brutta malìa. Io potrei romperla; ma voi, in compenso, dovreste sposare la mia figliuola, che si chiama Cecina, perchè è piccina come un cece. — Sposerò
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. - Allora il Re capì che la Reginotta di Spagna e la Cecina erano una sola persona; e si mise a gridare più forte: — Ah, Reginotta! Ah, Cecina mia
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! — Questa volta sono morto! — pensò il Re. — Vien qua, — disse la ragazza — búttati carponi. Io mi sederò sulla tua schiena, e la mia gonna ti coprirà
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sorella; Se dal buio volessi uscire, Del mal fatto ti dèi pentire. — Rispondo a mia sorella: Sto bene sotto terra. Dio gli dia male e malanno! Vo' la
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mia.
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cavallo, la sollevò, e, visto che non s' era fatta nulla di male, cavò di tasca le poche monete che aveva e gliele mise in mano: — Vecchina mia, non
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vecchina: — Ah, vecchina mia! mi han rubato anello. — Non ti disperare, non è nulla. Quando il Re avrà sposato, appena la Regina sarà entrata nel suo
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, rimanevano ancora incerti. Allora la ragazza, indettata, disse: — Maestà, non vi ricordate di quando venivate nella mia camera colla cesta, e poi vi
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non ci sentiva. — Maestà, e la mia metà del regno? —
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. — Che cosa ti senti, figliuola mia? — Maestà, non mi sento nulla; ma.... chi dà la sua parola la dovrebbe mantenere. — Come? Lei dunque voleva quel
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; — gli disse pentito — se tu mi rendi la mia figliuola, essa sarà tua sposa, con, mezzo regno per dote. - Il Nano continuava a contorcersi dalle risa
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— Ah, gallinetta mia! L'uovo nero non lo vuol nessuno. — Portatelo al Re. — La vecchia lo portò al Re. — Che uovo è questo? — Maestà, di gallina
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. - E tornò subito a casa: — Ah, gallettina mia! sono stata chiamata dal Re. Ho mangiato la testa del galletto, ed esso mi canta dentro lo stomaco. Se
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aveano spento le fiamme, si fece coraggio e si presentò: — Maestà, perdonate; la colpa non fu mia; fu del mago traditore. Ora è un'altra cosa. Caviamo di
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quel gonfiore sulle spalle, gli domandò: — Maestà, che portate addosso? — Porto la mia disgrazia! — E raccontò com' era andata. La Regina risolse di
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ordinò: — Mi si selli il miglior cavallo della mia scuderia! — Montò a cavallo e via, come un fulmine, per la strada del bosco. Di tanto in tanto si
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vide il gran palazzo della Fata gobba; ma bisognava dirle Fata Regina; se no, se avea a male. — Ben venuta, figliuola mia! T' aspettavo da un pezzo
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— Bimbo mio, tu sarai Re! - E si era avverato. Stretta è la foglia, larga è la via, Dite la vostra, chè ho detto la mia.
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— Aprite, Regi-notta mia! aprite! - E Tizzoncino, dietro l'uscio, canzonandolo: — Mucchio di fuliggine! — Apri, Reginotta dell' anima mia! - E
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A quella vista il Re ammattì: — Oh che bellezza! Dovrà esser mia! dovrà esser mia! — E, senza metter tempo in mezzo, picchia all' uscio a più riprese
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bocconi; poi ne riempiva il grembiule e scendeva giù, nel canile. — Mamma cagna, mangiate; la mia vera mamma siete voi! - La notte dormiva lì, con
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: — Accidempoli alla Regina, che volle entrare nel canile! - Il Re corse subito da Testa-di-rospo: — Figliuola mia, dàcci aiuto! — Mamma cagna, dategli
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: — Accidempoli alla Regina, che volle dormire nel canile! — Il Re corse di nuovo da Testa-di-rospo: — Figliuola mia, dàcci aiuto! Mamma cagna, dategli aiuto
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lavorare. — Vi lascerò la mia coda. Quando avrete bisogno di qualcosa, direte: Codina, codina, Servi la tua mammina! Ed essa vi servirà, come se fossi
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ritorno. — Maestà, eccolo qui. La Reginotta ora è mia. — Il Re si fece scuro. Doveva dare la Reginotta a quello zoticone? — Vuoi delle gioie? Vuoi
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contadino che lo attendeva. — Maestà, la Reginotta ora è mia. — Il Re si fece scuro. Dovea dare la Reginotta a quello zoticone? — Domanda qualunque
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acconsentì. — Buona donna, quanto volete di quel Ranocchino? — Maestà, lo vendo a peso d' oro. È quel che vale. — Voi canzonate, vecchia mia. — Dico davvero
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vergogna. Infatti nascondeva il suo difetto, tenendo basse le trecce. Ma un ministro se n'accòrse: — E le orecchie, figliuola mia% dove le perdeste le
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lungo dopo di lui. Stretta la foglia, e larga la via, Dite la vostra, ché ho detta la mia.
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, la Regina cominciò a urlare: — E la figliuola? E la figliuola? Calò giù un' aquila, l' afferrò cogli artigli e la portò via. — Ah! figliuola mia! Non
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— Allora lasciami andare! Lasciami tornare a casa mia! - No, no! Dobbiamo sposarci. — Per ora bada a crescere! - Gomitetto se l' ebbe a male ed andò
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concesso! Sarai mangiata domani. - La notte, all' ora fissata, lei s' affacciò alla finestra: — Ah, mammina mia! Mi scappò detto di no; sarò mangiata
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' indegnità chiamando il pubblico a parte di quella mia deliziosa allucinazione che io non posso mai rammentare senza commozione e senza rimpianto
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disse al padre: — Maestà, perchè tenermi rinchiusa qui ? Lasciatemi andar pel mondo. Il cuore mi presagisce che troverò la mia fortuna. — Il Re non
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del ciaba è la più bella ragazza del mondo? La figliuola del ciaba sarà dunque mia sposa e Regina. Andrò a vederla senza farmi conoscere; partirò
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tornò a casa senza nulla. — Ah, gallettina mia! Oggi resteremo a gozzo vuoto. — Pazienza ci vuole: Mangeremo domani. - Il giorno appresso, sul far dell
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vecchia colla conocchia e col fuso: - Perchè mi hai tu chiamata? — Ecco la mia figliuola maggiore. - La vecchia cavò di tasca tre anelli, uno d' oro, uno
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facea schifo. E una volta le sputò addosso. Tizzoncino quel giorno tornò a casa piangendo. — Che cosa è stato, figliuola mia? — Il Reuccio mi ha
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dopo il pasto di magro è un ottimo preservativo contro l’indigestione. Non è la mia scarsa competenza che ve lo afferma, ma quella scientifica ed
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Tranquillizzati, caro lettore, perchè onde rendere completa l’opera mia, ho preveduto anche a questo caso, ed ho pronto il rimedio. Veramente il
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maggiore autorità della mia, la faranno cioè quelli che appartengono al suo partito. Io mi permetterò di ricordare principalmente alcune impressioni nella
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«Siccome dopo la dichiarazione dell'onorevole presidente del Consiglio la mia proposta sarebbe respinta, ed io non vorrei che col seppellimento sotto
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un pensiero reverente. E ad Angelo Majorana dia la mia modesta voce il saluto reverente e affettuoso, anche a nome di altri amici, che col Majorana
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quale mi onoro di appartenere, una voce molto più autorevole e più degna della mia. Ma si è voluto (ed io obbedisco) che parlasse un giovane, forse
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Ho l'onore di essere qui per Ravenna, ed ecco la ragione della parola mia.
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Mirabelli. Dopo il ricordo eloquente dell'amico Mazza per mandato del gruppo repubblicano, non oserei aprir bocca sé la mia parola non avesse una sua
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Perchè io sento il bisogno che la mia voce turbata, ma impressa di grandissimo affetto, si unisca a quella dell'onorando nostro Presidente
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Sì, certamente, grave lutto, grave danno per la patria comune. Ma per la mia, per la nostra Sicilia, davvero irreparabili. E sembra, infatti, che
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Mi limito ad esprimere tutto il mio cordoglio per la morte del venerato amico, tutta l'angoscia della mia regione per la immatura scomparsa di un
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Non voglio e non oso aggiungere la mia disadorna parola alle loro, poiché essa sarebbe inadatta alla solennità del momento; mi limiterò soltanto, a
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