Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbisogna

Numero di risultati: 55 in 2 pagine

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Come devo comportarmi?

172188
Anna Vertua Gentile 2 occorrenze
  • 1901
  • Ulrico Hoepli
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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La verità sarebbe, che dormendo si abbisogna di aria pura più ancora che di giorno per abbruciare le sostanze ponogene che dànno stanchezza ai muscoli e sonno al cervello e che non v'ha bisogno di questo sibaritismo dei profumi. «Utili invece saranno i profumi al mattino nella camera da letto, giacchè questi profumi sono anche dei veri disinfettanti che sviluppano dell' azono, questo re dei disinfettanti, che non ha l'odore del catrame, dell'acido fenico, nè le proprietà velenose del sublimato corrosivo nè il lezzo del cloro e dello zolfo abbruciato. Oggi tutti sanno che le parti verdi delle piante, le foglie, esalano alla luce dell'ossigeno dopo di avere assorbito dell'acido carbonico. Così la pianta lavora a mantenere le proporzioni dell'ossigeno dell'aria, ed in una camera assai illuminata le piante faranno quello che fanno in natura; purificheranno l'aria dal soverchio acido carbonico. «Se la luce diminuisce, cessa questa funzione e rimane solamente la respirazione per cui le piante esalano nell'aria dell'acido carbonico come gli animali. «Ma questa esalazione di acido carbonico non ci deve mettere paura. «Il maggior danno delle piante negli appartamenti ove si abbondasse in questo adornamento, sarebbe l'umidità soverchia dell'aria, giacchè le foglie esalano dell'acqua e traspirano del vapore. « Ma le piante possono assorbire per le foglie i vapori ammoniacali, che si trovano sempre nell'aria delle stanze.»

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A mio avviso, più una creatura è mobile, impressionabile, facile a piegarsi al bene e al male, e più le abbisogna un'educazione seria. L'educazione seria, l'istruzione solida, nuoce alla sensibilità della donna, soffoca la sua animal... » - questo mi rispose una volta un mio egregio amico. Ma io domando a me stessa: da quando in qua la conoscenza delle belle cose, lo studio intelligente delle opere di Dio, hanno essi avuto per conseguenza di illanguidire nelle creature la facoltà del sentire e dell'amare ?... L'educazione seria, cioè quella che mette al tu per tu con la realtà delle cose e dei sentimenti; ristruzione solida, che non è quel poco di tutto che si impara a scuola, ma quel molto di alcune cose, come la storia del proprio paese, la storia letteraria e la naturale, che l'esperienza e il buon senso additano come le più atte a sviluppare e rafforzare la mente ed il cuore, correggeranno per certo la sensibilità fittizia e malata e soffocheranno forse l'ame des salons, come ebbe a dire un autore francese; ma l'anima delle figlie, delle spose, delle madri, comprese del loro dovere e dei loro nobili affetti, quella non v'ha dubbio, troverà nutrimento e sostegno nello studio profondo di ciò che castiga l'immaginazione a beneficio della ragionevolezza.

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Il successo nella vita. Galateo moderno.

176954
Brelich dall'Asta, Mario 11 occorrenze
  • 1931
  • Palladis
  • Milano
  • Paraletteratura - Galatei
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Se si abbisogna di più posate di quelle già disposte sulla tavola, queste vengono servite su di un piatto, volta per volta. Uno sguardo sulla tavola apparecchiata dovrà assicurarci che non manchino i tovaglioli; questi vengono posti semplicemente sul piatto piegati in triangolo o in quadrato, col monogramma in su. Al giorno d'oggi non si usa più piegare artisticamente i tovagliuoli, come lo facevano con tanta cura le nostre madri e le nostre nonne. Non è decente toccare con le mani i tovaglioli degli altri. A destra, in alto, si pongono i bicchieri: un bicchiere per il vino rosso, uno per il bianco (questo è ordinariamente di vetro verdastro); e, secondo la moda, una coppa alta e piatta per lo « champagne » I bicchieri devono essere messi in modo, che il più alto bicchiere stia a sinistra del più basso, affinchè non impedisca il cameriere nel riempirlo. Per i vini speciali si pongono sulla tavola dei piccoli bicchieri appositi poichè questi vini vengono serviti già versati. Il vino bianco deve essere raffreddato con cura: il vino rosso invece esige la temperatura della stanza. I vini leggeri, bianchi e rossi, stanno in pesanti boccali di cristallo, uno per ogni due o tre invitati. E su tutta questa bellezza meravigliosa, dai boccali cristallini ai bicchieri scintillanti di vino color sangue, dal lino abbagliante della tovaglia all'argenteria luccicante e ai fiori graziosi, l'illuminazione della sala prodigherà dal soffitto la sua letizia radiosa. Soltanto la luce, la vera luce di sera, dà la vera bellezza, il vero incantesimo a tutta quest'eleganza; risplende su ogni cristallo, fa scintillare l'argenteria, vela benevolmente qualche lineamento spiacevole alle belle faccie delle signore, verso le quali la luce del sole è spesso così spietata. Perciò i pranzi si danno possibilmente tardi, e se c'è ancora la luce naturale, la si esclude, affinchè non disturbi, coi suoi raggi, il nimbo sfumato e incantevole della luce artificiale. L'insieme dei piatti e il corredo dei vini dipende dalle usanze locali. In quanto alla scelta vi sono dei manuali speciali nell' arte culinaria, i quali possono suggerire alle nostre lettrici - qualora non avessero sufficiente esperienza in merito - i più svariati e deliziosi « menus » Alcuni studiosi hanno osato affermare che si potrebbero allestire più di mille pranzi differenti ed egualmente gustosi. Poichè non si ha sempre del personale esperto, è meglio che la padrona di casa faccia alcune prove col suo proprio personale o con quello preso eventualmente a nolo. Tutte le persone di servizio devono apparire vestite accuratamente e pulite: le cameriere in vestito nero, col grembiule e berretto bianco, i camerieri in livrea o in « frac » impeccabili. I camerieri devono calzare dei guanti bianchi di filo: e anche le cameriere, benchè queste possano servire anche con mani non inguantate, ma nette, e con le unghie perfette; in ogni caso devono mettere sulla mano che serve un tovagliolo bianchissimo. Prima di cominciare il pranzo i camerieri devono aver mangiato, perchè hanno da svolgere un lavoro assai impegnativo: sicchè non hanno tempo di appagare la loro fame. Ogni rumore è superfluo e quindi si deve evitare il battere dell'uscio, lo strepito delle stoviglie ecc. I camerieri devono procurare di svolgere il loro lavoro senza scambiare molte parole, perchè una risata o un sussurro può guastare molto. Però i camerieri devono fare sempre un viso amichevole. Se vogliamo che tutto vada in perfetto ordine, dobbiamo istruire con cura i servitori che sono a nostra disposizione. Essi devono badare a tutto. Niente deve sfuggire alla loro attenzione. Se qualche cosa mancasse, devono subito sostituirla; perciò sulla credenza deve essere pronto un numero corrispondente di tutte le specie di posate, stoviglie, etc. Se un ospite lascia cadere qualche posata, devono immediatamente portarne un'altra presentandola

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Perciò egli abbisogna di una mano che lo sappia saggiamente guidare. Il melanconico ha bisogno d'una creatura di temperamento allegro, però quieta ed equilibrata. Egli deve ricevere coraggio per farsi avanti; il raggiungimento d'uno scopo, anche se non troppo difficile, rinforzerà in lui la fiducia di sè stesso. Il pedante può venir conquistato soltanto mediante l'assoluta correttezza e precisione. Val meglio aumentare alquanto il preventivo delle spese di casa , all'insaputa del marito far magari degli acquisti con gli spiccioli racimolati dai risparmi, che avere per questo motivo con lui dei conflitti. Senza un po' di ipocrisia, una donna andrà difficilmente d'accordo con un marito pedante. La maggior parte degli uomini ama che la moglie sappia vestirsi con mezzi modesti. Perciò per una ragazza che non esercita una professione, è sempre una fortuna aver imparato a cucire. Anche l'arte d'amministrare bene la casa, che non è dote di tutte le donne, offre al marito un compenso per la perduta libertà personale e per l'assunto peso del mantenimento d'una famiglia. Tutti gli uomini hanno la debolezza di voler esser altamente stimati, ammirati dalla rispettiva moglie per quanto riguarda la loro professione. La moglie deve quindi saper ascoltare pazientemente, quanto il marito le racconta dei suoi affari, prendersi a cuore ogni particolare ed occasionalmente rivolgergli anche lei stessa delle domande. E' poi più che naturale che deve aver riguardo e attenzione per il marito, se questi viene a casa sfinito dal lavoro, oppresso da cure, o ammalato. Le ragazze partecipino possibilmente agli sport dei giovani che vogliono conquistare. Se non possono farlo, si facciano raccontare gli avvenimenti e li ascoltino con molta attenzione. Si lasci, quà e là, il marito uscire anche solo: tanto più volentieri ritornerà poi a casa, alla sua famiglia. Soltanto ciò ch'è proibito attrae, e con opposizione e litigi non si potrà mai trattenere un marito. Quasi tutti gli uomini sono vanitosi. Tutti sentono volentieri delle piccole lusinghe, però da questo punto di vista sono più difficili delle donne; criticano più acutamente; la lusinga deve essere molto bene adoperata, e sempre nel giusto momento. D'altra parte, altrettanto poco sopportano le conversazioni sfavorevoli, al pari delle donne. Molti uomini sono dispotici e capricciosi, bisbetici e non vogliono mai riconoscere un'errore o una ingiustizia commessa da loro. L'artista possiede ambedue le qualità: è vanitoso e dispotico; egli è un difficile problema come marito, a cui soltanto le donne saggie pronte a sacrifici, ed altruiste corrispondono come moglie. Menzioniamo ancora il tipo degli uomini, per così dire predestinati a diventar padri di famiglia, che hanno però anche uno svantaggio: questi per lo più non comprendono neanche il minimo bisogno di lusso, nè il più modesto desiderio di distrazione. Essi bensì si lasciano facilmente conquistare, però soltanto raramente rendono felici le loro mogli. La donna rifletta bene, qualora non sia dotata di beni di fortuna, se vuole o se può sobbarcarsi il triplice compito di essere padrona di casa, professionista e madre. Donne che vogliono maritarsi ad ogni costo, sanno fare nell'epoca che precede il matrimonio, molto abilmente ed efficacemente la parte di commediante. Fingono di interessarsi di cose che realmente odiano, si mostrano modeste, mentre in vero sono amanti dello sfarzo, giuocano a ragazze oneste e pudiche mentre sono corrotte sino al fondo dell'anima. Certo è però, che l'amore ingentilirà sempre ogni donna e forse produrrà in lei un mutamento duraturo. L'uomo invece per lo più non sa dissimulare i suoi desideri erotici e brutali; nasconde che è già sposato, va sino all'inganno, sino al delitto, senza pensare neanche un momento alle conseguenze. Le sue lusinghe e giuramenti d'amore non hanno alcun valore, egli stesso non ci crede. Si capisce, non sempre. Perciò s'impari a conoscersi reciprocamente a fondo! La ragazza guardi di ritardare la domanda di matrimonio, procurando che l'attesa e la consuetudine la spoglino della sua brutalità. Soltanto un'inclinazione che resista a un più lungo tempo di attesa, conduce ad un matrimonio felice. Un desiderio di breve durata, può venir destato da qualsiasi donna, non soltanto dalla compagna della vita. L'uomo non si lasci abbagliare da esteriorità; l'ambiente, la casa, i genitori della ragazza gli possono servire benissimo come orientamento, perchè il frutto non cade lontano dall'albero. I giovani non lascino immischiarsi persone estranee nella questione del matrimonio. Ma una parola ponderata e pronunciata nel giusto tempo dai genitori o da buoni amici potrebbe impedire molte disavventure. L'amore procura delle gioie e dei dolori. Ciò che di peggio esiste nella vita, è la solitudine. Perciò, ognuno si sceglie un compagno, gli si adatta o l'abitua a sé; questo adattamento vicendevole, è una delle gioie della vita. Si dice anche, che tra vecchie coppie si sviluppa, coll'andar del tempo, una somiglianza fisica, sicchè a volte si assomigliano. In questo caso la perfezione del matrimonio è raggiunta.

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Un signore per lutto grave abbisogna: il « cut »(di rado il « frack »e cilindro con crespo nero. L'uso di fazzoletti con orlo nero, non è necessario, come non lo è quello della carta da lettere orlata di nero. In lutto normale le signore possono sostituire il velo lungo con uno più corto, o liberarsene del tutto; il vestito di lana nera cede il posto al vestito di seta, e per i guanti le signore scelgono la pelle « glacé ». Per i signori il lutto normale consiste in un vestito nero, con cravatta nera, cappotto nero e cappello pure nero. Signori che non possiedono un vestito nero portano un vestito qualsiasi con una fascia di crespo nero al braccio sinistro e un nastro nero al cappello. Il mezzo lutto al color nero sostituisce il grigio, o il bianco-nero, o anche lilla. Le signore portano vestiti bianchi con guarnizioni nere, oppure grigi o lilla; i signori un vestito grigio scuro con un nastro di crespo nero alla mostra, o anche soltanto quest'ultimo su qualsiasi vestito. Ai bambini non si fanno portare vestiti di lutto, perchè la loro naturale allegrezza infantile stonerebbe con l'austerità del colore. In ogni caso sta bene metter loro un vestitino bianco, con strisce nere o simili. Per quanto riguarda la durata del lutto, le opinioni sono diverse, poichè in realtà il segno del lutto è in intima connessione col lutto interiore. Specialmente trattandosi di parenti lontani, la durata del lutto dipenderà dalle circostanze. Se per esempio i nonni abitano insieme coi figli, il lutto ufficiale per la morte di un nipote dovrà in ogni caso esser espresso con maggior rilievo, che se i nonni abitano in un'altra città.

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Le lettere di credito hanno il vantaggio che il detentore potrà prelevare all'estero tutto il denaro che gli abbisogna senza dover fare aperture di conto corrente e fino a concorrenza dei suoi depositi in patria. Nelle villeggiature e durante le lunghe permanenze in stazioni climatiche, sono particolarmente consigliati gli assegni su un determinato luogo di riscossione. Per ciò che riguarda gli altri preparativi per il viaggio, è opportuno preparare tempestivamente una nota del guardaroba e degli altri oggetti da portare seco, evitando però di cadere nell'errore di caricarsi troppo e di cose inutili che poi durante il viaggio divengono ingombranti. Perciò si scelga soltanto lo strettamente necessario. Per viaggi più lunghi conviene spedire un baule grosso e tenere le cose più necessarie in una valigia da portare nello scompartimento. Questi bauli devono essere solidi e possibilmente decorosi. Lo zaino si prende soltanto per gite ed eventualmente per brevi viaggi locali. L'abbigliamento da viaggio dev'essere di materiale resistente e buono; per lunghi viaggi non si devono indossare vecchi abiti deteriorati da città, poichè all'estero giudicheranno la nostra patria dalla nostra apparenza esteriore. L'abito da viaggio dev'essere possibilmente adattato alla regione in cui si viaggia. Per salutare gli amici prima di un lungo viaggio, si offre loro un tè di congedo, intimo. E' un uso simpatico di fare in quell' occasione un regaluccio di congedo ai convenuti.

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Se il collega abbisogna di un giorno di libertà, conviene prestarsi cortesemente a sostituirlo ove sia possibile. Si intende che è un dovere di cameratismo di difendere in ogni frangente i propri colleghi, qualora fossero biasimati o trattati ingiustamente. Se il collega commette qualche errore nel lavoro, avvertiamolo con discrezione, senza raccontarlo ad altri. Bisogna tenersi sempre presente che ciò che capita oggi al collega, potrà capitare domani a noi stessi. Nella vita professionale nonostante i migliori rapporti di amicizia, un tono troppo intimo è fuori posto tra colleghi. Del resto la misura dei rapporti vale a conservare più solidamente la concordia tra i colleghi.

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Mentre una persona che abbia una presenza meno piacente, abbisogna d'un certo tempo per introdursi e conquistarsi le simpatie, una persona bella vince al primo incontro e già alla prima occasione s'acquista l'affetto, la benevolenza di tutti. Un corpo trascurato desta invece in tutti quasi un senso di disagio e riesce tanto più sgradevole e disgustoso, inquantochè la trascuratezza è sempre colpa della rispettiva persona. Ma non sono forse i bei lineamenti, le forme scultorie del corpo, gli occhi limpidi, la pelle delicata, i capelli abbondanti ed i denti simili a perle, i doni di natura una benefica fata, che, mentre con alcuni si dimostra generosa anzi munificente, con altri si dimostra matrigna? E non è dunque la bellezza un puro caso e conseguentemente non è inutile parlare della cura d'un pregio, da alcuni diggià posseduto e che gli altri invano s'affaticherebbero di conquistare? - No, assolutamente no! E' bensì indiscutibile che tanto le qualità morali ed intellettuali dell'uomo, che quelle fisiche, dipendono in prima linea dalla sua disposizione naturale. Ma anche le condizioni di vita e gli effetti esterni esercitano sull'organismo una rilevantissima influenza, sicchè ogni persona è in un certo grado il prodotto del suo ambiente. Mentre però le attitudini ereditarie sono assolutamente immutabili, il corpo, mediante una corrispondente sistemazione delle influenze esterne e delle condizioni ambientali, può subire mutamenti e modificazioni. Naturalmente una persona brutta non potrà trasformarsi mai, nonostante la più diligente cura del suo corpo, in un miracolo di bellezza, però in ogni caso anche una persona, verso cui madre natura si sia dimostrata matrigna, potrà con una costante e metodica cura del proprio corpo guadagnare esteticamente almeno tanto, quanto una persona, dotata dei maggiori vantaggi, può trascurandosi, perdere. Una gran parte della bellezza, con cui c'incontriamo nella vita di società, altro non è dunque che la benefica conseguenza della cura del corpo. Però noi dobbiamo voler essere belli, non soltanto per gli altri, ma anche per sè stessi. Questa volontà non è assolutamente una vanità sprezzabile derivando essa da quel senso estetico, comune più o meno a tutti gli uomini, che rende sensibile la nostra anima non soltanto per la bellezza che influisce su noi dal di fuori, ma anche per la nostra propria bellezza. Potendoci presentare al nostro prossimo con un esteriore piacente ed attraente, il vantaggio della nostra bellezza consiste principalmente nell'influenza che essa esercita sul sentimento nostro di sicurezza di noi stessi. Una persona bella si muove, agisce, si presenta dappertutto con una certa coscienza del proprio valore, con una sicurezza di trionfo, che lo aiuta poi a trionfare veramente. Ed ancora una circostanza molto importante parla in favore della necessità di curare la nostra bellezza! Come abbiamo già constatato, nei moderni sistemi di cura della bellezza si tratta d'un effettivo influenzamento del corpo, e non, come in passato, dell'ingannevole produzione di apparenze false mediante l'uso di mezzi artificiali, in parte anche dannosi alla salute. Se anche l'odierna cura della bellezza non esclude del tutto un moderato e ragionevole uso di mezzi artificiali assolutamente innocui, pure essa tende anzitutto ad un trattamento di tutto il corpo. Essa è dunque una cura attiva, in contrapposto all'abbellimento passivo di prima. Il corpo deve esprimere la sua forza in base alle sue proprietà naturali, riducendo queste a quella bellezza sana, che non è il risultato del suo trattamento esterno, bensì una conseguenza del suo fortunato sviluppo. Con ciò la cura della bellezza si unifica con la tanto indispensabile cura della salute! Soltanto una persona sana è produttiva, soltanto in un corpo sano può abitare un anima sana e soltanto un organismo resistente si conserva a lungo elastico ed atto al lavoro. Ed appunto il tempo in cui viviamo, con le sue esigenze professionali che fanno dell'uomo una macchina, posta a duro cimento, richiede una sistematica e regolare cura del corpo. Molte persone, specialmente uomini, si sottraggono a questa cura, dicendo di non aver tempo. E' vero che apparentemente la moderna cura del corpo e coltura della bellezza esigono un grande spreco di tempo. In realtà però ciò non è il caso. Almeno nella misura in cui la cura del corpo e della bellezza si rende necessaria ed opportuna a tutte le persone, essa abbisogna di poco tempo. A ciò va aggiunto che ogni energia che il corpo ben curato immagazzina in più, non solo è in grado di far riguadagnare il tempo perduto, ma di aumentarlo anche con una produzione quantitativamente e qualitativamente migliore. Chi non lo crede, lo provi una volta soltanto! Se anche il lavoro si fosse raccolto sul nostro tavolo raggiungendo l'altezza d'un monte, - lasciamolo giacere sul tavolo senza scrupoli e dedichiamo un po' di tempo al nostro corpo; rinfrescati e rinvigoriti noi ci riporremo poi con aumentata energia al lavoro, che riusciremo a superare in un tempo sorprendentemente breve. Non si deve credere che quelle persone che giorno per giorno, non escluse nemmeno le domeniche e i giorni di festa, stanno chinati sino a tarda notte sul loro lavoro, possano vantare sempre una produzione massima. Il più delle volte, presso tali persone si tratta piuttosto d'una specie di nervosità, della paura di non essere pronti, ed infine d'una certa ignavia e consuetudine, che le tengono legate al loro tavolino o nel loro studio. Se si osserva più a fondo il risultato di questa diligenza esagerata e sbagliata, ci si meraviglierà di vederlo in realtà molto scarso. Molti professionisti moderni, che del resto s'intendono meravigliosamente di organizzare grandiose industrie, non sono in grado di dare al proprio corpo un trattamento economico. Spesse volte si priva il corpo delle cure necessarie per conseguire un momentaneo aumento di produzione, anzichè, sacrificando un po' di tempo e di fatica alla cura del corpo, aumentare costantemente la capacità di produzione ed in tal modo conseguire un più di produzione veramente prezioso. La cura della bellezza è dunque non soltanto cura della salute, ma in pari tempo anche un allenamento al lavoro! Necessaria è una cosa soltanto: la volontà! Questa si deve fortificarla, e allora tutto il resto va da sè; allora anche l'uomo più occupato troverà il tempo necessario e ciò che originalmente gli costava uno sforzo, gli diventerà una necessità. Del resto una buona parte della cura del corpo consiste in certe regole che dobbiamo seguire e che non vanno congiunte ad alcuna perdita di tempo: regole che ci indicano un quotidiano sistema di vita, ragionevole e sano. Di queste regole vogliamo occuparci in prima linea.

Pagina 216

Un abitante di villaggio, o un commerciante che frequenta le fiere, troverà ugualmente tutto ciò che abbisogna e potrà anche imparare i costumi delle grandi città, per non farvi poi brutta figura, e non apparire già al primo momento per un provinciale (intendendo la parola nel senso meno lusinghiero. Perchè per istrada, anche essendo sconosciuti, si è esposti sempre a una critica molto severa.

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. - La figura E. ci mostra la base del capello piantato nella pelle (a). b, è una glandola sebacea, che già conosciamo dal capitolo intitolato « Cura della pelle »; il suo compito è qui di dare al capello elasticità e alla base del capello quelle qualità, di cui abbisogna per un sano sviluppo del capello. d, è il bulbo del capello incastrato nella papilla c'è un muscolo della pelle, il cui scopo è stato già spiegato nel capitolo « Cura della pelle » (dirizzamento del pelo). Il guscio del capello è dunque coi suoi organi (papilla capillaria, glandole sebacee) il luogo di formazione del capello, e si può ben comprendere che un capello non può più crescere, se questa piccola officina viene devastata o otturata. Con ciò è dimostrata anche la falsità dell'opinione di molti, che un capello caduto o strappato non potrà più venir sostituito da un capello cresciuto al suo posto, se alla sua base si vede la radice del capello. Perchè qui non si tratta punto di una vera radice, come in una pianta strappata dal suolo, bensì del bulbo capillare. La vera « radice » è la papilla capillaria. Senza il bulbo cadono soltanto quei capelli, che per la loro ruvidezza o per irrazionale trattamento, si spezzano. Da quando sin qui è stato detto appare che la nutrizione e lo sviluppo del capello dipende dalla salute e dal flusso di sangue della pelle del capo. In relazione a ciò si può constatare per esempio che anche la capacità di singole persone di poter muovere indipendentemente la pelle del capo e gli orecchi, il che dimostra un buon funzionamento dei muscoli della pelle e conseguentemente un regolare flusso di sangue nella base dei capelli, è questi sempre congiunta ad una ricca ed abbondante capigliatura. Viceversa la calvizia raramente dipende dalle condizioni della sua base. Dobbiamo distinguere due specie di capelli: i cosidetti capelli lanugginosi o peli, che coprono la parte esterna di tutta la pelle del corpo umano, ad eccezione di pochi posti, come le palme della mani, dei piedi, la parte esterna della falange superiore delle dita, le labbra, ecc., ed i capelli propriamente detti, che sono quelli del corpo, delle ciglia, e soprattutto e delle ascelle e delle parti genitali. I capelli lanugginosi sono di solito tanto sottili, che passano inosservati. Pure vi sono persone, specialmente tra i bruni, che hanno il pelo lanugginoso molto sviluppato, sicchè da loro a volte le parti di solito prive di peli, appaiono coperti di pelo. I capelli non stanno nel corpo isolatamente uno presso all'altro, ma in piccoli gruppi, sicchè 2, 3 o 4 formano insieme una piccola società. E non crescono nemmeno disordinatamente e confusamente, ma hanno la loro data direzione e lunghezza. Ogni persona ha per esempio alla parte superiore dell'occipite, al cosidetto cocuzzolo un punto in cui i capelli si spartiscono circolarmente formando una specie di vortice o gorgo. I capelli dell'occipite hanno la tendenza di perdere all' ingiù, mentre quelli della parte interiore della testa si dirigono verso la fronte. Se si osserva un unico capello ad occhio nudo, esso appare come una struttura capillare filamentosa, liscia, che cresce fuori dalla pelle. Esaminandolo attraverso un microscopio, vi si scorgono tre strati circolari, ammantellati uno attorno all'altro: lo strato più interno è formato dalla sostanza midollare (nella figura F. segnata con a.), lo strato medio è la sostanza corticale (b.) e lo strato più esterno è la pellicola superiore (c.). Lo strato più importante è la sostanza corticale cornea, che dà al capello solidità ed elasticità. Esso forma un tubo chiuso, riempito dalla sostanza midollare dello strato interno; dove questa sostanza midollare manca, il tubo capillare prende l'aspetto d'una funicella rigida. Nella sostanza corticale giace il pigmento del capello, una sostanza colorante, dalle cui proprietà dipende il colore dei capelli. La stoffa colorante si consuma e sparisce coll'età, talvolta anche dopo gravi malattie o forti commozioni psichiche, ciò che produce la calvizie. A volte viene a mancare la sostanza colorante anche soltanto in singoli posti, sicchè in una capigliatura del resto perfettamente normale si trovano ciuffi di capelli completamente bianchi. La sostanza midollare è sviluppata in parte abbondantemente, in parte scarsamente, e si può affermare che i capelli in generale tanto più sono forti e buoni, quanto più la sostanza midollare è pronunciata e diffusa. Lo strato più esterno del capello è formato dalla pellicola superiore. Questa consiste di innumerevoli piccolissime squamme, che coprono il capello come le tegole d'un tetto; come nelle pigne, le estremità libere delle squammette tendono verso la cima del capello. Questa proprietà della pellicola superiore rende possibile di constatare presso un singolo capello, anche se privo del bulbo, quale sia la cima del capello. Basta tenere il capello tra il pollice e l'indice e sfregarlo colle dita di qua e di là. Il capello sdrucciolerà sempre avanti in una sola direzione, sicchè in ultimo si tiene tra le dita la cima del capello, come nella resta dell'orzo. La sostanza cornea dei capelli si comporta precisamente come quella della pelle. Assorbe l'acqua e conseguentemente si ingrossa. In alcuni capelli questa capacità d'ingrossarsi è differente, sicchè ne deriva un increspamento di capelli, che varia a seconda dell'umidità dell'aria. La sensibilità con cui i capelli reagiscono all' umidità, li rende atti ad essere adoperati in fini strumenti meteoroligici (igrometri). Increspature e riccioli artificiali perdono nell'aria umida la loro consistenza. I capelli crescono da giù all'insù ossia la parte nuova del capello si spinge avanti in modo che la cima del capello ne è sempre la parte più vecchia. I capelli hanno una data velocità di crescita, che varia a seconda delle differenti parti del corpo in cui si trovano a seconda dell'età della persona e anche sino a un certo grado, a seconda delle stagioni, (d'estate crescono più rapidamente che d'inverno) L'accrescimento medio d'un capello è di 1/3 sino a 1/2 millimetro al giorno. Ogni capello ha anche un limite d'accrescimento, così per esempio la tipica lunghezza dei capelli sulle tempie, sulla nuca è rilevantemente minore che quella dei capelli che coprono il rimanente del capo. Un accurato esame dei rapporti d'accrescimento dei capelli ha inoltre accertato, che contrariamente alla generale credenza, il tagliare i capelli non ne accelera punto la crescita. Dopo tutto quanto si è or detto, è superfluo forse di rilevare a parte, che la celerità dell'accrescimento dei capelli è molto influenzata dalle malattie, sieno queste locali o generali. I capelli sono troppo intimamente legati alle condizioni fisiologiche individuali dell'organismo su cui crescono, per poterli considerare indipendentemente da questo.

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Se si abbisogna un'informazione o indicazione ci si rivolge in prima linea alla guardia, ma possibilmente non a quella che vigila sulla circolazione. Se non c'è vicino una guardia, interroghiamo un portalettere, o uno « chaffeur » o altre persone di servizio e soltanto in caso di estrema necessità rivolgiamoci ad una persona privata e soprattutto non dimentichiamo mai di ringraziare cortesemente, anche nel caso in cui l'informazione dataci non fosse sufficiente. Signore si rivolgano in tal caso a persona di servizio, a signore, o a bambini. Se qualcuno chiede a noi un'informazione, riflettiamo prima di rispondere quindi rispondiamo con poche parole brevi e semplici, evitando di confondere l'altro con descrizioni verbose e complicate. Dopo aver data l'indicazione si attenda un attimo, per vedere se si è stati compresi ed in caso di bisogno si accompagni per un tratto la persona non pratica del luogo. Anche per evitare di stare a discorrere fermi in mezzo alla strada, è raccomandabile di accompagnare l'altro per un tratto di strada e di parlare piuttosto camminando. Ma non approfittate dell'occasione per avvicinarsi così ad una persona altolocata, o ad una signora sconosciuta; fatelo soltanto nel caso, che ne siate pregati. Se la vostra direzione è diversa da quella della persona altolocata, o della signora con cui volete discorrere, dovete insistere di cambiare Voi la vostra via e non dovete mai acconsentire che la cambino loro, per Voi. Discorrendo con una signora ben conosciuta, un signore può offrirle di accompagnarla - però naturalmente non in forma importuna. - La signora può sempre accettare tale offerta rispettosa e cortese. La signora deve poi fare capire quando lo accompagnamento deve cessare. Un vero signore si congeda subito, quando vede che la signora è giunta al suo scopo, o dice di prendere allora un'altra direzione. Avvicinare per strada una signora sconosciuta è un'offesa. Il meglio che può fare una signora importunata in tal modo è: di continuare la sua via senza badare allo sfacciato disturbatore. Ma se eventualmente risponde, lo deve fare con poche parole fredde, e mai adoperare espressioni troppo forti. Caso mai, entri in un negozio. L'entrare in un portone d'una casa privata, in tal caso non è raccomandabile. Alla peggio prenda una vettura (taxi) o si rivolga ad un questurino. Una signora ben vestita e che abbia un comportamento distinto, anche se va sola di sera, viene di rado avvicinata a importunata da un signore sconosciuto. Se si va in compagnia si cerca di tenere il passo coll'accompagnatore: perchè altrimenti si rischia d'urtarsi ad ogni tratto. Colui o colei che cammina a sinistra deve dirigersi secondo i passi del compagno di destra. Non si cammini troppo distante uno dall'altro, ma nemmeno troppo vicino. Al signore è permesso di chinarsi un poco verso la signora, ma non troppo. Per non disturbare il compagno, o la compagna, pacchi o borse si portano sempre colla mano che sta all'esterno.

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- 37,4 per cento. tempo abbisogna al pianeta Nettuno per fare un giro intorno al sole? - Circa 165 anni. parte della superficie terrestre è terra e quanta acqua? - Alquanto più di un quarto è terra, mentre circa tre quarti sono acqua. grandi biblioteche esistono sulla terra? - 1038, che contano complessivamente oltre 181 milioni di volumi. apostoli ci furono, che diffusero nel mondo la dottrina di Cristo? - 12. scarpe producono in un anno le fabbriche di scarpe degli Stati Uniti d'America? - Circa 313.230.000 paia. burro esporta annualmente la Danimarca? - 143 milioni di chilogrammi. formaggio esporta annualmente l'Olanda? - Circa 97 milioni di chilogrammi. patate produce annualmente la Repubblica dei Soviet? - 495 milioni di quintali. frumento si miete annualmente sulla terra? - 1185 milioni di quintali. birra producono gli astinenti Stati Uniti dell'America? - 6.8 milioni di ettolitri. carta viene prodotta annualmente sulla terra? - circa 145 milioni di quintali.

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Cantù, Il Galantuomo Infelice chi abbisogna dell'aiuto d'altri per liberarsi dal male o per cercar fortuna. G. Giusti Il bisogno gli è proprio la Cibele dalle cento mammelle, che allatta la infinita famiglia dei delitti. Guerrazzi, Il buco nel muro

Pagina 400

L'angelo in famiglia

182131
Albini Crosta Maddalena 1 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
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Il suo titolo L'Angelo in Famiglia, a mio avviso, si addice perfettamente al libro, per le massime ed i precetti che vi si vengono svolgendo, a guida sicura nel periodo della vita che per l'età e l'inesperienza più ne abbisogna. L'autrice lo scrisse dietro l'eccitamento di un'eminente Autorità ecclesiastica, e il Sommo Pontefice, a' cui piedi essa depose riverente il manoscritto, la confortò a non deporre la penna, usandone a pubblico beneficio. Il Santo Padre Leone XIII, volle poi dimostrarle anche cogli atti l'alta sua soddisfazione, onorandola di una medaglia d' oro e di un Breve. Dopo così autorevoli e benigni incoraggiamenti dati all'egregia scrittrice, non è da dubitare che voi, buone lettrici, accoglierete e leggerete con amore il suo libro a vostra edificazione e della vostra famiglia, per la quale sarete davvero l'Angelo della consolazione.

Pagina VII

Nuovo galateo

190362
Melchiorre Gioja 6 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
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Accetta di buona grazia e senza smorfie, riserbandoti il diritto di mangiare sol quanto ti abbisogna, non quanto ti é dato; giacchè in nessun caso ti corre l'obbligo di esporti ad una indigestione per far piacere agli altri. Non farai passare ad altro convitato la vivanda, il liquore, il caffè che a te direttamente viene offerto dal padrone o da chi ne fa le veci; giacché altrimenti adoperando gli fai tacito rimprovero di violata convenienza o mancanza di riguardi. VII. Prendi quanto t'abbisogna in una sola volta, non a più riprese. VIII. Non mostrar predilezione particolare per una vivanda o per un'altra; né parlar molto di esse, il che sa troppo di sensuale e di voluttuoso. La storia non ha sdegnato di ricordare che l'imperatore Claudio, assistendo alle pubbliche aringhe in non so quale causa , interruppe gli oratori con un elogio della carne di porco, di cui era ghiottissimo. Un'altra volta l'odore d'un pranzo che da' sacerdoti Salii preparavasi nel tempio di Marte, essendo giunto alle sue narici, egli abbandonò il tribunale e andò a porsi a mensa con essi. IX. Non censurare le vivande, se non ti vanno a genio, o se qualche sbaglio successe per inavvertenza del cuoco. Certo Valerio Leone avendo invitato Cesare a pranzo in Milano, comparvero sulla mensa degli asparagi, nel condimento de'quali, in vece d'olio d'ulivo, altro olio era stato frammisto. Cesare ne mangiò senza dar segno d'essersi accorto dello sbaglio, e censurò i suoi amici che se ne mostravano offesi, dicendo loro che doveva bastare ad essi di non mangiarne, se ciò recava loro nausea, senza farne vergogna all'albergatore; e soggiunse che chi di questa inciviltà lagnavasi, dava prova d'essere più incivile egli stesso. X. Non scegliere i bocconi migliori , e soprattutto non istendere le braccia ai piatti più distanti. XI. Non magnificare i pranzi che ti furono dati in altra casa, essendo che il subito confronto può offendere il padrone. XII. Non movere sovente e senza bisogna i piedi o la testa da una parte o dall'altra. XIII. Tossire, sputare, pulirsi le nari, meno che sia possibile; e guardarsi bene di prendere tabacco. XIV. Non piegare il capo sulle vivande; ma solo un poco la testa quando dovrai portare alla bocca le cose liquide; e non imitare que' filosofi di cui parla Luciano, i quali s'abbassavano, e con tanta attenzione, sui piatti, come se vi cercassero la verità , e mostravano di volere

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Del resto, tale si é l'indole dell'uomo che d'occupazione abbisogna e di trastullo: l' uniformità lo annoia, la novità lo diletta. Gli ornamenti della persona sono una specie di trattenimento per lo stesso selvaggio: nel dipingere figure sul suo corpo, forse più al bisogno di sentire egli cede che al desiderio di piacere. Per le persone che la necessità non costringe a lavorare per vivere, crescerebbe la somma de'momenti noiosi, e quindi gli stimoli alla corruzione, se intorno a'loro abiti, a loro vezzi, a' loro gioielli seriamente non si occupassero. Se non che pria d' andare avanti confrontiamo le mode de'popoli selvaggi con quelle de'popoli inciviliti: siccome i primi vanno nudi o quasi nudi, cosi le loro mode modificano il loro corpo; i secondi andando vestiti, le loro mode cadono sui loro abiti. Le prime offendono la ragione e il senso comune, le seconde sono per lo più indifferenti, giacché si può tosto disfarsene allorché più non aggradano: ma quando, per es., si ha una volta schiacciata la testa come più tribù americane, non si può più rotondarla. In Europa non v'ha altra moda durevole contro natura fuorché quella di bucare le orecchie, giacché bucate una volta non é più possibile turarle, mentre l'uso di farsi la barba non ne impedirebbe la riproduzione cessando. Non si può dire lo stesso delle mode de'selveggi; quasi tutte sono crudeltà atroci che tendono a rendere la specie umana deforme e mostruosa: forarsi le cartilagini del naso, farsi delle aperture nelle labbra, incidersi profondamente le guance, allungarsi le orecchie tagliarne un pezzo in modo che si può introdurre due dita nel buco, accorciarsi il collo, comprimersi la testa al punto da renderla piatta o conica o sferica o cubica, strapparsi dei denti incisivi, farsi gonfiare le guance col mezzo di legature, schiacciarsi il naso, frastagliarsi tutta la perle del corpo, tagliarsi alcuni articoli dei diti ecc. ecc., tutto questo è ben altro che il portare oggi un cappello piccolo, dimani un grande, ora un abito da arlecchino ed ora uno da senatore.

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.° Non di rado la mestizia dipende da cause fisiche, e di fisici rimedi abbisogna. In questi casi mostrare d'accorgersi dell'altrui mestizia é accrescerla in vece di scemarla.

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.° E'una vera inurbanità essere largo di consigli o inutili o dubbi nell'effetto, o di effetto assai lontano, a chi essendo afflitto per miseria abbisogna di pronto sollievo.

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Siccome il rispetto ai magistrati favorisce l'obbedienza alla legge, e questa frutta vantaggio pubblico, quindi in tutti i tempi si procurò ai magistrati una somma di apparenze abbaglianti, di comodi, di preferenze, talchè l'idea del magistrato, senza staccarsi dall'idea della natura umana, più grande e a cosi dire più lucida apparisse agli occhi del popolo il quale abbisogna di sensazioni per giudicare. D'altra parte il rispetto essendo pe' magistrati un sentimento piacevole che allevia il peso delle loro fatiche, dispone il loro animo a subir queste per meritarsi quello ed accrescerlo. Quindi, anche nel massimo calore della libertà, Bruto dice a suo figlio nell'Alfieri:

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e getta qua la canna, là il cappello, più lungi la parrucca, ed abbisogna d'un quarto d'ora per rimettersi in carriera. 5.° « In camminando troppo dimenarsi disconviene; » nè le mani si vogliono tenere spenzolate, nè » scagliar le braccia, né gittarle, sicchè paia » che l'uomo semini le biade nel campo. 6.° » Sono alcuni che in andando levano il piede » tanto alto come cavallo che abbia lo spavento, » e pare che tirino le gambe fuori d'uno stato. Altri » percuotono il piede in terra si forte, che poco » é maggiore il rumore della carra ». In somma si debbono evitare tutti que'movimenti che essendo straordinari, ci espongono all'altrui, ridicolo, perché dimostrano o eccessiva pretensione o non comune negligenza.

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La giovinetta educata alla morale ed istruita nei lavori femminili, nella economia domestica e nelle cose più convenienti al suo stato

192481
Tonar, Gozzi, Taterna, Carrer, Lambruschini, ecc. ecc. 3 occorrenze
  • 1888
  • Libreria G. B. Petrini
  • Torino
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Il saccone elastico non abbisogna che d'essere alquanto colpeggiato : ciò stesso usiam fare coi materassi, col capezzale ed i guanciali, affinchè la lana non rimanga pigiata e appallottolata, ma si riesca morbida e piana. Stese poi le lenzuola, le rimbocchiamo sulle coperte; e si ha cura che le foderette durino sempre di bucato. - Nel contiguo stanzino, in cui si entra per un uscio a muro, sta la teletta, l'attaccapanni, il lavamano colla catinella e la brocca, e quant'altro occorre alla mondezza della persona: lo strigatoio , il pettine fitto, il pettine fittorado, il pettine lungo, la setola da capelli, la spazzola, la setola, il setolino grosso, la setola di pelo di capra, il setolino pe'denti, ecc. E noi abbiamo occhio a tutto, dal rifornir l'acqua ne'vasi, sino a spazzolare i vestiti. Nè questi ci sembrano uffizi ignobili e bassi. Ve n'ha forse, ove si tratti della famiglia e di render servigio a que' tanto cari che ci hanno data la vita?

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Giace nel mezzo la scrivania con su quanto abbisogna allo scrivere. Voglio carta, e mio padre me ne mette davanti d'ogni forma, finezza e colore. Richiedo penne? e me ne porge di oca, di corvo, di gallo d'India e di metallo. De'calamai ve n'ha due : l'uno a guazzo, l'altro a stoppaccio. E s m'avviene di far qualche sgorbio, corro al mastino o cassatoio ; quando scrivo, tra una pagina e l'altra uso mettere carta sugante perchè la polvere guasta il carattere. Nè mi si assente l'uso della falsa riga, perché a quest'ora l'occhio dev'essere avvezzo a correr diritto ; bensì mi aiuto col toccalapis a segnare i fogli dei miei quadernucci o scartabelli. E se ho talora ad inviar qualche lettera a parenti o a taluna delle mie piccole amiche, la suggello colle ostie o colla cera lacca. E di questa, come d'ogni altra cosa, posso valermi a piacer mio : unico divieto che mi sia fatto, è di non metter l'occhio su carte o libri, senza speciale licenza. Quante ore liete ho trascorse qui dentro ! Un maestro sì amabile e dotto, come mio padre, dove trovarlo fra mille? Possa io approfittare delle sue lezioni e rendermi buona e capace quanto egli mi vuole!

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Il prezzemolo riesce in ogni terra un po' arabile, e non abbisogna di concime se non quando allo stato di seme, se viene piantato in terra che si può solcare. In settembre si taglia rasente terra, perché nell'autunno dia nuove foglie. Queste sono verdi e tenere. Durante il gelo e la neve copresi la pianta con un gran letto di strame, oppure le si conservano le antiche foglie, che allora servono di riparo al cuore della pianta e la preservano. Nell'ottobre si fanno seccare le foglie di prezzemolo, che suppliranno le foglie verdi, le quali mancheranno nella cattiva stagione. A questo effetto si lavano, si mondano, si gettano per un momento nell'acqua bollente, si stendono al sole sopra graticci, e si espongono al forno tiepido, quindi si ritirano, si rinchiudono in un luogo asciutto, involte in sacchi di carta o in iscatole, oppure si lasciano seccare all'ombra, divise in pacchetti e sospese al soffitto. Il prezzemolo secco è però inferiore al fresco, il quale solo comunica squisitezza alle vivande. E ad averlo mai sempre fresco supplisce il vaso da prezzemolo coltivato in cucina. È desso un vaso di zinco, di legno o meglio di terra cotta, della forma di un cono tronco alla base, aperto al vertice, mezzo metro di altezza, un metro e 46 centimetri di larghezza, e forato in i 150 o 200 luoghi, nei quali si pianta il prezzemolo. A questo fine si semina in poca quantità nel marzo, e nell'autunno si forma il vaso. Disponesi sul fondo del vaso un primo strato di terra e vi s'introducono le radici del prezzemolo per modo che il collare della radice della pianta esca dal vaso. Quando la schiera inferiore dei fori è guarnita, si sovrappone uno strato di buona terra e s'inaffia lievemente. Via via dal basso all'alto ed in ogni foro s'introducono piante e terra fresca ; quando il vaso è tutto guarnito, lo si corona con qualche pianta di prezzemolo o di fiori di stagione, ed è bello e preparato. Quando la pianta ha messo radice e vegeta, s'incomincia la raccolta. Ogni qualvolta si ha bisogno di prezzemolo, lo si taglia da uno o due fori secondo la quantità che occorre. In capo a qualche settimana il ramo tagliato mette nuove foglie, e così se ne ha una provvista sufficiente per tutto l'inverno. Il vaso da prezzemolo si può trasportare da un luogo all'altro a piacere. Nell'inverno lo si porta nella serra od in cucina per sottrarlo ai grandi freddi. Per evitare che le foglie si scolorino, si espone il vaso alla luce. Si avrà cura che di mese in mese da un foro all'altro tutto il prezzemolo sia tagliato ; il secondo anno bisogna anzi tagliarlo più di sovente, perchè non si formino rami. - Si rinnovano le piante ogni due anni. Anche i semi si conservano per lo stesso spazio di tempo. S'inaffia il vaso secondo il bisogno. Per agevolare l'assorbimento lungo tutto il vaso fu immaginato un tubo stretto di terra cotta, tutto bucherato dall'alto al basso, chiuso di sotto, aperto di sopra. Lo si colloca nel vaso quando vi s'introduce la terra in cui si fa la piantagione. Per inaffiare la pianta si riempie d'acqua il tubo collocato nel centro del vaso, e l'irrigazione si espande da sè in tutto l'apparato.

Pagina 288

Nuovo galateo. Tomo II

194092
Melchiorre Gioia 5 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
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il militare che piú d'ogni altro abbisogna di piaceri rumorosi; il parassito che

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In un crocchio di persone che si stimano e si amano, cresce il sentimento della forza che in mezzo alle vicende sociali ci abbisogna. Ciascuno, conoscendo le disposizioni comuni, applica nella sua mente le forze altrui ai bisogni propri. La conversazione lo accerta che in caso di calunnia troverà degli apologisti; di rovescio, de' protettori; d'inesperienza, de' consiglieri; d'affanno, delle persone pronte a scemarlo partecipandovi. Questa persuasione abituale reagisce contro i vaghi timori che o nascono nell'immaginazione naturalmente, o dalle mosse de' nemici vengono prodotti. Probabilmente egli è questo il motivo per cui, ne' popoli che concedono molto tempo alla conversazione, non suole essere soverchia l'inquietudine sul futuro; se ne protrebbero trovare esempi a Venezia ed a Parigi.

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Chi legge, o per istruirsi o innocentemente intrattenersi, toglie sempre degli istanti alla corruzione, e talvolta le toglie de' capitali, per la compra de' libri di cui abbisogna. I gabinetti di lettura sono una conseguenza dello spirito socievole dello scorso secolo; si procura a tutti un mezzo d'istruzione con pochi soldi. Non tutti possono leggere tutti i libri; ciascuno è costretto a ristringersi nella sua sfera; ma nella conversazione i libri letti da uno, divengono mezzi d'istruzione per gli altri: in caso di bisogno egli vi dà in un quarto d'ora il frutto di dieci ore di lettura. II. Se nelle dispute che sogliono nascere nelle conversazioni, i due contendenti restano per lo più del loro parere, l'influenza delle dispute sulle opinioni non lascia d'essere reale; giacché 1.° Gli spettatori disinteressati formano il loro giudizio sulle ragioni allegate pro e contro da' disputanti. La voce, il gesto, il tuono di essi rendono, per così dire, più acuti i tratti del loro spirito e più profondamente nell' altrui memoria gl'imprimono; 2.° Quegli tra i contendenti che ha torto, e che nella disputa chiuse gli occhi alla verità, non conserva questa ostinazione, allorché riflette poscia di sangue freddo, e sovente s'accosta al sentimento che aveva combattuto. Intendo qui parlare delle persone di spirito e di buona fede; giacché gli spiriti falsi e vani, o gli uomini di partito, pè quali la conversazione è un'arena ove combattono da gladiatori, non aspirando di giungere alla verità ma di conseguire una apparente vittoria, questi non riescono nelle loro dispute che a raddoppiare il velo che ingombra il loro intelletto e a vie più nelle loro opinioni smarrirsi. III. In una conversazione generale, quegli che parla si vede cinto di una specie di uditorio che lo anima e lo sostiene: questa circostanza dà allo spirito maggiore attività, alla memoria maggior fermezza, al giudizio maggior penetrazione, alla fantasia de' limiti che non gli permettono di divagare. Il bisogno di parlar con chiarezza, lo sforza a dar qualche attenzione allo stile e ad esporre con qualche ordine le sue idee; il desiderio d'essere ascoltato favorevolmente, gli suggerisce tutti i mezzi d'eloquenza di cui la conversazione famigliare é capace. Quindi la conversazione é la prima e la migliore scuola per gli uomini che a parlare in pubblico si dispongono. All' opposto un uomo che vive solitario nel suo gabinetto, non stimolato a far passare le sue idee nell'altrui animo, non vedendosi avversari a fronte, non avendo obbiezioni da combattere, non impara forse giammai quest'arte delicata che sa convincere gli spiriti senza offendere l'amor proprio, e con bel garbo costringere l'altrui inerzia all'esame d'un pregiudizio, pungendola con qualche tratto piccante. Altronde sempre solo con sé stesso e senza oggetti di confronto; disposto a riguardare ciascuna idea che gli si presenta, come una scoperta; non mai esposto a queste piccole lotte di società che danno sì prontamente a ciascuno la misura delle sue forze, egli inclinerà a formarsi un'opinione esagerata de' suoi talenti e ad esporre le sue idee con aria imperiosa ed offensiva. Si può dire delle conversazioni ciò che Alfieri dice dei viaggi:

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E siccome nelle dette epoche o non esistevano giornali o ne era ristrettissimo il numero, e non lasciavasi eccessiva libertà alla stampa, perciò si scorge che il fanatismo non abbisogna di questi mezzi per giungere al massimo grado di ferocia. Sembra anzi che il segreto dà più forza al fanatismo, come la compressione dà più forza ai vapori; del che si vede una prova ne' notissimi Vespri Siciliani. Si può dire che le vane ciance disperdono la forza del fanatismo, come le spranghe frankliniane disperdono l'elettricità delle nubi: perciò noi temiamo i caratteri cupi e silenziosi, non temiamo i ciarlieri. III. Se l'accennata massima anticristiana è attualmente abbominata in tutti i paesi inciviliti; se tra tutte le passioni che i principi e i popoli possono temere, é distrutta la più feroce, ne ha il merito, almeno in parte, la filosofia, che difendendo i diritti della tolleranza, ha spezzato i pugnali del fanatismo religioso. A questa causa fa d'uopo aggiungere l'azione della legge generale già più volte ricordata, cioè che crescendo il numero delle affezioni, decresce la loro intensità. E' cessata a' nostri tempi la ferocia che alterava il sentimento religioso per le stesse ragioni per cui sotto lo sfregamento sparisco la ruggine che altera i metalli, per le stesse ragioni per GIOJA, Nuovo Galateo. Tom. II. 16 cui cessarono gli odii che disgiungevano le famiglie e si trasmettevano di padre in figlio ; per le stesse ragioni per cui é scemata l'intensità dell'amicizia e di tante altre affezioni delle quali ho parlato ne' capi antecedenti. Era necessario ricordare l'azione della suddetta legge generale, perché la calunnia appoggiata all'antica prescrizione, ha voluto attribuire alla filosofia l'idea di distruggere il sentimento religioso, dimenticando che quando Cartesio presentò al pubblico una nuova prova dell'esistenza dell'Ente Supremo, il protestante Voezio lo dichiarò ateo; dimenticando che quando una parte dell'orbe cristiano si staccò dalla Chiesa Romana, la rivoluzione fu fatta da miserabili teologi che credevano alle streghe,ed in cui il popolo non sapeva leggere; il che in buona logica dimostra la necessità di ricorrere ad altre cause e queste si trovano, per es., ne' gemiti di tante vittime sacrificate dal fanatismo, gemiti che risonano nell' animo de' popoli più ignoranti, ed in tanti delitti commessi a nome della religione che ti condanna, e che il semplice senso comune riconosce. In somma Fénélon faceva amare la religione; Ravaillac, Giovanni Châtel, Giacomo Clemente gli inquisitori la fecero detestare. Così la 2.ª edizione ; nella 3.ª fu modificato, e gli inquisitori l'avrebbero fatta detestare, se fosse stato possibile; lezione ritenuta nella 4.ª ma levataci la frase, e gl'inquisitori.

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Mostrare che degli altrui discorsi non perdete una parola, e che le affezioni risentite che il parlante tende ed eccitare, é dovere sì evidente, che d'ulteriori schiarimenti non abbisogna dopo quanto è stato detto nel libro primo.

Pagina 55

Le buone usanze

195742
Gina Sobrero 1 occorrenze
  • 1912
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
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Nessuno più dell'ufficiale di marina abbisogna del biglietto da visita; oggi qua, domani là, destinato a lasciar oggi le persone incontrate ieri, egli deve servirsi quasi quotidianamente di questo mezzo di presentazione, di ringraziamento o di congedo. Data la brevità della sua dimora nelle diverse stazioni, egli frequenta piuttosto il pubblico degli alberghi; e, ad esempio, gli americani, anzi, le americane, annettono molto valore a questo cartoncino per noi di così esigua importanza. Volendo far pervenire un biglietto ad una persona alloggiata in un albergo, o ad un membro di un circolo qualsiasi, si scrive sull'orlo superiore del biglietto il nome del destinatario; per esempio: For Mr. G. Bloomfield; pour M. le Président du Club, ecc. Purtroppo, lungi dal nostro bel paese non possiamo mai scrivere in italiano; noi che siamo stati, e che, certo, saremo sempre i primi marinai del mondo, non abbiamo saputo imporre, allo straniero, la nostra lingua: ed un indirizzo italiano corre rischio di non essere capito o male interpretato, fuori della patria nostra. Ma veramente, a questo proposito vi sarebbe molto da discutere, e, una semplice verità è pur questa: che astenendoci noi, in paese straniero, dallo scrivere e dal parlare il nostro dolce idioma, non ne facilitiamo certo la diffusione. E qui mi sia permesso modestamente di mandare una schietta parola di lode a quella Società Dante Alighieri che promuove la diffusione, o, almeno, cerca di mantener viva, la nostra lingua ovunque, in terra straniera, sono a migliaia e migliaia i nostri connazionali.

Pagina 160

Galateo morale

197809
Giacinto Gallenga 2 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino-Napoli
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Ogni altro compito che non sia quello di allevare la prole, di accudire alle pacifiche incombenze della famiglia non la troverà più atta ad esercitare quella serena e benefica influenza che abbisogna, per imporsi, della quiete della vita privata: quella influenza a cui ci ribelliamo ogni qualvolta la donna si sottrae all'adempimento della missione assegnata dalla Provvidenza alla sua modesta e sensibile natura.

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Non bisogna per altro nemmeno adottare quel laconismo ridicolo che significa pretensione, desiderio di farsi credere immensamente occupato: non è stile epistolare quella specie di linguaggio telegrafico che si adopera da taluni nello scrivere, linguaggio che abbisogna di formole, di spiegazioni per essere inteso. Come diceva quella buon'anima di Stefani:

Pagina 476

Signorilità

199440
Contessa Elena Morozzo Della Rocca nata Muzzati 1 occorrenze
  • 1933
  • Lanciano
  • Giuseppe Carabba Editore
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La moglie di un prefetto o podestà o, comunque, in posizione ufficiale e influente, recandosi in una nuova città, ricordi queste frasi scritte da Massimo D' Azeglio alla marchesa Ricci, figliola sua e di Giulia Manzoni, primogenita di Alessandro: «La prima condizione di una vita serena, sta nella benevolenza di chi ci circonda; è come un «credito aperto», che ci procura sempre quanto ci piace e ci abbisogna. Per avere la benevolenza altrui, bisogna dare e dimostrare la nostra. Tu stai per giungere a Macerata; dopo un mese, bisogna che la società del paese si trovi convinta che il tuo carattere è benevolo, indulgente, affettuoso... che, a volerti bene e a renderti servizio a l'occasione, non è fatica buttata. Da allora, la tua posizione di moglie di tuo marito è assicurata, e l'importante è fatto. Quando una persona non ti va, il faut te donner de la peine perchè ti vada... Devi metter bene fra le persone, sempre, e non mettere male mai; non riferire mai quello che senti, fuorchè quando senti dir bene. Il faut faire de bons commmérages...». E il grande galantuomo piemontese avrebbe certamente applaudito alle parole che S. E. Mussolini pronunciò nel giugno 1928, parlando di politica estera, e dell'innovazione per cui fu reso obbligatorio il regio assenso per i matrimoni dei funzionari di carriera, appartenenti al Ministero degli Esteri: «È un provvedimento che si appalesa necessario, appena si consideri quanto la moglie del diplomatico o del console sia partecipe della vita e delle funzioni del marito. Saranno così garantite nelle famiglie dei funzionari quelle doti di decoro e di signorilità, indispensabili per rappresentare all'estero il proprio paese». Parole saggie, che ancora dimostrano l'alta intelligenza del Duce e la sua comprensione di tutti i problemi, parole che delineano nettamente la missione della moglie dei funzionari addetti a consolati e a ambasciate. Ella deve formare intorno al marito - e, in ultima sintesi, intorno all'Italia, - un'atmosfera di patria, di valore morale, di sana e viva intellettualità, di simpatia, di cordialità. Ella deve sapere tacere, tacere molto; sapere, secondo le circostanze e secondo il temperamento del marito, calmarlo, moderarlo, consigliargli serenamente o la forza o la prudenza, ma - sempre - l'equilibrio; non ostentare la sua potenza o la sua influenza al consolato, all'Ambasciata o a Roma, ma far sentire ai connazionali che ella mette tutta sè stessa, con grande amore, al servizio di ogni buona causa e dell'Italia. La sua vita non solo deve essere limpida come il cristallo, ma averne anche l'apparenza; il suo tratto deve unire la cordialità alla signorilità; il suo vestire deve unire la moda al gusto e alla correttezza, con particolari (coralli, cappelli di paglia, merletti ecc.) che rappresentino il lavoro e l'industria italiana; la sua casa deve essere una discreta esposizione del buon gusto e del lavoro italiano; la sua tavola deve essere, non solo bene imbandita, ma con squisite specialità italiane. In paesi molto sportivi, l'Ambasciatrice e la sua famiglia che eccellano nel golf, nel tennis o nell'equitazione, fanno «alzare le azioni» dell'Ambasciatore e dell'Italia sulla bilancia diplomatica; il distribuire del danaro ai connazionali poveri, non per mezzo dell'ultimo impiegato, ma direttamente dalla signora, con una parola buona, un sorriso, un conforto, fa decuplicare il valore del soccorso e «alzare azioni» dell'Ambasciata nel cuore degli italiani; la conoscenza perfetta delle lingue, permette di rendere un servizio decuplicato alla patria ecc. ecc. ecc.

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Eva Regina

204467
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 9 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
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Ma io credo che una mamma non possa rinunziare alla vigilanza continua sulla propria creatura nel periodo in cui più ne abbisogna e quando l'ignoranza e i pregiudizi altrui possono esserle fatali. Meglio dunque avere la balia presso di sè per sorvegliarne la pulizia personale, il regime dietetico e per guidarla in tutto ciò che riguarda il suo ufficio; e la donna di cuore farà questo con garbo, con tatto femminile, procurando di acquistarne la confidenza più che dimostrandole la propria autorità. Dobbiamo pensare che la balia è pure una mamma e che per nutrire il nostro figliuolo ha dovuto privare il suo del nutrimento naturale a cui aveva diritto : che se è di condizione inferiore e più rozza, il suo sentimento è uguale al nostro, che anch' essa può avere giornate di malinconia, nostalgie, inquietudini; e ch'è nostro dovere ed opera di gentile pietà cristiana e civile il procurare con ogni mezzo di consolarla, di rendere meno penosa la sua condizione d' esiliata e di spostata. Colei che nutre la nostra creatura non può essere lasciata al livello degli altri domestici: dovremo conferirle un trattamento speciale, tenerla con noi il più possibile, parlarle amicamente, fissarle un salario conveniente, fare in modo che abbia abiti e biancheria a sufficienza ed essere generosi in regali. Se il costume del suo paese è pittoresco, meglio lasciarglielo conservare anche negli abiti più ricchi che le faremo noi, altrimenti s' abbiglierà secondo l'uso, coi grembiali bianchi sulle vesti a colori vivaci e il largo nastro che circonda il capo e scende sul dorso. Dovremo però fare in modo che la balia sia sempre linda e decorosamente vestita anche in casa e le permetteremo il meno possibile di mescolarsi con gli altri domestici, di uscir sola, di aiutare nelle faccende di casa. Non si dimentichi mai che la sua missione è unicamente quella di allevare il nostro tesoro e farlo sviluppare florido e vigoroso. La costituzione dell' infanzia e spesso la salute di tutta la vita dipendono dal modo con cui fu compiuto l' allevamento del primo anno d' età. Non bisogna quindi trascurar nulla per ottenerlo perfetto: e questa deve essere per una buona mamma il principale e continuo pensiero.

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Provate, dunque, a misurare la forza che abbisogna per impedirgli di tradirsi con una parola, con un atto, con uno sguardo! Calcolate l'eroismo che ne sacrifica la libera e fiera espressione alle leggi, ai convenzionalismi, agli usi d'una società alla quale è mille volte superiore !... E quando un amore simile diventa dolore! Quando attraversa una di quelle crisi in cui il cuore s'infrange ; nelle quali grida vi salgono alle labbra e singhiozzi vi chiudono la gola: e intanto si deve tutto reprimere! Pensate a quello che costa in ore simili la maschera dell' indifferenza, pensate alle torture che nasconde ! Ditemi se l' ipocrisia del silenzio, la menzogna della voce tranquilla, la simulazione di vivere la vita che gli altri vivono non sono anche sacrifizio, il più doloroso che si possa esigere da un uomo, e, per conseguenza, il più nobile... » Il protagonista di questo romanzo ove domina l'ideale del dovere, come in tutti gli scritti del Rod, riceve l'annunzio della morte della donna profondamente e segretamente amata, da una persona leggera e mondana, a un pranzo d'invito. Ed egli deve contenersi, limitare il suo rimpianto, deviare, poco dopo, il discorso dal lugubre argomento perchè i commensali non ne fossero troppo funestati ; intrattenersi con loro amabilmente... Oh, che cosa diviene, a confronto di questa inenarrabile tortura il dolore più grande, ma diviso, ma liberamente espresso, ma confortato dal compianto altrui ? Non acquista il primo una grandiosità assai più tragica, assai più eroica nella sua muta tempesta non veduta, dissimulata fieramente così ? Oppure non è la morte, ma è una separazione ugualmente amara, ugualmente suprema. È la partenza della creatura amata, è il suo abbandono, è la sua dedizione a un'altra creatura. E bisogna saper tacere, sapersi separare senza disperazioni, fingere degli auguri, se è un matrimonio che si celebra, e continuare a frequentare tutti i luoghi dove si trovava lui che ora non c'è più, essere liete e sorridenti e gentili con tutti, mentre il cuore geme e l'anima naufraga: comportarsi come se nulla di grave, d'irrimediabile ci avesse colpite; come se per noi non si fosse spento il sole...

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Anche la macchina da cucire si tiene in guardaroba per non ingombrare le altre stanze con lavori in confezione, modelli, stoffe e quanto altro abbisogna: esposizione poco simpatica quando si vede fuori del luogo destinato a simile uso.

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Le macchine da cucire hanno affrancato l'operaia di biancheria dalla sproporzione fra l'enorme impiego di tempo e il risultato della sua opera, non però dalla pazienza, dalla minuzia, dalla cura che la sua opera abbisogna. Ma ora coll' aiuto della macchina e il progresso delle industrie, le cucitrici creano quei vaporosi capolavori composti dalle sapienti combinazioni della batista, del merletto, dei ricami d' ogni genere, dei nastri, che fanno somigliare l'intimo abbigliamento di una donna elegante all' onda di candida spuma da cui uscì Venere dea. Pare che una giovanile testa muliebre china su un paziente lavoro, sia sommamente suggestiva, giacchè quasi tutti i poeti le hanno dedicato qualche rima. Fra i più moderni ed eminenti, rammento il Pascoli che ne La cucitrice ci dà l'immagine della pia sorella che lavora d'ago, nel tramonto

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Una vedova non si fa il corredo, si limita a fornirsi di quegli abiti di cui abbisogna. Le nozze si celebrano con la massima semplicità. In chiesa e in municipio la sposa può indossare un vestito da visita, elegante, o l'abito da viaggio. Invita i parenti, compresi quelli del primo marito, che per solito si astengono dall' intervenire per delicatezza. Non porta fiori sulla persona o fra le mani, ma le amiche possono benissimo offrirle mazzi di fiori a casa, non mai mazzi completamente candidi. Negli annunzi mette soltanto il suo nome di fanciulla accanto al nome dello sposo : anche nei biglietti da visita fa scrivere solamente il suo nome di famiglia e quello del suo secondo marito. Se ha dei figliuoli, li allontana per quei giorni affidandoli a qualche stretto parente per richiamarli al ritorno ciel suo viaggio di nozze. Una vedova che si rimarita non ha demoiselles d'honneur come una signorina, ed entra ed esce dalla chiesa e dal municipio a braccio del suo sposo. Procura però che assistano rappresentanti delle due famiglie. Se il fidanzato le ha regalato dei gioielli se ne adorna, ma sarebbe di cattivissimo gusto che in quel giorno portasse gioielli donatile dal defunto marito, od anche abiti od accessori indossati durante la vita di lui.

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Meglio dunque far poco, fare quello che le abbisogna per un po' di tempo, non più. Sia il corredo, proporzionato ai suoi mezzi e intonato al genere della sua vita futura; ma se anche della massima semplicità contenga qualche bel capo di biancheria fine; qualche camicia più adorna, qualche sottana, qualche copribusto più guarniti. Anche nel scegliere gli indumenti più intimi abbia il pensiero di conservare intorno alla sua persona un'aureola di poesia, di grazia, d'eleganza. Metta nella biancheria personale le sue iniziali di fanciulla, perchè un matrimonio può rompersi all' ultimo momento e sarebbe ridicolo allora portare degli indumenti con iniziali che non sono le proprie, od essere costrette a disfarle ; e poi la sposa non è una schiava e non deve portare in ciò che le appartiene in proprio il marchio d'un padrone. Metta invece le iniziali del marito in quanto potrà allestire d' accordo con lui, che si riferisca alla vita comune : biancheria da tavola, biancheria da letto e da camera. Pochi abiti e pochi cappellini : quelli di stagione e basta. È gentile da parte sua, curare specialmente l' eleganza dei suoi vestiti da camera e da casa anche se sem- plici. É così che il marito dovrà vederla quotidianamente, ed essa deve studiarsi di apparire graziosa a lui. Gli abiti da uscire sono per gli estranei; ma tutto quanto dovrà indossare tra le pareti domestiche deve avere un carattere speciale di pura seduzione, di dedizione ai gusti e alle abitudini di colui a cui ha fatto il dono della sua anima e della sua vita.

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Chi pensa molto e lavora molto col cervello, abbisogna di un sonno prolungato. Un medico dice che il tempo rubato al sonno è infinitamente dannoso allo spirito, al corpo, alla costituzione. La tranquillità d'animo è la prima necessità per dormir bene: purtroppo, però, non è in poter nostro di possederla sempre. Ad ogni modo bisogna aiutarci per quanto è possibile : procurare allorchè ci adagiamo nel letto, di escludere dal pensiero, dalla memoria, ogni preoccupazione molesta o dolorosa. Difendiamo, con uno sforzo della volontà, l' isola dell' oblio che sta per accoglierci ; lasciamo alle soglie della vita tutto il suo carico d' amarezze e di miserie per attingere nuove forze onde combattere e vincere. Una fervorosa preghiera, un atto di abbandono alla Potenza che regge il nostro destino, aiuteranno a procurarci la calma pel nostro riposo se abbiamo l'anima afflitta o inquieta. Qualche buona ed energica risoluzione se l'anima è in lotta con sè medesima, se la coscienza ci fa qualche rimprovero, è pure, spesso, ciò che decide di un sonno ristoratore. Si eviti inoltre per quanto è possibile, alla sera, quanto può eccitare la nostra fantasia : spettacoli emozionanti, musica, letture di troppo interesse e di soggetto passionale. Gioverà molto, invece, prima di dormire, qualche lettura noiosetta; qualche preghiera formale ripetuta; contare sino a un numero alto; ripetersi adagio versi noti. Rimedi fisici contro l' insonnia, dei quali è provata l' efficacia, sono pure i seguenti : lavarsi la faccia prima di coricarsi; togliere il guanciale; cercare una posizione incomoda e dopo qualche tempo mutarla nella positura migliore, prendere un po' di latte caldo, ed evitare di coricarsi prima che la digestione dell'ultimo pasto fatto sia compiuta: badare di non aver freddo alle estremità, provocare anzi la discesa del sangue tenendo molto caldi i piedi. Anche la positura del corpo e la qualità del letto influiscono sul sonno. Le persone non use a spostarsi spesso, non possono dormire quando cambiano letto : altre use a un letto duro saranno molestate da un giaciglio troppo morbido. Se si arriva però, con una giusta attività e una vita regolata, ad ottenere il bene di un buon sonno, anche i mutamenti non lo impediranno più. Gli igienisti dicono che non si dovrebbe dormire supini, ma sul fianco destro, perchè quando il corpo è in questa posizione lo stomaco resta più libero e il fegato preme meno sui visceri. Dormendo così si eviteranno anche i brutti sogni.

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Una tavoletta dal piano pure di marmo, per i saponi, le essenze, i cosmetici, larghi bacini per le abluzioni : un meccanismo per le doccie, grandi spugne, soffici accappatoi candidi, e infine un ' armeria di quei piccoli utensili d' avorio e d' acciaio di cui la cura minuziosa del corpo abbisogna. Ecco l'ideale. Ma, specie nei quartieri delle grandi città, non è facile possedere questo ambiente prezioso ; però una tinozza si può sempre procurarsela, e col soccorso di qualche metro di tela impermeabile e d' un paravento ci si può creare un gabinetto da bagno in qualunque angolo, ed abbastanza pratico. L' importante è di dare acqua al nostro corpo, in abbondanza e con frequenza. Il bagno freddo è buono per rendere l'organismo resistente all' azione dell' atmosfera, ma non serve per la pulizia, mentre il bagno tiepido, saponoso, è eccellente sotto tutti i riguardi per la conservazione della pelle, per l' igiene e per la nettezza. All'acqua si può associare della crusca, dell'amido, del borace, o della gelatina. Il bagno di gelatina, per cui occorrono 500 gr. di glicerina neutra per bagno, si consiglia alle pelli rugose, alle carnagioni che invecchiano, a quelle che sono la sede di pluriti o che hanno tendenza alla congestione. I bagni acidi, alcalini, solforosi, dissipano le efflorescenze cutanee, le desquamazioni superficiali, ma l'uso di questi bagni deve essere strettamente subordinato alle prescrizioni mediche. I bagni di piante aromatiche, di acqua di Colonia, di tintura di benzoino, di essenza di timo, di borato di soda, sono eccellenti per combattere igienicamente le secrezioni esagerate e nauseanti della pelle. Il bagno di tiglio, poi, ha fama di essere un calmante ideale. Viene consigliato in particolare alle persone nervose ed è uno dei più piacevoli. Si impiega circa un chilogramma di tiglio che si lascia in fusione per un'ora in dieci litri di acqua bollente. Le frizioni e il massaggio debbono sempre seguire il bagno tiepido per facilitare la reazione generale. Inoltre eccitano il buon funzionamento della pelle e la normale nutrizione del tessuto cellulare. I bagni caldi, i bagni russi, bagni di vapore, l'idroterapia, l'abuso dei bagni di mare, sono piuttosto sfavorevoli alla bellezza femminile. Anticamente le dame dell'impero romano e della Grecia usavano bagni d' olio, di vino e di latte. Madame Tallien faceva, bagni di fragole e di lamponi ; qualche altra bellezza celebre s' immergeva nello Champagne : ma questi pretesi segreti di forza e di seduzione sono affatto privi d' ogni importanza scientifica che ne giustifichi il valore.

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Bandiamo le vane fantasticherie, i lunghi rimpianti che a nulla giovano se non a sfibrarci, per sostituirli con l' azione, energica, pronta, assidua, a benefizio di chi ne abbisogna. Ed ogni volta che un pensiero, un ricordo, un rammarico, un senso ribelle, sorgerà dall'intimo nostro lo combatteremo, lo debelleremo come un pericoloso nemico, come un ostacolo alla libera esplicazione delle nostre facoltà migliori — lo recideremo come un vincolo che ci trattenga dal volo. Darsi, darsi con l'anima tutta, ad una missione di bene, grande o piccina, morale o materiale ; fatta di luce di pensiero o d' azioni benefiche, ecco il divino rimedio, ecco il farmaco onnipossente contro le più acerbe sciagure, contro i danni più irreparabili. Sentite con che armoniosi versi un poeta del passato, G. B. Guarini, esalta questo altruismo generoso :

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Il giovinetto campagnuolo II - Agricoltura

205779
Garelli, Felice 4 occorrenze
  • 1880
  • F. Casanova
  • Torino
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Produrrai molto concime, se dài agli animali la quantità di foraggio che loro abbisogna, e se li nutrisci alla stalla. Un bue da lavoro, il quale stia metà del tempo fuori della stalla, produce meno d'un terzo del concime di un bue all'ingrasso. Una vacca nutrita continuamente al pascolo ne produce poco più della metà di una vacca da latte mantenuta alla stalla. 4. Anche la lettiera concorre ad accrescere il mucchio del letame, e a farlo buono. La migliore è quella di paglia, ma conviene che sia tagliata, perchè tanto più raccoglie gli escrementi, quanto più è divisa. Dove scarseggia la paglia, si adoperano per lettiera foglie di piante, i gambi del gran turco, e anche la terra secca, preferibilmente l'argillosa, perchè meglio assorbente. DOMANDE: 1. Le cure del coltivatore pel letame quale scopo debbono avere? 2. Con quali mezzi si ottiene un buon concime? 3. Come se ne produce molto? - Qual differenza si ha nella quantità del concime, secondo che il bestiame è nutrito alla stalla, od al pascolo? 4. Influisce la lettiera sulla quantità del letame? - Quali materie si adoperano per lettiera?

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Un terreno composto, in convenienti proporzioni, di un miscuglio di argilla, di calcare, e di sabbia, non abbisogna di ammendamenti. Ma i terreni, nei quali prevalga troppo l'argilla, o la sabbia, o il calcare, ha le cattive qualità della sostanza che vi predomina, e vuol essere corretto con l'aggiunta di sostanze terrose, dotate di proprietà contrarie. 2. Supponi che il terreno sia troppo argilloso: si corregge con sabbia, con ghiaia, e talvolta anche con ciottoli. Al contrario supponi un terreno troppo sabbioso, o troppo calcare: si corregge con argilla. Ma, per entrambi i casi, nella pratica applicazione di questi rimedi, si incontrano le gravi difficoltà: 1° Di trovare sul posto, o in vicinanza, il correttivo che fa bisogno; 2° Di poterlo mescolare, e incorporar bene con la terra del fondo; 3° Della spesa, non piccola, del trasporto, dello spandimento, e dei lavori necessari ad ottenere una buona mescolanza. Bisogna tener conto di queste difficoltà, e vedere se il miglioramento, che il terreno riceve, potrà compensare le spese. Se queste superassero il guadagno, si ricorre ad altri mezzi, o si coltiva il terreno, com'è. DOMANDE: 1. Che sono gli ammendamenti? - A quali terreni si applicano? 2. Come si correggono i terreni argillosi? - I sabbiosi? - Quali difficoltà presenta l'applicazione dell'argilla, e della sabbia, come correttivi? - Quando si possono applicare?

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L'acqua abbisogna alle piante in tutti i periodi della vita. Essa specialmente favorisce il germogliamento dei semi, e la vegetazione della giovine pianta; rende più efficace, e pronta l'azione dei concimi, e vi aggiunge le sostanze fertilizzanti, che ha raccolte per via; fa il terreno più permeabile all'aria, e alle radici. Le terre sabbiose, e le calcari, senz'acqua, sono quasi improduttive; l'acqua le corregge, e le feconda. Anche nelle terre buone l'aridità estiva, prolungata, arresta la vegetazione delle piante. 2. Per dare al terreno l'umidità, che vi manca, l'unico mezzo è l'irrigazione. I benefizi che l'agricoltura italiana può ricevere dall'irrigazione sono incalcolabili. Nei nostri paesi meridionali, caldi, con l'acqua si ottiene qualunque prodotto si vuole. Nei paesi di calore temperato, l'irrigazione, applicata ai prati, ne duplica, e triplica la produzione naturale. Essa trasforma luoghi paludosi in buone risaie; muta ghiaricci, e sabbioni, in prati eccellenti, come s'è fatto in Lombardia; moltiplica la produzione del bestiame; e migliora le condizioni generali di un fondo. Se si volgessero all'irrigazione i molti fiumi, e torrenti che discendono dagli Apennini e dalle Alpi, e dai monti delle nostre isole, se ne impedirebbero le attuali loro devastazioni al tempo delle piene, e si accrescerebbe di molto la produzione del suolo italiano. DOMANDE: 1. Accenna i vantaggi dell'acqua nel terreno. 2. Come si dà al terreno l'umidità necessaria? - Quali benefizi può sperare dall'irrigazione l'agricoltura italiana?

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Il buon coltivatore comincia il suo studio dalle piante: prima osserva come esse vivono; poi nota quel che loro abbisogna per crescere bene. 2. Le piante, benchè fisse alla terra, e prive di moto, sono esseri viventi, come gli animali. Infatti tu le vedi nascere, crescere, nutrirsi, morire, e riprodursi come essi fanno. 3. Nel corpo degli animali tu distingui la bocca, lo stomaco, i polmoni, gli occhi, le gambe, ecc. Queste varie parti del corpo, od organi, hanno struttura diversa, e son destinate a funzioni od uffizi diversi. Anche le piante hanno organi diversi, destinati a funzioni diverse: e sono la radice, il fusto, le gemme, le foglie, i fiori, il frutto. Esaminiamo questi organi uno ad uno. 4. La radice è la parte che s'addentra nella terra. Essa serve prima a fissare la pianta nel terreno, e poi a nutrirla. La sua forma varia nelle diverse piante. È a filamenti lunghi e sottili nel frumento; a ciuffi più grossi e numerosi nel granoturco, e nel trifoglio; a grosso corpo, o fittone, profondo e ramificato, nell'erba medica. Il corpo, e i rami della radice sono formati di filamenti, o barbe. Queste hanno alla loro estremità delle boccucce, o piccole bocche, per mezzo delle quali succhiano gli umori del terreno. DOMANDE: 1. Quale dev'essere il primo studio del coltivatore? 2. Le piante sono esseri viventi? 3. Quali sono gli organi delle piante? 4. Che cosa è la radice? - A che serve? Quale forma ha? - Come succhia gli umori dal terreno?

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La giovinetta campagnuola

207893
Garelli, Felice 2 occorrenze
  • 1880
  • F. Casanova
  • Torino
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Quando abbisogna, con essi prepara infusi, e decotti, pataplasmi od impiastri. Prepara gli infusi, mettendo un pizzichino di fiori, ad esempio, di camomilla, entro un recipiente che si possa chiudere con coperchio; e vi versa sopra una tazza d'acqua bollente. Dopo un quarto d'ora, o venti minuti, cola il liquido, e, se occorre, lo dolcifica con zuccaro, o con miele. Prepara i decotti, facendo bollire, per dieci a trenta minuti, con acqua, i fiori, o le foglie di piante medicinali. Fa pure decotti con orzo, riso, seme di lino, gramigna, radice di genziana, ecc. Fa impiastri con decotti di malva e farina di lino, di riso, di segale... Li prepara, mettendo la farina entro una casseruola, versandovi sopra acqua bollente, e rimestando con cucchiaio di legno. Quando la poltiglia diviene untuosa, la distende sopra uno straccio di cui ripiega gli orli tutt'attorno; la ricopre di un pannolino, ed applica l'impiastro, quando ne sia diminuito il calore.

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Abbisogna un abito per lei, o per altri della famiglia? Ne fa la compra, se ha il danaro che ci vuole; altrimenti la ritarda, fino a che abbia il mezzo di pagarla. Essa sa che col danaro contante si provvede roba migliore, e a meno prezzo. Eppoi: è mille volte meglio aver poca roba, ma tutta nostra, che averne molta, pagata col danaro altrui. Essa ha paura dei debiti, e con ragione, perchè sa che, a fare un debito, si lega una corda al collo, e dà il capo della corda in mano al creditore. Quindi fa qualunque sacrifizio, prima di contrarre un debito, anche piccolo. Per solito i debiti cominciano col poco, e finiscono col molto: precisamente come la valanga, che comincia dall'alto con una pallottola di neve, e, rotolando a valle, si ingrossa come una montagna. Guai a fare il prima debito! A pagarlo, se ne fa un altro più grosso; il secondo ne tira un terzo. Per chiudere un buco, si apre una finestra; per chiudere una finestra, si apre una porta..... e così si va dritti alla malora. Per ciò la buona massaia non fa il passo più lungo della gamba, e limita le spese secondo le entrate. Se poi la necessità vuole che essa faccia un debito, pensa continuamente al modo di pagarlo; e ogni giorno, vendendo uova, galline, legumi, mette a parte qualche cosa, per levarsi quel peso dalle spalle il più presto possibile.

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Il giovinetto campagnuolo I - Morale e igiene

215416
Garelli, Felice 1 occorrenze
  • 1880
  • F. Casanova
  • Torino
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Riflettendo alle fatiche del mestiere, ti sei convinto che il coltivatore abbisogna di una nutrizione buona ed abbondante; e che questa si può avere nella varietà dei prodotti della terra. Il mangiare cibi sani, nutritivi, e in quantità sufficiente, non è golosità, ma vera economia. Il buon lavoratore più mangia, e più lavora. Al contrario ti fu raccomandato di bere poco vino, e di astenerti dai liquori, mettendoti sott'occhio il brutto quadro dei mali, che la passione del vino, e dei liquori, trascina dietro a sè. - Ti venne parimenti consigliata l'astensione dal tabacco, nocivo agli adulti, e particolarmente ai ragazzi. Hai rilevato quanto pericolo si corra a mangiar funghi; quali siano i buoni, i velenosi, e i sospetti; come si debbano preparare; e quali le prime cure da usarsi per arrestare i terribili effetti dell'avvelenamento. Infine hai posto mente ai pericoli che derivano dall'uso di recipienti in rame.

Pagina 98

Caracciolo De' Principi di Fiorino, Enrichetta

222783
Misteri del chiostro napoletano 1 occorrenze
  • 1864
  • G. Barbèra
  • Firenze
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Infatti si manifesta nel capo in sulle prime una forte dolenza, quindi sopravviene un brivido, che invade tutto l'organismo e provoca un tremore generale; poscia manifestansi penosi convellimenti, non solo degli arti superiori, principalmente del capo, ma sibbene degli inferiori, e sovente di tutto il corpo, il quale allora si contorce in mille modi ed abbisogna, per esser contenuto nelle sue scosse, del vigore di più robuste persone. Un mattino, mentre facevasi la visita, l'inferma fu assalita di repente dalle sue croniche convulsioni; esse furono talmente forti e tanto prolungate, da ispirarci inquietudine sulla vita della sofferente. I polsi s'erano oscurati: annientato lo stesso movimento del cuore: un pallore di morte, un raffreddamento generale, un sudore oleoso per tutta la superficie del corpo, finalmente la deglutizione impedita, perchè chiusa ermeticamente la bocca, già travagliata da trisma sensibile. Sovente a questi affliggenti spettacoli assistettero seco noi la signora priora del luogo ed altre religiose. Le convulsioni sogliono durare da tre in quattro ore, poi si dileguano lentamente per dar luogo ad un delirio vago, ad uno straordinario movimento del corpo, di tal fatta che la sofferente si direbbe colpita da alienazione mentale, quindi ad una specie d'estasi e qualche volta a fenomemi di catalessia. In seguito ad uno di questi accessi la paziente tirossi al fianco un colpo di pugnale, che per buona ventura non la espose a pericolo. Questa funesta ricorrenza si ripete spesso e sempre cogli stessi sintomi qui descritti; alla vista de' quali giova supporre, che oltre le cause fisiche, anche delle potenti cagioni morali contribuiscano a mantenere tale stato morboso. E però ci prendemmo la cura di domandare la stessa paziente quali potessero essere i motivi che tanto preoccupata e contristata la trattenevano: ci confessò trovarsi lo spirito suo in uno stato d'estrema violenza per dovere starsi reclusa in an chiostro che abborriva. Per siffatta malattia fu adoperato, non solo da noi, ma pur da altri valenti professori, quanto mai l'arte medica potea e sapea suggerire, ma sempre infruttuosamente, anzi con qualche peggioramento della paziente. Ora, a prevenire che là suddetta religiosa trabocchi in guai peggiori, cioè in uno stato di demenza continua, opiniamo di consenso cogli altri nostri colleghi, qui riuniti in consiglio, che debba essa abbandonare il regime claustrale, regime che essenzialmente influisce ad alimentare la narrata morbosità. Questa nostra dichiarazione, giurata in coscienza, e risultante dall'osservazione di circa venti mesi, non peccherebbe che di soverchia concisione, non portando descritte minutamente tutte quante le sofferenze dell'inferma. Napoli, 23 gennaio 1853. Il medico consultante del luogo Dott. PIETRO SABINI. Il medico del luogo Dott. ALESSANDRO PARISI.

Pagina 295

La caccia al lupo. La caccia alla volpe

250135
Giovanni Verga 1 occorrenze
  • 1902
  • Fratelli Treves Editori
  • MIlano
  • verismo
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Ditemi che vi abbisogna.... Vi servo io.... Non sono vostra moglie?

Pagina 9