Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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La prova dei fatti. I cattolici nell'evoluzione sociale

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Le mutate relazioni economiche tra le nostre classi e tra i nostri centri abitati richiedevano l’organizzazione del piccolo credito, e sorsero accanto ad ogni campanile quegli istituti finanziari autonomi, che, francando i nostri contadini dall’usura, ridiedero loro la libertà civile e resero possibile la partecipazione di queste vergini forze alla vita sociale. La decentralizzazione dei mercati, la trasformazione del piccolo commercio girovago in negozio permanente con un meccanismo molteplice e dissanguatore di mediazione consigliarono d’applicare la forma cooperativa al commercio interno di consumo; di qui fu naturale il passaggio all’organizzazione della vendita dei prodotti. E piano, piano, il nostro popolo, pur eminentemente agricolo e conservatore, si avvezzò, per l’educazione sociale degli istituti cooperativi, a manipolare i suoi piccoli risparmi come capitale di investizione, quale moltiplicatore di prodotti e fattore d’industria. Che dire di un popolo rurale il quale in brevi anni capisce e favorisce l’industrialismo più che non facciano in cinquant’anni molti capitalisti cittadini? Contadini o artigiani, non ricchi, nemmeno agiati, che alla sera, dopo la lunga e laboriosa giornata, discutono lo statuto di una piccola società industriale, di un consorzio di produzione che giovi al loro remoto paese, e ardiscono di fare come hanno fatto e stanno facendo in val di Ledro, in Primiero, nell’Anaunia, in Fiemme? Oh, non sono questi migliori campioni del progresso di quei cento e cento borghesi che lo decantano tutti i giorni, v’intessono attorno discorsi e logomachie, ma curvano poi il capo e le spalle, dentro i segreti ed amici penetrali delle casseforti a tagliare i coupons della loro inerzia e della stasi economica del nostro paese? E quando nel Trentino si pubblicherà il manifesto per l’istituzione di una Banca Industriale non saranno i signori che hanno dietro di sé cinquant’anni di sviluppo economico i primi, né i più a rispondere all’appello, no, sarai sempre tu, o piccola gente della montagna, tu, l’ultima venuta nel campo delle attività moderne, tu che darai un solenne esempio di ardita solidarietà e di quell’elevazione sociale che ti negano, di quell’illuminato pa- triottismo che non ti ammettono. O audaci accusatori di dieci anni fa, sostate un momento e guardate all’Anaunia! Eccola la reazione, ecco il regresso che cammina, che corre... avanti sulle rotaie della prima ferrovia trentina, pensata, costruita da trentini, con denari trentini, coi risparmi degli emigranti, dei campagnoli, dei montanari che hanno voluto essere fautori del proprio progresso e padroni in patria loro, mentre altri, custodi gelosi delle proprie casse e degli stendardi della patria, da vent’anni assistettero inerti all’evoluzione economica che ci portò in casa il capitale e il' dominatore straniero. Guardate ancora: chi sta ai motori, chi dirige? Sono i neri, sono i tenebrosi che prima hanno costruito la fonte della luce e poi l’hanno trasformata in forza viva; ed ora stanno lì, i reazionari, a dirigere l’ultima macchina del progresso. Ed eccoci qua dopo dieci anni, a chiedervi: ci è riuscita la prova dei fatti? Indoviniamo quello che gli avversari appassionati vorranno ancora opporre. Voi avete, ci dicono, seguito le ultime fasi dell’evoluzione capitalistica, trascorrendo quest’evoluzione più rapidamente della borghesia liberale, ma voi, attenendovi alle vostre dottrine, ed ai vostri principii, rimanete avversari dell’elevazione del quarto stato — ed intendono dire dei «lavoratori dell’industria». Anche qui giova a noi richiamarci alla prova dei fatti. I cattolici trentini hanno aggiunto alle loro associazioni di previdenza, di mutuo soccorso e di patronato le società di cultura operaia, le casse di assicurazioni, le leghe di classe e di resistenza, addestrando gli operai a tutte le forme giustificate che assume la lotta fra capitale e lavoro, fino allo sciopero. Una rete di organizzazioni nuove che corrispondono ad una situazione nuovissima, si distese dai nostri pochi ed esigui centri industriali fino alle desolate colonie dei lavoratori emigranti. Moltissimi operai, — come abbiamo rilevato dalla relazione del Segretariato — hanno giurato fede alla nostra bandiera, e se in questo campo non possiamo vantare uno sviluppo così celere, successi così magnifici come nell’organizzazione del credito o nella cooperazione commerciale o industriale, la colpa va ricercata non nell’asserita incompatibilità della nostra etica o della nostra dottrina coi progressi del quarto stato, ma nell’irreligiosità, nell’odio contro la Chiesa, predicato agli operai, versato a larga mano nell’anima loro, dai profughi della borghesia. Abbiamo così nelle nostre città dei nuclei di operai i quali dopo dieci anni di prove e di agitazioni, attratti sul principio nell’orbita socialista dall’odio di classe e da nuove ardite speranze di riscossa civile, se ne stanno ora apatici, in preda allo scoraggiamento, sfiduciati di ogni sorta di organizzazioni, abbastanza oggettivi per non seguire più incondizionatamente il barbaro rosso, ma non più integri né incorrotti abbastanza per intravedere entro il sommuoversi della nuova società il fulgore dell’ideale evangelico. Ben possiamo provare dunque che anche in quest’ultimo riguardo, dopo dieci anni di lavoro, l’accusa era infondata, l’accusa era una calunnia. I cattolici non sono nemici del progresso, ma ne sono i fautori, le nuove forme della cultura del secolo ventesimo non vengono ostacolate, ma accolte e la Chiesa, secolare maestra delle genti, domina sovr’esse. Si vorrà forse ancora obiettare che l’atteggiamento dei cattolici trentini non fu più di una felice mossa tattica, senza logico nesso coi nostri principii. Ma anche qui noi riaffermiamo senza tema di smentite, che il nostro atteggiamento progressista venne preso in logica continuità col pensiero della Bibbia e del cristianesimo e con la storia della Chiesa. Il primo comando di Dio nella Bibbia è un comandamento sociale e di coltura: Crescite ac multiplicamini, et replete terram et subjicite eam (Gen. 1, 28). Conquista questa terra col progresso, col lavoro, con le arti e con la scienza. Non rinchiuderti nel tuo microcosmo individuo, disse il Creatore all’uomo, ma vivi una vita sociale e dedica le tue cure alla terra e alla collettività. Il mondo, dice ancora l’Ecclesiaste, coi suoi beni, con le sue ricchezze, coi suoi misteri affidò Iddio agli uomini, alle loro disputazioni, ai loro sforzi di progresso e di ricerca del vero e del buono. E dopo la lunga storia del popolo eletto, che è pur storia di coltura e di progresso sociale venne Cristo, non per modificare, ma per completare il testamento antico. Si oppone all’influsso civile della Chiesa e all’attività sociale dei cattolici che il nostro Maestro disse: «Cercate anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia». «Ma non aggiunse, risponde Leone XIII nella sua enciclica sul Rosario (1893): Lasciate stare tutto il resto. Ché anzi — continua il Pontefice —— l’uso dei beni terreni può servire anche per aumentare e ricompensare la virtù. Il fiore e la civiltà dello stato terreno sono anzi un’immagine dello splendore e della magnificenza del regno celeste». No, Cristo, quantunque ci inculchi l’interno distacco dalle cose terrene, non ci comanda l’assenteismo da ogni attività sociale, né la stasi di fronte alla continua dinamica delle cose e delle classi, Egli che disse: «Bisogna versare il nuovo vino dell’Evangelo in otri nuovi, altrimenti il vino nuovo rompe gli otti vecchi, il vino viene sparso e gli otri vecchi vanno a male. Così invece si mantengono entrambi». E tutti i grandi santi sociali da Paolo ad Agostino, da Leone il grande a Gregorio Magno, da Tommaso a Francesco Saverio, intendono questa dottrina e si valgono dei mezzi che offre la cultura a loro contemporanea. A buon diritto quindi anche noi asseriamo di fronte ad avversari malevoli o a cristiani pusilli che vorrebbero opporci come ideale un loro cattolicesimo incorporeo, segregato da tutto quello che non è puramente individuo o è contingente, che l’azione sociale non diviene solo un voluto argomento di fatto per l’apologia dei principi e delle tendenze della religione, ma è un movimento che trova la sua ragione d’essere nella stessa missione morale e civile del cristianesimo, come va svolta nelle attuali condizioni della società umana. Su tale via possiamo procedere sicuri verso attività nuove e nuove conquiste sì che il nostro pensiero cammini parallelamente alla diffusione della cultura, il nostro lavoro ai progressi della tecnica e dell’economia, il nostro influsso civile proceda parallelo ai gran passi della democrazia. Una cosa, una gran cosa, però, dobbiamo qui avvertire, o amici. Il tram della nostra azione sociale non procede non potrà correre alacre e superare le curve difficili e le ardue pendenze senza il funzionamento regolare della centrale, ove la forza si crea e si rinnova. E la sorgente dell’energia per il nostro treno sociale è il cristianesimo creduto, applicato, praticato anzitutto in noi stessi. Non dobbiamo essere come il trovatello smarrito sulla via che del padre ricorda appena il nome. L’azione sociale nostra si chiama cristiana non solo perché si dirige secondo i principii del cristianesimo, ma perché deve svolgersi con la cooperazione di cristiani integri, sinceri, praticanti secondo l’ideale evangelico e i precetti della Chiesa. Quel medesimo cristianesimo che giustifica ed ispira la nostra azione sociale c’impone durante tutta la nostra attività un sacro dovere: il ritorno costante dalla periferia delle nostre azioni pubbliche al centro morale del nostro interno, all’educazione del nostro spirito, alla rigenerazione della nostra volontà. Solo se preceduta da tale cristianesimo interiore e pratico la nostra opera di riforma sociale sarà logicamente ed intimamente cristiana. Poiché rimane sempre vero che il più grande contributo che può dare il cristianesimo alla soluzione della questione sociale è la rigenerazione dell’individuo, il suo affrancamento dal predominio della materia e dell’interessato egoismo, l’amore a Dio e per l’amore a Dio l’amore al suo prossimo. Di tali uomini e non d’altri si può formare la falange dei riformatori. Ricordiamolo anche nella nostra propaganda: senza la rigenerazione interiore dell’individuo non ci riuscirà la riforma delle istituzioni e dell’organismo. I nostri padri, i primi cristiani, i più grandi riformatori del mondo, non incominciarono con l’organizzazione degli schiavi, dei poveri, del proletariato, ma elevarono in mezzo al disordine sociale, al dominio degli sfruttatori una croce e dissero all’uomo, chiunque fosse: Fratello, Cristo è morto per te! E dalla croce venne poi il concetto dell’umana fratellanza, la riorganizzazione sociale, il vincolo di quella grande solidarietà che noi, venti secoli dopo, cerchiamo di ricostituire sulle rovine di una società rifatta pagana nell’anima e nelle istituzioni.

Il partito polare e le elezioni comunali

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Non vuole entrare nella questione se si debba introdurre accanto alla proporzionale il suffragio uguale con un corpo elettorale solo. Tale postulato rinvierebbe la riforma alle calende greche. Nel Vorarlberg si è semplicemente introdotta la proporzionale in ogni corpo, lasciandoli tutti e quattro. Ritiene che anche il partito dominante non dovrebbe opporsi a tale riforma, poiché non si tratta di dare la scalata né di conquistare la maggioranza, e d’altro canto un deputato nazionale liberale l’anno scorso propugnava nell’Alto Adige la proporzionale. Egli si limita a presentare il seguente ordine del giorno: Gli elettori comunali di Trento, aderenti al partito popolare, constatando che né il regolamento elettorale cittadino attualmente in vigore, né la riforma sottoposta per l’approvazione alla Dieta provinciale corrispondono ai criteri di equità, imposti dai moderni bisogni; chiedono che accanto al massimo ampliamento possibile dell’elettorato comunale, si aggiunga l’introduzione della rappresentanza proporzionale di partiti. Tale conchiuso verrà presentato al podestà di Trento ed ai capi della deputazione dietale italiana. Il dr. Lanzerotti aderisce alla relazione del dr. Degasperi ed aggiunge agli argomenti già addotti, che non si potrà certo negare ai popolari la pratica amministrativa necessaria per i consiglieri comunali né ancora si potrà tacciarli di non aver riguardo ai sentimenti nazionali, quando si faccia un salutare confronto fra la Trento-Malè, il cui progetto era in mano della città di Trento, e la Dermulo-Mendola in mano di un nostro istituto. Il dr. Degasperi eccita i consenzienti a raccogliersi più di frequente ed a fare sentire la propria voce affinché non ci si tratti come cittadini di secondo grado, mentre si accumulano colpevoli transigenze verso il partito socialista, L’ordine del giorno venne accolto con prova e controprova ad unanimità. L’on. dr. Cappelletti crede di interpretare il pensiero dei propri colleghi dietali del Club popolare, affermando che si interesseranno della cosa nel senso voluto dall’ordine del giorno. Già nell’ultima sessione dietale l’on. Decarli fece delle riserve a proposito della riforma elettorale presentata alla Dieta per l’approvazione. I deputati non mancheranno di propugnare il principio equo della rappresentanza proporzionale. Con ciò dichiara chiusa la riuscita adunanza.

Trattato di economia sociale: La produzione della ricchezza

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Toniolo, Giuseppe 18 occorrenze
  • 1909
  • Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, vol. III 1951
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Ancor più: l'effetto benefico sull'impiego di braccia operaie viene accresciuto dalla necessità di erigere accanto alle industrie a sistema meccanico una seconda serie di industrie di fabbricazione delle macchine a loro servizio. Decisivo anzi questo momento. Le ferrovie importarono la fondazione di immense officine di costruzione delle locomotive e del materiale mobile; le industrie tessili la preparazione di indefinite varietà di meccanismi esecutivi; la stessa agricoltura l'apertura di laboratori di meccanica agraria, ecc. Che cosa di più minuscolo al paragone, della macchina da cucire?Eppure la sua costruzione occupa essa sola non meno di 180.000 operai, per lo più nella Gran Bretagna e Stati Uniti. E oggi i bicicli e le automobili quanti ne impiegano essi pure? Tutto ciò senza dire dell'espansione che l'applicazione delle macchine ha dato alle industrie metallurgiche e a quelle minerarie, specialmente del ferro e del carbon fossile, che sostentano milioni di operai nel mondo.

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A questi caratteri propri del mondo inferiore corrisponde nel mondo degli esseri umani (fisico-psichici) una serie indefinita di varietà accidentali (accanto alla comune natura essenziale) nella costituzione corporea e nella tempra spirituale di essi, da cui deriva per ciascheduno speciali attitudini e voca azioni;le quali nell'insieme sono un aspetto più elevato della legge di specificazione,la quale nelle applicazioni economiche della produzione piglia nome di divisione del lavoro.

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Più tardi, coll'ampliarsi del mercato nazionale o internazionale, entra nel calcolo dell'insediamento la spesa di trasporto,e così le industrie metallurgiche, ove il materiale è pesante, sorgono accanto alle miniere; — e se le materie prime sono ingombranti o vengono da paesi trasmarini, le industrie si collocano dappresso ai porti di mare, come Manchester, ganglio dell'industria cotoniera presso a Liverpool, emporio di scarico del cotone americano, o le distillerie nei bacini granari, o l'industria del lino, della canapa nelle estensioni campagnole. — Ma poi la trasformazione e l'economia delle comunicazioni quasi resero indifferente per la sede delle industrie moderne la scelta fra città e campagna; — e allora prese il sopravvento il duplice calcolo dei salari e del capitale di impianto, ambedue ingenti nelle fabbriche moderne. Si moltiplicano così le industrie nelle campagne a fruire delle basse mercedi e dello spazio a buon mercato per gli immensi stabilimenti, magazzini, case operaie, e delle forze motrici idrauliche, generando nuovi distretti manifatturieri e più tardi in mezzo ad essi novelle città industriali. Fu un primo stadio delle moderne industrie capitalistiche. Il secondo è contrassegnato dal continuo crescere accanto a quelli in forma pletorica delle industrie nei centri cittadini e nei nuovi loro sobborghi (p. e. Brooklyn e Nuova York), che sono insieme organi ipertrofici di consumo e di produzione, aggravando il fenomeno patologico dell'urbanismo. Sicché oggi dei più alti salari e delle più forti spese arearie edilizie gli imprenditori trovano compenso, oltre che nell'assorbente e costante consumo locale, nel maggior concentramento dell'offerta di braccia, nella cernita di operai più intelligenti, nella più diretta partecipazione alle speculazioni di borsa e soprattutto al prossimo e largo ricorso ai potenti istituti di credito.A questa distribuzione industriale quali spostamenti arrecherà ora l'energia elettrica, trasferibile a gran distanza?

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XVIII, sospinti dalle dottrine fisiocratiche e dalle popolazioni crescenti in numero e in agiatezza; i quali dovunque allargarono il margine dei terreni coltivati,anche a scapito del bosco fin sui fianchi montani; — la impulsione vigorosa data da Napoleone alla costruzione di strade nazionali e internazionali, ponti e passaggi di ogni guisa, tradottisi poi in denso sistema di vie ordinarie e locali, ove copioso fu l'impiego del legname; — e accanto al crescente consumo domestico (fuoco, mobilio, ecc.), l'uso ingente edilizio di esso per l'ingrossare dei centri cittadini moderni; — ma soprattutto le ferrovie in tutto il mondo, le quali decisero sulle sorti delle foreste in due modi poderosi: assorbendo una quantità enorme di materiale legnoso, sicché le sole traversine (stradali) e le carrozze importano annualmente l'atterramento di vaste boscaglie; e annodando le difficili strade di accesso montano coi grandi empori terrestri e marittimi del traffico, sinché il materiale ingombrante e localizzato dei tronchi annosi delle foreste rientrò nel commercio generale. Oggi Stati Uniti, Austria Ungheria, Svezia, Canadà, Russia europea e Finlandia sono diventati paesi esportatori di legname complessivamente per oltre 1200 milioni di franchi annui.

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Come industria occupatoria essa ha il suo posto autonomo accanto alle altre due, la mineraria e la forestale, quella occupando il sottosuolo coi suoi tesori geognostici, questa il soprasuolo colla sua massa arborea, la industria fondiaria occupando alla sua volta il suolo colle virtù produttrici della superficie: tre destinazioni della crosta terrestre manifestamente fondate nella natura fisica del globo.

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Il sistema delle case sparse,ciascuna sul podere (la casa colonica isolata, l'«Hofsystem»), è figlio della proprietà privata del suolo, la quale diviene sede individuale di chi la generò col lavoro e ne segue le vicende, dalle primissime origini accanto ai beni collettivi (curtis, «Hof») fino al suo trionfo moderno.

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. – La formazione delle città accanto alle estensioni campagnole, e in quelle l'accumularsi della ricchezza mobile di fronte e spesso in opposizione a quella terriera, ebbe sempre immensa influenza nell'incivilimento e nell'economia (vedi «Introduzione») e segna un momento critico anche per l'industria fondiaria. Le classi civiche industriali o mercantesche bisognevoli di prodotti copiosi alimentari, e invece esuberanti di profitti e di capitali che difettano ai campagnoli, presto o tardi, ricercando sicuri impieghi, riversano la ricchezza mobile nella terra circostante, suddividono il latifondo e lo fecondano colle migliorie permanenti. — È un momento solenne: — l'industria fondiaria diventa a vario grado capitalistica,cioè le trasformazioni del suolo già in essa effettuate per sovrapposizione di lavoro, si compiono ora per accumulazione di capitale; — quindi (distinzione decisiva) i dissodamenti e miglioramenti, già prima determinati dai bisogni immediati della vita,ora sono regolati e spinti dai profitti del capitale impiegato; — l'economia monetaria, isuoi calcoli, le sue speculazioni, la sua mobilità entra in qualche misura nell'arte e nella vita dei campi; — e ne ricevono molteplici impulsi e sussidi i progressi fondiari scientifici e novatori;ma insieme vi rinvengono nuovi limiti ed arresti, laddove i capitalisti non trovano più sufficienti compensi delle somme investite nelle terre.

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Vi si collocano accanto nell'età di mezzo le persone giuridiche,in specie le corporazioni religiose spesso dispositrici di immensi terreni incolti, le quali erano allora quasi esclusivamente adatte alle grandi opere fondiarie, lentissime, sistematiche, pazienti, in grazia della perpetuità ed inalienabilità dei loro possessi e della coscienza di una missione sociale educatrice del lavoro. Di qui le storiche benemerenze loro quali «défricheurs» di mezza Europa; ad esse si deve l'inizio fin dal 1171 dei canali di Lombardia, anzi della ricostruzione della pianura lombarda, che conta fra i massimi esempi storici di redenzione d'intere regioni a pro delle venture generazioni (Roscher, Jacini).

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Essi con incroci di razze animali scelte da ogni plaga e con adatta alimentazione, accanto al cavallo da corsa, dagli stinchi snelli e dal collo allungato, si formarono il cavallo per i campi e pel trasporto, dal petto quadro e dalle zampe poderose, emulo del bove nella trazione dell'aratro e dei carri; e dal bue da lavoro cogli stinchi alti e muscolosi distinsero il bove da macello, dalle carni adipose e succolente. Essi quasi da soli consumarono tutto il guano delle isole Cincha (Perù) sopra le loro terre e di continuo raccolgono e versano sopra di queste gli immensi residui delle fabbriche loro e del continente; e si calcola che nel decennio memorando, dal 1860-70, essi profondessero nell'agricoltura miglioratrice della patria britannica, un miliardo di franchi annualmente. — Ma non essi soltanto; gareggiano ormai con gli inglesi i belgi da lungo tempo, la Francia sotto il secondo impero e più sotto la terza repubblica, le province italiane settentrionali non mai decadute, ma negli ultimi anni più che mai novatrici.

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E in prima la proprietà coltivatrice,nella quale «il proprietario è anche coltivatore della sua terra», donde le espressioni di coltivazione diretta, a mano, per economia.Essa è prima anche storicamente, essendo assodato che, accanto all'uso collettivo delle terre, vi avea fin dalle origini per ogni libero presso alla casa privata («Hof», curtis)la parcella di terreno da lui posseduta e coltivata in proprio. Essa si perpetua accanto alle imprese sopraggiunte di altri coltivatori (non proprietari), quasi tipo fondamentale. Essa appare destinata a diffondersi in tempi normali di progresso, a restringersi o pervertirsi in quelli critici e decadenti, seguendo (notisi bene) più direttamente le vicende storiche della proprietà fondiaria. Essa medesima (per legge di specificazione) viene adistinguersi in piccola, media, grande proprietà coltivatrice,rispetto a cui anticipiamo questa nozione generale: come la varia grandezza delle imprese coltivatrici (giusta quanto dicemmo più sopra) dispiega una diversa efficacia produttiva nell'agricoltura, cosi l'aggiungersi in esse in taluni casi alla qualità di impresario coltivatore quella pur di proprietario rafferma e sviluppa profondamente la funzione economica rispettiva. Veggasi per cenni partitamente.

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. — Poi nuovo e privilegiato accentramento dei beni, dalla riforma alla rivoluzione, disastroso e violento nella Gran Bretagna, meno in Francia (accanto ai grandi patrimoni signorili), ma pur generale. — Infine ricostituzione artificiale dei piccoli proprietari in gran parte coltivatori, dal 1793 in Francia e nel sec. XIX in tutta Europa, colla vendita di beni nobiliari; ecclesiastici e laici (Flour de Saint Genis).

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Ne divennero contrassegni il triplice obbligo dell'enfiteuta: di risiedere sul terreno, di migliorarlo e di persolvere il canone; e viceversa il riconoscimento nel coltivatore (per merito delle migliorie) della qualità di proprietario utile,accanto al proprietario diretto;mentre il canone rimase tenue,quasi semplice omaggio di sovranità e inalterabile in perpetuo (Calisse). Tale forma adattatissima ai dissodamenti e progressi rurali del medio evo, con varie modalità e nomi di livello, «mainferme», «freehold», «Bauernhofen», si diffuse a tutta Europa, protraendosi fino ad oggi (Brants). — Enfiteusi moderna.Ma nell'età moderna, sotto la riforma e l'«ancien régime» rallentate le migliorie terriere, aggravati di prestazioni forzate i coltivatori, e dalla fine del sec. XVIII a noi proclamata la libera circolazione delle terre, — que' canoni enfiteutici frazionati e dispersi in mano di sempre nuovi padroni, senza alcun nesso cogli originari dissalatori dei terreni, rimasero un onere fondiario che inceppa e menoma la pienezza della proprietà, perduta così la storica funzione economica dell'enfiteusi. Pietro Leopoldo di Toscana e poi le leggi liberali coll'autorizzare i coltivatori ad affrancarsi da quegli oneri reali (pagando 100 capitale ogni 5 di canone) ne mutarono anche la natura giuridica; ed oggi tale enfiteusi precipita verso la disperazione (Poggi, Simoncelli, Gabba).

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Ma il mestiere anche fuori di questo glorioso periodo, accanto ai pregi morali e sociali, mantiene in certi limiti nella produzione industriale un posto e un ufficio duraturo.E ciò di preferenza — nelle arti che servono alle più diverse esigenze o gusti personali, p. e. quella del calzolaio o del sarto dietro misura (del piede e del dosso del cliente) e delle confezioni di capriccio e mode (crestaie); — o di vario adattamento locale, p. e. del tappezziere e dell'addobbatore di case e del pittore da stanze; — o di semplice riparazione di stromenti o di oggetti d'uso personale e domestico; — o di variabile genio estetico del committente e dell'esecutore (industrie artistiche), p. e. di ebanisteria, di metalli suntuari, di oggetti ornamentali da tavolo; — e dovunque il prodotto di singolare e squisita fattura ricerca l'impronta della individualità nel raccoglimento domestico, e d'altro canto una clientela eletta e doviziosa (chincaglierie, incisioni, lavori d'argenterie, ecc.). Si comprende come il mestiere dell'artigiano (espressione più nobile di quella di operaio) anche in età progredite si presta ad una produzione finale di adattamento al consumo, completiva di raffinamento e abbellimento, privilegiata a scopo artistico suntuario.

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Ma il sistema ha i suoi caratteri definitivi: èuna distinzione del ceto artigiano da quello mercantesco ed una subordinazione della funzione autonoma esecutiva dell'industria a quelle di iniziativa e di direzione del grande commercio per servire ad una più sistematica e robusta industria nazionale, nei più vasti e contrastati traffici interni ed esteriori; ciò che spiega (accanto agli statuti delle antiche corporazioni) il regolamentarismo stretto da parte dello Stato centrale sopra le nuove industrie e i privilegi in pro dei grandi mercanti ai tempi di Elisabetta, di Luigi XIV e di Federico II.

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E pertanto come un giorno le residenze civiche variopinte ed artistiche dei collegi dell'arti, sorgenti accanto alla torre del comune, raffiguravano l'industria artigiana del medioevo, così oggi la fabbrica corpulenta coi suoi eccelsi fumaioli, la quale si moltiplica e signoreggia in città, in campagna, in ogni paese e contiene, impersona e scolpisce l'organismo tipico per eccellenza della grande industria moderna, scientifica, capitalistica, cosmopolita.

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Ma come la fabbrica (lo dicemmo già più sopra) ha un dominio speciale in cui durevolmente si insedia e grandeggia, così anche il mestiere e la manifattura, nella stessa produzione moderna, hanno un campo lor proprio di applicazione da cui quella rimane in gran parte rimossa; né mancano oggi presidi per cui queste minori forme d'imprese possano reggere accanto alla fabbrica coi benefici dell'arte autonoma e domestica. Per la moltitudine operaia, dal corpo degli artigiani trapassati al servizio di fabbrica, senza dubbio è scomparso il secolare idillio del lavoro in famiglia e in modeste officine, colle loro tradizioni educative, e ciò è grave malanno della società moderna. Ma l'unità economica dell'odierna famiglia operaia non è sempre compromessa, la somma dei salari percepiti da genitori e figli oggi sparsi nelle fabbriche apportando spesso al bilancio comune redditi eguali o superiori a quelli di ieri. Bensì l'unità morale della famiglia operaia per la sua dispersione nelle fabbriche rimane profondamente scossa e bisogna sopperirvi con energie spirituali di più alta derivazione etico-religiosa e con indirette influenze educatrici sociali, ciò che è ben lungi ancora dall'avverarsi per il salariato moderno. Grave ed urgente dovere!

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Ciò invero non dappertutto, come p. e. a Firenze, ove, accanto alle arti maggiori essendo salite al potere nel 1343 le arti minori, si prolungò un relativo regime di libertà ed uguaglianza; ma a Venezia e altrove, specie in Germania e Francia, la mossa fu generale. Di qui la tendenza delle corporazioni artigiane, per assicurare la produzione, di moltiplicare limiti alla concorrenza dei produttori e dei consumatori; si inclina p. e. a rendere il mestiere ereditario da padre in figlio, a difficultare col lungo tirocinio, con esami tecnici (il capolavoro) e con tasse l'ascesa al posto di maestro, a riservare ad ogni località il diritto di spaccio su certi mercati, ecc. Prevalse così negli statuti quasi dovunque il sistema delle corporazioni chiuse e privilegiate («Zwangund Bannrecht»). Era la esclusione coercitiva del diritto comune di lavorare e vendere per conto proprio;donde la persecuzione in Germania del lavoro abusivo dei «Bönhase» e «Pfuscher», artigiani nascosti come lepri in soffitta. 2. Simultaneamente le grandi manifatture capitalistiche ottengono dai sovrani e dai parlamenti di emanciparsi dai limiti corporativi nel fondare nuove industrie, nel tempo stesso che strappano carte di monopolio per certe ditte («chartered companies») per la fabbricazione e spaccio in patria e nelle colonie.

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Caratteristico il costituirsi oggi presso amministrazioni centrali di consigli speciali delle industrie per lo studio di tutti i miglioramenti tecnico-economici di esse; — accanto a cui l'ufficio centrale del lavoro e un corpo di ispettori,che hanno compito: quello di preparare la legislazione sociale in genere, questo di vigilarne l'osservanza, sono divenuti organi di inchiesta permanente sulle classi operaie. Ciò meravigliosamente nella Gran Bretagna e Germania.

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