È noto, come questo nel medioevo cristiano fosse inteso (meglio ancora che nel giure romano) quale una proportio o adaequatio,per cui i presidi del diritto, mercé lo Stato, devono accomodarsi alla varia natura dei rapporti umani. Ne sorse una giustizia commutativa,che regola le relazioni da pari a pari,valevole p. e. in modo speciale per tutta l'attività privata, industriale e commerciale in un regime di eguaglianza di trattamento e di libera concorrenza. Poi una giustizia distributiva, che disciplina le relazioni fra superiori e inferiori,p. e. fra classi abbienti (di proprietari e capitalisti) e nullatenenti (di lavoratori), germe della legislazione sociale moderna, che mantiene l'equilibrio sociale, infrenando i forti e sorreggendo gli umili. Infine una giustizia legale o meglio politica,per cui al bene dello Stato tutti i cittadini devono prestarsi in misura, non già materialmente uniforme, bensì adeguata alla rispettiva capacità contributiva (Antoine, Pottier, Rivalta).
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Differenza obbiettiva di fini, alla quale viene ad accomodarsi, a seconda di corrispondenti varietà accidentali soggettive dei singoli che vi si adibiscono, due gruppi fondamentali di classi di differente specie e grado.Ma nell'ordine di tempo, prima si svolgono con forme organiche spesso poderose le classi morali-civili; e ciò per la eccellenza e necessità indeclinabile dei loro uffici per la società e per lo Stato, rivestendosi del prestigio ed autorità di ceti dirigenti,a cui gli altri ceti (senz'uopo di supporre sempre la violenza) volontariamente si sottomettono per essere protetti e guidati dai più capaci. Ciò spiega il sorgere anticipato di caste sacerdotali (caste ieratiche), di nobiltà di uffici civili (satrapi, ottimati, mandarini, filosofi), di aristocrazie militari, che sotto l'una e l'altra forma grandeggiano in oriente, si ripetono in Grecia e a Roma, ed anche fra i germani. E tanto più si rinsaldano, in quanto, per l'autorità stessa giuridico-politica di cui trovansi munite, attribuiscono a sé la proprietà territoriale e subordinano coattivamente le forze di lavoro (le moltitudini), assicurandosi così le condizioni economiche con cui meglio dispiegare le loro funzioni superiori.
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