In questo enunciato brillante nella forma, il mio illustre conterraneo non ha visto un errore sostanziale che deriva da un errore di metodo; egli ha disintegrato la risultante dai suoi fattori, e poi ne ha segnato le caratteristiche, accentuando le diversità fino a metterle in contrapposto e in antitesi. Lo stato non è altro che la società organizzata politicamente; mutano i tipi di organizzazione e perciò mutano le forme degli stati (e quindi non tutti sono una unità fatta da pluralità di individui); ma ogni forma ha la sua ragione d'essere nella struttura sociale del popolo, cioè nelle condizioni economiche, politiche, culturali, religiose e giuridiche in cui vive e si sviluppa. La maggiore partecipazione dei diversi ceti e delle varie razze conviventi insieme, dà la più larga base e la più completa espressione sociale alla organizzazione statale. Il dualismo delle forze, come opera nelle piccole cellule, opera nei più sviluppati organismi, anche morali, e determina la lotta, legge di vita e di progresso. Il disquilibrio fra diritto e interesse, fra potere e libertà, fra individuo e gruppo sociale, crea il dispotismo e l'anarchia; ma della perenne vicenda di equilibrio e di disquilibrio è fatto lo sforzo umano verso una partecipazione più larga di diritti, di potere e di libertà, contro le tirannie, i monopoli e le violenze, che la storia registra con nomi gloriosi e con nomi infami, come il grande e secolare sforzo della umanità verso la liberazione, verso la redenzione, verso il risorgimento; termini tutti di una idea che è la spinta immensa data dall'uomo a cercare una felicità, che non può essere mai completa, un benessere che non può mai soddisfare, una pace che non è mai senza preoccupazioni e senza insidie; perché l'uomo non finisce nell'atto la sua potenza, ma tende comunque verso l'infinito a cui assimilarsi o da cui essere assorbito.
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E quando il giovane di bottega, con poca perizia ed esperienza, e senza capitali, può metter sù una botteguccia, sicuro che guadagnerà qualche cosa di più accentuando la concorrenza e rovinando l'arte (come si dice), accresce la turba dell'artigianato misero che finisce nella rovina e ne aumenta i mali.
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Noi da due anni ci aggiriamo in un circolo vizioso: diminuiamo l'efficienza produttiva nazionale, attardiamo e facciamo arrivare alla fase acuta i problemi connessi della produzione e distribuzione della ricchezza, accentuando con le stesse leggi fiscali, il fenomeno dei maggiori costi e la depressione della nostra moneta e dei nostri titoli. Le fasi intermedie non sono che piccole alterazioni di una crisi progrediente, della quale oggi segnaliamo le difficoltà.
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