Ogni giomo si esercita almeno un'ora al pianoforte. Le restano da riordinare molte schede dei suoi pazienti.
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umori e i mancamenti. Se ha smesso di pretendere risposte, ancora azzarda domande. Che ne è delle parole dette, dei pensieri pensati? che dei verdi e
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Il banchetto con settanta invitati di fronte al mare. Il sole indora le acque, il cielo non ha confini. Stupori dei commensali per ogni portata.
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madre, che si cura degli uccelletti. Alcuni mesi dopo uno dei due pappagallini muore, nessuno in casa appura se il maschio o la femmina. La vecchia
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La stiva e scura come una spina. Due dei sette sono morti. Dimmi quali. Hanno tutti gli occhi chiusi, le teste coperte di squame. Dalla bocca di uno
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delle lucertole e neppure dei vermi o dei serpi. Forse li inghiotte forsedorme con i ragni a corona tra i capelli. In realtà li fotografa:una mosca
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dei tè più diversi. Sosterà in molte capitali, incontrerà presidenti e monarchi persuadendoli a firmare in un grande album bianco.
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Dietro le siepi dei viali un'infinità di piccole pietre grige tutte delle medesime dimensioni tutte appartenenti a qualcuno da cercare, seguendo come
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noi macerie e le nozze, tra la polvere e il rame, tra la tela che copre i piedi dei morti e il ruscello di seta sulla schiena della sposa. Allora
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Bevendo tè al gelsomino, parla di lontananze e di scoperte. È stupita dall'indifferenza dei più per i viaggi spaziali. Dopo i grandi entusiasmi per
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Il sole che nel nuovo parco cittadino si appoggia in silenzio sulle schiene dei cam e delle madri, e si rifrange sulle ciglia dei bambini
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Per una persona, li ho presi, che da tanti anni e morta eppure ancora forse abita qui e non ci fa compagnia e dei fiori forse non le importa, né del
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Gli abitanti della casa che da poco abito non si curano delle ombre dei balconi lungo il marciapiede, vanno e vengono, entrano dal portone che si
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sembrare più fermi e sicuri dei loro fratelli dal volo più mosso, che rischiano contro la bora schiantandosi, pare, a momenti e faticosamente sulle
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raccolti, quasi tutti in un primo momento, altri nel corso del tempo, a mano a mano diminuendo le proporzioni dei reperti. Dopo un mese in un anfratto del
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Per alcuni anni ho rispettato l'impegno dei morti, quella volontà di stare senza pensare, e, insomma, di non fare e non pensare, fino al castigo
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del castello e dei larici alti sulla cordigliera.
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Ho lasciato i nomi dei luoghi, mi piace osservare come gli esseri umani cadano inghiottiti dai paesaggi.
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Il nome scivolerà via con il corpo, ci saranno dei segni su una pietra per un tempo che giustamente fa sorridere i fisici, poi l'unica conispondenza
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E tanti altri, molti dei quali non ho mai saputo neppure il nome, parenti alla lontana, tizi familiarmente sconosciuti, gente magari vista una volta
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Con gli occhi velati, le guance smunte, le labbra livide, all'alba e di notte, va a spezzare nelle aiuole dei vicini i boccioli della rosa tea
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Vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo, Io per il tuo dolce mistero Io per il tuo divenir taciturno. Non so se la fiamma pallida Fu dei capelli
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riposa in larghi specchi d'azzurro: Vita e sogno che in fondo alla mistica valle Agitate l'anima dei secoli passati: Ora per voi la speranza Nell'aria
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A l'antica piazza dei tornei salgono strade e strade e nell'aria pura si prevede sotto il cielo il mare. L'aria pura è appena segnata di nubi leggere
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capelli una ghirlanda! Le mie piccole mani sono pure come quelle dei santi di cera; amo le creature non so che una povera preghiera». Le fontane cantano
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tremola ancor la luce dei fanali e l'Arno scorre sonnacchioso e grigio, l'acque melmose. Spicca dei colli ancor la massa oscura e San Miniato avvolto
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profumo dei fiori e dei vini; le gonne di seta, nell'ombra compresse, con lunghi bisbigli ridevano anch'esse. E Lisa, una pallida dall'occhio di foco
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La caravana dei desiri miei verso di voi salìa, donna divina, come una fila di camelli ebrei al limitar di mistica piscina. Oh se giungeva ad
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Come un mortale anelava il fuggente globo di Venere; e le montagne sotto il dì nascente parean di cenere. Era l'ora del sonno, e del dolore, e dei
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Costei, la bionda dagli occhi procaci, costei, la bella che ha fralezze di fior, raggi di stella, io la vorrei compagna e schiava dei dolori miei
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Noi siamo figli dei padri ammalati; aquile al tempo di mutar le piume svolazziam muti, attoniti, affamati, sull'agonia di un nume. Nebbia remota è lo
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dei nostri lunghi amori, quand'io portava al tuo dolce lenzuolo carezze e fiori. Ripenserai la fiammella turchina che ci brillava accanto; e quella
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De mémoire de rose on n'a jamais vu mourir de jardinier. STENDHAL. Sull'infanzia dei germi e delle fronde il marzo sbuffa; alle ospitali gronde, alle
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Un dì due chèrubi in un essere sol vestir la creta; quel dì fra gli uomini giunse a esultare e a piangere il poeta. Uno era lamia conscia dei mali
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, serbiamolo al biondo suo lucido crin! E tu che ti nomini l'immenso avvenire, tu culla dei gaudii, dei pianti e dell'ire, lo guarda, e inargèntati, lo
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il nome dei compagni suoi: scusatemi, dei vizii è la brigata, che per danzar dimenticaste a casa; e è la virtù di gigli incoronata, quella che entrar
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Quando in marzo fuggirono le insegne giallonere, e alle nostre bandiere risero i tre color; noi cantavamo, pargoli, l'Inno di Pio nono, che dei
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torvo su un letto d'ortiche le sue colonne antiche. Le falangi dei Cimbri incatenati qui passár, dalle invitte alme imprecando ai ferri e alla fatal legge
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, e lieto si apparecchia alla discesa in mar! Or che son muti i cembali nell'aule dei palazzi, e, in larghe pieghe, immobili riposano gli arazzi, né
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Oh ditemi il segreto, erranti stelle, dei vostri eterni palpiti! Qual desio vi commove il petto ardente, quale amor, nella bruna aura tranquilla, vi
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Preda dei vermi languidi, sarà vendetta mia, per entro all'ossa putride studiando anatomia, nuda veder l'origine d'ogni mia pena, il cor! E la ragion
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al mattino un puro gelsomino; quando, coll'alba, discendean, sull'ali dei sogni, a' miei guanciali, palpiti strani e idoleggiate torme di seducenti
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, e io lasciando i pennelli con dispetto il guatai torvo e bieco. Ché all'entrar suo mi rientrò nel core tutta la noia dei passati inciampi, quando
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muro, monumento futuro, in cui di verde l'edera ha vestito i fior che adora il profumier perito, e, amor dei vati e amor dei ciabattini, i pampini
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mezzo a lor! Ma non val sospiro o lagrima quest'oblio dei visitanti: siamo tutti commedianti, commediante è il tuo cantor! Spesso i giorni dei superstiti
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volto e le parole dei primi amici, e del mio primo amore?
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gli eventi agli amici del tuo viaggio lontano, e innamorarli dei lidi ridenti! E quando, solo al tuo lavor, la mano trascorre, e vola il cuore, ancor
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Io son povero al par di un fraticello; ma tu sei vispo, rubicondo e bello, l'avvenire tu sei, l'ultima legge ormai dei giorni miei. Ti lascio, amico
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, sulle fosse dei monaci estinti; se all'inferno non giacciono avvinti lo sa Iddio che stupor li corrà! Dove il cantico, inutile, lento, si perdea per la
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della vita era ancor fiore che si schiudea fra l'oro dei capelli e le perle del core; non si sapea di patria, eppur s'amava qual della Musa asilo e
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