nell'aria » 30 5. L'acqua che fa bene e quella che fa male . » 32 6. I venti . . . . . p. 34 7. Osservatore e non profeta . » 36 Riassunto . . . . . » 37
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dell'altra a rimpiazzare quella che si toglie. 2. Che cosa dunque bisogna fare, perchè il terreno conservi la sua fertilità? Tu devi restituirgli, ogni
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latte mantenuta alla stalla. 4. Anche la lettiera concorre ad accrescere il mucchio del letame, e a farlo buono. La migliore è quella di paglia, ma
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fagiolo, e racchiude uno, o più granelli. Questi granelli sono i semi che poi riproducono un'altra pianta, simile a quella che li ha formati. Ogni seme
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5. L'acqua che fa bene e quella che fa male. 1. L'acqua del terreno è viva, o morta. È viva se corre, e si rinnova; è morta se ristagna, per difetto
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i rami dalla parte contraria a quella onde viene, quasi volesse dire: «il vento mi strazia, e lo fuggo come posso» E guarda quanto è ammirabile la
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disgregata, ruvida al tatto. Lascia passar l'acqua come un filtro. Il calcare è la pietra da calce, quella che si mette nella fornace per fare della
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correggono, e migliorano, se vi ha il tornaconto di farlo. Se peccano per sovrabbondanza di argilla, di sabbia, o di calcare, si aggiunge quella sostanza
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mette radici. E perchè? Perchè quella terra non ha visto nè aria, nè sole; e finchè non si sarà addomesticata sotto l'azione dell'aria e del sole
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, con la lavorazione a porche, rimane improduttiva una parte del terreno, cioè quella dei solchi; è quasi impossibile di spander bene le sementi; e la
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intelligente ed attiva risparmia dei bei quattrini in capo all'anno; e la sua giornata di lavoro non frutta meno di quella degli uomini nei campi. Ma guai
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un po' di biancheria nuova al posto di quella che si logora e consuma. Ma abbine solo quanto te ne può bisognare. Se ne hai troppa, una parte resta là
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21.Bucato e rammendi. È una cattiva abitudine di certe massaie quella di fare il bucato due volte sole, o tre all'anno; ed è anche una malintesa
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. Aria pura. Occorre rinnovare l'aria, sia per dissipare quella viziata dalla respirazione dei bachi, e disperdere l'umidità e i miasmi provenienti
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bellezza del corpo è come quella di un fiore: oggi fresco, domani appassito. Guarda la rosa: come è bella! Come è vivo il colore delle sue foglioline! Ma
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invidiare la condizione altrui, neppur quella del ricco, che a te pare il più felice degli uomini, sol perchè ricco. Non è tutt'oro quel che luce; nè basta
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alla miseria. E perchè? Perchè a cominciare da Tonio, tutti in quella famiglia, a lavorare si stancano presto, e stanno volentieri con le mani in mano.
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raggiungerla. La chiave che sempre si adopera è lucente; quella che non si usa si copre di ruggine: così il corpo col lavoro si fortifica, nell'ozio
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fai una cosa, sii tutto intento e attento a quella, se vuoi riuscirla bene. A far le cose sbadatamente, o fuor di tempo, si diventa vecchi senza aver
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l'adempimento d'ogni nostro dovere. Ma il luogo specialmente destinato per onorare e pregar Dio è la chiesa. Quella è la sua casa, luogo di pio raccoglimento
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morta. Bada dunque a rinnovare l'aria nelle stanze abitate; apri porte e finestre, lascia entrare liberamente l'aria, specialmente quella pura del
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pratica questa virtù, unita a quella del lavoro, vive bene, e lungamente.
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quella di pecora, di capra, di coniglio. Il contadino, che di rado può regalarsi un pasto di carne, ricorre ai legumi. I fagiuoli, i ceci, i piselli
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crescere, mangiano con molto appetito. Un bue che lavora, mangia più di un altro che resti alla stalla. La vacca che dà molto latte mangia più di quella
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animale preferire l'acqua sporca, e corrotta, ad altra limpida e sana, pensa che quella bestia non è in buona salute. Gli animali sani, se trovano acqua
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intorno a sè. Non si deve quindi inutilmente disturbare. Anche per questa ragione è cattiva usanza quella di tenere volatili nelle stalle.
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CONCLUSIONE. La salute è la tua prima ricchezza. Quella degli animali è altresì una ricchezza, per l'utile che ne ricavi. L'igiene ti ha insegnato
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poi via a passo di formica. «Trista quella cà, che mangia quanto ha». Con la virtù dell'economia, la miseria potrà far capolino all'uscio, ma non vi
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