Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Trattato di economia sociale: introduzione all’economia sociale

389779
Toniolo, Giuseppe 23 occorrenze
  • 1906
  • Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, voll. I-II 1949
  • Economia
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Nel primo caso (processo deduttivo),posti alcuni principi o verità generali per sé evidenti o ricondotti a rigorosa dimostrazione, si ricavano per discorso logico i veri particolari in quelli contenuti ed a quelli subordinati.

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Rispetto al compito dimostrativo si rammenti che i rapporti sociali sono immediatamente tradotti in atto dalla libertà umana, a seconda che il grado di intelligenza e soprattutto di virtù dei popoli riesce a comprendere in che consista l'ordine,da cui dipende il bene (e l'utile a questo coordinato) ed a volerne efficacemente il rispetto. Ciò posto, si avverta che la dimostrazione di verità,ammessa la possibilità della ignoranza e del pervertimento umano, nel nostro dominio, deve essere duplice:

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Tutto questo concorre a spiegare, come tale dottrina filosofico-panteista riuscisse a «reincarnarsi» in più successive metamorfosi, anche nel rispetto del metodo pur sempre evoluzionistico. Donde due primi indirizzi metodici negli studi sociali:

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Ma, singolare a dirsi, anche la seconda scuola metodica del materialismo storico (collettivismo evoluzionistico), in più diretta connessione con Hegel, sebbene congiurasse per quasi un secolo alla distruzione di ogni metodo e scienza sociale, lasciò qualche traccia istruttiva; insegnò cioè nella sociologia e nella economia a distinguere induttivamente le leggi normali da quelle anomale, nella costituzione del progresso sociale; tutte le celebri leggi del materialismo storico-economico di Engels, Marx, fino a Loria e a Sombart, non essendo che formule esprimenti la patologia dell' incivilimento.

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La mossa convergente riuscì a due risultati metodici, che poi inclinarono a fondersi.

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. ‒ Corrispondente a questo sfoggio di ricchezze è lo sviluppo (ciò che a noi interessa) di arti economiche; prima e maggiore (a questo sembra) fra i camiti di Egitto e delle spiagge mediterranee e all'estremo opposto in Cina; ma del pari precoce e diffuso in tutta l'antichità orientale.

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I quali tuttavia, a gran distanza di tempo, sembrano superati dai persiani, in ispecie dal grande riordinatore (dopo la pace interna del 516 a. Cr.) Dario d'Istaspe. Per lui, amministrazione civile distinta dalla militare, trasformazione delle imposte in danaro, regime della irrigazione e della pesca, sistema stradale e servizi di posta da Susa a tutti i punti dell'impero, riforma monetaria, (forse attinta ai lidi), in pezzi coniati (le dariche),diffusi per tutto oriente: ordinamenti in parte copiati dai romani; ciò che attesta il genio degli arii orientali, già altamente civili, quando vennero a contatto coi confratelli europei.

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Tali nell'ordine cronologico: — quel codice di re Hammurabi babilonese e insieme il Libro de' morti fra gli egizi, i quali risalirebbero ad oltre 2000 anni a. Cr., — i Vedas (la Bibbia degli arii indiani) raccolta durata parecchi secoli, di cui il più antico libro il Rig-Veda appena occupato il Penjab (sec. XVIII a. Cr.) insieme al codice di Manu (sec. EX a. Cr.) ritraggono la cultura indiana prima e dopo la organizzazione braminica; — l' Avesta, libro sacro delle dottrine (monoteistiche) e leggi degli arii zendici o medi-persiani (da 3-2000 anni a. Cr.), riformate (mazdeismo) dal filosofo Zarathustra (Zoroastro) in senso dualistico nel secolo VII a. Cr., con svolgimenti fino al IV secolo d. Cr.; — ritenendo un posto a sé, la Bibbia del popolo ebreo, i cui singoli libri di vario tempo ed autore, raccolti da Esdra, nel sec. v (dopo il ritorno dalla cattività di Babilonia), riconosciuti come divinamente ispirati dalla Sinagoga e poi dalla Chiesa cattolica, rimasero l'antica fonte religiosa di tutta la civiltà cristiana fino ad oggi; — senza dire dei libri canonici (2300 a. Cr.) della Cina raccolti e svolti da Lao-Tze e da K'ung fu-tzu (Confucio) nel sec. VI a. Cr.; e di Sakyamuni o Buddha (sec. VI) in India, colla successiva collezione buddistica del sec. III a. Cr.

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le dottrine della filosofia scozzese (di Hutcheson e Reid) cui apparteneva A. Smith, la quale, intitolandosi scuola del buon senso o del senso comune (riguardato come fonte di verità), identificava la morale coi sentimenti psichici ossia con certe tendenze interiori quasi istintive e comuni a tutti gli individui, sottraendo così lo stesso sentimento dell'utile alla necessità della subordinazione a norme etiche superiori imperanti; — le dottrine del liberalismo politico e scettico di Davide Hume amico di A. Smith; — e lo

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. – Il sistema di Smith infatti coi suoi logici svolgimenti componeva una teoria, la quale si dimostrava più che mai adatta: — ad insinuare profondamente lo spirito di cupidigia materiale,specialmente nelle classi dominanti, abituando a considerare l'uomo come mezzo alla ricchezza e non viceversa, e ciò in danno specialmente delle classi lavoratrici; — a sollevare in una concorrenza sfrenata ed universale i potenti e a deprimere i deboli, incrementando così il capitalismo nelle classi borghesi e diffondendo il salariato nella classe operaia; — a favorire gli interessi cosmopolitici e di ricambio a sacrificare l'autonomia economica delle singole nazioni.

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tende a distruggere l'organismo stesso della società,atteggiandolo a sempre nuove forme, senza norma e limite. Tutte le istituzioni economiche, giusta questa scuola si modificano all'indefinito, seguendo l'evoluzione (storica, statistica, biologica) degli interessi generali. E così essa p. e. giunge a giustificare in certe condizioni storiche la schiavitù, e ad ammettere la libertà siccome un istituto confacente soltanto in certi momenti storici al progresso generale. Essa dimentica che le istituzioni e leggi sociali economiche sono sostanzialmente un prodotto della irreformabile natura umana e che devono servire a fini etici supremi, che sono immutabili: rinvenendo in ciò due limiti di variazione;

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Come le scienze sociali positive sono le ultime a costituirsi, perché richiedono vasti, coordinati, rigorosi metodi di osservazione, sicché sono recenti (e ancora infelici) i sistemi sociologici di A. Comte, di Spencer, di Schäffle, — così le scienze sociali speculative o filosofiche sono antiche, almeno nelle grandi linee, e oggi relativamente mature, come tutti i sistemi filosofici da Aristotele a s. Tommaso, agli scrittori di etica e diritto sociale moderni. E ciò perché i quesiti di finalità (p. e. a qual fine viviamo noi consociati?) urgono fin dall'origine e ad ogni istante l'umanità; e a darvi qualche risposta generale possono bastare le intuizioni di pochi pensatori o il buon senso dei più. Così anche accadde dell'economia, che è scienza positiva relativamente moderna.

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Donde l'ordine sociale, pur risultando dal concorso armonico delle classi superiori e inferiori, non solo converge al bene comune cioè alla tutela e soccorso di tutti, ma riesce a beneficio prevalente dei meno adatti, dei deboli, dei poveri, che sono i più numerosi. Così la legge etica rivolge le stesse varietà individuali umane, germe di scissura e contrasto, a comporre invece e a rinsaldare la unità sociale.

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Ciò premesso per l'economista: utilità è l'attitudine delle cose materiali a servire ai fini umani e quindi a soddisfare ai bisogni corrispondenti.Si dice inutile ciò che non arreca alcun appagamento all'uomo, e utile l'inverso.

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Per ogni unità successiva di uno stesso bene, la utilità e quindi la soddisfazione diminuisce coll'attenuarsi della intensità del bisogno,fino a compiuto appagamento. Per chi ha fame un primo pane soddisfa a un bisogno urgente, un secondo, un terzo pane, ecc. soddisfano regressivamente a bisogni sempre più tenui, fino alla scomparsa della fame, mercé la sazietà.

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In Italia sulla popolazione intera i celibi rappresentano il 58%, superati dalla Germania 59, rimanendo Francia a 55 e Austria a 52, scendendo Irlanda a 43%; i coniugati (su tutta la popolazione) in Italia 36, Germania 34, oscillando nei vari paesi fra 33-39; i vedovi da 6 a 5%. E queste cifre per ogni paese civile rimangono di una stabilità mirabile, crescendo lievemente i celibi nei paesi di grande intraprendenza economica (Belgio) o di grande depressione (Irlanda).

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La Cina da 2200 anni a. Cr. fino a 600 d. Cr., sembra oscillasse fra 60-80 milioni di abitanti (Sakaroff). L'Egitto non superò mai i 7 milioni di abitanti e discese a 3 dopo la conquista di Alessandro. La Grecia, colle sue popolazioni anche biologicamente espansive, raggiunse forse 4 milioni nell'intera penisola e altrettante nelle colonie, fino al dominio macedone; poi dislocazione e spopolamento irreparabile. Lo Stato romano da mezzo milione ai tempi della guerra coi sabini, allargandosi in tutta Italia perveniva sotto Augusto a 51/2 milioni, sotto Claudio a 7; e tutto l'impero romano in tre continenti nel primo secolo cristiano abbracciò forse 54 milioni (Beloch).

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., la quale sale a 0,70 fra cacciatori tropicali (della Pampas), e ad 1,77 per kmq. fra nomadi pastori. Un passo risentito al paragone segna l'agricoltura vaga con allevamento di bestiame, e tocca il 5 e più per kmq. fra i celti e i germani primitivi fino a Cristo, tramutandosi in salto decisivo colla agricoltura fissa a maggese, intrecciata al prato e al bosco, insieme alle prime industrie civiche, già caratteristica d'Italia a cavaliere dell'era cristiana, e dell'Europa centrale soltanto dal 1200-1500; le quali oscillano fra 17 e 26 abitanti per kmq. Ma chi il crederebbe? Questo dato in Europa rimane di poco alterato fino a metà del secolo XIX, indizio della resistenza dell'empirismo e della stazionarietà economica. Ma infine i risultati delle trasformazioni tecniche ed economiche, ormai generali in Europa, si palesano con queste cifre meravigliosamente cresciute: per le regioni puramente agricole dell'Europa meridionale si giunse a 70 abitanti per kmq ; per le regioni europee dei grandi distretti industriali e centri mercantili, fino a 266; e per le regioni che a questi ultimi progressi aggiungono anche quello agrario, specie vinicolo, fino a 318 (Ratzel).

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Le diffuse innovazioni tecniche delle industrie manifattrici in tutta Europa lungo il secolo XIX, mentre collo immenso spaccio dei prodotti a basso prezzo aumentano profitti e capitali dei fabbricatori e mercanti, e moltiplicano la popolazione specie lavoratrice,sospingono l'America del nord e l'Australia (già abituate da lunga mano ai sistemi di pimetagione capitalistica) a produrre materie prime industriali, a volgersi con vorticosa rapidità a lavorarle sul luogo, e a resistere così alla importazione europea.

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La morale cristiana, coi dogmi che la ispirano (teologia dogmatica) e colle applicazioni giuridiche che l'avvalorarono (diritto canonico) quale venne a svolgersi nell'organismo storico-vivente della Chiesa cattolica, dalle origini fino ad oggi, deve dallo scienziato, anco per ragioni positive, considerarsi come il fattore più potente a suscitare nei popoli le energie economiche e a guarentirne i rapporti più regolari ed efficaci, componendo così l'ambiente sociale più propizio a delineare le dottrine razionali dell'economia nella loro successiva elaborazione.

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Più palese è il fenomeno dove grandeggiano le monarchie, come nell'Asia centrale e in Egitto, in cui le città massime, le capitali, sorgono per atto imperativo di sovrani e conquistatori, col doppio intento di costituirvi un centro di dominazione interna e di resistenza strategica esterna; ciò che si ripete dovunque, collocando, trasferendo, atterrando, ricostruendo le città in quei luoghi e modi che a queste esigenze supreme rispondano. Così Babilonia e Tebe colle loro mura e torri gigantesche; così il trasferirsi della capitale fra i persiani da Ninive a Persepoli e poi a Susa. Ma altrettanto fra antiche popolazioni od oligarchiche o democratiche: gli etruschi sedentari (forse orientali) rizzano le loro città federate colle loro mura ciclopiche sulla vetta dei monti, e fra popolazioni guerriere il loro stanziamento è segnato dalla fondazione della città, che ha forma primitiva di accampamento con vallo (castrum)come Roma quadrata;specie fra i germani, più lenti a ridursi a vita stabile e civica (non prima del medio evo), le prime città sorgono dai quaranta castra già presidi del dominio latino; e nell'Europa feudale è all'ombra del castello che spunta il borgo (distinto dalla villa). Anzi la moltiplicazione di città sembra ognora privilegio di principi e popoli, che hanno il genio dell'imperium.Così Filippo ed Alessandro disseminarono le città dalla Macedonia alla Grecia e fino all'Indo. Così Costantino, per difesa contro le minacce orientali trasferisce la capitale a Bisanzio, e Teodosio a Milano contro le invasioni barbariche. E altrettanto Carlo Magno fa sorgere Aquisgrana, a cavaliere del suo dominio di Gallia e Germania; Barbarossa ad affermazione di sua potenza rade al suolo Milano, e a rivendicazione dei suoi diritti la lega lombarda vi erige di contro Alessandria; fino a Filippo II, che a raffermare l'accentramento della Spagna e della sua monarchia, fonda Madrid.

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Quest'azione politica indiretta del clero cattolico, la quale proviene dalla natura della Chiesa, che è società gerarchica,distinta in dirigente e discente, perfetta,fornita di tutte le facoltà anche giuridiche proporzionate alla sua missione ed universale,estesa a tutti gli uomini e che era destinata a crescere d' efficacia mercé la cultura e la ricchezza, — venne a dispiegare storicamente, comunque in via transitoria, funzioni politiche anco dirette in tre momenti caratteristici.

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. ‒ Così implicitamente è detto quale sia la natura delle leggi sociali,comprese quelle economiche; e quanto fu scritto in questa «Introduzione» conferisce a giustificarla, di mezzo a nozioni tuttora dibattute (vedi H. Pesch).

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Trattato di economia sociale: La produzione della ricchezza

395675
Toniolo, Giuseppe 26 occorrenze
  • 1909
  • Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, vol. III 1951
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. — E sotto i Valois, finita la guerra dei cento anni, nel proposito positivo di ricostituire la unità della nazione, da Carlo VII (1442-1461) che sottopose alla approvazione regia gli statuti corporativi, a Luigi XI (m. 1483), a Carlo VIII (m. 1498) e a Francesco I (m. I547), si moltiplicarono con lettere patenti («lettres de maîtrise») i mestieri giurati dipendenti dai re, le riforme di varie corporazioni, l'assoggettamento fiscale di esse; e nella seconda metà del sec. XVI si introdusse colle grandi ordinanze di Carlo IX (1567) e di Enrico III (1581) un ordinamento uniforme di tutte le corporazioni francesi. ― Ma, fra arbitri ed abusi, le tradizioni del paese ne contennero fra limiti ragionevoli gli effetti, prevalendo così i benefici. Di tali provvidenze altre valsero a togliere alle corporazioni il carattere feudale; altre a metter freno a pretese egoistiche e a conflitti fra le industrie e ad assicurare il diritto ai cittadini di esercitare l'arte in ogni punto del regno; e le ultime, divenendo universali, a rendere le corporazioni più accessibili e meno restrittive (C. Jannet).

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Ma nel tempo stesso (avvertasi bene) in tale regime di libertà senza freno di legge e di coscienza, — a quel predominio legale delle classi proprietarie imprenditrici, gravante per tre secoli di privilegi e coercizioni sopra i lavoratori del passato, vi sostituì la preponderanza di fatto,spesso non meno iniqua e crudele, che i ceti capitalisti speculatori, muniti della potenza del sapere e del capitale moderno, fecero pesare sul proletariato industriale ed agricolo presente, che ne rimase schiacciato, a preparare nella miseria e nell'odio di classe entro le risorte unioni di mestiere («trade unions») la vendetta contro la società e lo Stato. Non mai tante forze pronte a produrre la ricchezza si trovarono di fronte a tante forze congiurate a distruggerla. Si ripensò allora «che la libertà stessa può asservire, e la legge diventare invece liberatrice». E lo divenne veramente, intervenendo non più a distruggere ma a guarentire a tutti la libertà del lavoro e insieme a coordinarla alla solidarietà sociale.

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La produzione nelle imprese tende: nell'ordinamento tecnico, da manuale a divenire artificiale; nell'ordinamento personale,da riunita a rendersi divisa; nell'ordinamento giuridico,da individuale a farsi sociale.

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Essa esprime «la tendenza del lavoro umano di avvalorarsi di fattori (di natura e capitale) sempre più elaborati dall'arte umana».Si esplica perciò ugualmente: — nel lavoro agricolo col passaggio dall'uso di un terreno di originaria composizione naturale alla coltivazione di esso, più tardi chimicamente emendato e idraulicamente bonificato, o dallo spargimento di concimi naturali di stalla a quello di concimi chimici (industriali); — nel lavoro di trasporto dall'impiego per la navigazione della forza naturale del vento a quella provocata artificialmente del vapore; — nel lavoro manifatturiero, dalla filatura a mano col fuso, a quella a mulinello e a macchina. Trattasi sempre di effettuare una produzione con mezzi progressivamente composti e adattati ai suoi fini dall'industria, scortata dalla scienza.

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Solo pochi abilissimi operai riuscirebbero a tessere stoffe a disegno artistico, come gli arazzi col telaio ordinario; sostituito quello Jacquard all'opera complicatissima, ben più potranno prestarsi. È di pochi nerboruti il lavoro all'incudine; si sostituisca il maglio a vapore e deboli fanciulli movendo una manovella diventeranno atti a far l'opera di que' ciclopi. E in questi casi forse la parte brutale del lavoro non rimane rimossa?

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È fatto decisivo codesto, che spinge il fondo dei salari a convertirsi in capitale meccanico e a precipitare analogamente le sorti della industria manuale.

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Molto decide sulla diffusione delle industrie meccaniche il motore.I motori idraulici le riservano a certe località privilegiate; quelli potentissimi a vapore e ad elettricità le moltiplicano dappertutto; e i piccoli motori a vapore, a gas, a benzina, ad elettricità promettono di introdurre il lavoro meccanico nelle più comuni operazioni domestiche.

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Un grande motore a vapore e un relativo stabilimento meccanico importano ingenti capitali per la fondazione, per il mantenimento e per l'esercizio; e moltiplicano a milioni i prodotti a disposizione dei consumatori. Dove pertanto difettano i capitali e scarso è lo spaccio entro ristrette barriere naturali o artificiali, l'industria si manterrà manuale e trapasserà a regime meccanico coll'aumentare di quelli e coll'ampliarsi di queste. Così nell'età moderna la produzione meccanica procedette simultanea all'accumunazione capitalistica e all'estendersi dei traffici internazionali.

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. — Ogni specie organica di esse tende a crescere in potenza produttiva con legge di graduale incremento (potenziamento). — Tutte queste varietà di specie e di grado tendono a completarsi a vicenda con legge di integrazione.

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Tale predominio umano è così decisivo in tali industrie naturali per eccellenza, che nel cammino della civiltà altre di esse sono destinate quasi a scomparire (la caccia); altre in buona parte a tramutarsi in rami accessori di industrie principali (come la pastorizia); altre a pareggiarsi nell'assetto ed esercizio alle industrie scientifiche e capitalistiche per eccellenza (come l'industria mineraria).

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Di questo grande fatto sociale abbiamo due saggi caratteristici nella storia; — la invasione degli Hyksos o re pastori in Egitto, dall'anno 2.000 a 1.700 circa a. C.; — e la conquista della Palestina e insediamento degli ebrei in quella «terra promessa» circa 1605 a. C., condotti da Mosè e Giosuè, un pastore ed un guerriero.

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Ma non già a scomparire nella civiltà; ma piuttosto a riprendere importanza in altri luoghi e sotto altra veste.

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., specialmente nei paesi tedeschi (Boemia, Sassonia, Misnia, Salisburgo, Tirolo), e del ceto rispettivo, che colà raggiunse allora oltre a 100.000 mineranti — la tecnica e l'usufruimento estensivo dei giacimenti non essendo profondamente mutata, questo ordinamento tradizionale si protrasse sostanzialmente fino a tempi prossimi a noi.

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Dinanzi a simili quotidiani pericoli, non vi ha che l'enorme fascio dei capitali sociali associati che valga a fronteggiare la natura ed il mercato, ripartendo quelli in un numero sconfinato di azionisti o di sodalizi confederati, «trusts», per diminuire nella mina il danno dei singoli. E frattanto l'arma di difesa contro il rischio diviene spesso occasione e spinta a rischi artificiali e ad offese più flagranti.

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Le scienze positive vennero a raffermare la distinzione giuridica della proprietà del suolo e del sottosuolo: — il terreno minerario; — vi ha una tecnologia mineraria, senza somiglianza alcuna con quella agronomica; — l'economia delle miniere presenta nella sua costituzione e leggi un ciclo a sé,assolutamente estraneo a quello dell'economia agraria.

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Orbene: a questa immensa e progressiva richiesta, incaricamento e trasporto del legname, corrispose quel disboscamento vandalico di speculatori improvvisati o di improvvidi proprietari in tutta Europa occidentale e in tutti i paesi circummediterranei, non del tutto quivi arrestato, anzi esteso furiosamente (in condizioni telluriche diverse) al Nord America e al Canadese, che bastò a distruggere in pochi decenni annose foreste, che la Provvidenza da sterminate età geologiche avea pazientemente preparato e che sapienti istituzioni e leggi serbarono pressoché intatte per secoli a duraturo beneficio sociale; lasciando dietro a sé sconvolgimenti tellurici e disastri sociali, che in gran parte l'opera umana non riuscirà a riparare mai più.

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. – A rassodare le classi rurali e per esse a favorire le trasformazioni fondiarie concorre la residenza di quelle sulla terra posseduta o coltivata.

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Rispetto ai coltivatori il loro insediamento a contatto della terra lavorata presenta a lungo andare due forme tipiche principali.

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Tali successi sottostanno però a questa principale condizione,oltre a quella di scienza e capitale nel coltivatore: — che la durata del contratto sia a lungo termine (18, 36, 50 anni), affinché il finanziere si induca a riversare il suo capitale in migliorie del fondo altrui, sicuro di aver tempo proporzionato a ricuperarlo (ammortamento), e ciò con vantaggio di lui, del proprietario, del territorio nazionale. Bensì al di là di certi limiti di tempo si palesa opposizione d'interessi fra proprietario e finanziere: questi vorrebbe prolungare al massimo la durata del contratto per godere intero l'incremento di prodotto e di prezzi che frattanto si effettuasse; quello vorrebbe abbreviarla, per attrarre a sé con successive elevazioni di canone quell'aumento stesso. Ma il conflitto si dirime con formule già proposte ed attuate (di lord Kames, Domblasle): si può nel contratto originario a lunga durata, p. e. a 50 anni, prestabilire i periodi e la misura di elevazione del canone, p. e. di 1/5 ogni dieci anni, salvo nel fittuario alla scadenza d'oggi periodo di ritirala.

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Di alcuni aspetti di essa dicemmo già, accennando a riforme e proposte per restituire una funzione sociale all'enfiteusi, per proteggere il piccolo fittaiolo, per trasformare il salariato delle grandi affittane, per sorreggere le piccole proprietà coloniche. Ma tale legislazione e politica sociale tende a formare un corpo a sé, a cui di recente si adoperano tutti gli Stati, per alte esigenze di solidarietà sociale e di civiltà.

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Del resto, in pro della colonizzazione agricolo-fondiaria non solo si conservano e trasformano certe forme collettive di proprietà e di esercizio, ma si ricostituiscono.Simile soluzione attende l'istituto contestato degli usi civici, cioè di servitù collettive a pro di date popolazioni non solo su beni patrimoniali ma spesso privati (fra noi ademprivi, vagantivi, tratturi)per pascolo, legnatico, caccia, pesca, strame, ecc. —Tali intromissioni di terzi su beni altrui, che spesso impediscono o devastano la regolare coltivazione, tuttavia compongono in generale dei diritti sacri, utili e cari a popolazioni che li acquistarono in periodi di passaggio dalla proprietà collettiva a quella esclusiva individuale delle terre, quasi comproprietà sullo stesso bene. La Gran Bretagna trapassò da tale sistema dei campi aperti, («openfields system») a quello dei poderi chiusi («inclosures») con ben 4000 Atti dal sec. XVII al XIX, a tutto profitto della proprietà individuale; e così dovunque, anco in Italia, fra le proteste e resistenze (sfruttate da agitatori) della coscienza popolare offesa. Oggi pertanto si inclina a scindere questa duplice proprietà («dual ownership») non in altro modo che obbligando i proprietari dei fondi gravati a cederne una porzione agli utenti, quelli acquistando la pienezza della proprietà rurale, questi ricostituendo un bene collettivo ridotto a bosco ceduo, prato, canneto, ove esercitarvi, quasi novelle universitates rurales,i consuetudinari diritti. Ma v'ha di più. Sull'esempio recente inglese si autorizzano comuni urbani e rurali o province (nuova forma di municipalizzazione) a comperare all'ignaro terreni per destinarli ad usi collettivi, o per cederli in frazionate proprietà coltivatrici (anche a famiglie di operai industriali) o più spesso in piccoli fitti a condizione di favore. E si propugna che ogni ente morale (opere pie, istituti ecclesiastici, di pubblica utilità) o unioni professionali (di classe) o società cooperative, se già non possiedano, acquistino un patrimonio fondiario e lo destinino a nuove e più sociali forme di aziende agrarie per elevare il proletariato agricolo e per favorire la coltura intensiva; come in passato le corporazioni benedettine colle domuscultae ed oggi i cattolici d'Italia coi fitti collettivi. Insomma si delinea la futura ricomposizione del «demanio popolano» distrutto dalla rivoluzione (L. Luzzatti).

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Parallelamente si specificano giusta i mezzi tecnici (forze e stromenti), che adoperano a sussidiare il lavoro inerme dell'uomo; — donde le imprese manuali e quelle meccaniche.Questa distinzione elementare, ma decisiva per la differentissima capacità di progresso, è destinata bensì ad attenuarsi; ma per far luogo di ricambio, in quest'arti meccaniche per eccellenza, a nuovi aggruppamenti industriali giusta l'impiego dei motori, iquali in nessun'altra industria si diversificano quanto in quella manifatturiera; sicché oggi le officine statisticamente si classificanogiusta le forze motrici a vento, ad acqua, a vapore, ad elettricità, ad aria calda e compressa, a petrolio, a gas, a benzina, ecc.; donde una varia convenienza economica di applicazione, che concorre ai progressi produttivi di ogni impresa.

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Negli ultimi decenni la tecnologia vi interpose le serie delle macchine utensili («machines outils») mosse a mano con piccoli motori (a gas, a vapore, o idroelettrici), così varie da divenire oggetto di speciali esposizioni, e da penetrare non solo colle macchine da cucire, da calzature, da nastri, nelle famiglie, ma ancora con seghe, torni, cilindri, forbici ed ogni presidio perfezionato d'arte, nelle antiche e modeste botteghe del falegname, tornitore, fabbroferraio, calzolaio, ecc. a rigenerarle; le quali perciò vengono a ricadere nel giro amplissimo dell'arti più o meno meccaniche.

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Questa, che già commetteva prodotti a certo numero di piccoli industriali autonomi in proprie officine o in laboratori familiari si snatura, essa tramuta gli artigiani (uomini o donne) in salariati a fattura («à la pièce»), spesso dispersi e isolati nelle case, e nella reciproca concorrenza della fame li sfrutta con mercedi (per ogni unità di prodotto) irrisorie, per rifarsi delle quali ognuno assume una quantità eccessiva di lavoro, che non dà tregua giorno e notte a sé, alla moglie e figliuoli, e spesso asservisce sotto di sé altre ragazze e fanciulli con salari ancor più stremati ed esaurienti in flagranti condizioni igieniche e morali. Così la minuta impresa autonoma non esiste più; ed essa fece luogo a quel sistema del lavoro sudato («sweating labour»), che diffusosi massimamente fra le cucitrici dell'ago sostenta i suntuosi e capitalistici magazzini di biancheria, di sartorie, indumenti (Bocconi, Printemps, Louvre) in tutte le capitali, da Vienna, a Roma, a Parigi, a New York.

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Esse riescono a comporre altrettante unità distinte telluriche,in cui viene a insediarsi una divisione territoriale di industrie (della produzione umana) corrispondente a quella divisione etnica,detta più sopra, ribadendo così la autonomia economica di ogni nazione;

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la scelta in genere di condizioni naturali più o meno propizie.In seno a terreni ed a climi ingrati porge scarsi effetti utili quel capitale stesso, che in condizioni di suolo e di temperie più favorevoli appresta doppio e triplo risultato. Di qui una certa tendenza dei capitali destinati alla agricoltura di discendere dalle zone di terreni più elevati e sterili, a quelle più feconde del piano e delle pingui vallate;

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Costituzione, finalità e funzionamento del Partito Popolare Italiano

398519
Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1919
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 74-87.
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A completare il nostro lavoro, segnato a rapidi tocchi in questa relazione e a rispondere alla necessità della formazione politica delle nostre masse abbiamo fatto appello alla stampa, e in diverse riunioni tenute con i direttori dei giornali quotidiani aderenti al partito si è visto quale forza da utilizzare abbiamo con noi. Però era necessario non solo sviluppare la propaganda con opuscoli e stampe già diffuse a migliaia, ma avere un organo di partito. Ed è già venuto alla luce il primo numero del Popolo Nuovo,accolto da generale favore come una voce continua e forte che indirizzi e guidi nell'aspra e difficile lotta.

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