dentro uno specchio nero appoggiato al pavimento, un pozzo senza fondo e il nero non è vuoto, ma un robo appiccicoso come petrolio, vischiosa materia
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io non dormo mai sopra il drappo della gatta.
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Il rione è mutato, sono spariti gli spiazzi erbosi, dal terrazzo non si vedono più i ponti sul Tevere e le cupole.
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Poiché non spero più che avanzando nel mondo ci sia un delta parlo una lingua di fosso seguo suoni di legno mentre il vento dilania l`incerata.
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, non ai suoni suscitati dalle dita, ma al suono, inudibile, da cui scaturiscono quei suoni.
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Il banchetto con settanta invitati di fronte al mare. Il sole indora le acque, il cielo non ha confini. Stupori dei commensali per ogni portata.
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nelle quali non mi oriento.
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E adesso che, se non faccio in tempo a trovare parole capaci di avvicinare le due parti della mia lacerazione, una sconfitta molto simile al deserto
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Così ogni pochi minuti sono qui, di fianco a dove passi inchiodata le giornate e ti parlo: a raffica, non so bene di cosa, memorie dissepolte
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In casa pochissima roba, un velo di sudore sulle labbra e sul corpo, tu che mangi di malavoglia: ma non ricordo cosa. Io devo partire il giorno dopo
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Domanda: Questa appendice mi pare un corpo estraneo. Perché non lasciar correre le poesie liberamente fino alla fine del volume, senza questa sezione
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Lo spirito - dice Eckhart - è una montagna di piombo incurante del vento leggero. Amo quel vento. Non sono quella montagna. Improvvisamente verso
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Lascio che si accumuli la polvere, non la scuoto dai tavoli, dal bordo delle sedie. Mi oppongo a questa inutile fatica. Amo guardarla in mattine come
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La sera esce fumo dalla finestra della cella. Il soldato s'è dato fuoco ai vestiti. L'unifonne di lana non arde e intossica l'infelice.
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Laggiù ha comprato una trota, l'ha colpita sulla testa con la mano sinistra e, siccome non moriva, l'ha addentata, quindi ne ha assaporato il sangue
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L`ho seguita. È sempre sola, ma ha un gatto e un cane.Mi piace. Non mi fa paura come mia madre.Ama gli insetti. Io amo gli insetti. Non ha schifo
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alte fin quasi al soffitto. Ma un piccione non s'era ancora visto. Fino a sera sperammo che se tornasse in cielo da solo, com'era stato per gli altri
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Da vicino si scoprì trattarsi di un falchetto color grigio chiaro, il becco a uncino non lasciava dubbi sul rapace. Fu gettato tra le erbacce di un
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Non c'è più il pulpito con la scaletta intarsiata e la porta cigolante. Non c'è più la statua della santa incollanata di rose. All'eucarestia le
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Cameriere in un ristorante vicino al mare, si lamenta del suo recente viaggio in Turchia. Giura di non tomarci mai più. Dovunque ha trovato uomini
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quadro - che conserva le ossa degli 800 martiri in una cappella della cattedrale di Otranto. Con un'ostinazione che non doveva conoscere noia, il
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Così sono stati per molti anni, nella luce gialla della grande città. Io so che non potrò cambiare niente di tutto questo e so che tutto questo ha
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La luna che si nascondeva dietro la massa nera della nuvolaglia non si sa se lo faceva di proposito, ma protendendo la sua luce sopra i contorni
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Non so perché lo faccia. Forse perché così trova il suo cibo, come le rondini, ma perché sempre solo su due dimensioni, senza usare lo spazio?
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colore dell`aria riscaldata, verso le tre del pomeriggio, è rimasto di poco più denso del mattino, e la spiaggia non fuma e il verdastro del mare è meno
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di cui non so il nome.
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E tanti altri, molti dei quali non ho mai saputo neppure il nome, parenti alla lontana, tizi familiarmente sconosciuti, gente magari vista una volta
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Guardami. Non puoi. È tutto coperto. Se mi scostassi i capelli vedresti una macchia di alopecia vibrare sotto la lampada, rósa da quello che fa nido
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Non so se tra rocce il tuo pallido Viso m’apparve, o sorriso Di lontananze ignote Fosti, la china eburnea Fronte fulgente o giovine Suora de la
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In un momento Sono sfiorite le rose I petali caduti Perché io non potevo dimenticare le rose Le cercavamo insieme Abbiamo trovato delle rose Erano le
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dove il malato non si attendeva di vedermi: sulla balconata degli incurabili, stesi al sole. Mi scorse subito e non parve sorpreso. Aveva sempre i
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fibra a te il pensiero unicamente vibra a te adorata. A te mi spinge con crescente furia una forza che pria non m'era nota, senza di te la vita mi par
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è il sogno della vita - se la morte a vivere ci aita ma la vita la vita non è vita se la morte la morte è nella vita e la morte morte non è finita se
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sotto il vento a farsi vellicare sta sotto il sole a suggere il calore sta sotto il cielo sulla buona terra questo ch'io chiamo «io», ma ch'io non
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tonfo di una mela; le parole rassegnate e cupe sulle soglie, il grido del bimbo - le cose che non passano mai. Tu non muti. Sei buia. Sei la cantina
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bella amica, ma con gioia pudica; e non baciarti, e tener gli occhi chiusi, sol nei profumi assorto, per le tue membra candide diffusi. Che nebbia
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dispersi carezze che ricordar non so. Ma non mi infanghi il plauso dell'ebete orgoglioso che urtai, fra gonne e calici, nel suo cammin famoso; se nei
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, ma non amo la musica di chiesa. Ah per l'uom sventurato appeso ai chiodi, quel rimbombo di lodi al barbaro che in ciel tranquillamente dalla sua gente
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arboretti è un lottar di equilibrio e di scambietti per non schiantarsi, agli schiaffi potenti opponendo gli inchini e i complimenti. E una lepida quercia a
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rammentate che l'april, se infiora tutto nei campi, lascia fredda e scura l'alma che gli alti suoi misteri ignora e del bello alla fiamma non si appura. Oh
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. - Guarda la barca di compar Clemente che s'è annegato pescando corallo! - Ve', ve', il giardino qui dell'Intendente! - Oh ma non scriva, no, quel muro giallo
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d'amore. Metti, se non puoi l'oro, almen l'orpello sul tuo pennello - amico dipintore, perché quel cielo rilucente e bello l'occhio abbarbagli dello
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L'ho visto il quadro ... è bello, è sorprendente! Che gagliardo color, che forma pura! ... Però nel fondo non capisco niente, e l'argomento mi mette
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tiranni al trono malediceva allor. Ma un dì la madre dissemi, tutta piangente e smorta: - Questa canzone è morta, non la cantar mai più! - Quel dì, le
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l'oblio), voli il mio verso, Arrigo, ai versi tuoi! S'amin tra loro almen, se più non m'ami; se m'ami ancor, parlino insiem di noi come tu meglio
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Che sarebbe se più non discendesse sulla terra la sera? Se più dalle convesse plaghe dell'orizzonte, dalla boscaglia nera o dal ceruleo monte, o
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' che non si ammali la mia pallida musa, illusione ultima e santa dei miei dì fatali!... Il mio pan quotidiano è la canzone. Manda sul mio cammino il
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, sulle fosse dei monaci estinti; se all'inferno non giacciono avvinti lo sa Iddio che stupor li corrà! Dove il cantico, inutile, lento, si perdea per la
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Volge la nostra età per via funesta; Cristo è di nuovo in croce; e la vestal nella sua bianca vesta trema e non ha più voce! La libertà che
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Quanti sogni, quante favole, che follie, che visïoni, non scandemmo, o Musa, al facile rimeggiar delle canzoni! Si cantò la luna, il pallido astro
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