nostri rappresentanti? L’hanno fatto tutti, dalla Serbia che ha per delegati personalità slovene e croate, all’Austria tedesca che fra gli altri si è fatta
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è che s’era giunti a questo: che nessun passo importante veniva fatto in questioni pubbliche senza l’accordo fra il luogotenente e la giunta eletta
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amministratore imparziale, un uomo che fosse politicamente una pagina non scritta. Ma a Roma ci siamo trovati di fronte al fatto compiuto, cioè al decreto reale
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colla stessa franchezza e colla stessa sincerità con cui noi accetteremo la battaglia (applausi). La guerra non ha fatto che rafforzare le nostre
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’apoteosi di Lenin, che, se fossimo in Russia, avrebbe fatto fucilare il pur loro Battisti e i compagni che si batterono con lui, ed oggi, riconfermati
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che non poteva maturare le nostre convinzioni circa il fatto lietissimo del nostro ricongiungimento alla patria, ma che doveva attenuare l’entusiasmo
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unificatrice di una propria missione in ordine ai fini spirituali dell’incivilimento, che ha fatto grande moralmente una nazione. Ebbene è a quest
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quello ch’è per l’individuo la nazione e di quanto dovesse valutarsi per noi il ricongiungimento colla madre patria. Il fatto che s’invocava non era il
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paesi anglosassoni, in Inghilterra, in America, in Australia le più grandi organizzazioni operaie sono fuori del socialismo. Questo fatto, che inutilmente
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vuole occuparsi di quello che sia avvenuto di fatto in questi due paesi. Le notizie sono così contraddittorie, che avrebbero dovuto consigliare ai nostri
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Accademia della crusca
