Nel primo, contro una candidatura socialista, ne sorgono due, moderata, l'una, e atta ad essere accettissima ai cattolici del luogo, moderata e nettamente clericale l'altra; e fra queste due si determina il conflitto. Siccome dal punto di vista politico, tanto l'una che l'altra candidatura convenivano egregiamente agli interessi ed agli scopi dell'accordo clerico-moderato, e mancava quindi la pressione spontanea di questi interessi e di questi scopi sull'una o l'altra, l'elezione si prestò assai bene a mettere in luce, isolato, l'uno dei caratteri della politica clericale: l'intervento diretto e preciso della autorità ecclesiastica nelle elezioni politiche; anzi la designazione del candidato politico da parte della stessa autorità ecclesiastica. Poiché non solo in nome di questa agì sempre la direzione diocesana, che è del resto statutariamente soggetta all'ordinario della diocesi, ma la stessa autorità intervenne senza alcuna riserva con dichiarazioni e telegrammi che diedero poi luogo a penose polemiche. Era dunque un metodo che si rivelava e si scuopriva, tanto più chiaramente quanto meno era giustificato dal principio che si adduce sempre a difesa di esso: la necessità di far argine ai candidati sovversivi.
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