E si slancia contro il gong. Ma d’improvviso fra lui e il disco luminoso tre misteriose figure si frappongono. Sono Ping, Pang, Pong, tre maschere
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In piedi rimangono soltanto il Principino di Persia, il carnefice il Principe Ignoto.
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Il suo atteggiamento dominatore e il suo sguardo altero fanno cessare per incanto il tumulto.
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Fra il generale silenzio, il Mandarino si avanza. Dice:
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Bellissima, impassibile, guarda con freddissimi occhi il Principe, il quale, abbacinato sulle prime, a poco a poco riacquista il dominio di sé stesso
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Turandot ha un gesto imperioso: è la condanna. Il carnefice piega il capo, annuendo.
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Con religiosa pietà il piccolo corpo viene sollevato, tra il rispetto profondo della folla.
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pieno viso il soldato che si è lasciato strappare il pugnale da Liù. Il soldato si copre il volto e arretra tra la folla.
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Il Principe Ignoto per un momento esita. Poi la sua ossessione lo riprende. Il gong sfolgora sempre.
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Quando il Principino di Persia è in scena, appare, enorme, gigantesco, tragico il carnefice, recando sulla spalla lo spadone immenso.
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Fra l’attesa più intensa Turandot piega il capo annuendo. Allora il vecchio Imperatore si erge e con accorata commozione dice:
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Un gruppo di sgherri trascina il vecchio Timur e Liù, logori, pesti, affranti, insanguinati. La folla ammutolisce nell’ansia dell’attesa. Il Principe
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E allora, quasi per affascinare e stordire il Principe, scende rapida fino a metà della scala. E di là propone il secondo enigma.
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E tendono contemporaneamente l’indice verso la sommità degli spalti, dove in questo momento appare il gigantesco carnefice che pianta sopra un
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La Corte si alza. Squillano le trombe. Ondeggiano le bandiere. Il Principe, a testa alta, con passo sicuro, sale la scalèa; mentre l’inno imperiale
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Il gong s’è oscurato.
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E finalmente, bellissimo, quasi infantile, appare il Principino di Persia. Alla vista della vittima che procede smarrita, trasognata, il bianco collo
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Ma il Principe esclama:
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Il Principe è liberato.
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D’un tratto è il silenzio.
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Squillano le trombe. Silenzio. Turandot proclama il primo enigma:
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Il piazzale è avvolto in una calda luce.
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Il Principe è rimasto estatico ai piedi del gong.
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Allora un terrore superstizioso prende la folla: il terrore che quella morta, divenuta spirito malefico perché vittima di una ingiustizia, sia
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Le fanciulle, sospinte, circondano il Principe, che con un movimento di ribellione grida:
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Il Mandarino si allontana e la folla rompe tumultuosamente la sua immobilità.
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Stringe a sé il caduto, e lo accarezza, mentre Liù, arretrando, esclama:
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Allora la folla perde ogni ritegno, ed urla selvaggiamente attorniando il Principe:
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Nella penombra del piazzale deserto restano soli Timur, Liù e il Principe Ignoto.
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L’eco delle voci e il suono dei gong si perdono nelle lontananze.
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Ed ecco il gigantesco Pu-Tin-Pao con i suoi aiutanti appare nel fondo, immobile e spaventoso.
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Appena il Mandarino si è ritirato, s’avanza Turandot che va a porsi davanti al trono.
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Il vecchio si avvicina, stringe teneramente una mano della morta e cammina vicino a lei, dicendo:
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Allora il vecchio Timur, come impazzito, si alza. Si accosta barcollando alla piccola morta. Si inginocchia, dice:
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Ma il grido si spezza sulle sue labbra, perché dall’alto della loggia imperiale si mostra Turandot.
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Il Principe Ignoto è ai piedi della scala. Timur e Liù a sinistra, confusi tra la folla.
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Una lugubre nenia si diffonde. Il corteo si avanza, preceduto da una schiera di ragazzi che cantano:
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Il Principe è tuttora immobile, estatico come se la inattesa visione di bellezza lo avesse fatalmente inchiodato al suo destino.
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È notte. Dalle estreme lontananze giungono voci di Araldi che girano l’immensa città intimando il regale comando.
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Tra i caduti è il vecchio Timur. E la giovanetta Liù tenta inutilmente di proteggerlo dall’urto della folla.
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Squillano più alte le trombe. Il cielo ora è tutto soffuso di luce. Voci sempre più vicine si diffondono.
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La lugubre nenia riprende. Il corteo si muove, sale le mura, sparisce oltre gli spalti, e la folla lo segue.
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Il Principe esita. Lo sguardo di Turandot sembra smarrirlo. Egli cerca. Egli non trova. La Principessa ha un’espressione di trionfo.
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Appare il vasto piazzale della Reggia. Quasi al centro è un’enorme scalèa di marmo, che si perde nella sommità fra archi traforati.
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Il giardino della Reggia, vastissimo, tutto rialzi ondulati, cespugli e profili scuri di divinità in bronzo, lievemente illuminate dal basso in alto
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Ma, dall’interno, il rumore della Reggia che si risveglia, richiama i tre ministri alla triste realtà. E allora Ping, balzando a terra, esclama:
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Rimangono soli, l’uno di fronte all’altra, il Principe e Turandot. La Principessa, rigida, statuaria sotto l’ampio velo, non ha un gesto, non un
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Adagiato sui gradini del padiglione è il Principe. Nel grande silenzio notturno egli ascolta i richiami degli Araldi, come se quasi più non vivesse
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Timur è riafferrato, ma prima che il Principe abbia tempo di muoversi per buttarsi avanti e difenderlo, Liù si avanza rapidamente verso Turandot e le
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Si tendono alti e minacciosi i pugnali verso il Principe, stretto nella cerchia feroce e disperata. Ma d’un tratto s’odono grida tumultuose dal
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