Il cristianesimo, preparato dall'ebraismo, sembra avere di ricambio innestato nelle stirpi umane il germe dell'immortalità; come lo attestano le genti cristiane, che da ben 19 secoli, progressivamente e senza accenno ad esaurirsi, dominano il mondo colla stessa propagazione numerica, compagna della ricchezza e della civiltà. Ciò fu il risultato dei precetti divini della Bibbia perfezionati dal Vangelo: i quali (avvertasi bene) prescrivevano e santificavano, con sapientissima armonia, la procreazione e il lavoro,cioè la genesi della vita e il mezzo di sua sostentazione; benedicevano le nozze feconde e le numerose famiglie e nello stesso tempo esaltavano il celibato virtuoso; così sospingendo e contemperando insieme l'aumento delle esistenze, e indirizzandolo ad altri fini ed idealità spirituali, che vi attribuiscono i presidi del sovrannaturale e della civiltà. Sotto queste condizioni si poteva intimare sicuramente alle coppie umane: crescite et multiplicamini.Nessuna filosofia o codice sacro aveano posto così perfettamente il problema della popolazione, nell'interesse del vero incivilimento (Champagny, Périn, Cilleuls). Il cristianesimo, pertanto, fu anche nel senso biologico (rispetto ai tempi pagani) una palingenesi, la quale avrebbe però fruttificato in proporzione dell'osservanza di que' precetti e dell'avverarsi di quelle condizioni economiche, etiche, civili, non sopprimendo frattanto l'alterno e incerto progresso demografico.
Pagina 1.455