Rubria è rimasta sola nell’orto. Il canto s’affievolisce allontanandosi.
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La viva luce diurna entra dall’arco esterno nell’Oppidum.
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Fanuèl va frugando a sua volta nell’ombra lungo la parete di destra.
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Nello stesso tempo s’è spento il raggio che illuminava Asteria. Il sacrario ripiomba nell’oscurità.
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Le grida del Circo giungono nell’Oppidum da varie altezze e distanze, seguite da risate e da urli, frammiste a squilli di buccine.
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Frattanto la più sordida plebe del Circo s’è riversata nell’Oppidum. Nerone, presso la porta pompae, attende cupidamente il passaggio delle vittime.
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Si vede l’interno dell’Oppidum fra i suoi grand’archi centrali, quello di destra che sbocca nell’arena e quello della porta pompae, a sinistra, che s
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’aspersorio nell’idria, raccoglie da terra il velo nero, lo distende.
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Le grida di terrore aumentano e s’avvicinano. Il fumo penetra nell’Oppidum e s’ode Gobrias che grida: «L’incendio è nelle fornici!». Altre voci
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funeraria; il lumignolo si ravviva e riarde. La donna s’inginocchia, inclina il capo sulla tomba, congiunge le mani e, nell’alto silenzio che la circonda
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bestiarii sollevano Rubria sulle teste della folla ruggente e la trasportano nell’arena dove è spinto anche Fanuèl insieme alle Dirci e ai Cristiani che
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disperdono nell’orto. Fanuèl, appoggiato ad una colonna della vite, guarda Rubria. Incominciano a spargersi le prime ombre della notte.
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Dal circo giungono grida di «Euoè! Euoè! Euge! Euge! Macte! Macte!» mentre un’ondata di folla entra correndo dall’esterno nell’Oppidum. Entra dalla
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Sul lato destro della via, dalla parte di Roma, s’innalza un grande sepolcro che si prolunga nell’erba; gli si allinea d’accanto, progredendo verso
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