiccantisi a rapido volo pei campi sereni del cielo; ed io trovo naturalissimo che voi, mie buone fanciulle, andiate in solluchero e in estasi al leggere le pittoresche descrizioni di quelle caccie nel Marco Visconti, in Gualterio Scott e in altri libri. Anche in punto al guidare i cavalli di un cocchio, confessiamo che non garba troppo la vista di quella dama che assume l'ufficio di Automedonte. È vero che le Inglesi, tanto decantate per compostezza e decoro, si prendono questo spasso. Ma anzitutto lo fanno con quei cavallini di Scozia, detti pony, che attaccano a leggiere carrozzette, in modo che il piccolo equipaggio ha quasi l'aria d'un balocco fanciullesco ; poi crediamo che siffatto divertimento sia circoscritto alla campagna e fors' anche ai limiti dei privati poderi. Ma la donna figura assai bene a cavallo colla maestà dell' ampia gonna ondeggiante, col cappello o col tôcco piumato, ferma in sella, frenando con aria sicura e disinvolta il generoso animale.. E non sappiamo comprendere per quale ragione, mentre i parchi di Londra riboccano di centinaia d'eleganti cavalcatrici, in Italia sia un caso straordinario il vederne una o due, e assai di rado.

Pagina 143

Come devo comportarmi. Le buone usanze

185334
Lydia (Diana di Santafiora) 2 occorrenze
  • 1923
  • Tip. Adriano Salani
  • Firenze
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Pagina 285

Quanti giovani si son trovati in brutti impicci per qualche parola buttata là a caso su un pezzo di carta; quante signorine darebbero il loro sangue per riavere lettere scritte in un momento di abbandono! Il risentimento, l'ira, il dispetto sono tutte passioni da tenere in quarantena prima di sfogarle per iscritto. Tanto più poi non si deve mai trascendere in una lettera a offese o a parole che non si direbbero a voce. In quest'ultimo caso, oltre a violare le norme della buona educazione, potremmo anche andare incontro a gravi conseguenze. E non si creda, trattando con amici, di poter fare a confidenza: le amicizie fanno tanto presto a trasformarsi in inimicizie! Le lettere, quando siano di semplice corrispondenza e non debbano comunicare notizie dolorose, dovrebbero sempre essere apportatrici di gioia o almeno di pace. Se ciò non è sempre possibile, e se talvolta dovranno contenere rimproveri o lamenti, siano almeno scritte con tatto, con misura, con tutti quei riguardi che rivelano una buona educazione e un buon cuore. La così detta letteraccia è indegna d'ogni persona seria ed onesta.

Pagina 321

Dei doveri di civiltà ad uso delle fanciulle

188203
Pietro Touhar 3 occorrenze
  • 1880
  • Felice Paggi Libraio-Editore
  • Firenze
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Pagina 11

Tenete con naturale abbandono le braccia senza buttarle alla peggio a destra e a sinistra, e senza, muoverle a scatti. Affinchè il contegno sia irreprensibile, ogni attitudine deve apparir naturale, ogni positura senza studio, ogni moto senza ruvidezza. Il fare onesto e disinvolto, preso fino dalla tenera età, è il più sicuro preservativo da qualsivoglia affettazione. Molte altre avvertenze vi sarebbero da dare su questo proposito: ma volendo, per quanto sarà possibile, sfuggire le ripetizioni, le lasceremo pel capitolo sul Modo di conversare. Dobbiamo: Atteggiare la persona a decenza e modestia; tenere il capo diritto e mostrar la faccia serena; usar passo naturale; aver le braccia sciolte, ma senza dondolarle o buttarle a destra e a sinistra. Non dobbiamo: Fare il cipiglio; guardar fisse le persone per molto tempo; mostrare inquietudine; correre or qua or là; stuzzicare tutto ciò che viene alle mani; andare per le strade con passo frettoloso.

Pagina 24

La moda, il sappiamo, è incostante o capricciosa; una novità che oggi ottiene grande incontro cade tra un mese in spregevole abbandono. Non siate mai la prima a seguirla nè ultima a lasciarla, dice un vecchio proverbio; ed è opportuno aggiungere, non vi curate d'inventarla, chè sarebbe meschinissima vanagloria. Prima anche d'adottare una moda qualunque, aspettate che sia tanto divulgata da non esporvi ad essere mostrata a dito. Che niuno abbia a dire vedendovi: Ecco un vestito, ecco un cappello nuovo foggiati sopra una moda che non s'era ancor vista. Vedasi spiccare il buon gusto nel vostro abbigliamento, ma senza ombra d'affettazione; ogni specie d'esagerazione può farci soggiacere al ridicolo. Oggimai la ricchezza delle vesti non è più distintivo dei diversi ordini di cittadini; il lusso è arrivato a tal punto da agguagliare condizione ed età; e il servire di tutto punto alla moda non basterà, a prima vista, per far conoscere se appartenete o no alla società più educata: sicchè soltanto la semplicità elegante, la lindura delle vesti e il modo di portarle con decorosa disinvoltura potranno conciliarvi favorevole opinione. Nemmeno è cosa conveniente attenersi sempre al taglio e alla foggia di vesti ormai da tutti poste in disuso, chè sarebbe volersi rendere singolare per altro verso; e, in ambedue i casi andare incontro al ridicolo. Queste avvertenze hanno assai maggiore importanza di quello che per lo più le fanciulle non credano; perciò è necessario dar loro per tempo a conoscere come la ricercatezza del vestiario e il tener dietro a tutte le bizzarrie della moda non aggiunga loro alcun pregio, ed anzi le faccia apparire vanerelle agli occhi delle persone di buon senso. Se può mai essere lecita l'ambizione di distinguersi fra le altre, abbiano soltanto quella del sapere, dell'intelletto ornato e delle buone maniere. Ma anche in ciò vuolsi moderazione grandissima, che è quanto dire, modestia, indizio certo del vero merito. Dobbiamo: Prima di seguire una nuova moda aspettare che sia generalmente accellata; vestirci con gusto, ma con semplicità e senza alcuna affettazione. Non dobbiamo: Essere le prime a seguire una moda nè le ultime a lasciarla; nè curarci d'inventarla.

Pagina 26

Il pollo non si mangia con le mani. Galateo moderno

189015
Pitigrilli (Dino Segre) 1 occorrenze
  • 1957
  • Milano
  • Casa Editrice Sonzogno
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Pagina 232

Nuovo galateo

189690
Melchiorre Gioja 1 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Pagina 113

La gente per bene

191621
Marchesa Colombi 1 occorrenze
  • 2007
  • Interlinea
  • Novara
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E con quest'essere amante e caro, prendersi allegramente a braccetto, ed affrettarsi per le strade, unendo il passo e parlandosi con abbandono; e poter ripetere a se stessi: Abbiamo diritto d'amarci! Lo neghino pure i romanzieri, ma il diritto di amarsi alla luce del sole, senza menzogne, senza rossori, sarà sempre la poesia dell'amore. Ed a poco a poco si comprende che quelle ore di espansione e di delizia non sono più misurate dalla durata d' una visita; che si ripetono senza interrompersi, e si ripeteranno sempre, per un tempo lungo, infinito. L'ora del pranzo, l'ora del riposo non li separa più. Oh la dolce prosa della vita materiale! Sedere insieme ad una mensa d' albergo interrogandosi a vicenda sui propri gusti, confessando di aver appetito, mangiando allegramente - à la guerre comme à la guerre, - dandosi del tu presente una quantità di persone, pagando il conto colla borsa comune! Tutto il resto può parere un sogno poetico da menti innamorate; ma il primo pranzo all'albergo è pretta realtà. Dopo il primo pranzo soltanto gli sposi sentono che quella fecilità è vera, positiva, che le loro esistenze si sono congiunte per la vita vera, con tutto il suo corredo di spirito e di materia, di poesia e di prosa. E poi vi sono le ore in cui non sono soli: al teatro, al caffè. E nella piena libertà del viaggio da nozze rigustano il mistero d'una stretta al braccio, d'una mano presa furtivamente, del lungo sguardo appassionato che narra un'illiade di desideri, dello sguardo fuggevole e lampeggiante, che dà il fremito e l'ebbrezza d'un bacio. A traverso quel turbine di godimenti, in quel sogno di delizie, vedono azzurreggiare, in un prossimo avvenire la placida promessa d'una casetta tranquilla, dove saranno padroni e soli, e dove si vedranno sotto un aspetto nuovo, nell'uniformità della vita casalinga... È un'altra serie d'incanti, che promette loro quel dolce riposo dopo tanto movimento. I sentimentalisti che, pel culto delle memorie, hanno cominciato dalla fine e si sono isolati, hanno sacrificate tutte le immense dolcezze del viaggio e non le ritroveranno più tardi, perchè il viaggio di nozze è un frutto che fuori stagione non si gusta. È vero che non hanno disperse le memorie care negli alberghi, e le hanno gelosamente rinchiuse; ma son ben certi che, a lungo andare, non ci sia entrata la sazietà o la noia, a metterle in fuga come una nidiata di passeri? Per quell'affetto che m'ispirano le mie lettrici le consiglio, qualunque sia la loro età, il loro grado di agiatezza, non rinunzino al viaggio di nozze, anche a costo di qualche sacrifizio d'interesse, di qualche privazione. Tutte le felicità che potrà dar loro l'avvenire, non le compenseranno mai di quella immensa gioia perduta.

Pagina 119

Galateo morale

196369
Giacinto Gallenga 6 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino-Napoli
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Pagina 303

La ruvidezza, il fare astioso di certi ministri della religione, quell'aria di diffidenza che procede dal sapersi non simpatici a coloro che, a ragione o a torto, li ritengono in conto di nemici dell'umano progresso e delle liberali istituzioni, quel malumore che si suppone derivare dal forzato abbandono di antichi privilegi, di agi, di ricchezze a cui si erano da lungo tempo avvezzi; quel disprezzo che taluni addimostrano per tutto ciò che si riferisce ai più teneri e soavi sentimenti del cuore, non si potrebbero in essi scusare col dire che trovandosi per lo più i loro materiali interessi in urto colle esigenze dell'attuale civlità, questa debba essere da loro reputata quale nemica, per cui sia lecito ad essi il recarle offesa colla loro inurbana condotta. Ciò sarebbe un far grave torto a quella riputazione di distacco dei loro cuori dai beni terrestri, di quella personale abnegazione che dev'essere prerogativa del loro ministero; come sarebbe un far grave torto alla loro sensibilità, a cui non è a credersi abbiano rinunciato vestendo le divise sacerdotali, il supporre che possano rimanere indifferenti ai dolori dei loro fratelli; come mostrerebbero di dimenticare, abbandonandosi alle antipatie e alle vendette contro gli antagonisti del secolo, cito i ministri di un Dio schernito e crocifisso debbono, quand'anche scherniti e crocifissi anch'essi ingiustamente da dispotiche leggi, saper, come Cristo, e soffrire e perdonare.

Pagina 357

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Inabili forse ai pubblici affari perchè natura le volle aliene dalle ire e dai tumulti, poche le pareggiano nelle cure domestiche, nessuno nella soave bontà, nel pietoso e mesto abbandono del cuore». Si, la natura stessa della donna, i suoi placidi istinti la chiamano a starsene modestamente nel santuario della famiglia; figlia, essa ci allegra il domestico focolare col suo verginale sorriso: moglie, a sostegno e conforto alle fatiche, ai dolori dell'uomo che la scelse a compagna della vita: madre ella ha diritto alla nostra adorazione. Allontanatela da questo centro di soavi sentimenti, di tranquilli affetti: essa non è più, ordinariamente, fuorché un elemento aggiunto all'agitazione sociale: essa perde tutto il suo prestigio di domestica regina: essa non è più l'angelo consolatore, la tenera custode del marito, del padre, del fratello, dei figli. Ogni altro compito che non sia quello di allevare la prole, di accudire alle pacifiche incombenze della famiglia non la troverà più atta ad esercitare quella serena e benefica influenza che abbisogna, per imporsi, della quiete della vita privata: quella influenza a cui ci ribelliamo ogni qualvolta la donna si sottrae all'adempimento della missione assegnata dalla Provvidenza alla sua modesta e sensibile natura.

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Dico il vero: io non mi sento di approvare quel fuggi fuggi che ha luogo per l'ordinario dalla casa in cui ha cessato di vivere uno stretto parente, un tenero amico, quel repentino abbandono a mani straniere della salma del padre, quel disertare vergognoso dalla stanza in cui giace la nostra morta sposa, il nostro figliuolo morto mi sa di crudele; né so compatire un atto di viltà che cerca la sua scusa in un intenso dolore, né saprei ammettere un atto di debolezza che è in aperto contrasto colle ragioni dell'affetto. Una volta — ed erano tempi di barbarie — si adoprava alquanto più umanamente e civilmente in queste dolorose circostanze. I corpi venivano accompagnati alla loro ultima dimora dai congiunti e dagli aderenti della famiglia; e là, dopo aver pregato sulla fossa, il più prossimo parente aspergeva d'acqua la terra che ne copriva l'esamine spoglia; e dopo di esso, tutti gli altri ripetevano quel rito pietoso; indi, prima di partirsene, andavano visitando le tombe dei loro cari, padri, madri, vedove, fratelli ed amici. E queste usanze durano tuttavia in molti paesi della Germania e della Svizzera. Anche in Francia non si usa licenziare immediatamente i corpi a mani mercenarie; essi vengono portati sul limitare della porta ed i passeggieri ne spruzzano il feretro con un mazzettino posto a' loro lati; poi i congiunti vestiti a lutto si associano al corteo e accompagnano la salma fino al cimitero. I Francesi, pei loro morti, si mostrano più teneri e gentili di noi. Quando vedo le sepolture dei Protestanti, degli Israeliti e assisto a quel lungo sfilare di carrozze e di pedoni dietro il funebre carro dei loro congiunti, e paragono questa pietosa e civile consuetudine all'isolamento in cui i parenti cattolici lasciano i loro poveri defunti, credendo di sdebitarsi abbastanza dei loro pii doveri col pagare a contanti il corteo di sacerdoti e di donne, che precedono, indifferenti, il feretro del loro amato congiunto, davvero mi sento stringere il cuore e mi sento il rossore salire al viso pensando a quella fede che noi andiamo superbamente vantando, senza accompagnarla con quella carità che sola è capace di vivificarla. No, non lasciate la casa allorché un de'vostri muore; non lasciate ad altri il compito di comporne le reliquie; il coraggio che voi spiegherete in tale circostanza, coraggio che il vostro affetto dovrebbe essere sufficiente ad ispirarvi, vi risparmierà in parte lo strazio che vi attende al rientrare dopo alcuni giorni in quella stanza deserta; né sentirete al cuore quello schianto che voi dovreste provare dando uno sguardo a quel vuoto letto; né vi stringerà il rimorso di aver vigliaccamente abbandonato colui al quale era debito vostro sacrosanto, prima che lasciasse per sempre la vostra casa, porgere l'estremo saluto.

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Signorilità

198098
Contessa Elena Morozzo Della Rocca nata Muzzati 2 occorrenze
  • 1933
  • Lanciano
  • Giuseppe Carabba Editore
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Pagina 148

Chi lavora di cervello, non deve lasciare in assoluto abbandono le braccia e le gambe; chi lavora con le mani, deve nutrire con una sana e giojosa lettura anche il cervello.

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Le buone maniere

202451
Caterina Pigorini-Beri 1 occorrenze
  • 1908
  • Torino
  • F. Casanova e C.ia, Editori Librai di S. M. il re d'Italia
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Pagina 84

Eva Regina

204396
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 26 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
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Le creature che fanno della vita mondana l'esclusivo fine della loro esistenza e l'esclusivo alimento per la loro anima, atrofizzano i germi delle qualità più luminose e profonde che Dio aveva infuso in esse, acquistano una personalità artificiosa, superficiale, uniforme, che le rende stucchevoli a tutti coloro che vivono in diversa atmosfera, e, dopo una breve stagione di piaceri, prepara una lunga, deserta, tristissima età di disinganni, di contrasti, di desolato abbandono. All' inizio della sua vita mondana, una recente sposa dovrà dunque riflettere assai, armarsi di molta energia, di molta sagacia, di molta prudenza. La società brillante è un pericoloso ingranaggio : datele un dito, vi prenderà la mano e il braccio e la testa... Giacchè riesce assai difficile accettare un invito e sottrarsi ad un altro : limitarsi nelle conoscenze, negli impegni e nelle spese di conseguenza, che troppe volte mandarono famiglie agiate alla rovina. Dunque segregarsi no, ma neppure abbandonarsi intere alla corrente che vi esilia dal dolce nido, dalla quieta solitudine, dagli affetti fedeli. Abbia, la signora, il suo giorno di ricevimento, che le assicura libertà in casa propria per gli altri sei giorni della settimana; non manchi alle visite d'obbligo, d'augurio, di ringraziamento d'ossequio, se il marito ha qualche superiore ammogliato: ma riduca allo strettamente necessario il suo intervento quando ha la scelta tra andare e rimanere, e preferisca i salotti dove la società è più seria e più scelta. Se va ai balli, non vi rimanga sino alla fine, e se il marito le permette di ballare, non abusi della concessione. Ai teatri non faccia delle toilettes audaci in modo da farsi confondere con certe signore con le quali non deve avere nulla di comune. Non sia un'assidua delle passeggiate eleganti che sono in realtà gare di seduzione, di lusso e di civetteria : nei ritrovi sia amabile con tutti, ma si guardi dal dimostrare una preferenza, anche se determinata da sentimenti innocentissimi, verso questo o quel cavaliere. Non si apparti mai con uno di essi: mostri di ricercare più che altro la compagnia delle signore e sia affettuosa e gentile verso il proprio marito, non imitando certe donne, le quali, pur essendo buone e tenere mogli, affettano in società un contegno sdegnoso e leggermente beffardo di fronte al loro compagno, e per timore d'un ridicolo che non esiste se non nella loro mente fatua, cadono nella sconvenienza. Del resto, anche per ciò che riguarda la vita mondana, dovrà la giovine signora mettersi perfettamente d'accordo con lo sposo, secondare i suoi gusti e le sue abitudini. Nessun sacrificio le sembri di soverchio grave, pensando che l' amor vero è tale tesoro nell'esistenza che non si acquisterà mai a troppo caro prezzo.

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Ed anche qui basterà mettere in opera un po' di solerzia, un po' di accortezza e molto cuore perchè nè l' uno nè l' altro soffra del nostro abbandono. Una giovine mamma può rinunziare alla società, ma non alla compagnia dello sposo se ricerca la sua, nè può negarsi a dedicargli tutto quel tempo in cui il suo bimbo non ha strettamente bisogno di lei. Così procurerà di mostrarsi sempre accurata ed elegante come una volta, anche nei suoi abiti più pratici, quali sono richiesti dalla sua maternità. Anzi una donna veramente innamorata e veramente intelligente, di questa maternità si comporrà un' aureola che le dia nuovo risalto e nuova seduzione agli occhi dell' uomo che la predilesse. Così la sua esistenza femminile sarà completa : così non si preparerà dei rimorsi per l' avvenire.

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Sono quelle che maltrattano i loro figliuoletti, che ne amano uno a preferenza dell' altro, che li spingono sulla via del male col cattivo esempio, con la trascuratezza assoluta, con l' abbandono vile per fuggire verso il piacere egoistico: per posporli a qualche passione bassa e malsana. Sono le madri dal cuore arido e dalla testa leggera, capaci di ricevere gli adoratori e civettare con essi mentre il loro bambino ammalato desidera inutilmente le loro cure: sono le madri egoiste che si procurano tutte le raffinatezze e lasciano mancare i bimbi del necessario; sono le madri corrotte che macchiano le piccole anime candide con l' immoralità della parola e del contegno : che insegnano ai fanciulli a mentire, a spiare, a essere delatori e adulatori; che li sgridano solo quando macchiano il vestito, e li accarezzano quando l' amante le guarda, come l' Aspasia seduttrice del Leopardi. Non dite che esagero : tutte ne abbiamo conosciute di queste madri colpevoli che profanano la loro missione! Tutte abbiamo provato santi impulsi di sdegno assistendo a scene d' infanzia torturata dalla malvagità, dal vizio, dalla squilibrio morale. E abbiamo udito talvolta con strazio profondo, con vergogna indicibile del nostro sesso, i piccoli martiri stessi ergersi a giudici, narrare storie di vergogna, esprimere propositi truci per quando il loro fisico ne permettesse il compimento, augurarsi la morte per sfuggire all' ingiustizia, alla crudeltà! Oh stringiamoci ai nostri bambini e preghiamo! Preghiamo Dio che non conceda la fecondità a certi seni: che non s' oda più chiamare col sacro nome di madre chi non meriterebbe nemmeno di far parte dell' umanità!

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Ed è appunto questa facilità d' abbandono che spesso è il motivo della nostra rovina. Quante donne hanno dovute amaramente pentirsi d' aver scritto lettere rivelatrici, lettere d' intimità e di passione a uomini che poi riconobbero indegnissimi della loro confidenza, della loro dedizione ! Eppure l' esperienza non basta, e le lettere d' amore continuano a sbocciare dall'anima come il suo fiore più bello, in una primavera incessantemente rinnovata, e si spediscono affidando al fragile involucro tutta l' anima nostra : e si ricevono e si leggono come dissetandoci da una fonte nuova di vita e di energia... Ma baciate o disdegnate, benedette o maledette, salve o viaggianti colombe, o affaticate pellegrine! o fiori del cuore, dell'ingegno, del bene e del male, Salve, piccole martiri, che, in compenso dell'ora divina che deste, spesso vi aspetta il rogo; e vi si lacera, e vi si distrugge, e vi si disperde! Ed anche a voi, altre lettere esistenti nei misteriosi ripostigli — vecchie lettere d' amore — lettere sepolte vive, scritte in vano, respirate in vano; tristi avanzi di naufragio che pur foste gioia, gloria, ricchezza di un' anima ; capolavori ignoti e squisiti composti per una creatura sola : essenza di passione, lettere che foste la vita e l' avvenire, che ora siete la morte e il passato : anche a voi, specialmente a voi, la malinconica carezza del pensiero, l' effusione del cuore consapevole....

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Ha avuto altre amanti prima di lei, lo seppe dalle sue labbra in un momento d' abbandono o da qualche amica inconsapevole, da qualche confidente fedele. Sa chi sono quelle donne e non ha più pace. La loro società è la stessa, s' incontrano, la gelosia la tortura con le sue acute lame crudeli. Talvolta le sembra di vedere negli occhi dell' amante un rimpianto, di sentire in qualche parola una rievocazione triste : crede di cogliere un sorriso, uno sguardo d' intesa e allora gli tiene il broncio, gli fa delle recriminazioni, gli mostra sdegno, lo offende. Alcune volte l' amante è ammogliato... giacchè la passione che l' infiammava non ha trovato dighe capaci di arrestarne il corso turbinoso; e soffre delle attenzioni ch'egli dice esser costretto ad usare a sua moglie — buona e amorosa — alla madre dei suoi figli. L' intrusa sente la superiorità della posizione dell' altra, sente che in fondo costei è la rivale più temibile: e con mille arti spesso malvagie, si studia di demolirla, di abbassarne il concetto agli occhi dell' uomo che vorrebbe tutto per sè. E passa notti insonni, travagliata dal pensiero di quella donna che gli riposa accanto forte dei suoi diritti, e che potrebbe riprenderglielo completamente, un giorno o l' altro, e per sempre. Poi ha le rivali del futuro, oggi quell' uomo è suo, è soggiogato da lei, ma domani ? Ella non è più molto giovine, e la passione e le lotte vanno lasciando le loro orme sul suo viso. Egli invece, come uomo è nel pieno rigoglio della vita. E la sua eleganza, i suoi modi insinuanti, il suo ingegno dispongono favorevolmente per lui i cuori femminili. Vi sono delle signore giovani e belle, più di lei, più ricche e quindi più eleganti di lei... egli le ammira, ne desidera forse qualcuna... qualcuna che domani conquisterà, come ha conquistato lei. Oppure se è scapolo, prenderà moglie. Verrà una giovinetta graziosa, fresca, pura, ed egli la coglierà come un fiore, e lei che non ha potuto dargli la verginità del suo corpo come gli ha dato le primizie della passione, lei sarà disdegnata, abbandonata, riguardata con disgusto, con disprezzo...

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È la partenza della creatura amata, è il suo abbandono, è la sua dedizione a un'altra creatura. E bisogna saper tacere, sapersi separare senza disperazioni, fingere degli auguri, se è un matrimonio che si celebra, e continuare a frequentare tutti i luoghi dove si trovava lui che ora non c'è più, essere liete e sorridenti e gentili con tutti, mentre il cuore geme e l'anima naufraga: comportarsi come se nulla di grave, d'irrimediabile ci avesse colpite; come se per noi non si fosse spento il sole...

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Infatti molti galantuomini ingannati seguono il consiglio di questo saggio, non fanno chiasso nè muovono lamento, si allontanano, ma condannano alla pena più giusta e qualche volta più amara, l' abbandono. Del resto mi pare che in certi casi d' infedeltà palese, di irrimediabile opposizione di carattere, di prepotenza violenta o di stravaganza; in qualunque caso, insomma, in cui la vita comune divenga tortura di tutte le ore, invece delle volgari continuate contese che degradano, inaspriscono e non rimediano a nulla, sia meglio assai e più dignitoso separarsi, temporaneamente o per sempre... È un passo arduo e crudele, lo so. È un anello che si spezza, è un passato che si rinnega, si seppellisce, si cancella. Quell' uomo col quale dichiariamo di non potere o di non volere più vivere, fu per poco o per molto, un ideale vagheggiato; fu colui che ci iniziò alla vita, che ci diede la gloria e la gioia della maternità. Ma poichè non si ebbe la forza di resistere alla tentazione, o non si ha la pazienza di sopportare, l' unico rimedio è quello di riprendersi,di riacquistare la propria indipendenza. La vita sarà spezzata ugualmente, sarà forse anche più difficile, giacchè la posizione d' una donna separata dal marito è quanto mai gelosa e scabrosa, ma si avrà almeno la pace, ma non si darà ai figliuoli il triste esempio della discordia, della violenza, non si diminuirà l' autorità paterna e materna ai loro occhi. Pertanto una donna che intenda separarsi dal marito non dovrà credere di ricuperare intera la propria libertà e prepararsi a ricominciare la vita con esultanza. La separazione non è che un rimedio, estremo, crudele, disperato, se si vuole, e come tale dovrà essere adottato e riguardato. Quindi il metodo d' esistenza di una signora separata dal marito deve essere più rigido e austero e riguardoso ancora che quello di una vedova. Le basti d'aver riconquistata la pace e procuri di profittarne per riabilitarsi, se ne ha bisogno, o per dimostrare, se fu vittima soltanto, che non desiderò la indipendenza per secondi fini. Se ha dei figliuoli, si dedichi interamente a loro; sarà un conforto e un nobile scopo alla vita. Se non ne ha, eviti di viver sola, rientri nella sua famiglia se può, o viva con qualche parente, con qualche amica di condotta irreprensibile. Si ritiri dalla società mondana, si faccia un ristretto circolo di amicizie fidate e devote che possano consigliarla, sorreggerla, difenderla in caso di bisogno. Forse, passati degli anni, quando l'autunno della vita avrà mitigato la effervescenza delle passioni, se il suo contegno fu incensurabile e se nel cuore non si spense del tutto l'amore della sua giovinezza e il ricordo delle prime gioie che n' ebbe, allora potrà forse riunirsi ancora al compagno d' un giorno, e dimenticando scambievolmente torti ed errori, potranno, nel porto sicuro, attendere insieme l'inverno dell'età, e combatterne insieme la tristezza col loro affetto rinnovellato dall'esperienza e purificato dalla solitudine. Il divorzio dà alla donna una posizione più netta e regolare della semplice separazione; le ridona la sua libertà piena ed intera, le permette anche di contrarre un nuovo matrimonio. Eppure in generale le signore non sono favorevoli al divorzio. Io temo però che la loro contrarietà dipenda più da un pregiudizio, da un'opinione superficiale intorno ad esso, che non da criterio esatto, da una riflessione meditata e profonda. Essere contrarie al divorzio, per massima, è come se si dicesse che si è contrarie all' atto dell' amputazione chirurgica. Lo so anch'io che non può piacere a nessuno, e che non ci si farebbe tagliare una gamba o un braccio per passatempo, per amor di novità, od anche per liberarsi da un reumatismo. Ma quando andasse di mezzo la vita e non ci fosse altro rimedio, sarebbe pazzo e peccherebbe per suicidio volontario colui che per rispettare l' integrità del suo corpo o per viltà ricusasse di sottoporsi al rimedio doloroso, radicale e supremo. Ne convenite, amiche mie ?

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Una madre di numerosa famiglia non può, convengo, lasciare in abbandono la propria casa per attendere a un lavoro estraneo che non le renderebbe quanto la sua poca sorveglianza detrae ai suoi ; ma se una donna che possa farsi aiutare da qualche parente nelle cure domestiche, o possa sbrigarle in breve, trova qualche ora libera, che male c' è se le impiega a dar lezione, a ricamare, a dipingere, a far fiori, a scrivere a macchina, dietro un compenso, piuttosto che uscir a zonzo a far dei vani desideri dinanzi alle vetrine o recarsi in qualche salotto a far della maldicenza? Conosco una signora in posizione modesta, la quale dando lezioni di pianoforte raccoglie in capo all'anno una sommetta che le permette di passare un mese al mare coi suoi bambini senza ricorrere al portafogli del marito. Ella dona ad essi salute e vigore, a sè un igienico riposo, fine che non potrebbe conseguire se non si adoperasse o che costerebbe al suo compagno un non lieve sacrifizio. Conosco un' altra signora che provvede le sue toilettes col ricavo d' un' industria ch' ella medesima ha iniziato e dirige attivamente. Una delle mie più care amiche seconda il marito nell'insegnamento, contribuendo e non per poca parte, al benessere della sua famigliuola. Inoltre questi guadagni conferiscono alla donna una libertà maggiore, mentre è sempre un po' umiliante per essa dover ricorrere per ogni più piccola spesa, al marito che tante volte fa pesare il beneficio. Il modo per aumentare le proprie rendite, non è però sempre in un accrescimento di guadagno. Consiste anzitutto nella regola, nel risparmio, nella previdenza ed anche... nel coraggio.

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L'amore nella sua verità, nella sua fusione d'anima e di sensi, nel suo completo abbandono, nelle sue conseguenze della maternità, nella sua aureola della famiglia, ripugna ad esse. Il limite estremo dell'amore è per loro un bacio sulla mano, come nell'Evo Medio, o sulla fronte prima d'un addio... Giudicano il matrimonio come una degradazione, una delusione: e uno sposo di buon appetito può costituire per la loro anima vaporosa il massimo dell' infelicità. I bambini sono l' umiliante conferma d'un fatto che le romantiche non ammettono in teoria, e che subiscono : quindi li guardano sospirando, ne sono molestate, e tengono lontani più che è possibile. In compenso le loro lettere sono poemi ricchi di imaginazione delicatissima, di descrizioni di paesaggio, di lirismo elegiaco, di profumi, di memorie, di incensi, di nostalgie...

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E se le figliuole abbandonate a sè stesse crescono infingarde e civettuole, o peggio abusano dell' abbandono ; se i fanciulli annoiati dalle lunghe permanenze in chiesa, pigliano più tardi la religione in uggia e acquistano un falso concetto della preghiera, di chi la colpa ? Della madre loro... Altre donne si servono della religione come di un manto destinato a coprire le peggiori brutture. Seminano la discordia, opprimono i deboli, impongono il loro egoismo, soddisfano i più bassi istinti della loro natura, passano di scandalo in scandalo non curandosi dei cattivi esempi che dànno nella intimità, ma poi, per proteggere la loro fama, vanno ad inginocchiarsi ad ogni altare, appendono voti, fanno parte di tutti i Comitati di beneficenza, trascinando religione e fede nel fango dell' ipocrisia.

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Anche Gesù ebbe a provare questo abbandono nell'orto degli Olivi. Tutta l' anima è piena d' amarezza e di ribellione. Non abbiamo che il sentimento d'una grande ingiustizia, non sentiamo che il nostro dolore, e la preghiera che non può più essere un inno o una supplica ardente, muore sulle nostre labbra.... Ebbene, in queste ore di buio, di annientamento, bisogna imporsi una coscienza vigile, una volontà indomabile. « Preghiamo, diceva il Manzoni, che il nostro capo possa sempre inchinarsi quando la mano di Dio sta per passarvi sopra. » Se abbiamo errato, accogliamo la dura prova come un' espiazione: se non abbiamo nulla a rimproverarci, sforziamo i nostri occhi mortali a vedere in essa più d' una causa comune di sofferenza, qualche cosa di prestabilito, d' utile per il bene del nostro spirito, per il nostro progresso morale. E se avremo la coscienza di sentirci puri, anche fra il martirio una pace arcana, malinconica ma benefica, non tarderà a scendere leggera e non sperata sui tumulti del cuore, sull' acerbità del dolore. Noi dobbiamo imparare inoltre a soffrire in silenzio senza far portare agli altri il peso della nostra croce: dobbiamo sorridere alle gioie degli altri senza funestarli coi fantasmi dei nostri disinganni, dei nostri rimpianti: dobbiamo valerci della nostra esperienza del dolore senza perdere la fede nell'esistenza della bontà e della giustizia, e consolarci consolando....

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Innanzi tutto vengono gli affetti teneri, sinceri, devoti, delle persone care che restano, a cui ci si può dedicare con abbandono, in modo da colmare più che sia possibile il vuoto dell'anima. Poi è la soddisfazione, se l'avremo meritata, della deferenza, della stima, della simpatia altrui; della pietà che la nostra posizione desta, dei buoni aiuti spontaneamente offerti : delle attenzioni e delle premure che gli amici veri, quelli che troviamo sempre presso di noi nei cattivi giorni, ci prodigano. Indi l'arte, questa divina, questa immancabile consolatrice, che agli afflitti apre le porte d'oro del suo tempio ideale e quando non li fa creatori, li fa interpreti, li fa estimatori della bellezza vera. Dopo un dolore l'anima è assai più sensibile, assai più vibrante e più atta ad accogliere le impressioni del genio tanto più che il dolore è uno dei maggiori elementi d'arte, e gran numero di capolavori furono composti tra qualche fiera tempesta morale. Allora la passione della musica, la espressione dei volti umani o del paesaggio nella tela, i singhiozzi o il lamento della poesia, gli spasimi delle sculture s'immedesimano con la nostra sofferenza, la sollevano, la trasformano, la idealizzano, e le lagrime che cadono dagli occhi nostri non sono più così disperate, bensì ci arrecano un vago sollievo. Se poi la sorte concesse l' ingegno capace di dar apparenza visibile ai propri sentimenti e alle proprie visioni, che grande, che alto conforto passar tutti nell' opera nostra — sia pur tenue — infondere la nostra anima nelle forme e nelle espressioni, assentarci dalla vita vera, che fu amarezza e delusione, per vivere nel mondo superiore dell' ideale e del sogno ! Allora, tutto quanto piangemmo perduto, può ricomporsi sotto la nostra volontà, al nostro soffio animatore : tutto quanto desiderammo invano e perseguimmo, inafferrabile, può essere afferrato e fissato per sempre nella fioritura del nostro spirito che durerà oltre la vita.... E il lavoro ci darà le sue grandi e severe gioie, ci concederà la pace, il riposo, l' appagamento della coscienza : beni che talvolta anche la più luminosa felicità nega. Infine l'esercizio della filantropia nella misura della propria possibilità e nel cerchio della propria sfera è consolazione efficace, nobile, ricca di nuove forze ritempratrici. Tante volte la sofferenza fu così aspra e continuata che la sola possibilità di gustare la quiete costituisce una consolazione. « La malinconia è una gioia del dolore » scrive Paolo Mantegazza giustamente.

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Una fervorosa preghiera, un atto di abbandono alla Potenza che regge il nostro destino, aiuteranno a procurarci la calma pel nostro riposo se abbiamo l'anima afflitta o inquieta. Qualche buona ed energica risoluzione se l'anima è in lotta con sè medesima, se la coscienza ci fa qualche rimprovero, è pure, spesso, ciò che decide di un sonno ristoratore. Si eviti inoltre per quanto è possibile, alla sera, quanto può eccitare la nostra fantasia : spettacoli emozionanti, musica, letture di troppo interesse e di soggetto passionale. Gioverà molto, invece, prima di dormire, qualche lettura noiosetta; qualche preghiera formale ripetuta; contare sino a un numero alto; ripetersi adagio versi noti. Rimedi fisici contro l' insonnia, dei quali è provata l' efficacia, sono pure i seguenti : lavarsi la faccia prima di coricarsi; togliere il guanciale; cercare una posizione incomoda e dopo qualche tempo mutarla nella positura migliore, prendere un po' di latte caldo, ed evitare di coricarsi prima che la digestione dell'ultimo pasto fatto sia compiuta: badare di non aver freddo alle estremità, provocare anzi la discesa del sangue tenendo molto caldi i piedi. Anche la positura del corpo e la qualità del letto influiscono sul sonno. Le persone non use a spostarsi spesso, non possono dormire quando cambiano letto : altre use a un letto duro saranno molestate da un giaciglio troppo morbido. Se si arriva però, con una giusta attività e una vita regolata, ad ottenere il bene di un buon sonno, anche i mutamenti non lo impediranno più. Gli igienisti dicono che non si dovrebbe dormire supini, ma sul fianco destro, perchè quando il corpo è in questa posizione lo stomaco resta più libero e il fegato preme meno sui visceri. Dormendo così si eviteranno anche i brutti sogni.

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L'Anemone, il leggiadro fiore che piega, significar Abbandono di sè medesimo. L'Aquilegia, che ha la forma d' un campanellino e ricorda il carnevale, significa: Follia. L'Arancio, il puro fiore delle spose : Verginità. L'Astero o margherita chinese, indica : Eleganza senza sfarzo. — L'Azalea: Tutto per l'amicizia. L'Altea, il grande fiore ingenuo, vuol dire : Dolcezza. La Palla di neve significa : Seduzione; il Botton d' oro : Ricchezza ingannevole; la Begonia : Amor supplicante. Il Basilico che adorna le povere stanze indica infatti : Modestia povera. Il Biancospino, l' araldo della primavera, dice: Dolce speranza; la rossa Bocca di Leone: Ferocia, e la bianca: Superbia. La Camelia non esprime, come si crede, aridità, ma Costanza negli affetti. Se è striata : Bizzarria, se è rossa : Ardore, se rosa: Giocondità. La Campanula significa: Desiderio di vedere il proprio bene; il Caprifoglio: Vincolo d'amore; il Ciclamo, il mio fiore prediletto, dice una cosa per me vera, dice: Solitudine.... Il Crisantemo esprime: Lagrime, e la Cicuta: Perfidia. Il Colchico così dolce nei prati in autunno ha una parola crudele: Impostura. Il volubile Convolvolo indica : Civetteria, e la Bella di notte: Allegria breve. La candida ed odorosa Cardenia significa : Bellezza e candore. La Dalia bianca: Sterilità, la rossa: Abbondanza; l' Edera, ognuno lo sa: Attaccamento eterno. L' Elianto o girasole : Adulazione; l' Eliotropio : Abbandono, infatti il suo profumo è lieve come un sospiro. L' Erica significa : Sciocchezza; il Fioraliso: Vera amicizia; la fucsia rossa: Cordialità; la bianca : Tenerezza; la Gaggia bionda come la testina d'un bimbo esprime: Ingenuità. Ecco i Garofani, i forti e bei figliuoli d'estate; il roseo significa Amor delicato, il bianco : Amor puro, il rosso: Amor vivo, il garofano screziato: Poesia, il garofano cupo: Amor concentrato, il giallo: Amor bizzarro. Il Gelsomino indica : Gentilezza; il Geranio sanguigno: Presunzione, il Geranio screziato : Orgoglio, il Geranio edera : Troppo sentir di sé. Il Giacinto semplice significa: Umanità; doppio: Gelosia. Il Giglio, è noto: Castità; la Ginestra: Amor della famiglia; la Giunchiglia : Lunguore; il Gladiolo : Spontaneità; l' Iris fiorentina : Sensibilità; il fior di lino : Vittoria, e il fior di lavanda: Silenzio. L' Oleandro rosso esprime; Antipatia, bianco: Insofferenza; il Lilla, dal soave odore dice : Prime agitazioni d'amore. Il Luppolo : Antipatia; la Miosotide: Ricordati di me; la Maggiorana: Consolazione; la Magnolia: Bellezza superba; la Malvarosa: Fecondità; il Mandorlo che apre spesso troppo presto le sue fragili corolle: Mente stordita. La Margherita di giardino dice: Giovinezza, e quella dei prati : Bontà. Il fior di Melograno indica : Il burbero benefico; la Menta: Saggezza; il Mirto : Amore; il Mughetto : Ritorno al bene; il Narciso : Vendetta d'amore; il Nasturzio : Fiamma d'amore; la Ninfea: Sterilità. L'Ortensia rosa significa: Freddezza, l'Orchidea comune: Ingegno; l'Orchidea macchiata : Intelligenza superiore; il Papavero : Scempiaggine; il fior di passione, o Passiflora : Tortura dell'anima. La Peonia indica: Vergogna; la Pervinca: Amicizia durevole; la Primula: Adolescenza; il Ranuncolo: Malinconia; il Reseda : Inesperienza. Eccoci alla regina dei fiori, alla rosa. Muschiata dice : Amor capriccioso; gialla o the : Amor ingrato; incarnata : Bellezza senza orgoglio; rossa: Amore ardente; selvatica: Piacere. Il ranuncolo esprime: Poca sincerità; la Scabbiosa o Vedovella: Abbandono; la sensitiva: Pudore; la tuberosa: Ebbrezza voluttuosa; il Tulipano: Amore violento; la Verbena significa : Sincerità d'affetto; la Veronica: Compatimento; la Viola del Pensiero: Pensate a me; la Violaciocca, se bianca: Cuore instabile; se rossa: Volubilità; se gialla: Poca fermezza d'affetti, una variazione della stessa triste cosa. La Viola mammola, come tutti sanno, indica : Modestia; doppia : Bellezza modesta; bianca: Candore; la Zinia dice la cosa più crudele a chi ama : Lontananza.

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Quante volte una stretta di mano è l'unico abbandono, l'unico possesso ! E allora la sottile spoglia, conscia della dolcezza profonda e fuggitiva, diventa a chi ha amato e desiderato e sperato indarno, qualche cosa di privilegiato che non guardiamo senza tristezza profonda e senza un intimo amaro orgoglio.... Il guanto non fece la sua apparizione che all'epoca del Rinascimento e furono l' Italia e la Spagna a produrre i primi campioni. Nel Medio Evo i guanti erano ancora molto primitivi, giacchè consistevano in un paio di ruvidi sacchetti di cuoio in cui si chiudevano le mani nell' inverno. Più tardi Caterina de' Medici e la sua corte fecero uso di guanti elegantissimi ornati di ricami, pizzi, perle e pietre preziose. Il prezzo dei guanti di quell' epoca era addirittura favoloso. Ai tempi di Luigi XIII un paio di guanti semplicissimi costava settanta scudi ; ma nonostante il prezzo elevato il consumo era enorme. Un uso molto in voga alla Corte, allora, uso che si estese poi alle famiglie nobili, consisteva nel far girare attorno dopo le cene un bacile contenente varie paia di guanti profumati che le signore sceglievano, secondo il loro gusto. Nei secoli XVII e XVIII il portar guanti era considerata una assoluta mancanza d' eleganza e di riguardo. Gli aristocratici tenevano i guanti piegati nella mano che reggeva il cappello. Di quell'epoca ci rimangono però dei veri capolavori del genere. Pochi anni fa fu venduto a Londra un guanto della regina Anna ricamato in oro con merletti dell'epoca, per quattromila lire. E settemila fu pagato un guanto veneziano del secolo XVI adorno di risvolti dipinti a guazzo. Ricordate il sonetto del Petrarca per il guanto di Laura ? Un giorno la donna bella e schiva lasciò cadere uno dei suoi guanti di seta. Petrarca lo raccolse agognando serbarlo come una reliquia del suo amore ardente e infelice ; ma la donna non lo consentì ed egli dovette restituirlo.

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Sul sedile, del vagone, nella via popolosa, o sulla terrazza solitaria, la sposina si stringe al suo compagno con un gran desiderio di protezione, di tenerezza, d' abbandono. Come un uccelletto fuori dal nido, quella prima sera che la trova fuori dalla casa paterna, sola con un uomo, le dà un senso segreto d' isolamento, di malinconia. Pensa che a quell' ora la mamma, il babbo, le sue sorelle si riuniscono intorno alla mensa, sotto alla lampada : indovina le loro tristezze per il suo posto vuoto e una lagrima è lì per caderle dagli occhi. Ma lo sposo che le ha letto nell'anima, preme con passione alle labbra la piccola mano che tiene da molto tempo prigioniera o, se son soli, la stringe tutta al cuore e le dice alcuna di quelle parole che sono per la donna amante e amata, il filtro magico d' Isotta e Tristano, che dà l'oblio di tutto e fa beati nell'ardore.

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È terribile pensare che si avrebbero avuti tutti gli elementi della felicità e si disconobbero, si lasciarono in abbandono, si dispersero per seguire ingannevoli fantasmi lusingatori. Il rimorso s' aggiunge al dolore e il pentimento troppo tardivo lo fa più acerbo. È questa l' angoscia che punge il giovine Dante quando nella sua visione ultramondana, alla sponda del fiumicello nel Purgatorio ode la rampogna di Beatrice che lo accusa d'aver vôlto i passi

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Oppure qualche offesa ricevuta che non si vuol perdonare, che si vuol punire con la separazione assoluta, con l' abbandono. Ad ogni modo il motivo deve essere d' una potenza straordinaria per costringere una donna alla risoluzione suprema d' abdicare al suo regno, di spezzare la catena dei suoi affetti, delle sue dolci consuetudini, di sacrificare forse i figliuoli, di rinunziare alla sua casa, alla sua città, alle sue amicizie, e fuggirsene sola verso l'ignoto, forse verso la catastrofe. E per quanto maturato questo partito che le pare il solo a cui le sia possibile oramai di appigliarsi, pure nel momento di mettere in atto la determinazione il cuore le si schianta, la testa le turbina, il senso della vita le vien meno come ad una moritura. È lei che lo vuole, sì ; essa non obbedisce che alla propria volontà, che al proprio istinto, forse : si sente arbitra sola del proprio destino ; ma questo appunto le dà un brivido di sgomento, uno spasimo d'angoscia. Eppure non voile ascoltare nessun consiglio, e non lo ascolterebbe neppure in quell' ora — ma la sua solitudine, la sua indipendenza stessa, le dànno le vertigini. Ed affretta, affretta i preparativi per togliersi al più presto di là, per mettere al più presto l' irreparabile fra l' avvenire e il passato : per togliersi ogni possibilità di pentimento, di riflessione, di transazione. « Ciò che deve avvenire avvenga ! » è il grido disperato dei suicidi ; ed essa lo ha sulle labbra in quell' istante in cui rinunzia per sempre al suo posto di battaglia che doveva occupare sino alla morte : al suo regno che mai doveva essere privo della propria regina.... Anna Robertson Brown giustamente scrisse: « Consideriamo bene la vita da tutti i lati, prima di gettarci a capofitto in un nuovo cammino dal quale non sarà poi sempre facile ritrarci. » Infatti quante volte queste donne impulsive, sconsiderate, insofferenti, credendo di raggiungere il meglio, precipitarono nella rovina !

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Sono queste le mamme che lasciano in abbandono i figli propri per dedicarsi con ardore a qualche beneficenza : le mogli che trascurano la loro casa e lo sposo, per correre a sgonnellare ad ogni congresso e far pompa d'idee umanitarie : le signorine candidate alla gloria che per aver pubblicato un libro di versi si credono emancipate da ogni dovere figliale, da ogni occupazione domestica, e non sognano che la celebrità : Sono spostate morali più dannose che utili, mentre se rimanessero nella loro cerchia potrebbero realmente beneficare. — Dice ancora la nostra buona consigliera, Maria Pezzé Pascolato: « Non soltanto servono alla vita coloro i quali compiono un atto luminoso di eroismo o un' opera di palese utilità generale. Ma ben anco tutti gli umili — ignoti talvolta persino a sè stessi — che si piegano senza lamento e senza viltà al còmpito quotidiano ch' è loro toccato in sorte ; tutti i piccoli che in ogni giorno, in ogni ora della oscura esistenza fanno del loro meglio semplicemente e coraggiosamente. »

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Iddio, la mamma, consentono e benedicono il suo incondizionato abbandono, e la prima visione della maternità già le appare in un visetto roseo contornato da capelli d'oro e consola l'addio alla sua innocenza di fanciulla.

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Il marito si avvede dell' inganno e la giovine sposa non potendo resistere alla vergogna e al dolore dell' abbandono di lui si uccide.... Ora, non tutti questi matrimoni, chiamiamoli così : di frode, hanno queste tragiche conseguenze, ma tutti, certo, portano un terrore, un rimorso, un disprezzo, che possono disgregare dal primo istante un' unione che deve essere indissolubile. In tutti questi casi — sia infermità, sia imperfezione, sia colpa — è indiscutibile il dovere strettissimo di parlare. Ci si confidi a un medico, ci si confidi ad una madre, si impieghino i mezzi più delicati, ma non si vada all' altare con queste nascoste vergogne ; non si giuri la fede col tradimento nel cuore. L' amore, quando è vero, è infinitamente misericordioso, saprà compatire.... transigere.... perdonare.... e l' atto di lealtà e di umiltà dell' altro potrà, forse, avvincere di più: mentre un amore offeso, deluso, tradito, per grande che sia, o appunto per questo, può mutarsi improvvisamente in un gran braciere d' odio.

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