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PRIN 2012 - Accademia della Crusca
Commemorazione dei deputati Andrea Costa, Carlo De Michetti e Angelo Majorana
Giuramento dei deputati Giovanni Amici e De Benedictis
Per il recente disastro in Francia
La seduta comincia alle 14:50.
Camerini segretario, legge il processo verbale della seduta
del 21 dicembre 1909.
(È approvato)
presidente. Hanno chiesto congedi, per motivi di
famiglia, gli onorevoli: Montù, di giorni uno e Frugoni, di 12; per motivi
di salute, l'onorevole Emilio Campi, di giorni cinque.
(Sono conceduti)
presidente. Essendo presenti gli onorevoli Giovanni
Amici e De Benedictis, li invito a giurare.
(Legge la formula)
Amici Giovanni. Giuro!
De Benedictis. Giuro!
presidente. Appena fu nota la immensa sciagura, che
per la furia della natura aveva colpito tanta parte della Francia e la sua
Metropoli, ho creduto mio dovere di farmi interprete de' sentimenti vostri,
inviando all'illustre Presidente della Camera francese, con telegramma reso
di pubblica ragione, l'attestazione della sincera affettuosa solidarietà
nostra e di tutta l'Italia nel dolore della nazione sorella.
Quel telegramma che l'illustre mio collega volle, nel darne comunicazione all'Assemblea da lui tanto degnamente presieduta, accompagnare con parole vibranti di calda simpatia per il paese nostro, ebbe per voto dell'Assemblea stessa la nobilissima risposta, che tosto feci pure pubblicare.
Ma sento che, nel riprendere i nostri lavori, voi sarete con me concordi nel volgere un'altra volta il pensiero e il cuore alla Francia amica, esprimendo il più vivo rammarico per la terribile prova, alla quale fu soggetta, e pare ancora la minacci; l'augurio fervidissimo che possa superarla col minor possibile danno; l'ammirazione per l'impareggiabile
esempio di serenità e di concordia fra popolo e governanti, che essa con tanta altezza civile e morale ci ha dato.
(I ministri e tutti i deputati sorgono in piedi, e
salutano con vivissimi, unanimi e prolungati applausi le parole del
Presidente)
Ha facoltà di parlare l'onorevole ministro degli affari esteri.
Guicciardini ministro degli affari esteri. Tostochè
pervennero le prime notizie sulla gravità delle inondazioni in Francia il
Governo del Re, per mezzo del nostro ambasciatore, fece pervenire al
Presidente della Repubblica le condoglianze e i voti del Governo e del
popolo italiano.
Obbedendo al medesimo sentimento, oggi il Governo si associa alle alte e sentite parole dell'illustre nostro Presidente, ed alla manifestazione unanime della Camera ed aggiunge un voto, un voto fervido ed umano, quello cioè che, calmate al di qua e al di là delle Alpi le forze nefaste della natura, non più le sventure ma soltanto le opere di pace e di civiltà offrano occasione ai due popoli, al popolo italiano ed al popolo francese, di manifestare i loro reciproci sentimenti di simpatia e di amicizia.
(Vivissimi generali e prolungati applausi)
presidente.
(sorge in piedi. Anche I ministri e gli onorevoli deputati
sorgono in piedi)
La imponente manifestazione di affetto e di cordoglio, che, nella gentile sua Imola nativa e in Bologna sempre vibrante della più alta idealità, accompagnarono all'ultima dimora la salma di Andrea Costa, e le voci che da ogni parte del paese sorsero a ricordare e celebrare le vicende della procellosa sua vita, furono evidente attestato, come affermai in nome vostro sul suo feretro, del generale consenso che con la sua scomparsa l'Italia aveva perduto uno dei suoi figli migliori.
Molte voci.
(Benissimo!)
Tutti quanti infatti sanno giudicare degli uomini e delle cose con lo spirito di equità e di tolleranza - preziosa virtù della gente nostra - avevano riconosciuto che, pur affrontando le maggiori asprezze nei politici dissidi, egli era sempre stato guidato da una convinzione profonda e sincera nella bontà della sua fede; che operando con indomabile ardore e con indiscutibile disinteresse, era stato uno dei più efficaci fattori dell'ascesa del proletariato alla vita politica italiana, e senza dubbio poi il più noto e compreso dalle moltitudini, e da queste sempre e fino negli ultimi anni desiderato moderatore nelle più gravi contese.
Qui, mentre scende sopra di lui non l'oblio, ma la serenità del giudizio,
l'animo nostro addolorato non potrebbe meglio evocarne la figura
nobilissima, con concordia di sentimenti e di pensiero, se non ricordando le
parole che il 21 marzo 1890, in giorno penoso per lui e per tutti, rivolgeva
ai colleghi d'ella Camera: «Prima dello scioglimento delle questioni economiche era
necessario costituire una patria, e fra i nostri grandi noi non
contiamo solo quelli di parte repubblicana o sociale come Pisacane,
Mazzini e Garibaldi, ma sappiamo riconoscere anche la parte grande
che nella unità e indipendenza della patria ebbero Cavour e Vittorio
Emanuele»
Con questo senso di equanimità che lo seguì anche nelle vicende più tumultuose della sua vita, egli entrò nella XV legislatura alla Camera, appena trentunenne, e vi entrò perchè credette adempiere ad un dovere civile ricordato dai suoi concittadini a lui, che a nessun dovere seppe sottrarsi.
Si inscrisse all'Estrema Sinistra, che non conosceva allora divisioni di parti, e partecipò lealmente con essa ai lavori parlamentari svolgendo un'azione che, senza venir meno al suo programma, gli conciliò simpatie e affetti così ampiamente meritati dall'animo suo pieno di bontà e dalla dolcezza dei modi, che nulla toglieva alla fierezza derivatagli dalla regione nativa; dal fervore, col quale nobilitava le sue aspirazioni verso i più lontani orizzonti umani; dalla sua non comune cultura letteraria ed artistica.
(Approvazioni)
E queste sue doti palesò anche nell'esame coscienzioso delle questioni più
ardue. Così uno dei primi suoi discorsi, quello del 18 dicembre 1884, in cui
svolgeva un ordine del giorno «per affermare che l'esercizio di Stato segnava il progresso
naturale alla soluzione equa e definitiva del problema
ferroviario»
E nel definire la legislazione sociale
qual effetto del moderno sistema di produzione e della partecipazione degli operai alla vita politica, egli non si lasciava trascinare da teoriche affermazioni di impossibile o pericolosa realizzazione; e per la responsabilità degli industriali nei casi d'infortuni degli operai sul lavoro, e per la legge sul lavoro dei fanciulli, esponeva postulati pratici e intesi a non opprimere l'iniziativa individuale e ad evitare che la tutela sociale dei fanciulli disoccupati accrescesse il numero già tanto grande dei piccoli vagabondi, che sono purtroppo uno spettacolo miserando e triste della nostra civiltà.
Anche nella legislazione degli scioperi egli fu previdente antesignano; e il 13 giugno 1887 svolgeva la proposta di abolizione delle relative penalità, che non fu presa in considerazione soltanto perchè il guardasigilli onorevole Zanardelli, dichiarandone già compreso il concetto nel suo progetto di nuovo codice penale, temeva ogni disposizione frammentaria che ritardasse la giustamente desiderata unificazione della legislazione penale.
Altre ancora delle idee da lui con calore propugnate ebbe la legittima soddisfazione di veder penetrate nella patria legislazione; e cioè il riconoscimento, comè enti giuridici, delle associazioni cooperative di lavoratori, tanto in città che in campagna, e la modificazione della legge di contabilità che ne facilitasse l'assunzione dei pubblici lavori.
E la difesa sempre vigorosa e, occorrendo, ardita delle proprie idealità,
sempre accompagnò al più rigoroso rispetto delle altrui opinioni e dei
diritti di tutti; così mai dal suo labbro uscì parola volgare o di ingiuria
e offesa a colleghi o a parti diverse della Camera, nè mai diede motivo a
richiami, come ne fanno fede gli atti parlamentari; ond'egli ben potè un
giorno esclamare: «Non troverete nessuno che abbia maggior cuore di me per
comprendere non solo le esigenze | del partito proprio, ma le
esigenze storiche del partito degli avversari»
(Benissimo!)
Non lo abbandonarono mai gli elettori, dei quali invece ebbe a sostenere la emulazione nel dargli il mandato. Eletto nelle legislature XV e XVI dal collegio di Ravenna a scrutinio di lista, nella XVII lo fu anche da quello di Bologna secondo, che comprendeva la sua Imola, e optò per questo; nella XVIII fu eletto dal collegio di Budrio che gli riconfermò il mandato nelle tre successive, nella prima delle quali essendo stato eletto anche ad Imola, optò per Budrio, mentre nella terza, essendosi ripetuta la duplice elezione, optò per Imola, che gli riconfermò il mandato nelle ultime due legislature.
E così non lo abbandonò la simpatia dei colleghi, che nella passata legislatura ne ammirarono l'obbiettività quale membro della Giunta delle elezioni, e nella presente lo elevarono all'ufficio di vice-presidente, nel quale mi fu collaboratore affettuoso e valente.
(Bene!)
A lui ripensando, alla lotta degli ultimi mesi contro la malattia che lo insidiava e che egli sopportava con quella rassegnazione che è fatta di bontà e di grandezza, l'animo mio rivede la figura dell'amico, a cui fui legato per lunghi anni con sentimento vero e profondo di affetto, la figura dell'uomo geniale, che, per larghezza di vedute, ebbe avversari, non nemici.
Esistenze come quella di Andrea Costa giovano alla patria in vita, come le fanno bene in morte; perocché nel suo nome, nella sua cara memoria, tutti quanti amano davvero la patria possono ben rinnovare il giuramento di dedicare tutte le forze loro alla sua grandezza e per essa al raggiungimento di una civiltà superiore consacrata nel trionfo dell'umanità.
(Vivissimi e prolungati applausi)
Ma un'altra perdita dobbiamo lamentare, onorevoli colleghi, e pur dolorosa, imperocché, se è grave cagione di tristezza lo staccarsi da coloro, cui eravamo avvinti da lunga consuetudine di comune lavoro in questa Camera, non lo è in minor grado il vederci tolta di recente l'esistenza di coloro, che, per rigoglio di vita, davano promessa di un'opera feconda per il bene del paese.
Carlo De Michetti a soli cinquant'anni soccombette a fulminea malattia il 24 dicembre dello scorso anno, lacrimato dalla famiglia, dagli amici, dagli stessi avversari, i quali ammiravano in lui il cittadino esemplare, che, dimentico di sé, prodigava a quanti a lui si rivolgevano per consiglio ed aiuto. Nato il 13 maggio del 1861 in Teramo, e seguiti gli studi legali, ebbe ben presto a distinguersi nel foro, ove brillò per l'eloquio facile ed ornato, l'eletto ingegno, la vasta dottrina, la rettitudine somma, ed il nobile disinteresse; onde i suoi conterranei lo vollero nella vigesimaseconda legislatura loro rappresentante in Parlamento, confermandogli poi il mandato nelle ultime elezioni generali.
Con la gentilezza squisita del suo Abruzzo, egli portò tra noi una impareggiabile attività, che spiegò nelle numerose Commissioni, delle quali fu chiamato a far parte.
E dell'animo suo, ch'era tutto un tesoro di affetti, ci lascia testimonianza imperitura una legge in beneficio degli infermi poveri della sua terra natale, che, come ne pianse desolata la perdita, benedirà eternamente la sua cara memoria; dolce conforto alla famiglia che lo idolatrava, ed alla quale mando anche a nome vostro le espressioni del più sincero rimpianto.
(Vive approvazioni)
Mentre l'animo nostro era già tanto contristato per così gravi perdite, ieri giungeva improvvisa la notizia della sventura, da vario tempo temuta, nelle alterne vicende di speranze e di sconforti.
Angelo Majorana era ieri rapito alle cure ansiose della famiglia e degli amici, che fidenti seguivano le ultime fasi della malattia insidiosa: la nobilissima vita fu infranta d'un tratto.
Alla gravità della perdita ogni parola sarebbe inadeguata, e ai suoi meriti mal risponderebbe, specialmente nella ristrettezza del tempo. Ma l'espressione del sentimento valga più che ogni arte di parola; e l'attestazione della nostra angoscia risulti, più che dalle frasi, dalla intensità della nostra commozione.
(Benissimo!)
A voi, miei colleghi, allo spirito del caro amico, chiedo venia pertanto se mi limiterò a pochi cenni fugaci di una vita, che, nella sua brevità, lascia così ampie traccie nella nostra storia parlamentare.
Nato il 4 dicembre 1865 da una famiglia, di cui era merito l'aver unito al sentimento di patriottismo le più preziose doti dell'ingegno e il profondo amore agli studi, giovanissimo fu stimato degno di largire dalla cattedra universitaria l'insegnamento di forti discipline: e ivi acquistò credito così eminente, palesando ingegno temprato anche alle difficoltà pratiche della vita, che nelle elezioni generali della legislatura seguite al raggiungimento dell'età legale, gli elettori di Nicosia lo elessero a deputato, e lo confermarono nelle due successive.
Nella legislatura attuale fu eletto dal Collegio di Ragusa Superiore: la sua fama ben a ragione aveva varcato i limiti della provincia nativa.
Il genere degli studi, cui si era principalmente dedicato, lo aveva
mirabilmente preparato alla vita politica; e le sue pubblicazioni sul Parlamentarismo, sul Principio
sovrano nella costituzione degli Stati e sulla Teoria costituzionale delle entrate e delle spese dello Stato,
rimangono come manifestazione luminosa della sua ampia dottrina e del suo
ingegno fecondo.
In brevissimo tempo, dopo entrato alla Camera, vi acquistò una delle posizioni maggiori, creata dai reali suoi meriti, che subito apparvero nella sua azione parlamentare, delle più intense e fruttifere; rivolta, in conformità della sua inclinazione e dei suoi studi prediletti, alla politica finanziaria.
Membro della Giunta del bilancio, sottosegretario di Stato alle finanze, ministro prima delle finanze e infine del tesoro, nella sua carriera rapidamente ascensionale ebbe sempre largo conforto di consenso e di simpatia dei colleghi, lieti dei suoi trionfi, come quelli della più vivida affermazione della genialità italiana.
Scorrendo negli atti parlamentari l'opera da lui compiuta, in quelle pagine ancora così vibranti di energia e di vita sentiamo una tale sicura sua competenza nelle più ardue questioni, un tale spirito di sana democrazia, e una così alta concezione delle funzioni dello Stato, che l'animo nostro confonde insieme l'ammirazione e il rimpianto.
(Approvazioni)
Dalla relazione sulla emigrazione a quella memoranda sulla municipalizzazione dei pubblici servizi, e a quella sulla riforma dei dazi comunali, la sua opera parlamentare, completata da discorsi come quelli sul lavoro delle donne e dei fanciulli, sugli infortuni nel lavoro, sull'industria zolfifera siciliana, sulla riforma tributaria, nei quali rifulsero insieme lo splendore della forma e la somma efficacia dell'argomentazione, fu degna di un vero uomo di Stato.
Essa ebbe il suo coronamento nella azione sicura, rapida, illuminata da lui portata nelle amministrazioni a lui affidate, e sovrattutto nella conversione della rendita, che, preparata dalla sagacia di Luigi Luzzatti e dalla prudenza di Paolo Carcano, fu da lui compiuta con la più sicura intuizione della opportunità del momento e coi più sapienti accorgimenti.
Mentre frutti così rigogliosi egli aveva già dati, mentre tutti quelli che lo amarono aspettavano da lui maggiori e ancor più segnalati servigi al paese, la malattia insidiosa lo incolse e lo tenne lontano noi, obbligandolo ad un riposo che deve
esser costato sacrifici dolorosi alla sua fervida tempra di lavoratore.
Più volte ci arrise la speranza di rivederlo, ma non ne avemmo che una
ricomparsa fugace. Pure la giovane età, il riposo, e la serenità della mente
da lui sempre conservata, che gli permise, anche m mezzo alle più acute
sofferenze, di dedicarsi al lavoro genialissimo Sull'arte
di parlare in pubblico, ci aveva sempre dato la fiducia che egli
vincesse la terribile prova, e potesse ritornare tra noi, preparato a nuove
lotte e nuovi trionfi.
(Benissimo!)
La speranza fa vana. La intensità del nostro dolore non può pareggiare la gravità della perdita, che la famiglia, il paese e noi tutti singolarmente sentiamo.
Un solo conforto ci resta: il ricordo imperituro di quella vita, che fu breve, ma piena, con una fine immatura; ma dovunque onorata e pianta.
(Vivissimi, unanimi e prolungati applausi)
Propongo per tutti gli estinti colleghi, che ora ho commemorato, un telegramma di condoglianza alla famiglia, alla città natale, ed al capoluogo del Collegio; una corona di bronzo sulle tombe degli onorevoli Costa e Majorana e un lutto di otto giorni al banco della Presidenza e dei ministri; ed in segno di particolare onoranza per l'onorevole Andrea Costa, come si fece più volte in casi analoghi, la sospensione della seduta.
(Vivissime approvazioni)
Ha facoltà di parlare l'onorevole Fradeletto.
Fradeletto. Le parole commosse proferite dall'illustre Presidente della Camera hanno rievocato le care ed elette figure di colleghi dolorosamente dileguati dal nostro fianco: primi nell'ordine della vita parlamentare, Andrea Costa ed Angelo Majorana: l'uno, la maturità memore e declinante ormai negli anni, ma sempre vivida e generosa di affetti, l'altro la maturità ancora fresca, coronata fino a ieri di fortuna e degna di ogni evento maggiore.
Il cordoglio della Camera è così profondo, come la loro scomparsa è parimenti crudele. Ma a me, che fui legato di particolare amicizia ad Andrea Costa, sia oggi consentito di levare l'anima alla memoria di lui; alla memoria dell'uomo forte e buono, che rivestì di genialità e di gentilezza la fede incrollabile in un proposito di rivendicazione sociale.
A questo supremo proposito di convertire i volghi un giorno spregiati a dignità di popolo civile, Andrea Costa sacrò anima, intelletto, energie, vita. Fu precursore, iniziatore, organizzatore; assalì, agitò, sofferse; portò nel campo delle battaglie nuove un ardore irrompente di milizia garibaldina; anzi parve congiungere nella sua natura, fatta essenzialmente di intuizioni rapide e di concitata sensibilità, lo spirito di due momenti storici diversi: quello, non peranco dileguato durante la sua giovinezza, della rivoluzione patriottica e quello, esordiente appena, delle competizioni. sociali.
[Molte voci].
(Bene!)
Certo il contegno di Andrea Costa potè e dovette variare; variò secondo le ragioni imperiose della realtà, reclamanti a volta a volta l'impeto che suscita e l'attesa che raccoglie, lo spirito ribelle che demolisce e lo spirito positivo che si sforza di costruire; ma la sua linea morale, l'interna linea della coscienza, restò immutata.
Ogni suo atteggiamento fu determinato da una visione obbiettiva, non mai dalla vanità, da un'irrequieta cupidigia di preminenza, dalle suggestioni palesi od occulte del tornaconto personale.
(Approvazioni dall'estrema sinistra)
Queste scorie giacciono fatalmente nel fondo di tutte le anime; ma in quelle anguste e fredde salgono di continuo a galla, mentre invece si fondevano e scomparivano nel fuoco perenne che ardeva entro l'anima sua.
(Approvazioni)
E appunto perchè egli fu inflessibile nelle idee, potè essere transigente e mite con le persone. Nulla in lui d'acre e di rudemente settario; egli era sensibile a tutte le cose buone e belle, comunque si chiamassero; aveva (voi certo lo ricordate) nella faccia, come nella parola, un'espressione così aperta e limpida, così effusiva e raggiante da mettervi in immediata comunicazione con la parte più intima del suo sentimento e del suo pensiero.
Figura tra le più rappresentative del carattere romagnolo, accensibile e tenace insieme - al pari di Vincenzo Caldesi e di Antonio Fratti - egli mi fece comprendere non soltanto come la sua terra natale sentisse prima e più intensamente d'ogni altra, la poesia civile di Giosuè Carducci, ma come l'ala del poeta di Maremma spiccasse un volo più ardito e più largo, non appena accostò i vampeggianti entusiasmi del popolo di i Romagna.
(Approvazioni)
Oggi i nostri colleghi socialisti esaltano e piangono a buon diritto Andrea Costa;
fannogli onore, e di ciò'fanno bene,
perchè egli fu il mattiniero vessillo della loro parte e perchè l'esempio d'abnegazione personale da lui costantemente offerto deve avvalorare ai loro occhi una concezione della vita la quale implica logicamente la scomparsa dell'egoismo o almeno la sua massima limitazione.
Ma anche noi, a qualunque parte ascritti, abbiamo ragione di onorarlo: perchè, qui dentro, tutti siamo moralmente cointeressati a riconoscere la rettitudine, la coerenza, la fermezza, la dignità del carattere, quanto insomma costituisce la prima virtù dell'uomo pubblico e il più alto decoro dell'istituto parlamentare.
(Approvazioni)
Con questo sentimento, io, non socialista, saluto la memoria d'Andrea Costa: la cui vita fu tutta una candida lezione di probità politica e morale, e la cui morte, stringendo i nostri cuori in un palpito solo d'amore e di dolore, contiene un'altra lezione di bontà, d'equo giudizio e d'umana simpatia.
(Vive approvazioni ed applausi)
presidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole
Lacava.
Lacava. Come il più anziano della Camera io, che mi onorai e mi onoro ancora di essere stato uno degli amici più cordiali di Andrea Costa, mi associo alla commovente e mesta commemorazione fatta dal nostro illustre Presidente, seguita da quella fatta dall'onorevole Fradeletto. Non farò la storia di quanto Andrea Costa ha compiuto nell'interesse del partito che egli rappresentò in questa Camera e di cui fu uno dei capi. La faranno altri con maggiore autorità della mia, la faranno cioè quelli che appartengono al suo partito. Io mi permetterò di ricordare principalmente alcune impressioni nella Camera per la parte che Andrea Costa prese alla vita parlamentare.
Ricordo che quando egli vi entrò il 25 novembre 1882, circa 28 anni fa, vi fu quasi un'onda di sospetto sulla sua persona riguardo al suo intervento nel Parlamento: non però dai nostri banchi.
Ricordo che in quel giorno, nella Camera, tutti guardavano a lui, quasi si chiedessero se egli avrebbe, oppur no, giurato. Andrea Costa giurò puramente e semplicemente senza alcuna restrizione. E quando, nel seguente dicembre, fu discusso il disegno di legge dell'onorevole Zanardelli sul giuramento politico, ricordo che in mezzo a quegli atleti della eloquenza e dell'autorità parlamentare, fra i quali uno dei superstiti l'illustre nostro Presidente, in mezzo ai Crispi, agli Zanardelli, ai Ceneri, ai Mancini, ai Depretis e a tanti altri, l'onorevole Costa prese la parola e, coerente alle sue idealità, disse che egli credeva che il giuramento fosse cosa per lo meno inutile, tutto al più: fosse un impegno religioso.
Il presidente della Camera, onorevole Farini, lo redarguì più volte, la Camera qualche volta rumoreggiò, egli mantenne tranquillo il suo concetto, e come era molto cortese ed affabile, così la Camera, non ostante che non dividesse la sua opinione, si rassegnò a sentirlo.
Or bene, vedete il cammino storico della vita! Andrea Costa il dì 7 maggio 1909, quando fu assunto alla vice presidenza della Camera, e s'insediò nell'alto seggio del Presidente, compì il primo suo atto con l'invitare il deputato Francesco Spirito a giurare. Disse: essendo presente l'onorevole Francesco Spirito, lo invito a prestare giuramento e leggo la formula. La formula fu letta e così egli, equanime nei suoi giudizi dovette, per ragione del suo ufficio, invitare un deputato a giurare!
Il concetto che nell'esame delle questioni sociali, predominava in Andrea Costa era questo: che non ai moventi politici, ma alle condizioni economiche si dovesse guardare; che le cause predominanti fossero queste e che da queste dovessero partire gli studi per i rimedi.
E sempre tenne viva questa sua concezione, che cioè le condizioni economiche specialmente dovessero essere tenute presenti nelle questioni operaie e sociali.
Ed, infatti ricordo che nella seduta del 23 aprile 1888 egli presentò una
interpellanza in questi termini: «Il sottoscritto desidera di interpellare l'onorevole ministro
degli interni sulle intenzioni del Governo per rapporto alla riforma
sociale»
respinta dalla Camera, chiese al Presidente di ritirarla con queste fatidiche parole:
«Siccome dopo la dichiarazione dell'onorevole presidente del
Consiglio la mia proposta sarebbe respinta, ed io non vorrei che col
seppellimento sotto codesti rumori della mia domanda di
interpellanza, si credesse di poter seppellire in questa Camera la
questione sociale, che, se non la sentite voi qui dentro, rumoreggia
fortemente al di fuori, o signori, così, onorevole Presidente, io
intendo di lasciar impregiudicata la questione, affinchè presto o
tardi si possa offrire alla Camera l'occasione di discutere, con
serenità e con altezza di vedute, questo, che è il problema più
grave dei secolo.
E con ciò io credo, o signori, di essere più utile a voi che a
noi, perchè della questione sociale avete assai più voi a temere che
noi!»
Parole fatidiche queste. Perchè oggi noi, dopo vent'otto anni, abbiamo già molte leggi sociali votate ed altre formano programma di governo.
Andrea Costa entrò alla Camera nella XV legislatura: del suo partito egli fu il primo che vi entrò; poi nella XVII ebbe a compagni l'Agnini, il Prampolini, il Maffei ed altri: era una pattuglia la quale ora è divenuta legione, legione destinata ad accrescersi, perchè è passato il tempo dei sospetti e delle prevenzioni.
Andrea Costa fu lottatore più fuori che dentro la Camera, più uomo di azione che di parole. Così, ad esempio, nei disastri nazionali si trovò sempre al primo posto, dal colera di Napoli fino al terremoto di Calabria e di Messina.
Il migliore ricordo che ho di Andrea Costa è questo: si avvicinava l'inverno del 1899-900, e nella sua Bologna, nella sua Emilia vi era una grande disoccupazione. Allora egli venne da me, che mi trovavo a reggere il Ministero dei lavori pubblici, ed io d'accordo con lui, tenuto conto delle condizioni in cui versava il bilancio, feci in modo che quella disoccupazione, mediante l'esecuzione di opere pubbliche, fosse eliminata. Egli ne tenne conto, e volle venire a ringraziarmi personalmente.
Signori, io non mi dilungo su quello che Andrea Costa ha fatto per il suo partito, solo mi permetto nel nome dell'amicizia che mi legò per molti anni a lui di mandare alla memoria del veterano della vecchia guardia il nostro reverente saluto; ed io appunto sulla tomba dell'amico da più che venticinque anni depongo questo mesto e modesto tributo.
(Vive approvazioni)
presidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole
Gallini.
Gallini. Andrea Costa era sopratutto un carattere; il popolo lo amava in vita e lo piange ora per la fierezza romagnola del suo carattere e dell'animo suo e per l'ardore col quale egli soleva difendere le cause dei deboli e degli oppressi.
Si potrebbe dire di lui quello che Giosuè Carducci scrisse di Giorgio Imbriani: aveva l'impeto e la concitazione del tribuno, aveva la fede e l'ardore dell'apostolo, e nel tempo stesso aveva una gentilezza decorosa come di cavaliero, una bontà ed una dolcezza come di fanciulla.
Noi lo ricordiamo da questi banchi dove egli seppe conciliare le asperità dell'uomo di parte e la gentilezza dell'uomo di cuore; mandiamo a lui il nostro memore saluto, a lui che propugnò in tutta la sua vita ideali di amore e di pace; e formiamo l'augurio che questi ideali di amore e di pace diventino presto patrimonio inalienabile di tutto il popolo italiano.
(Approvazioni)
presidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole
Bava.
Bava. Onorevoli colleghi! Come il più anziano dei rappresentanti della regione che diede i natali ad Andrea Costa e lo elesse, e lo confermò per lunghi anni, suo deputato nel Parlamento, mi associo anche a nome dei colleghi alle parole di compianto affettuoso che da tante parti della Camera, dopo il discorso alto e bello del nostro illustre Presidente, sono state pronunciate in onore del compianto collega Andrea Costa che fu uno degli uomini e dei caratteri veramente rappresentativi della Romagna.
Studente a Bologna egli sentì fremere nell'animo suo gli arditi e caldi
ideali che i nostri vecchi avevano sentito ai tempi gloriosi delle
cospirazioni per l'indipendenza della patria e per la sua redenzione civile:
ed ascoltò le nuove voci che venivano dalle classi operaie e ardite dottrine
risorte all'estero; e si fece apostolo di una nuova idea sociale «fulgente di giustizia e di pietà»
Non aggiungerò parole a quelle bellissime ed affettuosissime che sono state pronunciate
in quest'Aula in suo onore. Il Poeta che gli era stato maestro disse
dell'idea nuova «benediciamo chi per lei cadea»
«con mosse piede ne piegò sua costa»
(Approvazioni)
E poiché il sentimento d'affetto mi mosse a parlare, aggiungerò subito ora una parola di vivo rimpianto per l'amico del cuore, pel collega caro indimenticabile nell'insegnamento, nella deputazione, negli studi e nel Ministero; strappato ieri al nostro affetto, alle nostre sicure e fidenti speranze.
Oggi a parlare di Angelo Majorana, la parola stenta a venire sulle labbra, poiché sta nella mente sempre viva la sua imagine di giovinezza; risuona nell'Aula la sua parola precisa, agile, bella; si sente intorno il fascino della sua simpatia. La parola per lui dovrebbe essere di augurio, ed è di pianto!
Egli scompare quando le nostre speranze in lui erano più vive; e la sua dipartita fa uno strazio indicibile nei nostri cuori. Egli lascia, nella breve vita operosa, larga eredità, sia nella scienza, che coltivò con amore intenso, sia nella letteratura, che proprio nei suoi ultimi giorni onorò con un'opera da tutti ammirata, sia nella sociologia, in cui, rinnovando con pietoso pensiero dottrine del padre, che era seguace della scuola bella, italiana, del Romagnosi diede saggi luminosi; sia nell'amministrazione che ebbe savie leggi da lui; sia nella finanza, dove con felice ardimento seppe compire opera indimenticabile; sia infine nella politica, in cui il suo nome resterà vivo per l'opera compiuta e per quella che era chiamato a compiere e che noi tutti, fidenti, aspettavamo dal suo alto ingegno e dal suo cuore.
Alla memoria di Andrea Costa e di Angelo Majorana, oggi uniti nel nostro affetto, nel nostro rimpianto, e nella nostra ammi razione, mando commosso un pensiero reverente. E ad Angelo Majorana dia la mia modesta voce il saluto reverente e affettuoso, anche a nome di altri amici, che col Majorana furono colleghi al Governo e che per tutta la vita ne serberanno amata, onorata la cara memoria.
(Approvazioni)
presidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole
Fera.
Fera. Onorevoli colleghi, permettete che io manifesti compianto malinconico e rimpianto amaro a nome dei radicali per la sparizione di Angelo Majorana e di Andrea Casta. Triste veramente è il pensiero di una vita spezzata nel suo fiorire, e tragico veramente è il destino di chi discende negli oscuri silenzi della tomba, mentre si aprivano per lui giorni luminosi di speranza e di gioia. Egli aveva nel cuore e nella mente i raggi del sole siciliano, e ne erano espressione consolatrice gli occhi fulgidi e ardenti. Il suo intelletto non aveva perplessità ed oscurità, ma superava i problemi con semplicità vigorosa. Molto egli avrebbe potuto ancora dare all'isola del fuoco, alla sua isola, bella e sventurata, molto ancora alla Patria.
Tutte le anime nobili si piegano commosse sulla tomba, che sarà lungamente lacrimata.
Per Andrea Costa ih nostro cordoglio è ancor più grande e più profondo.
L'unanime consenso di simpatia dolorosa non può essere turbato o limitato dal ricordo di divergenze pratiche o dottrinali di partito, perchè nel suo pensiero e nella sua vita le tendenze politiche armonizzavano con le esigenze umane, e le asperità delle competizioni erano addolcite dal fascino della bontà e dal fuoco del sentimento.
Onorevoli colleghi, la più grande verità è stata detta dal poeta tedesco: «Nel mondo tutto è sentimento ed i gradi di civiltà corrispondono
alle fasi ascendenti della simpatia»
Quando si raggiunse la unità territoriale e politica della Patria mercè le vigorose impazienze delle forze rivoluzionarie e la prudenza tenace e organizzatrice delle classi dirigenti, il moto ascendente e tumultuario delle masse per oltre un decennio, cioè dal
al 1882, si svolse in una serie di repressioni, che riuscirono ad allargare gli istituti per l'avvento di forze politiche incoercibili e rinnovataci. Qui giunse Andrea Costa, araldo di idealità luminosa, e lentamente attorno gli crebbero, in atteggiamenti diversi, gruppi numerosi di uomini, che perseguono un fine comune di trasformazioni profonde senza angustie di pensiero e con criterio consapevole di responsabilità. E, non è guari, ci parve prodotto spontaneo di eneluttabili situazioni la sua assunzione alla vice presidenza della Camera, perchè oramai un convincimento illumina e regola tutte le coscienze sulla linea inviolabile delle mutazioni storicamente progressive.
Andrea Costa, con i fatti e non colle parole, ci offre l'insegnamento più alto e più suggestivo. La vita moderna non consente negazioni storiche, ma impone partecipazioni feconde, e prescrive che per tutto e su tutto vi sia un'opera di rinnovamento quotidiano che distrugga il degradante autoritarismo brutale e vi sostituisca il senso della disciplina civile.
Continuiamo noi dunque le battaglie; ma nei momenti più aspri torni l'immagine del precursore sereno a ricordarci che il nodo vitale del movimento economico e politico è il sentimento; e che è santo ogni atto che ne accresce il vigore e la libertà!
(Vivissime approvazioni)
presidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole
Bentini.
Bentini. Onorevoli colleghi, sinceramente avrei preferito che a commemorare Andrea Costa si fosse levata da questa parte della Camera, dal gruppo al quale mi onoro di appartenere, una voce molto più autorevole e più degna della mia. Ma si è voluto (ed io obbedisco) che parlasse un giovane, forse per l'unica prerogativa dell'età, a significare meglio che uomini come Andrea Costa non muoiono, ma rivivono col loro esempio, poiché il loro esempio è eterna giovinezza. Si è voluto che parlasse un giovane perchè i giovani sono più dappresso all'avvenire, e il pensiero e la visione dell'avvenire sono il tributo più degno alla memoria di Andrea Costa.
Altri ha rievocato, splendidamente, la sua anima, la grandezza della sua anima, un'anima in cui si contemperarono in un perfetto accordo di genialità le doti e le i virtù più varie; perchè egli fu tribuno e parlamentare, egli fu precursore e organizzatore; egli ebbe il senso delle folle, lo rese e tradusse, trasparente talvolta come la superficie dell'anima della folla stessa, talvolta profondo come l'acqua corrente nell'abisso; ed ebbe la finezza di tutti gli accorgimenti tattici, purché fossero accorgimenti leciti. Egli ebbe insieme la rude asprezza del soldato, del combattente e una fonte inesauribile di poesia. Egli ebbe una di quelle anime, insomma, che palpitarono solo nelle grandi figure, le quali, scomparendo, ebbero questo privilegio: di cancellare tutti i confini, tutte le fedi, tutte le divisioni, nella solidarietà di un solo lutto e di un solo dolore.
II Parlamento, molto prima di quest'ora, aveva reso omaggio all'uomo che onorò questa tribuna, con la parola finché potè, finché cioè non gli fu tronca e soffocata dal male, e poi, quando non potè più con la parola, con la frequenza assidua, ostinata, finché non si prostrò sul suo letto di morte. Il Parlamento ha reso già omaggio ad Andrea Costa, nella persona del suo Presidente che mi è grato di rievocare così come lo vidi, come l'abbiamo visto in parecchi, misto al popolo di Romagna, senza corteo di onori, sul palco in gramaglie, a capo scoperto sotto la raffica della neve, a dare il primo e il più commovente e il più grande attestato di omaggio a nome della rappresentanza nazionale, accrescendo, con la sua presenza e con la sua parola, il significato già altissimo della manifestazione.
(Vive approvazioni)
Perchè, se ho bene inteso il significato della commemorazione che ha avuto così efficace e valoroso interprete, parmi che esso abbia voluto dir questo: che Andrea Costa sempre, in tutti i momenti della sua vita, tanto nel periodo procelloso, come in quello della ponderazione, sia che dall'ombra del suo carcere o dallo sgabello di accusato nei suoi processi, lanciasse più audace la sfida contro il vecchio mondo, sia che gettasse nei tumulti di popolo il lampo e lo scroscio delle sue invettive, sia che si levasse dal tuo scanno di deputato con la voce e con il gesto della sua eloquenza, Andrea Costa, anche quando dirigeva più diritti i suoi colpi, risparmiò sempre le persone per servir meglio la sua fede.
E attestino pure gli oratori che mi seguiranno, come hanno attestato quelli che mi hanno proceduto, che quest'ultimo tribuno d'Italia, quando discendeva dal palco del comizio, sapeva sempre atteggiarsi nei vari e complessi rapporti della sua vita ad un tratto di squisita signorilità.
Ma per noi di questa parte della Camera la sua scomparsa è ben altra cosa. Per noi è la luce più bella delle nostre idealità, che si è spenta, di quella idealità che Andrea Costa rappresentava e personificava nella sua vita, nel nostro partito, nel nostro movimento, a segno che gli aneddoti e gli episodi di quella vita sono i capitoli più belli di questa storia.
Quando la nostra idealità non aveva ancora in Italia metodo, disciplina e, sopratutto, la pienezza di contenuto storico che trabocca da essa in quest'ora, e tutto vaneggiava torbido di rivoluzione nella mente di poche figure di precursori, Andrea Costa si offerse di esserne il diffonditore.
Ma si offerse è dir poco, perchè egli si consacrò tutto quanto alla libertà, consacrò il suo pensiero, la sua azione ai deboli, il suo nome agli insulti e alla misconoscenza, la sua persona alle persecuzioni ed alle sofferenze.
(Vive approvazioni)
Perchè, onorevoli colleghi, le fedi come le nostre, che sono destinate a trionfare quando che sia e come che sia, al loro primo affacciarsi hanno bisogno, reclamano la seduzione delle anime. Le formule, le teoriche, gli schemi verranno dopo forse a segnare l'ombra dei tramonti; le anime sono docili e si danno sole al sacrificio, e Andrea Costa parlò al popolo col fascino dei suoi sacrifici, lo convocò all'ombra delle sue prigionie e dei suoi patimenti e lo trascinò seco per tutte le vie dei suoi esili.
(Applausi)
Gli si proibì il proselitismo, ed egli si fece delle persecuzioni il mezzo più possente di propaganda e di proselitismo, e quando la nostra idealità, schiarita la nebbia di segno che l'aveva avvolta, divenne l'anima dei tempi, o per lo meno l'anima della nostra generazione, quando i bisogni umani, tutti i bisogni umani, dopo la collera e l'insofferenza ebbero finalmente una coscienza, una dottrina, una storia in Italia, quando le aspirazioni tumultuose inavvertite si sistemarono, quando tutto il movimento dell'internazionale che aveva avuto per linguaggio e letteratura il proclama insurrezionale per organizzazione e nucleo una organizzazione semipubblica, per attività immediata il colpo di mano, sul vecchio mondo si dava una legge, la ferrea legge dell'evoluzione, Andrea Costa non si appartò, egli non aveva finito la sua grande giornata, l'onda dei sopravenienti non lo sorpassò, ma incalzandolo lo spinse ancora una volta, per altra via, al posto dei precursori, perchè Andrea Costa che ha avuto il primo palpito della nostra fede ha avuto anche la prima visione della riforma nel contenuto informatore della nostra fede.
E infatti trenta anni fa con lui il proletariato fece qui dentro la sua prima comparsa rompendo indugi, inibizioni, divieti che lo avevan fatto arretrare sino al 1882, e fece qui la sua prima comparsa per trasformarsi da fattore economico di produzione in fattore politico di rivendicazioni dei suoi diritti.
Trenta anni fa! quanto cammino, onorevoli colleghi, dal giorno in cui Bologna lo rinchiudeva nei torrioni dopo lo sforzo febbrile, utopistico dei moti di Caprara, al giorno in cui vedemmo salire lui, il presidente dei nostri congressi, alla vice-presidenza della Camera! Ci parve che con lui salisse il socialismo, senza abiura, ad espugnare una vetta, la vetta più ardua del vecchio mondo. E tra queste due giornate, tra questi due termini del periodo storico della vita di Andrea Costa, la sua figura ci appare diritta e leonina, sempre come la figura di un tribuno di idealità, ci appare ad ammonirci che se i nostri tempi non reclamano più, e forse non reclameranno mai più i nostri polsi per i ceppi che hanno stretto i suoi, essi chiedono ed impongono anime senza odio, aspirazioni senza gelosie e senza cupidigie.
(Vivissimi e prolungati applausi)
presidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole
Mazza.
Mazza. In tanta manifestazione di sentimento e di affetto verso la memoria di Andrea Costa, io sarei spinto a rinunziare alla parola per non diminuire la eletta figura del cittadino che oggi si piange; ma sono incaricato di parlare a nome del gruppo repubblicano perchè sia ricordato anche da parte nostra il nome del compianto cittadino. Consentitemi quindi un solo minuto perla espressione del nostro profondo rammarico.
Onorevoli colleghi, ho voluto seguire il nostro illustre Presidente ed andare anch'io ad Imola a rendere, a nome dei miei amici, l'ultimo tributo di affetto e di ammirazione ad Andrea Costa; e in quel lungo corteo, che seguì il feretro nella giornata di neve, non tanto mi colpirono le molte centinaia di bandiere che lo attorniavano, o la numerosa
moltitudine che lo seguiva, quanto mi colpì 1'unanimità del sentimento che era rappresentata dalla diversità della gente che andava dietro quel carro. Erano contadini che ricordavano come da esseri bruti quali erano or sono trent'anni, mercè in gran parte l'opera sua, erano divenuti altrettante anime ed altrettante coscienze; erano operai che ora dalle officine levavano una voce corale che diceva: siamo uomini anche noi e vogliamo la nostra redenzione economica; erano borghesi che avevano sentito la sua parola, erano deputati al Parlamento che altra volta avevano autorizzato il suo arresto; erano senatori del Regno; era l'elettissimo nostro Presidente, che rappresentava tutta la Patria. Ed allora io mi sono detto: è dunque veramente uno spirito grande quello che oggi scompare! E mi sono domandato: e perchè questa unanimità di cordoglio? Forse per l'altezza perspicua del suo ingegno, forse per le mirabili opere compiute sui campi di battaglia, forse per qualsiasi altra attività del suo spirito?
No, questa unanimità di rimpianto, questo rispettoso cordoglio che trabocca da tutti gli animi dei presenti, deriva da un altro fatto: dal fatto che questo grande, colossale, gigantesco combattente, era un combattente di buona fede, che, in tutte le battaglie della sua vita, aveva combattuto pagando di persona, che costantemente assumeva tutta la responsabilità de' suoi atti e, ammonito, condannato, ammanettato, onorato, condotto fino al massimo onore della vice-presidenza della Camera, mai sempre era stato costante nella sua attitudine politica; giammai aveva smentito di un ette il suo programma politico ed in ogni suo movimento aveva avuto sempre presente una finalità, mai deviando, sempre mirando alla conquista di quella.
Ecco, onorevoli colleghi, come e perchè voi, come i suoi generosi romagnoli, avete sentito palpitare il vostro cuore dinanzi alla disparizione di un così alto cittadino; ecco perchè, onorevole Presidente ed eloquenti oratori che mi avete preceduto, avete sentito la necessità di esaltare il nome di quest'uomo, più ancora che per l'altezza del suo ingegno, che pure ebbe in grado eminente, per il valore della persona, quale esso si è dimostrato nella lotta della vita.
La sua lotta fu lotta umana, rettamente civile e, quindi, più alta di quelle combattute dai patriotti che erano andati sui campi di battaglia. Ecco perchè avete sentito la necessità di tributargli onore e di esprimere un senso di gratitudine inestinguibile verso un uomo che tali servigi ha reso al paese e alla libertà, e tanto ha combattuto ed, in parte, ha vinto, nella lotta economica che da secoli affanna ora con uno, ora con altro nome, le umane società. Ecco perchè anche il gruppo repubblicano a lui, anima repubblicana, ha sentito il dovere di mandare il suo estremo saluto in questo solenne momento.
(Vive approvazioni)
presidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole
Mirabelli.
Mirabelli. Dopo il ricordo eloquente dell'amico Mazza per mandato del gruppo repubblicano, non oserei aprir bocca sé la mia parola non avesse una sua ragione. Ravenna fu il collegio politico che sottrasse l'ozioso, il vagabondo, il malfattore, l'ammonito, il petroliere alle unghie della polizziottaglia italica e lo balzò, assertore d'idealità, sullo stallo dell'Assemblea.
Ho l'onore di essere qui per Ravenna, ed ecco la ragione della parola mia.
Noi del Pro Patria di Napoli partecipammo alla
battaglia della sovranità elettorale per Andrea Costa, come per Guidazio e
Locatelli, operai di Torino e di Pavia e con la penna sapiente del Bovio
dicemmo che la questione sociale ha il diritto di essere discussa in
Parlamento da coloro che vi hanno consacrato l'ingegno, gli studi, la
vita.
Fu apostata Andrea Costa? Il suo stallo di deputato fu una involuzione o una evoluzione? Era stanchezza cupida o laido girellismo politico? Non è questa l'ora per una discussione simigliante, e soprattutto il farla spetta al socialismo italiano.
Per noi repubblicani - lontani, come disse allora il nostro Imbriani, dal socialismo anarchico e dal socialismo cesareo - la nuova battaglia del Costa era un passo verso la nostra dottrina, e la nostra orientazione politica - e noi partecipammo alla battaglia di chi, dopo i primi pugilati dissennati, con geniale intuizione e con fede accesa nei destini dell'umanità, ravvisò ne'repubblicani e ne'socialisti le due grandi legioni della rivoluzione avvenire.
Questa grande idealità di una democrazia senza privilegi e di un proletariato redento fu la luce del suo intelletto, la fiamma del suo cuore ed egli ebbe le vibrazioni gagliarde
dell'anima sua generosa per ogni causa giusta, per ogni rivendicazione di libertà, per ogni gentil sogno di bene.
Sull'urna cineraria di questa nobile figura di combattente, di ribelle, di
agitatore, di cattivo, di profugo-ramingo e pellegrino di un'idea,
(Approvazioni all'estrema sinistra)
presidente. Per commemorare l'onorevole De Michetti ha
chiesto di parlare l'onorevole Cerulli. Ne ha facoltà.
Cerulli. Permettetemi, onorevoli colleghi, di rompere, sia pure per una volta tanto, il silenzio, che mi è divenuto abituale in quest'Aula.
Perchè io sento il bisogno che la mia voce turbata, ma impressa di grandissimo affetto, si unisca a quella dell'onorando nostro Presidente, nell'esprimervi per la morte di Carlo De Michetti, i sentimenti della comune ambascia, dell'universale compianto.
Nella dolorosa perdita dell'impareggiabile amico, il quale più che soccombere, disparve, manca a me la parola acconcia per dirvi di lui, ciò che vorrei, ciò che sopratutto dovrei, perchè de' suoi rari pregi di cuore e d'intelletto, nessuno forse, meglio di me, può recare in quest'Aula, consapevole testimonianza.
Per questa intima e profonda conoscenza di tali virtù, ed in omaggio alla
semplicità e modestia del caro estinto, mi sia permesso dir tutto di lui in
una frase sola, ripetendo col poeta che, se il mondo
sapesse il cor ch'Egli ebbe ancor più vivi sarebbero que' vivissimi
sentimenti di stima, di benevolenza, di simpatia, che accompagnarono la sua
purtroppo breve vita, ed accompagneranno la sua memoria.
Nè posso non aggiungere, che per la larga e quotidiana consuetudine, ch'ebbi con lui, e perchè feci sempre tesoro del suo illimitato affetto, della sua rara attività, della sua singolare abngazione, in servizio de' legittimi interessi del caro nostro loco natio, io sento, ora, più che mai, esser mancata con lui una parte di me stesso.
Ma, se da me era più davvicino sentito, era però noto a tutti voi, quanto efficace, diligente fosse l'opera politica di Carlo De Michetti, per la lucidezza del suo spirito, per l'integrità sua e per quella inesauribile bontà, onde tutto si dava alla sua affezionata famiglia, agli amici ed al paese.
Al paese, ed alla sua nativa città, egli si consacrò, fin dai primi anni della sua giovinezza, e sebbene le prime armi per lui affilate nella politica, non fossero state apportatrici di successo, non per questo si sgomentò, nè si ritrasse, che anzi raddoppiò di efficacia e di zelo, e pur estraneo a quest'Aula, egli non fu meno sollecito sostenitore degl'interessi del collegio, che dovea finire per appartenergli. Circa dieci anni di apostolato affannoso, che precedettero la sua elezione a deputato, e i cinque anni di assiduo, incalzante lavoro, che visse in mezzo a noi, sotto l'assillo delle esigenze professionali e di famiglia, dovevano ben presto logorare la sua fibra, che non avea da natura sortito la forza sufficiente per reggere a lungo alle fatiche ed alle amarezze della vita politica!
Non so se inconscio, o consapevole della brevità della sua carriera, certo fidente nelle risorse della gioventù, e riluttante alle raccomandazioni degli amici, Egli, specie in quest'ultimi anni, crebbe tanto di assiduità e di tenacia, nella sua missione di lavoratore, che fu appunto 1'eccessivo lavoro, causa precipua dell'immatura, acerba sua fine!
Onorevoli colleghi! immolarsi in virtù della religione del dovere, è la più alta, la più degna gloria, per un cittadino!
E voi, attribuendo questa gloria alla vita del perduto collega, se non riuscirete col vostro lutto, col vostro omaggio, a confortar dolori, che non possono esser consolati, adempierete certamente un nobile ufficio civile, perchè il rimpianto della Rappresentanza Nazionale diventa l'augusta parola della Giustizia, la quale dimostra che l'operare il bene, non è senza solenni e preziosi compensi, nell'aspro cammino dell'umanità!
Propongo, anche a nome della grande maggioranza de' miei colleghi della Deputazione abruzzese, che siano espresse alla famiglia De Michetti, le condoglianze della Camera.
(Approvazioni)
presidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole De
Benedictis.
De Benedictis. Consentite che io faccia eco alle nobili
parole pronunziate dall'illustre nostro Presidente e dall'onorevole Cernili,
per l'onorevole De Michetti. L'affetto sincero, profondo, che nutrii
per lui e elle egli ricambiò (affetto vivissimo), l'onore di rappresentare il collegio che, con solenni votazioni, affidò a lui il mandato politico ed ebbe a confermarglielo, quest'affetto e quest'onore possono scusare, in questo momento, le mie parole, mentre rendono, per me, doveroso il saluto che mando alla memoria lagrimata dell'onorevole De Michetti.
Del forte ingegno, della sana e soda cultura egli avrebbe lasciato segni anche più durevoli, se la sua vita non si fosse spezzata, quando dell'opera sua erano già maturi i frutti che egli avrebbe dovuto raccogliere; ma ad ogni modo dell'uomo politico, dell'uomo privato resterà a lungo il ricordo. Ispirato dall'amore, dalla fede nel bene, dall'amore alla patria, per la quale egli nobilmente operò, egli ebbe le virtù più sode: la costanza nei propositi, la fede più pura, unite con la modestia più rara.
Fino alla meta, con nobile altruismo, egli sacrificò tutto sè stesso nel sollevare, nel proteggere gli umili, i derelitti; e, come sereno era vissuto, sereno potè attendere l'estrema ora. Abbracciò i congiunti; abbracciò gli amici; salutò gli avversari; inneggiò alla pace cittadina; e, con questo pensiero, con questo desiderio, chiuse la sua vita, seguito dal rimpianto di tutto il popolo abruzzese, come è seguito dal nostro vivo, e perenne desiderio.
(Approvazioni)
presidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole Vittorio
Emanuele Orlando.
Orlando V.E. Un'amicizia di venticinque anni, di cui
giammai la più tenue nube velò la fiamma pura e costante, una amicizia che
fu più che fraterna, perchè neppure tra fratelli può riscontrarsi tanta e
così perfetta comunione di spiriti, di sentimenti e d'intenti, cui la sorte
volle aggiungere una simiglianza, che sarei per dire misteriosa, anche nella
vita esteriore: - insieme studiosi della stessa disciplina, insieme assunti
alla cattedra universitaria, insieme deputati, insieme al Governo - tutti
questi affetti, tutti questi ricordi mi rendono impossibile di parlare,
senza piangere, di Angelo Majorana; eppure me lo impongono, come un dovere
tanto più sacro quanto più angoscioso. E non è solo la commozione che mi
investe e mi prostra, ma lo stupore.
Non è vero che la sua fine fosse prevista. Protesta e conclama il sentimento di quanti ne udirono la eloquenza così fluente, ad un tempo, e impetuosa così sicura trionfatrice di tutte le difficoltà e di tutti i pericoli, in guisa che - ricordate? - una discussione, per cui doveva egli, da ministro, cadere, si chiudeva per lui, oratore, nella vittoria più clamorosa; protesta il sentimento di quanti videro, sia pure per una volta sola, la maschia e giovanile figura e dovettero pensare che egli, invincibile e fortunato combattente, avrebbe certo sfidato e soggiogato il perfido male, che ne insidiava l'esistenza preziosa.
E, invece, ora egli, costantemente giovane e costantemente vincitore, è morto; rapito alla patria nella virilità più robusta e così promettente delle sue forze e del suo ingegno.
È mancata alla patria una forza, sulla quale il Governo di essa poteva così securamente contare per le più utili e nobili opere; alla cultura italiana, all'università un maestro incomparabile; agli amici un grande cuore, alla famiglia uno sposo ed un padre, di cui la squisita bontà fu solo pari all'altezza dell'intelletto. Ed è questa, in questo momento, la migliore e più eloquente commemorazione di lui: la concorde voce d'Italia che ne piange la morte, come un suo lutto, come un suo danno.
Sì, certamente, grave lutto, grave danno per la patria comune. Ma per la mia, per la nostra Sicilia, davvero irreparabili. E sembra, infatti, che sull'isola bella, cui tanta letizia e tanta felicità dovrebbe arridere sotto l'incanto stesso del suo cielo, incomba invece un fato tragico, che alle sventure aggiunge le sventure e la colpisce così fieramente nelle sue città e nelle sue genti e nei figli suoi, che si elevano come gli uomini rappresentativi di essa.
E in questa serie di fatti angosciosi, che ricoprono come gramaglie quella che fu salutata l'isola del sole e degli eroi, cadono ad uno ad uno, l'un dietro l'altro, quasi per un richiamo misterioso, i suoi figli, che nel servire la patria comune diedero così luminoso esempio di grandezza di cuore e di nobiltà d'intelletto. In tre anni, tre grandi nomi scomparsi, tre sepolcri aperti, dove si rinchiusero memorie gloriose, e opere feconde e fulgide speranze. Cadde Nicolò Gallo nella maturità del suo intelletto, e gli seguiva dopo un anno Antonio Di Budini, da cui nell'ancor salda e prosperosa vecchiaia tanti altri servigi poteva il paese aspettarsi. E cade ora, reciso ancor giovane, Angiolo Majorana: come divelto per la più crudele violenza del destino.
Quali alte speranze potesse destare il suo avvenire non potrà dirlo nessuna parola, meglio di quanto lo proclami l'opera stessa, ch'egli compì, nella sua giovinezza, che parve e che fu veramente, meravigliosa. E in questa opera sua si rivela in grado sommo e dominante quello che è precipuo e caratteristico tratto della gente nostra, di quella fervida appassionata e sveglia gente siciliana, sulla quale egli si elevò come un figlio possente e prediletto, ma pur sempre come l'esponente più puro, più fedele, più perfetto dell'anima di essa. Agilissimo, felicissimo, prodigioso, il suo ingegno comprendeva le manifestazioni più varie e più diverse, se ne impadroniva, le dominava; e fossero questioni arcane di estetica, o sottili di diritto, o astruse di sociologia, o complesse di economia, o aride di finanza, con eguale potenza assimilatrice, le rendeva sue, tutte sue, rivestendole di una nota personale, fatta di facilità, di grazia, di genialità.
Molte voci. (Bravo!)
Così delicato, così irresistibile nel penetrare nelle anime, con la semplicità di un buon camerata, faceva accettare, senza rincrescimento, quasi con gaudio, la superiorità del suo spirito. Qui stava forse la essenziale caratteristica di lui, qui il segreto dei suoi trionfi. Egli aveva, senza dubbio, un fondamento largo e saldo di qualità eminenti: varia cultura e moderna, intelligenza rapida e aperta, laboriosità esemplare, visione chiara e risoluzione pronta; ma il coefficiente decisivo, che tali qualità fecondava e trasformava in potenza dominatrice di uomini e di avvenimenti, era il fascino sottile e avvincente, che da lui emanava, al quale nessun animo resisteva, nessuna prevenzione, nessuna diffidenza. Fascino naturale e spontaneo, per cui egli da professore conquistò gli studenti, da scrittore il suo pubblico, da deputato i suoi colleghi, da ministro i suoi dipendenti; donde la segreta virtù di quel suo prestigio, cui, anche gli avvenimenti dovevano inchinarsi: la qual cosa il pubblico, che si sofferma agli effetti, chiamava fortuna…
Non è, dunque, soltanto morto un uomo, ma è svanito un incanto, che la stessa
politica, che così rapidamente cimenta e logora le simpatie, non era
riuscita ad attenuare. E io ricordo che la volta - ahimè! ultima che lo
vidi, se il volto appariva più pallido, tanto pallido, anzi, l'animo non era
mutato da quello di venticinque anni fa: così vivace e perenne fioriva la
primavera della sua giovinezza! Povero, caro te, scomparso, mi torna alla
mente, e ne apprendo tutto il senso terribile, quell'imprecazione, che si
legge su di un sarcofago degli antichi cristiani: «possa egli morire l'ultimo dei suoi!»
(Vivi e prolungati applausi — Molti deputati stringono la
mano all'oratore)
presidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole
Muratori.
Muratori. Legato con vincoli di verace affetto ad Angelo Majorana, la Camera mi permetterà che aggiunga una parola alla nobile commemorazione fatta testé dall'onorevole Orlando; omaggio sentito in quest'ora triste alla memoria dell'amico estinto, del lavoratore indefesso. È dolorosa e straziante la fine inaspettata di una giovane esistenza che tante speranze aveva destato pel bene del paese!
Non sono ancora cinque anni egli era il vincitore in quest'aula, il trionfatore nel paese, compiendo e portando a fine con tenace pensiero, con carattere fermo e risoluto, un'opera grandiosa: la conversione della rendita. Oggi il lutto popolare della sua Catania, la tristezza della Camera, lo strazio della famiglia l'accompagnano.
Non intendo in questo momento rifare la lunga enumerazione delle opere sue, ma rievocare per un istante la figura morale di questo uomo di vero talento.
Egli era un lavoratore; volendo lavorare molto, lavorava presto, quasi sentisse prossima la sua fine. Il suo talento, l'animo pieno delle più sane energie, si risolvevano in vigoria di pensiero. Studente, insegnante, scienziato, uomo politico, mirò sempre a raggiungere le alte finalità della vita, non come un arrivista volgare, ma con carattere fermo e risoluto, senza incertezze e con questa divisa: essere buono, giusto ed utile.
E tale fa la sua esistenza piena più di opere che di giorni. Ora non è più. Egli è scomparso ed ha compiuto la sua missione. Ed oggi, cessati'i piccoli odii che accompagnano sempre i grandi ingegni, e tacendo le divisioni di parte, la memoria di lui resterà indelebile nel cuore degli italiani; e mai come per lui potrà invocarsi il detto di Victor Hugo: la morte è l'avvenimento del vero.
(Approvazioni)
presidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole La
Via.
La Via. Dopo che eminenti oratori hanno degnamente
rievocato la nobilissima
figura di Angelo Majorana, io non presumo parlarvi di lui.
Di lui, con sintetica frase, solamente dirò:
Mi limito quindi a rivolgere un affettuoso saluto alla lacrimata memoria di Angelo Majorana, che per ben tre legislature fu con voto plebiscitario chiamato a rappresentare il collegio di Nicosia, nel cui nome ho oggi l'onore di parlare.
Mi limito ad esprimere tutto il mio cordoglio per la morte del venerato amico, tutta l'angoscia della mia regione per la immatura scomparsa di un uomo di Stato, che, ancora giovanissimo, alla vita politica fu consacrato dalla mia nativa Nicosia, la quale oggi piange la perdita dell'illustre figlio elettivo.
presidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole
Francica-Nava.
Francica-Nava. A nome dei rappresentanti politici della
provincia di Siracusa, di cui so di potermi rendere interprete, perchè tutti
amici ed ammiratori di Angelo Majorana ed orgogliosi di averlo a compagno in
quest'aula, mi unisco al cordoglio unanime della Camera ed alle eloquenti
commemorazioni fatte dal nostro illustre Presidente e dagli altri eminenti
oratori che mi hanno preceduto.
Non voglio e non oso aggiungere la mia disadorna parola alle loro, poiché essa sarebbe inadatta alla solennità del momento; mi limiterò soltanto, a nome dei colleghi Rizzone, Pasquale Libertini, Rizza e Modica ad inviare un mesto e riverente saluto alla cara memoria di Angelo Majorana; la espressione del nostro intenso cordoglio alla virtuosa donna desolata, che gli fu compagna nella vita, e che ne divise i dolori e le gioie, e a quei cari angioletti, che lasciò sulla terra, augurando loro di poter imitare le preclari virtù del loro amato genitore. Vada anche il nostro compianto ai fratelli, ai congiunti tutti.
Non aggiungo altro, e mi unisco alle proposte fatte dal nostro illustre Presidente, per onorare la cara sua memoria.
Molte voci. (Bene! Bravo!)
presidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole
Pozzi.
Pozzi. Onorevoli colleghi, Angelo Majorana fu onore e gloria non solamente dell'isola sua nobilissima; fu onore e gloria altissima italiana.
Io, che gli fui legato da vincoli di una amicizia lunga, affettuosissima, fraterna, io che con i numerosi amici, da ben due anni, trepidai alle notizie di sua salute, avvicendantisi ora affiggenti, ora promettenti, io, che fui sgomento all'annunzio dell'improvviso aggravarsi del suo male e che riaprii l'animo alla speranza per la notizia del successivo miglioramento, rimasi costernato, e, con me, rimasero costernati gli amici, all'annunzio crudele della sua morte.
Dire di Angelo Majorana in quest'ora di dolore, non è per me possibile, ma non è nemmeno possibile contenere ed infrenare il bisogno del cuore di esprimere tutta la piena del mio cordoglio, di esprimerla alla famiglia sua elettissima, di esprimerla alla sua Catania, di esprimerla al suo Collegio elettorale; e di esprimere pure, interprete del sentimento nazionale, il dolore infinito della patria, per la quale Angelo Majorana era una speranza sicura.
Molte voci. (Bene! Bravo!)
presidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole
Chimirri.
Chimirri. Anche noi di questa parte della Camera, equanimi estimatori della fede incrollabile negli ideali, sebbene diversi da'nostri, del forte carattere, del puro patriottismo di Andrea Costa, ammiratori dell'alto ingegno, delle attitudini varie, dell'attività feconda di scrittore e di statista di Angelo Majorana, più che con le parole ci uniamo col cuore agli elogi, fatti per onorarne la memoria e ci inchiniamo riverenti alle loro tombe lacrimate, donde verranno egregi esempi e generose ispirazioni.
Molte voci. (Bene! Bravo!)
presidente. Ha facoltà di parlare 1'onorevole
presidente del Consiglio.
Sonnino Sidney, presidente del
Consiglio, ministro dell'interno. Mi associo
di cuore, in nome del Governo, alle nobili parole di cordoglio, pronunziate
dal nostro Presidente e dai colleghi.
La morte troppo presto spezzò la giovanile esistenza di Carlo De Michetti, deputato intelligente e volonteroso, che vedemmo assiduo ai lavori parlamentari; diligente nel tutelare gl'interessi della sua nobilissima regione, studioso di questioni giuridiche, in cui portò sempre senno ed acume.
Con Angelo Majorana scompare una delle più brillanti figure del Parlamento, per l'ingegno facile e pronto, l'eloquenza colorita e persuasiva, la coltura vasta e varia. Nessun problema amministrativo o finanziario gli riusciva arduo: le più astruse questioni egli trattava ed esponeva in forma limpida
e precisa. Le sue relazioni parlamentari, le sue esposizioni finanziarie, i suoi discorsi anche in questioni tecniche, i suoi libri, tutto rivelava la meravigliosa duttilità e la potenza di quell'ingegno veramente italico.
Ebbe giovinezza splendida, meritamente fortunata: fu professore di diritto nell'Università in una età nella quale gli altri appena entrano nell'Ateneo; e, giovanissimo, ne divenne rettore; fu giovane ministro delle finanze e del tesoro; ed altre nobilissime pagine avrebbe scritto nella storia della vita parlamentare e politica del paese se la morte non avesse troncato un'esistenza così ricca di promesse. Alla memoria dello scrittore, dell'oratore, dell'uomo di governo, vada commosso il saluto nostro unanime.
Ampiamente si è parlato di Andrea Costa, e poco a me resta da aggiungere.
Lo conobbi da giovane, a Firenze, presso Alessandro Herzen; e fin da allora si faceva notare per la sincerità delle sue convinzioni, per la vivacità con cui le esprimeva, per la lealtà della sua condotta.
Giosuè Carducci lo ebbe scolaro diletto e studioso: noi, collega diligente. Sebbene la malattia già ne minasse l'esistenza, egli volle sedere fino all'ultimo al suo stallo di deputato, e lo avemmo fra noi nell'ultima seduta, pur troppo portando impressi sul volto, non più roseo e gioviale, i segni annunziatori di una fine non lontana.
Si ricorda la scrupolosità sua negli uffici che la Camera gli affidò: fu giudice sereno nella Giunta delle elezioni e nei Comitati inquirenti; fu coscienzioso vice presidente, elevato all'alto seggio in quest'Assemblea, a prova dell'alta considerazione che merita una vita sincera e corretta.
Una fede lealmente professata, una intera esistenza dedicata al raggiungimento di un ideale, si impongono alla stima universale; e noi ci inchiniamo con rispetto e con schietto rimpianto innanzi alla salma di Andrea Costa. Con questi sentimenti, mi associo in nome del Governo alle proposte onoranze.
Molte voci. (Bene! Bravo!)
presidente. Come la Camera ha udito, ho già proposto
che siano inviati telegrammi di condoglianza alle famiglie degli onorevoli
Costa, Majorana e De Michetti, alle loro città natali ed ai capoluoghi dei
loro collegi; e per gli onorevoli Andrea Costa e Angelo Majorana che siano
poste corone di bronzo sulle loro tombe e sia coperto di gramaglia il banco
della Presidenza ed il banco del Ministero per otto giorni; e per Andrea
Costa, tenuto conto dei precedenti in casi analoghi, che sia anche sospesa
la seduta. Metto a partito queste proposte.
(Sono unanimemente approvate)
Avverto la Camera che, per la ristrettezza del tempo, ho già provveduto che alle esequie dell'onorevole Majorana la Camera sia rappresentata dagli onorevoli deputati delle provincie di Siracusa e di Catania che potranno trovarsi sul luogo.
La seduta termina alle 16:00.
1. Interrogazioni.
2. Comunicazioni del Governo.
3. Sorteggio degli Uffici.
4. Seguito della discussione sul disegno di legge:
Convenzioni per i servizi postali e commerciali marittimi (120-B).
Discussione dei disegni di legge:
5. Riordinamento delle Camere di commercio ed arti del Regno (153).
6. Ordinamento delle Borse di commercio e della mediazione, e tasse sui contratti di Borsa (168).
7. Modificazioni alla legge del 13 novembre 1887, n. 5028, sulla risoluzione delle controversie doganali (174).
8. Stato di previsione della spesa del Ministero dell'istruzione pubblica per l'esercizio finanziario dal 1° luglio 1909 al 30 giugno 1910. (24).
9. Stato d previsione della spesa del Ministero delle poste e dei telegrafi per l'esercizio finanziario dal 1° luglio 1909 al 30 giugno 1910. (27).
10. Stato di previsione dell'Entrata per l'esercizio finanziario dal 1° luglio 1909 al 30 giugno 1910 (19, 19 -bis).
11. Stati di previsione dell'entrata e della spesa del Fondo per l'emigrazione per l'esercizio finanziario 1909-10 (74).
12. Istituzione di una scuola tecnica in Pavullo (137).
13. Facoltà al Governo di modificare la circoscrizione giudiziaria dei mandamenti e dei circondari (138).
14. Assestamento degli stati di previsione dell'entrata e della spesa del Fondo per l'emigrazione per l'esercizio finanziario 19081909 (75).
15. Conversione in legge del regio decreto 27 dicembre 1908, n. 810, che costituisce in un ufficio distaccato alle dipendenze del servizio centrale di navigazione delle ferrovie dello Stato, la sezione speciale di Messina pel servizio dello Stretto (189).
16. Provvedimenti per combattere le frodi nel commercio del formaggio (58).
17. Adozione del «carato metrico»
18. Tombola telegrafica a favore degli ospedali delle città di Comiso, Vittoria, Santa Croce Camerina e Biscari (164).
19. Conversione in legge del regio decreto 28 novembre 1907, n. 802, riguardante le modificazioni ed aggiunte alle tariffe e condizioni pei trasporti in ferrovia dei materiali in ferro ed acciaio (188).
20. Tombola telegrafica a favore dell'ospedale civile Umberto I di Siracusa (184).
21. Riforma della legge 7 luglio 1907, n. 526, sulle piccole società cooperative agricole e sulle piccole associazioni agricole di mutua assicurazione (125).
22. Domanda di autorizzazione a procedere contro il deputato Cornaggia per contravvenzione (139).
23. Provvedimenti a favore della marina mercantile (131).
24. Tombola telegrafica a favore degli ospedali di Ascoli Piceno, Amandola, Arquata del Tronto, Force e dell'orfanotrofio maschile Cantalamessa in Ascoli Piceno (176).
25. Riduzione della tariffa telegrafica interna (95).
26. Conversione in legge di decreti reali relativi al terremoto (73, 86, 88, 90, 93, 97, 103).
27. Domanda di autorizzazione a procedere in giudizio contro il deputato Torlonia per contravvenzione (111).
28. Domanda di autorizzazione a procedere in giudizio contro il deputato Magno Magni per il reato di vendita di voto in concordato (197).
29. Modificazione nella composizione del Consiglio superiore di marina (241).
30. Modificazione alla tabella A annessa alla legge 14
luglio 1907, n. 467 (242).
31. Domanda di autorizzazione a procedere in giudizio contro il deputato Maraini Emilio per contravvenzione (148).
32. Approvazione della Convenzione italo-ungherese sulla assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, firmata a Roma il 19 settembre 1909 (245).
33. Assestamento del bilancio di previsione per la Colonia Eritrea per l'esercizio finanziario 1908-909 (133).
34. Domanda di autorizzazione a procedere in giudizio contro il deputato Brandolin per intervento come padrino in duello (112).
35. Sulla radiotelegrafia e radiotelefonia (43).
36. Modificazioni alle leggi sui limiti di età degli ufficiali generali (301).
37.Convenzione fra il Demanio dello Stato ed il comune di Cagliari per il riscatto da parte del comune medesimo dell'acquedotto di quella città (226).
38. Aumento di lire 200,000 al limite massimo delle annualità per le pensioni d'autorità al personale dipendente dal Ministero della guerra per l'esercizio finanziario 1909-10 (307).
39. Domanda di autorizzazione a procedere in giudizio contro il deputato Candiani per contravvenzione all'articolo 67 del regolamento di polizia stradale (235).
Prof. Emilio Piovanelli
Capo dell'Ufficio di Revisione e Stenografia
Roma, 1910 — Tip. della Camera dei Deputati.