Atto primo
La via Appia
È un campo situato (per chi va da Roma ad Albano) lungo il lato destro dell’Appia, alla sesta pietra milliaria. La via segue una linea obliqua fra questo e gli altri campi che si estendono dall’altro lato.
La notte è nuvolosa. La luna pènetra a stento le dense nubi che la nascondono. Sull’Appia e sulle sue tombe l’oscurità è appena diradata da un barlume cinereo che non projetta ombre; il campo nereggia più cupo.
Sul lato destro della via, dalla parte di Roma, s’innalza un grande sepolcro che si prolunga nell’erba; gli si allinea d’accanto, progredendo verso Albano, una tomba recente su cui sta per estinguersi una lampa funeraria. Tra questa tomba e il milliario lo spazio è libero; poi segue una pietra sepolcrale quadrata e, poco discosto da questa, un vasto tumulo erboso che porta sul suo vertice le vestigia d’un’ara. Altre tombe si schierano sulla fronte sinistra della via. Molti rottami d’antichi monumenti sono sparsi intorno al grande sepolcro ed ingombrano anche il breve spazio che lo divide dalla tomba recente.
Fra questi ruderi un uomo, nelle tenebre, sta scavando una fossa. È Simon Mago. Sul margine della via un altro uomo guarda, immobile come in vedetta, nella direzione d’Albano; egli porta il cappuccio della lacerna sul capo. È Tigellino.
La notte è piena di canti che giungono dalla vasta campagna, dalle lontananze dell’Appia; frammenti di canzoni portati dal vento, dispersi dal vento.
Voci lontane sulla via
Canto d’amore
vola col vento,
torna col vento…
Simon Mago
È lui?
Passa un viandante che va verso Roma con una bisaccia a spalle ed un bastone.
Tigellino
No.
Simon Mago
Forse lo atterrì quel grido.
La Guardia degli acquedotti
lontanissima
Terza vigilia…
Tigellino
Odilo ancor, là… verso via Latina.
Voce ferale nel lontano
Nerone-Oreste! Il Matricida!
Simon Mago
Pur ch’ei non l’oda!
Tigellino
È profonda la fossa?
Ancor più nel lontano risuona il canto di prima:
[Voci]
Canto d’amore
vola col vento,
torna col vento…
Simon Mago
Profonda.
Ma dalla parte d’Albano s’è udito un urlo di spavento: Tigellino sbalza sulla via e incontra Nerone fuggente, ravvolto in una toga fùnebre e che porta un’urna cineraria fra le braccia.
Tigellino
accorrendo al grido
Mio Signor!…
Nerone
ansando di terrore ed accennando dietro di sé:
L’Erinni!… Là!…
Tigellino
dopo aver osservato
È il tuo delirio.
Nerone
No. La vidi… surse…
cinta di serpi… squassava una face…
poi la ingojò la terra.
Tigellino
lo sorregge, lo fa sedere sulla pietra sepolcrale che sta fra il milliario ed il tumulo.
Qui ti posa.
Ricominciano le canzoni della notte. Volano per l’aria le parole d’una strofa amatoria di Petronio:
[Voci]
Dolce ridente Lalage…
Giunge sull’Appia da Roma un’allegra comitiva al lume d’una torcia.
Vanno a passo vivo verso Albano. Risuona una voce con questo epigramma:
[Comitiva]
Citarizzando scorda l’Impero…
Tigellino
Dove lasciasti il corteggio?
Nerone
A Boville.
Voci lontane
…trasfondeva col bacio il labro al labro…
l’anima errante…
…progenie nova dal ciel…
…ave, anima…
Tigellino
sottovoce, come parlando:
Balza il vento e ne porta le canzoni
or dai monti, or dall’Urbe.
Una voce lugubre si sparge nella notte; s’odono queste parole:
[Voce]
Voce dall’Oriente!
Voce dall’Occidente!
seguite dal popolarissimo verso d’una atellana:
Torna Onesimo dai campi
e dal grido ferale:
Nerone-Oreste! Il Matricida!
Nerone
trasalendo ed alzandosi
Ancor quei grido!
Tigellino
È la canzon d’un ebbro; porgi.
Fa per prendere l’urna che Nerone stringe fra le braccia.
Nerone
No.
Io l’urna porterò sino alla mèta.
Nerone entra nel campo coll’urna fra le braccia. Tigellino al suo fianco lo guiderà fra le tenebre, lentamente. Giunti alla fossa si arrestano.
Nerone
Simon Mago dov’è?
Nerone depone l’urna sul suolo, presso la fossa.
Simon Mago
che non s’è mosso dal campo
Qui supplicante
i Mani d’Agrippina.
Nerone
subitamente, atterrito
Ah! tu mi salva!
Lava il mio matricidio! Orrenda vita
vivo, pe’ gioghi di Campania in fuga,
meco traendo il delirio, le Eumenidi
flagellatrici e lo spettro materno!
Simon Mago
Dagli insepolti corpi emanan larve.
Pronta è l’inferie.
Tigellino
Finché il rito dura,
vigilerò.
Poi s’avvicina a Simon Mago e con accento concitato, staccandolo da Nerone, sommessamente gli dice:
Spingilo a Roma, incìta
l’audacia in lui; s’ei teme siam perduti.
Ritorna sulla via Appia e s’apposta presso la colonna milliaria.
Nerone
prono sulla fossa ed immobile, incomincia come chi proferisce parole preparate con arte:
Queste ad un lido fatal insepolte ceneri tolsi,
qui le trassi dove stende Roma sue tombe;
sacro sempre fu ridonare agli estinti la patria.
S’inginocchia.
Ecco, mi prostro, m’atterro, m’accuso.
Se dei defunti lo spirto penètri
nell’alme nostre, il mio contempla, madre,
interno orror.
quasi senza suono, inorridito e coprendosi il volto colle mani
Io son l’ultimo vivo
di tua tragica stirpe, in me il Destino
tutte aduna sue forze e le consuma.
M’invade il Nume antico! È l’opra mia
l’opra del Fato!
ergendosi fieramente
E ben dicea quel grido:
io sono Oreste!
Simon Mago
E tua Tauride…
Nerone
intuendo con gioja il pensiero di Simon Mago
…è Roma!
Passa una famiglia di gladiatori, la precede il lanista, riconoscibile alla lunga ferula che impugna; gli sta a fianco uno schiavo con una lanterna.
Vanno silenziosi verso Roma.
Tigellino
dall’Appia, sommessamente ma energico
Zitti! Vien gente.
sottovoce, ma concitato
Presto.
Nerone
a Simon Mago, con ansia
T’affretta. Si sotterri l’urna.
Simon Mago
A te.
Nerone esita ad afferrare l’urna.
Paventi?
Nerone
No.
Simon Mago
Presto.
Nerone
angoscioso
M’ajuta.
Simon Mago lo ajuta a calar l’urna nella fossa.
Simon Mago
Là!
Dalla via Latina giungono coi vento gli antichi anapesti d’Ibycos:
[Voci]
Eros vibra da l’umide ciglia lo stral
che riapre l’antica ferita d’amor…
Nerone
Più profondo. Più profondo ancora.
Simon Mago comprime l’urna nella buca; poi, con la vanga la copre di terra finché la fossa è ricolma.
Nerone
a Simon Mago
È fatto?
Passano sull’Appia due giovani viandanti; quello che canta poggia il braccio sulle spalle dell’altro. Vanno verso Roma.
Simon Mago
È fatto.
[Voci]
Ancora dalla via Latina s’odono gli anapesti:
…ed io fremo siccome l’ardente corsier
che ritorna alle gare dei Circo…
Nerone
Nascondi la vanga.
Simon Mago va a nascondere la vanga fra i ruderi, poi ritorna; prende dall’acerra alcuni grani d’incenso, li sparge sull’ara thuraria, immerge l’aspersorio nell’idria, raccoglie da terra il velo nero, lo distende.
Simon Mago
copre la testa e il viso di Nerone col velo, insino al petto.
Ti copra l’atro vel.
Nerone
Ajuta! Ajuta
l’anima mia!
Simon Mago
tracciando con l’aspersorio dei segni arcani nell’aria
Redimo te! Ti prostra.
Amen rispondi.
Nerone
tutto prosteso, toccando con la fronte la terra, ripete:
Amen.
Simon Mago
Ti rialza.
Lo ajuta a sollevare il capo e il petto, ma lo mantiene ancora genuflesso.
Spargi i libami.
La luna si fa più torbida. Simon Mago s’affretta a Porgere a Nerone la tazza libatoria.
Nerone
È sangue?
Simon Mago
È sangue; innaffiane la fossa,
e nel versar torci il volto.
Nerone
Ho paura.
La luna s’è rannuvolata. Nerone piglia la tazza, ma esita a versare il sangue sulla fossa.
Simon Mago
Versa. Coraggio!
Nerone
inclina la tazza, gira il capo e, attraverso il velo che lo copre, scorge dietro di sé, fra il gran sepolcro e la tomba, una figura spettrale sorta da sotterra, che innalza una face ardente ed ha il collo avviluppato da serpi come un’Erinni. A quella vista egli balza in piedi inorridito e corre a ripararsi dietro il tumulo, gettando un grido:
Orror!
Simon Mago
Ah!
Dopo un attimo di sorpresa va a prosternarsi ai piedi dell’apparizione.
Tigellino
che ha udito le grida, vede quella sembianza d’Erinni ed esclama:
D’onde uscì?
Un Viandante
Qual grido?
Un altro Viandante
Olà! chi grida?
Tigellino
Via di qua!
Il primo Viandante
Chi è costui?
Il secondo Viandante
Chi è costui?
Il primo Viandante
È Tigellino.
Nerone
come attratto da un fascino verso quella figura ferale che lo guarda:
A sé m’attira…
Tigellino
afferra Nerone al braccio sinistro e lo sforza a seguirlo al di là del tumulo.
Vieni!
Il velo, che copre il capo di Nerone, cade. Appena il volto di Nerone si scopre,
L’Erinni
drizza il braccio verso di lui e con un grido irruente lo nomina:
Neron!
Nerone fugge con Tigellino dalla parte di Albano. L’Erinni fa un passo per inseguirlo, ma il corpo di Simon Mago, prosternatole davanti fra le tombe e i ruderi, le preclude ogni via ed essa rimane come impietrita, col braccio teso, atrocemente pallida e cogli occhi sbarrati e fissi sul tumulo da dove è scomparso Nerone.
La campagna è ancora immersa nelle tenebre; solo la face dell’Erinni sparge un circuito di luce.
Simon Mago
sempre genuflesso, a capo chino, osserva celatamente, girando in basso gli sguardi, se il campo e la via sono rimasti deserti; accertatosene, si rialza, afferra al braccio quella figura atteggiata a stupore catalettico e le dice, calmo:
Sei colta.
L’Erinni (Asteria)
senza scuotersi, con voce incolore, come trasognata
Chi ama la morte
toccar mi può.
Simon Mago
abbandonando il braccio d’Asteria, ma badando sempre ad impedirle la via
Non sperar ch’io paventi.
L’idre al tuo collo attorte
o son morte o morenti.
Asteria
appoggia la face al sepolcro, appressa le mani al suo collare di serpi e con gesto lento di minaccia risponde:
Sperder potrei la malìa che le assonna
e avventartele.
Simon Mago prende la face e la solleva per rischiarare la persona d’Asteria. Asteria veste una specie di kalasiris egizia, a tinte fosche; ha le braccia nude, i capelli nerissimi sparsi in molte trecce sottili.
Simon Mago
Donna
strana ed audace, avernalmente bella,
tu sembri al raggio di questa facella
Medusa, Ecate, Sfinge,
Eumenide o dimòne.
Chi sei? Chi cerchi? Qual forza ti spinge?
Perché insegui Nerone?
Asteria
È il mio Nume e lo adoro! A notte cupa,
quando negli antri dei funereo suolo
vagolo al pari di piagata lupa
ululando il mio duolo,
io lo invoco! Egli è l’Angelo crudel
che popola di spettri le tenèbre,
che scuote sulle plebi infami ed ebre
il sublime flagel.
È il mio Nume e lo adoro.
Sotto un vel ora apparve a me davante…
poi… sparve là…
Con un impulso subitaneo si slancia sulle tracce di Nerone, ma
Simon Mago
trattenendola a forza, l’arresta di colpo.
Ferma! o il tuo Dio ti sfugge.
Asteria
dibattendosi dolorosamente fra le mani di Simon Mago
Vo’ seguirlo… pietà! L’orror m’attira
come un amante… e nell’estasi vivo
de’ violenti sogni… ebbra di pianto.
E son dell’idre incanto
e il colùbro m’allaccia e il sen mi cinge
e il petto mi rinserra
e stringe… e lambe…
ed erra…
E nell’amplesso della viva spira
sento ancora quel Dio che mi martira!
Simon Mago
Dove ancor lo scontrasti?
Asteria
Sulle rive
d’Anxur, tre notti son.
Simon Mago
Ed ei nel viso
t’ha scorta?
Asteria
Oh! come mi guardava fiso!
Ma il suo corsier impaurito il trasse
lontan, fuggendo, al lume della luna.
Rimane ancora un poco assorta in ciò che descrisse.
Ma tu chi sei che dell’anime lasse
tenti il facil segreto e il facil pianto?
Simon Mago
Son tal che rialzar può il volo infranto
del sogno tuo.
Asteria
Tu?!
Simon Mago
Sì. Nessun mai sappia
chi sei, né ciò ch’io dissi.
Asteria
Mai.
Simon Mago
raccoglie l’acerra.
S’asconda
quest’acerra.
Asteria
indica a Simon Mago il posto da dov’essa è apparsa:
Qui.
Simon Mago
Dove?
Asteria prende la face e conduce Simon Mago fra le due tombe ove i rottami nascondono un forame del suolo da cui si discende in una cripta.
Asteria
Qui, sotterra,
è un antro oscuro d’avelli cristiani
che si riapre dietro a quei delùbri.
Dicendo queste ultime parole accenna ad una località oltre il tumulo, verso Albano. Simon Mago depone l’acerra presso l’apertura della cripta, poi va a raccogliere l’ara thuraria, il velo nero e l’idria in cui pone la tazza e l’aspersorio e ritorna là ove discende; lascia cadere gli oggetti nel forame della cripta, salvo l’acerra e il velo.
Simon Mago
Dammi la face.
Asteria porge la face a Simon Mago che sta per discendere nel sotterraneo.
Simon Mago
Qui sarai domani
col sol morente.
Scende due gradini e s’arresta.
Ascondi quei colùbri.
Così dicendo porge il velo nero ad Asteria che lo prende e lo bacia e se ne avvolge il collo e il petto. Simon Mago, coll’acerra e la face, è sceso nella cripta fino alla cintola. S’arresta ancora una volta per dire ad Asteria:
Ma pensa al fato che invochi su te.
Bada! il tuo Nume ha carezze omicide.
Asteria
Amor che non uccide
amor non è!
E s’abbandona sulla tomba che le sta dietro; quivi, giacente, rimane. Simon Mago scende tre gradini della cripta con la face in pugno e scompare sotterra.
Incominciano a diffondersi le prime trasparenze dell’alba. Il cielo si rasserena. La profonda quiete dell’ora s’estende su tutta la campagna romana.
Una donna in bianca stola, Rubria, viene dalla parte di Roma, s’arresta davanti alla tomba recente, estrae un’ampolla e la vuota nella lampa funeraria; il lumignolo si ravviva e riarde. La donna s’inginocchia, inclina il capo sulla tomba, congiunge le mani e, nell’alto silenzio che la circonda, prega così:
Rubria
Padre nostro che sei ne’ cieli, sia
benedetto il tuo nome.
Venga il tuo Regno alla tua gente pia,
sia fatto il tuo voler in terra, come
nell’Empiro immortale.
Il nostro pane cotidian ne dona,
come noi perdoniam tu ne perdona…
Fa ch’io riveda quel che m’abbandona!…
Liberaci dal male.
Asteria
che giace sulla stessa tomba dove l’altra ha pregato, con voce fievole come un sospiro
O soave preghiera!
Rubria
si alza, guarda dalla parte d’onde viene il sospiro e dice:
Anima che sospiri, sorgi e spera.
Asteria
lentamente sorgendo
O divine parole!
Rubria
appressandosi ad Asteria colle mani sporte e offrendole fiori
Spargiam insiem le rose e le viole
sulla terra dei Santi.
Asteria
Il dono pio
porgi…
E prende, con movenze estatiche da sogno, i fiori e ne cosparge la tomba, insieme a Rubria, e le zolle d’intorno; ma, giunta all’ultimo fiore, esita, s’arresta, lotta un istante contro un impulso interno, poi dice:
No… no… sfuggir devo gl’incanti
del tuo pregar. lo cerco un altro Iddio!
E fugge impetuosamente verso Albano. Rubria torna davanti alla tomba a pregare.
Un viandante, Fanuèl, passa sull’Appia, d’accosto a Rubria, la vede, s’arresta, la guarda assorta nella sua preghiera.
Rubria
solleva il capo, volge il viso, lo vede e lo nomina:
Fanuèl!
Fanuèl
Non t’alzar. Il nostro addio
sia questa prece che sale al Signore
fra i bagliori dell’alba.
Rubria ricomincia a pregare con intenso fervore. Fanuèl continua a guardarla fissamente.
Rubria
levando gli occhi pieni di lagrime al cielo
In te sperai!
Fanuèl
con voce commossa
Piangi? Perché?
Rubria
Ho un peccato nel core.
Fanuèl
Tu!?
Rubria
Fanuèl. Non ti vedrem, più? mai?
Fanuèl
Seguo mia stella verso ignoti porti.
guardandola fiso negli occhi
Confessa il tuo peccato.
Rubria
Perdonar mi saprai se tutta dico
la mia colpa?
Mentre Fanuèl sta per rispondere, s’avvede che l’apertura del sotterraneo si rischiara e che un uomo, con una face in mano, viene salendo lentamente dalla cripta.
Fanuèl
sottovoce, a Rubria, indicando il posto
Un agguato!
V’è un uom fra i nostri morti.
Fa qualche passo nel campo per ravvisarlo.
(È Simon di Sebàste.
Rubria
tutta sgomenta e a bassa voce
Il gran Nemico!
Fanuèl
Corri dai nostri, va, narra gli avelli
spiati.
Rubria
guardandolo con ansia
E tu?
Fanuèl
Poiché un periglio incombe
io resto coi fratelli.)
Rubria si vela il viso e s’avvia rapidamente dalla parte di Roma.
La luce, mite ancora e senza raggi, a grado a grado discopre le cose remote, gli edifici sparsi qua e là nel fondo della campagna, gli archi del doppio acquedotto dell’aqua tepula e Marcia, qualche fastigio dei monumenti sepolcrali della via Latina.
Molto lontano, forse dall’ottavo milliario, s’odono squillare, nel puro silenzio dell’alba, alcuni appelli di trombe.
Simon Mago, senza accorgersi d’essere osservato, s’è messo in ascolto, si dirige verso il tumulo, lo sale insino alla cima e guarda attentamente dal lato d’onde giungono gli squilli.
Fanuèl
che ha seguito collo sguardo ogni passo di Simon Mago, s’inoltra nel campo e lo chiama:
Simon.
Simon Mago
dal tumulo, volgendosi
Tu! Qui?! Gloria al tuo Dio dall’alto
di queste tombe!
Vieni e vedi.
Fanuèl esita sorpreso, poi sale anch’esso sul tumulo ov’è Simon Mago. Le trombe continuano a squillare.
Simon Mago
S’avanza una gran nube
di turbe. Echeggian trionfali tube.
È il matricida, ei vien col suo corteo
d’istrioni e d’Eumenidi all’assalto
del mondo reo.
Poi, con un gesto largo che abbraccia tutto l’orizzonte:
Pensa: i Reami, i popoli, le Glorie,
le corone, gli scettri, le Vittorie,
tutti i raggi di Roma e di Nerone
non son che luci moribonde e torbe
d’innanzi al sogno mio, d’innanzi a te:
sui sette colli un Tempio (o Visione!),
un Tempio eterno che soggioghi l’Orbe,
e su l’altare tu, Profeta e Re.
Tutto l’incenso che l’etère assorbe
vapora, immensa nuvola, al tuo piè!
Guarda quaggiù. Pel sangue che l’inonda
l’arca d’oro di Cesare sprofonda,
furibonda ruìna e precipizio.
Plebi nefande confuse nel vizio
plaudono a Roma che canta e che crolla.
Tremano tutti: Cesare, la folla,
le coorti. Fischiò dagli angiporti
già il greculo rubel. Cadono i morti
nel Circo e cadon nel triclinio i vivi
e i Numi in ciel! Ma tu su quei captivi
del fango e della porpora distendi
le tue mani, la tua virtù mi vendi;
due Sovraumani vedrà il mondo allor!
Vendi il miracolo, t’offro dell’or.
Fanuèl
scende dal tumulo e terribilmente esclama:
Anàtema su te! Maledizione!
L’oro tuo piombi teco in perdizione!
Simon Mago
L’ira tua scagli invan contro il mio scherno,
povero nunziator d’un Regno eterno
senz’oro e senza eserciti.
Fanuèl
La condanna orrenda e forte
or su te confermi il ciel:
colla massima veemenza
Io t’estirpo da Israel!
Simon Mago
Fra noi due c’è guerra a morte!
Si sfidano collo sguardo come due fieri nemici prendendo due vie opposte. Fanuèl ritorna sull’Appia e se ne va verso Roma. Simon Mago scende dal tumulo e s’allontana dalla parte di Albano.
Nerone e Tigellino ritornano da un sentiero dei campi e s’arrestano al tumulo. La foga di Nerone, tutta scomposta, lascia vedere una mirabile tunica oloserica tinta di porpora jacintina e sparsa di palme d’oro. Nerone porta al braccio sinistro un’armilla di pelle di serpe chiusa da una borchia di gemme. Ha, come Tigellino, un focale di seta annodato intorno al collo, sul petto una collana d’ambra mista a molti amuleti: dalla cintola gli pende un largo smeraldo ovale attaccato ad una catenella di perle.
Nerone
Nessun ci segue?
Tigellino
osserva il sentiero d’onde sono venuti.
No. Sosta il corteo
lungo i campi di Persio.
Nerone guarda paurosamente il sepolcro dove sorgeva Asteria.
Tigellino
Ebbene? Sparve.
Nerone
sempre cogli occhi rivolti al sepolcro, cupamente
S’ergea fra Roma e me!
Tigellino
Andiam. Che guardi?
Nerone
volge gli sguardi inquieti sul posto dove ha sotterrato l’urna ed esclama atterrito:
Si scorge il labbro della fossa!
Tigellino va a calpestare quelle zolle per disperdere le tracce dei seppellimento. Nerone lo ha seguìto. S’odono dalla parte di Roma dei clamori lontani.
Tigellino
prendendo per mano Nerone
Andiamo.
Nerone
staccandosi da Tigellino e con grande agitazione
Voglio fuggir!…
Tigellino
Fuggir? Dove?
Nerone
Non so.
Dove migra il cantor trova una patria
e sola gloria è l’Arte!
Tigellino
E di che temi?
Crede il Senato al tuo messaggio, crede
colta Agrippina ordendo la tua morte,
poi da sé stessa uccisa.
Nerone
Alla menzogna
fingon dar fede.
Tigellino
E lor viltà ti giova.
Nerone
Se rivarco le mura a chi mi volgo?
Al Senato?… alla plebe?
Tigellino
che da qualche istante porge l’orecchio alle grida che s’avvicinano, corre sul tumulo, guarda verso Roma e risponde:
E l’una e l’altro
per te dall’Urbe accorrono.
Nerone
atterrito e con sùbita ira
Qual folgore
sparse a Roma il clamor dei mio ritorno?
Tigellino
arditamente dal tumulo
Io.
Nerone
con maggior ira e minaccia
Tu, ribaldo? Violenza porti
sui dubbii miei?
Tigellino
Sì. Per salvarti. Mira!
Si slega dai colto il focale di seta rossa e, mentre l’agita nell’aria, soggiunge:
A questo cenno il corteo s’incammina.
Mentre Tigellino sventola ancora il focale, s’ode squillare non lontano una chiamata di bùccine come per un esercito in marcia. Dalla via di Roma i clamori aumentano.
Voci indistinte
che si appressano da sinistra
Ei s’appressa, esso è là, s’ode il clamor.
Altre voci
Ecco i Numidici corsieri… Gioja!
Il Popolo irrompe in scena, restando pur sempre sull’Appia e correndo verso Albano.
Tigellino
scendendo dal tumulo
Ecco i corrieri Mauritani. Mira!
Altre ancora
Ei viene! ei viene! egli è là! egli è salvo!
Corri! s’ode il clamor! ei viene! è là!
Nerone
Da ogni parte m’assalgono!
Tigellino
T’appressa.
Tre Precursori Mori, a cavallo, passano di galoppo sull’Appia, risplendenti d’armille e di falère.
Nerone
invaso da terrore si rannicchia fra il gran sepolcro e i ruderi.
Chi mi scorge m’uccide…
Tigellino
avvicinandosi a Nerone
Ecco le schiere.
con grande concitazione
Se indugi sei perduto…
Popolo
È salvo! Gioja!
Altre voci
Corri! Corri! Ei vien!
Pretoriani
Largo, la via sgombrate!
Popolo
Avanti, olà!
Altri
Corri! là! Corri! là!
Vengono gli Eneatori colle loro squillanti bùccine di bronzo.
Nerone
rimanendo nascosto fra le tombe
Ah! dove fuggirò? Chi mi nasconde?
Tigellino abbassa il cappuccio della lacerna sugli occhi e s’avvicina alla via, ripartendo la sua vigilanza ora sul corteo, ora su Nerone.
Augustani
Udite! Udite!
Segue un vasto carro tratto da cavalli, pomposamente ornato, dove stanno aggruppate, gittando fiori e cantando, le Ambubaje cinte il capo di mitre siriache. Le fanciulle Gaditane seguono la teoria del corteo danzando e gettando fiori. Portano incensieri, cetre e lire.
Ambubaje
Apollo torna.
Nubi di fior volino ai zeffiri, l’Iri baleni nell’etere.
Apollo torna, e con esso
tutto un esercito in danza.
Il corteo s’arresta fra fluttuazioni contrarie.
Popolo
Avanti! Avanti, olà!
Apollo torna.
Avanti!
Gobrias
Torna Onesimo dai campi.
Popolo
Largo alle schiere, largo!
Gioja! Gioja!
Pretoriani
Largo! Largo! Sgombrate!
Si ristabilisce l’ordine di marcia del corteo.
Ambubaje
Al colle! al colle!
al colle!
La marcia nuovamente impedita s’arresta.
Popolo
Fermi, olà!
Altri
Avanti! Avanti!
Voci diverse
Largo!
Largo al corteo!
Olà! L’amazzone
greca s’avanza. Largo agli Augustani!
Giunge l’exaforo. La via sgombrate!
Il corteo si rimette in marcia. Preceduto dalle fanciulle Gaditane, passa un gruppo di Phalangarii. Portano sulle spalle un fèrcolo su cui si innalza una statua di rame, rappresentante una Amazzone.
Tutti
Apollo!
Gobrias
L’orco già da’ piè mi tira.
Le fila del corteo si spezzano ancora.
Tigellino
L’exaforo s’appressa, ivi ti crede
il popolo clamante.
Odi le grida, scuotiti.
Plebe
Ei vien!
È giunto là!
Avanti! Gioja!
Dositèo
È là! È là! S’appressa!
Fendiam la calca! Ei vien!
Nerone
Mi lascia.
Gobrias
Ei torna, è salvo il Dio dei Circo!
Tigellino
L’eneator t’annuncia.
Plebe
È là!
È salvo il Dio dell’Odeo!
Qui si ristabilisce ancora una volta l’ordine di marcia del corteo. Passa una turba confusa d’Armeni, d’Etiopi, d’Indiani, di Greci, d’Egiziani. Passano alcune schiere di soldati ausiliarii coi braconi alla barbara e passano dei Rheti e dei Galli.
Gobrias
Roscio risorto! Novello Turpione!
Dositèo
Tu snidi il Nilo, fendi l’istmo, instauri
la terra e il mar.
Gobrias
Trionfator d’Armenia!
Popolo
Trionfator!
Eccelso!
Bello!
Forte!
Silenzio! È sacro il coro.
Passano Ambubaje e Augustani.
Ambubaje e Augustani
Ave, Nerone, voce di Ciel,
beata Roma che t’ode!
Canta, Apollo,
canta l’ode d’amor non prima udita dal mondo!
Nerone
Ecco, rinasco
libero e forte. Andiam!
Tutti
Ave, Neron!
Canta l’ode d’amor!
Passano tre decurie di Guardie Germaniche. Fra le file dei soldati circolano parecchie Ambubaje o camminano appajate ai soldati giojosamente. Frattanto si avanza un carro, tirato a mano da quattro schiavi, dove sono accatastati degli attrezzi teatrali. Dietro al carro e d’intorno camminano gli Artisti Dionisiaci che indossano le loro vesti teatrali.
Tigellino
Corri al trionfo!
Affàcciati alla plebe!
Nerone
Ascolta.
Tigellino
Or su.
Nerone
fa per avviarsi ardito verso l’Appia, s’accorge di passare sulle zolle dov’è sepolta l’urna e indietreggia.
Ah! dove passo!
Tigellino
Corri dritto alla mèta.
Dionisiaci
L’ebra Mimàllone già diè fiato alla Bacchica tromba,
doma un giogo di fior la lince; le Mènadi ardenti
«Evion!» gridano ed «Evion!» l’eco remota ripete.
Nerone
Cantano i versi miei.
Tutti
Evion! Evion! Evion! Evion!
Entra l’exaforo che s’avanza lentamente. I littori che lo precedono, coi fasci laureati, respingono la folla. L’exaforo è portato da sei schiavi Etiopi, una corona di giovinetti Asiatici lo circonda e una torma di Pretoriani a cavallo lo segue.
Augustani e Dionisiaci
Ave, Neron, tua lieta stella splende.
Tigellino
spinge Nerone verso la folla plaudente, poi corre sull’Appia e comanda ai littori:
V’arrestate.
Voci
Chi è là?
Gobrias
Apri il velario.
Alcune voci
Chi è là?
Altre voci
Apri il velario.
Altre ancora
È Tigellino.
Lo Schiavo ammonitore
Fortuna a tergo!
Nerone
in tunica di jacinto e d’oro irradiato dai primi raggi del sole
No! Fortuna in fronte!
Un grido di gioja irrompe dalla folla.
Tutti
Evion! Evion! Ah! Gioja! Gioja!
Almo Sol! Alma Roma! Ave, Nerone!
I giovinetti Asiatici schiudono le cortine della lettiga, mentre d’intorno a Nerone piovono fiori e nastri e fronde di palma e ghirlande, fra le grida e gli squilli del trionfo.
Tutta la scena è irradiata dal sole.
Atto secondo
Il tempio di Simon Mago
È un tempio sotterraneo; visto nel senso longitudinale appare diviso in due parti. Un’ampia cortina, tesa fra due pilastri addossati alle spalle d’un arco trasversale, separa il sacrario, riservato ai sacerdoti ed ai loro misteri, dalla cella ove pregano i fedeli.
La cella è affollata da gente d’ogni classe e l’ogni paese: Matrone adorne di ricchissime vesti, portanti in capo una preziosa mitella od altre acconciature sfarzose; schiavi in rozza tunica, e, fra questi, alcuni colla fronte segnata dallo stigma dei fuggitivarii; qualche liberto in pomposa lacerna dissimula, sotto dei nèi artificiali, gli sfregi del volto; eleganti cavalieri ed aurighi d’ogni fazione. Di fianco all’ingresso un mercante d’idoli ed un venditore di tavole votive spacciano la loro merce. Un tempiere sta presso al vassojo delle offerte.
D’un tratto la cortina si spalanca e si scopre agli occhi dei fedeli il sacrario. Tutti coloro che stanno nella cella s’inginocchiano. Simon Mago, in manto e tiara d’argento, col petto scintillante di gemme, sta sulla gradinata dell’altare e fra le mani, coperte d’un drappo prezioso, tiene alto levato un calice d’oro. Un raggio fulgidissimo scende dalla volta del tempio e illumina tutta la persona del Taumaturgo. Due sacerdoti situati più basso sostengono, sotto il calice, un bacino d’oro. Altri otto sacerdoti sono scaglionati sugli altri gradini fra le statue policrome, e la loro immobilità è tale che si confondono con queste. Quattro flabelliferi ergono dietro il Mago i loro flabelli di piume bianche; due hieroduli reggono, colle braccia alzate al disopra del capo, due urne d’oro da cui vaporano degli aromati fumanti. Un altro innalza un vaso di bronzo su cui arde una fiammella turchina, un altro tiene aperto davanti al petto un dittico dove sono tracciati dei simboli.
Ai piedi della gradinata stanno schierati alcuni giovanetti con delle grandi arpe e delle cetre e dei sistri. Presso i pilastri dell’arco sono appostati due tempieri, e nel centro dell’arcata Gobrias (giovane discepolo di Simon Mago) e Dositèo, vecchio sacerdote, stanno rivolti verso la folla.
Nella cella i devoti guardano, in atto d’ansiosa aspettazione, il calice raggiante.
D’un tratto un largo fiotto di sangue trabocca spumeggiando dal calice e cade nel bacino sottoposto. Nello stesso momento sorge dal braciere ardente una densa colonna di fumo che invade il sacrario e nasconde Simon Mago alla vista dei credenti. La cortina si chiude; Dositèo e Gobrias sono rimasti al di là della cortina, sul limitare della cella.
(Nella cella)
I Fedeli
inginocchiati
Stupor! Portento!
Gobrias e Dositèo
È compiuto il Mister.
I Fedeli
alzandosi disordinatamente
Miracolo! Simon al ciel volò!
Gobrias
Preci ed offerte.
Il tempiere gira fra i fedeli con un piatto per raccogliere le offerte.
Alcuni Fedeli
Proàrche, Bythos, Sigeh, Logos, Anthropos,
Zoè, Noùs, Ecclesia, Eccelsa Ogdoade;
Gobrias entra nel sacrario seguito da Dositèo.
Tutti
Noi t’adoriamo.
(Nel sacrario)
Simon Mago
a Gobrias, mentre i fedeli continuano a cantare il loro salmo.
Odi il fedel gregge mugghiar
l’incomprensibil càbbala al ciel.
Alcuni Fedeli
Profondo Abisso, imperscrutata origine
degli Enti primi e immenso mar degli Esseri;
Tutti
Noi t’adoriamo.
Gobrias
colla tazza in mano e con piglio ilare appressandosi a Simon Mago
Vedi il festin sacro brillar!
Sul lettisternio profuso è il vin!
Tempra il falernio succo la neve;
voglio al divin scifo libar.
Corre al desco ove coglie una tazza già piena e poi ritorna nel gruppo. Dositèo lo segue e lo imita.
Ma pria dal vergine labro si deve
a un Dio propizio la prima aspergine…
con comica ipocrisia
(pio sacrifizio che il suolo irrora)
Inclina leggermente il labro della tazza verso terra in atto di burlesca devozione e sparge qualche goccia di vino, poi ripiglia con Dositèo e Cerinto:
ma poi ch’è greve il nappo ancora,
l’àugure beve dietro l’altar.
Tracanna tutto il vino d’un fiato.
Alcuni Fedeli
Per te preghiam, per te che gemi e sanguini
nell’ombra eterna, agitabonda Prùnikos!
Simon Mago
Zitto!
Gobrias
Siam ilari, si beva!
Ribeve.
Dositèo e Cerinto
Zitto!
Alcuni Fedeli
In te speriam, in te, Divin Paràklito,
disceso in terra col celeste Pneuma.
Simon Mago
Zitto!
Gobrias
S’esilari l’alma! Si beva!
Tutti
In te speriamo.
Simon Mago
S’ode ancor l’inno.
Gobrias è corso a spiare attraverso la cortina.
Alcuni Fedeli
In te crediam, nel tuo Mister, nel calice
cruento che in tua man fervendo imporpora.
Simon Mago
a Gobrias
Che tenti?
Tutti
In te crediamo.
Gobrias
Esploro.
Alcuni fedeli, nella cella, appendono degli ex-voto alle ginocchia dell’idolo, altri depongono delle monete nel piatto delle offerte che sarà portato in giro dal tempiere. Un vecchio coi capo coperto da un palliolum che gli ripara anche le spalle, e sorretto da uno schiavo, sale sul basamento dell’idolo.
Gobrias
sempre spiando
Guarda! Essi appendono votive tavole.
S’ode un tintinno d’argento e d’oro.
Simon Mago
Favole attendono, vendiam lor favole.
Gobrias
Presso la statua, sul plinto sacro
del Nume un vecchio parla.
Simon Mago
Che chiede?
Il Tempiere
Date le offerte.
Gobrias
Parla all’orecchio del simulacro.
Simon Mago
Oh! quant’è fatua dell’uom la fede!
Paura e speme e il Tempio impera.
Alcuni Fedeli
Dell’effigiato Nume il bronzo o l’èbure
per te cammina, profetizza e palpita.
Gobrias e Cerinto
Cingiam la chioma coll’eliocriso.
Simon Mago
Nostro è chi teme, nostro è chi spera.
Tutti al miracolo che li conquide
drizzano i volti, l’animo e il canto.
Pregate, stolti! Pregate! Intanto
l’àugure ride dietro l’altar.
Tutti
Noi t’adoriamo!
Gobrias beve presso il lettisternio.
Gobrias e Dositèo
alternatamente
No, senza riso non posson gli àuguri
guardarsi in viso.
Gobrias tracanna, poi corre al desco e s’incorona comicamente brillo con una ghirlanda di fiori gialli.
Cerinto
a Gobrias
Ah! Ah! Ah! Bevi!
Simon Mago
No, no, non ber! Pazzo cervel
pronto a celiar.
Alcuni Fedeli
Noi t’adoriamo!
Gobrias
Vo’ ber! Mio dritto quest’è! Vo’ ber!
interrompendosi
Cerinto
No, non dêi ber!
I Sacerdoti
Zitto laggiù!
Simon Mago
Zìtto! Lo scempio cessiam!
Gobrias
Mio dritto
quest’è.
Alcuni Fedeli
Proàrche, Bythos, Sigeh, Logos, Anthropos,
Zoè, Noùs, Ecclesia, eccelsa Ogdoade;
Simon Mago
Nel tempio ci ascoltan.
I Sacerdoti
Zitto!
Un gruppo di sacerdoti circonda Gobrias, tentando strappargli la tazza di mano; egli colle braccia alte la difende. Cerinto, Simon Mago e Dositèo non fanno parte del gruppo che assedia Gobrias.
Tutti
Noi t’adoriamo!
Il salmo nella cella è cessato; ritorna la calma anche nel sacrario.
Simon Mago
a Gobrias
Non cantan più. Tu scaccia quelle genti
pria che giunga Nerone.
Gobrias corre allegramente verso la cortina che divide la cella.
A Dositèo
Spegni le faci. Arda il sulfureo cero.
A Cerinto, indicando il manto e la tiara
Riponi quella spoglia.
Gobrias
sul limitare della cella, rivolto alla folla
Ite, credenti, e nel varcar la soglia
inchinatevi al Genio dell’Impero.
I fedeli si alzano, s’inchinano davanti la statua di Nerone, alcuni vanno a baciare i piedi dell’idolo, altri abbassano il capo davanti la colonna del serpente di bronzo e tutti escono dalla porta a sinistra. Intanto Dositèo eseguisce gli ordini di Simon Mago: spegne i lumi, accende un cero che sparge una luce verdastra e lo colloca ai piedi della gradinata.
Simon Mago
a Dositèo
Dositèo,
precedimi nell’antro ond’io riempio
d’oracoli la cella.
Sovra l’altare, iridescente stella,
scintilli il prisma.
Gobrias, rimasto immobile sul plinto, corre a spiare dalla porta del fondo.
Ai citaredi ed ai sistrati
E voi dall’ipogeo
suscitate gli arcani echi del Tempio.
Dositèo e tutti costoro escono dalla porta bassa dell’antrum.
Gobrias
accorrendo nel sacrario
Giunge Nerone.
Simon Mago sale l’altare mentre Gobrias svuota un simpulum di vino. Gobrias ripone il simpulum nel recipiente del vino e sale a salti la gradinata.
Simon Mago
Tu qua ti nascondi.
Apre l’uscio segreto e indica a Gobrias il nascondiglio dietro l’altare.
Se il tuon del bronzo romba
smuovi quel fulcro e tutto si sprofondi
l’altar nella sua tomba.
Gobrias penetra nel nascondiglio. Simon Mago chiude l’uscio segreto su Gobrias, poi ridiscende ed esce dalla porta dell’antrum. Ritorna subito dopo tenendo Asteria Per mano. La porta laterale della cella si spalanca e discopre un’ala sontuosa ove si scorgono Nerone, Tigellino, Terpnos, e dietro d’essi alcuni Pretoriani e una decuria di Guardie Germane. Nerone e Terpnos entrano nella cella, la cui porta subito si richiude.
Simon Mago
ad Asteria
Su quell’altar tu dêi salir.
Asteria
Travolta
son ne’ misteri tuoi, ti seguo e tremo.
Simon Mago
Nerone qui t’adorerà. Lo ascolta.
Asteria
Oh, sogno mio supremo! Oh, sogno mio!
Nerone
accompagnato sulla cetra da Terpnos, canta:
Un supplicante attende e prega
che il sacro vel per lui si schiuda.
Simon Mago
Lo ascolta! Ei già t’implora.
Asteria
Ma sull’altar perché
tu aderger vuoi queste membra mortali?
Simon Mago
salendo la gradinata e conducendo a forza Asteria riluttante insino all’altare
Non indagar. Sali al tuo sogno! Sali!
Asteria
Pietà!
Simon Mago
Sali con me! Sali con me!
Nerone
Placata alfin Ramnusia, in terra,
indulga; arrida Asteria in ciel.
Nerone, con un gesto appena accennato, congeda Terpnos che esce tosto dalla porta d’onde è entrato. Nerone rimane ginocchioni ad aspettare a capo chino, toccando amuleti appesi al petto e applicandoli alla fronte.
Asteria
Ei m’ha nomata!
Simon Mago
sottovoce
Egli la Dea ti crede
che sulla notte e sui terrori ha regno.
Bada a te! Se ti sfugge solo un segno
di tua mortalità, se scosti il piede
da quest’ara e dal raggio che t’indìa,
tutto crolla.
Asteria
Mi danni alla tortura!
Simon Mago
dopo aver cercato con un gesto di far tacere Asteria, le chiude colla palma la bocca.
Nell’antro ov’io m’ascondo
tutto vedrò ed udrò. Tu, schiava mia,
ravviva in lui la speme o la paura
e tuo schiavo sarà chi ha schiavo il mondo.
Simon Mago scende. Asteria è rimasta sull’altare, soggiogata dalle Parole di Simon Mago, appoggiata all’ara, immobile.
Simon Mago schiude un poco la cortina e passa nella cella. Non rimane altra luce che quella del cero e del braciere ardente; anche la fiamma dell’ara è spenta.
Simon Mago
a Nerone, dopo socchiusa la cortina
T’è concesso varcar l’occulta soglia.
Nerone s’incammina, arriva sino al limite del sacrario e fa per entrare, ma Simon Mago lo arresta.
Simon Mago
affrettatamente
Erri. Col destro pie’.
Nerone s’arresta sgomento e corregge il passo, ma non varca ancora la soglia.
T’inchina.
Nerone s’inchina.
Passa.
Nerone varca la soglia.
Simon Mago
Gli sguardi abbassa.
Il tetro ammanto spoglia.
Nerone, a capo chino, eseguisce tutti i comandi di Simon Mago. Simon Mago lo conduce, tenendolo per mano, davanti allo specchio magico. La fioca luce del sacrario non arriva a illuminare Asteria.
Simon Mago
Ecco il magico specchio in cui rifrange
sua luce astrale l’infinito Abisso:
Solo uno sguardo intensamente fisso
giunge a discerner la spirtal falange.
Qui la vedrai, se tieni gli occhi intenti,
in quei baglior di porpora e d’elettro.
Poscia, indicando lo scudo appeso accanto allo specchio e la mazza di ferro, soggiunge:
E se uno spettro appar che ti spaventi,
Batti quel bronzo e sparirà lo spettro.
Abbandona Nerone, solo, davanti allo specchio magico ed esce dalla porta dell’antrum.
Un raggio iridescente scende dalla volta del Tempio e illumina Asteria la cui immagine si riflette nello specchio.
Nerone
Ah! sparisci!
Atterrito, impugna il maglio di ferro e sta già per colpire lo scudo, ma subito s’arresta.
No… No. Sei del miraglio
l’illusion.
Avvicina lo smeraldo all’occhio.
Ma ben ti raffiguro.
Strano mister. Par specchiato sembiante.
S’avvicina, con intensa curiosità, allo specchio e lo tocca; abbandona lo smeraldo.
Ah! qual pallor sul suo volto… e sul mio!
Vediam.
Si volge e vede Asteria sull’altare.
Ahimè!…
Inorridito fugge verso l’angolo opposto a quello dello specchio e si copre gli occhi colle mani.
Non m’accecàr!
Porta la mano destra alle labbra in segno d’adorazione e, senza osare d’alzare gli sguardi, si avvicina ai piedi della scalea e bacia il primo gradino.
Tremenda
protettrice dei morti! Un giorno in Tauri
tu promettesti pace a un matricida.
La stessa grazia imploro;
inginocchiato su d’un ginocchio solo
al par d’Oreste
io non senza cagion la madre uccisi.
Dal suo spettro mi salva!
Ripiomba col volto sulla gradinata dell’altare.
Asteria
sempre immota, fissandolo, con un accento languido di sogno
Sorgi e spera.
Nerone
sollevando la testa e gli occhi a poco a poco insino ad Asteria
Oh! come viene a errar presso il mio core
la voce tua! Al par d’un bronzo echèo
risponde il core.
Sorge lentamente e, guardando Asteria, si toglie dal collo il monile di smeraldi; mentr’egli compie quest’atto, Asteria con eguale lentezza e cogli occhi fissi su Nerone si toglie dal collo le serpi avvolte e le lascia cadere nella cista mystica che le sta d’accanto.
Nerone
Tu dal sen disnodi
la vivente lorica, io surgo e getto
l’offerta ai piedi tuoi.
Getta la collana di smeraldi sul tripode dell’altare, alla portata della mano d’Asteria. Poi, seguendo con lo sguardo le movenze d’Asteria, prosegue:
Ecco; la Dea si china.
Coglie il monil e il sen s’ingemma. Bella
fra i lividi smeraldi!!
Scendi! Scendi!
Sul sognator de’ prodigiosi imeni!
Come sciolta dal ciel cade una stella
scendi vêr me, Selène! Ecate! Asteria!
Vago Eòne lunar! Magica Iddia
dai mille nomi, scendi! Ognun di quelli
sarà un nome d’amor!
Ma immota resti,
Dea degli alti silenzi, al par dell’astro
d’onde tu migri nell’ore incantate.
No… nel tuo cor… sangue umano non pulsa
ma il freddo icore de’ Celesti. Guarda!
Io… rapito dal senso, amor spirante,
t’imploro…
S’è gettato sui gradini dell’altare sempre cogli occhi fissi in Asteria e colle braccia tese verso di lei. Essa rimane immobile presso all’ara, colla testa arrovesciata; come irrigidita dall’estasi.
Oh! duolo! Una Immortal tu sei!
Donna ti voglio e anelante nei fremiti
fieri del bacio! Ah! ch’io non maledica
la tua Divinità! Già il sacrilegio
portai su Vesta, allor che a forza avvinsi
Rubria, vergine sacra, a pie’ dell’ara…
Asteria si lascia sfuggire un breve grido. Nerone s’è rialzato e prosegue:
Ma delitto più nuovo e assai più forte
consumerò!
Si slancia, salendo tre o quattro gradini, per afferrare Asteria. Scoppia un fragore spaventoso come di bronzo terribilmente percosso e s’ode dalla bocca spalancata del mostro che sorge dalla parete dell’antrum,
La voce dell’Oracolo
Nerone-Oreste!
Nerone
Asteria!
Nello stesso tempo s’è spento il raggio che illuminava Asteria. Il sacrario ripiomba nell’oscurità.
Nerone ricade come fulminato sulla gradinata. Asteria, lentamente, scende qualche gradino, s’avvicina a Nerone, chinandosi a poco a poco, gli si rannicchia d’accosto, mezzo prostrata, mezzo seduta; i due corpi si toccano. I loro volti riverberano, fra le tenebre, la livida luce del cero e il riflesso della bragia.
Asteria
come sognando
Cieca la salma nell’orror ripiomba…
L’alma sull’alta vetta erra dell’estasi.
Sparir le larve della vita… turbina
l’orbe… m’invade il ciel…
Nerone
lentamente fra le parole di Asteria
Passa una bieca ora di febbre… un sogno…
Sento… nell’aura cieca… in fondo all’ebbre
parvenze il lento incubo nero. Oscilla
al par delle spiranti anime il cero.
Lungo l’altar bagliori erranti volano…
La voce dell’Oracolo
Nerone, fuggi!
Nerone
Mugola un tetro suono entro il sacrario.
L’aura s’annugola ed ulula il tuono.
Ma tu il nefario orror distruggi, Asteria;
fida guardia tu se’.
La voce dell’Oracolo
Nerone, fuggi!
Nerone
senza sgomento, ad Asteria, con lentezza estatica
L’oracol grida invan su me, non temo.
sorridendo sicuro
Vedi, riverso giacio agonizzando
sotto i tuoi piedi… Ah! dammi il bacio… il bacio
blando… lento… che muor col sogno e bea
l’alma… e dissonna il senso… Oh! Amore…
Asteria
Oh! Amor!
Si baciano.
La voce dell’Oracolo
sempre più tuonante
Fuggi, Neron!
Nerone
balzando in piedi, ad Asteria, terribilmente
Sciagura a te! Sei Donna!!
Asteria sviene sui gradini dell’altare.
La voce dell’Oracolo
Fuggi, Neron!
Nerone, in agguato, guarda attentamente dalla parte dell’antrum.
Nerone
sottovoce, origliando
Spiato son, là.
La voce dell’Oracolo
Fuggi,
Neron!
Nerone
scendendo dalla gradinata, rivolto verso l’antrum
Ruggi, Simon!
Afferra il cero e corre a cacciarlo violentemente, dalla parte della fiamma, nella bocca dell’Oracolo.
Dositèo
Aìta!
Nerone
ridendo
È colto!
Dietro la parete, attraverso una grande lastra di fengite, che si confondeva cogli altri marmi, traspare un grande chiarore.
Nerone
Traspar la vampa! Il chiostro insidioso
crolli!
Impugna la mazza di ferro e con un colpo violento spezza la lastra di fengite che cade in frantumi. Attraverso lo squarcio della parete si scorge Dositèo, svenuto sul pavimento dell’antrum, colla barba e le vesti in fiamme.
Ah! Ah! Ah! È Dositèo che arde!
Accorrono sacerdoti a spegnere le fiamme sul corpo di Dositèo e con grande agitazione lo trasportano in parte non vista del sacrario, a destra.
Nerone
corre nella cella, ne spalanca la porta centrale, chiamando:
Pretoriani!
Entrano tosto Tigellino, i Pretoriani, la decuria della Guardia Germana, Terpnos e i servi colle faci.
Nerone
strappando le cortine del sacrario e gridando, invaso da un gajo furore;
Accorrete! Ecco! Mirate!
Squarcia il velo del sacrario.
Squarciato è il vel dei Tempio! Ah! Ah! si rida!
Non vi sfugga Simon, ei là s’asconde.
Indica l’antrum. Tutti vi si precipitano, chi dall’uscio e chi dallo squarcio del muro. Terpnos ha deposta una face accanto allo specchio. Nerone resta solo nel sacrario e colla mazza che gli è rimasta in mano continua allegramente l’opera di distruzione. Si scaglia per primo contro l’idolo-automa.
Nerone
Guerra agli Dei!
S’allegra il gioco!
Vediam che n’esce!
Vediam, vediam!
E con un colpo di maglio lo decapita e lo atterra. L’idolo cadendo agita te braccia dinoccolate, si rompe e n’escono i congegni interni.
Nodi, rotelle! Macchine da scena!
Intanto Gobrias è uscito dal suo nascondiglio e, mezzo assonnato e barcollante, contempla con grande stupefazione, dall’alto della gradinata d’ond’è sbucato, la ruina del sacrario, mentre Nerone atterra un’altra statua.
Gobrias
Eh! son briachi… (incespica) i Numi!
Nerone
D’onde sbuca costui?
Gobrias
Da quest’altare,
come il sorcio ridicolo del monte.
Nerone
Ebbrioso compar, tu assai mi piaci;
t’ascrivo al mio Teatro.
Gobrias s’inchina e scende incespicando.
Grida dall’antrum
Al fiume! Al fiume!
Rientrano tumultuosamente Tigellino, i Pretoriani, Terpnos, le Guardie Germane col loro Decurione, conducendo Simon Mago colle braccia legate.
Nerone
a Simon Mago, deridendolo
O Gran Verbo di Dio!
al Decurione
Libero ei sia;
costor dai ceppi han gloria.
a Simon Mago
O Paracleto!
Già udii narrar di te che t’ergi a volo
nell’aria. (ride) Ebben, ah! ah! tu volerai
nel Circo il dì delle Lucarie.
Simon Mago
sciolto dai ceppi
Sì.
Purché il sangue Cristian scorra in quel giorno.
Nerone
Tutto, purché tu voli.
al Decurione, indicando Asteria che s’è riavuta:
Decurione!
Questa, degli angui amor, falsarda Erinni,
incubo dei sepolcri, a morte! A morte
nel vivario dei serpi!
Il Decurione e due Guardie afferrano Asteria.
Asteria
dibattendosi angosciosamente
Invan mi danni!
E mentre la trascinano fuori dal Tempio ripete con accento disperato:
Non morirò. Ma deh! per grazia, uccidimi!
Io non son che una povera errabonda
sposa di serpi; alla mia razza il tosco
non è letal, mi cerca un’altra morte.
Liberati da me, perché, se vivo,
ti seguirò così, sempre, rapita
dal volo del tuo turbine, travolta
dal gurge tuo, perché il mio Dio tu sei,
perché t’adoro!
Nerone
Vedremo! Al vivario!
Asteria è trascinata dai Pretoriani e dalle Guardie Germane fuori dal Tempio. Il coro la insegue minaccioso.
Coro
Al vivario! al vivario! a morte! a morte!
Nerone
piglia la cetra dalle mani di Terpnos, sale sull’altare ed esclama:
Or che i Numi son vinti, a me la cetra,
a me l’altar!
Gobrias prende dalla mensa una corona d’alloro e gliela porge. Nerone s’incorona. Gobrias, Tigellino, Terpnos, i Pretoriani si schierano davanti all’altare.
Io canto.
S’atteggia come l’Apollo Musagete e incomincia a preludiare.
Atto terzo
L’orto
L’orto dove s’adunano i Cristiani, nel suburbio di Roma, è illuminato dagli ultimi riflessi del tramonto. A sinistra v’è un casolare con un vasto pergolato sostenuto da quattro colonne. A destra v’è una fonte rustica sul cui margine di pietra è deposta una ciotola e un’idria. Poco discosto v’è un sedile di rozzo legno. Dietro alla fonte, e d’intorno, le zolle fiorite formano una leggera prominenza. Nel fondo s’estende un uliveto. Sotto la pergola vi sono due tavole; una di queste ha la forma d’un sigma lunare e porta i resti d’una cena frugale, l’altra è di quelle che servono ai coronari per intessere ghirlande ed è piena di fiori e di fronde. Intorno a questa tavola stanno sedute parecchie donne ed alcuni fanciulli. Dall’altro lato alcuni Cristiani circondano Fanuèl il quale è appoggiato al margine del fonte. Un’aura di soave pace è diffusa su questa umile gente e sull’orto. Un’immensa attesa riempie le anime.
Fanuèl
in atto di chi continua una narrazione
E vedendo le turbe ad udir pronte
salì sul monte,
le benedisse
e disse:
– Beati i mansueti,
perché saranno della terra i Re.
Le Donne cristiane
ripetono sommessamente:
Beati i mansueti.
Fanuèl
Beati quei che piangono, perché
saranno lieti.
Le Donne
Beati quei che piangono.
Fanuèl
Beati quei che vivono in desìo,
perché li udrà il Signore.
Gli Uomini
Beati!
Fanuèl
Beati quelli che hanno puro il cuore,
perché vedran la gloria dei Signore.
Tutti
Beati!
Fanuèl
E beati, fra l’anime fedeli,
tutti gli afflitti, i poveri, gli oppressi,
perché per essi
è il Reame de’ Cieli.
Tutti
Beati!
Rubria esce dal casolare con una lampa in mano; è seguita da Perside e da fanciulle che portano in grembo dei fiori sciolti e li depongono sulla tavola insieme agli altri. Tutte le donne si radunano intorno ai fiori. Alcuni uomini vanno accanto alle donne, altri entrano nel casolare, altri si disperdono nell’orto. Fanuèl, appoggiato ad una colonna della vite, guarda Rubria. Incominciano a spargersi le prime ombre della notte.
Rubria
Vigiliamo. È la sera. Arde la face.
D’intorno ad essa ci aduniamo in pace.
Viene il Signore ma nessun sa quando;
beati quei che troverà vegliando.
Si mette fra le donne ed i fanciulli ad intrecciare ghirlande ed a cantare con essi una canzone.
Rubria, Perside, le Donne
alternatamente
– A me i ligustri,
a te l’allor.
– Tuffiam le industri
mani nei fior.
– A me il ciclame
e l’asfodel,
– l’aulente stame
e il tenue stel.
– Avrem corimbi
d’edera inserti,
– corone e nimbi,
ghirlande e serti.
– A me il viburno
e l’amaranto.
– Rigira il canto
mutando turno.
– Sua gioja espanda
la cantilena
viva e serena
come ghirlanda.
– Oh! date a piene
mani le rose!
– Vigili spose,
lo sposo viene.
– Spogliate i clivi,
le valli e gli orti!
– Fiori sui vivi!
Fiori sui morti!
– Fiori silvani
gialli e vermigli!
– Oh! date gigli
a piene mani!
– Casto segreto
d’amor ci leghi.
– Canti chi è lieto,
chi è triste preghi.
– Lieto è chi muore
nel Dio verace.
– Amore!
– Fede!
– Amore! Amore!
– Speranza!
Asteria
fievole, dal fondo
Pace.
Alcuni Cristiani
sommessamente
Risponde il ciel!
Tutti
chinandosi e giungendo le mani
Adoriamo!
Fra gli alberi dell’uliveto si scorge una figura nera che s’avvicina lentamente. È Asteria.
Alcune Donne
Un fantasima!
E fuggono tutti, tranne Fanuèl e Rubria.
Asteria s’avanza come persona esausta e dolorosa. Giunta sul limite dell’uliveto s’appoggia al tronco d’un albero, guardando il casolare. Le sue vesti sono lacere, non porta più le serpi intorno al collo; mormora, gemendo, parole interrotte.
Asteria
Di pace… una dolente… a lor favella…
crudeli… ed essi fuggono.
Rubria
ode i fievoli lamenti, accorre ad Asteria, la sorregge pietosamente e la conduce a sedere presso la fonte dicendo:
Sorella,
che hai? tu gemi!… Dimmi la tua pena.
Oh! come tremi!
Asteria
vede il volto di Rubria rischiarato dalla lampa.
Dolce Nazzarena!
Sì… tu se’ quella che il mio duol lenivi
sull’Appia, orando, un dì, nella quiete
dell’alba… T’ho cercata tanto!… Ho sete…
Rubria fa cenno a Fanuèl, il quale s’affretta a riempire la ciotola coll’acqua dei fonte e gliela porge.
Asteria
sorridendo a Rubria ed estraendo un fiore dal seno
Quest’è un tuo fiore.
Rubria
Bevi.
Avvicina la tazza alle labbra dell’assetata. Asteria beve avidamente.
Arsa languivi.
Mentre Asteria alza le mani per sorreggere la tazza, si vedono le sue braccia ferite e sanguinanti.
Tu spargi sangue!!
Asteria
dopo un lungo sorso, senza por mente all’osservazione di Rubria
Oh, il fresco umor dei rivi!
sorridendo languidamente a Rubria e poi a Fanuèl; a Rubria:
Ma tu non sai…
Vengo da dove non s’esce mai vivi…
per salvarti. Per te mi svincolai
dall’amplesso dell’idre…
mostrando le cicatrici
Ecco i lor baci.
Rubria fa per bendare la ferita di Asteria.
Non m’ajutar.
con parola sempre più concitata e ravvivandosi rapidamente
Questi attimi fugaci
serba per te, te stessa ajuta, fuggi!
alzandosi
Fuggite tutti! sulla vostra traccia
vien Simon Mago.
Rubria
Spavento!
Asteria
Distruggi
ogni altra speme che non sia la fuga.
Tremendo egli è! Bene udii la minaccia:
ei vuol sangue Cristiano.
Rubria
a Fanuèl, atterrita
Il tuo!
Asteria si è già allontanata dalla parte dell’uliveto.
Rubria
ad Asteria
T’arresta!
Asteria
con subita veemenza e come spinta da un impeto invincibile
Il riacceso mio dimon mi fuga!
Scompare tra gli alberi dei fondo.
Rubria
s’avvicina a Fanuèl che è rimasto presso al fonte e la guarda, immobile; dopo un momento d’ansioso silenzio:
Fanuèl… Fanuèl!… Parla…. ti desta.
Sàlvati, per pietà! Tu indugi ancora?
Vien! Fuggiam! Fenda il mar l’agile prora
e dia le vele al vento! L’infinita
via del vol s’apre a noi, corri alla vita!
Vieni! mi suscita un Dio quest’alato
impeto pio!…
Fanuèl
fissandola, immoto
Confessa il tuo peccato.
dopo un silenzio
Non parli più? L’alato impeto muore
al solo rammentarne?
Un dì m’hai detto: Ho un peccato nel cuore.
Rubria
interrompendolo
Ed or te ne rammenti?
Fanuèl
A tutte l’ore
m’è quel tribolo fitto entro la carne!
Confessa.
Rubria
No.
Pria fuggiam… poi dirò…
Come potresti or tu quest’affannata
anima interrogar sì che risponda?
Sàtana è là…
nel tenebrore,
vuoi la tua morte…
Fanuèl
Tutto ignoro di te, tutto, anche il nome.
Quando t’accolsi nella fe’ novella
non te lo chiesi, ti chiamai: Sorella.
M’odi; ogni sera, mentre oriam, furtiva
tu ne abbandoni; l’orma fuggitiva
ove ten porti? ove? e perché celarla?
Forse allor corri al tuo peccato? Parla!
Parla! Consenti alfin (ti pregai tanto)
l’alto abbandon del lagrimato errore!
E un’estasi soave in fondo al pianto!
Gobrias
con voce artefatta, nasale, dal timbro bieco (dal folto dell’uliveto)
Pietà d’un cieco che la Grazia implora
del charisma Cristian!
Rubria
inorridita
Sàtana è qui!
Corre disperatamente alla tavola dove arde il lume. S’arresta, guarda intorno, spegne il lume. Poi fra le tenebre ritorna verso Fanuèl.
L’orto è immerso in una densa penombra.
S’intravvedono nel fondo Simon Mago e Gobrias poveramente vestiti. Simon Mago ha il capo coperto da una calàutica i cui lembi sciolti gli mascherano tutto il viso. S’arrestano là dove finiscono gli alberi.
Simon Mago
sottovoce a Gobrias
(Va guardingo, attento esplora; guidami per mano.
Gobrias
Prende la mano dì Simon Mago e risponde sottovoce:
Nessun m’ode, è tarda l’ora. Qui s’attende invano.
Simon Mago
Ricomincia il tuo lamento.)
Gobrias
Ah! Pietà d’un cieco!
Rubria
sommessamente e con grande ansia a Fanuèl che non si scuote
(Non l’ascoltar; quel cieco vagabondo
mi fa rabbrividir. Non l’ascoltar!
Dilaniata strappo dal profondo
cuore il mio grido e non ti vuoi salvar!)
Simon Mago
sempre sottovoce
(Or t’inoltra lento, lento, camminando meco.
Gobrias
si avvicina con Simon Mago al casolare e gira intorno gli sguardi.
Scerno due figure umane chiuse in bruno ammanto.
Simon Mago
Odo un suon di voci arcane, di singulti e pianto.)
Simon Mago
rapidamente a Gobrias e sottovoce
(S’ei mi raffigura,
s’ei mi s’oppone, ad un mio cenno è colto.
Tu corri allor nel Tempio a dar novella
ed agitar, coi nostri, la congiura
dell’incendio. Se ajuto qui m’è tolto,
l’ultima audacia disperata è quella.)
Rubria
disperatamente, ma con voce sommessa
(Mi guardi e taci? Che pensi?
Fanuèl
amaramente
Che penso?
È peccato d’amor?
Simon Mago
(Va quando vedi ch’io mi scopro il volto.)
Rubria
D’amore immenso!
Fanuèl
Questa fu l’ora della grande angoscia!)
S’avvicina, calmo, a Simon Mago, Rubria rimane presso la fonte.
Fanuèl
ad alta voce
Che vuole il cieco?
Simon Mago
a Gobrias
(Parla tu.)
Gobrias
a Fanuèl
La luce
del charisma Cristian.
Fanuèl
terribilmente
Così non sia!
Mago Simon, cieco e de’ ciechi Duce!
Simon Mago
atterrito si scopre il volto e si getta ai piedi di Fanuèl.
Attèrrati a’ suoi pie’, anima mia.
Gobrias s’è allontanato dall’orto. Rubria entra nel casolare e poco dopo n’esce con alcuni Cristiani. Fra gli alberi del fondo si vede un Centurione.
Simon Mago
sempre ai Piedi di Fanuèl continua:
Furar tentai ciò che negasti, or prego.
La colpa mia rinnego,
tu sol mi puoi salvar, morte m’attende.
Un’opra ch’ogni uman segno trascende
Neron m’impone,
non si sfugge a Nerone!
Dove ch’io mova un Centurion mi spia.
Ma tu, Profeta del novello Eòne,
tu, coi portenti della tua magìa,
tu sol mi puoi salvar.
Fanuèl
Così non sia!
Si vedono comparire dall’uliveto due decurie di Guardie Germane col loro Decurione ed alcuni Pretoriani accompagnati da portatori di fiaccole.
Simon Mago
rialzandosi di colpo e indicando Fanuèl ai Pretoriani
A voi l’uom.
I Cristiani
si slanciano contro Simon Mago, gridando:
Morte!
Simon Mago
chiedendo ajuto alle guardie
Olà!
I Cristiani
mentre lo afferrano
Morte a Simone!
Fanuèl
interponendosi, con un gesto pacato, libera Simon Mago dall’assalto; poi dice ai Cristiani:
Non resistete al malvagio. L’esempio
ne diè il Signore. Il Signor sia con voi.
Nessun chieda ragione
se piace a Dio di far possente un empio
per infrangerlo poi.
Simon Mago s’allontana. Fanuèl ripiglia dolcemente:
Vivete in pace, e in concento soave
d’amore, mani aperte alla carezza.
Sia sulle vostre labbra il bacio e l’Ave
e l’allegrezza.
La giornata è compìta
pel fratel vostro e il suo carco depone.
Voi camminate in novità di vita
ed in pienezza di Benedizione.
oscurandosi
Quando torna la sera,
col mesto incanto delle rimembranze,
unite anche il mio nome alla preghiera,
unite anche il mio nome alle speranze.
trattenendo la commozione
V’amai dal dì che il cuor vostro ho raccolto,
non so quale m’attenda ora crudel…
Ma so che più non vedrete il mio volto…
I Cristiani
donne e uomini, gemendo
Fanuèl! Fanuèl!
Fanuèl
s’appressa al margine del fonte, poi soggiunge:
Ed or, fratelli, io tocco questa pietra
come un altar, benedicendo a voi.
I Cristiani
inginocchiandosi sotto il gesto di Fanuèl
Amen!
Fanuèl
entra in mezzo alla schiera dei Cristiani.
V’abbraccio con un bacio santo.
Bacia alcuni uomini ed alcune donne.
Seguitemi cantando un lieto canto.
Si avvia lentamente verso il fondo per darsi in mano alle guardie.
Rubria
mettendosi davanti a Fanuèl, mansueta e piangente
Così tu lasci sulla mia pupilla
la lagrima cocente dell’addio?
Fanuèl
Donna, ho le labbra di mortale argilla.
Passa senza baciarla. Poi, vedendo che Rubria rimane in disparte, lungi dalla schiera che lo segue, soggiunge:
Qui sola resti?
Rubria
subito, con voce appena sensibile
Sì.
Fanuèl
rivolto ai Cristiani che lo accompagnano
Cantate a Dio!
Le donne hanno raccolti tutti i fiori e li spargono davanti i passi di Fanuèl, cantando e allontanandosi fra gli alberi dell’uliveto.
Rubria
con impeto e con tutto il fervore dell’anima, spargendo fiori davanti i passi di Fanuèl
Oh! date a piene
mani le rose!
interrompendosi con un singulto di dolore
I Cristiani
Vigili spose!
Perside
Spogliate i clivi,
le valli e gli orti!
Fiori sui vivi!
Rubria è rimasta sola nell’orto. Il canto s’affievolisce allontanandosi.
I Cristiani
allontanandosi
Fiori sui morti!
Fiori silvani
a piene mani!
Casto segreto
d’amor ci leghi.
Canti chi è lieto,
chi è triste preghi.
Rubria
dopo aver seguito collo sguardo il cammino dì Fanuèl
Sì, per salvarti. Ma il mio sogno è infranto.
S’accosta al margine del fonte e bacia il posto della pietra toccato da lui. Si rialza. Tende l’orecchio verso la canzone cristiana che si sperde sempre più nella lontananza.
Un sogno santo! un dolce sogno fu!
Laggiù, lontan, nella canzon che muore,
l’odo ancor…
La canzone lontana
Lieto è chi muore
nel Dio verace.
Amore! Fede!
Amore!…
Rubria
L’odo ancor… e canta: amore!
Amore!…
sforzandosi d’afferrare gli ultimi suoni
L’odo ancor…
dopo un lungo silenzio, angosciosamente
Non l’odo più!!!
E cade ginocchioni.
Atto quarto
Il Circo Massimo
Parte prima
L’Oppidum
Si vede l’interno dell’Oppidum fra i suoi grand’archi centrali, quello di destra che sbocca nell’arena e quello della porta pompae, a sinistra, che s’apre verso il Foro Boario.
In questo grande atrio ha sua foce un criptoportico che si prolunga nel fondo seguendo la lieve curva della fronte del circo; è chiuso, alla diritta di chi guarda, dal muro delle carceri, e la sua parete a mano manca è popolata di botteghe e di taverne. Nella stessa parete, leggermente concava, si scorgono i primi gradini d’una scala interna che ascende alle precinzioni più alte.
Presso all’arco che sbocca nel Circo si vede internarsi nel muro, di prospetto, il primo ramo d’una scala che sale al podio.
Un’ampia nicchia, fiancheggiante la porta pompae, accoglie la famosa scultura Rodiana che rappresenta Zeto ed Anfione in atto d’avvincere Dirce alle corna d’un toro Inferocito.
La viva luce diurna entra dall’arco esterno nell’Oppidum.
Al pilastri degli archi è affisso l’editto dei giuochi.
Vortici di folla irrompono da ogni lato. La maggior calca ferve intorno ad una quadriga; quivi le fazioni del Circo si affrontano levando grida di trionfo e d’ira, agitando toghe e cappelli e pezzuole verdi ed azzurre. Parecchi brandiscono degli stili, altri minacciano colle pugna gli avversarii. L’Auriga, che ritorna vittorioso dalla gara, porta i colori di parte prasina, ha le redini attorte dietro la schiena e i cavalli rivolti nella direzione del criptoportico, impugna un coltello per difendersi dagli assalitori.
I Verdi
Gloria! Vittoria!
Gli Azzurri
Morte! Morte! Infamia!
I Verdi
Scorpus! Gloria del Circo! A te la palma!
Gli Azzurri
Furasti con perfida frode,
furasti con perfida gara
la palma cruenta.
I Verdi
Vittoria!
Vittoria!
La folla vociferando segue la quadriga e s’interna nel criptoportico. Simon Mago, seguito a distanza dal suo Centurione, incontra Gobrias che viene dall’arena.
Gobrias
a Simon Mago, scherzosamente, coll’inflessione particolare di chi parla ridendo
I Verdi han vinto, è salva Roma.
Simon Mago
sottovoce a Gobrias
Ebben?
Gobrias
sottovoce, dopo essersi appressato a Simon Mago, e rapidamente
Siam pronti. La fune incendiaria
scoppierà verso il Celio.
Simon Mago
sottovoce
E chi la scaglia?
Gobrias
Asteria.
Simon Mago
con accento di grande sorpresa
Asteria?
Gobrias
Sì. Viva la trassi
dal baratro de’ serpi ed or ti giova.
Simon Mago
M’odia, mi tradirà.
Gobrias
con accento di chi rassicura
Ama i Cristiani,
vorrà salvarli e te salva con essi.
Simon Mago
dopo un momento di riflessione
Sai l’ordine de’ giuochi?
Gobrias
indicando l’editto affisso ai pilastri della porta pompae ed avviandosi a leggerlo
È là, si legge.
Dal fondo del portico sopraggiungono alcuni gladiatori armati per combattere e disposti in ordine di parata; divisi per coppie, preceduti da quattro Eneatori con trombe, da un porta-insegne, dal Lanista e da un servo, entrano nel Circo.
Gobrias
«I gladiatori di Preneste» – Passano.
«Il supplizio di Dirce, pantomima
coi tori e i veltri e colla morte vera
di femmine Chrestiane.»
Simon Mago
interrompendo
A me si deve.
Gobrias
continuando la lettura
«Laurèolo in croce sbranato dagli orsi.»
Simon Mago
È Fanuèl. Continua.
Gobrias
terminando la lettura
«Il volo d’Icaro.»
con un gesto d’addio canzonatorio a Simon Mago
Buon ti sia!
Se ne va correndo e scompare nella curva del criptoportico.
Dal circo giungono grida di «Euoè! Euoè! Euge! Euge! Macte! Macte!» mentre un’ondata di folla entra correndo dall’esterno nell’Oppidum. Entra dalla porta d’ingresso una lettiga pomposissima portata da quattro lettigarii. Una puella Gaditana esce dalla taverna con alcuni suoi corteggiatori e si mette a danzare in mezzo al crocchio, sotto il criptoportico, una sua danzetta mite e lieve, al suono di un corno, del timpano e di crotali, mentre un giovanetto, colla doppia tibia alle labbra, l’accompagna.
Nerone e Tigellino scendono la scala del Podio e s’arrestano presso all’arco del Circo.
Nerone
Che vuoi dir?
Tigellino
sommessamente
Una congiura…
Nerone
Contro me?
Tigellino
Contro Roma. I Sacerdoti
di Simon Mago, per sottrarlo a morte,
pria che la torre ei salga ond’ei dovrìa
slanciarsi a volo, incendieranno l’Urbe…
La puella Gaditana col tibicino e coi liberti, continuando la danza, si eclissano nella curva del criptoportico.
Nerone
attento ai clamori del Circo ed interrompendo Tigellino
Taci.
Le grida del Circo giungono nell’Oppidum da varie altezze e distanze, seguite da risate e da urli, frammiste a squilli di buccine.
Grida dal Circo
Non vuol morir! Pollice verso!
Altre voci
Basta! Vogliam le Dirci!
Molte grida
Uccidi! A morte!
Segue un momento di tregua; Tigellino se ne vale per ripigliare il racconto.
Tigellino
Seguo lor traccia.
Nerone
imperiosamente, interrompendo Tigellino
Taci.
Ricomincia il tumulto del Circo, s’odono a diverse distanze le grida: «Age jam! – Evax! – Ahè! – Ahè! – Euge! – Eho! – Eho! – Vogliam le Dirci!».
Tigellino
I Pretoriani
chiedono un cenno mio per afferrarli.
Nerone
ascoltando le grida del Circo
Taci.
Voci del Circo
No! no! No!
Basta!
Tigellino
risolutamente a Nerone, mentre continuano le grida
Io salvo Roma.
Da ogni parte del Circo si odono le grida di «Basta! Le Dirci! La Tragedia! Basta!»
Nerone
in uno scoppio di collera
Taci! Non odi la plebe che rugge?
Voglion le Dirci!
S’aggira concitato verso il criptoportico. Sono entrati dalla taverna Gobrias, Terpnos e Alitùro. Scorgendo Alitùro esclama:
Olà! Presto! Alitùro!
S’affretti la tragedia…
Alitùro esce correndo.
Dal fondo del criptoportico accorrono moltissimi pantomimi colle maschere sul viso, portando grosse funi.
Ad alcune guardie che sopraggiungono:
E voi scacciate
quei gladiatori. Allo spoliario i morti!
Date le Dirci al popolo!
Affaccendato come un ordinatore di spettacoli, chiede a Gobrias ed a Terpnos con grande concitazione:
Son pronti i tori? e le funi? e le rocce
del Citerone? e i veltri? e i sagittarii?
chiamando con forte voce
I personaggi d’Anfione e Zeto!
I due personaggi si presentano: Zeto porta una clava e delle funi, Anfione una cetra.
Ecco l’effige del supplizio. Guarda!
Tebe una Dirce ed io ne uccido cento.
Cento aspetti ha la scena! In scena!
Istrioni
In scena!
Tutti s’ingolfano nel criptoportico e scompaiono.
Nerone
conduce da parte Tigellino e gli dice sommessamente, con calma ironica
Astuto Agrigentino, e non t’avvedi
ch’io già tutto sapea? Guai se all’incendio
che m’offre il ciel t’opponi. Ciò ch’io struggo
risorge. Il mondo è mio! Pria di Nerone
nessun sapea quant’osar può chi regna.
Dal fondo del Portico s’avvicina lentamente un corteo strano ed atroce. Le donne Cristiane, precedute da Fanuèl, vestite come la Dirce del marmo Rodiano, inghirlandate di verbene, colle mani legate e fra le mani un tirso od altri emblemi bacchici, camminano fra due file di truci bestiarii che le percuotono a colpi di flagelli se quelle s’arrestano. Seguono alcuni Sagittarii in completo assetto di caccia con archi, faretre e saette. Una frotta di pantomimi colla maschera muta sul viso chiude il corteo.
Simon Mago ed i suoi sacerdoti s’accaniscono contro Fanuèl e lo insultano mentre egli passa.
Frattanto la più sordida plebe del Circo s’è riversata nell’Oppidum. Nerone, presso la porta pompae, attende cupidamente il passaggio delle vittime.
La Plebe
Morte! Morte!
Simon Mago
mostrando Fanuèl alla Plebe
Ecco il capo della torma!
Le Dirci hanno varcato il portico e sono spinte dai bestiarii verso l’arena.
Simoniaci
Latra i tuoi salmi! Abbaja! Abbaja!
La Plebe
Raca!
Togati
Raca!
Simon Mago
Il suo vino è sangue.
La Plebe
Abbaja! A morte!
Fanuèl
con voce alta e serena
Credo in un Dio solo ed eterno.
I cristiani e le cristiane ripetono fervorosamente le parole di Fanuèl.
Simoniaci e Plebe
Abbaja!
Abbaja! Latra! Latra!
Sulla scala del podio è comparsa una Vestale. Ha il capo coperto dall’infula e il viso nascosto da un velo; ogni suo vestimento è bianco.
Un littore co’ fasci abbassati la precede, un Flàmine la segue. Giunta all’ultimo gradino della discesa s’arresta, tende il braccio e la mano verso Fanuèl. La folla, sorpresa, indietreggia.
La Plebe
Una Vestale!
Alcune voci fra la folla
Sien salvi! Sien salvi!
Nerone
terribile e nelle prime parole un po’ ansimante per ira
Chi là dov’io mi son osò parlar di clemenza?
La Vestale
sempre colla mano tesa verso Fanuèl e immobile
Stende Vesta con me la man che riscatta le vite.
Nerone
lentamente, studiando ogni parola, mentre guarda la Vestale velata collo smeraldo
Ave, o Vergine sacra, scopri il volto, poi giura
(legge è di Numa) che in questi rei non qui ad arte t’imbatti.
La Vestale
con voce di persona atterrita
Una Vestale a giurar non s’astringe.
Nerone
con uno scoppio di collera
Per Giove!
Chi le strappa quel vel?
Simon Mago
Io.
Il littore tenta d’interporsi co’ fasci, ma Simon Mago s’è già slanciato sulla Vestale e le strappa il velo.
Alcuni
Sacrilegio!
Fanuèl
la riconosce, accorre ad essa, discaccia Simon Mago ed esclama:
Sorella!
Rubria
Fanuèl!
Sviene tra le braccia di Fanuèl.
Simon Mago
È una cristiana.
La Plebe
È una cristiana.
Nerone
ravvisandola, la nomina
Rubria!
irridendo
Ben tu svieni.
Simon Mago
Morte!
La Plebe
A Porta Collina! Muoja!
Nerone
freneticamente
Muoja
nel branco delle Dirci!
La Plebe
Sì.
Nerone
con un rapido cenno impone silenzio. Dopo una brevissima sospensione riprende solenne e tranquillo
Dal capo
l’infula sacra il Flàmine le svelga!
Il Flàmine strappa dal capo di Rubria l’infula e la gitta.
Cadan le vesti a brani.
Fanuèl
Io la difendo.
I bestiarii si avventano su Rubria svenuta, le lacerano le vesti. Fanuèl è circondato dai sagittarii. La Plebe s’accalca intorno, mentre due bestiarii sollevano Rubria sulle teste della folla ruggente e la trasportano nell’arena dove è spinto anche Fanuèl insieme alle Dirci e ai Cristiani che cantano con voce alta e serena.
Cristiani e Cristiane
Credo in un Dio solo ed eterno.
La Plebe
A morte!
Abbaja! abbaja! Raca! Raca! Morte!
Nerone
con esaltazione
Mano alle funi, alle belve, alle donne!
Tutte un Eroe denudator le abbranchi,
le avvinca nude in groppa al furiale
nembo de’ tauri, ebbre d’orror, fugate
dai veltri in caccia, irte di dardi, esangui,
belle, riverse, i grembi al sol, nel raggio
del concavo smeraldo agonizzanti.
Nerone si avvia al podio. Tutti i pantomimi sono entrati nel Circo. Scorgendo Simon Mago
E tu non voli? Ah! Ah!
La plebe sghignazza.
Nerone
indicando Simon Mago a Tigellino e ridendo
Dalla torre dell’Oppido sia tosto
slanciato in ciel. Non voli? Ascendi all’etere,
agli astri, al sole! Icaro, vola!
La guardia Germana, afferrato Simon Mago, lo trascina rapidamente sino alla scala di legname che sta a sinistra del criptoportico.
Gobrias, Tigellino, la Plebe
ridendo, a Simon Mago, e beffandolo
Vola,
se sai volar! Icaro, vola!
Simon Mago
si difende con tutte le sue forze; vede Gobrias e lo chiama in soccorso:
Gobrias!
Gobrias
Va! non temer! prolunga la difesa.
Correndo e ridendo s’allontana e scompare nel fondo del portico.
Simon Mago
implorando ajuto da Tigellino
Mi salva!
Tigellino
rigidamente, ai Pretoriani
Sguainate l’armi!
Simon Mago
al colmo dello spavento
Tregua!
La guardia Germanica colle armi in pugno caccia Simon Mago, pungendolo e minacciandolo, sui gradini della torre dell’Oppidum.
Nerone
Icaro, vola! Vola! Vola al sol!
Nerone ridendo sempre più eccitato, entra nel Circo.
Nel Circo non cessano i clamori: si odono le grida feroci «A morte le Dirci! Vogliamo la Tragedia! Non vuol morir! Pollice verso!».
Ad un tratto s’odono degli urli di spavento che vengono dal fondo del criptoportico e dalle parti più alte dell’edificio dove s’incomincia a scorgere qualche cirro di fumo.
Le grida di terrore aumentano e s’avvicinano. Il fumo penetra nell’Oppidum e s’ode Gobrias che grida: «L’incendio è nelle fornici!». Altre voci gridano: «Soccorso! Il Circo divampa! – Salvate le donne! Fuggi! Fuggi! – Di qua - No! Fermi! Ajuto!».
Attraverso le nubi dell’incendio si scorge la gente che fugge, che s’urta, che cade. – Una fiumana di popolo irruente invade il criptoportico, spinta verso lo sbocco della porta pompae.
L’Oppidum non è più che una voragine di fumo.
Parte seconda
Lo spoliarium
È un sotterraneo del Circo dove si depongono i morti. La luce riflessa d’una torcia che s’avvicina dirada a poco a poco le tenebre, rischiarando a destra il vano d’una porta e la rampa d’una scala erta ed angusta.
Un rombo lugùbre giunge dall’alto e ad intervalli uno scroscio come di cataste o di mura che ruinino.
Asteria, con una fiaccola in mano, discende la scala; giunta alla soglia del sotterraneo s’arresta per illuminare chi la segue.
Asteria
Scendi.
Fanuèl la raggiunge. Entrano insieme.
Cerchiam fra i morti.
Fanuèl
Orror di tomba
emana lo spoliario.
S’ode ancor da quest’antro funerario
la gran vampa che romba.
Asteria
Cerchiam.
Incomincia ad aggirarsi lentamente guardando a terra lungo la parete centrale. Al lume della torcia che tiene in mano s’intravvede, là dove passa, la struttura irregolare del sotterraneo.
Fanuèl va frugando a sua volta nell’ombra lungo la parete di destra.
Si parlano a distanza.
Fanuèl
Cadde la prima.
Asteria
vivamente
Allor qui giace.
Tardi per lei scoppiò da questa face
il folgore incendiario!
Fanuèl s’imbatte in un corpo, si china, lo tocca, riconosce al tatto le fasce crurali d’un auriga. Va oltre.
Ecco là dei cadaveri.
Indica un gruppo di morti stesi a terra nell’angolo della parete sinistra. Fanuèl accorre e li guarda.
Fanuèl
Un reziario, due sanniti, un trace.
Asteria
atterrita
Simon Mago!
Fanuèl
Ove?
Asteria
indicando con ribrezzo, senza accostarsi, il cadavere di Simon Mago gittato un po’ più lontano, in un’insenatura del muro:
Là.
Fanuèl
dopo averlo guardato fissamente
Da Dio fu infranto. Abbominato sia.
S’avvia verso il centro del sotterraneo. Il suolo è ingombro d’armi gladiatorie.
Asteria
Cerchiam.
Fanuèl scorge, sopra un letto funebre, giacente come una morta, una donna in veste bianca.
Fanuèl
chiamando con voce agitata:
Accorri.
Asteria
accorre colla face.
È lei?
Fanuèl
cade in ginocchio, posando la testa e le braccia sul corpo di Rubria.
Martire mia!
Ciel!… Respira!… Vivrà!
Asteria appoggia la face ad una pietra vicina, poi corre dal lato sinistro del corpo di Rubria per ajutarla.
Squarciale i panni… Salvala!
Asteria, mentre Fanuèl Parla, lacera la veste di Rubria sul fianco.
È svenuta.
Cerca le sue ferite. Io l’ho veduta
sanguinar nuda nel nembo infernale!
Salvala! Cerca… cerca sotto il core…
là… sotto il core la ferì lo strale
d’un sagittario…
aspettando ansiosamente
Ebben?
Asteria
guardando la ferita di Rubria attraverso lo squarcio delle vesti
Spavento!! Muore.
Fanuèl
Muore!… Non muoja qui… non nell’orrore
di quest’antro.
Fa per sollevarla e portarla altrove.
Asteria
opponendosi con impeto
La getti nella strage!
Divampa il Celio, arde il Velabro, è l’odio
d’un Dio su Roma. Il Circo è un mar di brage.
Se la tocchi l’uccidi!
Scoppia un fragore terribile sulla volta del sotterraneo.
Crolla il podio!
Asteria ha visto qualche riflesso dell’incendio sulla scala d’onde scese e la risale correndo e scompare mentre Rubria apre gli occhi.
Rubria
Ah!
Fanuèl
tutto chino presso di lei
Non temer, son con te.
Rubria
trasognata
Fanuèl.
Dove son?… dove fui?… Tu… salvo!… Io… viva!
L’anima mia fuggiva…
m’offusca un vel…
il sovvenir s’invola…
Colta da una reminiscenza d’orrore, getta un grido, si sforza di sollevare il capo.
Fanuèl
con grande dolcezza
No. Una mano pia
ti ricoperse con la bianca stola.
Riposa. Oblia.
Rubria
Chinar… dovrei… le mie ginocchia… a terra
d’innanzi a te…
Tenta di sollevarsi, ricade.
Son ferita… non posso.
Fanuèl
Rubria!
Rubria
Pietà! l’orror mi riafferra!
Il Mostro… il turbin rosso…
viscere e carni!! Ascondimi! M’aiuta!
Fanuèl
inorridito
Fu il mio grido d’amor che t’ha perduta!
Rubria
D’amor? Io t’amo tanto.
dopo una breve pausa
Fanuèl… morirò?
Fanuèl
seduto accosto a lei sullo stesso letto e posandole dolcemente la mano sulla testa e accarezzandole i capelli e la fronte
Vivrai.
Rubria
dolcemente
Sì, sì.
Oh! com’è buona e calda la carezza
della tua man…
Bacia la mano di Fanuèl.
Più accanto a me… più accanto.
Così… così.
Tu m’insegnasti questa gran dolcezza
di sorrider nel pianto.
M’odi… la morte
a ogni attimo mi strugge…
Non pianger, Fanuèl, stringimi forte,
finché mi stringi, l’anima non sfugge.
Dopo un lungo riposo ed un silenzio di raccoglimento, soggiunge:
Servivo un falso altar. Tutte le sere
venìa coll’idria del mio tempio… al fonte
dell’orto santo… e dopo le preghiere
tornavo all’atrio antico, a piè del monte.
Tentai confonder nella stessa vampa
l’ara ardente di Vesta e la pia lampa
della vergine saggia. Ecco il peccato.
Or tutto è confessato,
attendo il tuo perdono.
Tutta or mi sai, sorridimi…
Monda e beata or sono.
Fanuèl
alzandosi e ponendole le mani sulla fronte e baciandola, con soavissimo fervore
Benedizion d’immenso amore accensa
sul capo tuo col mio bacio si posa.
Rubria
sottovoce
Fanuèl! Fanuèl! Estasi immensa!
Fanuèl torna a sederlesi a lato. Rubria posa la testa sul petto di Fanuèl.
Fanuèl
Tu sei la sposa,
l’egra mia sposa che sul cor mi giace.
Rubria
Dimmi… ove siamo?
Fanuèl
In un asil di pace.
Dormi quieta.
Rubria
con voce sempre più fievole
Sento
che ascende l’ombra d’un vespero strano.
Dammi…
Fa degli sforzi per continuare a parlare; non può.
Fanuèl
Che vuoi?
Rubria
con istento
La mano.
Fanuèl s’affretta a darle la mano.
Narrami ancora, mentre m’addormento,
del mar di Tiberiade, tranquilla
onda che varca in Galilea…
Fanuèl
quasi cullandola
Laggiù,
fra i giunchi di Genèsareth, oscilla
ancor la barca ove pregò Gesù.
Raccoglie Rubria sul suo petto.
Quella cadenza languida di cuna
invita a stormi i bimbi sulla prora…
Dormi tranquilla, dormi.
Rubria
con un fil di voce
Ancòra… ancòra…
Fanuèl
Lenta salìa dal Libano la luna,
era quell’ora in cui sorgon gl’incanti…
Rubria
come un soffio, spegnendosi
Ancòra… ancòra…
Fanuèl
colle mani giunte e gli occhi rivolti al cielo
Escian le turbe oranti
per la lunare aurora…
Sente Rubria inerte fra le sue braccia, la chiama:
Rubria.
Asteria ritorna scendendo velocemente la ripida scala. Fanuèl continua a ricercare la vita sul cadavere di Rubria.
Asteria
L’incendio ne avvolge! Ogni scampo
di là n’è tolto. Divampan le torri,
crollano gli archi.
Vede un uscio sprangato nella parete sinistra.
Un lampo
di speranza!
Si slancia affannosa attraverso gli ingombri del suolo verso la porta d’uscita, leva la spranga, apre.
Sei salvo! Ecco una porta.
Esce un istante per esplorare; rientra.
Libero è il passo.
sulla soglia d’onde è entrata
Accorri! Accorri!
Fanuèl
sul cadavere di Rubria
Morta!
Asteria scuote Fanuèl e lo trascina insino all’uscita.
Fanuèl
dalla soglia, con un ultimo sguardo
Rubria! – Addio!
Scompare dalla porta d’onde entrò Asteria. Asteria udendo quel nome ritorna vicino alla morta.
Asteria
con estrema violenza
Rubria? Tu? Quella che il mio truce Iddio
ghermì sull’ara? Tu? Rispondi! – Tace.
Lo spoliarium incomincia ad essere invaso dal fumo.
Dimmi l’ardor dei suo bacio vorace
verso cui tende spasimando il mio!
Poi, d’un tratto, con immensa pietà:
Martire santa!
S’inginocchia, estrae dal seno il fiore della via Appia e lo lascia cadere sulla morta dicendo:
Pace! Pace! Pace!
Si sprofonda una parte della volta.
Asteria si salva fuggendo da dove è uscito Fanuèl.
Fine