momento all'altro, però era stata zitta lo stesso, per picca, e cosí aveva sentito tutto. - Bambina!... - esclamò la zia e fece il giro della panca di
, mi convinceva. Non sapevo spiegarmi diversamente quelle lettere che non arrivavano alla figlia, mentre ne arrivava una alla zia della figlia, alla
la ripeterai a nessuno? - Certo che no. - Ebbene, ecco: io mio zio non lo posso soffrire. Né lui né la zia. Tutto qui? Non lo trovavo per niente un
scoperto anche loro. Appena finito, la zia piegò il tovagliolo e lo mise via nella sua busta ricamata, poi andò su sparata. E io dietro. Mi guardò un po
l'automobile davanti al portone. (Quello davanti, si sa.) Lo zio, pure. La zia, pronta anche lei, inappuntabile con cappellino e borsetta, perché aveva
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anche sul verone a guardare di qua e di là, come la zia quell'altra mattina, preciso. Ma Ippolita non si vedeva; né di qua, né di là. Per cercarla
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vuoi dire? Forse tuo zio e tua zia non sono buoni con te? - A proposito di zii, - disse Ippolita saltando su dal letto dove si era seduta, - è ora
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però, se ci sentono. - E chi? Zia Augusta e zio Ottavio a quest'ora fanno il riposino e i domestici stanno in cucina, dalla parte di dietro. Però hai
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mi ero sbagliata. Lo zio andò di sopra con la lettera, immagino per portarla alla zia. Anch'io me ne andai, perché adesso non c'era piú motivo di fare
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neanche lei, e cosí siamo andate in tre. La zia sul principio l'aveva presa sottobraccio e andava avanti svelta con quelle sue gambe lunghe, chiaro
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padri di famiglia. Uno era perfino nonno. — Io ne ho conosciuto uno che era una madre di famiglia. — Ed era anche zia, perché aveva una sorella sposata
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