del numero quindici, la tiroide. Il barone confonde i numeri. — Anselmo, oggi vado malissimo con il ventitre. — Le tonsille? — Ma no, il pancreas
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mio avvocato. — Io, — proclama la signora Zanzi, — non so niente. Dormivo, io. — E noi, no? — Non lo so. Quando dormo, io non mi guardo in giro per
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, diventa un ragazzino di tredici anni. Non sarà uno sgarbo al lettore? No, perché c'è la sua brava spiegazione. Il lago d'Orta, nel quale sorge l'isola di
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, vedendo il barone Lamberto, gli darebbe, sí e no, quarant'anni e si accorgerebbe a occhio nudo che è sano in lungo e in largo. Poche settimane or sono
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il giovane Armando che disegna su un quaderno a quadretti. Non disegna, dipinge. Non dipinge, solo copre di nero un quadretto sí e l'altro no. Intanto
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non si capisce una parola di quello che dicono. Tocca a Caronte rispondere alle domande. — Com'erano, com'erano? — Chi? — Ma i banditi, no? — Avevano
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lui, alla villa del barone Lamberto. Hanno bussato, Anselmo è venuto ad aprire e si è sentito chiedere: — Piove, lí dentro? — No, perché? — Scusa
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che appena vedono un'arma se la fanno sotto dalla paura. Ma questo non cambia la sua situazione. Coraggioso o no, lei è prigioniero lo stesso. — E di
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risposte solo da uno dei ventiquattro segretari, che è stato scelto a portavoce. Dal canto suo, egli risponde solo: — No comment. Dopo pochi minuti i
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aver capito. — Avanti, scriva. — E la penna? — Eccola lí. — No, scusi, quella è la penna con cui ho scritto il messaggio precedente. Io non ho mai usato
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parenti... — No, signor barone. — Tutti morti prima di me, tranne l'Ottavio. E lui sarà li che aspetta il mio funerale, s'intende. Abbiamo notizie del
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, tenta di attaccare discorso con la signorina Delfina. — Mi piacerebbe, — dice, — invitarla a fare due passi. — Dove, sul tetto? — Ma no, a Milano in via
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allora non m'interessava. Fortuna che me ne sono ricordato in tempo. Avete capito, adesso? — No, — borbottano due o tre voci, in tono di mortificazione
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