Squillano più alte le trombe. Il cielo ora è tutto soffuso di luce. Voci sempre più vicine si diffondono.
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– sotto tanto impeto – non ha più resistenza, non ha più forza, non ha più volontà. Il contatto incredibile l’ha trasfigurata. Con accento di supplica
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E sghignazzano, stringendo sempre più da presso al Principe.
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Le loro voci si perdono. Turandot non c’è più.
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Tornano a sedere. Solo Ping rimane in piedi, quasi a dar più valore alla sua invocazione.
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Il Principe non ha quasi più la forza di reagire. Ma ecco richiami incerti, non voci ma ombre di voci, si diffondono dall’oscurità degli spalti. E
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Fra l’attesa più intensa Turandot piega il capo annuendo. Allora il vecchio Imperatore si erge e con accorata commozione dice:
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Adagiato sui gradini del padiglione è il Principe. Nel grande silenzio notturno egli ascolta i richiami degli Araldi, come se quasi più non vivesse
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Ed ecco alcune ombre appariscono strisciando fra i cespugli: figure confuse col buio della notte, che si fanno sempre più numerose e finiranno col
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apre il velario siamo nell’ora più sfolgorante del tramonto. Pekino, che va digradando nella lontananza, scintilla dorata.
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